L`Ont: cultura perduta o riscoperta di una tradizione?

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L`Ont: cultura perduta o riscoperta di una tradizione?
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Latte e formaggi
Ennio Pittino
ERSA- Servizio divulgazione, assistenza tecnica e promozione
L’ONT: CULTURA PERDUTA O
RISCOPERTA DI UNA TRADIZIONE?
Quando si parla di “prodotti tradizionali”, bisogna ricordare che sono espressioni di “culture” e “saperi” sanciti
da esperienze maturate da tempi immemorabili.
Alimenti preparati da mani determinate e sensibili, attraverso movimenti che si ripetono con metodica precisione
nel tempo.
Nulla vien lasciato al caso, c’è una risposta ad ogni
eventuale dubbio, perché provata e verificata fino a formare l’“esperienza” che poi si tramanda.
Mani esperte, come quelle di un artista che, su un semplice foglio di carta, e solo con l'ausilio di una matita, descrivono un ritratto. La graffite, quasi prolungamento
dell'indice, sembra acquisire il senso tattile nel tracciare
i lineamenti principali di un volto. Tutta la gamma dei
grigi per evidenziarne l'espressione, fino a donare la luce
e la vita agli occhi.
I “prodotti tradizionali” sono cose semplici, non richiedono mai attrezzature e tecnologie complicate, sono
come il foglio e la matita dell’artista. Facciamone tesoro.
NOTE
STORICHE
Fin dall’inizio del secolo scorso, in ogni paese della Carnia, ma anche dell’intero Friuli, vi
era una Latteria Cooperativa a gestione “turnaria”.
Ogni socio allevatore - conferitore di latte (latâr), quando entrava “in turno”, quando cioè
la quantità di latte portato in un determinato periodo raggiungeva la capienza della caldaia,
aveva diritto a tutta la produzione di quel giorno: formaggio (çuç), burro (spongje), latticello (batude) ed eventualmente ricotta (scuete). Il siero (sîr) veniva poi distribuito ai soci
per alimentare i suini.
Il socio di turno doveva però garantire la sua collaborazione, o quella di un membro della
sua famiglia, col casaro nello svolgimento delle attività di trasformazione casearia e di pulizia delle attrezzature e della latteria.
Inoltre, secondo gli statuti in vigore, era obbligo del socio di turno fornire tutta la legna necessaria al riscaldamento del latte e del siero durante la caseificazione.
Se per il formaggio, prodotto caseario a pasta semicotta secondo tradizione, non vi erano
problemi di conservazione perché maturava nella stanza di stagionatura (celâr) fino alla sua
distribuzione ai soci, il burro rappresentava l’anello debole di tutta la filiera.
Una volta non esistevano frigoriferi, l’esigua quantità di burro destinato al consumo fresco
e immediato veniva conservata per immersione nell’acqua, in bacinelle di rame stagnato.
La quantità di burro che spettava al socio di turno era però tale da non poter essere con-
Notiziario ERSA 3/2008
servato senza incorrere nell’irrancidimento o in pericolosi inquinamenti.
Anche durante l’alpeggio estivo si presentava il problema della conservazione del burro di
malga e, di conseguenza, spesso si ricorreva
alla sua trasformazione in ont.
A tal fine si procedeva alla cottura e conservazione di questo prodotto secondo una tecnologia tradizionale e storica, consolidata
nel tempo, che oggigiorno rischia di esser
persa definitivamente e che, per fortuna, rimane ancora in vita grazie a quelle persone
anziane che hanno appreso e custodito questi arcaici segreti e che con affabile gentilezza li hanno trasmessi per questo servizio.
Una di queste persone è Anna Clara Job di
Illegio; orgogliosa di allevare le sue mucche
e di conferire ancora il latte alla più vecchia
Latteria Turnaria in attività della nostra Regione.
dallo Statuto del Caseificio Sociale
d’Illegio dell’anno 1883
TITOLO PRIMO
Costituzione e scopo del Caseificio
Art. 1. In Illegio, frazione del Comune di
Tolmezzo, Provincia di Udine, viene
istituita una industria sociale pei prodotti del latte sotto il nome di Caseificio Sociale d’Illegio.
Art. 2. Gli iniziatori e fondatori di questa Società ebbero per fine l’utile del Paese,
cioè di migliorare, accrescere e perfezionare i prodotti del latte e quindi
aumentare in quantità e valore il latte
stesso.
Art. 3. Scopo di questa Società è pure di
procurare il miglioramento della
razza bovina.
NOTE
TECNOLOGICHE
La procedura sembra molto semplice, ma i
dettagli sanciti dall’esperienza sono molteplici e di seguito cercheremo di apprenderli.
