Documento tecnico per la definizione di linee guida per l

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Documento tecnico per la definizione di linee guida per l
Documento tecnico per la definizione
di linee guida per l’introduzione
del telelavoro
nella Pubblica Amministrazione
Maggio 2005
A cura di
Claudia Migliore – Responsabile progetto “Lavoro pubblico che cambia – Linea Telelavoro”
Contributi di:
Pasquale Basile, Stefano Bertoldi, Salvatore Capezzuto, Antonio Damiano, Francesca di Martino, Marina
Galzignato, Renato Rizzo, Adele Salvatore, Giovanna Scarpitti, Delia Zingarelli
INDICE DEL DOCUMENTO
PREMESSA _____________________________________________________________________________ 2
PARTE PRIMA - RICOGNIZIONE DELLE FONTI NORMATIVE ________________________________ 5
PARTE SECONDA – IL TELELAVORO NEI PROCESSI DI CAMBIAMENTO DELLE PUBBLICHE
AMMINISTRAZIONI : MOTIVAZIONI STRATEGICHE E MOTIVAZIONI ORGANIZZATIVE ______ 12
PARTE TERZA - QUESITI RELATIVI ALL’INTRODUZIONE __________________________________ 17
E DIFFUSIONE DEL TELELAVORO ______________________________________________________ 17
PARTE QUARTA - INDICAZIONI E LINEE GUIDA PER L’INTRODUZIONE DEL TELELAVORO __ 30
1
PREMESSA
Il telelavoro è ormai riconosciuto come una soluzione organizzativa che - in una società nella
quale il lavoro è sempre più intellettualizzato e quindi indipendente, per la sua realizzazione,
da luoghi e tempi stabiliti e standardizzati - può rappresentare una valida opportunità per
andare incontro alle crescenti esigenze di imprese o pubbliche amministrazioni che svolgono
servizi ai cittadini, ai clienti interni o esterni.
In parallelo, anche fuori della P.A., il telelavoro dalla sua prima comparsa ha subito
mutamenti ed evoluzioni per alcuni versi anche radicali: dalle prime esperienze basate su
scelte quasi casuali e contingenti, quali la crisi petrolifera mondiale del 1973, l’inquinamento
per la città di Los Angeles o l’incendio della City di Londra, solo per citare le più eclatanti, il
telelavoro ha assunto forme e caratteristiche diverse e più complesse. Dal telecommuting
all’e-work il processo è articolato e differenziato proprio per la presenza di alcuni elementi di
sfondo che sono intervenuti nella tecnologia, nell’economia, nel mercato del lavoro pubblico
e privato.
L’intellettualizzazione del lavoro ha contribuito non poco a rendere possibile l’estendersi del
lavoro a distanza coinvolgendo anche altre attività che, con velocità diverse, si stanno
consolidando nelle moderne economie globalizzate: e-learning, e-commerce, e-training, fino
ad arrivare all’e-government.
La richiesta di flessibilità del lavoro, nel lavoro, nei tempi e nei ritmi di vita ha portato ad
affrontare questa tematica non più solo sul piano socio-politico-economico, ma in modo
sostanziale su quello organizzativo.
Già in precedenza, ma soprattutto dopo l’approvazione dello specifico regolamento per la sua
introduzione nella P.A. nel 1999, esperienze di telelavoro se da un lato si sono moltiplicate in
enti locali, amministrazioni centrali e altri comparti del pubblico impiego, dall’altro il più
delle volte sono rimaste nell’ambito delle sperimentazioni limitate nel tempo e nell’ampiezza
dell’applicazione, giungendo solo in casi limitati e più recenti a rivestire il ruolo di veri e
propri processi di riorganizzazione e razionalizzazione dei processi di lavoro.
L’Italia è stato uno dei primi paesi europei a normare il telelavoro nella P.A. ma, nonostante
questo, non figura tra i primi paesi in classifica per utilizzo del telelavoro.
Secondo il rapporto dell’A.Ra.N. dell’ottobre 2004 sulla flessibilità nel pubblico impiego, nel
2002 erano 312 i dipendenti pubblici che svolgevano la loro attività in telelavoro, concentrati
2
soprattutto nel comparto Regioni-Autonomie locali (273 dipendenti) e nell’Università (31).
Negli ultimi due anni altre esperienze e altri numeri significativi si sono aggiunti e nel
complesso, oggi, il telelavoro spazia nel settore pubblico dall’esperienza individuale di un
unico dipendente momentaneamente infortunato, alla sperimentazione di formule innovative
di conciliazione per donne al rientro dalla maternità, ad applicazioni che coinvolgono intere
unità organizzative nell’erogazione di un servizio ai cittadini connotato di maggiore efficacia
ed efficienza.
Appare allora necessario accelerare l’innovazione in questa direzione, puntando ad azioni di
sostegno alla sperimentazione e alla diffusione di nuove modalità di organizzazione del lavoro
e di impiego delle risorse umane che, fino ad oggi, non rappresentano ancora una prassi
comune. Il telelavoro rientra tra queste modalità considerando però che, a differenza di altre
forme di flessibilità, si pone all’interno della Pubblica Amministrazione come strumento di
cui avvalersi per avviare un processo di ristrutturazione, teso alla creazione di una
amministrazione moderna e competitiva nella quale si possa realizzare un modello
organizzativo dinamico ed una gestione innovativa del personale. E’ per questa sua valenza
che, più di altre forme, necessita, e può allo stesso tempo stimolare, una “sburocratizzazione”
delle organizzazioni e dei modelli di gestione.
In questo modo la sua diffusione potrebbe rappresentare una leva per rivedere e/o introdurre:
-
uno stile organizzativo orientato ai risultati;
-
una rete aziendale che consenta ai lavoratori remoti di condividere archivi e
procedure;
-
la
semplificazione,
standardizzazione
e
trasparenza
delle
procedure
amministrative;
-
lo sviluppo delle risorse umane (gestione flessibile e formazione continua).
