Rassegna stampa 25 marzo 2016

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Rassegna stampa 25 marzo 2016
Il Piccolo 25 marzo 2016 Attualità Creato il primo “batterio sintetico” Solo 473 geni, il Dna essenziale: verso il debutto della vita artificiale ROMA. Il sogno della vita sintetica non è mai stato così vicino a concretizzarsi: dopo oltre 20 anni di esperimenti il pioniere delle ricerche sulla vita costruita in laboratorio, Craig Venter, ha ottenuto l'essere vivente con il più piccolo dei Dna: è un batterio che contiene appena 473 geni, ognuno dei quali svolge una funzione indispensabile alla vita: una sorta di kit di sopravvivenza comune a tutti gli esseri viventi. Descritto sulla rivista Science, il batterio sintetico si chiama Syn 3.0 e permetterà di studiare le funzioni della vita con un dettaglio mai raggiunto finora. Il risultato apre anche la strada alle prime applicazioni della vita artificiale: su questo kit di base comune a tutti i viventi sarà possibile in futuro innestare specifiche funzioni per ottenere batteri con specializzazioni particolari, come produrre biocarburanti o bonificare terreni e acque contaminati. L'istituto in cui è stato ottenuto il batterio è lo stesso fondato e diretto da Craig Venter e porta il suo nome: «Craig Venter Institute». Qui da anni la parola d'ordine è considerare la cellula come «l'unità fondamentale della vita» e il suo genoma come «il suo sistema operativo», ossia come il codice che contiene le istruzioni per le funzioni della cellula: la sua chimica, la struttura, il meccanismo con cui si replica. Per i ricercatori, guidati da Clyde Hutchinson, «ogni genoma contiene le istruzioni per le funzioni universali comuni a tutte le forme di vita» e trovare questo Sacro Graal della biologia è stato il loro obiettivo. Lo hanno raggiunto lavorando anno dopo anno sullo stesso batterio sul quale, all'inizio degli anni 2000, avevano condotto le prime ricerche, il Mycoplasma mycoides, o SYn 1.0, nella versione sintetica ottenuta nel 2010. I ricercatori hanno diviso il suo Dna, composto da 901 geni, in otto sezioni, ognuna delle quali è stata «etichettata» in modo da renderla facilmente riconoscibile rispetto alle altre. Hanno quindi cominciato a comporre queste tessere di Dna in centinaia di «mosaici» genetici diversi, eliminando ogni volta quelle che non avevano un legame con funzioni essenziali alla vita. È stato un lavoro di pazienza, nel quale si sono ripetuti centinaia di tentativi, e alla fine sono rimaste solo le tessere importanti per la sopravvivenza: il programma alla base della vita. Organizzandole in un unico genoma si è ottenuto Syn 3.0, il vivente con un Dna minimo composto da 473 geni. 'Syn 1.0', 'Syn 2.0' e l'ultimo arrivato, 'Syn 3.0', il più piccolo di tutti e il più importante: le tappe verso la vita sintetica sono passate da questi tre microrganismi inesistenti in natura e costruiti in laboratorio dal gruppo di Venter, il pioniere delle ricerche in questo campo. Regione Scatta il piano “taglia code” nelle Rsa Al via misure per ridurre liste d’attesa e aumentare i posti letto. Forza Italia: «Il sistema non regge, serve un cambio di rotta» di Giampaolo Sarti. TRIESTE. Liste di attesa troppo lunghe e posti letto insufficienti. La riforma della giunta Serracchiani mette mano a uno degli anelli più deboli in assoluto della sanità regionale: le Rsa, le residenze assistenziali temporanee riservate a chi soffre di patologie acute, anziani non autosufficienti e disabili. «Ci stiamo lavorando, le criticità sono note ed erano rilevanti in tutto il sistema ma abbiamo già evidenze di miglioramento», osserva l'assessore alla Salute Maria Sandra Telesca. La questione è stata sollevata dal consigliere di Forza Italia Roberto Novelli con un'interrogazione che, presto, approderà in aula e farà chiarezza su eventuali inefficienze. «Mi arrivano numerose segnalazioni -­‐ afferma Novelli -­‐, il sistema non regge. Si deve intervenire rapidamente». Nella sua interrogazione l’azzurro ha ripescato gli ultimi provvedimenti in materia: la delibera dell'esecutivo, 1 innanzitutto, datata 29 ottobre 2015. È il documento che rivisita la vecchie linee guida per la gestione delle Rsa, adeguandole ai dettati della riforma. «Questo genere di residenze -­‐ ripercorre il consigliere -­‐ sono strutture che svolgono una funzione intermedia fra l'ospedale, riservato alle patologie acute e complesse, e i servizi domiciliari e ambulatoriali. Sono destinate alla presa in carico del paziente affetto prevalentemente