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PROVINCIA DI LIVORNO – SETTORE 10 “DIFESA DEL SUOLO”
GRUPPO DI LAVORO “VULNERABILITA’ DA NITRATI”
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LA VULNERABILITA' DA NITRATI
DELLA PIANURA COSTIERA:
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In allegato al presente documento:
!
ARSIA, senza data - Studio degli apporti azotati derivanti da attività agricola che
danno luogo a lisciviazione nel territorio di Vada – San Pietro in Palazzi.
!
ASA, dicembre 2002 – Studio idrogeologico con utilizzo di modelli numerici di
simulazione per la definizione dei meccanismi di arricchimento in nitrati delle acque
sotterranee nell’area compresa tra gli stradoni del Lupo, del Tripesce, la SS n.206,
Vada e San Pietro in Palazzi.
LA VULNERABILITA’ DA NITRATI NELLA PIANURA COSTIERA
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1. PREMESSA
Il presente documento tecnico sintetizza le analisi del gruppo tecnico di lavoro coordinato dal
Settore 10 “Difesa del suolo” della Provincia di Livorno ed istituito durante la riunione del 13 dicembre
2001. Il gruppo di lavoro è composto da rappresentanti de:
-
Regione Toscana (URTT di Livorno, Area “Tutela delle acque interne e costiere”);
Provincia di Livorno (Settori 10 “Difesa del suolo”, 3 “Ambiente”, 6 “Pianificazione del territorio” e
8 “Agricoltura”);
ASA Azienda Servizi Ambientali s.p.a. di Livorno;
ARPAT - Dipartimenti di Livorno e Firenze;
ARSIA – Sezione di Cecina;
AUSL n.6 Bassa Val di Cecina “Unità funzionale igiene e sanità pubblica”;
ATO 5 Toscana Costa;
EALP Agenzia Energetica della Provincia di Livorno;
Comune di Rosignano Marittimo;
Comune di Cecina “Ufficio Ambiente”;
Comune di Bibbona;
Comune di Castagneto Carducci “Servizio Ambiente e Aree verdi”.
Molti pozzi che servono la rete idropotabile nella zona compresa fra Vada e Castagneto Carducci
forniscono un’acqua che contiene concentrazioni di nitrati ormai vicina o anche superiore al limite di
potabilità.
Questo tipo di inquinamento, di origine prettamente antropica, rende di difficile utilizzazione
l’acqua di pozzi da sempre usati a scopo idropotabile.
L’ASA, gestore del Servizio Idrico Integrato nella zona di interesse, grazie all’uso razionale dei
pozzi, all’utilizzo di sistemi di miscelazione idonei ed all’installazione di un impianto ad osmosi inversa,
è riuscita fino ad ora a garantire livelli accettabili di nitrati in rete.
Purtroppo il progressivo peggioramento dello stato delle falde può mettere seriamente a rischio
l’approvvigionamento idrico per i prossimi anni.
Alla luce della grave situazione delineatasi, il gruppo di lavoro ha avuto l'incarico di raggiungere i
seguenti obiettivi:
♦ definizione delle aree di salvaguardia (art. 21 del D. Lgs. 152/99 e succ. mod.);
♦ individuazione delle aree vulnerabili da nitrati di origine agricola (D. Lgs. 152/99 e succ. mod.);
♦ applicazione di specifiche direttive per l’uso corretto del suolo (es. sistema di raccolta dei reflui, di
concimazione e di spandimento…);
♦ identificazione delle azioni e degli interventi necessari per:
! recuperare gli effetti negativi causati dai prelievi in essere;
! garantire il ripristino ed il mantenimento di condizioni di equilibrio della risorsa idrica.
Risulta necessario classificare e studiare questa forma di inquinamento con lo scopo di mettere in
atto tutti gli interventi necessari al risanamento e/o al contenimento del fenomeno come prescritto anche
nel D.Lgs 152/99 e s.m.i.
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Uno sviluppo territoriale sostenibile è infatti possibile solo nel rispetto delle normative in campo
ambientale perseguendo gli obbiettivi di risanamento e riequilibrio indicati anche nel D.Lgs n.152/99 e
nel R.D. 1775/33.
Il miglioramento della qualità di quest’acqua e la sua disponibilità nel tempo e nello spazio, è
quindi a tutti gli effetti un recupero di risorse altrimenti inutilizzabili.
I risultati dello studio permetteranno, attraverso la conoscenza acquisita dello stato della falda
(tipologia, vulnerabilità, grado di sfruttamento …) e dell'attività antropica che si svolge in superficie
(censimento scarichi, analisi dell’attività agricola e di allevamento) di stabilire i possibili interventi che
dovranno essere applicati in modo mirato.
2. DATI CONOSCITIVI DI BASE
2.1 LA TOSSICITA’ DEI NITRATI
I nitrati rappresentano la forma solubile più ossidata dell’azoto.
I nitrati nell’uomo e negli organismi superiori determinano un doppio meccanismo di tossicità: la
metaemoglobinemia, per cui i globuli rossi perdono la capacità di trasportare l’ossigeno ai tessuti con
conseguenze gravissime anche a carico del sistema nervoso, e la formazione di nitrosammine che causano
danni epatici e costituiscono una delle classi più pericolose di cancerogeni.
La capacità negli organismi adulti di sviluppare questa tossicità è fortunatamente abbastanza
limitata: il maggior pericolo sussiste per quegli individui il cui patrimonio enzimatico a causa della
giovane età (neonati, bambini sotto i tre anni) o di malattie debilitanti risulta immaturo o compromesso.
Dai dati di letteratura sugli studi di tossicità ambientale risulta che l’assunzione media giornaliera
di nitrati per persona è 75 mg. In aree con acque ad alto contenuto di nitrati tale valore arriva fino a 160
mg/die. Nel 1977 la U.S. Environmental Protection Agency ha stabilito un livello massimo di
contaminazione da nitrati nell’acqua potabile pari a 10,2 mg/l sotto forma di NO3−.
In Italia la normativa (DPR 236/88 e L31/2001) prevede un valore limite di 50 ppm nell’acqua
distribuita a scopo idropotabile, valore non derogabile.
2.2 LE ORIGINI DELL’INQUINAMENTO DA NITRATI
L’origine dell’inquinamento da nitrati deve essere ricercato nell’attività antropica: in alcune delle
situazioni più gravi il tenore elevato di azoto nel terreno e nelle acque superficiali è tale da causare
l’inquinamento delle falde profonde, cioè di quelle riserve di acqua a cui si attinge normalmente per l’uso
idropotabile.
Interessante è la correlazione abbastanza macroscopica fra il fenomeno e la conformazione del
territorio interessato: i nitrati si trovano prevalentemente nelle falde che raccolgono l’acqua da terreni
pianeggianti o basso collinari dove l’attività antropica concorre all’accumulo di sostanze azotate.
Le attività che determinano il maggiore apporto di azoto all’ambiente sono di seguito descritte:
-
la produzione agricola intensiva, in special modo quando si tratta di colture tipo granturco, colture a
filari ed ortaggi;
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-
la produzione dei rifiuti azotati derivanti dagli allevamenti (bestiame e pollame), dove anche uno
stoccaggio non conforme di liquami può creare impatti ambientali di notevole entità;
-
il trattamento e la produzione di liquami urbani non deve poi essere trascurato: nelle zone rurali non
esiste in genere sistema fognario ed il liquame civile prodotto segue il destino della subirrigazione. Si
deve a questo punto ricordare che per 100 cl di feci 30 cl derivano da ammoniaca libera;
-
l’industria: in generale la produzione di coloranti ed insaccati è sicuramente la più pericolosa in
quanto l’azoto è uno degli elementi più presenti nelle linee di produzione, ma tutte le attività
produttive che determinano uno scarico di azoto possono concorrere al fenomeno.
3. I CRITERI DI IMPOSTAZIONE DELLO STUDIO
Esistono opinioni contrastanti sull’origine del fenomeno dei nitrati nelle falde della pianura
costiera. I primi segnali della presenza dei nitrati risalgono al 1992.
La complessità delle attività e la distribuzione dei punti di approvvigionamento su un terreno
molto esteso non permettono però una facile interpretazione dei dati.
Alla luce dei dati storici, il gruppo di lavoro si è prefisso quindi di stabilire un protocollo di
indagine in grado di definire, per ogni specifica situazione, sia i fattori di maggior rischio che gli elementi
indicatori di un inquinamento in atto. Ciò permetterebbe, in una fase successiva, di individuare con
precisione e maggior rapidità le aree vulnerabili anche in altre zone interessate dal fenomeno, la cui tutela
potrà garantire una protezione efficiente delle falde stesse.
Nelle zone di interesse, quelle più colpite dal fenomeno, cioè l'area fra il Fiume Fine ed il Cecina e
la zona a nord e ad est dell'abitato di Donoratico, si è seguito il seguente criterio di studio:
1. Raccolta dei dati relativi ai potenziali fattori inquinanti secondo il seguente criterio:
-
aspetto agronomico: valutazione dell’impatto dell’attività agricola e dell’allevamento nel territorio
interessato (compresa l’attività di fertirrigazione e spandimento dei liquami);
-
aspetto idrogeologico: individuazione di una rete di monitoraggio sui pozzi pubblici e privati,
valutazione dello stato quantitativo e qualitativo delle falde, dinamica della ricarica, livello di
protezione, analisi della diffusione dei nitrati nei diversi tipi di terreno;
-
aspetto urbanistico: studio delle modalità di smaltimento dei reflui dei nuclei abitativi (nessuna delle
zone coinvolte dal fenomeno è dotata di rete fognaria) con relativo censimento, studio delle condizioni
dei pozzi privati che insistono nella stessa area.
2.Elaborazione di modelli di correlazione fra le diverse attività antropiche e le caratteristiche
idrogeologiche delle falde.
Poter realizzare modelli di inquinamento per le zone individuate è risultato fondamentale per
definire gli interventi di emergenza già messi in atto.
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4. LO STUDIO
Dal 1998L’ASA ha impostato una rete di monitoraggio e effettua l’analisi quali-quantitativa delle
falde della pianura costiera nei comuni di Cecina, Rosignano M.mo e Castagneto C.cci con due
campagne, una nel periodo di magra ed una in quello di morbida.
Dal 2000 l’ARPAT ha affiancato l'ASA nella rilevazione dei dati rilevando riscontrando che anche
presso l’abitato di Bibbona e San Vincenzo i valori dei nitrati nelle falde idropotabili sono in aumento
progressivo.
Nel 2000, grazie al coordinamento della Provincia di Livorno, è stato possibile riunire allo stesso
tavolo tutti gli enti competenti in materia di uso e tutela delle risorse idriche ed in grado di contribuire alla
ricerca.
Le cause della presenza di nitrati nella pianura costiera possono essere riassunte in:
1. concimazione organica;
2. concimazione con prodotti sintetici a base di azoto;
3. scarichi di civili abitazioni;
4. scarichi di allevamenti.
