ALFA ROMEO GIULIA SPRINT GT

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ALFA ROMEO GIULIA SPRINT GT
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ALFA ROMEO GIULIA SPRINT GT
L’Alfa Romeo Giulia GT fu presentata nel 1963
come sostituta della Giulietta Sprint. Realizzata
sul pianale della Giulia berlina, da cui però
differiva nel passo accorciato a 235 cm, era
una elegante coupè 2+2 (due posti anteriori e
due più piccoli posteriori) disegnata da
Giorgetto Giugiaro per conto di Bertone.
Caratteristica estetica principale di questa
prima versione era il famoso sbalzo anteriore
posto tra il cofano e la calandra che dava
l’impressione ci fosse uno scalino (da qui il
famoso soprannome della vettura, per
l’appunto Scalino). Questa fessura era frutto di
un ripensamento dell’ultimo minuto; inizialmente difatti il progetto prevedeva una presa d’aria posta
in quella posizione, presa d’aria poi eliminata poco prima della messa in produzione per motivo di
contenimento costi. Il problema fu che molte calandre erano già state stampate, quindi si decise di
mandare in produzione la vettura fino ad esaurimento delle calandre stesse per poi porre rimedio
al “problema”. Il pubblico invece dimostrò di gradire tale “difetto”, visto che le dava una
caratteristica unica, tanto che i responsabili decisero di non porvi rimedio.
La prima versione presentata nel 1963 si chiamava Giulia Sprint GT (Gran Turismo) e
meccanicamente derivava dalla berlina Giulia TI (Turismo Internazionale), con un quattro cilindri in
linea longitudinale (come in seguito tutte quante) di 1570 centimetri cubici in alluminio con
distribuzione bialbero, ma con quattro freni a
disco, carburatori doppio corpo e potenziato
fino a 106 cavalli, il quale, mosso da un
cambio a quattro velocità le permetteva una
massima velocità di 182 km/h. Particolarità
era che il filtro dell’aria, posizionato a sinistra
del motore era collegato al cassoncino di
aspirazione con un prolungamento nella
parte superiore chiamato “proboscide”.
Internamente si evidenziavano sedili specifici
per questo modello con fianchetti
abbastanza pronunciati dotati di una fascia
centrale che poteva essere in diversi
materiali, di serie si poteva scegliere tra velluto o finta pelle (forata) oppure in opzione vera pelle,
poi un volante a tre razze, un cruscotto piatto a quattro strumenti circolari, la pedaliera infulcrata in
basso ed il cambio a cloche.
Dopo un 1964 senza novità per la gamma, il 1965 al contrario ne fu ricco; addirittura tre, che
portavano i nomi di Giulia Sprint GT Veloce 1600, Giulia Sprint GTC (Gran Turismo Cabriolet) e
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Giulia Sprint GTA (Gran Turismo Alleggerita) 1600. La prima altro non era che una versione
migliorata sotto tutti gli aspetti della Sprint GT, equipaggiata sempre dal motore da 1570 centimetri
cubici con carburatori doppio corpo,
ma dalla potenza di 109 cavalli il quale
fu migliorato soprattutto
nell’erogazione della coppia rispetto al
precedente, tanto che, nonostante la
lieve differenza di potenza massima,
le prestazioni della Veloce erano
nettamente migliori e con una velocità
massima di 187 km/h. Esteticamente
era facilmente riconoscibile
dall’apposita scritta “Veloce” situata a
lato del faro posteriore destro, gli
stemmini col Quadrifoglio Verde posti
nei montanti posteriori e la calandra
anteriore con la griglia a nido d’ape sovrastata da tre profili cromati. All’interno invece si
distingueva per profili più pregiati e la plancia in finto legno.