da malattie croniche, che necessita di assistenza o monitoraggio continui al di fuori delle corsie, al fine di garantire la continuità delle cure qualora non si sia verificato il completo recupero dell'autonomia o non vi siano le condizioni per il trattamento ambulatoriale o domiciliare. Sono chiamate a fornire assistenza continuativa a elevato contenuto sanitario -­‐ continua -­‐ e a prevalente indirizzo riabilitativo a soggetti anziani non autosufficienti, a soggetti temporaneamente non autosufficienti e a soggetti affetti da disabilità di carattere fisico e psichico, esclusi i minori». Novelli fa notare, inoltre, che la riforma sanitaria va nella direzione di una progressiva riduzione dei tempi di degenza in ospedale controbilanciati da un aumento dei ricoveri in Rsa. Nelle intenzioni, almeno. Ogni singolo paziente, comunque, segue una procedura specifica: segnalazione del medico, raccolta dei dati e delle informazioni necessarie alla valutazione di idoneità all'inserimento e verifiche da parte dal personale del distretto con il servizio sociale. «Gli accertamenti -­‐ sottolinea -­‐ devono essere effettuati quanto più tempestivamente possibile e comunque non oltre i 3 giorni dalla proposta del medico ospedaliero. E devono comprendere anche l'individuazione della Rsa più idonea alle esigenze dell'utente». Ma il Fvg, stando all'analisi di Novelli, sta fronteggiando una carenza di strutture e posti letto. «Il fabbisogno della rete dei servizi di assistenza primaria di cui disponiamo risulta del tutto sottostimato in quanto sono numerosissime le segnalazioni di pazienti che, pur avendo titolo di essere trasferiti dall'ospedale alla residenze, vengono invece mandati a casa loro o addirittura ulteriormente trattenuti in ospedale in attesa che si liberino posti letto in una residenza assistenziale». Novelli, insomma, vuole andare a fondo e capire cosa sta accadendo nelle Rsa del Fvg. Telesca assicura verifiche. «Ne abbiamo tante in Fvg -­‐ premette l'assessore -­‐ a quali fa esattamente riferimento il consigliere? Il problema comunque esiste e talvolta, quando non c'è posto, i pazienti non vengono dimessi dagli ospedali. Abbiamo fatto la riforma proprio perché tutte le strutture erano in queste condizioni. Aumenteremo i posti letto nelle Rsa, il processo è in corso. Ma dal momento che le degenze si sono ridotte, significa che il sistema sta già migliorando». Gorizia «Mai più pacchi postali» Aas, accordo sulla mobilità Sindacati soddisfatti per il risultato che hanno portato a casa: spostamenti da una struttura all’altra su base volontaria, graduatorie e indennità di Francesco Fain. Mai più infermieri trattati come “pacchi postali”. Mai più personale sanitario “sballottato” all’occorrenza da un ospedale all’altro: da Gorizia a Latisana, da Monfalcone a Palmanova. Insomma, in due parole: basta tappabuchi. Quella che era una (pessima, secondo i sindacati) abitudine aziendale di giostrare il proprio personale nelle varie sedi su cui estende l’Aas Bassa Friulana-­‐Isontina verrà meno. E verrà meno grazie a un’intesa che Cgil, Cisl e Uil hanno sottoscritto con la direzione dell’Azienda sanitaria: «un accordo importante -­‐ Luciano Bressan, segretario generale regionale Uil Fpl -­‐ che diventa, di fatto, “antesignano” nella nostra regione. Tant’è che simili accordi verranno sottoscritti, nelle prossime settimane, anche nelle altre Aziende sanitarie della nostra regione, a cominciare da quella triestina». Insomma, Gorizia, Monfalcone e Bassa Friulana faranno da battistrada. Il nuovo Regolamento Ma entriamo nel merito dell’accordo sul nuovissimo “Regolamento aziendale per la disciplina della mobilità interna”. «Sulla scia della legge regionale 17 del 2015, ovvero della recente riforma sanitaria regionale, l’Aas Bassa Friulana-­‐Isontina e le 2 rappresentanze della relazioni sindacali firmatarie di contratto, per ragioni tecniche e organizzative, hanno declinato lo strumento che disciplina la mobilità interna del personale. Tale strumento definisce termini e modi da adottare per la richiesta di mobilità del personale sia da parte aziendale rispettando così i termini disposti per legge, sia da parte del personale. Vengono, quindi, descritti con estrema trasparenza e precisione tempi e modalità da usare nel caso di mobilità d’urgenza, di ufficio o volontaria». Il passaggio più importante, secondo i sindacati, è questo: «Nel pieno rispetto degli operatori, l’Azienda si è dimostrata sensibile nei confronti delle professioni, delle competenze, dei