Lo scarso livello di copertura delle falde e di protezione dei pozzi determina conseguentemente di
fenomeni inquinanti.
Al fine di redigere un protocollo di indagine, è stata individuata un’area ristretta dove fosse
possibile, in tempi relativamente brevi, elaborare un modello di interazione fra le diverse attività
antropiche e lo stato delle falde. Tale area, una fra le più critiche, comprende la maggior parte dei punti di
approvvigionamento del pubblico acquedotto ed è collocata fra Vada e Cecina, delimitata a nord dallo
stradone del Lupo, ad ovest dalla statale 206, ad est dalla statale 1 ed a sud dal campo pozzi di San Pietro
in Palazzi.
Lo studio di questa area ha avuto come obiettivo quello di effettuare il censimento degli scarichi
(ad opera dei Comune di Cecina e Rosignano M.mo), delle attività agricole e di allevamento (con la
collaborazione dell’ARSIA) e di approntare un modello di permeazione dei nitrati nel terreno (per cui è
stato dato incarico all’ARPAT).
4.1 SINGOLI CONTRIBUTI
4.1.1 CONTRIBUTO ASA
Da due anni l’ASA effettua un controllo mensile sul livello di nitrati nei pozzi dell’acquedotto
nelle zone di Vada-San Pietro in Palazzi e da cinque anni l’analisi biennale completa di tutti i pozzi di
gestiti e di alcuni privati. L’Azienda ha inoltre realizzato alcune carte di uso del suolo in modo che fosse
possibile sovrapporre le aree più colpite con le attività sovrastanti.
Di seguito si riportano schematicamente le informazioni ad oggi raccolte:
" i dati indicano un costante e lento incremento dei nitrati a Vada, San Pietro in Palazzi Cecina e
Castagneto C.cci;
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MEDIE ANNUE PER CAMPI POZZO
60
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40
1997
1998
30
1999
2000
2001
20
10
0
VADA
SA PIETRO PALAZZI
CECINA
CASTAGNETO
" il livello medio dei nitrati nei pozzi dell’acquedotto fra Cecina e Vada è compreso fra 45 e 52
ppm, mentre a Cecina e Castagneto tali valori sono compresi mediamente fra 25 e 35 ppm;
" esistono delle fluttuazioni di nitrati nei pozzi ASA durante l’anno; tali fluttuazioni variano
mediamente fra 0 e 5 ppm ;
" il livello di nitrati nei pozzi ad uso privato raggiunge, in alcuni casi, valori di superiori a 200 ppm;
" i dati medi annui per campo pozzi indicano comunque un incremento costante di circa 1-2 ppm di
nitrati all'anno;
" nessuno dei pozzi posti in aree urbane provviste di rete fognaria presenta inquinamento da nitrati;
" i pozzi in studio presentano picchi di nitrati in periodi spesso non sovrapponibili. Ciò indica che il
meccanismo di ricarica può variare anche fra pozzi adiacenti;
" esiste una correlazione annuale fra la piovosità e la diminuzione dei nitrati nelle falde. Tale
correlazione non è rilevabile su base mensile, poiché per alcuni pozzi un periodo di piovosità
corrisponde ad un aumento di nitrati in falda (effetto dilavamento). Ciò fa supporre che:
#
l’aumento di livello delle falde determina una diluizione dei nitrati;
#
i tempi di ricarica delle falde costiere sono mediamente di un anno;
#
su base annua, l’effetto di diluizione prevale su quello di dilavamento;
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" la costanza dei valori indica l’esistenza di un livello di saturazione da nitrati nel terreno: ne
consegue che gli interventi di risanamento potrebbero avere un effetto a medio/lungo termine;
" dalle rilevazioni analitiche, che saranno oggetto di approfondimento nei prossimi mesi, è risultato
che lo studio delle facies chimiche dei pozzi potrebbe contribuire a chiarire tempi e modalità di
ricarica: sembra possibile evidenziare quei pozzi per cui la ricarica è verticale e che quindi
potrebbero risentire più efficacemente dell’applicazione delle misure di salvaguardia;
" recentemente (luglio - settembre 2002) ASA, a seguito di ulteriori rilievi, ha raccolto le seguenti
informazioni:
# i valori di azoto sul sovrasuolo in alcune zone (Belvedere, la Cinquantina) adibite ad uso
agricolo sono particolarmente elevati, superiori ai livelli di azoto necessari per le specifiche
tipologie di colture. Questo in prossimità dei pozzi utilizzati dal pubblico acquedotto (talvolta
anche entro i 10 m di rispetto assoluto);
# in alcuni vivai è stato rilevato che insieme all’acqua di irrigazione giornalmente vengono
fornite alle piante quantità variabili di concimi azotati.
Suddividendo le aree coinvolte dal fenomeno in base ai rilievi effettuati, gli studi dell’ASA hanno
portato alle seguenti conclusioni:
AREA N.1 CAMPO POZZI DI VADA
(SANTA ROSA, BELVEDERE)
$ la falda del campo pozzi di Vada e Rosignano viene ricaricata dalla zona posta a nord est del
campo pozzi. In corrispondenza di tale zona è stata rilevata la presenza di scarichi consistenti
provenienti dall’area urbana del Malandrone. Qui, nonostante sia previsto nel piano urbanistico
dell’area, non esiste alcun sistema di depurazione dei reflui. Lo scarico viene convogliato su suolo
e si infiltra dopo un breve tratto (circa 500 m);
$ nella stessa area si trova un grosso centro florovivaistico;
$ fra l’area del Malandrone e lo stradone del Lupo (che delimita a nord il campo pozzi) sono stati
analizzati alcuni pozzi privati; da una prima campagna eseguita nella zona fra il Malandrone e lo
svincolo autostradale, i pozzi che prelevano dalle falde più superficiali risultano più inquinati
(anche 100 ppm), mentre quelli più profondi hanno valori contenuti di nitrati (inferiori a 30ppm).
Avvicinandosi allo stradone del Lupo questa stratificazione non risulta più distinguibile;
$ in località Pacchione, a monte del Tripesce, è stato realizzato un piccolo impianto di depuratore da
parte del Comune e l’ASA ha provveduto a migliorare le caratteristiche e la ricezione. In zona
sono presenti comunque anche numerosi nuclei abitativi privi di collegamento alla rete fognaria;
$ il pozzo posto più ad est (pozzo Tardì) è uno dei più inquinati con circa 80-100 ppm di nitrati.
Rilevante è che l’acqua emunta da questo pozzo contenga anomale quantità di potassio che
potrebbe derivare da un concime chimico di uso comune quale appunto il nitrato di potassio.
AREA N.2 QUADRILATERO VALLESCAIA-LA CINQUANTINA
(AD OVEST DELL’AURELIA ED A NORD DEL FIUME CECINA, FRA LA CINQUANTINA E TARDI’)
$ il campo pozzi di San Pietro in Palazzi delimita ad est l’area. Qui il livello di nitrati risulta alto
soprattutto a carico di quattro pozzi posti in corrispondenza di altrettanti insediamenti agricoli
(oltre 100 ppm di nitrati);
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$ l’area interessata dall’inquinamento subisce negli anni delle oscillazioni: si è potuto notare che
maggiore è la piovosità durante l’anno e/o minore è l’emungimento dei pozzi Solvay collocati
subito ad ovest del campo pozzi di San Pietro in Palazzi (soprattutto a carico del pozzo SO8a
Solvay), più ridotta è l’estensione dell’area inquinata;
$ si conferma la presenza di un vero e proprio fronte di inquinamento posto in posizione subparallelo alla costa (vedi studio IdroGeo anni 2001-2002);
$ si può quindi supporre che per il campo pozzi di San Pietro in Palazzi la ricarica maggiore
avvenga da monte, dove i nitrati sono meno presenti (Collemezzano), con un conseguente effetto
diluizione. Quando tale ricarica è insufficiente (vuoi per scarsa piovosità o per eccessivo
emungimento) si manifesta un richiamo di acqua dalla zona ad est dei pozzi di San Pietro, quella
più inquinata.
AREA N.3 CASTAGNETO CARDUCCI
(FRA LE FERRUGINI E BELVEDERE E FRA DIAMBRA E L’ABITATO DI DONORATICO)
$ la situazione di Castagneto gode di una condizione meno sfavorevole rispetto a Vada e Cecina: la
falda che ricarica da monte ha una pressione particolarmente elevata e questo favorisce l’effetto
diluizione;
$ i punti maggiormente coinvolti dal fenomeno di inquinamento si trovano quasi tutti in
corrispondenza di zone di intensa attività di scarichi (vedi Le Ferrugini) o di attività agricole
(come alle spalle dell’abitato di Donoratico);
$ i pozzi maggiormente inquinati non sono quelli del pubblico acquedotto; non va comunque
trascurato che in alcuni pozzi ad uso privato i valori di nitrati superano 200 ppm;
$ l’urbanizzazione della zona e la necessità di abbandonare i pozzi più vicini alla costa, hanno
determinato la necessità di perforare nuovi pozzi. L’area individuata per il nuovo campo pozzi si
trova fra Campi al Mare e Belvedere. Subito a nord ed a sud di tale area si trovano pozzi con un
contenuto di nitrati superiore a 50 ppm.;
$ esiste quindi il forte rischio che senza un risanamento dell’area sarà difficile reperire nuovi fonti di
approvvigionamento idropotabile senza contare che a breve anche le attuali riserve idriche
potrebbero compromettersi definitivamente, visto l'enorme sviluppo agricolo ed insediativo che la
zona ha visto negli ultimi anni.
4.1.2 CONTRIBUTO ARSIA
L’ARSIA, Azienda Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione Agricolo e Forestale, ha assunto
l’incarico di eseguire uno studio finalizzato alla determinazione degli apporti azotati al suolo derivanti
dallo svolgimento dell’attività agricola (sia di coltivazione che di allevamento) nel territorio compreso fra
Vada e S.Pietro in Palazzi. Una volta delimitata l’area di indagine, circa 700 ha, la rilevazione dei dati
aziendali utili allo svolgimento dello studio è stata eseguita attraverso un questionario. L’individuazione
delle aziende presenti nell’area individuata, da sottoporre ad intervista, è stata condotta in collaborazione
con le Organizzazioni Professionali degli agricoltori e con l’Amministrazione Comunale di Rosignano
M.mo.
Di seguito sono riassunte le conclusioni dello studio, riportato in allegato.
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4.1.2.1 Conclusioni studio ARSIA
Lo studio condotto sulla zona ha primariamente evidenziato come il rilievo dell’attività agricola
(sia essa di coltivazione che di allevamento) nell’area di Vada-Rosignano interessata dall’indagine sia al
momento di modesta entità.
Il tessuto agricolo è costituito da un cospicuo numero di aziende di piccole dimensioni, spesso
part-time, condotte da proprietari pensionati o occupati in altre attività, mentre solo un numero ristretto è
rappresentato da aziende professionali di adeguate superfici .