La Giulia Sprint GTC invece era la versione cabriolet della GT, un’auto dalla storia difficile ma allo
stesso tempo affascinante. Nonostante il disegno della vettura, che era uguale alla coupè fino alla
linea di cintura per poi avere la capote in tela, fosse sempre di Giugiaro per conto di Bertone, la
realizzazione fu affidata alla carrozzeria Touring di Milano, che in quel periodo si trovava in grosse
difficoltà economiche, una sorta di aiuto a cui Bertone non si oppose minimamente. La stessa
carrozzeria Touring però, prima di accingersi alla messa in produzione, si prodigò in alcuni
miglioramenti al telaio che venne sia rinforzato per compensare la mancanza del tetto, sia
alleggerito, tanto che la versione
cabriolet sulla bilancia riportava
lo stesso peso della coupè.
Purtroppo, una volta messa in
vendita, non ebbe una buona
accoglienza del pubblico, un po’
per il prezzo elevato e un po’ per
alcuni problemi sia di tenuta
all’acqua che di rigidità del telaio,
per cui le venne preferita
dapprima la vecchia ma più
economica Giulietta Spider e poi
dal 1966 la nuova Alfa Romeo
Spider “Duetto”, dotata di una
linea innovativa. A causa di
queste grosse difficoltà la produzione si interruppe a termine del primo lotto di esemplari previsti,
equivalenti a mille unità.
L’Alfa Romeo Giulia Sprint GTA 1600 nacque nel 1965 soprattutto per esigenze agonistiche, in
quanto l’Alfa Romeo all’epoca era una delle punte di diamante del motorismo italiano nelle
categorie Turismo. L’arrivo di nuove armi da corsa a limite del regolamento da parte di case come
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Ford, con la Cortina Lotus e BMW, con la 1800 TI/SA rese la berlina Giulia TI Super vecchia e
superata prestazionalmente. La dirigenza Alfa Romeo pose allora il problema alla neonata
Autodelta di Udine (Reparto Corse inizialmente autonomo specializzato in elaborazioni su base
Alfa Romeo nato nel 1963, poi dal 1966 trasformato in Reparto Corse Alfa Romeo), diretta dal
geniale Carlo Chiti (in precedenza ingegnere alla Ferrari, ove insieme a Giotto Bizzarrini, fu uno
dei principali progettisti di auto strepitose, una fra tutte la 250 GTO), la quale propose un progetto;
partire dalla base della Giulia
Sprint GT, per poi migliorarla
sensibilmente in ogni area. L’idea
fu approvata da Alfa Romeo e fu
così che al Salone dell’Automobile
di Amsterdam del 1965 fu
presentata l’Alfa Romeo Giulia
Sprint GTA 1600, che
esteticamente era uguale alla GT
a parte i cerchi Campagnolo da 14
pollici, ma in realtà aveva la
carrozzeria realizzata in
Peraluman 25, una lega di
alluminio molto leggera, vetri in
Plexiglas, alcuni componenti
meccanici realizzati in magnesio e, solo successivamente, una nuova sospensione posteriore
denominata “slittone” che permetteva di abbassare il centro di rollio. Tutto ciò permise, nella
versione stradale, di diminuire il peso dai 950 kg della GT ai 745 kg della GTA, peso che diminuiva
di ulteriori 45 kg nelle versioni competizione grazie all’eliminazione di paraurti, sedili e vetri
discendenti. Il motore, sempre 1570 centimetri cubici di cilindrata, oltre ai componenti in magnesio
era dotata di doppia accensione, ossia due candele per cilindro, coperchio punterie in Elektron,
bielle lavorate e carburatori doppio corpo Weber. Il risultato fu che nella versione stradale erogava
115 cavalli mentre nelle versioni corsa arrivò ad erogare fino a 175 cavalli. Realizzate nei soli
colori Rosso Alfa e Biancospino, entrambe con il quadrifoglio sul parafango anteriore, ne vennero
prodotte, tra stradali e competizione, un totale di 493 esemplari.