ruoli, dell’anzianità di servizio ottemperando per una scelta volontaria come primo motivo di mobilità e rispettando tempi e distanze contrattuali quando la mobilità deve essere posta per necessità di servizio. Inoltre, non esisterà più discrezionalità di scelta ma graduatorie specifiche a cui concorrere pur nel rispetto delle necessità di entrambe le parti». L’intesa nel dettaglio Ci sono altri elementi, tutt’altro che secondari. Questo accordo implementa la valorizzazione delle competenze professionali, accresce l’esperienza e la conoscenza in materia assistenziale da parte dell’operatore, incrementa la meritocrazia e di conseguenza aggiunge qualità del servizio da erogare. «Inoltre -­‐ conclude Bressan della Uil -­‐ andremo a regolamentare e normare quella che era diventata una problematica non di poco conto in un’azienda sanitaria che si estende su un territorio ampio, quale è l’Aas Bassa-­‐Friulana Isontina. Un esempio? Riguardo alla mobilità d’ufficio per uno/due mesi verrà introdotto il rimborso spese: cosa che prima, semplicemente, non c’era. Ecco perché riteniamo si tratti di un buon regolamento». Messaggero Veneto 25 marzo 2016 Attualità E’ firmato da un udinese il farmaco anti-­‐metastasi Mauro Ferrari a capo della ricerca su un medicinale innovativo contro il cancro «Risultati sbalorditivi sugli animali, i primi test sull’uomo a partire dal 2017» UDINE. Un nuovo farmaco, composto da nanoparticelle in grado di penetrare direttamente nelle metastasi causate dal cancro al seno in organi come polmoni e fegato, distruggendole, porta la firma di un udinese doc: il professor Mauro Ferrari, udinese, re delle nanotecnologie, oggi presidente del Methodist Hospital Research Institute di Houston (Texas). Il nuovo nanofarmaco è stato sperimentato al momento su topi, con risultati definiti «sbalorditivi», tanto che si punta ad avviare i test sull’uomo il prossimo anno. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Biotechnology, è frutto del lavoro di un team di ricercatori guidati da Mauro Ferrari, uno dei maggiori esperti di nanotecnologie in medicina a livello mondiale. Il nuovo nanofarmaco (Inpg-­‐Pdox) spiega Ferrari che questo pomeriggio alle 16 lo presenterà in conferenza stampa all’aeroporto di Ronchi dei Legionari «si dimostra capace di curare completamente le metastasi polmonari e al fegato in modelli animali, ovvero in topi con tumore al seno. Circa il 50% delle cavie raggiunge infatti la completa guarigione, con un equivalente umano di oltre vent’anni di vita senza evidenza di tumore residuo». Un risultato «importantissimo – sottolinea Ferrari, presidente del Methodist Institute e primo autore dello studio -­‐ alla luce del fatto che non ci sono terapie attualmente disponibili per i tumori metastatici, di origine mammaria o di qualsiasi altra origine». L’obiettivo è dunque iniziare i test sull’uomo nel 2017: «Non farei mai promesse eccessive alle migliaia di malati di cancro, ma i risultati sono sbalorditivi – rileva l’esperto –. Stiamo parlando infatti della possibilità di arrivare alla cura dei tumori metastatici». La mortalità per cancro è spesso dovuta a metastasi 3 difficilmente aggredibili dai farmaci: la nuova tecnologia messa a punto, spiega Ferrari, «permette invece, grazie all’utilizzo di nanoparticelle, di trasportare il farmaco fino al cuore delle cellule cancerose delle metastasi. Il farmaco attivo viene dunque rilasciato solo all’interno del nucleo della cellula metastatica, superando i meccanismi di resistenza ai farmaci messi in atto dalle stesse cellule del cancro. Con questa strategia si riesce effettivamente ad uccidere il tumore». Il risultato è che il 50% dei topi trattati non presentava più tracce di metastasi dopo otto mesi: «Ciò è l’equivalente nell’uomo di circa 24 anni di sopravvivenza a seguito di un tumore in stadio metastatico», precisa lo specialista. Se i test sull’uomo «confermeranno anche una frazione di questo tempo di sopravvivenza registrato sul modello animale – commenta Ferrari – ciò vorrebbe ancora dire poter estendere il tempo di vita di molti anni in una popolazione di pazienti per cui, al momento, non esistono cure davvero efficaci». I ricercatori sono fiduciosi che il nuovo farmaco potrà rivelarsi efficace anche nella cura delle metastasi ai polmoni dovute ad altri tipi di tumore, oltre che nella cura dei tumori primari al polmone. CONFERENZA DELLE REGIONI Medicine ad alto costo Serracchiani chiede un aiuto al Governo UDINE. «È iniziato un proficuo dialogo che ha cominciato a mettere