Inoltre, in considerazione della particolare posizione dell’area in prossimità del mare, in molte
delle aziende agricole visitate è in atto uno sviluppo delle attività di recezione turistica (agriturismo), che
ha comportato la trasformazione degli edifici colonici in abitazioni residenziali ed un crescente
disinteresse verso le attività di coltivazione.
In generale quindi, indipendentemente dalla diversità strutturale delle aziende, è in atto una
trasformazione evolutiva comune: in questo territorio si sta assistendo ad una estensivizzazione delle
tecniche colturali, associato ad un minore impiego di manodopera rispetto al passato.
Ne sono testimonianza due principali elementi: la notevole contrazione del numero di capi bovini
allevati, che nell’area di indagine presumibilmente ammontava negli anni ottanta a circa un migliaio di
unità, e la diffusione del frumento, che rappresenta la principale coltura del territorio. Il confronto tra i
dati del V Censimento dell’agricoltura (2000) con quelli del Censimento precedente (1990) evidenziano
nella provincia di Livorno una drastica riduzione (oltre il 50 %) del numero di capi bovini: in particolare
tale diminuzione è ancor più rilevante proprio nei comuni di Rosignano (da 2007 a 492 capi, pari al 75 %)
e di Cecina (da 375 a 110 capi, pari al 71%).
L’evoluzione produttiva del territorio è stata indubbiamente indotta dalla crisi a livello globale del
settore zootecnico e dall’andamento dei mercati agricoli, in particolare delle colture cerealicole e
industriali; ma a livello locale un’ulteriore spinta all’estensivizzazione delle produzioni è stata prodotta
dall’età avanzata di parte dei titolari delle aziende di minori dimensioni e in parte dalle scelte
imprenditoriali delle aziende più vaste, che trovano più agevole una conduzione dell’azienda pressoché
esclusivamente meccanizzata.
Da un punto di vista strettamente produttivo, verificato che le colture primaverile estive non
determinano lisciviazione, i risultati ottenuti attraverso l’impiego del modello matematico per la
determinazione delle quantità di azoto lisciviate confermano in generale che gli input azotati immessi nel
terreno dall’attività agricola corrispondono nella maggior parte delle situazioni produttive ad un basso
impiego dei mezzi di fertilizzazione.
Occorre considerare a questo proposito che il basso livello di remunerazione attuale del grano sul
mercato induce i produttori ad un impiego ridotto di mezzi tecnici, al fine di contenere al massimo le
spese di produzione; alcuni di questi hanno aderito alle misure del Reg. CEE 2078 per l’utilizzo di
tecniche a basso input.
Ciò spiega i bassi livelli di concimazione adottati dalla maggioranza delle aziende intervistate, con
dosi minime di azoto, in molti casi al di sotto delle indicazioni fornite dal Codice di buona pratica
agricola .
Per quanto riguarda le colture primaverili-estive, la pratica dell’irrigazione trova in questa zona
una modesta applicazione, circoscritta per lo più alle colture orticole, condotte solo in minima parte in
serra; sulle altre colture la gestione dell’irrigazione assume un carattere prevalentemente di soccorso.
I prelievi unitari corrispondono in media ai valori adottati in altre aree irrigue della regione.
In alcuni casi sono state rilevate situazioni scarsamente efficienti, in corrispondenza di una
distribuzione irrigua per scorrimento, ma di scarsa rilevanza territoriale, per la ridotta superficie
interessata.
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Gli apporti azotati provenienti dalle attività di allevamento risultano di modesta entità, a fronte di
un patrimonio zootecnico di scarsa consistenza; gli allevamenti ancora presenti nell’area risultano in fase
di ulteriore ridimensionamento. E ‘ presumibile che la fotografia della situazione di 10 o 15 anni fa
evidenziasse una situazione zootecnica decisamente diversa e numericamente più consistente .
L’attuale carico di bestiame presente sul territorio indagato risulta estremamente ridotto per poter
individuare al momento nell’attività di allevamento una fonte significativa di nitrati, anche nel caso di una
gestione delle deiezioni non estremamente rigorosa: il numero di animali allevati nell’area è di gran lunga
inferiore al numero di capi equivalente al quantitativo annuo massimo di effluente zootecnico consentito
dalla L.152/99 per lo spargimento sul terreno, di cui si dovrà tenere conto nei programmi di azione per le
zone vulnerabili da nitrati, corrispondente a 170 Kg/ha di azoto.
Complessivamente, quindi, dalle rilevazioni eseguite nel corso del lavoro emerge a carico del
settore agricolo un impatto delle attività di modesto rilievo per quanto riguarda l’inquinamento delle falde
da nitrati.
Il fatto che la quantità di azoto che può lisciviare dal terreno agrario stimata dallo studio risulti in
media dell’ordine di grandezza di quella che potrebbe lisciviare dal terreno incolto deve far riflettere sul
livello di vulnerabilità e sulle cause che hanno determinato lo squilibrio idrico che si registra in questi
anni.
Le indicazioni che scaturiscono da questa indagine dovranno essere integrate ai risultati elaborati
dagli altri soggetti del gruppo di lavoro coinvolti nello studio, in particolare la componente geologica, il
cui contributo potrà individuare le caratteristiche del territorio e definire le dimensioni e la dinamica di
ricarica della falde, e ai dati sulle altre fonti di nitrato, per determinare se i quantitativi che affluiscono dal
soprassuolo per effetto delle attività agricole possono risultare in qualche modo condizionanti nel
determinare l’accumulo dei nitrati che si rileva nelle acque sottostanti.
Non si esclude infatti che la tutela di questa area, che manifesta forti criticità idriche, possa trovare
un supporto anche nel settore agricolo, attraverso l’adozione da parte di tutti gli agricoltori di tecniche
colturali che consentano la salvaguardia delle risorse naturali.
In una area così vulnerabile è comunque auspicabile una rigorosa applicazione delle norme
regionali e nazionali esistenti che regolamentano lo scarico, lo stoccaggio e la distribuzione delle
deiezioni provenienti da attività di allevamento. Allo stesso tempo sarebbe opportuna l’attivazione di
iniziative di assistenza tecnica per una più capillare diffusione ed applicazione di tecniche di coltivazione
a basso input (in particolare di fertilizzazione, di irrigazione e lotta fitopatologica), che risultino
compatibili con le specificità dell’area, sostenute eventualmente da incentivi economici che premino la
corretta esecuzione delle pratiche colturali
Non si esclude infatti che l’area possa comunque trarre un beneficio ambientale dalla applicazione
generalizzata di un disciplinare di produzione che, partendo dai contenuti del Codice di Buona Pratica
Agricola (D.M. 19 aprile 1999), possa prevedere specifiche norme per la tutela delle falde.
Si ritiene altresì auspicabile un intervento pluridisciplinare di controllo, che coinvolga tutte le
attività socio-economiche che sussistono nell’area d’indagine, al fine di adottare soluzioni che
permettano di limitare per ciascuno dei settori il potenziale grado d’inquinamento sulle falde.
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4.1.3 CONTRIBUTO AUSL
Apporto di azoto dai reflui domestici
Partendo dai dati di letteratura, risulta che la concimazione media di azoto nei liquami domestici
sia mediamente di 12 g/giorno che corrispondono ad una concentrazione media nei reflui di 50 mg/l.
Assumendo un consumo medio giornaliero di 300 l/ab ed un coefficiente di restituzione in fogna
di 0,8, ne risulta un carico di azoto medio 12 g/die/abitante.
In presenza di sistemi di pretrattamento dei reflui, questi valori possono essere contenuti (es. il
trattamento Imhoff, in perfetta efficienza, riduce il carico di azoto mediamente del 15%).
L’apporto giornaliero di azoto derivante da insediamenti civili nella piana di Vada, in base al
numero di abitanti censiti (938 abitanti/utenti) oscilla quindi fra 11,256 Kg/die e 9,567 Kg/die di azoto.
Ipotizzando che tutti gli scarichi vengano trattati con il sistema a fossa Imhoff, il valore medio
potrebbe oscillare intorno a 9,567 Kg/giorno corrispondenti a 3.492 Kg/anno di azoto.
L’apporto, fatte salve le dovute approssimazioni, risulterebbe pari al fabbisogno medio di NO3−
necessari alla coltivazione, secondo quanto indicato dall’ARSIA, di circa 60 ha di terreno agricolo su
1.100 ha disponibili (minimo 27 ha).
Da questa valutazione risulta che gli scarichi civili apportano circa 1/10 di azoto rispetto a quanto
previsto, su base teorica, per gli apporti sul suolo dell’attività agricola.
Se, come carico totale previsto, l’azoto proveniente dagli scarichi civili è inferiore come apporto, è
anche vero che gli scarichi non sono distribuiti uniformemente e la posizione di alcuni di essi potrebbe
risultare fortemente impattante in aree con una elevata permeabilità del sottosuolo (vedi scarico del
Malandrone).
In questa valutazione inoltre non è stata considerata la variazione nel numero della popolazione
legata al periodo estivo.
L’attuale normativa (Delibera del Comitato Interministeriale del 14 febbraio 1977) anche alla luce
del Decreto Legislativo 152/99 e s. m. prevedono per gli scarichi che non recapitino in fognatura, le
seguenti modalità di smaltimento:
a) pozzi neri o fosse a tenuta: una sorta di vasca di contenimento in grado di accogliere i
reflui domestici, che poi debbono essere trasferiti ad un impianto di trattamento attraverso una
autocisterna o altro sistema. Tale tecnica è stata in passato utilizzata per raccolta delle deiezioni
umane, ma abbandonata con l’avvento del sistema idraulico di smaltimento “cacciata”, in quanto i
volumi che si creano con tale sistema comportano alte frequenze di ritiro tali da diventare inattuabili
sia sul piano gestionale che economico;
b) pretrattamento in fossa chiarificatrice (fossa Imhoff) e smaltimento nel primo strato del
suolo mediante sistema di sub-irrigazione.
Tale sistema è indubbiamente quello più adottato, anche se introdotto solo recentemente dalla
normativa ed offre una serie di vantaggi. La Imhoff ha il vantaggio di permettere la decantazione dei
solidi sedimentabili che si raccolgono nello scomparto inferiore della vasca, mentre i liquami
chiarificati passano in un sistema di drenaggio dimensionato secondo il grado di permeabilità del
terreno ed in funzione del numero degli abitanti serviti dall’impianto. Con tale vasca i solidi
sedimentabili vengono trattenuti nello scomparto inferiore dove subiscono un processo di digestione
anaerobica. Durante il processo di degradazione anaerobica si liberano gas maleodoranti: acido
solfidrico, metano, e ammoniaca;
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c) pretrattamento in fossa chiarificatrice (fossa Imhoff) e smaltimento in pozzi assorbenti.
La tecnica prevede la realizzazione di due pozzi disperdenti-assorbenti di cui uno di riserva.