Arriviamo quindi al 1966, anno di debutto dell’Alfa Romeo Giulia GT 1300 Junior, modello che nelle
intenzioni della Casa Madre doveva essere la versione d’ingresso della gamma. Dotata di
allestimento ridotto rispetto alla Sprint GT 1600, aveva una plancia uguale in design ma rivestita in
un materiale plastico più economico, un
volante che nelle primissime versioni era a tre
razze molto fini ed in seguito a due razze
rivolte verso l’alto, dei sedili semplificati e
meno profilati con delle cuciture longitudinali
nella parte centrale che potevano essere in
skai, velluto, o entrambi, pavimento in gomma,
cerchi con borchie semplificate senza anello
nero ed assenza di servofreno. Il motore a
quattro cilindri in linea longitudinali, come il
nome lascia intendere, aveva una cilindrata di
1290 centimetri cubici che erogava una
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potenza massima di 89 cavalli. Alimentato da due carburatori a doppio corpo e mosso da un
cambio a cinque velocità e con un peso a secco di 930 kg, garantiva prestazioni di 33 secondi sul
km da fermo, e una velocità massima di 173 km/h. Da sottolineare che la Junior, essendo più
economica della sorella maggiore, ma senza rinunciare alle prestazioni come i dati
precedentemente detti dimostrano, divenne ben presto più popolare della 1600, sia dal punto di
vista delle vendite che dal punto di vista agonistico.
L’anno successivo, il 1967, è l’anno di
presentazione dell’Alfa Romeo 1750 GT Veloce.
A partire da questa versione, che nella gamma
risulta essere la nuova top di gamma, venne
abbandonato il nome Giulia. Dotata di un motore
di 1779 centimetri cubici, erogante 114 cavalli,
oltre alla modifica nel nome inaugurò anche un
nuovo corso stilistico; venne tolto lo “scalino” con
il cofano che si raccordava alla calandra in modo
liscio, senza sbalzi. Oltre a ciò presentava
quattro fari circolari, due grandi esterni e due più
piccoli interni con una mascherina nera e un
baffo cromato che si raccordava coi fari.
Posteriormente i fari erano nuovi, con il catadiottri posti al centro degli stessi e alla base dei
montanti posteriori erano presenti degli stemmini col Quadrifoglio dorato. Interiormente poi era
presente una plancia completamente rinnovata con due grandi strumenti circolari ad orologio, un
nuovo tunnel centrale dotato di strumentazione e nuovi sedili.
Tornando a parlare della versione GTA, nel
1967, l’Autodelta allestì pochissimi
esemplari (si parla di una decina) della
Alleggerita denominata GTA SA. Questo
nome significa SovrAlimentata, e sebbene
sia ben poco conosciuta, la sua storia
racchiude idee veramente geniali. Dotata di
due compressori centrifughi montati in
parallelo sul motore da 1600 centimetri
cubici e mossi da un circuito idraulico
azionato dall’albero motore, con una
pressione massima di 0,7 bar questa Giulia
GTA SA erogava oltre 220 cavalli. C’è da
dire che per ridurre i pericoli di detonazione
venne equipaggiata con un sistema di iniezione di acqua nel collettore di aspirazione che le
permise pure di funzionare con la normale benzina. Una potenza del genere con un peso che si
attestava sui 780 kg sulla carta poteva permettere prestazioni mostruose, difatti vennero dichiarate
punte velocistiche massime di oltre 240 km/h. Purtroppo il tallone d’Achille della SA era
l’erogazione a dir poco brutale unita al “vizietto” di incendiarsi che purtroppo la rese competitiva in
pochissimi tracciati e non certo vincente quanto l’aspirata.
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Rimanendo in ambito GTA, il
1968 fu l’anno in cui venne
presentata la GTA 1300 Junior,
la quale in versione stradale
era esteticamente uguale alla
1600 e con la stessa
carrozzeria in Peraluman 25,
ma sotto il cofano era presente
un quattro cilindri con due
alberi a camme in testa da
1290 centimetri cubici dotato di
doppia accensione (due candele per cilindro) e alimentato da due carburatori a doppio corpo
Weber. Erogante 110 cavalli a 6000 giri/min nella versione stradale, nel corso degli anni e delle
evoluzioni arrivò ad erogare 165 cavalli a 8400 giri/min nella versione competizione ad iniezione
SPICA (Società Pompe Iniezione Cassani & Affini). Di GTA Junior furono allestiti in totale 492
esemplari dei quali circa un centinaio in allestimento stradale i quali, anch’essi proposti nei due
colori Rosso Alfa e Biancospino, si distinguevano per gli adesivi sulla carrozzeria con il biscione
sulla parte sinistra del cofano anteriore, il quadrifoglio sui parafanghi anteriori e la fascia che
partiva dal quadrifoglio stesso per percorrere tutta la fiancata. Questi adesivi erano bianchi per la
versione Rosso Alfa e verdi per la versione Biancospino.