sul tappeto i temi su cui si costruirà il nuovo Patto per la Salute 2017/2019». Sono le parole della presidente Fvg, e numero due del Pd nazionale, Debora Serracchiani che ieri a Roma ha partecipato all’incontro della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome con il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, per un primo confronto sul nuovo Patto per la Salute. «Messo un punto fermo rispetto alla cornice attuativa dell’attuale Patto, sono stati individuati gli obiettivi successivi, tra cui la revisione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e la congruità del Fondo sanitario nazionale. Abbiamo anche preso in considerazione le criticità di alcuni bilanci regionali e le questioni connesse alla mobilità sanitaria. Un aspetto particolarmente importante, attuale e delicato per i suoi risvolti – ha aggiunto Serracchiani –, è stato costituito dalla richiesta delle Regioni al Governo rispetto alla possibilità di un intervento sui farmaci salvavita ad alto costo, come quello contro l’epatite C o quelli oncologici. Oltre a verificare come reperire fondi straordinari, sarà d’obbligo un dialogo più serrato con le case farmaceutiche, che mettono sul mercato farmaci talmente costosi – ha concluso Serracchiani – da incidere pesantemente sui bilanci sanitari». Il numero uno della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, ha puntato l’attenzione sui soldi per il fondo sanitario nazionale, che dovranno aumentare. «Con Lorenzin abbiamo condiviso una linea e un principio: non sono solo più risorse che fanno qualità e quantità dei servizi in sanità. Se così fosse e dovessimo considerare gli incrementi degli ultimi anni – ha spiegato Bonaccini –, i servizi sanitari avrebbero dovuto registrare netti miglioramenti in tutte le Regioni. Detto questo, non possiamo però arretrare: siamo già riusciti a trovare una prima intesa con il ministero e con il Governo, che prevede che il fondo sanitario non rimarrà fermo a 111 miliardi di euro fino al 2019, ma dovrà progressivamente aumentare anche nei prossimi anni. Su questo abbiamo registrato una condivisione piena fra ministero e Conferenza, con il comune obiettivo che il finanziamento serva a mantenere la qualità delle prestazioni sanitarie o ad aumentarla laddove serva», ha chiuso Bonaccini. Regione Mozione trasversale contro l'utero in affitto " Vendola sia punito " Da Fi al Pd consensi al documento presentato da Barillari Multe per chi, come il leader di Sel, ne ha usufruito all’estero di Domenico Pecile. UDINE. «No alla maternità surrogata». Lo chiede un gruppo trasversale di consiglieri regionali (Riccardo Riccardi, Alessandro Colautti, Claudio Violino, Rodolfo Ziberna, Roberto Novelli, Mara Piccin, Luca Ciriani, Barbara Zilli, Giuseppe Sibau, Walter Santarossa, 4 Roberto Revelant, Paride Cargnelutti, Silvana Cremaschi, Franco Codega, Vittorino Boem, Igor Gabrovec, Armando Zecchinon, Renata Bagatin e Diego Moretti), aderendo alla mozoine presentata dal collega Giovanni Barillari. Una mozione che -­‐ tra le altre cose -­‐ sconfessa e stigmatizza l’ex governatore della Puglia, Nichi Vendola, che ha dato la notizia della nascita, in una clinica della California, di Tobia Antonio Testa, figlio suo e del compagno Eddy Testa. Sul leader di Sel erano caduti gli strali anche da esponenti della Sinistra. «Ho presentato una mozione molto decisa su questo argomento -­‐ spiega Barillari -­‐ per chiedere alla Giunta e alla Regione tutta un impegno forte presso il Governo e il Parlamento nazionale. La pratica della maternità surrogata è un abominio, un atto di violenza verso le donne ed i bambini, serve un impegno nazionale ed internazionale per far sì che tutto questo venga messo al bando a livello globale». Nella mozione si chiede anche sanzioni per comportamenti come quelli di Vendola. «Sollecitiamo a fare in modo -­‐ sottolinea -­‐ che sia prevista una sanzione anche verso i cittadini italiani che usufruiscono all’estero della pratica della maternità surrogata e ci si adoperi affinché questa forma di sfruttamento della donna venga dichiarata illegale e messa al bando a livello globale». Barillari sottolinea che «per fortuna» in Italia questa pratica è vietata e sanzionata pesantemente. E, riferendosi proprio al caso dell’ex governatore della Puglia, aggiunge che «non si può nascondere il fatto che, come giustamente evidenziato dalle donne aderenti a “Se non ora quando”, assieme ad un vasto mondo di persone che vanno dal cinema alla letteratura, dal campo universitario a