Innanzitutto bisogna seguire le fasi lunari e
svolgere la lavorazione nell’ultimo quarto (vieri di lune), altrimenti durante il riscaldamento
si sviluppa abbondante schiuma fino alla fuoriuscita dal recipiente, inoltre c’è il rischio che
si formi un nucleo bianco al centro della massa, durante il raffreddamento.
Anna Clara, per fare l’ont, suggerisce di scegliere il periodo invernale, quando il latte prodotto dalle mucche deriva dall’alimentazione secca (fen) e quindi risulta meno ricco di
composti aromatici che porterebbero all’ottenimento di un prodotto dai gusti più decisi.
Ciò non significa che non si possa trasformare il burro di malga in ont; anzi, il prolungato
trattamento termico garantisce la salubrità del prodotto e l’effetto dell’alimentazione verde
delle bovine ne esalta i tratti organolettici.
Utilizzando burro di malga si consiglia ad ogni modo di prolungare leggermente il tempo
di cottura, oltre a quello normalmente necessario.
Si adotta, come riferimento, una quantità pari a 8 ÷ 10 Kg di burro fresco, ottenuto dalla
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zangolatura della panna cruda di affioramento del latte della sera, cui può essere aggiunta
anche una piccola quantità di panna ottenuta dalla scrematura del siero, dopo l’estrazione
della cagliata del formaggio.
L’intero procedimento ha una durata variabile, non ci sono regole fisse, ma è il comportamento del burro durante la cottura che ne stabilisce i tempi.
LA
SPERIMENTAZIONE DI UNA LAVORAZIONE
Durata
La lavorazione rilevata si è svolta in un tempo complessivo di poco più di due ore, dal taglio del burro al travaso finale dell’ont nel recipiente in pietra.
Occorrente
a) Burro fresco da panna cruda di affioramento ed eventualmente anche da panna ottenuta
dalla scrematura del siero, circa 8 ÷ 10 Kg
b) Recipiente in rame (cjalderie)
c) Mestolo forato (cjace forade)
d) Cucina economica con riscaldamento a legna (spolert)
e) Recipiente in pietra (piere dal ont), in mancanza di questa, si possono utilizzare anche
dei vasetti in vetro con capsula ermetica di chiusura, ben puliti e preriscaldati.
PROCEDIMENTO
Fase
Orari
°C
0.00
0.15
0.35
0.43
0.55
1.15
40°
84°
101°
102°
104°
DESCRIZIONE DELLE FASI
Si parte dal burro tagliato a dadi nel recipiente in rame.
Riscaldare lentamente fino a far sciogliere completamente il burro.
Proseguire il riscaldamento con gradualità, fino all'inizio della formazione di una schiuma leggera.
A questo punto inizia l'ebollizione e si forma una schiuma più densa: la“gjaiade”.
Man mano che si procede, la schiuma tende a dissolversi.
Proseguendo, sempre a fuoco lento, per effetto dell'ebollizione inizieranno a salire dal fondo del recipiente delle bollicine “goraluts” che tendono ad aggregarsi sul bordo della caldaia fino a formare una corona persistente “pizo”.
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1.25
107°
Dalla fase precedente, dei residui proteici iniziano ad aggregarsi in piccoli fiocchi: si forma la “poscje”.
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1.38
118°
Quando la “poscje” avrà raggiunto una colorazione nocciola, indicherà che il riscaldamento è giunto quasi alla fine.
Anche il burro, liquido e cotto, avrà assunto una colorazione caratteristica simile al miele di montagna.
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1.43
118°
Terminata la fase di riscaldamento, si toglie la caldaia dal fuoco per dare la possibilità agli aggregati proteici “poscje” di precipitare sul fondo. In altre valli della Carnia, in questa fase, è consuetudine cospargere l’ont con una
leggera quantità di farina di mais, per favorirne la purificazione.
9
2.10
Si lascia raffreddare leggermente, infine si procede al travaso della massa ancora calda e liquida nel recipiente
in pietra, prestando attenzione a non far scendere anche ciò che si è depositato sul fondo della pentola.
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La “piere dal ont” ora è pronta ma può essere sostituita da vasetti in vetro con capsula ermetica che, durante il
raffreddamento, riescono a creare un vuoto d'aria e garantire maggiormente il prodotto.
La “piere dal ont” ed i vasetti si conservano al fresco in cantina, anche per lunghi periodi, fino a otto dieci mesi ed oltre… fin quando la “piere
dal ont” è di nuovo vuota!