Nel 1968 venne pure realizzata una versione di 1750 GT Veloce dotata di iniezione meccanica
SPICA e altre svariate modifiche di dettaglio per essere esportata e venduta nel mercato Nord
Americano.
Arriviamo al 1969, anno di debutto delle “seconda serie” sia per la GT 1300 Junior (che perse
anch’essa il nome Giulia) che per la 1750 GT Veloce. Per la prima le modifiche erano solo di
dettaglio, visto che mantenne anche il muso con lo “scalino” ma fu dotata di servofreno e di una
plancia molto simile a quella della 1750 GT Veloce, con una doppia strumentazione circolare ad
orologio e un tunnel centrale semplificato (optional era il volante sportivo Hellebore a tre razze).
Per la 1750 GT Veloce invece, oltre a modifiche estetiche comprendenti nuovi paraurti con i
posteriori a profilo più alto, nuove coppe ruota, fanali posteriori uniformati alle altre GT, nuovi sedili
e pannelli interni, presentava anche un nuovo motore, sempre
1750 centimetri cubici di cilindrata ma migliorato nella coppia e
nell’erogazione e con una velocità di punta di oltre 190 km/h.
Nel novembre dello stesso anno, al salone di Torino, venne
presentata una vettura dal design innovativo e quasi
avveniristico; il suo nome era Alfa Romeo GT 1300 Junior
Zagato. Dotata del motore più piccolo dotato di 89 cavalli,
venne realizzata partendo dal pianale della Spider accorciato
però nel posteriore, il quale, essendo rinforzato in previsione
della mancanza del tetto, permise di esasperare le sue linee
con dei montanti del tetto molto sottili. Linee che, frutto del
talento di Ercole Spada, erano quasi futuristiche, con un muso
basso, lungo e una coda tronca dagli angoli netti; ispirazione
tratta da altre grandi Zagato del passato. Sorpresero
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tantissimo all’epoca le ampie superfici vetrate, frutto per l’appunto dei montanti sottili, e il frontale
con i quattro fari protetti da una mascherina di Plexiglas tagliata al centro per formare lo scudetto
Alfa Romeo. Da sottolineare che solo alcuni dei primissimi esemplari avevano porte e cofani in
alluminio mentre tutte erano dotate di un sollevatore elettrico per il portellone posteriore, che
permetteva di aprirlo di pochi centimetri per areare l’abitacolo. Anche gli interni erano rivoluzionari
perché oltre ai sedili avvolgenti presentava due strumenti principali di fronte al guidatore e altri tre
al centro tutti di forma tonda e incassati in una plancia di forma ellittica, con una console centrale
cromata che balzava senz’altro all’occhio. Ne vennero prodotti 1108 esemplari.