quello delle associazioni per i diritti -­‐ sono ancora le sue parole -­‐ ci sono diversi “committenti” italiani che possono trovare in altri Paesi una donna che “porti” un figlio per loro». Per il consigliere regionale del Gruppo misto «tutto questo non è accettabile e non possiamo giustificarlo dicendo che la tecnica e la scienza lo rendono possibile». Serve, allora, insiste, «un’azione forte a livello normativo affinché l’Italia sanzioni anche chi, italiano, ricorre a questa pratica all’estero». Infine, Barillari ricorda che tra la madre e il figlio che cresce in grembo si instaura un rapporto profondo, intimo. Viceversa, nel caso di una donna conscia del fatto che il bambino «non sarà mai suo, lo stesso nascituro può essere privato di quell’affetto e amore che permea la gravidanza. Resta il fatto che non si può accettare che il bambino venga strappato e consegnato a due persone estranee ignorando la gestazione ed il travaglio della madre che lo ha avuto in grembo per nove mesi. Questo mercato è inaccettabile per l’umanità e bisogna fare tutto il possibile affinché sia condannato e bandito». Pordenone In arresto cardiaco a 150' Trasferita a Udine e salvata Adottata una strategia fuori da ogni protocollo per strappare alla morte una 32enne L’unico modo per rianimarla è stato quello di sottoporla a circolazione extracorporea di Donatella Schettini. «Tutti abbiamo creduto in questa possibilità»: il dottor Flavio Bassi, direttore del reparto di Rianimazione e terapia intensiva, è stato il primo a pensarci quando si è trovato ad affrontare un arresto refrattario a qualsiasi intervento di rianimazione. In pochi minuti ha deciso cosa fare per strappare Elisa Gaiarin, trentaduenne di Pasiano, alla morte. Una strategia al di fuori di ogni protocollo che ha consentito alla donna di superare un arresto cardiaco: il suo cuore è stato fermo 150 lunghi minuti, ma, nonostante questo, lei ora sta bene e non ha riportato alcun danno. Ieri i protagonisti hanno raccontato questa storia di buona sanità, che sarà oggetto di approfondimenti scientifici per la sua eccezionalità. Era un lunedì di qualche mese fa quando la trentaduenne si era sottoposta ad accertamenti nel reparto di Cardiologia dell’ospedale di Pordenone. A causa di una grave cardiopatia aritmogena, la sindrome di Brugada, era andata in arresto cardiaco. «L’assistenza è stata immediata – ha raccontato Bassi –: per ridurre la comparsa di danni neurologici è necessario cominciare subito il massaggio». Cosa fatta visto che l’arresto si è verificato in ambiente ospedaliero. Ma, 5 nonostante l’intervento tempestivo, il cuore della trentaduenne non voleva riprendere a battere. «In base alla mia esperienza – ha proseguito il direttore della Rianimazione – l’unica soluzione era la possibilità della circolazione extra-­‐corporea. Era il solo trattamento adeguato e i dati che avevamo a disposizione in quel momento indicavano che non c’erano danni neurologici». Così il primario ha deciso di rivolgersi a chi la circolazione extra-­‐corporea poteva garantirla: l’ospedale di Udine (l’altro centro in regione è a Trieste). In pochi minuti ha messo in piedi una operazione che non è prevista da alcun protocollo medico e mai vista prima, almeno su una distanza così lunga: continuare a effettuare il massaggio cardiaco alla paziente, anche mediante strumenti pneumatici, e trasportarla da Pordenone a Udine. «Abbiamo contattato il professor Ugolino Livi a Udine – ha messo in evidenza Bassi – e gli abbiamo detto che cosa intendevamo fare. Anche loro hanno creduto in questa possibilità e si sono messi subito a disposizione. In pochi minuti i ragazzi del 118 erano nel reparto di Cardiologia per prendersi carico della paziente e la fortuna è stata anche che l’autista sapeva dove andare, consentendo di risparmiare minuti preziosi». La donna è stata caricata in ambulanza venendo sempre sottoposta a massaggio cardiaco attraverso un sistema pneumatico con una pompa che si chiama Lucas. L’ambulanza ci ha messo 38 minuti per coprire la distanza tra i due ospedali: la trentaduenne è stata accolta nell’emodinamica dell’ospedale di Udine, dove è stata immediatamente sottoposta a circolazione extracorporea. Nonostante la situazione gravissima, si è ripresa perfettamente e ieri era lì a testimoniarlo. «Tutto ha funzionato come auspicato – ha concluso Bassi – ed è un doppio esempio positivo: sia dal punto di vista dell’esito sia da quello organizzativo». «È un esempio di buona sanità – ha detto il direttore generale dell’Aas 5, Paolo