E la sua introduzione, come politica strategica, potrebbe produrre vantaggi diretti ed
opportunità:
-
per l'Ente, in termini di efficienza (maggiori produttività e flessibilità) e
coordinamento di attività lavorative svolte all'esterno al pari di quelle svolte
all'interno;
-
per i lavoratori, in termini di migliore qualità della vita (diminuzione dello stress
dovuto agli spostamenti per e dal lavoro, risparmio del tempo necessario per
recarsi da casa al lavoro e dal lavoro a casa, armonizzazione del lavoro con la vita
3
familiare, progresso in termini di libertà personale e di capacità di scelta
relativamente al luogo, al momento e al modo in cui un lavoro viene effettuato);
-
per la società in generale, in termini di benefici ambientali, integrazione di gruppi
svantaggiati, diffusione delle nuove tecnologie e delle competenze per utilizzarle,
contributo allo sviluppo economico di regioni lontane, sviluppo locale di zone
geografiche che altrimenti avrebbero scarsa rilevanza.
Il confronto sistematico tra le numerose e differenziate esperienze e la successiva proposta di
percorsi, metodologie e strumenti operativi che possano ottimizzare nel futuro l’introduzione
del telelavoro in altre amministrazioni, può assumere valenza di forte impatto sui processi di
apprendimento organizzativo che ogni ente sviluppa al proprio interno.
Il presente documento, vuole proporsi come strumento tecnico con l’obiettivo di
sistematizzare quanto fin qui realizzato sul telelavoro da un punto di vista normativo ed
esperienziale, al fine di fungere da linee guide per Amministrazioni interessate ad introdurre il
telelavoro.
Il lavoro è frutto dell’esperienza di accompagnamento e assistenza accumulata in questi anni
dal Formez e dagli esperti che hanno seguito direttamente le amministrazioni impegnate nelle
sperimentazioni di telelavoro e nasce grazie al prezioso contributo fornito dalle stesse
amministrazioni (Regioni, Province, Comuni, Università) che si sono confrontate rispetto a
problemi e soluzioni adottate e/o individuate nelle proprie esperienze di telelavoro.
Le amministrazioni coinvolte e consultate nella stesura di questo documento sono quelle che
hanno preso parte al Progetto del Formez “Il lavoro pubblico che cambia – Linea Telelavoro”,
nelle diverse fasi di: Monitoraggio, Laboratorio e Assistenza per l’introduzione del telelavoro.
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PARTE PRIMA - RICOGNIZIONE DELLE FONTI NORMATIVE
L’istituto del telelavoro nella P.A. è stato introdotto dalla legge “Bassanini-ter” nel 1998 e
disciplinato con il regolamento attuativo dell’anno successivo (DPR n.70/99). Sono poi
seguite le indicazioni dell’AIPA sulla gestione documentale e le implementazioni delle
procedure di protocollo informatico, l’Accordo quadro del 2000 e i successivi contratti di
comparto. Il regolamento del 1999 è stata la fonte ispiratrice delle prime sperimentazioni di
telelavoro avviate a livello nazionale ma, a distanza di 6 anni, occorre ormai uscire dalla fase
di sperimentazione consigliata dal regolamento e considerare il telelavoro come una delle
normali forme flessibili di impiego per la pubblica amministrazione.
Di seguito, in dettaglio, con un commento sintetico ed in ordine cronologico, sono richiamate
le fonti italiane e comunitarie, legislative, regolamentari e contrattuali che disciplinano in
modo diretto e indiretto il telelavoro nella pubblica amministrazione
Si precisa in via preliminare che la normativa italiana utilizza il termine “lavoro a distanza” e
non “telelavoro”. I due termini sono tra di loro in un rapporto di genere a specie, intendendo
il primo qualsiasi attività svolta lontano dalla sede mentre con il secondo una modalità in cui
necessariamente si ricorra all’uso degli strumenti informatici senza con ciò significare che sia
possibile definire “telelavoro” qualunque attività lavorativa svolta con l’ausilio delle
tecnologie.
Una definizione compiuta e più adatta alla realtà attuale del telelavoro è rinvenibile
nell’accordo europeo sul telelavoro che lo definisce con il termine “e-work”, che comprende,
con un’accezione più ampia, tutte le attività di lavoro svolte con il supporto tecnologico al di
fuori dell’abituale luogo di lavoro.
Legge n. 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori)
Ai telelavoratori spettano gli stessi diritti sindacali degli altri lavoratori. Bisogna garantire ai
telelavoratori i diritti di informazione e partecipazione piena a tutte le attività sindacali nonché
assicurare pari agibilità sindacali sia di elettorato passivo che attivo nelle rappresentanze
sindacali unitarie. Resta delicata, nonostante lo sviluppo tecnologico, la questione
dell’applicazione dell’art. 4 che vieta l’uso di impianti audio-visivi e di altre apparecchiature
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per finalità di controllo a distanza, il cui utilizzo è subordinato ad un previo accordo sindacale
in cui le parti si danno reciproche garanzie.
D. Lgs. n. 626 del 1994 e s.m.i.
E’ necessario che sia rispettata la normativa posta a tutela della salute e della sicurezza del
lavoratore inclusa la tutela riservata ai lavoratori al videoterminale (Titolo VI del D.Lgs. n.
626/1994, artt. 50-59 e 89 e 90 e All. VII del D.Lgs. n. 626/94 come novellato dal D. Lgs. n.
242/96; circolare Ministero del Lavoro n.16/2001 e Decreto Interministeriale. 2.10.2000 per
l’individuazione delle "linee guida d'uso dei videoterminali”, nel momento in cui si lavora per
più di 20 ore nell’arco della settimana.
Inoltre, l’ambiente di lavoro dove opera il telelavoratore deve essere sottoposto alla verifica
del rispetto delle norme generali di prevenzione e sicurezza delle utenze domestiche a partire
dalla “messa a norma” degli impianti elettrici e di riscaldamento dell’abitazione (legge n.
46/90) come espressamente prescritto dal DPR n. 70/99 art. 4, comma 2.
Legge n. 191 del 16 giugno 1998 (art.4)
La Legge n. 191 del 98, con l’art.4, ha introdotto (ma sarebbe meglio dire ha “promosso”,
visto che non era precedentemente vietato) il telelavoro.
L’art. 4 stabilisce che “per avvalersi di forme di lavoro a distanza, le amministrazioni
possono installare apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici
necessari e possono autorizzare i propri dipendenti ad effettuare, a parità di salario, la
prestazione lavorativa in luogo diverso dalla sede di lavoro, previa determinazione delle
modalità per la verifica dell’adempimento della prestazione lavorativa”.