Si tratta di costruire due pozzi cilindrici cavi provvisti di pareti perforate che stanno a contatto
ad uno strato di materiale drenante. Per ovviare alla scarsa permeabilità dei terreni circostanti, si
realizza un sistema drenante che si sviluppa al contrario del precedente in senso verticale con il rischio
di interferire con la falda idrica freatica. E’ poco utilizzato per l’elevato costo di investimento e per il
rischio di interferire con la falda freatica;
d) pretrattamento in fossa Imhoff con percolazione nel terreno mediante sub-irrigazione con
drenaggio.
E’ un sistema che viene utilizzato in caso di terreni impermeabili. Consta di un sistema di
smaltimento costituito da due condotte poste nella stessa trincea, di cui una sottostante drenate ed una
soprastante disperdente.
I reflui chiarificati dispersi dalla canalizzazione superiore vengono assorbiti dallo strato di materiale
drenante opportunamente aerato a scopo depurativo e raccolti dalla rete drenante che li convoglia allo
scarico. Tale sistema consente di attuare lo scarico di refluo trattato in un corpo recettore (corso
d’acqua o fossi);
e) pretrattamento in fossa Imhoff con fitodepurazione.
L’impianto di fitodepurazione sfrutta il potere depurativo di determinati tipi di vegetazione ed
è costituito sostanzialmente da uno o più letti assorbenti sul fondo dei quali scorre la tubazione
disperdente che rilascia i reflui in prossimità dell’apparato radicale delle piante. Questo sistema può
essere realizzato a ciclo chiuso, senza scarico. In quest’ultimo caso, il refluo in eccesso può essere
raccolto e reimmesso in testa all’impianto. Altrimenti lo scarico di troppo pieno può essere smaltito
per sub-irrigazione.
Tale tecnica a differenza delle altre riduce o elimina nel caso si utilizzi un sistema a ciclo
chiuso, l’impatto del refluo nell’ambiente. Lo scarico esaurisce il suo carico organico nell’ambito del
sistema vegetazionale dei letti assorbenti.
L’impianto, ai fini del contenimento dell’apporto dei nitrati, offre il vantaggio di sottrarre una
quota di azoto minimo del 20-30% e di incamerarla nei fanghi (biomassa) che, se non smaltiti sul
posto, possono produrre effettivamente una riduzione nell’apporto organico negli scarichi. Tale
tecnica depurativa, tuttavia non si presta per lo smaltimento dei reflui provenienti da insediamenti di
carattere familiare per la complessità della gestione.
Il D.Lgs. 152/99 preferisce la fitodepurazione come tecnica depurativa anche per gli
agglomerati urbani compresi tra 50 e 2000 abitanti equivalenti.
Nella rassegna dei sistemi di smaltimento dei reflui domestici che non recapitano in fognatura,
ve ne sono alcuni che si prestano a ridurre il carico organico ambientale e quindi di ridurre l’apporto
di azoto; i più indicati a tale scopo risultano essere in via prioritaria:
1)
la fitodepurazione a ciclo chiuso con pretrattamento in fossa Imhoff è sicuramente
la tecnica che offre i maggiori vantaggi annullando definitivamente se ben gestiti il carico organico
dei reflui civili. E’ un sistema che per la semplicità della manutenzione si presta per il trattamento
dei reflui provenienti da insediamenti familiari;
2)
la fitodepurazione con pretrattamento in fossa Imhoff con lo smaltimento del troppo
pieno per sub-irrigazione. E’ un sistema che per la semplicità della manutenzione si presta per il
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trattamento dei reflui provenienti da insediamenti familiari, anche se il D.Lgs. 152/99 lo prescrive
anche per gli agglomerati urbani tra 50-2000 abitanti equivalenti;
3)
pretrattamento in fossa Imhoff e successiva smaltimento per sub-irrigazione.
L’impianto di depurazione ad ossidazione totale da utilizzare nei casi in cui la
consistenza dell’insediamento consente di attuare una efficace gestione con personale di adeguata
professionalità e quando lo scarico può essere immesso nella rete drenante principale (fossi, corsi
d’acqua).
4.1.4 CONTRIBUTO COMUNE DI ROSIGNANO MARITTIMO
Il censimento degli scarichi fuori fognatura nella piana di Vada, realizzato sulla base di
sopralluoghi effettuati direttamente sul sito, ha l’obiettivo di raccogliere tutte le informazioni necessarie
ad individuare l’incidenza di questi scarichi sull’inquinamento e definire possibili soluzioni ed interventi
per ridurre l’inquinamento e razionalizzare i prelievi di acqua.
Le prime indicazioni che si possono trarre su un totale di circa 800 abitanti equivalenti per 200
scarichi, sono le seguenti: 17.8% di scarichi autorizzati, 67.7% non autorizzati e 14% in via di verifica.
Le tipologie di scarico sono di seguito riportate:
$ fosse Imhoff 40.8%;
$ biologici 29.6%;
$ vasche a tenuta 13.8%;
$ depuratori 8.6%;
$ fitodepurazione 0.7%;
$ altro 15.8%.
Dovranno essere presi in considerazione con priorità gli scarichi che insistono sopra i pozzi
idropotabili nella zona di Belvedere e Santa Rosa.
La concentrazione dei nitrati probabilmente aumenta perché diminuisce l’acqua presente nelle
falde come conseguenza della diminuzione delle piogge e dell’aumento dei consumi.
Per quanto riguarda le indicazioni alternative per lo smaltimento dei reflui dovrà essere valutata la
realizzabilità e gli aspetti economici legati a trattamenti quali la fitodepurazione e la costruzione di piccoli
depuratori.
4.1.5 CONTRIBUTO COMUNE DI CECINA
Il Comune di Cecina rende noto che la prima campagna di rilevamento degli scarichi non in
fognatura, effettuata nel periodo compreso tra il 3 aprile 2002 e il 15 giugno 2002, e poi fra il 10 luglio ed
il 22 Novembre 2002 ha consentito di censire nella zona di Collemezzano, San Pietro in Palazzi, La
Cinquantina e località Paduletto. Come meglio illustrato nella relazione finale che accompagna il
censimento, lo studio svolto fino a questo momento ha censito 256 scarichi che assorbono un carico pari a
1622 utenti.
E’ doveroso precisare che spesso non c’è corrispondenza tra nucleo familiare e scarico, in quanto è
frequente la presenza di più famiglie allacciate ad uno stesso sistema di smaltimento. Inoltre, nella zona vi
sono anche alcuni complessi turistici ricettivi e produttivi, non riconducibili ai residenti.
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L’area in oggetto, corrisponde alla fascia costiera comunale, compresa tra il confine con il
Comune di Rosignano M.mo, a nord e quello con il Comune di Bibbona, a sud; con la zona di
Collemezzano, già censita, risulta che il monitoraggio ha coperto buona parte del territorio
comunale non servito da pubblica fognatura, e comunque tutta la zona considerata
critica.
L’attività agricola, è stata in passato il settore trainante per tutto il territorio comunale,
determinando lo sviluppo economico a cui stiamo assistendo. Ad oggi le aree agricole compresa quella
oggetto del nostro lavoro, hanno assunto una forte inclinazione turistica.
Il censimento ha rilevato questo fenomeno, verificando la presenza di nuove edificazioni,
trasformazioni edilizie e recupero di importanti volumi rurali destinati a strutture ricettive e residenziali..
In particolare, si evidenzia la nascita di alcuni complessi turistico-ricettivi in via Vecchia Livornese e in
via di Palazzeta, in località La Cinquantina.
Il censimento
Il censimento degli scarichi non in fognatura oltre a determinate la distribuzione qualitativa e
quantitativa degli stessi nel territorio esaminato, fornisce indicazioni sul carico dei liquami domestici che,
preventivamente depurati o meno, vanno a recapitare nei corsi d’acqua, nel suolo e nel sottosuolo.
La scheda costruita contiene per ogni scarico informazioni relative all’ubicazione, alle
caratteristiche di funzionamento, all’edificio cui è asservito e al titolare o referente che ha fornito le
indicazioni prescritte.
E’ importante specificare che la raccolta delle informazioni, assunte durante i sopralluoghi,
servendosi della collaborazione di persone (titolari o referenti) non sempre informate sulla materia,
implica una reale difficoltà ad ottenere notizie precise, riscontrabili direttamente sul terreno.
In funzione a quanto specificato, sembra doveroso chiarire che l’attendibilità del dato raccolto, può
tal volta venire meno, data la diffidenza riscontrata nel fornire informazioni da parte dei soggetti
intervistati; non è comunque compromessa, la validità del dato complessivo, in quanto il censimento
esprime chiaramente la reale situazione fognaria della popolazione residente e non residente sul territorio
esaminato.
Metodologia di indagine
Il presente lavoro è stato articolato seguendo il metodo utilizzato per la zona di Collemezzano
durante la prima campagna.
In questa fase ogni scarico censito è stato inserito sia come punto georeferenziato sulla cartografia
digitale, al quale è stato attribuito un numero progressivo. Tale numero è il medesimo della scheda redatta
completa delle informazioni raccolte per tale scarico. Sempre sulla stessa cartografia è stato inserito lo
schema della fognatura privata e la posizione dei pozzi pubblici con relativa zona di rispetto.
La scheda, corredata dalla corografia, monografia e fotografie del singolo scarico, è rappresentata
come record nel data base ( un esempio di tale scheda è allegato alla presente).
Oltre al data base, aggiornabile e modificabile dagli utenti addetti, si è prodotto un CD-ROM,
composto da pagine statiche (quindi non modificabili, ma visualizzabili con Internet Explorer), completo
di tutte le informazioni acquisite. La stampa di una scheda esempio è allegata alla presente relazione.
Analisi e restituzione dei dati
Per comodità di utilizzo e di analisi dei dati, il territorio è stato diviso in tre zone. Tali zone hanno,
in relazione alla posizione geografica e ambientale, indirizzi socioeconomici distinti:
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Zona di Collemezzano: è un’area collinare ricca di insediamenti civili, ricettivi e rurali; si registra
anche la presenza di attività industriali ed artigianali quali la VIBROSOLAI per costruzioni in manufatti
prefabbricati di cemento le SALES con impianti di lavorazione di inerti. Il suolo è coltivato
principalmente ad uliveto ed a vigneto.
Zona di San Pietro in Palazzi- La Cinquantina: zona agricola a ridosso della costa nord del
Comune, compresa fra il Fiume Cecina, il Torrente Tripesce e la via Pisana Livornese. Sono presenti vari
complessi turistico-ricettivi e numerose strutture residenziali. Il suolo è coltivato essenzialmente a
seminativo, è da notare la presenza di due vivai e di due aziende con allevamento di bovini.
Zona Cecina sud: si tratta della zona costiera a ridosso della pineta demaniale quale riserva
biogenetica (ex A.S.F.D.); è l’area più povera di insediamenti civili, e al momento, meno sfruttata dal
punto di vista turistico, il suolo è coltivato a seminativo e ad ortaggi. E’ sede di un importante campo
pozzi in località Paduletto. I pozzi in questione sono particolarmente vicini alla costa e per questo sono
considerate opere di presa altamente vulnerabili dal cuneo salino.
