di Marie Vida

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di Marie Vida
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BIODINAMICO ALLEVAMENTO
di Marie Vida
L’agricoltura biologica è un
potenziale di opportunità per le
nostre aziende, specialmente se
si trovano in situazioni di
delicato impatto ambientale.
L’azienda Orsine di
Bereguardo, a nord di Pavia,
può vantare un diritto di
primogenitura nel suo genere,
essendo stata tra le prime
aziende a praticare agricoltura
biodinamica con un
allevamento selezionato di
razza Frisona.
“A
prima vista sembra una
azienda come un’altra, ma
qui è tutto molto più complesso” ci accoglie Aldo Parravicini
Crespi all’Azienda Agricola “Orsine”
di Bereguardo, in provincia di Pavia,
180 vacche da latte servite da 280 ettari di superficie arabile, che viene
utilizzata per scopo zootecnico, per
un totale di 650 ettari di estensione
aziendale condotti con metodo biodinamico.
All’Azienda Orsine il paesaggio è il
suggestivo territorio del parco del fiume Ticino, in zona golenale di boschi
che, specie nella stagione primaverile, offrono un incomparabile spettacolo di querce, pioppi e platani immersi nel profumo di sambuco, rododendri e poi delle robinie: è in completa sintonia con un’azienda agricola
che ha fatto dell’integrazione alla natura il suo cavallo di battaglia.
“In tempi in cui si sente spesso
parlare di biologico, occorre distinguere tra agricoltura cosiddetta biologica e l’agricoltura che noi pratichiamo che è biologica-dinamica, specifica Aldo Parravicini.
Biologico è non usare determinati
prodotti chimici per trattare il terreno
o le colture. Biodinamica è anche occuparsi della qualità del terreno con
l’obiettivo fondamentale di migliorare
la fertilità utilizzando solo preparati di
origine organica. La nostra azienda è
sottoposta a controllo per la qualità
biodinamica dall’associazione internazionale Demeter e dalla Codex, uno
degli 8 organismi riconosciuti per la
certificazione biologica del ministero
secondo il regolamento comunitario
2092/92. Da questi organismi riceviamo una o più visite all’anno per verificare i nostri metodi di conduzione.
Le normative stabiliscono inoltre che
solo il 10 % della sostanza secca utilizzata per l’alimentazione del bestiame provenga da fonti di approvvigionamento esterne e che anche questo
debba essere prodotto biodinamicamente”.
L’azienda è indirizzata ad una doppia attività di allevamento e di produzioni per alimentazione umana. Riso,
mais per polenta, frumento, orzo, segale, farro, patate vengono immagazzinati senza conservanti, impacchettati e venduti, insieme con carne, formaggio grana e miele nello spaccio
aziendale ed attraverso distributori e
rivenditori che operano in Italia.
Un’altra parte della superficie agricola
Aldo Parravicini
è destinata alle coltivazioni per l’alimentazione degli animali da latte e
dei maschi da ingrasso. Per soddisfare sia le richieste del mercato, che il
fabbisogno dei bovini, sono necessari
doppi raccolti, per cui ad orzo, mais
per granella, loietto per insilato, pisello proteico, seguono in successione
soia, mais per trinciato, panico. L’azienda possiede prati polifiti e stabili
dove si effettuano 5/6 tagli annuali
che vengono affienati sia in campo
che in essiccatoio e 12 ettari di marcite, il cui prodotto verde non viene
utilizzato per le vacche in lattazione.
“Con il nostro metodo di coltivazione arriviamo a produrre, in un’annata buona, 70/75 quintali di mais
per ettaro, ben lontani dalle produzioni correnti. Sono necessarie due
sarchiature ed una rincalzatura per
contrastare la crescita di erbe infestanti e queste complicano l’irrigazione, il taglio e tutte le lavorazioni successive. La rotazione colturale serve
anche per arricchire di fertilità e liberare dalle infestanti, riso su mais per
liberare dalla “sorghetta”, cereale ver49
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I cumuli di letame, concime fondamentale per l’agricoltura biodinamica
nino su riso per combattere il “giavone”, poi prato, tutte pratiche antiche
che la tendenza alla monocoltura
hanno quasi messo in disuso. Alcuni
nostri terreni sono poveri di potassa,
ma siamo autorizzati ad usare unicamente solfato di potassio da miniera
che viene macinato e poi granulato
senza essere trattato”.