D.P.R. n. 70 del 8 marzo 1999 – Regolamento recante disciplina del telelavoro nelle
pubbliche amministrazioni, a norma dell’art. 4, comma 3, della l. 191/98
Il D.P.R. n. 70/99 è il regolamento che disciplina l'introduzione del telelavoro nelle pubbliche
amministrazioni e definisce come telelavoro "la prestazione di lavoro eseguita dal dipendente
di una delle amministrazioni pubbliche in qualsiasi luogo ritenuto idoneo, collocato al di
fuori della sede di lavoro, dove la prestazione sia tecnicamente possibile, con il prevalente
supporto di tecnologie dell'informazione e della comunicazione, che consentano il
collegamento con l'amministrazione cui la prestazione stessa inerisce" (art.2).
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Indica le caratteristiche, i criteri per l'installazione e l'utilizzo della postazione di telelavoro
(art. 5). Determina che i criteri per l'assegnazione dei dipendenti al telelavoro da parte delle
Amministrazioni siano stabiliti dalla contrattazione collettiva comunque tra quelli che
"consentano di valorizzare i benefici sociali e personali del telelavoro" (art.4). Stabilisce che,
per quanto concerne la determinazione dei progetti di telelavoro "nell'ambito degli obiettivi
fissati annualmente, l'organo di governo di ciascuna amministrazione, sulla base delle
proposte dei responsabili degli uffici dirigenziali generali o equiparati, individua gli obiettivi
raggiungibili mediante il ricorso a forme di telelavoro, destinando apposite risorse per il suo
svolgimento". (art. 3, comma 1).
L’Amministrazione che intenda introdurre il telelavoro deve seguire necessariamente una
procedura complessa, con la predisposizione di un dettagliato “progetto di telelavoro” da parte
del dirigente (art.3).
Il progetto di telelavoro, secondo il regolamento attuativo, deve determinare i criteri per la
scelta delle attività telelavorabili la cui verifica è affidata al dirigente; deve essere redatto con
accuratezza e prevedere obiettivi, attività telelavorabili, tecnologie utilizzate, dipendenti
coinvolti, tempi e modalità di realizzazione e di successiva verifica, eventuali modificazioni
organizzative e analisi costi-benefici.
Oltre che volontaria, la scelta di telelavorare deve essere anche reversibile, nel senso che sia il
lavoratore che l’Amministrazione possono, in qualsiasi momento, ricondurre la prestazione a
quella tradizionale purché sia decorso un periodo di tempo minimo predeterminato (art.4
comma 3).
LEGGE 12 marzo 1999, n. 68 - Norme per il diritto al lavoro dei disabili
La legge include i lavoratori disabili dipendenti, occupati con modalità di telelavoro, ai quali
l'imprenditore affida una quantità di lavoro atta a procurare loro una prestazione continuativa
corrispondente all'orario normale di lavoro, e a quella stabilita dal contratto collettivo
nazionale applicato. Tali lavoratori sono computati ai fini della copertura della quota di
riserva. Inoltre la normativa (art. 4, comma 3) prevede un rimborso forfetario parziale delle
spese necessarie alla trasformazione del posto di lavoro per renderlo adeguato alle possibilità
operative dei disabili con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50 per cento o per
l'apprestamento di tecnologie di telelavoro (art.13).
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Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 ottobre 1999 - Gestione
informatica dei flussi documentali nelle pubbliche amministrazioni
La direttiva disciplina l’utilizzo dei sistemi di protocollo informatico che, oltre alla possibilità
di protocollare i tradizionali documenti cartacei, consente di: protocollare documenti
elettronici; collegare direttamente al sistema di protocollo il sistema di archiviazione e
conservazione dei documenti; garantire forme più efficaci di accesso agli atti amministrativi;
fornire elementi utili ai fini delle attività di controllo di gestione; sperimentare applicazioni
elettroniche della gestione dei flussi documentali (workflow) e del telelavoro.
Accordo quadro nazionale sul telelavoro nelle pubbliche amministrazioni, in attuazione
delle disposizioni contenute nell’art.4, comma 3 della l. n. 191/98 del 23 marzo 2000
In attuazione delle disposizioni contenute nell'art. 4 della legge n. 191/98, il 23 marzo 2000,
l’A.Ra.N. e le Confederazioni sindacali nazionali hanno firmato l’accordo quadro sul
telelavoro del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni. Gli aspetti più
significativi dell’accordo riguardano: l’adesione volontaria, la parità di diritti e di opportunità,
l’orario di lavoro, i costi, i controlli. L’accordo ha accolto i criteri dell’atto di indirizzo forniti
dal DFP all’A.Ra.N, in data 13 gennaio 1999 (vale a dire, i criteri per l’assegnazione dei
dipendenti al telelavoro: volontarietà, svolgimento di mansioni analoghe, situazioni di
disabilità psico-fisiche, esigenze di cura nei confronti di familiari o conviventi, tempo medio
di percorrenza dalla residenza del dipendente alla sede di lavoro). Successivamente si sono
aggiunte le contrattazioni di comparto (Regioni-Enti locali, Sanità, Scuola, Enti Pubblici non
economici, Università, ecc…).
L’accordo stabilisce che le attrezzature informatiche sono concesse al lavoratore in comodato
d’uso gratuito. Scelte importanti riguardano la copertura dei costi telefonici, consumi
energetici
e
di
collegamento
internet
che,
ovviamente,
sono
a
carico
totale
dell’amministrazione che, come previsto nell’accordo quadro, corrisponde una somma anche
a forfait, a titolo di rimborso spese, considerando che risulta impossibile separare i costi
domestici da quelli legati al lavoro. In alcuni casi, i costi telefonici e di connessione sono
sostenuti direttamente dall’Amministrazione attraverso linee dedicate.
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Legge n. 151 del 26 marzo 2001 - Testo Unico per le disposizioni legislative a tutela della
maternità e della paternità
L’utilizzo del telelavoro presenta importanti connessioni con la tutela della maternità e della
paternità, che potrebbe essere rafforzata attraverso l’utilizzo di tale istituto anche al fine di
ridurre il ricorso a periodi di astensione facoltativa dal lavoro, penalizzanti per le
amministrazioni e per le/i dipendenti.
Deliberazione dell’AIPA (oggi CNIPA) n.16 del 31 maggio 2001 - Regole tecniche per il
telelavoro ai sensi dell'art. 6 del D.P.R. n. 70/99.
A completamento del quadro normativo si è aggiunta la delibera n.16 del 2001 dell’AIPA
(oggi CNIPA), emanata ai sensi dell’art.6 del D.P.R. n.70/99, per la definizione delle regole
tecniche di utilizzo del telelavoro, anche con riferimento alla rete unitaria delle pubbliche
amministrazioni, alle tecnologie per l'identificazione e alla tutela della sicurezza dei dati.