La tabelle seguente mostra il resoconto del censimento effettuato:
per n° scarichi censiti si intendono tutti i fabbricati, porzioni di fabbricato, o complessi di
fabbricati, per i quali esiste un scarico di reflui domestici.
il censimento effettivo deriva dalla differenza tra i censiti e gli insediamenti dove, pur avendo
appurato l’esistenza di uno scarico, non è stato possibile ottenere le informazione sul reale funzionamento
dello stesso.
I dati raccolti, sono stati analizzati sia per zona singola sia complessivamente.
Zo na
Collemezzano
S. Pietro in Palazzi Cinquantina
Cecina Sud
Totale
n° sca richi
censiti
Inf o rma zio ni sul
t r a t t a ment o no n
fornite
Censimento
e ffe ttivo
155
12
143
71
29
255
8
3
23
63
26
232
In allegato sono mostrate le tabella che esplicano l'elenco dei tipi di trattamento depurativo
riscontrato, in relazione al numero di utenti o abitanti equivalenti correlati allo stesso tipo di scarico.
I dati rilevati sono stati elaborati in modo da fornire informazioni utili sia sulla frequenza dei
sistemi di scarico adottati sia sull’effettivo grado di influenza in termini di carico.
Le tabelle evidenziano la distribuzione dei sistemi di trattamento suddivisi per zona censita, oltre a
fornire il computo globale sull’area complessiva. Affiancati alle tabelle sono mostrati i rispettivi
diagrammi a torta.
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Nei grafici si mostra solo le tipologie di trattamento dei reflui più significative, raggruppando
nella voce “altri”, gli scarichi con frequenza inferiore al 4%.
Distribuzione in termini di carico dei liquami
Distribuzione in termini di carico dei liquami
secondo le varie tipologie di trattamento (zona
secondo le varie tipologie di trattamento (zona
Collemezzano)
S.Pietro in Palazzi- La Cinquantina)
22,5%
5,6%
11,9%
15,8%
14,0%
10,0%
10,6%
8,5%
42,1%
6,8%
27,2%
11,5% 13,5%
Depuratore
Fossa biologica
Fossa biologica+smaltitoio
Fossa biologica+vasca a tenuta
Imhoff+depuratore
Imhoff+subirrigazione
Altri
Depuratore+subirrigazione
Depuratore
Fossa biologica
Imhoff+depuratore
Imhoff+subirrigazione
Altri
Distribuzione in term ini di carico dei liquami
secondo le varie tipologie di trattamento
Distribuzione in term ini di carico dei liquam i
(Cecina Complessivo)
secondo le varie tipologie di trattam ento
(zona Cecina Sud)
7,2%
14,0%
7,8%
9,6%
10,4%
7,0%
24,3%
6,8%
14,0%
9,2%
5,9%
8,5%
32,2%
21,7%
11,3%
Depuratore
Fossa biologica
Fossa biologica+smaltitoio
Fossa biologica+subirrigazione
Fossa biologica+vasca a tenuta
Imhoff
Altri
Depuratore+subirrigazione
Depuratore
Fossa biologica
Fossa biologica+smaltitoio
Fossa biologica+vasca a tenuta
Imhoff+depuratore
Imhoff+subirrigazione
Altri
L’analisi dei diagrammi indica che il sistema di trattamento che assorbe il maggior numero di
utenti è diverso nelle varie zone:
fossa Imhoff + subirrigazione a Collemezzano (27%);
depuratore nella zona di S. Pietro in Palazzi La Cinquantina (42%);
fossa biologica + smaltitoio per Cecina Sud (32%).
Il dato importante che scaturisce da questa analisi, è che la distribuzione in termini di carico nei
distretti descritti, dipende dall’indirizzo socioeconomico di area.
L’area complessiva invece, indica che il carico liquido prodotto dagli utenti è trattato
principalmente con depuratori e con fosse Imhoff + subirrigazione; circa il 57% dei reflui è comunque
trattato con sistemi depurativi previsti dalla vigente normativa anche se non sempre sono regolarmente
autorizzati.
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E’ altresì importante riferire che l’elevata frequenza dei reflui trattati con depuratori deriva dal
fatto che le sole strutture turistico-ricettive costruite di recente, e quindi con un numero di utenti
potenzialmente molto elevato, adottano questo genere di trattamento primario e secondario. Escluse
queste attività, la situazione relativa alle civili abitazioni risulta ben diversa e variegata.
Di seguito è riportato la percentuale degli scarichi autorizzati dal quale si evince che solo una
piccola parte dei censiti è regolarmente autorizzata.
Zo na
Co llemezzano
S. Pietro in Palazzi –
Cinqua nt ina
Ce c ina Sud
To t a le
1
n° sca richi
censiti
Inf o rma zio ni
no n f o rnit e
Censimento
e ffe ttivo
Autorizz.
%1
155
12
143
6
4,1%
71
29
255
8
3
23
63
26
232
11
2
18
17,5%
7,7%
7,7%
la percentuale è calcolata sul totale dei censiti effettivi
Le autorizzazione conteggiate sono state rilasciate dal Comune negli anni 1999, 2000, 2001 e nei
primi mesi del 2002. sono quindi, considerati sprovvisti di autorizzazione, tutti gli scarichi antecedenti al
1999. La reale situazione delle autorizzazioni, non coincide con quella resa dalla tabella.
Di seguito si riporta la distribuzione dei recettori degli scarichi, sempre in relazione al n° di utenti
o ab/equivalenti, distinti per zona e tipo di recettore, indicati come:
corso d’acqua superficiale (fossi e canalette campestri)
suolo inteso come il primo metro e ½ di coltre terrigena;
sottosuolo, oltre il metro e ½ di profondità;
aspersione nei campi proveniente da autobotte privata;
autobotti;
pubblica fognatura;
nessuno scarico (fitodepurazione);
cisterna di raccolta scarichi da depuratori
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%
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Ricezione degli scarichi
60,0%
Collemezzano
S. in Palazzi - La Cinquantina
50,0%
Cecina sud
Cecina Complessivo
40,0%
30,0%
20,0%
10,0%
0,0%
Corso d'acqua
superficilale
Suolo
Sottosuolo
Aspersione nei
Campi
Pubblica
fognatura
Autobotte
Cisterna
Nessuno scarico
nessuna
informazione
L’istogramma mostra chiaramente che i reflui domestici depurati o meno dai sistemi
precedentemente descritti vanno principalmente in dispersione nel suolo e ad alimentare i corsi d’acqua
superficiali.
I fossi e le canalette campestri esistenti nell’area, non consentono alcuna diluizione degli scarichi
in quanto per la maggior parte dell’anno restano asciutti, inoltre data la buona permeabilità dei suoli
attraversati, i liquidi scaricati si infiltrano dopo pochi metri dal punto di emissione.
Conclusioni
Il lavoro portato a termine con la seconda campagna di censimento degli scarichi nel territorio ha
segnalato:
in primo luogo la crescita delle edificazioni in area agricola, lo sviluppo a sfondo turistico
alberghiero, che le suddette attività adottano sistemi per lo più consentiti e autorizzati,
che i sistemi di smaltimento relativi a case coloniche ristrutturate di recente (anni novanta) si
servono in principal modo di fognatura private a dispersione tramite subirrigazione;
che i fabbricati rurali esclusi dalle categorie sopra indicate, mantengono sistemi fognari antiquati
e mal funzionanti;
che esistono diversi inquinamenti puntuali sparsi su tutto il territorio censito.
La situazione più gravosa è riferita agli scarichi di via Po che ricadono all’interno della zona di
rispetto del pozzo omonimo; a questa si aggiungono i due scarichi interni all’area di rispetto del pozzo
denominato Acquapark (Zona Cecina Sud in località Paduletto).
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Gli scarichi censiti assorbono i reflui domestici complessivamente per 1622 utenti (684 a
Collemezzano, 823 a S. Pietro in Palazzi – La Cinquantina e 115 a Cecina Sud) che scaricano a regime
solo nel periodo estivo.
Si osserva pertanto che il maggior effetto degli scarichi nelle acque di falda dovrebbe
corrispondere proprio a questo periodo, in quanto si ha contemporaneamente, la presenza del minimo
livello della piezometrica del maggior emungimento nei pozzi civici in relazione alla maggiore
richiesta idrica. Nel periodo estivo però, i nitrati raggiungono difficilmente la zona satura, in quanto
manca l’effetto dilavamento delle piogge. Per questo motivo i nitrati restano intrappolati nei primi
metri del terreno per entrare in falda solo con la stagione autunnale.
4.1.6 CONTRIBUTO COMUNE DI CASTAGNETO CARDUCCI
Il territorio comunale interessato dal fenomeno dell’inquinamento da nitrati è coltivato
prevalentemente a vigneto sotto la collina di Castagneto Carducci, mentre è prevalentemente orticola alle
spalle dell’abitato di Donoratico.
Le attività di allevamento che si sono sviluppate nel passato potrebbero aver inciso pesantemente
sull’attuale situazione.
Le abitazioni utilizzano tipologie di scarico alternative alla pubblica fognatura.
L’area oggetto del fenomeno è compresa fra l’Aurelia e la zona pedecollinare dal confine con il
Comune di Bibbona a quello con il comune di San Vincenzo (dove si registrano valori fino a 200 mg/l).
Da un primo censimento, risulta che il 40% degli scarichi civili è stato autorizzato con il parere
positivo USL.
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4.1.7 CONTRIBUTO ARPAT
L’ARPAT ha effettuato nella zona di interesse oggetto di studio da parte dell’ARSIA una serie di
indagini di campagna e di laboratorio a supporto dello studio idrogeologico finalizzato alla definizione dei
meccanismi di arricchimento in nitrati delle acque sotterranee.
Le indagini sono state effettuate in due periodi: maggio 2001 e settembre 2001 per verificare la
variazione verticale del contenuto di azoto nel terreno. A questa attività è seguita una campagna
geognostica con sette sondaggi presso tre campi pozzi ASA per stabilire la permeabilità degli acquiferi e
la diffusione dell’azoto.
ARPAT ha realizzato uno studio idrogeologico con utilizzo di modelli numerici di simulazione per la
definizione dei meccanismi di arricchimento in nitrati delle acque sotterranee nell’area compresa tra gli
stradoni del Lupo, del Tripesce, la SS. n° 206, Vada e S. Pietro in Palazzi.
Di seguito sono riassunte le conclusioni dello studio (figure in allegato).
Lo studio per la definizione dei meccanismi d'arricchimento in Nitrati dell’acquifero costiero a
nord del Fiume Cecina è consistito in una prima fase d'indagini di campagna finalizzate all'acquisizione
dei parametri idrodinamici del sistema acquifero necessari per l’implementazione del modello numerico.
