RICERCHE UN`INTRODUZIONE ALLA METODOLOGIA DELLE

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RICERCHE UN`INTRODUZIONE ALLA METODOLOGIA DELLE
RICERCHE
UN'INTRODUZIONE ALLA METODOLOGIA DELLE SCIENZE SOCIALI
La locuzione “ricerca sociale” designa un particolare tipo di agire strategico, con il quale il ricercatore si
apre ad un'esperienza con l'intento di trovare una risposta a una domanda relativa ad un determinato
fenomeno sociale. La successione delle operazioni di cui si compone una ricerca empirica può essere
organizzata in quattro fasi: la progettazione dello studio, ovvero l'elaborazione del disegno della ricerca; la
costruzione della documentazione empirica, il lavoro sul campo, l'analisi dei materiali empirici; la
comunicazione dei risultati ossia la scrittura.
1.1 IL DISEGNO DELLA RICERCA
L'elaborazione del disegno della ricerca si compone di “due mosse” che possiamo collocare rispettivamente
all'inizio e alla fine dell'attività scientifica: la prefigurazione e la ricostruzione. Il primo passo consiste
nella qualificazione della rilevanza della domanda da cui muove il lavoro di ricerca. Si distinguono due tipi di
rilevanza: rilevanza scientifica (se la risposta accresce la conoscenza scientifica), rilevanza pragmatica (se
contribuisce alla soluzione di un problema sociale).
Definita la domanda e difeso il suo rilievo, il passo successivo consiste nell'individuare la procedura di
acquisizione dei dati, la tecnica di raccolta dati più adatta allo scopo del ricercatore (anche questa
decisione dovrà essere motivata adeguatamente). Segue la messa a punto degli strumenti osservativi (la
stesura del questionario da impiegare...) e la specificazione delle condizioni in cui la ricerca viene
effettuata (setting). Passo successivo sarà l'identificazione del “contesto empirico” cioè indivuare chi (o
cosa) potrà fornirci le informazioni adatte.
Tutte queste operazioni, sono operazioni di prefigurazione che esitano nella messa a punto del “progetto di
ricerca”. Il progetto di ricerca è un testo che descrive la meta, il percorso e l'attrezzatura che ci si
prefigge di impiegare per raggiungere i propri scopi. Questo progetto viene valutato da coloro che
dovranno prendere una decisione sulla sua realizzazione (il tutor per una tesi o il committente di una
ricerca).
1.2 COSTRUZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE EMPIRICA
Questa fase è detta campo (field) e consiste nella conduzione delle interviste o dei focus group, nella
realizzazione di uno o più esperimenti, nell'ossrvazione, più o meno, partecipante. I dati raccolti dal
ricercatore verranno oggettivati in documenti, che possono essere di due tipi: testi (sotto forma di testi
scritti, immagini o suoni) o collezioni di dati (sotto forma di matrice dati). Le caratteristiche del
documento determinano il tipo di analisi a cui potrà essere sottoposto.
1.3 L'ANALISI DELLA RICERCA EMPIRICA
L'analisi del documento collezione di dati, si basa principalmente sull'impiego della statistica, il documento
testo viene invece analizzato con l'impiego di strumenti compositi che permettono la segmentazione e la
qualificazione del corpus testuale. Le analisi applicate sul primo tipo sono dette quantitative quelle sul
secondo tipo di documento sono qualitative.
1.4 LA COMUNICAZIONE DEI RISULTATI
il punto di approdo di ogni ricerca empirica è la redazione di un articolo breve, destinato alla pubbliczione
su una rivista scientifica, o una monografia più voluminosa.
2.1 L'ESPERIMENTO CARCERARIO DI STANFORD
Il 2o aprile 2004 il pubblico ministero del tribunale militare americano presso Baghdad, accusa un gruppo di
soldati americani di essersi resi responsabili di maltrattamenti e abusi di varia natura contro alcuni
detenuti del carcere militare di Abu Ghraib. Viene accusato anche il sorgente Frederick che si dichiara
colpevole. A nulla valgono i tentativi di Philip Zimbardo, psicologo, di far valere come attenuante l'idea che
<<il comportamento di un individuo potesse essere influenzato da forze situazionali>>, e che quindi il
contesto aveva contribuito al loro modo di agire. Zimbardo aveva condotto una ricerca sul tema “individuo”
e “contesto”, intendendo dimostrare l'esistenza di un potere situazionale che prevarica quello individuale.
Esiste un “effetto Lucifero”? I risultati dell'esperimento portarono Zimbardo a ritenre che la risposta
dovesse essere affermativa. “non si tratta di poche mele marce, a volte il marcio è il cesto, il contesto nel
quale le persone agiscono”.
2.3 LA TEORIA DELLE FINESTRE ROTTE
Elaborata da Wilson e Kelling all'inzio degli anni ottanta, esa muoveva dalla distinzione tra norme ingiuntive
(che forniscono informazioni su quale comportamento sia più appropriato tenere in una determinata
situazione. Più urbano) e norme descrittive (che suggeriscono qual è il comportamento più comune che viene
adottato in una certa situazione). Sosteneva che; laddove esistonosegni di disordine e violazione delle
norme, gli individui possono desumere una norma descrittiva in cofnlitto con le norme ingiuntive. Questa
Teoria delle finestre rotte non è stata mai sottoposta a controllo (nonostante tutti ne facessero
riferimenti per esempio nelle strategie politiche) finchè non suscito l'attenzione di tre sociologi
dell'università di Groningen. La conclusione finale cui pervennero fu che la Teoia delle finestre rotte fosse
confermata: “l'aumentare della frequenza di un comportamento in violazione di una certa norma influenza
negativamente il grado di conformità ad altre norme”.
2.4.1 L'ESPERIMENTO E L'OSSERVAZIONE
La presenza, ovvero l'assenza di manipolazione selettiva e controllata delle variabili rilevanti, consente di
separare l'esperimento dall'osservazione.
2.4.2 IL CONCETTO DI CAUSA E IL CONTROLLO EMPIRICO DI IPOTESI CAUSALI
Del termine ipotesi vengono date definizioni differenti ma più o meno coincidenti. Sottolinenao come le
ipotesi siano congetture, esiti attesi, scommesse sulle conseguenze di una sequenza di eventi che
immaginiamo possano essere teli. Alcune tra essere assumono una forma linguistica speciale: <<se...allora>> e
identificano una o più condizioni a cui si suppone faccia seguito un esito atteso. Queste sono le ipotesi
causali. Talvolta sono formate da concetti di cui il ricercatore può fare esperienza empirica diretta,
cosicchè il loro controllo empirico passi attraverso l'accertamento di “fatti facilmente osservbili”. Ma di
solito il controllo risulterà meno semplice e diretto. Il controllo si fonda su un argomento di questo genere;
<<se l'ipotesi (H) è vera, allora, nell'ambito di circostanze specifiche, si dovrebbero verificare certi eventi
osservabili>>: I è implcata da H; definiremo I un'implicazione sperimentale dell'ipotesi h.
Se H è vera, anche I lo è.
Ma (come mostrano i dati) I non è vera
a)
H non è vera.
Questo argomento è deduttivamente valido, denominato in logica modus tollens.
Il modus ponens, invece, non è un argomento deduttivamente valido, avvero la sua conclusione può essere
falsa, non è necessariamente vera, anche se le sue premesse sono vere. Prendere sempre e comunque per
vere le conclusioni consegnate da un ragionamento costruitonella forma modus ponens, espone al rischio di
commettere un errore logico noto come fallacia dell'affermare il conseguente.
Se H è vero, allora lo sono I1, I2, I3....In
(come mostrano i dati) I1, I2, I3...In sono tutte vere
H è vera
il fatto che il risultato favorevole di un qualsiasi numero di esperimenti non possa costituire una prova
conclusiva per l'ipotesi dalla quale le implicazioni sperimentali sono state dedotte, non equivale aritenere
vana l'accumulazione di prove a favore. Una serie di risultati favorevoli, di una certa ipotesi mostra che,
per quanto riguarda le particolari implicazioni studiate, l'ipotesi è stata suffragata dall'esperienza e
questo le assicura un certo sostegno, o una certa conferma.
La parola ipotesi si riferisce dunque a qualunque asserzione che sia in corso di conrollo, indipendemente che
sia volta a descrivere un certo fatto, un evento particolare, una legge morale o qualche altro giudizio più
complesso.
Quando formuliao un'ipotesi causale ciò che intendiamo controllare è un'assrzione nella quale si istituisce
un legame tra una variabile X e una variabile Y. Possiamo dire che X è causa di Y solo quando sono
soddisfatte 5 condizioni: covariazione, contiguità, assenza di un legame spurio, plausibilità teorica e
antecedenza della causa rispetto all'effetto.
Dire che X e Y covariano vuol dire che X si verifica, si verifica anche Y e al contrario. Osservare che le
cose stanno così non consent di affermare che X è la causa di Y e viceversa.
Quando X e Y sono causati entrambi da un terzo fattore, Z, la relazione è detta spuria.
Perche si possa dire che X è causa di Y occorre che la relazione non sia spuria. Restano poi tre altre
questioni da risolvere.
Fa parte della plausibilità teorica l'autonomia semantica fra le variabili di cui si intende istituire un nesso
causale. Queste variabili devono insistere su domini semantici diversi tra loro.
La direzione del legame causale ha a che vedere con il fatto che, affinchè sia X a causare Y, e non
viceversa, è necessario che X sia antecedente a Y. In questo modo possiamo escludere la direzione inversa.