D.Lgs. n. 165 del 30 marzo 2001 - Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche
In particolare, l’art.7 stabilisce che le amministrazioni pubbliche possono individuare criteri di
priorità nell'impiego flessibile del personale a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio
personale, sociale e familiare e dei dipendenti impegnati in attività di volontariato. A questo
proposito, il telelavoro può essere uno degli strumenti per agevolare personale in situazioni di
difficoltà. Va parimenti considerato il telelavoro come uno degli strumenti organizzativi
flessibili a disposizione del datore di lavoro pubblico per gestire con criteri di efficienza e
produttività gli uffici della P.A., in linea con i principi della privatizzazione del rapporto di
pubblico impiego.
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Accordo quadro europeo sul telelavoro tra CES, UNICE/UEAPME e CEEP del 16 luglio
2002
Una definizione compiuta e più adatta alla realtà attuale del telelavoro è rinvenibile
nell’accordo europeo sul telelavoro che lo definisce con il termine “e-work”, vale a dire, “una
forma di organizzazione e/o svolgimento del lavoro che si avvale delle tecnologie
dell’informazione nell’ambito di un contratto o di un rapporto di lavoro, in cui l’attività
lavorativa, che potrebbe essere svolta nei locali dell’impresa, viene invece regolarmente
svolta al di fuori dei locali della stessa”.
L’accordo si inserisce nell’ambito della strategia di Lisbona per lo sviluppo della società della
conoscenza nel nome della cosiddetta flexicurity ovvero conciliazione tra “flessibilità e
sicurezza”.
In merito all’orario di lavoro, l’accordo europeo afferma l’autonomia nella gestione
dell’orario nel rispetto della legge e della contrattazione.
Confrontando l’accordo europeo e la normativa italiana si rileva una differenza: nel nostro
ordinamento non è richiesta una continuità nello svolgimento della prestazione in modalità di
telelavoro ma si ritiene che sia possibile anche avere numerosi rientri in sede (ovvero di
lavoro interno). Dunque per il regolamento non è basilare la condizione della continuità dello
svolgimento della prestazione, caratteristica invece sottolineata dall’accordo europeo.
D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 - T.U. in materia di protezione dei dati personali
Nell'attuazione di un progetto di telelavoro si deve tener conto anche delle problematiche
relative all'osservanza delle norme a tutela della privacy.
Al riguardo è bene chiarire subito che il ricorso a forme di telelavoro non comporta alcun
cambiamento organizzativo sostanziale della P.A., in relazione alla tutela della privacy ed al
trattamento dei dati personali, dovendosi unicamente adattare l'organizzazione esistente alla
nuova modalità lavorativa.
Occorrerà, quindi, avere cura di prevedere nel progetto il rapporto tra responsabile del
trattamento dei dati ed il dipendente addetto al telelavoro, per l’accesso alla postazione e
quindi ai dati da parte del responsabile del trattamento per l’esercizio del suo potere di
vigilanza (art. 29 D.L.gs. 196/03), tenendo conto che lo stesso d. lgs. recita all’art. 114 “resta
fermo quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n.300” relativamente
all’uso di impianti per il controllo a distanza.
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Ai sensi dell’art. 5, comma 5, del D.P.R. 70/99, poi, dovrà prevedersi nel progetto che la
postazione di telelavoro può essere utilizzata esclusivamente per le attività lavorative, con
esclusione di interferenze da parte di estranei, mediante ricorso alle regole tecniche che
tutelano la riservatezza dei dati (art. 6 D.P.R. 70/99; art. 13 D.P.R. 513/97).
Dovranno inoltre essere espressamente previste, nell’ambito della prestazione di telelavoro,
modalità di raccolta e conservazione dei dati conformi ai principi di liceità, correttezza,
pertinenza
(art. 11 D.L.gs. 196/03) e sicurezza (art. 31 D.L.gs 196/03), anche in riferimento alla gestione
informatica dei flussi documentali (Direttiva P.C.M. 28.10.1999; Deliberazione A.I.P.A. n.
16/2001).
Particolare attenzione dovrà essere prestata riguardo al trattamento dei dati sensibili.
In definitiva, sarà bene prevedere già nel progetto tutte le possibili implicazioni tra la modalità
di telelavoro e la tutela della privacy, tenendo presente e lasciando possibilmente inalterato
l’impianto organizzativo in tal senso esistente nella singola P.A.
Dichiarazione congiunta sul telelavoro del 13 gennaio 2004
A rafforzare l’accordo quadro europeo sul telelavoro, il 13 Gennaio 2004 è stata firmata la
"Dichiarazione congiunta sul telelavoro" fra CEMR-EP (Council of European Municipalities
and Regions’ Employers’ Platform) ed EPSU (European Federation of Public Service and
Union) con la quale si afferma l’impegno delle parti nell’incoraggiare l’uso e la diffusione del
telelavoro nel settore del governo locale e regionale.
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PARTE SECONDA – IL TELELAVORO NEI PROCESSI DI CAMBIAMENTO
DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI: MOTIVAZIONI STRATEGICHE E
MOTIVAZIONI ORGANIZZATIVE
L’adozione di forme di e.work presenta valenze di grande rilievo sia sul versante
dell’intervento esterno delle pubbliche amministrazioni nei settori di competenza, sia nella
gestione interna dell’amministrazione stessa. Di seguito vengono richiamate le principali
motivazioni che possono stimolare l’adozione del telelavoro sul primo e sul secondo versante,
peraltro fortemente interconnessi nei processi integrati di cambiamento che oggi tutta la P.A.
sta affrontando.
1. Sul versante dell’intervento strategico delle pubbliche amministrazioni nel contesto
esterno, il telelavoro, sia a livello centrale che delle autonomie locali, può trovare
un’efficace applicazione nel quadro:
•
delle politiche di sviluppo sostenibile, anche in realtà urbane medio-piccole
(riduzione spostamenti, abbattimento dell’inquinamento atmosferico, rispetto
dell’individuo e delle generazioni a venire, ecc.); verso tali tematiche la P.A. può
farsi promotrice in maniera attiva in termini di buone pratiche. Occorrerebbe in ogni
caso che le P.A. che puntano in modo prioritario a questi obiettivi, promuovano
preliminarmente uno studio basato anche su proiezioni statistiche, sui costi e i
benefici che tali iniziative potrebbero avere a livello sistemico, allo scopo di
evidenziarne i vantaggi in termini di qualità ambientale;
•
delle politiche pubbliche volte ad arginare il calo demografico delle aree rurali nel
quadro di un rinnovato rapporto città-campagna; la volontà delle amministrazioni
centrali
e
delle
autonomie
locali
di
rivitalizzare
territori
soggetti
a
depauperamento demografico, sociale ed economico si allineerebbe con quanto già
da tempo attuato nei paesi nordici dell’U.E., dove attraverso telecentri dislocati in
aree rurali e montane, ma anche tramite il telelavoro domiciliare, si è invertita la
tendenza della fuga dalle aree rurali portando reddito e arricchimento sociale tramite
le ICT.