Le indagini sono state programmate sulla scorta delle conoscenze oramai consolidate di studi
precedenti che si sono succeduti nell’area.
Il contenuto in azoto dei terreni superficiali, oggetto di un'indagine specifica basata su 9 campioni
di suolo e primo sottosuolo e 5 pozzetti d’osservazione della permeabilità superficiale, è risultato
dipendente dalla tessitura. I terreni con tessitura sabbiosa più drenanti presentano, infatti, in modo
caratteristico, contenuti dello ione nitrico crescenti con la profondità.
Sono stati analizzati anche campioni di suolo prelevati nelle immediate prossimità di scarichi fognari
rilevando, benché localizzate, concentrazioni elevate d'azoto nitrico anche in questi suoli.
Il sistema acquifero è generalmente definibile come multistrato, ed almeno nelle zone di Belvedere
e Santa Rosa dove si osservano livelli piezometrici diversi tra una prima falda superficiale, sospesa e
comunque non sfruttata dai pozzi potabili, e le successive confinate, come multifalda.
La separazione sembra avere, in ogni caso, un'occorrenza locale in coincidenza della struttura
idrogeologica di Belvedere dove, oltre l’ispessimento degli strati acquiferi, si riscontrano intercalazioni
significative, di spessore metrico, di terreni acquicludi.
In altre zone le lenti acquiclude, diminuiscono in spessore o scompaiono, annullando così la
separazione degli acquiferi. Significativa la situazione della Zona di Palazzi che pur presentando spessori
consistenti degli acquicludi non rivela differenze piezometriche tra le falde. Come verificato dalla
ricostruzione puntuale delle condizioni idrostrutturali dell’acquifero, le lenti acquiclude, s'interrompono,
infatti, a breve distanza in direzione del Fiume Cecina.
Le condizioni di parziale separazione del sistema acquifero nelle aree di Santa Rosa e Belvedere
confermano, in ogni caso, una distinta facies geochimica dell’acqua della falda superiore caratterizzata
forse anche da un minore contenuto in nitrati.
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La ricostruzione idrogeologica del sistema acquifero deriva dalla correlazione ed interpretazione
geologica di 96 stratigrafie raccolte in un progetto GIS ed un'apposita banca dati dalla quale sono state
estratte le informazioni base sia per le elaborazioni geostatistiche delle superfici di tetto e di letto del
sistema acquifero sia per i calcoli su permeabilità e spessore per le stime della trasmissività e dei tempi
d'arrivo in falda per flusso saturo.
La conducibilità media, definita in ultimo dal rapporto della trasmissività per lo spessore totale del
sistema acquifero multistrato, estrapolata anche questa tramite kriging, insieme alle superfici ricostruite di
tetto e di letto, rappresentano le condizioni fisiche di base dell’acquifero fornite al modello.
Sulla base di un'analisi critica di precedenti lavori che hanno valutato il bilancio idrico
dell’acquifero della piana costiera del Cecina, sia su base stagionale sia annuale sono state definite le
condizioni al contorno in termini d'afflussi e deflussi imposti al sistema.
La ricarica verticale al sistema acquifero, in accordo con gli studi precedenti, è stata considerata
omogenea su tutta l’area. Il valore considerato, relativo alla media delle precedenti stime, è poco variabile
ed è stato fornito al modello tal quale senza ricercare una possibile calibrazione.
Il confronto, invece, delle stime precedenti dei prelievi da pozzi, anche rapportate all’unità di
superficie come altezze medie di deflusso, rivela un'estrema variabilità.
Per questa ragione, basandosi sui dati del DB Visark, è stata condotta un'ulteriore stima. Quale media
complessiva, rapportata alla superficie di 48 Kmq del modello in esame sono risultati 3.2 Mmc per il
prelievo irriguo su 241 pozzi, 3.0 Mmc per il prelievo industriale su 5 pozzi e 2.2 Mmc per il prelievo
potabile su 23 pozzi.
Constatati i margini d'incertezza notevoli nell’ambito dei prelievi, che rappresentano poi un
elemento assolutamente prevalente nella determinazione del campo di flusso, il modello concettuale è
stato ricondotto per semplicità ad un unico strato acquifero concentrando la ricerca della calibrazione del
modello, oltre ai prelievi, sul valore di conducibilità media.
Le condizioni al contorno relative ai confini del modello suscettibili di scambio idrico, quali il lato
ovest, verso mare, e quello sudest lungo l’alveo del Cecina e dell'Acquerta, con la porzione sud
dell’acquifero ed il Fiume Cecina stesso, sono state ricondotte a celle di carico costante, secondo i valori
della piezometrica media annua. La stessa piezometria indica la presenza di confini di non flusso sui lati
nordest e nordovest testimoniata dall’andamento perpendicolare rispetto al confine delle linee di
potenziale.
Per la calibrazione del modello si è scelto di verificare prima la sensitività dei prelievi, giungendo
ad una riduzione significativa, nell’ordine del 20% dei prelievi complessivi (irrigui, industriali e potabili).
In ultimo, sulla base della distribuzione degli errori residui, sono stati ricercati i valori ottimali di
conducibilità idraulica ancorché mediati, come noto, sull’intero spessore del sistema acquifero. A
conferma della diversa età e natura dei due corpi geologici giustapposti nel sistema acquifero le correzioni
sono state di segno opposto per la zona NE del terrazzo di Collemezzano, con riduzione al 35%, e per le
zone NW di Vada-Polveroni e Centrale di Belvedere - Palazzi con incremento, rispettivamente del 25% e
del 100%.
Con il modello calibrato per le condizioni di flusso, sono stati discussi, tramite simulazioni
eseguite allo scopo, i seguenti risultati:
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Caratteristiche idrodinamiche generali del campo di flusso: Il sistema si alimenta in prevalenza
dalla ricarica verticale, con apporti limitati dal Fiume Cecina o più in generale dalla porzione sud
adiacente del sistema acquifero costiero. Scarsi anche i deflussi verso mare della falda. La particolare
struttura idrogeologica della paleovalle di Belvedere, oltre la concentrazione dei prelievi, determina, di
fatto, la totale intercettazione del flusso d'acqua dolce dai rilievi di Collemezzano verso mare.
Bilancio idrogeologico di aree rappresentative: Situazioni diverse, in termini di bilancio, sono
osservate tra la zona Tardì, di bassa portata dell’acquifero con ricarica verticale prevalente, oltre il 50%,
sul flusso locale di falda e le zone di Santa Rosa, Belvedere e Palazzi dove i flussi più intensi determinano
un rapporto tra la ricarica verticale locale ed il flusso di falda che non eccede il 20%.
Stato quantitativo del sistema acquifero: l’esecuzione di una simulazione in regime transitorio, non
basata sui prelievi calibrati e ridotti, ma su quelli stimati, sembra spiegare il tasso d'abbassamento dei
livelli idrici dell’acquifero osservato in 0.5 m/anno. Da notare che per effetto dell’abbassamento della
piezometrica, si incrementano significativamente gli apporti dal mare e dal Fiume Cecina.
La molecola dei nitrati è una specie conservativa, come anione non subisce processi significativi
d'adsorbimento sul suolo, mentre, il degradamento per reazione chimica, limitato ad una possibile
riduzione in azoto ammoniacale, non risulta possibile nell’acquifero in studio con ricarica diretta dalla
superficie ed acque che si mantengono sempre ben ossigenate. I processi di trasporto presi in
considerazione sono stati pertanto quelli advettivi, secondo le velocità della corrente derivate dal modello
di flusso, e dispersivi.
Le indagini eseguite non hanno permesso di definire il parametro della porosità efficace, poiché la
risposta dell’acquifero alle prove di falda ha mostrato caratteristiche d'acquifero semiconfinato. In ogni
caso, sia per il parametro di porosità efficace, sia per il parametro dispersività, sono stati assegnati valori
generici di letteratura, non risultando d'interesse, nei limiti e negli scopi del presente lavoro la verifica
puntuale dei risultati del modello ai dati osservati, quanto la comprensione dei meccanismi complessivi
d'arricchimento in nitrati.
La ricostruzione degli apporti in nitrati di origine agricola dalla superficie è stata condotta secondo
i valori riportati dal parallelo studio ARSIA. Lo studio ha indicato carichi d'azoto lisciviato importanti
soltanto per la categoria di colture cosiddette autunno vernine come il grano ed i cereali in genere.
Il contributo varia, inoltre, significativamente, in dipendenza delle tecniche colturali adottate, dai
44-46 Kg/ha di N ai 7-8 Kg/ha. Complessivamente il carico d'azoto nitrico d'origine agricola è risultato di
8 ton/anno sui 7 Kmq indagati in dettaglio dallo studio ARSIA, corrispondente ad un carico medio di
11,45 Kg/ha*anno.
Lo studio ARSIA esclude lisciviazioni dalle concimazioni delle piantagioni orticole, sia perché
colture con rapida crescita e totale asportazione sia perché si concentrano in un periodo, quello estivo, di
scarse se non nulle precipitazioni.
Ciononostante la valutazione dei contributi rapportati al flusso di ricarica media annua,
determinano una concentrazione del flusso di ricarica alla falda che varia, criticamente, tra 20 e 120 mg/l
di NO3− per i valori minimi e massimi indicati da ARSIA. Il valore medio risulta comunque spostato
verso il limite inferiore e pari a 55 mg/l. Si tratta di valori più bassi, ma comunque comparabili al dato
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complessivo ottenuto dallo studio di Grassi et alii (2000) pari a 60 Kg/ha*anno di N che corrisponde a
150 mg/l come NO3−.
Per quanto riguarda i carichi dovuti al carico antropico, assumendo cautelativamente un apporto
medio d'azoto, come N, di 5.5 Kg/ab*anno, ed esclusi i centri abitati di Vada, Mazzanta e Santo Pietro in
Palazzi, dotati di fognatura e scarico a mare, le pressioni dei nuclei abitati, distribuite sugli areali di
competenza corrispondenti alle sezioni di censimento ISTAT, producono concentrazioni del lisciviato
anche in questo caso critiche. Valori eccezionali, dovuti all’alta densità abitava si ritrovano in particolare
alla CINQUANTINA (oltre 1000 mg/l di NO3−), PACCHIONE e POLVERONI (nell’ordine del centinaio
di mg/l). Ininfluente il contributo dovuto alle case sparse (5 mg/l).
I calcoli di bilancio confermano, comunque, quanto già indicato da Grassi et alii (2000), e cioè che
in termini generali il contributo d'azoto dell’agricoltura, pari in media a 54 t/anno, risulta prevalente
rispetto al contributo civile valutato in 11 t/anno.
L'elaborazione dei dati di permeabilità e spessore rivela che in termini di tempo d'arrivo minimi
per flusso saturo gran parte del territorio rientra in condizioni d'elevata vulnerabilità, specialmente le zone
di Vada, Polveroni e Mazzanta. Situazioni di vulnerabilità più bassa, per la presenza dello spesso
acquitardo superficiale si riscontrano invece nella zona di Collemezzano.