La complessità ha a che vedere con la distanza temporale che intercorre tra la causa e il suo effetto. Se i
due estremi sono distanti e la catena causale è lunga, occorre segmentarla in porzioni più piccole in modo da
identificare una sequenza di cause ed effetti contigui.
Per quanto riguarda infine la nozione di causa, ci sono due diverse concezioni di causalità; una
deterministica e una non deterministica. Nella prima la causa è la condizione sia necessaria che sufficiente
dell'effetto ad essa associato. Nella seconda, ciò che ipotizziamo causa di un determinato fenomeno,
agisce sulla sua probabilità di occorrenza.
2.4.3 LA LOGICA DELL'ESPERIMENTO
Le operazioni che vengono effettuate durante un esperimento nell'ambito elle scienze sociali si diviono in
sei fasi:
fase 1: elaborazione dell'ipotesi causale
fase2: costruiamo il campione e dividiamo i soggetti che lo compongono in due gruppi; uno sperimentale e
l'altro di controllo. Questa divisione avviene attraverso la “randomizzazione”, cioè è un'assegnazione
casuale, mediante sorteggio.
Fase: consiste nella misurazione dello stato dei casi sulla variabile indipendente ( misurazione prima).
Fase 4: somministrazione, solo al gruppo sperimentale, di uno stimolo che rappresenta l'ipotetica causa, di
qui si conduce una nuova misurazione dell'effetto, in entrambi i gruppi ( misurazione dopo).
Fase 5: per ognuno dei due gruppi calcoliamo la variazione osservata sulla variabile dipendente fra la
misurazione prima e la misurazione dopo.
Fase 6: calcoliamo la differenza tra la differenza media nel gruppo sperimentale (D SPER) e la differenza
media nel gruppo di controllo (DCONTR) e otteniamo così la stima dell'effetto.
2.4.4 I TIPI DI ESPERIMENTO
Esperimento classico
quasi- esperimento sul campo
quasi-esperimento naturale
Manipolazione Controllo dei fattori
della variabile
di disturbo (variabili
indipendente
terze)
si
no
si
no
no
no
3 L'OPERAIO OPULENTO E LA TESI DELL'IMBORGHESIMENTO
Nel 1951 i laburisti perdono alle elezioni britanniche, nonostante questi fossero promulgatori del welfare
state. Si sostenne dunque che la classe operaia, fino ad allora bacino di voti per i laburisti, stesse
attraversando un processo di “imborghesimento”. Le trasformazioni che la società inglese del tempo stava
attraversando e le interpretazioni teoriche che ne venivano fornite, suscitarono l'attenzione critica di un
gruppo di giovani sociologi britannici. Alla tesi dell'imborghesimento essi muovevano quattro critiche. La
prima sollevava un problema di misurazione della collocazione di classe; non era chiaro cioè a quale
dimensione della stratificazione sociale si facesse riferiemento. Le altre sollevavano tre problemi teorici.
Così il gruppo di sociologi guidati da Goldthrope si ripromise di sottoporre a controllo la teoria
dell'imborghesimento, con l'obiettivo di confutarla. Consapevoli del fatto che l'osservazione delle vite
degli operai ad un livello più profondo, sarebbe stata dispendiosa, decisero di condurre quello che
definirono uno “studio di un caso singolo”. Essi scelsero di studiare un contesto sociale nel quale i fattori
ritenuti responsabili dell'imborghesimento della classe operaia si mostrassero tutti insieme e con la
maggiore intensità. Delinearono dapprimo un contesto empirico in chiave idealtipica, e ne scelsero uno che
gli si avvicinasse. Là condussero una ricerca empirica per misurare il grado di imborghesimento degli operai.
Quindi, posto che l'intento sia quello di mostrare l'implausibilità di una teoria T che istituisce una
relazione tra due classi di proprietà A e B, tale che A implica B, T viene sottoposta a controllo su un caso C
in cui le proprietà della classe A sono presenti nel maggior numero e con la maggior intensità, cosicchè la
teoria T, per la quale A implica B, gode delle piùampie possibilità per essere confermata. Se nel caso C si
osserva che la teoria è contraddetta, ossia che A non implica B, allora si potrà sostenere che A non
implicherà B nemmeno laddove le proprietà della classe A si presentino in numero minore e con minore
intensità.
Presero in cosniderazione tre insiemi di proprietà: caratteristiche sociali, dell'ambiente industriale e del
contesto comunitario. La scelta di un luogo in cui raccogliere la documentazione empirica non era però
sufficiente, infatti, sottoporre a controllo quella tesi voleva dire: osservare individui. Si pose quindi il
problema di come scegliere tra gli operai di Luton (luogo dell'esperimento). La soluzione che i ricercatori
scelsero di adottare prevedeva il reclutamento di tutti gli operai presenti in un campione di divisioni
produttive di tre aziende; espressione di tre tipi di produzione: piccola serie, grande o di massa e a
processo continuo. Questi dovevano poi essere maschi, di età compresa tra i 21 e i 46 anni (nell'età
lavorativa centrale), residenti a Luton o vicino, sposati e conviventi, privi di esperienza di disoccupazione,
con un reddito regolare e con una mansione centrale rispetto al tipo di produzione dell'azienda in cui
lavoravano. Misero insieme un campione di 229 operai che intervistarono in due diverse circostanze. La
prima, condotta sul luogo di lavoro, era un questionario della durata di un'ora. La seconda, condotta presso
il domicilio dell'intervistato, era una traccia semistrutturata di circa tre ore. La prima indagava sulla vita
lavorativa, la seconda su quella familiare.
La conclusione cui giunsero fu ch il miglioramento delle condizioni di lavoro e l'accrescimento del benessere
economico, non avevano modificato la collocazione di classe degli operai inglesi, né avevano prodotto
l'adozione di stili di vita tipici della classe media del tempo. Le trasformazioni che comunque erano state
osservate, andavano lette come i risultati di processi di adattamento degli operai opulenti alle nuove
condizioni di benessere.
3.1 QUESTIONI METODOLOGICHE
Il gioco della ricerca empirica consiste nell'istituire una corrispondenza tra i costrutti teorici (che ci
dicono qualcosa sul mondo) e i termini osservativi (oggetti empirici di cui il ricercatore fa esperienza). La
corrispondenza è modellata da “regole di interpretazione” o “principi ponte”, definiti dal ricercatore. Le
regole di interpretazione indicano per quali ragioni Goldthorpe e colleghi scelgono di studiare gli operai di
Luton. Questo insieme di informazioni viene raccolto in due diverse categorie: i rapporti di indicazione e le
definizioni operative.
Rapporti di indicazione. Il compito dello scienziato consiste nel ridurre la complessità del mondo,
raccogliendo e rappresentando in categorie ciò che altrimenti si perderebbe nella caoticità dell'esperienza.
Questa operazione di ritaglio del flusso di esperienze, consente, ad esempio, di unificare un insieme di
esperienze tattili e visive, sotto il concetto di tavolo. La maniera in cui il ritaglio viene di volta in volta
effettuato dipende dalle necessità pratiche dell'individuo che opera. Talvolta le differenze permangono
anche tra individui: la difficoltà di intendersi a fondo in una conversazione deriva proprio dal diverso
ritaglio concettuale che sta dietro i termini utilizzati dall'interlocutore. Se il ritaglio nel flusso di
esperienz è un'operazione mentale, il termine è l'etichetta verbale che ne designa il risultato.
Oltre che possedere un termine che li designa in modo più o meno sintetico, i concetti possono avere dei
referenti empirici, cioè degli oggetti che vi corrispondono e di cui gli uomini possono fare esperienza. Un
concetto può esistere senza termine, rimanendo così inespresso. Allo stesso modo esso può esistere senza
referente empirico ( i libri di favole parlano di concetti privi di referenti ad esempio). Ciascun concetto
può essere caratterizzato poi in base alla sua intensione ed alla sua estensione. L'intensione designa
quell'insieme di reuisiti che un oggetto deve possedere per entrare a far parte dei referenti empirici di un
certo concetto. Globalmente, i referenti empirici di un concetto, ne formano l'estensione. Queste sono due
caratteristiche inersamente correlate: al crescere dei requisiti, diminuirà il numero di oggetti che li
soddisfano; al crescere del numero di oggetti che vogliamo far corrispondere ad un concetto, diminuirà il
numero di requisiti che devono soddisfare. Tutto questo viene rappresentato con la scala di generalità.
Dire che per dare avvio a una ricerca empirica occorre passare da costrutti teorici più o meno generali a
termini osservativi più specifici, di cui si possa fare esperienza, vuol dire che dobbiamo scendere lungo la
scala di generalità. Quando questo avviene il concetto sottostante si lega a quello sovrastante in un
“rapporto di indicazione”: il concetto sottostante è indicatore di quello sovrastante. Fatto questo la ricerca
può prendere avvio. Il rapporto di indicazione si fonda su una relazione semantica che permette di dare un
contenuto empirico diretto a termini che non lo hanno direttamente. Se è vero però che l'indicatore implica
il concetto, non è vero il contrario. Questo vuol dire che:
a) dato un concetto, si possono trovare una serie infinita di indicatori,
b) un indicatore può trovarsi su più scale di generalità, ciascuna corrispondente ad un concetto diverso.
Nel secondo caso si dirà che l'indicatore ha un margine di sovrapposizione con ciascuno di essi, la sua parte
idicante, ma anche che ha una parte che non appartiene al concetto che sta indicando, la sua parte
estranea.