Bordon – ed è segno che la rete funziona». La testimonianza della donna riportata alla vita «Il dottor Bassi poteva avere la tentazione di dire che era finita, invece ha avuto l’intuizione che doveva andare avanti e oggi siamo qui a testimoniarne il buon esito». Il direttore generale dell’Aas 5, Paolo Bordon, è andato al nocciolo della questione: medici e infermieri non si sono voluti arrendere neppure di fronte al fatto che, secondo la letteratura medica, dopo 35-­‐40 minuti di arresto cardiaco si possono riportare danni cerebrali. E proprio la letteratura medica non contempla casi come quello raccontato ieri. Il “risultato” era lì ieri nel corso della conferenza stampa: la donna ha raccontato che «la vita è ripresa come prima, anche se per certi versi è cambiata». Elisa Gaiarin si deve ancora riprendere completamente dal punto di vista fisico considerato quello che ha passato, ma ieri era la testimonianza concreta dell’eccezionalità di quanto avvenuto. Ovviamente non si è accorta di nulla («Sono passata dal lunedì al sabato», ha raccontato) e si è ritrovata all’ospedale di Udine. Per lei pochi commenti, e tra questi una battuta, «più Lucas», che indica quanto sia stata importante la lunga rianimazione che le ha salvato la vita. Gemona I circoli del Pd difendono la riforma sanitaria GEMONA «La riforma della Sanità è una riforma difficile ma indispensabile». I circoli del Pd di Gemona -­‐ Trasaghis , Venzone, Artegna, Buja e Osoppo intevengono sul tema della riforma sanitaria regionale che si sta attuando in questi mesi. È proprio di questi giorni la delibera approvata dal direttivo dell’Aas3 con la quale si predispone la trasformazione del pronto soccorso dell’ospedale di Gemona in punto di primo intervento, così come previsto dalle direttive della riforma stessa e al centro del confronto che vede coinvolti gli amministratori locali, i comitati e l’amministrazione regionale. «Il tema degli anziani -­‐ dicono i circoli Pd in un comunicato unitario -­‐ costituisce la più grossa sfida per il futuro. Sul versante della salute significa un aumento esponenziale delle malattie croniche e degenerative e necessità di maggiore assistenza e cure a domicilio. L’assetto della riforma sanitaria risponde a queste 6 esigenze». «La riqualificazione del presidio ospedaliero per la salute di Gemona con funzioni di assistenza primaria, riabilitazione e chirurgia giornaliera, l’implementazione dei servizi territoriali, la specializzazione riservata ai centri d’eccellenza, l’aumento delle attività di prevenzione per assicurare di vivere in salute più a lungo, sono indirizzi condivisibili che qualificano offerta sanitaria e la rendono più sicura ed efficace. Chiediamo alla Regione di sostenere, anche con appositi finanziamenti mirati, l’'attivazione di questi servizi». (p.c.) Al Tar per l’ospedale: “santa alleanza” tra nove sindaci Latisana e altri otto comuni dell’Ambito pronti al ricorso Fronte comune per il punto nascita e la pediatria di Paola Mauro. LATISANA. Ricorso al Tar esteso anche al primo decreto di sospensione del punto nascita, pubblicato a dicembre dall’azienda sanitaria e ritirato dopo pochi giorni. Lo ha deciso mercoledì, la giunta comunale di Latisana, nell’ambito della richiesta di pronunciamento da parte del Tribunale amministrativo regionale, sul decreto che ha di fatto chiuso il punto nascita dell’ospedale della Bassa occidentale e ridotto la presenza dei pediatri, nel dipartimento materno infantile. Il ricorso chiede anche, in attesa del pronunciamento del Tar, una sospensiva immediata del decreto. È novità di ieri, l’adesione al ricorso di quasi tutti i sindaci dell’Ambito socio assistenziale: oltre a Latisana capofila, si allineano anche Palazzolo, Precenicco, Lignano, Marano, Pocenia, Ronchis e Rivignano-­‐Teor. Un po’ com’è successo con le amministrazioni ricorrenti contro le unioni territoriali, nei prossimi giorni gli altri comuni della Bassa occidentale (a quanto pare escluso il sangiorgino), potrebbero accodarsi a Latisana, nella presentazione del ricorso al Tar. Ottenuto l’accesso a tutti gli atti citati dalla direzione generale dell’azienda sanitaria nel decreto di sospensione del punto nascita, lo studio legale incaricato dal comune di Latisana sta completando la stesura del ricorso che dalla prossima settimana sarà sottoposto all’attenzione delle altre amministrazioni, con l’integrazione votata mercoledì e riferita al decreto emesso a dicembre: «a seguito dell’esame della documentazione – ha scritto la giunta nella delibera