•
della riduzione del pendolarismo tra zone periurbane e centri città. Le autonomie
locali devono farsi carico di fenomeni di degrado che interessano in particolare le
aree a ridosso dei centri urbani dove l’aumento del valore degli immobili da un lato e
12
l’interesse crescente della popolazione, per un rapporto più stretto con la natura,
dall’altro, hanno indotto negli ultimi decenni uno sviluppo delle aree metropolitane
fortemente disfunzionale e squilibrato. In questo ambito la P.A., nelle sue varie
articolazioni, può intervenire per arginare la tendenza che vede da una parte i centri
storici urbani e quelli legati all’economia del terziario avanzato, vissuti solo per
turismo o per lavoro, dall’altro i comuni e i quartieri-satellite declassati al rango di
dormitorio: il telelavoro può in questo caso essere introdotto efficacemente
invertendo questo fenomeno, riducendo, al contempo, anche l’inquinamento
atmosferico e, non ultimo, il degrado delle periferie, in parte legato all’assenza di
controllo sociale. In questo senso appare opportuno inserire il telelavoro anche nelle
specifiche politiche di rivitalizzazione dei quartieri.
•
Si invitano quindi le autonomie locali e le amministrazioni pubbliche centrali ad introdurre il
telelavoro anche quale “buon esempio” e a promuovere l’adozione di forme di e.work nel
settore pubblico e privato.
2. Il telelavoro è una modalità organizzativa che prevede un approccio al lavoro
innovativo, dove il risultato predomina sul processo e i vincoli spazio-temporali della
prestazione non rappresentano più un ostacolo. All’interno di questi aspetti di
innovatività si ritrovano gli aspetti salienti del telelavoro per le organizzazioni del lavoro e
per il rapporto tra queste, il territorio e i cittadini. Partendo da questi principi generali il
lavoro a distanza può trovare applicazioni nelle forme del telelavoro domiciliare (ad
esempio per i servizi da erogare fuori dagli orari tradizionali), mobile (per accelerare
l’acquisizione e l’elaborazione delle informazioni laddove queste si rendono fruibili),
satellite (per ampliare strategicamente la presenza dell’amministrazione pubblica sul
territorio attraverso strutture snelle e a misura di cittadino) e in generale in tutte quelle
soluzioni logistiche che avvicinano la P.A. al cittadino, come le varie recenti applicazioni
wi-fi (wireless-fidelity). In questo senso le amministrazioni e le parti dirigenti sono
invitate a considerare e promuovere l’introduzione del telelavoro, anche finalizzandolo
prioritariamente alla sperimentazione di forme nuove di organizzazione e di espletamento
della prestazione lavorativa al fine di migliorare i processi amministrativi.
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3. Il telelavoro nelle amministrazioni deve fondarsi sullo sviluppo di sistemi di ICT che
permettano il lavoro remotizzato quale risposta alle esigenze di modernizzazione dei
processi amministrativi.
Al di là di interventi mirati o circoscritti a singole amministrazioni, il telelavoro può
inserirsi a pieno titolo in un quadro di armonizzazione organizzativa e logistica nel
territorio tra diversi settori della P.A., all’insegna della promozione del lavoro
remotizzato. La costituzione di telecentri, anche con accordi di programma con le
amministrazioni aventi maggior diffusione sul territorio, può essere una via da percorrere
anche in vista di una riduzione dei costi di gestione di alcuni servizi. Si invitano in tal
senso le amministrazioni ad attivare forme di dialogo tra i responsabili organizzativi delle
amministrazioni pubbliche centrali diffuse nel territorio e tra queste e le autonomie locali,
al fine di instaurare rapporti di collaborazione che portino nel tempo a ridurre gli
spostamenti del personale e di pari passo ad avvicinare i servizi al territorio.
Il telelavoro va, infatti, inserito in un quadro più ampio di flessibilizzazione dell’offerta
dei servizi al cittadino nell’ambito di quelle pratiche generalmente definite di eGovernment, allo scopo di offrire servizi sempre più just-in-time. La richiesta di servizi
tende negli ultimi anni a presentarsi in orari sempre più vicini alle esigenze della
popolazione e sempre meno vincolati a quelle delle organizzazioni pubbliche che li
erogano. Il telelavoro, anche nei casi di servizi diretti al cittadino, può rappresentare un
valido strumento di flessibilizzazione dell’offerta, avvicinando questa ai destinatari sia in
termini di orario che di modalità di accesso.
4. A livello organizzativo e gestionale interno, il telelavoro è un’opportunità per
riorganizzare i processi di lavoro migliorando il livello della qualità del lavoro e
aumentandone la produttività.
Il telelavoro è una forma di flessibilità che può favorire una migliore efficienza
amministrativa anche attraverso il raggiungimento di un maggiore benessere organizzativo
in linea con quanto previsto dall’accordo quadro nazionale del 23/03/2000. Il carattere
distintivo di questo beneficio concerne in senso ampio la tutela e la promozione
dell’equilibrio tra sfera lavorativa e sfera privata del lavoratore. Esso va pertanto
incentivato all’interno delle amministrazioni, in quanto rappresenta uno stile lavorativo
idoneo a cogliere le aspettative delle nuove generazioni di lavoratori (predisposizione alla
destrutturazione dei tempi e dei luoghi di lavoro, propensione all’utilizzo delle tecnologie
ICT, ridefinizione dei ruoli lavorativi e familiari tra uomini e donne, valore del tempo
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libero e “liberato”, ecc.) andando così incontro ad abitudini ora ampiamente diffuse e, per
questa via, anche alle esigenze di miglioramento progressivo dell’efficacia e
dell’efficienza dell’azione amministrativa. Si ricorda che la tendenza degli ultimi anni nei
modelli familiari emergenti vede una maggiore condivisione delle responsabilità comuni;
pertanto il telelavoro va interpretato come alternativa periodica alla presenza giornaliera
sul posto di lavoro in tutti quei casi in cui sia necessario conciliare vita professionale e
familiare attraverso significative modificazioni organizzative (periodi facoltativi dopo la
nascita di un figlio, anni sabbatici per esigenze di studio, problemi di trasporto e
movimento legati alla disabilità, esigenze di cure assidue in momenti cruciali della
crescita dei figli, malattie o necessità di assistenza a parenti ed altre fattispecie) senza
incorrere in una diminuzione consistente del salario e quindi in una limitazione
dell’autonomia economica. E’ importante ricordare che il cambiamento indotto dal
telelavoro nell’organizzazione del lavoro delle amministrazioni, richiede, oltre ad
approfondite conoscenze delle tecnologie informatiche nella loro continua evoluzione,
anche e soprattutto la diffusione di una maggiore capacità di risolvere situazioni
inconsuete e imprevedibili nel lavoro, nella gestione delle relazioni professionali e
personali e nell'adattamento al lavoro di gruppo.