1
2
3
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5
SEQUENZA
FOTOGRAFICA DELLE FASI
1) Burro a dadi in
caldaia durante
lo scioglimento
2) Il burro è sciolto
e si forma la
prima schiuma
3) Si forma una
schiuma più
densa “gjaiade”
4) La schiuma
comincia a
dissolversi
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5) Dal fondo
salgono le
bollicine
“goraluts”
6) Si aggregano le
proteine “poscje”
7) La “poscje”
raggiunge il
color nocciola
8) Terminato il
riscaldamento la
“poscje” precipita
9) Si procede al
travaso nella
“piere dal ont”
10) L’ont deve ora
solo raffreddarsi
e solidificare
CURIOSITÀ
Questo condimento rientra nell’ “Elenco dei prodotti agro-alimentari tradizionali del Friuli
Venezia Giulia” (D.M. 8 settembre 1999 n° 350), nella categoria dei “Grassi”, sotto il nome
di “Burro fuso, Ont”. I fattori di rischio alimentare sono minimi e rappresentati soprattutto
da eventuali contaminazioni microbiche dei contenitori durante il travaso. Ciò si previene
attraverso una corretta igiene, pulizia e disinfezione dei contenitori stessi.
Il termine ont viene comunemente riconosciuto ed usato in tutti i paesi della Carnia, per
indicare il burro cotto e conservato secondo la procedura descritta.
Ciò non accade invece per i residui proteici che precipitano sul fondo a fine cottura, che
assumono diverse terminologie come ad esempio:
Poscje
nell’alta Valle del Bût
Polcjare a Illegio di Tolmezzo
Gitum
a Ravinis di Paularo
Pecedont a Dierico di Paularo
Nacis
nella Valle del Tagliamento
Naças
in val Degano
Lies
in val di Lauco
I residui precipitati a fine cottura “poscje”, arricchiti di farina di mais, venivano un tempo
recuperati, impastati con farina di frumento ed altri ingredienti, per ottenere un caratteristico dolce casalingo da forno riservato ai bambini, “La pince”. Ma questi sono segreti che
forse verranno svelati in futuro.
Batteri contaminanti
Batteri alofili (1)
Coliformi
Escherichia coli (2)
Pseudomonas spp.
Stafilococchi coag. positivi
Batteri lattici (forme bastoncellari) a 37°C
Batteri lattici (forme cocciche) a 37°C
Batteri lattici a 37°C
Batteri lattici eterofermentanti obbligati
Enterococchi (3)
Batteri propionici (4)
Lieviti e Muffe
Unità
ONT
(ufc/g)
(ufc/g)
(ufc/g)
(ufc/g)
(ufc/g)
(ufc/g)
(ufc/g)
(ufc/g)
(ufc/g)
(MPN/g)
(ufc/g)
(ufc/g)
(ufc/g)
1.200
10.000
< 10
< 10
< 100
< 100
100
30
< 100
<3
< 10
< 100
< 100
ASPETTI
MICROBIOLOGICI
Attualmente è assai difficile trovare dei dati di riferimento attendibili relativi a questo prodotto, che rappresenta la cultura alimentare
di un tempo, e che a volte era l’unico condimento per ciò che la natura offriva durante l’arco delle stagioni.
Tuttavia si sono potuti ottenere alcuni dati relativi ad un campione
di ont, prodotto secondo la tecnologia esposta, confezionato in vaso
di vetro e conservato in cantina per circa otto mesi.
Questi valori rientrano nei parametri previsti dalle norme vigenti in
materia di igiene alimentare e quindi, per ora, confermano che la
tecnologia tradizionale e storica adottata non influisce sull’edibilità
del prodotto.
Per quanto riguarda la valutazione delle componenti aromatiche, il
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prodotto è ricco di composti derivanti dalla lunga cottura “reazione di Maillard” (5) e gusto
dolce, normalmente non riscontrabili nel burro fresco.
Mancano i terpeni, generalmente presenti nel burro, che con l’ebollizione volatilizzano.
Durante la cottura inoltre, non si raggiunge mai il “punto di fumo” (6) del burro e quindi
non dovrebbero essere presenti tossine dovute alla formazione di acroleina.
Non trascurabile inoltre il fatto che, eliminando gradualmente per evaporazione l’acqua
dal burro durante la lunga cottura, il “punto di fumo” dell’ ont si eleva progressivamente,
garantendo ulteriormente il prodotto nella preparazione dei piatti tipici.
Quando si riscalda una piccola quantità di burro fresco in un tegame, è facile raggiungere
il “punto di fumo” e notare la formazione di residui neri (precipitati proteici bruciati).
Con l’ont questo non accade perché l’acqua e le proteine sono in pratica assenti ed il
“punto di fumo”, rispetto al burro fresco, si attesta su valori ben più elevati.
APPROFONDIMENTI
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
(6)
Batteri alofili Sono batteri resistenti alle elevate concentrazioni saline e producono
una vasta gamma di piccoli composti organici compatibili con il metabolismo cellulare
(zuccheri e aminoacidi), sono inoltre responsabili dell’equilibrio osmotico della cellula.