Il 1970 fu l’anno di debutto della 1750 GTAm
(e quando debuttò la versione 2000 GT Veloce
divenne 2000 GTAm), un’auto dalla storia
molto complicata già a partire dal nome perché
alcuni dicono voglia dire Gran Turismo
Alleggerita maggiorata, altri sostengono
significhi Gran Turismo America (vista anche
la m minuscola nel nome). Era derivata dalla
meccanica della 1750 GT Veloce versione
America con l’iniezione SPICA anche se in
realtà la cilindrata era maggiorata a 1985
centimetri cubici, visto che il regolamento per
cui era stata creata lo consentiva. Da questi
due particolari si capisce che entrambi i nomi
possano essere plausibili. Comunque, il due litri sempre a doppia accensione, nonostante abbia il
basamento della 1750 GT Veloce, aveva pistoni modificati, canne cilindri maggiorate e la testata
con nuove camere di scoppio; i vetri laterali erano in Plexiglas e i parafanghi maggiorati erano in
vetroresina rivettati con rivetti d’alluminio. Esteticamente saltavano all’occhio i cerchi Campagnolo
da 13 pollici, il tappo per il rifornimento rapido posto a sinistra del cofano posteriore e la scritta
“iniezione” tra la targa posteriore e il fanalino destro. In ordine di marcia il peso si fermava a 920 kg
e la potenza si attestava dai 195 cv a 7200 giri/min delle prime versioni ai 240 cv a 7500 giri/min
delle ultime evoluzioni. In teoria ne sono stati costruiti 40 esemplari, ma lo stesso Chiti ammise che
molte furono costruite su ordinazione, quindi c’è incertezza sul reale numero di esemplari costruiti.
Nel 1971 ci furono sostanziali novità per tutte le
versioni. Le GT Junior furono completamente
ristilizzate e persero anch’esse definitivamente lo
scalino per avere il frontale “liscio” e i parafanghi
posteriori a profilo più alto. In poche parole si
uniformò la scocca alla 1750 GT Veloce anche se
rimasero delle differenze visto che le Junior avevano
due soli fanali anteriori (in luce dei quattro delle top
di gamma) e una mascherina ad hoc con singolo
profilo cromato. Infine bisogna sottolineare che la
gamma Junior raddoppiò visto che alla 1300 da 89
cavalli fu affiancato il 1600 da 109 cavalli (il motore
che fu della 1600 Veloce). Queste due nuove Junior vennero identificate come terza serie.
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Come la terza serie debuttò anche per la GT Veloce, che abbandonò il 1779 centimetri cubici per
adottare un nuovo motore da 1962 centimetri cubici alimentato con due carburatori sportivi doppio
corpo Solex o Dell’Orto da 150 cavalli. Alcuni esemplari erano dotati anche di un differenziale
autobloccante Torsen tarato al 25%. Esteticamente si identifica da una nuova maschera anteriore
cromata, fari posteriori più grandi con luce retromarcia integrata e all’interno una nuova
strumentazione con la forma di un quadrifoglio, una nuova consolle centrale, sedili anteriori con
zona centrale a cuciture orizzontali e rivestimenti interni rinnovati. Come optional ci son da
segnalare nuovi cerchi in lega denominati Millerighe, vernice metallizzata, vetri atermici ed aria
condizionata. Con un peso di 1020 kg la 2000 GT Veloce faceva segnare un accelerazione sullo 0100 km/h di 7,2 secondi per una velocità massima di oltre 195 Km/h.
Sul finire del 1972, uscita di scena la GT
1300 Junior Zagato, entrò in produzione la
versione 1600 della stessa, chiamata GT
1600 Junior Zagato. Non cambiava solo il
motore, il noto 1600 da 109 cavalli, ma
variava in diversi dettagli. Innanzitutto il
pianale, sempre della Spider ma, in questo
caso non accorciato per contenere i costi. Ne
consegue che il posteriore è diverso, e ad un
primo colpo d’occhio si nota uno spoiler
meno accennato e dei fanalini più sottili oltre
che allo sportello della benzina posto a
sinistra invece che a destra. Altre differenze
erano il paraurti anteriore ora più avvolgente
e i gocciolatoi ora in metallo. Ne vennero costruiti 402 esemplari.
Infine, nel 1973, le Junior si adeguarono all’estetica della 2000 GT Veloce, differenziandosi solo
per i fanalini posteriori leggermente più piccoli. Questa nuova serie, che fu anche l’ultima della
storia delle GT era identificata come Quarta Serie oppure Unificato.
Uscirono tutte di produzionenel 1975 sostituite dall’Alfa Romeo Alfetta GT, facendo così uscire di
scena un auto che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’auto e dell’Alfa Romeo.