Definizioni operative. La definizione operativa non è altro che il complesso di regole che guidano le
operazioni con cui una proprietà viene misurata. La misurazione di una stessa proprietà su più oggetti,
permette di costruire una variabile: operativizzando i concetti costruiamo variabili che prendono questo
nome proprio perchè variano da caso a caso. Le operazioni intellettuali impiegate dagli scienziati sociali per
misurare, sono tre: la classificazione (in categorie ordinate e non), il conteggio e la misurazione stricto
sensu.
Per classificazione si intende la segmentazione dei casi che compongono l'estensione di una proprietà, ossia
dei suoi referenti empirici, in n classi di casi. Si ottiene mediante un criterio arbitrario, scelto in modo che
ciascun oggetto da classificare appartenga ad una sola classe.
Il conteggio è l'operazione con la quale gli stati empirici di un oggetto vengono fatti corrispondere a stati
formali, ricorrendo alla serie di numeri naturali.
La misurazione stricto sensu è l'operazione intellettuale con la quale l'ammontare di una proprietà
posseduta da un oggetto viene confrontato con l'ammontare della stessa proprietà posseduta dall'unità di
misura, scelta convenzionalmente.
I tipi di variabili sono quattro: nominali, ordinali, cardinali e quasi-cardinali.
Si ha una variabile nominale quando la proprietà da registrare assume valori discretti non ordinabili. Le
operazioni logico matematiche applicabili sono solo due: = e ≠ . L'operazione che mette capo alla
costituzione di una variabile nominale è la classificazione.
N.B. A questo tipo di variabile appartiene una fattispecie di variabile, dummy rappresentate con i valori o e
I, per indicare rispettivamente l'assenza o la presenza della proprietà.
Si ha una variabile ordinale quando la proprietà da registrare assume valori discreti ordinabili. Le
operazioni logico-matematiche applicabili sono = e ≠ , > e <. l'operazione intellettuale che mette capo alla
costituzione di una variabile ordinale è l'ordinamento.
Si ha una variabile cardinale quando la proprietà da registrare assume valori discreti enumerabili oppure
valori continui. Le operazioni logiche matematiche sono = e ≠ , > e <, a cui si aggiungono il calcolo della
distanza tra valori (+ e –) e il calcolo del rapporto fra valori (x e :). le operazioni intellettuli che consentono
di mettere capo ad una variabile cardinale sono due: la misurazione stricto sensu e il conteggio. La prima si
applica se la proprietà da registrare è continua e se disponiamo di un'unita di misura prestabilita. Il
secondo si applica quando la proprietà da registrare è costituita da stati discreti ed enumerabili ed esiste
un'unità di conto naturale.
3.2 L'INCHIESTA CAMPIONARIA: DEFINIZIONE
L'inchiesta campionaria è un moo per rilevare informazioni, a) interrogando b)gli individui oggetto della
ricerca c) appertenenti ad un campione rappresentativo d) mediante una procedura standardizzata di
interrogazione e) allo scopo di studiare le relazioni esistenti tra variabili.
3.2.1 INTERROGARE MEDIANTE UNA PROCEDURA STANDARDIZZATA
La pratica del porre domande è il cuore del processo di misurazione per le ricerche che fanno ricorso alla
tecnica dell'inchiesta campionaria.
Chi interrogare è stabilito dalla strategia di campionamento (cioè dal modo in cui si sceglie tra molti
potenziali interlocutori).
Cosa chiedere lo dice lo scenario teorico entro cui ci muoviamo e gli indicatori che decidiamo di adottare.
Quando, come chiedere e come registrare le informazioni lo dicono le definizioni operative degli indicatori
e di tutte le proprietà che vogliamo misurare.
Nel caso dell'inchiesta campionaria la forma assunta dalla comunicazione tra intervistato e intervistatore è
altamente standardizzato. L'intervista infatti è governata da una traccia, che prende il nome di
questionario. Si possono distinguere le domande in ragione della loro sostanza e della loro forma. La prima
identifica l'argomento che affrontano e consente di distinguere tra domande che riguardano proprietà
sociografiche (il genre, l'età, lo stato civile), atteggiamenti (valori, giudizi, orientamenti) o su
comportamenti (ciò che l'intervistato dice di fare). La forma ha invece a che vedere con il piano di
chiusura, ossia con la scelta della forma di risposta che viene presentata all'intervistato e consente di
distinguere tra le domande a risposta chiusa (l'intervistato sceglie tra una serie di alternative, questo è il
tipo di domanda che meglio declina il principio di standardizzazione dello stimolo), a risposta aperta e le
domande a codifica sul campo.
La chiusura delle domande può essere dicotomica, graduata, a intervalli eguali o classificatoria. Le chiusure
dicotomiche obbligano l'intervistato a rispondere scegliendo tra due modalità alternative (si, no oppure
favorevole o contrario). Questa domanda dà luogo ad una variabile dicotomica (dummy). Le chiusure
graduate spingono a scegliere tra stati alternativi tra loro ordinati (es. le sequenze: molto buono, buono, né
buono né cattivo, cattivo). Esse danno luogo a variabili ordinali. Le chiusure a scala a intervalli eguali si
adattano alle proprietà continue. Le chiusure classificatorie propongono all'intervistato di scegliere tra
alternative di risposta che riproducono una classificazione dell'estensione della proprietà che è oggetto
della domanda.
Le domande a risposta aperta invitato l'intervistato a formulare la rispost con parole sue, che
l'intervistatore trascrive fedelmente. Le domande a codifica sul campo stanno a metà tra le domande a
risposta chiusa, e quelle a risposta aperta: l'intervistato viene lasciato libero di formulare la propria
risposta, ma l'intervistatore riconduce quella risposta a una tra le modalità predefinite dal ricercatore.
N.B. La strategia di chiusura che ricorre alle domane aperte, viene apprezzata per via del fatto che lascia
piena libertà all'intervistato di formulare la risposta, questo però è vero solo in parte. Il limite più
evidente è imposto dal numero ridotto di parole che l'intervistato può utilizzare. Le risposte aperte sono:
troppo poco standardizzate per essere trattate con procedure statistiche e, troppo poco aperte, per
essere trattate con glistrumenti ell'analisi narrativa o argomentativa.
La formulazione linguistica delle domande. Anche per l'inchiest campionaria vale il fatto che i dati
dipendono dalcontesto entro il quale vengono costruiti. Le scelte che il ricercatore compie sull'andamento
ell'interazione linguistica contribuiscono a mettere in forma quel contesto. È necessario quindi prestare
molta cura alla formulazione linguistica delle domande. L'esperienza ha permesso alla comunità di scienziati
sociali di produrre alcuni principi pratici che devono guidare il sociologo nella formulazione delle domande.
Il primo principio è ispirato all'idea di leggerezza. Una domanda leggera è una domanda la cui formulazione
è sintatticamente semplice, breve e prevede un numero ragionevole di alternative di risposta. Il secondo
principio è ispirato all'idea della chiarezza. Una domanda è tanto più chiara quanto meglio riescie a ridurre
le fonti di ambiguità. Queste ultime sono di due diverse fattispecie: la prima è di matrice semantica; una
domanda è poco chiara quando l'intervistato non riescie ad accedere al significato che il ricercatore ripone
nei termini della domanda. La seconda è di matrice pragmatica e vede l'idea di chiarezza in termini di
capacità di centrare l'obiettivo cognitivo. Il terzo principio è ispirato alla sensibilità verso la connotazione
dei termini che compongono le domande e dei temi che affrontano. Essere consapevoli della connotazione
emotiva è utile perchè permette di evitar domande tendenziose, che svelano cioè l'orientamento del
ricercatore. L'ultimo principio discende dall'intento classificatorio che anima molte delle domande presenti
nei questionari. Spesso le alternative di risposta ricalcano una classificazione, operata sulla base di un
insieme di criteri con cui segmentiamo una proprietà. Le alternative di risposta devono permettere a tutti
gli intervistati di trovare il loro posto nella classificazione, senza incertezze.
Oltre che lasciarsi guidare dai propri colleghi, chi scrive un questionario può decidere di farsi aiutare dagli
intervistati. Una volta messa a punto una versione preliminare del questionario, questa viene sottoposta ad
un gruppo di individui che possiedano un profilo simile a quelli che fanno parte del campione. Questo viene
chiamato pre-test ed è altamente consigliato.
La successione delle domande. Ciascuna domanda si qualifica per la posizione assoluta che occupa nella
conice complessiva del questionario e anche per la posizione relativa che occupa rispetto alle altre
domande. L'intervista è una conversazione speciale in cui il potere è distribuito in modo asimmetrico. La
fiducia deve essere richiesta e accordata in pochi istanti e la disponibilità a cooperare deve essere
preservata per tutta la durata dell'intervista. A queste novità l'intervistato si deve abituare, e di solito
questo accade nella prima fase dell'intervista; in questo momento è bene che il compito cognitivo che gli
viene assegnato non sia troppo impegnativo (domande non troppo difficili). Nella seconda fase l'intervistato
raggiunge il massimo della sua “produttività” ed è pronto ad affrontare il cuore dell'intervista, le domande
che più interessano all'intervistatore, più produttive per la sua ricerca. È bene sapere che nella terza fase
l'attenzione cala e la stanchezza comincia a farsi sentire, quindi sarà bene tornare a domande più agevoli.