Il letame è l’unico concime ammesso, infatti nella stalla delle vacche
da latte viene mantenuta la lettiera
permanente, sia per poter usufruire
di buoni quantitativi di stallatico, oltre
alla considerazione fatta di privilegiare il comfort dell’animale. “Per noi è
fondamentale l’uso del letame – prosegue Aldo Parravicini – Lo usiamo in
2 particolari preparati detti corno letame e corno silice che dopo la preparazione vengono dinamizzati per
essere dispersi a spruzzo, più 5 derivati da composto organico, ai quali
vengono innestate sostanze atte a migliorarne l’efficacia”.
proteina, perché abbiamo visto che
con questi non scende il latte. Sono
stati usati per molti anni i Programmi
Accoppiamento Anafi e, da questi,
manteniamo il concetto di accoppiamento correttivo. Attualmente preferisco non avere un grosso magazzino
di seme, con l’obiettivo di acquistare
2 tori bilanciati per uscita. In realtà
poi succede che ne scelgo 4, cercando sempre i migliori e mantenendomi
nell’arco di prezzo inferiore alle
60.000 lire. Ho aderito al programma
prove di progenie; credo molto nel
loro valore, ma vorrei che tutte le
classifiche fossero il più trasparenti
possibile, senza privilegiare la selezione di nessun paese, ma solamente
il fine del miglioramento genetico”.
Le manze vengono coperte a 17/18
mesi, dopo la prima fecondazione
viene dato un toro da carne. “Avendo
un eccesso di rimonta rispetto alle
nostre necessità – specifica Parravicini – e, dato che si sta verificando una
notevole richiesta di carne, abbiamo
un 30% di manze coperte da carne.
Noi alleviamo tutti i nostri maschi, di
cui vendiamo direttamente la carne.
Stiamo tentando ora un esperimento
usando come balie in box individuali
alcune vacche a fine carriera che hanno ancora almeno una ventina di litri
di latte: mettiamo con loro 2-3 vitelle
a testa”.
Riguardo alle cure veterinarie, gli
animali vengono curati con soli medicinali omeopatici sulla parte ginecologica: “Il problema di più difficile
soluzione è eliminare l’uso di antibiotici, che cerchiamo di limitare alla cura delle mastiti, che pure non hanno
una grossa incidenza. Siamo arrivati
ad avere una conta cellule somatiche
sulle 250.000: dopo aver tentato pre e
post-dipping, asciugatura, etc. risultati
veramente risolutivi li abbiamo ottenuti mungendo in un terzo gruppo le
vacche che risultano alte dal tabulato
mensile APA”.
Per quel che riguarda invece la
media produttiva di latte, negli ultimi
quattro anni l’allevamento Orsine ha
mantenuto una media intorno ai 75
quintali, con punte di 78, mentre
grasso e proteine sono piuttosto costantemente al 3,8% e 3,2%.
Tuttavia il fattore di rischio in più
cui è sottoposta un’azienda biodina-
Il gruppo in latte
Le vacche con le corna
Alla cascina Orsine le vacche hano
tutte le corna, ma se, per associazione, queste ci riportano al tipo tradizionale delle prime Frisone, sorprende notare l’invidiabile quantità di caratteri da latte ed una notevole costanza morfologica presenti nell’intera
mandria. Risultato di una continua selezione sulla mandria, senza alcuna
introduzione di animali, dice Aldo
Parravicini: “Abbiamo privilegiato la
mammella ed il tipo in generale e,
dal punto di vista produttivo, i kg
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mica è legato all’alimentazione degli
animali: “Chi adotta questo tipo di
agricoltura entra nell’ordine di idee di
dare alle vacche tanto quanto produce. Se produci 100 dai 100, se ne fai
80, altrettanto. Non ci si può approvvigionare all’esterno più di tanto e
quindi si devono fare spesso dei salti
mortali per far quadrare i prodotti
che si hanno in casa con il fabbisogno degli animali e tutto il razionamento è piuttosto complesso. Il reperimento delle fonti proteiche è il punto chiave, per questo ne coltiviamo il
più possibile: il costo di acquisto di
un mais biodinamico è superiore del
30% rispetto al mais comune. I gruppi di alimentazione sono 2 e la razione viene aggiustata secondo i nostri
prodotti. Il primo gruppo, le “fresche”
prendono 13 kg di insilato di mais, 8
di loietto insilato, 5 di fieno dal nostro essiccatoio, mais in granella 3,7
kg, pisello proteico 1,2, soia estrusa 1
kg e mezzo chilo di orzo, 4 kg di nucleo acquistato da una cooperativa di
cui siamo soci e che viene prodotto
secondo le nostre necessità, con fonti
proteiche di diversa natura. Poi uniamo un integratore a base di oligoelementi. Nel 2o gruppo si aggiungono
solo 2 kg di nucleo. Sul primo gruppo abbiamo 21 kg di sostanza secca e
19,5 sul secondo”.