5. Il telelavoro è un’opportunità che va perseguita ogni qualvolta si presenti la
necessità, all’interno di un’unità organizzativa, di trovare soluzioni a gravi e
particolari situazioni familiari e/o personali delle lavoratrici e dei lavoratori, così
come indicato nell’art. 7 del D.lgs. n.165 del 30/03/01 che recita: “le amministrazioni
pubbliche individuano criteri certi di priorità nell'impiego flessibile del personale, purché
compatibile con l'organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in
situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare”. Pertanto il telelavoro si inserisce
tra gli strumenti di armonizzazione del lavoro, migliorando al contempo la qualità della
vita. D’altra parte, secondo quanto previsto dall’art.4 dell’accordo quadro sul telelavoro
del 23/03/00, qualora un’amministrazione abbia deliberato l’avvio di un progetto di lavoro
a distanza, queste categorie di lavoratori devono essere privilegiate solo “in caso di
richieste superiori al numero delle posizioni previste”. Il telelavoro può quindi essere
ricondotto a quegli strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare
adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle in un
posto idoneo, attraverso analisi del posto di lavoro, forme di sostegno, strumenti e
relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione.
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Va in ogni caso ricordato che il telelavoro non va limitato ai casi classificabili in senso
lato come “stati di necessità”, in quanto ciò, oltre a ridurne la portata innovativa,
porterebbe ad una ghettizzazione di uno strumento organizzativo improntato al contrario
alla massima flessibilità.
Non va, dunque, dimenticato il duplice aspetto gestionale e solidaristico che il
telelavoro può contemperare senza contrapporre l’uno (l’interesse dell’amministrazione)
all’altro (l’interesse dei dipendenti): il telelavoro può garantire il diritto stesso al lavoro
per chi presenta situazioni di svantaggio oggettivo e che, di fatto, comportano per
l’amministrazione anche il danno di una minore produttività. Il processo d’innovazione
più complessivo della P.A., nel quale il telelavoro si presenta a pieno titolo come
elemento trainante, va attuato con la garanzia di condizioni di sicurezza del lavoro e sul
lavoro che non attengono solo a fattori di natura fisica ma investono anche la sfera
psicologica e del clima lavorativo dove il benessere organizzativo diventa in questo
contesto elemento di salvaguardia della stessa efficienza dell’amministrazione.
6. Il telelavoro va inserito e promosso nelle pubbliche amministrazioni con un processo
organico e compiuto di analisi e riprogettazione dei processi di lavoro, attraverso
percorsi progettuali che lo connettano alle più ampie trasformazioni in corso per la
modernizzazione della P.A. Per esprimere al meglio le potenzialità legate alla
flessibilizzazione dei tempi e dei luoghi di lavoro e connesse all’adozione di ottiche
organizzative e gestionali spesso innovative nei diversi comparti del pubblico impiego, le
amministrazioni dovranno prevedere idonei percorsi formativi da inserire nei piani di
formazione annuali. L’adozione del telelavoro per parte del personale potrà inoltre essere
tenuta presente nella pianificazione triennale del fabbisogno di personale, laddove la sua
introduzione si associ ad una più ampia riorganizzazione del lavoro che contempli una
diversa e ottimale distribuzione delle competenze nei diversi settori e servizi.
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PARTE TERZA - QUESITI RELATIVI ALL’INTRODUZIONE
E DIFFUSIONE DEL TELELAVORO
1. Quale va considerata come sede di lavoro nel telelavoro?
La sede di lavoro, secondo l’espressa previsione contenuta nell’art. 2, lett. c), del D.P.R.
70/99 è quella dell’Ufficio al quale il dipendente è assegnato.
La lettera b) del medesimo articolo stabilisce poi che la prestazione in telelavoro può essere
svolta in qualsiasi luogo ritenuto idoneo, collocato al di fuori della sede di lavoro, con il
supporto di tecnologie che consentano il collegamento con l’Amministrazione.
Da quanto previsto dalla normativa richiamata, pertanto, discende che la sede di lavoro, anche
in caso di prestazione svolta in luogo diverso, continua ad essere quella dell’Ufficio al quale il
dipendente è assegnato.
Se ciò è indiscutibilmente vero nel caso di telelavoro mobile, laddove il collegamento
telematico con l’Ufficio consente di individuare una sede di lavoro altrimenti difficile da
inquadrare, più problematico diviene affermare la prevalenza del collegamento virtuale
rispetto alla possibilità concreta di individuare una diversa sede, ravvisabile nei casi di
telelavoro domiciliare, in telecentro o presso terzi.
Ed, infatti, al riguardo, la giurisprudenza ha statuito che: “Nelle controversie individuali di
lavoro, il foro della dipendenza può identificarsi nel luogo ove si trova l’abitazione del
lavoratore, qualora presso la stessa sia rinvenibile quel minimo di beni aziendali necessari
alla prestazione lavorativa (nella specie la S.C. ha ritenuto coincidere la dipendenza
aziendale con l’abitazione del ricorrente presso la quale si trovavano l’autovettura, la
modulistica ed il computer aziendali, ed ha osservato in motivazione che tale coincidenza
potrebbe sussistere anche in situazione di c.d. telelavoro )” (Cass. Civ. – Sez. Lavoro – Sent.
5 giugno 2000, n. 7489 ).