La posizione assoluta deve essere decisa in relazione a questi fattori, alla delicatezza del tema affrontato
e alla probabilità di suscitare una reazione negativa dell'intervistato (he può sempre decidere di
interrompere l'intervista). Per decidere invece l posizione relativa occorr considerare la relazione tra la
domanda e quelle che subito la precedono e seguono. Talvolta si procede per sequenzialità logica (una
fattispecie comune sono le domande-filtro). Queste domande regolano l'accesso ad alcune parti del
questionario in modo da accordarlo solo a quei soggetti per i quali i contenuti delle domande siano
appropriati. In altri casi si procede per sequenzialità temporale, affinità semantica (ad esempio è
opportuno esaurire le domande che indagano tutte il medesimo tema in un'unica sezione). L'ultima strategia
di scelta della posizione relativa ha un fondamento più strettamente metodologico. Talvolta più domande
vengono formulate e chiuse in modo analogo, e vengono presentate in una forma concisa, questa prende il
nome di “batteria di domande”. I vantaggi che questa formulazione comporta sono diversi. Innanzitutto la
sua funzionalità per la costruzione di indici sintetici, poiché più proprietà vengono misurate impiegando
definizioni operative assai simili. Facilitano il compito cognitivo dell'intervistato, invitato a rispondere a
più domande formulate nello stesso modo. Accrescono il grado di coerenza e la validità delle risposte. Tutti
questi aspetti positivi però sono controbilanciati da un rischio, etichettato come response set.
L'intervistato può adottare la stessa modalità di risposta per tutte le domande in successione, con
l'intento di levarsi d'impiccio il più rapidamente possibile, senza prestare attenzione ai contenuti delle
domande. (può essere intercettato introducendo domande a polarità invertita).
3.2.2 GLI INDIVIDUI OGGETTO DELLA RICERCA. APPARTENENTI A UN CAMPIONE
RAPPRESENTATIVO
Ogni ricerca si prefigge di scoprire qualcosa che possa essere applicato a tutti i casi, pur osservando solo il
campione. Questa operazione intellettuale si chiama generalizzazione, ci permette di istituire un'analogia
tra il campionamento e la figura retorica della sineddoche. La logica ddel camionamento è costituita da
argomentazioni intese a ersuadere il lettore che la sineddoche funziona. Queste argomentazioni, di matrice
statistica, identificano l'impiego di campioni probabilistici come la soluzione perfetta al problema della
generalizzazione. Un campione si dice probabilistico quando ogni unità della parte viene estratta dal tutto
con una probabilità nota e diversa da zero. Una fattispecie del campionamento probabilistico è costituita
dal campionamento casuale semplice (quando il ricercatore dispone di una lita completa delle unità che
compongono la popolazione, può associare a ogni unità un numero, estrarre tanti numeri casuali quante sono
le unità che formano il campione e selezionare quelle ch corrispondono ai numeri casuali estratti). La teoria
statistica ci dice che un campione costituito con questa procedura è una sneddoche appropriata perchè è
una miniatura sufficientemente fedele alla popolazione, salvo un certo margine di errore. Quest'errore di
campionamento è un elemento imprescindibile delle misurazioni condotte attraverso l'inchiesta
campionaria, perchè a) il campione non è l'intera popolazione, ma una sua parte b) non è l'unica parte che
potremmo prendere c)le caratteristiche della popolazione sono in larga misura ignote.
Quando deve essere condotta un'intervista? Tanto più è ampio il campione, tanto più sarà il tempo
necessario per svolgere l'intervista. Questo non è un problema se si può supporre che le condizioni di
contesto siano analoghe in due momenti diversi. Si finge quindi che le interviste siano sincroniche, queste
vengono definite trasversali o cross-sectional. Questo pone due problemi: il primo è che ciò che gli
intervistati dicono è influenzato certamente dal “momento storico” in cui poniamo le domande, il secondo ha
a che vedere col fatto che la questione della generalizzazione assume anche un connotazione temporale:
aspiriamo a dire qualcosa che valga per ogni momento. Esiste dunque anche la generalizzazione diacronica,
cioè quel processo mentale attraverso cui i risultati ottenuti osservando una parte in un dato punto del
tempo, vengono estesi al tutto in altri punti del tempo.
RIQUADRO 3.1
i termini tipologia e tassonomia designano due forme diverse di classificazione composita, basata cioè
sull'impiego di due o più criteri di classificazione. Costruiamo una tipologia quando i criteri di
classificazione individuati vengono impiegati su tutti i casi in studio. In questo caso si parla di
“classificazione incrociata”. Costruiamo una tssonomia quando i criteri di classificazione individuati vengono
applicati in successione su porzioni distinte dei casi in studio. Una tassonomia può esere definita come una
“classificazione di classificazioni”.
4.3 LA COSTRUZIONE DEGLI INDICI
I primi contributi teorici sulla costruzione di indici rimarcano la necessità di muover dai livelli più alti della
scala di generalità, a quelli più bassi. Le cinque fasi possono essere così illustrate: 1) individuazione di un
concetto, oggetto o fenomeno che si vuole rilevare e sua scrupolosa definizione 2) scelta delle dimensioni
ritenute rilevanti per la descrizione delle definizioni così individuate 3) efinizione degli indicatori adatti a
descrivere ciascuna dimensione 4) individuazione delle definizioni operative per la traduzione empirica
degli indicatori 5) costruzione delle variabili e delle basi dati. Se si entra però nlcampo ell'analisi
secondaria, questo percorso non è più fattibile, il ricercatore dovrà basarsi su banche dati costruite da
altri. Questa condizione ha portato a proporre una divisione dei due momenti, quello della
concettualizzazione e quella dell'operativizzazione. Nel caso specifico dell'analisi secondaria, esistono due
logiche differenti: la prima che parte da concetti astratti per definire degli indicatori (come nell'analisi
primaria), poi utilizzati o operativizzati in modi differenti da quelli della ricerca originaria. La seconda, che
alla scelta di questi indicatori arriva muovendo dai dati disponibili per stabilire definizioni operative. Quello
che si viene a creare è un “processo di adattamento progressivo” tra percorsi teorici disponibilità delle
informazioni. Ci sono almeno quattro buoni motivi per ricorrere ll'analisi secondaria: ridurre i costi della
ricerca che gravano sul singolo studioso o sul singolo gruppo di ricerca che può non disporre delle risorse
necessarie, soprattutto quando la ricerc è di ampia portata. Accrescere la qualità della ricerca, perchè le
procedure di operativizzazione, ono considerate assai affidabili, il ricercatore può quindi attingere ad una
riflessione teorica cui molti colleghi hanno preso parte. Quando più ricercatori conducono la loro ricerca
impiegando le stesse definizioni operative, producono risultati che possono essere considerati comparabili.
4.3.1 INDICI ADDITIVI E INDICI TIPOLOGICI
I modi in cui gli indicatori possono essere combinati per costruire un indice appartengono a due fattispecie
di procedure: matematiche e logiche.
Esempio ispirato alla ricerca di Goldthorpe: il questionario che i ricercatori somministrano agli operai sul
luogo di lavoro, contiene due domande che sembrano riferirsi a un unico tema, quello dllo stress lavorativo.
Prima domanda: il lavoro che svolgi è fisicamente stancante? Seconda domanda: il lavoro che svolgi è
snervante? Quindi, la prima è legata alla componente fisica, che chiameremo S1 , la seconda alla componente
psichica; S2. Immaginiamo infine che le due dimensioni siano state opertivizzate ricorrendo alle domande
suddette le cui modalità di risposta sono: molto, abbastanza, né molto né poco, poco, per nulla. A ciascuna
di queste modalità corrisponde un codice numerico compreo tra 1 e 5 (1 minimo grado di accordo, 5
massimo). Le du misure di stress possono essere combinate in modo da ottenere un indici che misuri il
concetto complesso di stress lavorativo, semplicemene sommandole.
SL=a1S1+a2S2. L'indice ottenuto si chiama indice additivo. Se si pensa che le due componenti influiscano in
egual misura allora a1 e a2 avranno lo stesso valore 1, costruendo un indice additivo non pesato. Al contrario,
attribuendo ad a1 e a2 due “pesi” diversi, otterremo un indice additivo pesato. L'indice additivo pesato o
non pesato identifica in modo accurato solo le posizioni estreme, mentre la misurazione unitaria del
concetto di stress per valori intermedi dell'indice additivo diventa incerta: a un medesimo punteggio
corrispondono cioè significati teorici differenti che possono essere spiegati soltanto scomponendo
l'informazione sintetica contenuta nell'indice e conoscendo il valore di ciascun “ingrediente”. Limiti di
questo genere si risolvono passando da un indice additivo ad un indice tipologico, che permette di
identificare il livello di stress degli intervistati qualificandone la fonte: fisica o psichica. Il primo passo
consiste nella riclassificazione dei livelli, che passano da 5 a 2. i livelli di stress; molto, abbastanza, né
molto né poco, poco, per nulla, vengono ricompattati nelle formule Alto stress, Basso stress. L'indice
tipologico così ottenuto consente di distinguere quindi quattro tipi di stress da lavoro.
Stress fisico
ALTO
Stress psichico
ALTO
tipo 1
BASSO
tipo 2
BASSO
tipo 3
tipo 4
4.4.1 QUESTIONI CRITICHE: L'INVARIANZA DELLO STIMOLO E L'AFFIDABILITÀ DEL
COMPORTAMENTO VERBALE
I problemi fondamentali di fronte ai quali si trova il ricercatore che ha deciso di utilizzare l'inchiesta
campionaria, sono principalmente due: la questione dell'invarianza dello stimolo e quella dell'affidabilità del
comportamento verbale.