di mercoledì – risulta opportuno ricorrere anche contro il precedente decreto 662 del 15 dicembre 2015 e di chiederne l’annullamento, confermando integralmente -­‐ precisa l’esecutivo comunale -­‐ le motivazioni a tutela della salute e dell’incolumità pubblica, per le quali viene proposto il ricorso al Tar regionale contro i citati provvedimenti e tutti gli atti presupposti». Mercoledì è stata anche la giornata dell’imponente manifestazione di piazza, promossa dal consiglio comunale di Latisana e seguita da centinaia di persone, anche dei comuni contermini. Ma è stata anche la giornata del concorso bandito dall’azienda sanitaria 2 Bassa friulana isontina, per il reclutamento di alcuni pediatri, necessari alla piena operatività del dipartimento materno infantile: dei sedici che hanno presentato domanda, undici sono stati definiti idonei, un bel risultato che lascia ben sperare dal momento che sarebbero sufficienti cinque pediatri per il funzionamento del reparto. Ospedale, tempi biblici per un’eco-­‐mammografia Sacile, il fronte anti-­‐riforma sanitaria al mercato. Zoccolan annuncia un sit-­‐in Bordon e il primario Siro Carniello ieri al lavoro sulla riconversione di medicina di Chiara Benotti. SACILE. «Difendiamo il diritto alla salute a Sacile». Nel megafono di Luigi Zoccolan ieri mattina, tra le bancarelle del mercato in piazza Del Popolo, tutti i nodi al pettine della riforma sanitaria. Sanità alla resa dei conti: il 18 aprile partirà la riconversione di 28 posti letto di medicina, in via Ettoreo. «Attendo un faccia a faccia in piazza col direttore generale dell’Azienda sanitaria, che oggi manca all’appello – ha puntualizzato Zoccolan – La riforma sanitaria penalizza le fasce deboli e, più in generale, il potenziale bacino d’utenza dell’ex ospedale liventino, che non è poca cosa». La voce di dissenso alla rivoluzione sanitaria è stata affidata ad Evio Bonas, ai pensionati Uil, al Movimento 5 Stelle, ai militanti della civica Sacile partecipata sostenibile e ad altri “irriducibili” della riforma decollata quindici mesi fa. «I 7 vertici dell’Azienda sanitaria fuggono al confronto» ha incalzato Zoccolan, aggiungendo: «Il 18 aprile faremo un sit-­‐in di protesta davanti all’ospedale». Il modello Sacile. Nuovi servizi e rimodulazione del servizio sanitario per rispondere alle esigenze del territorio: il cosiddetto Modello Sacile si intreccia e dà concretezza alla riforma sanitaria. È quello progettato dal primario Giorgio Siro Carniello. La riorganizzazione del presidio sanitario va avanti. Ieri il direttore generale dell’azienda sanitaria, Paolo Bordon e il primario Carniello erano impegnati in un incontro di lavoro sulla riconversione del reparto di medicina. «Mettiamo a punto un modello di assistenza integrata che risponda alle nuove esigenze di cura e assistenza, legate soprattutto alla cronicità – ha comunicato Bordon – I timori che non siano più possibili ricoveri nella nuova struttura polifunzionale, che il pronto soccorso chiuda e sia eliminata l'automedica notturna, sono infondati». In dote alla riforma a Sacile ci sarà la specialità della fecondazione medicalmente assistita e, forse, il potenziamento dell’area cardiologica. Le denunce. «Meno servizi e più disagi per i cittadini dell'ambito». Zoccolan e gli altri attivisti del comitato contrario alla riforma non mollano. «Attese di quattrocento giorni per una visita oculistica – ha detto Rossana Casadio della civica Sps – Prenotare un’eco-­‐mammografia significa ottenere l’appuntamento dopo giugno 2017. I tagli tolgono il diritto alla salute». Zoccolan non è tranquillo. “Non ci saranno più ricoverati "diretti" a Sacile, come prima avveniva sia attraverso i medici di base sia passando per il pronto soccorso – ha concluso – I pazienti anziani dovranno attrezzarsi a fare i pendolari». La Nuova Venezia 25 marzo 2016 Un trombo lo condanna a morte salvato dal genio del chirurgo Mirano. Renzo Giora, 78enne di Spinea, non poteva essere sottoposto alla terapia anticoagulante Il capo dell’equipe medica ha utilizzato una retina per deviare il coagulo. È il primo caso al mondo di Filippo De Gaspari. MIRANO. Strada sbarrata al trombo, che così non può raggiungere il cervello e uccidere. Eccezionale intervento a Mirano, nella Cardiologia che fu di Pietro Pascotto: l’equipe medica diretta da Salvatore Saccà utilizza un filtro per deviare un coagulo di sangue, salvando la vita a un paziente dato ormai per spacciato. Si apre così grazie ai cardiologi di Mirano e ai cardiochirurghi di Mestre