Secondo la giurisprudenza, pertanto, la nozione di “dipendenza” deve essere spinta fino a
comprendere qualsiasi luogo ove sono concentrati quel minimo di beni aziendali necessari per
l’espletamento della prestazione lavorativa e, quindi, anche il domicilio del dipendente in caso
di telelavoro domiciliare o il telecentro o la sede della diversa Amministrazione presso la
quale il dipendente svolge la prestazione in telelavoro.
E’ da ritenere, però, che tali concetti vadano adeguati alle caratteristiche della prestazione in
concreto, potendosi ravvisare nello svolgimento della prestazione (ad es. telelavoro
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discontinuo) e nelle sue modalità (ad es. la frequenza dei rientri) la permanenza della sede
originaria di lavoro e l’ininfluenza del telelavoro ai fini della determinazione del foro della
dipendenza ex art. 413, comma 2, c.p.c..
2. Come regolare i casi in cui il potenziale telelavoratore domiciliare, per accertate e
contingenti necessità, si trova nella condizione di dover svolgere la propria
prestazione lavorativa in luogo diverso dal proprio domicilio?
Vi possono essere dei casi in cui la richiesta di svolgere la prestazione in telelavoro nasce
dall’esigenza di assistere un familiare non convivente, in un luogo quindi diverso dal
domicilio del lavoratore.
In tal caso non sussistono problemi, in quanto l’art. 2, lett. b) del D.P.R. 70/99 non pone limiti
al luogo di svolgimento della prestazione al di fuori della sede di lavoro, purché si tratti di un
luogo idoneo dove la prestazione sia tecnicamente possibile.
Effettuate le opportune verifiche sull’idoneità del luogo ove il lavoratore dovrà svolgere la sua
prestazione lavorativa, quindi, l’Amministrazione potrà consentire anche la prestazione in
telelavoro in luogo diverso dal domicilio del dipendente.
3. Per l’introduzione del telelavoro è necessario un contratto o accordo individuale tra
Amministrazione e dipendente?
La normativa specifica sul telelavoro (D.P.R. 70/99) non impone alle Amministrazioni che
intendano introdurre il telelavoro di modificare il contratto individuale del dipendente da
adibire a tale tipologia di prestazione.
L'atto di conferimento alle mansioni da svolgersi in telelavoro, pertanto, - ferma restando la
volontarietà del dipendente – può assumere forma di determinazione unilaterale
dell'amministrazione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, a norma dell'art. 5,
comma secondo, del D.Lgs. n. 165 del 200, liberamente modificabile nell'esercizio dello
stesso potere.
Lo svolgimento della prestazione lavorativa in telelavoro realizza uno specifico interesse del
datore di lavoro pubblico, che consente di qualificare il mutamento delle modalità della
prestazione medesima quale atto organizzativo dell'Amministrazione che lo dispone, così
determinando una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa.
Tuttavia occorre considerare che, ai sensi dell’art. 2, comma 3, del D.Lgs. 165/2001, i rapporti
individuali di lavoro, a seguito della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, sono
regolati contrattualmente.
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Nel rapporto di lavoro, che si protrae nel tempo, la volontà contrattuale resta iscritta in ogni
atto di esecuzione del contratto; ne consegue che il contenuto del contratto individuale, quanto
alla individuazione delle mansioni spettanti al lavoratore, è dato, oltre che dalle previsioni del
contratto collettivo cui le parti abbiano fatto riferimento, anche dalle obbligazioni accessorie
che il lavoratore abbia eventualmente assunto al momento dell'assunzione o successivamente,
nella fase dinamica del rapporto.
Per aversi novazione contrattuale della tipologia della prestazione lavorativa - cioè modifica
del contratto relativa alla modalità della prestazione lavorativa con sostituzione della
prestazione in sede con prestazione presso il proprio domicilio o luogo diverso – occorre
quindi un accordo, anche implicito, che disciplini tale cambiamento.
E’ preferibile pertanto che il lavoratore, che volontariamente aderisce all’iniziativa di
telelavoro per la durata prevista dal progetto, sottoscriva un’apposita modifica del contratto
individuale di lavoro, allo scopo di adeguare lo status giuridico alle particolari modalità di
prestazione e di evitare eventuali controversie concernenti i limiti del potere organizzativo.
4. La disciplina del telelavoro può applicarsi a personale assunto dalle Amministrazioni
con forme contrattuali differenti dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato?
La particolarità del telelavoro è data dal fatto che il rapporto di lavoro subordinato si svolge
“a distanza”, lontano dal controllo diretto del datore di lavoro.
Tale caratteristica, pur avvicinandolo nei contenuti al rapporto di lavoro autonomo, non fa
venir meno la natura tipica della subordinazione, che permane nella fattispecie pur
svolgendosi, di fatto, il rapporto in modo molto diverso da quello tradizionale.
A tale proposito, l’art. 8, comma 1, del D.P.R. 70/99 demanda alla contrattazione collettiva
l’adeguamento della disciplina del telelavoro, “garantendo in ogni caso un trattamento
equivalente a quello dei dipendenti impiegati nella sede di lavoro”.
L’art. 4, comma 1, dell’Accordo Quadro, dal canto suo, conferma che “l’assegnazione a
progetti di telelavoro non muta la natura del rapporto di lavoro in atto”, per cui va
definitivamente chiarito che la natura di rapporto di lavoro subordinato non muta in caso di
assegnazione ad un dipendente pubblico di mansioni da svolgersi con la modalità del
telelavoro.
Va aggiunto, peraltro, che, essendo il telelavoro nient’altro che una particolare modalità di
svolgimento della prestazione lavorativa che non muta la natura del rapporto di lavoro in atto,
nulla osta a che lo stesso possa essere abbinato ad una delle diverse forme di lavoro flessibile
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ammesse dalla normativa, quali contratto a tempo determinato, part time, contratto di
somministrazione, contratto di collaborazione coordinata e continuativa, etc.
Laddove il telelavoro venga applicato ad un rapporto di lavoro connotato dall’autonomia e
dall’assenza del vincolo della subordinazione (es. collaborazioni coordinate e continuative),
l’Amministrazione potrà agevolmente identificare gli obiettivi che il collaboratore deve
realizzare in autonomia, eventualmente anche utilizzando la propria struttura ed attrezzatura.
5. Il telelavoro, quale strumento di flessibilità, può essere considerato un diritto dei
lavoratori o viene applicato solo se l’Amministrazione lo decide?