Insomma, chi non ha mai sognato di guidarne una, magari una GTA, e immaginarsi al “Curvone” di
Monza con la ruota anteriore interna sollevata? Immagini che tutti gli appassionati hanno bene in
testa; segni, che fanno breccia nel cuore.
COMPETIZIONI
La Giulia Sprint, in tutte le sue versioni si è sempre dimostrata vettura efficace nelle competizioni,
anche nelle versioni più piccole ha fatto la fortuna dei piloti privati in quanto la base era già ottima
di suo e bastava poco per ottenere un ottima arma da competizione. Essendo quasi impossibile
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riassumere tutte le vittorie in tutti i campionati, menzione particolare spetta alle GTA e GTAm, le
armi ufficiali per trionfare nelle gare Turismo non solo nazionali ma soprattutto internazionali, che
all’epoca erano vero e proprio terreno di scontro e d’immagine per la maggior parte delle case
automobilistiche, le quali crearono scompiglio aggiudicandosi il Campionato Europeo Turismo,
titolo importantissimo all’epoca, per ben cinque volte, nel 1966, 1967, 1969, 1971 e 1972.
L’esordio ufficiale della GTA 1600 nelle
competizioni avvenne nel suo anno di debutto,
il 1965, nella corsa in salita Trento Bondone,
quell’anno dominata da Lodovico Scarfiotti e
la sua Dino 206 P. Già in questa prima gara
segni del potenziale furono evidenti visto che
ottenne con Roberto Bussinello la vittoria
nella classe prototipi (visto che ancora non
era omologata) davanti a Giorgio Pianta in
gara con una Asa. L’onore poi, di portarla al
debutto nell’importante palcoscenico
dell’Europeo Turismo spettò ad Andrea de
Adamich, il quale nella gara di Olympia dello
stesso anno, in Austria, la portò ad uno
splendido sesto posto assoluto. Altri
importanti risultati prima della fine della
stagione 1965 furono il secondo posto di
Roberto Bussinello a Snetterton (Inghilterra) e il quarto posto di Rob Slotemaker a Zandvoort
(Olanda) entrambi ottenuti da due 1600 GTA gestite dal Jolly Club di Milano.
Il preambolo fu soddisfacente ma tutti, addetti ai lavori e non, si chiedevano se la GTA fosse stata
sviluppata sufficientemente per ambire al trionfo nel Campionato Europeo Turismo. Sottolineando
che il Campionato Europeo nel 1966 era suddiviso in 3 gruppi, per vetture fino a 1000 centimetri
cubici (gruppo 1), fino a 1600 centimetri cubici (gruppo 2) e da 1600 a oltre 2000 centimetri cubici
(gruppo 3), Alfa Romeo puntava chiaramente alla vittoria nel gruppo 2 e perché no, pure alla
vittoria assoluta se la competitività lo avesse permesso, visto la presenza di avversari diretti come
la Ford con Cortina Lotus, e ad avversari sulla carta superiori come BMW con la 2000 Ti e Porsche
con la 911. Ebbene le vittorie arrivarono
copiose, sia di gruppo che assolute (da
sottolineare le sette GTA 1600 ai primi sette
posti alla 4 Ore del Jolly Club a Monza), tanto
che in Gruppo 2 gli assoluti trionfatori a fine
anno furono Andrea de Adamich (Pilota Alfa
Romeo) nella classifica Piloti e Alfa Romeo
nella classifica Costruttori, grazie anche ad
altri grandi piloti come Zeccoli, Pinto, Geki e
molti altri.
Il 1967 fu fotocopia del precedente sia per
Andrea de Adamich che per Alfa Romeo che trionfarono nuovamente con ampio margine nel
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gruppo 2. Da sottolineare che de Adamich vinse davanti a Galli e Pinto, suoi compagni di squadra,
anch’essi vincenti.
Per il 1968 la casa del Biscione voleva puntare al
Gruppo 3, per questo portò al debutto la GTA SA,
la quale pur se egualmente 1600 centimetri cubici
di cilindrata era sovralimentata, e ciò la faceva
rientrare nella categoria superiore (da 1,6 litri in
su). Purtroppo la vettura sovralimentata fu un
mezzo disastro per via di soventi guasti e il
ritorno alla vettura aspirata fu fatto troppo in
ritardo per ambire alla vittoria di qualche titolo.