una nuova sperimentazione clinica che diventerà oggetto anche dei prossimi simposi internazionali di interventistica cardiovascolare, l’EuroCpr di Parigi e l’Esc di Roma. Un caso destinato a far scuola, primo del genere in Italia e, pare, anche al mondo. A raccontarlo è lo stesso paziente, Renzo Giora, 78 anni di Spinea. «Mi è stata offerta una seconda possibilità di vita», afferma, «devo tutto ai medici che mi hanno operato trovando un’alternativa unica per la mia patologia». Il signor Giora soffriva di una fibrillazione atriale che di solito viene curata con una terapia anticoagulante, per evitare che si formino trombi che dal cuore possono raggiungere il cervello, provocando ictus fatali. «Il signor Giora», spiega Saccà, «non aveva però via d’uscita, perché intollerante alla terapia anticoagulante. Anche la possibilità di mettere un “tappo” per chiudere l’auricola ed evitare così la fuoriuscita di eventuali trombi, non era possibile nel suo caso perché nel frattempo il trombo si era già formato». Di fronte al caso disperato, in Cardiologia a Mirano è cominciato il conto alla rovescia, con tempi strettissimi per escogitare un’alternativa di cura valida. «Mi sono ricordato di un nuovo filtro, una specie di retina che viene impiegata per proteggere i vasi cerebrali durante l’impianto di una valvola cardiaca», spiega Saccà, «ho chiamato la ditta che lo produce per confrontarmi e capire se la mia idea di impiegare la retina in una maniera innovativa poteva essere fattibile. Sono apparsi entusiasti e ce l’hanno pure regalata». L’intervento, eseguito da Saccà insieme all’ecografista Marco Michieletto e all’anestesista Roberto Rapisardi, col supporto dei cardiochirughi di Mestre Stefano Cisico e Antonio 8 Cannarella diretti dal primario Domenico Mangino, è stato possibile dopo un periodo di prova per imparare la procedura: entrati con un sondino transcatetere attraverso l’arteria femorale, hanno raggiunto e ancorato la retina sull’arco aortico da cui nascono le arterie che portano al cervello. Ora, se mai il trombo dovesse uscire dalla auricola sinistra del cuore, non potrà salire verso l’arco aortico che porta al cervello, ma solo scendere verso le gambe o i vasi viscerali, con un intervento che presenta molti meno rischi per il paziente. Ieri sera a Latisana Centri nascita chiusi Fiaccolata di protesta con San Michele PORTOGRUARO. Punti nascita chiusi, cresce la tensione in tutto il portogruarese, stretto nella morsa della chiusura di Portogruaro dall’agosto scorso; e di quella avvenuta recentemente a Latisana, il 18 marzo, definita temporanea dalla giunta regionale del Friuli, ma che la popolazione latisanese ha interpretato come propedeutica alla chiusura definitiva a tutto vantaggio di Palmanova. Le neomamme di Bibione devono partorire a San Donà o a San Vito al Tagliamento. Proprio per questo ieri sera a Latisana si è svolta una fiaccolata di protesta alla quale hanno partecipato anche cittadini di San Michele e di Bibione, con in testa alcuni membri della giunta comunale. Intanto, sul fronte portogruarese continua l’attività propositiva delle mamme del territorio, che non si fidano dell’Asl 10, nemmeno dopo che il direttore generale Carlo Bramezza ha ufficializzato per il 16 maggio la data del concorso pubblico per il nuovo primario di Ostetricia e Ginecologia. Le mamme che appartengono all’associazione “I fiocchi sopra le gru», molto attiva sui social, hanno fatto sapere di aver allargato la raccolta di firme in altri cinque esercizi pubblici, a San Stino che si sommano ai tre di Torre di Mosto. In totale i punti di raccoltasono più di 30 e tre sono addirittura stati fissati al di fuori della Città Metropolitana: uno a Villotta di Chions, nel pordenonese; e due a Motta di Livenza, nel trevigiano. Ieri sera a Latisana si è svolta l’attesa fiaccolata per la riapertura del Punto nascita di quel comune. Nel capoluogo mandamentale della Bassa udinese c’erano anche il sindaco di San Michele Bibione, Pasqualino Codognotto, e alcuni membri di giunta. Diverse, tra le decine e decine di persone presenti, anche numerosi altri cittadini di San Michele, Malafesta, Cesarolo e Bibione che con la chiusura prima del Punto nascita di Portogruaro, poi di quello di Latisana, hanno perso in pochissimi mesi due fondamentali punti di riferimento. L’iniziativa di Latisana però fa da contraltare con Portogruaro. In tutti questi mesi di chiusura del Punto nascita non è mai stata organizzata una fiaccolata. A Latisana è stata sufficiente una settimana. (r.p.) 9