La prima ha a che vedere con il fatto che nell'inchiesta campionaria “le risposte vengono ritenute
comparabili per il motivo ch gli intervistati sono stati sottoposti tutti alle stesse domande e nelle stesse
condizioni di contesto”. Chi può garantire però che all'uniformità degli stimoli corrisponda l'uniformità dei
significati? Una domanda, formulata in un certo modo e con certe parole, seppur studiata per essere
percepita in modo sostanzialmente uguale dagli intervistati, puòsubire processi di interpretazione che
portano ad assegnarle significati differenti. Ogni individuo ha infatti un suo sistema di riferimento e
ricevendo uno stimolo lo legge e lo interpreta sulla base del proprio vissuto.
Il secondo problema fondamentale dell'inchiesta campionaria riguarda l'affidabilità del comportamento
verbale. Ci si può fidare? L'intervistato prima della compilazione del questionario viene contattato
dall'organizzatore della rilevazione. Queste comunicazioni ufficiale contribuiscono a delineare una cornice
che l'intervistato usa per interpretare il senso di quanto gli si sta chiedendo. Tutto questo esercita una
pressione sull'intervistato che non è rilevabile né osservabile dal ricercatore. Se si ritenga in un
determinato caso che l'immagine da dare agli altri debba corrispondere ad un certo stereotipo, allora le
risposte potrebbero essere influenzate da questo, si risponderebbe per raggiungere il proprio scopo.
Questo è quello che si chiama desiderabilità sociale: la desiderabilità sociale è la valutazione, socialmente
condivisa, che in una certa cultura viene data ad un certo atteggiamento o comportamento individuale. Un
altro elemento che riguarda l'affidabilità del comportamento verbale, riguarda quella che si chiama la nonattitude, il non avere opinioni riguardo l'argomento. Le persone percepiscono spesso il questionario come
una sorta di test di intelligenza, di adeguatezza e ammettere di non avere opinioni in merito ad un certo
tema, o di non saper rispondere ad una certa domanda, è un peso che molti non vogliono assumersi. Ciò
comporta che si risponda ugualmente, scegliendo a caso.
4.4.2 ERRORI DI RILEVAZIONE
Occorre innanzitutto distinguere tra errore sistematico e errore accidentale. Il primo rappresenta un
errore che appartiene a tutte le rilevazioni effettuate ed è una costante facilmente sondabile. L' errore
accidentale riguarda invece ciascuna specifica rilevazione. Questi errori possono presentarsi in tutte le
fasi del lavoro di ricerca. Durante la fase teorica il gruppo di ricerca costruisce gli indicatoriche, meglio di
altri, renderanno osservabile il concetto complesso cui essi si riferiscono. Dal mix di indicatori che vengono
impiegati, possono derivare errori di copertura semantica del concetto ( errori di indicazione) di natura
sistematica. Gli errori che possono incorrere nella fase empirica possono essere sia sistematici che
accidentali. Si dividono in tre insiemi: errori di selezione, di osservazione e di trattamento dei dati. Gli
errori di selezione derivano dal fatto che i dati vengono costruiti a partire da un campione della
popolazione in studio, e non intervistando tutti i componenti di quella popolazione ( errore di
campionamento). Un secondo sottotipo di errore di selezione è l' errore di copertura, si verifica quando la
lista di nominativi dal quale estraiamo il campione, non è completa. Il terzo sottotipo di errore viene
definito errore di non risposta e si riferisce sia a potenziali intervistati, selezionati e contattati che però
si rifiutano di rispondere, sia coloro che una volta selezionati, non vengono raggiunti dall'intervistatore per
qualche motivo.
Gli errori di osservazione riguardano la fase di costruzione della documentazione empirica. Le fonti di
errore sono quattro: l'intervistatore, può commettere errori nel registrare le risposte, oppure
condizionarle in qualche modo; l'intervistato che potrebbe rispondere più che altro per compiacere
l'intervistatore, non rispettando le proprie reali opinioni; lo strumento in quanto le domande potrebbero
essere mal formulate; le modalità di somministrazione del questionario possono creare diversi problemi.
L'ultimo insieme di errori nella fase empirica è dato dagli errori nel trattamento dei dati (errori di
codifica, di trascrizione...).
Attendibilità e validità. Sono stati elaborati alcuni test per valutare attendibilità e validità di un
questionario. L'attendibilità ha a che fare con la capacità di un certo strumento di rilevazione di replicare
in modo costatnte i risultati ottenuti (la bilancia ben tarata). La validità invece riguarda la capacità di uno
strumento di rilvazione di portare il ricercatore ad osservare proprio ciò cui è interessato.
N.B. Uno strumento può essere attendibile ma non valido.
La prima tecnica adottata per verificare l'attendibilità di uno strumento è il test-retest, ma questo test è
difficilmente aplicabile nelle scienze sociali, per questo si è passati a definire l'attendibilità in termini di
equivalenza, misurando la correlazione tra i risultati ottenuti con due procedure diverse ma ritenute
equivalenti (split-half, parallel forms..). Misurare la validità di uno strumento è molto più difficile in quanto
si tratta di un errore sistematico e si situa nel momento della costituzione dei rapporti di indicazione tra
concetti e variabili empiricamente osservabili.
4.4.3 LA MATRICE DATI
Prima che la matrice dati sia pronta per l'analisi statistica, è necessario accertarsi che non contenga
informazioni errate. Si procede a tre tipi di controlli: di plausibilità, di congruenza, e sui valori mancanti.
Operando il controllo di plausibilità sulla matrice dati, si controlla che in essa i valori riferiti a ciascuna
variabile siano coerenti con quelli previsti dai codici assegnati a ciascuna domanda. Con il controllo di
congruenza si controllano due variabili, confrontando o incrociando le rispettive distribuzioni di frequenza
e osservando se emergono elementi di incongruenza. Un esempio è dato dai filtri, ovvero da quelle
indicazioni rivolte all'intervistatore, per le quali se ad una domanda l'intervistato risponde in un certo
modo, allora si passerà ad un'altra specifica domanda. Infine i valori mancanti si producono quando il
soggetto non da una risposta, questi possono provocare una perdita di informazioni. Terminata la pulizia, la
matrice dati è pronta per l'analisi statistica.
5 MATTI O UDITORI DI VOCI?
Due ricerche dedicate all'esperienza del male mentale. Il campione venne disegnato con l'intento non di
sottoporre a controllo un'ipotesi ma con lo scopo di formulare ipotesi sul rapporto fra disturbo psichico e
lavoro. A tal fine vennero considerati casi i pazienti psichiatrici esclusi dal mercato del lavoro e controlli
pazienti psichiatrici occupati. I soggetti selezionati vennero coinvolti in due interviste discorsive in
successione: un'intervista libera, nella qual gli intervistati erano invitati a raccontare la storia della loro
vita, seguita poi da un'intervista guidata da una traccia, impiegata per sviluppare i temi chiave dello studio.
La prima intervista fu concepita con l'intento di sollecitare le narrazioni autobiografiche degli
interlocutori. La conversazione venne avviata da una domanda generativa particolarmente aperta:
“vorreiche mi raccontasse la storia della sua vita cominciando da dove vuole”. Le narrazioni raccolte
svilupparono due temi: lavoro e male mentale. La seconda intervista venne condotta seguendo una traccia
più dettagliata con la quale venne approfondito un insieme di temi relativi al retroterra culturale dei nostri
interloutori, al disagio psichico, alla storia professionale e alla socialità.
5.1 L'ANALISI DELLE NARRAZIONI DEL MALE MENTALE
Le narrazioni raccolte sono state ricondotte al modello narratologico proposto da Greimas. Egli individua in
ogni racconto quattro tappe fondamentali: contratto, competenza, performanza e sanzione. Al centro di
ogni narrazione Greimas colloca un compito, di norma l'acquisizione o la difesa di un oggetto di valore.
Questo compito viene assegnato al protagonista della narrazione da un altro personaggio (destinante), nella
fase del contratto. Per realizzare il compito che gli è stato assegnato, il protagonista deve acquisire i
mezzi materiali e intellettuali necessari: questo avviene nella fase della competenza. Per imporre un ordine
alle narrazioni del male mentale si rese necessario modificare il modello originario di Greimas, aggiungendo
alle quattro tappe canoniche un'ulterio stazione: l'antefatto, che svolge la funzione di innesco della
struttura narrativa. Nell'antefatto il protagonista vive la propria congiunzione con l'oggetto di valore, il
benessere psichico, ma poi, in seguito all'intervento del male mentale, l'oggetto di valore gli viene
sottratto. La fase successiva (contratto) vede il protagonista investito del compito di riconquistare
l'oggetto di valore, questo compito gli viene assegnato di norma dalle istituzioni sanitarie. La fase seguente
(competenza) vede il protagonista impegnato a qualifica l'agente responsabile del proprio disagio. La quarta
tappa (performanza) corrisponde alla lotta con l'opponente, il male menatle, per il ripristino della propria
salute. La quinta e ultima fase (sanzione), conduce all'epilogo, cioè al giudizio del narratore sugli esiti della
propria lotta. La chiusura narrativa, ovvero il giudizio, viene definito seguendo le indicazioni di Gergen che
propone uno schema analitico entro il quale diventa possibile raffigurare il processo con il quale il
protagonista si lega o si separa dall'oggetto di valore. La relazione del protagonista con l'oggetto di valore
viene raffigurata in uno spazio bidimensionale, in ascissa c'è l'avanzare del tempo, in ordinata, l'intensità
del conseguimento del valore. Gergen distingue tre forme rudimentali di narrazione: di stabilità (rapporto
costante nel tempo con l'oggetto di valore), progressive e regressive (raccontano il cambiamento, ascesa
per le prime, caduta per le seconde).
v
a
l
u
t
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o
n
e
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l
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t
a
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Narrazione di stabilità
tempo
v
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l
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a
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n
e
Narrazione progressiva
tempo
Narrazione regressiva
tempo
5.3 QUESTIONI METODOLOGICHE
L'intervista è lo strumento di costruzione della documentazione empirica più diffuso nelle scienze sociali,
focalizziamo l'attenzione non sull'intervista di intrattenimento, ma su quella di ricerca, che ha finalità
cognitive. L'intervista di ricerca è una forma speciale di conversazione nella quale due persone, e talvolta
più di due, si impegnano in un'interazione verbale nell'intento di raggiungere una meta cognitiva
precedentemente definita. La conversazione è speciale per l'asimmetria di potere dei due interlocutori. È
l'intervistatore a stabilire gli obiettivi cognitivi della conversazione e a dettarne il ritmo ponendo domande
cui l'intervistato è chiamato a rispondere. Questi ha, comunque, la possibilità di sottrarvisi con la
reticenza, ma anche con la menzogna.