Così, a fine anno i campioni furono Rhodes nel
gruppo 2 e Quester nel gruppo 3 per quanto
riguarda i Piloti, e BMC (British Motor Company
ossia Morris ed Austin) nel gruppo 2 e BMW nel
gruppo 3 per i Costruttori.
Il 1969 doveva per forza esser l’anno del rilancio e Alfa Romeo lo fece alla grande, puntando
ferocemente alla ri-conquista del gruppo 2 schierando non una, ma ben due frecce al proprio arco
affiancando alla GTA 1600 la più piccola e nuova GTA 1300 Junior. C’è da dire che la competitività
della “piccolina” era tale che talvolta aveva prestazioni anche superiori alla “sorellona”. Il risultato
fu che a fine anno gli obiettivi vennero colti con Alfa Romeo vincitrice del Costruttori e con
Spartaco Dini vincitore davanti ad Ignazio Giunti (entrambi piloti del Biscione), del titolo Piloti.
Nel 1970 ci fu una novità nel regolamento il quale pur mantenendo invariate le 3 categorie,
permetteva a tutti di vincere la classifica assoluta sommando il totale di punti nella propria
categoria (ad esempio, se Abarth a fine anno totalizza 100 punti nel gruppo 1 e Alfa Romeo 99 nel
gruppo 2, a fine anno Abarth risulta campione nell’assoluta per un punto). Detto ciò, nel 1970 Alfa
Romeo si presentò al via di due classi, il gruppo 2 con la sola GTA 1300 Junior (a causa di
problemi di omologazione alla GTA 1600), e nel gruppo 3 con la nuovissima GTAm 1750 (anche
se di cilindrata era una 2 litri). Entrambe le auto risultarono essere competitive nei loro gruppi ma
altalenanti nei risultati, soprattutto la
Junior, che soffrì la competitività della
BMW 1600. In gruppo 3 invece ci fu una
stella splendente che rispondeva al nome
di Toine Hezemans, il quale con la sua
1750 GTAm conseguì il maggior numero di
vittorie, nonostante la presenza di vetture
ben più grosse come la Ford Capri GT
2300 e la BMW CS 2800. A fine anno, il
risultato fu che nonostante Alfa non
conseguì il titolo Costruttori perché finì seconda e quarta, con BMW prima e Abarth terza, Toine
Hezemans divenne Campione Europeo piloti.
Nel 1971 ci fu una modifica nella cilindrata dei tre gruppi, con il primo aperto a vetture fino a 1,3
litri, il secondo per vetture fino a 2 litri e il terzo per vetture oltre 2 litri (con un massimo di 5 litri).
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Detto ciò la GTA Junior rientrò nel gruppo 1 e la GTAm 2000 (cambiò nome in 2000 perché la
versione GT Veloce stradale passò da 1750 a 2000 di cilindrata) nel gruppo 2. Entrambe
dominarono il proprio gruppo, con il gruppo 3 che fu appannaggio della Ford, che con la Capri
2600 dominò. Detto ciò e visto che il
campionato era a classifica unica, il
Campione Europeo tra i Piloti fu Glemser,
alfiere Ford, ma la classifica Costruttori fu
vinta da Alfa Romeo, con la piccola GTA
1300 Junior, grazie alle sue vittorie e alla
costanza nei risultati.
Vittorie e costanza nei risultati si ripeterono
nel 1972 visto che, con un filotto di vittorie
dalla prima all’ultima gara nel gruppo 1, la
piccola GTA 1300 Junior permise di portare
a casa nuovamente il titolo Costruttori.
Fu questo l’ultimo trionfo Internazionale per quest’Alfa Romeo, che nell’immaginario collettivo e nel
rispetto di altre grandi vetture col marchio del Biscione che l’hanno preceduta e succeduta,
rappresenta l’essenza Alfa Romeo sia in ambito stradale che sportivo racchiusa in una sola
vettura.