Le rane cantano ancora
La conversione dell’azienda agricola e zootecnica a metodi di coltivazione organici dell’azienda risale al 1976.
Giulia Maria Crespi, madre di Aldo,
per problemi di salute si avvicina ai
prodotti biologici e biodinamici di
produzione tedesca e decide di iniziare a mettere in atto nell’azienda
agricola di Bereguardo un tipo di
conduzione agricola in maggiore ar-
monia con l’ambiente. L’agricoltura
biodinamica e le teorie di agricoltura
non intensiva erano allora più diffuse
nei paesi nord-europei di quanto non
fossero in Italia, dove, ci racconta Aldo, questo approccio all’agricoltura
suscitava una certa diffidenza, quando non veniva apertamente boicottato.
La scelta operata nell’azienda Orsine fu di produrre alcuni prodotti
biologici identificandoli con il proprio
marchio e la dicitura “dove ancora
cantano le rane”. A quel tempo lo
slogan suonava piuttosto provocatorio: la scomparsa delle rane era un
argomento scottante che nessuno
amava toccare, dato che sembrava l’inevitabile prezzo da pagare al progresso evolutivo che in quegli anni
accompagnava l’agricoltura e la zootecnia italiane.
Spiega Aldo Parravicini: “Produrre
con il proprio marchio è stata una
scelta che ci ha consentito di mantenere un rapporto diretto con il consumatore che segue un certo stile di vita e decide di pagare volentieri qualcosa in più per avere la garanzia che
il tipo di prodotto proviene da agricoltura biodinamica e che quindi ha
costi di produzione più alti. Il nostro
obiettivo è diffondere il più possibile
questo messaggio, rivolgendoci al
consumatore e spiegandogli il tipo di
agricoltura che stiamo facendo, ma
soffriamo lo stesso problema di comunicazione di cui soffre tutta l’agricoltura e quella italiana in particolare.
Tuttavia i nostri prodotti, nella situazione attuale in cui diversi mercati,
come riso o mais, sono crollati, non
solo hanno mantenuto il prezzo, ma
abbiamo più richieste di quante ne
riusciamo a soddisfare. Anche la produzione di carne, come dicevo, sta riscuotendo un grande successo ed abbiamo iniziato da poco la produzione
di formaggio grana, che contiamo di
ampliare costruendo un caseificio
aziendale, sempre con il nostro marchio. Per il latte si deve fare un altro
discorso. Il latte biodinamico prodotto è difficile da differenziare, rispetto
ad un prodotto biologico e, a paragone del riso per esempio, ha un prezzo che, seppure remunerativo, non
rende ragione del maggiore sforzo
compiuto in tutta la sua catena di
produzione. Quando trattiamo con la
trasformazione industriale, la nostra
situazione non è molto diversa da
quella di tutti i produttori di latte. Per
questo motivo penso che la scelta migliore sia la trasformazione aziendale
in formaggio e la vendita con il proprio marchio, per tutto quello che vi
è legato”.
Nel settore zootecnico di produzioni biologiche si sta tentando di fare
chiarezza, ma, ci spiega Parravicini,
manca una normativa comunitaria.
“Esistono dei regolamenti Cee di produzione, come il 2078/92 ed 2092/92,
ma sono necessarie regole molto più
precise per carne e latte. Paradossalmente, viene controllato e sottoposto
a questi regolamenti, solo chi chiede
dei contributi europei, mentre chiunque può seguire delle norme di produzione biologica, senza essere assoggettato a controlli. Una bozza di
regolamento comunitario giace in
parlamento ed ha dei capitolati di
produzione, allevamento e cura assai
più severi di quelli che seguiamo imposti dalla organizzazioni cui apparteniamo”.
Oggi, in un momento in cui i numerosi vincoli produttivi ed il calo
generale dei prezzi costringono l’agricoltore a reinventare ed individuare
nuovi mercati, si aprono nuove prospettive per ripensare ad una conduzione aziendale non intensiva ed il
biologico si presenta una concreta
possibilità ed una alternativa fattibile,
sostenuta chiaramente dalla Comunità
Europea che, in tutti i suoi interventi,
sottolinea l’attenzione e premia un
agricoltore sempre maggiormente
coinvolto nel ruolo di guardiano dell’ambiente.
“Le quote, il set-aside pongono dei
seri interrogativi sul futuro dell’agricoltura comunitaria. Produrre biologicamente o biodinamicamente si risolve in un beneficio per la collettività e
crea molte possibilità per l’occupazione che tanto viene cercata, aprendo
un mercato di nicchia che, anche gli
ultimi dati lo confermano, ha sempre
maggiori sbocchi”.
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