N.B. I protagonisti dell'interazione sociale agisconocon due scopi diversi, l'intervistatore ha lo scopo di
raccogliere informazioni, all'intervistato preme innanzitutto “salvare la faccia”, consegnare cioè l'immagine
di sé che ritiene più appropriata al contesto. Possono essere distinti diversi tipi di intervista in ragione
della forma assunta dalla comunicazione tra intervistatore e intervistato. L'osservazione del
comportamento linguistico dell'intervistato consente di tracciare la prima e più importante distinzione,
quella che separa l'interista discorsiva dall'intervista strutturata. Nell'intervista discorsiva l'intervistato
risponde alle domande con parole sue, nell'intervista strutturata invece, l'intervistato risponde alle
domande che gli porge l'intervistatore scegliendo le parole da un campione predefinito (lo stesso che
governa il comportamento linguistico dell'intervistatore). L'intervista discorsiva assume tipicamente due
forme: intervista guidata e libera. Nell'intervista guidata l'intervistatore conduce la conversazione
seguendo una traccia che gli suggerisce; i temi da trattare, la formulazione linguistica più appropriata,
lasciando però all'intervistatore la facoltà di definire l'ordine di successione dei temi e l'effettiva
formulazione dei quesiti. Nell'intervista libera l'intervistatore si limita a porgere al suo intervistato il
tema della conversazione introducendolo con una domanda per disporsi poi in un atteggiamento di ascolto.
Tre sono le forme principali d'impigo ell'intervista discorsiva nella ricerca sociale: nella prima costituisce
la sola tecnica di ricerca impiegata per la costruzione della documentazione empirica; nella seconda
l'intervista discorsiva viene impiegata insieme ad altre tecniche di ricerca, ma con un ruolo ancillare
(collaudo del questionario...). La combnazione invece, alla pari, con altre tecniche di ricerca costituisce la
terza forma di impiego dell'intervista discorsiva, noto in letteratura come approccio multi-tecnica o
triangolazione.
5.3.1 IL DISEGNO DELLA RICERCA
La definizione della domana cognitiva. Il punto di partenza di ogni ricerca sociale è la definizione della
domanda cognitiva a cui ri intende rispondere. Non è neccessaria né un ipotesi, né la definizione operativa
delle proprietà in studio, ma una domanda cognitiva ben profilata. Se non si sa di cosa si va in cerca, si
rischia di non trovarlo..
Gli intervistati. L'individuazione dei soggetti da intervistare è un'operazione che si compone di due passi:
l'individuazione del tipo di interlocutore appropriato e la definizione della procedura empirica che
consentirà di reclutare un congruo numero di individui con le caratteristiche adeguate. Si ricorre ad un
campione quando la conduzione dei colloqui d'intervista con tutti gli interlocutori teoricamente appropriata,
risulti impossibile o troppo onerosa. (il campionamento/la sineddoche viene solitamente giustificata dalla
teoria probabilistica). Nel caso di un'intervista discorsiva non si può ricorrere alla teoria della probabilità
per difendere l'appropriatezza della propria sineddoche: il numero di casi che possono essere intervistati è
di necessità piccolo, dettato principalmente dalle procedure di analisi della documentazione empirica.
L'analisi di un corpus testuale infatti, richiede un impegno insostenibile per un numero di interviste che
ecceda il centinaio. La difesa dell'appropriatezza della propria sineddoche si basa sul ricorso alla teoria
dell'argomentazione. Questo modo di procedere viene definito campionamento a selta ragionata, dove il
ragionamento consiste nell'anticipazione delle ipotetiche obiezioni. L'argomentazione si propone quindi di:
a) sostenere la plausibilità degli asserti che ci si propone di enunciare b) difendere le ragioni della loro
estensione. Una precisazione: in una ricerca basata sull'impiego di interviste discorsive, il profilo dei casi in
studio si definisce nel corso della ricerca, in progress. Conducendo le interviste e procdendo alla loro
analisi, possono emerger nuovi quesiti che impongono di cercare nuovi interlocutori e di modificare di
conseguenza il profilo del campione. Tutt le argomentazioni devono essere esplicitate.
La forma dell'intervista discorsiva. Occorre stabilire il modo in cui condurre le interviste discorsive,
sceglienda tra intervista libera e intervista guidata. La scelta è rilevante anche per il tipo di analisi cui le
trascrizioni delle interviste potranno essere sottoposte. In entrambi i casi, è necessario preparare con
cura, nell'intervista libera, la domanda con cui porgiamo ai nostri interlocutori il tema dell'inchiesta, per
l'intervista guidata, il canovaccio che farà da guida.
L'intervistatore. In linea di massima è opportuno che le interviste vengano condott dal gruppo di ricerca,
dove ciò non sia possibile, è comunque indispensabile coinvolgere l'intervistatore sia nel lavoro di
progettazione della ricerca, sia in quello di analisi della documentazione empirica. Occorre che
l'intervistatore abbia esperienza nella conduzione di interviste discorsive, o che sia disposto ad acquisirne,
e che abbia una sufficiente familiarità con i temi affrontati nell'intervista. Occorre infine considerare uno
specifico attributo relazionale dell'intervistatore: la natura del rapporto che lo lega ai suoi interlocutori,
prima dell'intervista. La reciproca estraneità offre all'intervistato maggiori garanzie di anonimato. Non
sempre però le cose stanno in questi termini (vedi nel caso della ricerca etnografica).
5.3.2 LA COSTRUZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE EMPIRICA
il contatto e la presentazione della ricerca. Per condurre una ricerca, occo innanzitutto ottenere il
consenso dei nostri interlocutori che dovranno mettere a disposizione una parte del loro tempo per le
finalità della ricerca. Il contatto con i candidati può essere preso direttamente dal gruppo di ricerca o
avviato contando sulla collaborazione di un mediatore che può presentare agli intervistati in modo non
intrusivo la ricerca. Quando è il gruppo di ricerca a mettersi in contato con i partecipanti, la richiesta di
collaborazione può essere avanzata in più modi: per lettera, al telefono o di persona. I primi contatti,
finalizzati ad ottenere un appuntamento dai casi in studio, dovranno fornire loro un'informazione adeguata
sullo studio cui si chiede di collaborare, e un insieme di rassicurazioni sulla natura del colloqui e sull'uso che
verrà fatto di quanto loro vorranno dire. È del pari importante fornire informazioni circa la durata del
colloquio, per ragioni etiche e pratiche. Tutto ciò configura quanto può essere definito l'antefatto
dell'intervista. Quanto accade prima dell'intervista vera e propria contribuisce a configurare il frame
cognitivo dei due protagonisti del dialogo. L'intervista comincia prima dell'intervista.
La conduzione dell'intervista discorsiva. L'intervistatore deve innanzitutto aiutare l'intervistato a
costruire liberamente il suo discorso. Il tipo di ascolto richiesto è una partecipazione attiva
contrassegnata da un insieme di segnali non verbali (il movimento degli occhi, i cenni del capo, o non
linguistici gli “uhm...” che comunicano al nostro interlocutore l'attenzione e l'interesse per ciò che dice). Si
aggiunge un'altra tecnica di comunicazione; la tecnica dell'eco, consiste nella riproposizione all'intervistato
delle ultime parole pronunciate prima di interrompersi. Con questa tecnica non facciamo altro che dire
“sono qui, ti ascolto”. Agli occhi dell'intervistato il colloquio dovrà apparire quanto più possibile come una
conversazione ordinaria, a questo però si lega il problema di quanto l'intervistatore può o non può dire di
sé. Esprimendo la propria opinione, infatti, l'intervistatore può influenzare l'intervistato nella costruzione
del discorso, d'altra parte però, l'elesuione sistematica delle richieste avanzate dall'intervistato, può
minare la fiducia che questi ripone nel suo interlocutore. L'intervistatore, sollecitato a prendere posizione
nel colloquio, deve sottrarsi tutte le volte che può perturbare la libera costruzione del discorso da parte
dell'inetrvistato, finchè però questo comportamento non inizi ad erodere la fiducia e la volontà a cooperare
dell'intervistato.