LA PROVA
La vettura presa in considerazione ed iscritta all’Historic Car Club Sile è uno splendido esemplare
di Alfa Romeo GT 1300 Junior appartenente a Paolo, il quale, per far capire quale sia la sua
passione, oltre ad essa possiede altre due
vetture d’epoca. Ma torniamo alla protagonista
della prova, la quale spicca nella sua livrea
Biancospino con interni color cinghiale. La
vettura risulta essere una Model Year 1972 con
cofano e calandra collegati senza sbalzi o scalini
e venne immatricolata il 3 gennaio 1972. Il
Model Year 1972 si contraddistingue dai modelli
successivi per i cerchi con le coppe coprimozzi
grandi e tondeggianti con la scritta Alfa Romeo
su sfondo nero. Nel model Year 1973 le coppe
ruota furono rimpiazzate da un centro ruota cromato con i bulloni in vista. La vettura venne
acquistata da Paolo nel 2013, il quale risulta esserne il terzo proprietario, anche se i due
precedenti facevano parte della stessa famiglia, una famiglia di carrozzieri di Padova che l’hanno
sempre coccolata. Gli stessi proprietari precedenti provvidero ad un completo ed eccellente
restauro della carrozzeria. Complice la qualità di tale lavoro e la completa documentazione del suo
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passato, subito attirò le attenzioni di Paolo, che non se
la lasciò scappare. Al momento dell’acquisto la vettura
presentava diversi optional originali dell’epoca, tra i
quali dei cerchi in lega Cromodora Alfa a cinque punte,
il lunotto termico e un rarissimo e originale volante
Hellebore GTA con corona in legno. Una volta portata
a casa fu sottoposta ad una revisione completa del
motore, grazie alla quale ora gira regolare come
nuovo, tanto che, ancora in rodaggio è stato
protagonista di un lungo viaggio in Maremma e
successivamente di un'altra lunga escursione fin sul Gransasso. Di recente, la vettura è stata
sottoposta al severo esame dei commissari dell’Automotoclub Storico Italiano con l’obiettivo di
ottenere quell’attestato di qualità che risponde al
nome di targa oro; inutile dire che tale obiettivo è
stato colto in pieno, potendo ulteriormente
dimostrare l’alta qualità di questa GT. Salendoci a
bordo, magari per la prima volta, sorprende
l’incredibile sensazione di qualità che plancia,
rivestimenti e sedili danno, e pensare che siamo
a bordo di una Junior, che dovrebbe essere la
entry level. Una volta in moto e in marcia, al
contrario di ciò che la sua storia può far
immaginare, ossia tromboncini d’aspirazione e
scarichi aperti che aspirano aria per rilasciare
musica ad alti decibel, regna un’inaspettata quiete, anche se c’è sempre l’aspirazione che in
accelerazione fa da inebriante colonna sonora. Un altro dettaglio che balza all’orecchio è il
ticchettìo dell’orologio che si riesce sempre a percepire, indice di ottima cura nell’insonorizzazione,
da vera Gran Turismo mangia chilometri. Anche
la spinta del “piccolo” 1300 centimetri cubici non è
affatto male, complice anche il peso di 930 kg a
secco che ad oggi possiamo raramente trovare
persino sulle utilitarie, anche se c’è da
sottolineare un discreto rollìo in curva quando la
guida diventa un po’ più allegra, dovuto ad una
taratura piuttosto morbida delle sospensioni,
pratica piuttosto diffusa nelle vetture dell’epoca e
anche se può sembrare un difetto bisogna
ripensare al suo nome, GT, ossia Gran Turismo,
vetture per antonomasia atte a viaggiare anche
molto velocemente, quindi tale morbida taratura la si può ricondurre alla ricerca del comfort. Infine
il tutto lo si può riassumere in una parola esemplificativa: sorprendente; sorprendente nella qualità,
nelle prestazioni e anche nelle sensazioni, merita di salirci a bordo, anche solo come passeggero,
il resto lo spiegherà lei.
EMANUELE ROMANO
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