La carta dei tempi d'arrivo derivata dal flusso di ricarica e dalla profondità della falda dal piano
campagna, indicativa della velocità media, effettiva, dei fronti d'inquinamento che possono muoversi dalla
superficie, indica quali zone, più prossime alla tavola idrica, possono rispondere prima per interventi di
“bonifica” e limitazione dei carichi. Queste zone sono da considerarsi prioritarie, in termini di costi
benefici per eventuali misure di limitazione.
L’esecuzione delle simulazioni del modello di TRASPORTO rispetto a vari scenari, da valutare in
via comparativa hanno mostrato infine:
-
Meccanismi d'arricchimento:
-
Il modello evidenzia nelle diverse fasi cronologiche, che le zone con flusso lento, come quelle
della zona Tardì, verso mare, hanno una forte sensibilità all’arricchimento in NO3− di
provenienza locale, causa la mancata diluizione.
-
Le concentrazioni che si producono nell’acquifero per effetto del carico agricolo, da solo, sono
prevalenti, con un rapporto di 1:5, rispetto agli scenari per il solo carico civile;
-
I prelievi, in attuale disequilibrio rispetto alla ricarica oltre le condizioni idrostrutturali dovute
al naturale asse di drenaggio dell'incisione Belvedere a paleovalle condizionano il campo di
flusso dell'acquifero riducendo, se non annullando, l'alimentazione da monte delle aree poste
oltre la struttura di Belvedere.
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-
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Aree di Salvaguardia:
-
La definizione di una zona di protezione, quale area di ricarica significativa del sistema
acquifero, corrisponde, secondo i risultati del modello di flusso all’intera zona considerata.
Tutto o quasi il contributo della ricarica verticale locale è infatti intercettato dai pozzi, con
scarsi contributi esterni sia in ingresso sia in uscita. In situazioni con presenza diffusa di pozzi
destinati ad usi diversi, è ragionevole inoltre assumere per la zona di rispetto una definizione
altrettanto schematica quale è il criterio, indicato in linea di massima dal Dlgs 152/99, dei 200
m di raggio intorno all'opera di captazione;
-
La ricostruzione del campo di flusso e dei tempi d'arrivo in falda si presta per una definizione
più articolata delle aree di salvaguardia. Impiegando il criterio cronologico sono state
individuate, infatti, le aree sottese alle captazioni secondo un intervallo temporale di 15 anni,
ritenuto significativo per il caso in esame perché prossimo al tempo di rinnovamento del
sistema acquifero risultato di 12 anni. Da rimarcare che il criterio cronologico, considerato il
carattere conservativo della molecola dei nitrati, non può corrispondere ad una soglia
temporale oltre la quale si ha l'effettiva degradazione dell’inquinante, ma individua piuttosto le
aree più prossime e sensibili per la captazione dove possono essere attuate, in via prioritaria e
di massima efficacia, le azioni di risanamento per la riduzione dell’apporto dei carichi
organici. Le isocrone sono state riferite in un caso al flusso orizzontale verso le captazioni ed
in un secondo ad una combinazione dello stesso flusso orizzontale con il flusso verticale dalla
superficie.
o Le isocrone per moto orizzontale sono più estese poiché trascurano i tempi di
ricarica dalla superficie. Il loro significato si approssima tanto più alla realtà quanto
più cresce nel sistema acquifero il numero dei pozzi realizzati senza adeguate
cementazioni della superficie. L'isocrona dei 15 anni supera di molto il limite delle
zone di rispetto dei 200 m di raggio, estendendosi in direzione del flusso
d'alimentazione verso il rilevo di ColleMezzano piuttosto che verso mare;
o Le isocrone per combinazione di flusso verticale e flusso orizzontale tengono conto
del tempo impiegato dal fronte inquinante per raggiungere la falda dalla superficie
in particolare di quello medio riferito al flusso di ricarica. L’area sottesa da questa
isocrona dei 15 anni si modifica chiudendosi in direzione del terrazzo di
Collemezzano dove la presenza dello spesso acquitardo di superficie limita la
vulnerabilità. Zone di alta vulnerabilità si confermano invece, oltre le aree di
immediata prossimità dei pozzi, le aree verso NW di Vada e Polveroni.
Le indagini condotte da ARPAT sul sistema acquifero a Nord del Fiume Cecina, compreso nei
Comuni di Rosignano e Cecina, e sui terreni di copertura rilevano la presenza di un acquifero multistrato
composto cioè da vari strati acquiferi separati da interstrati acquicludi. Localmente il sistema si
caratterizza anche come multifalda, con presenza di falde acquifere sovrapposte di caratteristiche
chimiche distinte. Complessivamente ed ai fini del modello del flusso idrico il sistema acquifero è
comunque da considerare come un sistema unico.
La permeabilità dei terreni superficiali della copertura varia entro due ordini di grandezza, da suoli
sabbiosi molto sciolti a suoli molto argillosi seppur con abbondante presenza di scheletro.
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Gli spessori della copertura del sistema acquifero sono variabili, molto ridotti se non assenti nelle arre
di Vada e Polveroni, notevoli in corrispondenza dell’area di ColleMezzano.
Le caratteristiche idrostrutturali del sistema acquifero vedono la presenza di una profonda incisione
che si estende in direzione SE- NW dal Fiume Cecina in direzione di Palazzi, Belvedere e Santa Rosa.
La concentrazione in questa struttura di naturale drenaggio di numerosi pozzi determina nelle zone a
valle e verso mare, come Vada e l’area dei pozzi Tardì, una vasta ara di stagnazione o con scarso deflusso
della falda.
Il sistema acquifero, quantificato dal modello di flusso, si ricarica prevalentemente dalla superficie,
con scambi limitati in direzione del mare e del Fiume Cecina.
La riserva totale è stimata in 89 Mmc, rapportata al flusso di ricarica di 7.7 Mmc/anno, definisce un
tempo medio di rinnovamento del sistema acquifero di 12 anni ca.
Il disequilibrio tra la ricarica media che costituisce la riserva regolatrice ed i prelievi, stimati in 8,4
Mmc/anno è testimoniato sia dalle osservazioni piezometriche disponibili su un arco temporale
significativo dal 1990 che riportano in media un tasso di abbassamento di 0.5 m/anno sia dal modello di
flusso che ha richiesto per la taratura delle condizioni di equilibrio una riduzione complessiva del 20 %
dei prelievi. La simulazione in regime transitorio di un periodo decennale eseguita invece con i prelievi
stimati riporta sorprendentemente tassi di abbassamento comparabili a quelli osservati.
Il modello di trasporto evidenzia che le aree a scarso deflusso possono presentare un arricchimento in
nitrati maggiore di aree con flusso di falda più intenso a parità di apporto di nitrati dalla superficie causa
la mancata diluizione.
Attraverso lo stesso modello è risultato evidente, oltre il confronto delle quantità complessive di azoto
immesse nel sistema dai comparti agricolo (8 t/anno per i 700 ha individuate dallo studio ARSIA
rapportate ai 48 Kmq risultano in 56 t/anno) e civile (5.5Kg/ab*anno per una valutazione massimamente
cautelativa di 2500 abitanti risultano in 13.7 t/anno) il maggiore impatto delle pressioni agricole rispetto a
quelle civili ai fini dell’inquinamento da Nitrati nell’area in esame.
Permeabilità dei terreni superficiali, spessori della copertura, profondità della falda dal piano
campagna ed entità della ricarica sono i parametri che intervengono per la definizione parametrica della
Vulnerabilità idrogeologica del sistema acquifero.
Tempi di arrivo minimi per flusso saturo inferiori ad una settimana sono diffusi specie nelle zone di
Vada, Polveroni ed in generale in tutta l’area del terrazzo più basso di Vada.
I tempi di arrivo derivati dal flusso di ricarica che rappresentano come ordine di grandezza i tempi
effettivamente impiegati dal fronte di inquinamento che si muove dalla superficie mostrano ancora le aree
di Vada e Polveroni come le più prossime alla falda con tempi di arrivo generalmente inferiori all’anno.
Attraverso il campo di flusso ed tempi di arrivo per flusso di ricarica sono stati definiti gli elementi
conoscitivi per la definizione delle aree di salvaguardia intorno ai campi pozzi.
L’isocrona dei 15 anni, ritenuta significativa per il sistema in esame, in quanto prossima la tempo di
rinnovamento del sistema acquifero, è stata definita sia per una flusso puramente orizzontale con
trasferimento immediato delle pressioni inquinanti dalla superficie, situazione che si concretizza molto
spesso per effetto dei pozzi mal cementati, sia per la combinazione di flusso orizzontale e verticale.
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Le due aree, con la seconda contenuta necessariamente all’interno della prima, che possono essere
riferite ad esempio alla zona di rispetto allargata e ristretta rispettivamente già indicate dal Dlgs 152/99, si
prestano per una gradazione degli interventi di bonifica o di prevenzione dell’inquinamento organico da
nitrati del sistema acquifero.
Da sottolineare che il criterio cronologico nel caso di una molecola conservativa come quella dei
nitrati non può corrispondere alla degradazione della molecola inquinante ma rappresenta piuttosto lo
strumento per la rilevazione delle aree più prossime sensibili per le captazioni dove possono essere
attuate, appunto, in via prioritaria e con massima efficacia, possibili azioni di risanamento del territorio.
In conclusione degli studi del gruppo di lavoro le aree indagate risultano pertanto VULNERABILI
DA NITRATI.
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5. CONCLUSIONI
1.
La presenza di nitrati è connessa ad attività antropiche quali l’agricoltura e l’allevamento e lo
smaltimento di reflui urbani nel suolo.
2.
I dati indicano un costante e lento incremento dei nitrati a Vada, San Pietro in Palazzi, Cecina e
Castagneto C.cci.
3.
Il livello medio dei nitrati nei pozzi dell’acquedotto fra Cecina e Vada è compreso fra 45 e 52 ppm
mentre a Cecina e Castagneto è compreso mediamente fra 25 e 35 ppm.
4.
La concentrazione di nitrati nei pozzi privati ha manifestato oscillazioni variabili da un minimo di
75 fino ad massimo di 250 ppm (vedi zona “La Cinquantina” e “La Palazzeta”).
5.
La concentrazione dei nitrati aumenta perché diminuisce l’acqua presente nelle falde come
conseguenza della diminuzione delle piogge e dell’aumento dei consumi. Infatti, dalle indagini effettuate
è ragionevole concludere che esiste nell'area di interesse fra Cecina e Rosignano una condizione di
sfruttamento totale sia delle risorse rinnovabili che di parte delle risorse permanenti. La capacità di
ricarica della falda freatica, in rapporto alla variazione delle condizioni climatiche ed ai continui prelievi,
risulta assai scarsa. La morfologia piezometrica, soprattutto nelle aree più critiche, è sostanzialmente
condizionata dai pompaggi. Si rileva inoltre che sul territorio, oltre agli emungimenti per uso potabile, vi
sono utilizzi industriali, irrigui e domestici e, nel complesso, non si ha un quadro preciso dei volumi
emunti.