La trascrizione dell'intervista.prima di procedere con la loro analisi, le interviste devono essere trascritte
per intero, riportando sia le risposte dell'intervistato, sia le domande i commenti dell'intervistatore, da
offrire un'adguata raffigurazione degli eventi linguistici, interattivi e contestuali, riconducibili a cinque
livelli: linguistico; attiene a ciò che viene detto atraverso l'impiego esclusivo del linguaggio parlato.;
paralinguistico; attiene alle modalità nelle quali il detto viene modulato da tono, timbro, intensità, altezza
della voce. Il livello extralinguistico; cioè quello che possiamo definire il linguaggio del corpo. La
qualificazione del contesto si riferisce agli eventi che hanno luogo nel setting dell'intervista. Questi eventi
si connotano come fattori di disturbo: lo squillo di un telefono, l'arrivo nel setting di una terza persona non
convocata...tutto ciò che sollecita la reazione dell'intervistatore.
L'ANALISI
L'analisi si basa su di una lettura metodica del corpus testuale costituito dalla trascrizione dei colloqui
d'intervista. Da questi testi ci si propone di distillarne il senso, ricostruendo le intenzioni comunicative dei
loro estensori (intentio auctoris), e soffermandosi su quanto il testo ci dice, indipendentemente, o
addirittura a dispetto delle intenzioni dell'autore (intentio operis).
Principi generali:
 le interviste non parlano da sé, richiedono di essere interpretate
 l'analisi deve prestare attenzione ad almeno tre aspetti: a che cosa viene detto (analisi tematica), a
come viene detto (analisi strutturale) e all'interazione tra intervistato e intervistatore.
 È opportuno privilegiare un approccio olistico al testo
 i risultati dell'analisi devono avere una resa narrativa, devono assumere la forma di un discorso nel
quale la voce del ricercatore si intreccia con quella degli intervistati.
Primato dei casi sulle variabili. Ciascuna intervista vine connotata definendo alcuni attributi formali
assieme ad alcuni attributi sostantivi. Sul piano pratico, si traduce in una strategia di analisi che prevede la
lettura e la qualificazione di ciascuna intervista presa da sé sola.
Forma e contenuti. Questi testi si prestano a due tipi di lettura complementari, una diretta a cogliere i
contenuti del discorso, l'altra a raffiugrarne la forma.
Procedure di analisi informali e procedure formalizzate. La qualificazione dei contenuti costituisce il cuore
del lavoro applicato a questi testi. A questo scopo servono un insieme composito di procedure che possono
essere raggruppate in due classi, le procedure informali e quelle formalizzate. Le procedure informali
possono consegnare letture acute e rilevanti. I limiti di queste procedure però, si colgono nella difficoltà a
dar conto in modo puntuale e analitico dei principi e delle procedure che hanno sorretto la sua analisi. Tra
le procedure formalizzate la distinzione più rilevante separa le procedure basate su di uno specifico
modello semiotico del discorso e quelle basate su un insieme di principi metodologici posti alla guia
dell'analisi. La prima categoria è eloquentemente rappresentata dall'analisi strutturale delle narrazioni,
condotta con il modello semiotico di Greimas. La seconda categoria di procedure è illustrata dalla proposta
metodologica di Glaser e Strauss, la grounded theory, che si basa sul precetto della “comparazione
costante”. A ciò si lega la definizione di un percorso di lettura e qualificazione dei materiali empirici: la
codifica. Quest'operazione si articola in tre passi: la codifica “aperta, “assiale” e “selettiva”. La codifica
aperta assegna ai diversi brani di cui si compone la trascrizione di un'intervista codici, proprietà che li
connotano in un registro prossimo a quello impiegato dagli intervistati. La codifica assiale classifica i codici
attribuiti con la codifica aperta. La codifica selettiva estrae dai materiali messi in forma con la codifica
assiale una o alcune categorie teoriche cui possono essere ricondotti i tratti salienti dei discorsi analizzati.
La codifica dei materiali può essere fatta sia con carta e penna, sia con l'aiuto di un programma per
l'analisidei dati al computer. Infine, l'analisi si basa sulla combinazione di tre operazioni: la
caratterizzazione di ogni singola intervista, la comparazione fra le interviste e la loro classificazione in una
tipologia o una tassonomia.
La classificazione dei testi d'intervista. La forma di classificazione più appropriata ai materiali
d'intervista, mette capo a tipi ideali. Nel tipo ideali i tratti di un genere vengono accentuati, per renderne
immediatamente riconoscibile il profilo, proprio come accade per le caricature: ritratti caricati. A questi
tipi possono essere ricondotti i testi di cui si compone il corpus delle interviste trascritte, testi legati ad
un genere da una relazione di somiglianza più o meno intensa: alcuni assomiglieranno di più alla caricatura,
altri meno. La soluzione più diffusa prevede l'impiego di una funzione di appartenenza dicotomica a due
valori: appartenenza vs non appartenenza. Non sempre però questa soluzione consente di dar conto in modo
adeguato della documentazione empirica in analisi. Talvolta alcuni testi presentano tratti di più di un
genere, di più di un tipo ideale: alcuni avranno un profilo decisamente prossimo a quello del tipo ideale, altri
mostreranno solo una vaga somiglianza. Di tutte queste peculiarità empirica si può dar conto, utilizzando
una funzione di appartenenza fuzzy, con la quale l'appartenenza dei testi ad uno o più tipi è espressa da
una funzione continua i cui valori sono compresi tra 0 e 1. (è possibile esprimere non solo l'appartenenza ad
un tipo, ma anche lintensità di questa appartenenza). Sul piano operativo la conduzione dell'analisi dei
materiali di intervista, può giovarsi di procedure di “miniaturizzazione” del corpus testuale (riassunto di
ciascuna intervista e organizzazione dei suoi contenuti in un record biografico).
LA COMUNICAZIONE DEI RISULTATI
Sui modi per comporre e presentare i risultati di una ricerca, esistono diverse indicazioni, tutte
accomunate dalla necessità di includere nel testo almeno due sezioni: un dettagliato resoconto
metodologico e l'illustrazione dello schema interpretativo, maturato con l'analisi, e del rapporto che lo lega
alla documentazione empirica. Al testo può essere opportuno allegare la trascrizione completa dei colloqui
d'intervista, riportata in un CD-rom accluso ad esso o pubblicata su un sito internet, accessibile ai lettori.
7.4 QUESTIONI METODOLOGICHE: L'OSSERVAZIONE PARTECIPANTE
L'osservazione partecipante è una forma del tutto speciale di osservazione, non è solo guardare, ma è
anche ascoltare, toccare, odorare, gustare; aprirsi ad una esperienza che coinvolge tutto il corpo. La
distanza tra l'osservatore e l'oggetto in studio viene meno, l'osservatore è dentro l'oggetto di cui
tratteggia il profilo. Ciò di cui un osservatore partecipante può fare esperienza, dipende strettamente
dalle sue caratteristiche personali, dalla forma del rapporto instaurato con il proprio oggetto.
L'osservazione partecipante è la tecnica principe per lo studio dell'interazione sociale, colta in un contesto
naturale, in cui l'osservatore si immerge, un contesto che impara a conoscere vivendo con e come le
persone su cui ha appuntato la propria attenzione. La partecipazione è dunque la chiave di
quest'esperienza, che significa soprattutto assunzione di un ruolo. È di norma un'esperienza che si sviluppa
in un lasso di tempo relativamente esteso, alcuni mesi, talvolta anni. Questo consente di ritrarre processi
sociali, di accedere ad una rappresentazione dinamica dei fenomeni sociali. L'osservazione partecipante
costituisce il cuore della ricerca etnografica.
7.4.1 IL DISEGNO ELLA RICERCA
In una ricerca etnografica l'elaborazione del disegno della ricrca procede, di norma, con la conduzione dello
studio. In questo processo due decisioni sembrano cruciali: l'identificazione dell'oggetto o degli oggetti di
studio e la scelta del ruolo osservativo. Si può cominciare il lavoro sul campo, solo quando l'oggetto della
nostra osservazione partecipante è ben circoscritto. Le vie più battute che conduzono all'identificazione
dell'oggetto tracciano due percorsi tipici: il primo muove da una specifica domanda cognitiva che guida il
ricercatore nella scelta dell'oggetto da cui è ragionevole attendersi una risposta. Il secondo invece muove
dall'oggetto che, osservato, consegna al ricercatore la domanda cognitiva pertinente, o , quntomeno,
contribuisce alla sua definizione. Ciascun percorso ha i propri pro e contro. Il primo percorso può
incontrare nella robusta guida teorica che lo contraddistingue, un vincolo che riduce le probabilità di
incontrare l'inatteso. Scegliendo il secondo percorso, invece, sarà difficile prevedere quando la ricerca
avrà fine e che tipo di risultati i consegnerà. Nell'individuazione dell'oggetto (quale che sia la via scelta)
bisogna comunque tener conto di due elementi: il primo attiene alla sostenibilità emotiva della relazione
osservativa nella quale verremo coinvolti. Qualunque sia la forma di osservazione adottata; coperta (agisce
sotto mentite spoglie) o scoperta (si dichiara), è necessario che le caratteristche personali
dell'osservatore e dei suoi ospiti non pregiudichino la possibilità di una convivenza gradevole: non si può
neanche pensare di tenere sotto controllo sentimenti di disagio, in quanto alla lunga il disagio si mostra, con
gravi conseguenze sul piano relazionale e poi gli sforzi richiesti dalla dissimulazione dei propri sentimenti,
sottraggono energie agli impegni della ricerca. Tutto questo ci porta a fare un'altra osservazione: il
rapporto tra gli attributi di maggiore visibilità dell'osservatore: etnia, genere e il profilo della cultura che
si propone di studiare, dovranno consentire all'etnografo di partecipare a tutte le attività che ritirene
rilevanti senza crere situazioni di disagio o imbarazzo. Il secondo elemento attiene invece al tema della
generalizzazione dei risultati ottenuti dallo studio di uno o pochi casi.