Escherichia Coli È un batterio Gram negativo. Nell’uomo, le infezione sostenute da
questi organismi determinano una forma di gastroenterite di solito di media gravità. La
dose infettante si presume sia piuttosto alta, almeno maggiore di 1 milione di microrganismi.
Enterococchi Sono cocchi Gram positivi. Due specie sono comuni organismi commensali dell’intestino umano: Enterococcus faecalis ed Enterococcus faecium. Gli Enterococchi sono organismi anaerobi, ma possono comunque sopravvivere anche in presenza
di ossigeno.
Batteri propionici Frequentemente presenti nei formaggi, portano alla formazione di
CO2 (occhiature) e di acido propionico (aroma tipico dell’Emmental); questi batteri microaerofili possono contribuire a migliorare la conservabilità dei prodotti caseari attribuendo anche aromi e profumi particolari.
Reazione di Maillard Come spesso accade nel mondo delle tecnologie alimentari, è
il binomio tempo e temperatura a condizionare maggiormente l’aspetto e il gusto del
prodotto. Per reazione di Maillard si intende una serie complessa di fenomeni che avvengono a seguito dell’interazione con la cottura di zuccheri e proteine. Le reazioni
sono piuttosto complesse ed eterogenee ma attraverso la formazione di un intermedio
(composto di Amadori) si formano diverse sostanze quali le melanoidine dall’odore e
dal colore caratteristico.
Punto di fumo È la temperatura a cui un grasso alimentare riscaldato comincia a decomporsi, formando acroleina: una sostanza fortemente tossica e cancerogena. Questo valore varia con la percentuale in acqua contenuta (i grassi a catena lunga e ad alto
tenore di acqua risultano avere un punto di fumo più basso). Ciò è particolarmente importante nella frittura, sia casalinga, sia industriale o nella ristorazione.
ASPETTI
CHIMICI
Attualmente non è stato possibile svolgere indagini approfondite sugli aspetti chimici del
prodotto, specialmente per quanto riguarda la composizione dei grassi e le loro trasformazioni dovute al procedimento tecnologico.
Ciò sarà possibile, in seguito, attraverso la valutazione comparata dei risultati ottenuti dall’analisi chimica del burro crudo di partenza ed il relativo “ont”; sia per il burro di caseificio che per quello di malga.
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L’ONT
IN CUCINA
Da sempre, secondo le riflessioni di autorevoli maestri di cucina, ma anche di chi vive di
tradizioni ogni giorno, l’ont (burro cotto) è considerato la base ricca delle preparazioni gastronomiche tipiche di tutti i territori italiani, in modo particolare dell’arco alpino.
Per quanto riguarda la nostra Regione, possiamo citare due piatti che rappresentano la storia e la cultura sulle nostre tavole, piatti che rievocano giorni di festa e famiglie che si riunivano attorno al desco, dopo i lunghi mesi di emigrazione dei padri, per assaporare
assieme i gusti speciali di questi tesori della cucina; sono i “Cjarsons” della Carnia e gli
“Strucchi” delle Valli del Natisone.
Sapientemente preparati da mani attente, con amorevole cura che, dopo essere passati in
acqua bollente, venivano raccolti con la “cjace forade”, adagiati nel piatto, cosparsi di ricotta affumicata grattugiata, per poi essere conditi con l’ont.
Se la preparazione di questi piatti è piuttosto difficile e richiede tempo ed esperienza, il nostro condimento è altrettanto valido anche per specialità meno laboriose, come ad esempio: le fettine di petto di pollo con ont, salvia, un pizzico di sale ed eventualmente del
pepe; oppure strapazzare un uovo nell’ont.
Anche le “creme” e le “vellutate” di asparagi o di fagioli oppure ancora di piselli possono
acquisire un gusto decisamente piacevole, preparando del pane a dadetti “saltati” in padella
nell’ont e poi immersi un po’ per volta nella minestra.
Questi sono solo alcuni suggerimenti, l’ont può sempre regalare tante piacevoli sensazioni
anche ai palati più esigenti, dipende solo dalla fantasia e creatività di chi si destreggia in
cucina.
Bibliografia
Statuto del Caseificio Sociale d’Illegio dell’anno 1883. Testimonianze dirette.
L’autore ringrazia per la collaborazione:
Dott.sa Roberta Lodi, Responsabile della Sede di Milano dell’Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (ISPA) del CNR.
Prof. Gianfranco Goi, Responsabile settore biochimico presso I.S.I.S. “FERMO SOLARI” di Tolmezzo.
Sig.ra Anna Clara Job, Per le esperienze trasmesse durante le prove pratiche.