6.
La conclusione degli studi ARPAT ha fornito una perimetrazione delle aree a maggiore
vulnerabilità della falda, ma in ogni caso tutta la pianura costiera si configura come area vulnerabile,
pertanto dovrà essere posta particolare attenzione alle attività antropiche svolte in superficie, sia mettendo
in sicurezza le attività esistenti, sia programmando quelle future.
7.
Per quanto riguarda le indicazioni alternative per lo smaltimento dei reflui dovrà essere valutata la
realizzabilità e gli aspetti economici legati a trattamenti quali la fitodepurazione e la costruzione di piccoli
depuratori. E’ comunque importante puntualizzare che per alcune aree già sviluppate (vedi zona “La
Cinquantina” e Collemezzano) sarebbe necessario realizzare degli adeguati sistemi fognari. L’indagine sul
territorio ha messo in evidenza la presenza di scarichi consistenti provenienti dall’area urbana del
Malandrone (zona industriale con centri florovivaistici). Lo scarico viene convogliato su suolo, a cielo
aperto, infiltrandosi dopo un breve tratto (circa 500 m). In questa area non esiste alcun sistema di
depurazione dei reflui, nonostante vi siano precise indicazioni nel vigente piano regolatore. La falda del
campo pozzi di Vada e Rosignano viene ricaricata dalla zona posta a nord est del campo pozzi.
8.
In un’area così vulnerabile è auspicabile una rigorosa applicazione delle norme regionali e
nazionali che regolamentano lo smaltimento dei reflui zootecnici.
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" Sarebbe opportuno, in tali condizioni di vulnerabilità, rendere obbligatorio l’utilizzo del Codice di
Buona Pratica Agricola (D.M. 19 aprile 1999), nella definizione di un adeguato disciplinare di
produzione che possa prevedere specifiche norme per la tutela delle falde. Inoltre, per una fase
iniziale transitoria, potrebbe essere necessario indirizzare gli agricoltori tramite un’assistenza
tecnica. Tali misure richiedono un adeguato intervento, con il quale supportare gli agricoltori
nell’adozione all’interno delle loro aziende di pratiche colturali compatibili con la tutela delle
risorse idriche sotterranee.
9.
La costanza dei valori indica l’esistenza di un livello di saturazione da nitrati nel terreno: il
modello ARPAT è in grado di prevedere i tempi necessari per vedere gli effetti delle bonifiche
10. Se non verranno applicate opere di bonifica con azioni di tutela quali-quantitativa della risorsa
idrica, entro i prossimi 10 anni nessuno dei pozzi situato nella pianura fra il Fiume Fine ed il Fiume
Cecina sarà in grado di fornire acqua potabile.
6. LINEE DI INTERVENTO
Le linee di intervento da perseguire per il risanamento della falda costiera si articolano tra
interventi legati alla pianificazione delle attività ed opere future ed interventi sulle attività ed opere
esistenti.
Nel primo caso si tratta di operare nei seguenti settori:
1. Pianificazione urbanistica:
• Aggiornamento del PTC da parte della Provincia di Livorno: deve essere trattato il
problema di contaminazione da nitrati delle falde idriche con indirizzi verso gli scarichi e l’attività
agricola.
• I comuni della zona stanno predisponendo il Piano Strutturale che, tra l’altro, deve fornire
il quadro delle criticità. La Provincia deve verificare che sia stata individuata la criticità rappresentata
dalla contaminazione da nitrati delle falde idriche. Inoltre deve verificare la valutazione degli affetti
ambientali e la congruità dei PS con il PTC. Nel regolamento urbanistico i comuni dovranno dettare
norme specifiche sugli scarichi civili e sui comportamenti nelle aree agricole (attività agricola in senso
stretto ed attività di allevamento).
2. Piano di sviluppo rurale (approvato dalla Provincia) deve contenere indirizzi per
l’agricoltura e l’allevamento finalizzati alla limitazione del fenomeno di contaminazione da nitrati
della falda .
D.Lgs. 152/99 Area vulnerabile da nitrati di origine agricola. Entro queste aree va applicato il
codice di buona pratica agricola e devono essere attuati programmi di azione per la tutela ed il
risanamento delle acque da parte della regione. La regione provvede anche ad integrare il codice di buona
pratica agricola ed a predisporre interventi di formazione e informazione degli agricoltori. Tutta questa
attività dovrà coinvolgere specifici settori (Dip. Ambiente, Dip. Agricoltura, Province, ARSIA …)
Appare opportuna l’attivazione di iniziative di assistenza tecnica per una più capillare diffusione
ed applicazione di tecniche di coltivazione a basso input (in particolare di fertilizzazione, di irrigazione e
lotta fitopatologica), che risultino compatibili con le specificità dell’area, sostenute eventualmente da
incentivi economici che premino la corretta esecuzione delle pratiche colturali.
3. Non si esclude infine che l’area possa trarre un beneficio ambientale dall’applicazione
generalizzata di un disciplinare di produzione che, partendo dai contenuti del Codice di Buona Pratica
Agricola (D.M. 19 aprile 1999), possa prevedere specifiche norme per la tutela delle falde.
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4. D.Lgs. 152/99 aree di salvaguardia dei pozzi ad uso potabile. Dall’analisi del database
relativo alla materia di cui al RDL 1775/33 e trasferita dalla RT alle Province, emerge che esistono
numerosi pozzi privati ad uso potabile e pertanto l’Autorità di Bacino Toscana Costa dovrà proporre
aree di salvaguardia per tale tipologia di pozzi, areali che saranno successivamente promulgati dalla
RT. Sono in stesura da parte del Ministero dell’Ambiente i “Criteri generali e norme tecniche per la
delimitazione delle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano …”. Sulla
base di questi criteri (comunque già noti in letteratura) le ATO propongono le aree di salvaguardia che
saranno poi formalizzate dalla Regione. In questo ambito dovrà essere posta particolare attenzione alla
zona di protezione che dovrebbe tutelare le aree di ricarica della falda attraverso limitazioni e
prescrizioni da inserire negli strumenti urbanistici. In attesa di una diversa delimitazione ad oggi la
zona di rispetto coincide con i 200 m attorno all’opera di captazione. Già da adesso devono essere
individuati ed attivati gli enti competenti al controllo dei divieti per il rispetto dei 200 m.
5. Esiste la LR n. 64/2001 che rimanda ad un regolamento. Al momento è pronto il
regolamento della parte amministrativa (rilascio autorizzazioni allo scarico) che è in visione alle
Province. Il regolamento degli aspetti tecnici sarà di prossima definizione. In tale regolamento
dovranno essere date indicazioni sulla tipologia di scarichi per le case sparse in aree ad elevata
vulnerabilità della falda.
6. Il Bacino Regionale Toscana Costa ha formalmente avviato la formazione del Piano
Stralcio di Bacino in materia di risorse idriche finalizzato ad una prima fase sostanzialmente volta,
sulla base delle analisi delle criticità in atto e delle loro tendenze evolutive, a garantire l’avvio di un
percorso di risanamento e al tempo stesso a consentire le condizioni di corretto governo della risorsa
in termini di prevenzione di criticità, garantendo il mantenimento ovvero il ripristino di condizioni di
equilibrio naturale delle risorse idriche.
La tematica della regolamentazione di funzioni e servizi di gestione relativi agli usi delle
risorse idriche e alla loro tutela troverà più specifico sviluppo nel Piano di Tutela delle Acque (D.Lgs.
152/99) che, in coerenza con gli indirizzi derivanti dalla pianificazione di bacino si configurerà
anch’esso quale Piano Stralcio di Bacino.
7. Nei piani di settore sulla risorsa idrica, predisposti dall’Autorità di BTC, dovranno essere
definite specifiche tecniche per la realizzazione dei nuovi pozzi nelle aree ad elevata vulnerabilità le
quali verranno prescritte dalla provincia nell’atto concessorio per l’utilizzo delle risorsa medesima.
8. Vigilanza e controllo dei pozzi di descritti al successivo punto A.
9. Aggiornamento degli scarichi descritti al successivo punto B.
Per quanto riguarda gli interventi sulle attività ed opere esistenti si dovrà operare nei
seguenti settori:
A. All’interno delle aree di rispetto (al momento 200 m attorno all’opera di captazione) il
D.Lgs. 152/99 recita: “per gli insediamenti o le attività … preesistenti, ove possibile e comunque ad
accezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni caso deve
essere garantita la loro messa in sicurezza”. Su queste basi dovrebbero essere messi in sicurezza i
pozzi esistenti ricadenti all’interno dell’area di rispetto (per lo meno quella ristretta), attraverso la
messa in sicurezza della boccapozzo, ecc., gli scarichi civili e animali esistenti, ecc.
B. Per quanto riguarda gli scarichi civili esistenti al di fuori dell’area di rispetto possono
verificarsi due casi: scarichi in regola con la normativa previgente, che secondo il D.Lgs. 152/99
devono entro 3 anni essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al
riutilizzo.
LA VULNERABILITA’ DA NITRATI NELLA PIANURA COSTIERA
febbraio 2003
PROVINCIA DI LIVORNO – SETTORE 10 “DIFESA DEL SUOLO”
GRUPPO DI LAVORO “VULNERABILITA’ DA NITRATI”
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Gli scarichi esistenti non in regola con la normativa previgente dovranno essere messi in
regola con quanto previsto dal 152: o scaricare in tabella in corpo idrico sup., o allacciarsi alla
fognatura, o aderire ad una eventuale soluzione individuale (meglio di no) o altro sistema pubblico o
privato identificato dalla regione.
C. Per quanto riguarda gli scarichi animali esistenti al di fuori dell’area di rispetto dovranno
essere messi in sicurezza secondo norme ormai già consolidate in Italia settentrionale (stoccaggio su
platea impermeabile, raccolta reflui ed adeguato smaltimento, oppure raccolta in vasche a tenuta con
periodico svuotamento con autobotte)
D. Dovrebbero essere censiti gli emungimenti abusivi ed accelerato quanto previsto dall’art.
22 comma 3 del 258/2000 che consente alla Regione di prevedere l’obbligo dell’installazione di
contatori e la trasmissione dei volumi consumati.
Per quanto riguarda la gestione dell’emergenza, gli strumenti disponibili sono:
• ordinanze sindacali
• misure di salvaguardia del Bacino Regionale Toscana Costa
• attivazione, da parte dell’autorità concedente l’utilizzo di acqua pubblica, di quanto
previsto all’art. 17 del R.D. 1775/33 e dall’art. 22 comma 6 del D.Lgs. 152/99 così come integrato dal
D.Lgs. 258/00.
LA VULNERABILITA’ DA NITRATI NELLA PIANURA COSTIERA
febbraio 2003