La forma della partecipazione. La forma della partecipazione determina i contenuti dell'esperienza che
l'osservatore potrà vivere sul campo. L'osservatore decide tra l'alternativa di una osservazione coperta
oppure scoperta. Ovviamente ogni scelta ha pro e contro.
Coperta, tre punti di forza:
1) guardiani, nell'accesso al setting l'osservatore non è costretto a passare sotto le forche dei
cosiddetti guardiani (gatekeeper), coloro che si assumono la responsabilità di proteggere il gruppo
di cui sono parte dall'intrusione dei ficcanaso.
2) Reattività, l'osservazione coperta riduce al minimo il cosiddetto “effetto Hawthorne”, l'alterazione
di un comportamento, dovuto alla presenza di un osservatore.
3) Competenza, l'osservatore che osserva in incognito può acquisire, nel modo più completo possibile,
la competenza propria del ruolo che ricopre.
I punti deboli invece sono almeno quattro:
1) rigidità, l'osservatore coperto ha minori possibilità di movimento sul campo, potrà osservare,
ascoltare, porre domande, nella misura consentita dal ruolo che ricopre nella cultura ospite.
2) Coinvolgimento, riduce la capacità dell'etnografo di distanziarsi cognitivamente ed emotivamente
dall'oggetto di studio.
3) Commiato, può essere difficile prendere congedo dai propri ospiti nei tempi e nei modi previsti nel
proprio programma di ricerca.
4) Pubblicazione, l'osservazione coperta può creare qualche problema all'etnografo nel momento in cui
decide di pubblicare i risultati della propria ricerca. In questo momento l'osservatore è obbligato a
togliersi la maschera e a pagare il prezzo del “tradimento” della fiducia che in lui avevano riposto i
suoi interlocutori.
Osservazione scoperta. Contro:
1) guardiani, impone spesso al ricercatore le difficoltà del rapporto con i guardiani. I guardiani però
possono essere ammorbiditi dalla mediazione di una terza persona che si faccia garante dell'onestà
intellettuale del ricercatore; il mediatore culturale.
2) Manipolazione strumentale, una malintesa percezione della figura del ricercatore, molto spesso
visto al pari di un giornalista, è la fonte del secondo punto debole dell'osservazione scoperta. Può
succedere che le persone su cui l'osservatore conduce il proprio studio, percepiscano la ricerca
come un'occasione per ottenere “buona stampa”. Questa insidia può essere controllata dilatando i
tempi, alla lunga la dissimulazione dei comportamenti abituali diverrà troppo onerosa.
3) Reattività
4) Arbitrato, qualche problema può sorgere anche da una corretta percezione del ruolo
dell'osservatore; un individuo colto. A una persona così può capitare di essere sollecitato a
prendere posizione nella dispute e nei conflitti che accompagnano la vita quotidiana. Una situazione
di questo tipo suscita grande imbarazzo, senza contare il pericolo di compromettere la
prosecuzione della ricerca. Cautela e fortuna aiutano ad uscire da queste situazioni, alle quali,
ovviamente, non è esposto l'osservatore coperto.
I principali punti di forza invece:
1) flessibilità,offre all'etnografo la possibilità di trarre dal lavoro sul campo una messe più ricca, e
soprattutto più differenziata, di informazioni ed esperienze. L'osservatore ha una notevole
possibilità di movimento sul campo che gli consente di essere presente in numerose situazioni
sociali. Legittimato nel proprio ruolo, l'osservatore potrà dedicarsi alla stesura quotidiana delle
note etnografiche con serenità, senza doversi nascondere chissà dove. Potrà ricorrere al backtalk,
potrà cioè interpellare le persone coinvolte nello studio sull'appropriatezza delle proprie
interpretazioni della loro cultura e sull'adeguatezza delle procedure osservative impiegate. Potrà
più facilmente modulare la propria presenza nella società ospite, alternando il soggiorno sul campo
con brevi periodi di lavoro a casa. (comportamenti non comuni invece per un membro ordinario come
l'osservatore coperto!).
2) Distacco, posto in una situazione di continua tensione tra la prospettiva cognitiva dell'insider e
dell'outsider, l'osservatore può contare sulle risorse cognitive che derivano dalla vicinanza, ma
anche su quelle che hanno origine dalla lontananza.
La scelta tra l'una e l'altra forma di osservazione è irreversibile solo in un caso: quando il ricercatore avvia
il proprio studio rendendo nota a una parte o alla totalità degli ospiti la propria identità.
7.4.2 LA COSTRUZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE EMPIRICA
L'accesso, guadagnare la fiducia dei propri ospiti. definiti l'oggetto e la forma di partecipazione, ha inizio il
lavoro sul campo: l'osservatore coperto diverrà parte della società in studio, sottoponendosi alla trafila
riservata ad ogni nuovo venuto; l'osservatore scoperto dovrà invece negoziare con i propri ospiti i tempi ei
modi della ricerca. In questa fase del lavoro sul campo l'osservatore deve innanzitutto conquistare la
fiduzia dei guardiani. È bene che arrivi preparato a questo appuntamento, forte di tutte le informazioni
disponibili sul contesto sociale che intende studiare, per due scopi: nell'incontro con i guardiani, tutto
quello che mostra di sapere deporrà a suo favore; l'esame di questo materiale offre indicazioni utili ad
identificare possibili mediatori culturali.
Mediatori culturali. È una persona che gode della fiducia della popolazione in studio e che, è facilmente
avvicinabile dalricercatore. Il mediatore culturale ideale è una persona che ha solidi legami con entrambe le
culture protagoniste dell'incontro etnografico. Se mettiamo, nei primi passi, la nostra ricerca nelle sue
mani, dobbiamo essere certi che a) il nostro interlocutore goda veramente della fiducia della popolazione b)
che ai suoi occhi la nostra persona goda di almeno altrettanta fiducia.
La negoziazione. Il lavoro sul campo inizia con un singolare rito di inversione di status: l'osservatore
diventa l'oggetto di osservazion dei propri ospiti, che cercano di capire se possono fidarsi di lui. Occorre
che in questa situazione l'osservatore sia il più possibile discreto e che si prenda tempo.
Il lavoro sul campo.la ricerca etnografica, basata cioè sull'impiego dell'osservazione partecipante, si
compone di un insieme di operazione che si ripetono con un tipico andamento circolare. La domanda
cognitiva orienta il lavoro sul campo, che a sua volta la modella. Ciò a cui l'osservatore partecipa eciò di cui
fa esperienza, è consegnato ai suoi appunti di campo, le note etnografiche. Le forme di osservazione
evolvono nel corso del lavoro sul campo. In questo processo possiamo riconoscere tre passi legati da una
relazione circolare: l'osservazione descrittiva, l'osservazione focalizzata e quella selettiva. Il lavoro inizia
con l'osservazione descrittiva con la uale il ricercatore si guarda intorno, e cerca di capire dove la sua
ricerca lo ha condotto. Segue l'osservazione focalizzata, con la quale il riercatore dirige lo sguardo su di
una forma particolare d'interazione sociale, su un aspetto specifico della sua cultura. La messa a fuoco di
un dettaglio, impone spesso un ripensamento sulla raffigurazione del quadro d'insieme che lo contiente; di
qui il succedersi ciclico di osservazione descrittiva e focalizzata. Poi ci si muove verso l'osservazione
selettiva, quando cresce il grado di dettaglio richiesto e si rende necessaria una qualche forma di
strutturazione dell'attività osservativa.
Dell'osservazione, in tutte le sue varianti, è pare una forma speciale di dialogo con le persone coinvolte
nello studio: il backtalk, designa l'insieme delle osservazioni e dei commenti “nativi”, di questi fanno parte
sia i commenti resi spontaneamente dai nostri ospiti, sia quelli espressamente sollecitati dall'osservatore
nei colloqui informali o nelle interviste. Questi commenti offrono al ricercatore l'opportunità di sottoporre
a scrutinio critico le procedure osservative di cui si è servito e le interpretazioni cui è pervenuto. I
backtalk possono quindi costituire “prove” per decretare l'appropriatezza o meno di una asserto, solo
quando si tratta di asserti descrittivi.
Osservazione descrittiva. La descrizione di una società non è semplicemente una faccenda di osservazione
e riporto, è l'esercizio di una scelta, nella selezione all'interno di un insieme infinito di asserti descrittivi
possibili, di un sottoinsieme di asserti rilevanti. È possibile individua alcuni luoghi cui ua buona descrizione
dovrebbe dar conto:
1)
2)
3)
4)
spazio
tempo, gli eventi più recenti che hanno coinvolto i nostri ospiti
attori; il loro numero, il loro profilo sociodemografico
le attività principali
Osservazione focalizzata. Il passo successivo consiste nell'analisi più dettagliata di alcuni luoghi del
contesto sociale che si intende studiare.
Osservazione selettiva.il ricarcatore diventa u “osservatore completo”. Necessariamente escluso dalla
partecipazione alle relazioni sociali osservate.