Indubbiamente la normativa sul telelavoro è incentrata sulla considerazione del medesimo
come strumento di flessibilità organizzativa, secondo l’espressa dizione dell’art. 4 della L.
191/98 e dell’art. 1 del D.P.R. 70/99, le cui norme prevedono identicamente che le
Amministrazioni Pubbliche possono avvalersi di forme di lavoro a distanza “allo scopo di
razionalizzare l’organizzazione del lavoro e di realizzare economie di gestione attraverso
l’impiego flessibile delle risorse umane”.
Conseguentemente, il progetto di telelavoro viene approvato dal Dirigente della struttura nel
cui ambito si intendono avviare forme di telelavoro ( art. 3, comma 5, del D.P.R. 70/99 ).
Tuttavia, anche se il telelavoro viene applicato qualora l’Amministrazione vi ravvisi interesse,
ciò
non
significa
che
il
lavoratore
non
possa
avere
un
ruolo
significativo
nell’implementazione di tale tipologia di prestazione.
In primo luogo, infatti, nulla vieta che il progetto di telelavoro sia elaborato proprio dal
lavoratore o dal gruppo di lavoratori che hanno interesse a svolgere la prestazione con tale
modalità; ed, infatti, come accennato in precedenza, il progetto di telelavoro viene
“approvato” dal dirigente, ma può essere redatto anche dai dipendenti e successivamente
sottoposto all’approvazione del dirigente.
In secondo luogo, occorre considerare la base “volontaristica” del telelavoro, in quanto l’art.
4, comma 1, dell’Accordo Quadro sul telelavoro del 23 marzo 2000 prevede l’assegnazione al
telelavoro dei lavoratori “che si siano dichiarati disponibili a ricoprire dette posizioni”.
In definitiva, pertanto, pur non sussistendo un diritto del lavoratore a svolgere la prestazione
in telelavoro, tuttavia egli può svolgere un ruolo di fondamentale importanza per l’attivazione
di tale tipologia di lavoro flessibile, sia attraverso l’elaborazione di concreti progetti di
telelavoro che mediante il conferimento della propria disponibilità allo svolgimento del lavoro
a distanza.
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6. Il telelavoro va applicato nell’interesse dell’Amministrazione o a tutela di esigenze
individuali?
Sebbene, come accennato in precedenza, risulti evidente che il telelavoro viene applicato solo
allorquando l’Amministrazione approva il relativo progetto e decide di avvalersi di tale forma
di lavoro flessibile, ciò non significa che l’Amministrazione non possa opportunamente
valutare la ricaduta benefica che l’utilizzo di tale forma di lavoro può comportare per i
lavoratori impiegati.
Occorre considerare, infatti, anche l’aspetto di tutela sociale che è sotteso alla scelta del
telelavoro, essendo il medesimo di grande ausilio a quelle categorie di lavoratori in situazioni
di disagio a causa di problemi fisici personali o di familiari bisognosi di assistenza o per
l’eccessiva lontananza della propria abitazione dal luogo di lavoro.
In tutte queste situazioni, il telelavoro può essere uno strumento utilissimo a ridurre le
suindicate situazioni di disagio ed una pubblica amministrazione attenta alle positive ricadute
sociali delle proprie scelte organizzative assolve in pieno il compito di salvaguardia generale
degli interessi collettivi.
Tanto più che la flessibilità del telelavoro consente di coniugare il vantaggio sociale con
l’efficienza della P.A., nel rispetto di quel principio di benessere organizzativo che mira al
raggiungimento di ottimi livelli di produttività proprio attraverso un maggior grado di
soddisfazione nell’espletamento dell’attività lavorativa.
E, del resto, l’art. 2 dell’Accordo Quadro sul telelavoro espressamente pone sullo stesso piano
la finalità della pubblica amministrazione di avvalersi di tale forma di flessibilità lavorativa e
la possibilità per il lavoratore di scegliere una diversa modalità di prestazione del lavoro.
In un’ottica di programmazione ai diversi livelli istituzionali locali, inoltre, va evidenziata la
grande potenzialità del telelavoro di influire sulle politiche sociali, potendo le
Amministrazioni procedere ad accordi in sede locale per incrementare l’utilizzo del telelavoro
al fine di ridurre gli spostamenti cittadini e risolvere i problemi ambientali legati al traffico
veicolare.
7. Nel caso di telelavoro mobile o in telecentro o in forma mista, va applicata la stessa
normativa rivolta specificamente al telelavoro domiciliare?
La normativa sul telelavoro si indirizza indifferentemente a tutte le possibili modalità in cui
sia tecnicamente possibile la prestazione “a distanza”, svolta in un luogo diverso dalla sede
dell’ufficio al quale il dipendente è assegnato.
Data la particolarità della prestazione, alcune specificazioni, contenute sia nel D.P.R. 70/99
che nell’Accordo Quadro, riguardano l’allestimento della postazione di telelavoro presso il
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domicilio del dipendente, ma resta inteso che il contenuto intrinseco della prestazione
lavorativa è soggetto alla normativa di legge ed a quella contrattuale che regola il rapporto
allo stesso modo dello svolgimento della prestazione presso la sede dell’ufficio.
Talune differenze possono riguardare, piuttosto, i doveri del dipendente e le cautele che questi
deve osservare nello svolgimento della prestazione in telelavoro.
Tali doveri, che l’Amministrazione avrà cura di trasfondere nel contenuto del contratto
individuale di lavoro ovvero in un apposito disciplinare tecnico a questi allegato, saranno
ovviamente diversi a seconda del luogo di svolgimento della prestazione.
E così le prescrizioni che il lavoratore deve osservare in caso di telelavoro domiciliare
saranno diverse da quelle concordate con l’Amministrazione presso la quale il dipendente
svolge la prestazione in telelavoro, o anche dalle cautele che lo stesso è tenuto a seguire in
caso di telelavoro mobile attuato mediante l’utilizzo di un computer portatile.
8. E’ obbligatorio utilizzare mezzi informatici di proprietà dell’Amministrazione?
L’art. 5, comma 2, del D.P.R. 70/99 prevede che “La postazione di telelavoro deve essere
messa a disposizione, installata e collaudata a cura e spese dell’amministrazione
interessata”, mentre l’art. 5, comma 2, dell’Accordo Quadro stabilisce che le attrezzature
informatiche necessarie per lo svolgimento del telelavoro “vengono concesse in comodato
gratuito al lavoratore per la durata del progetto”.
Alla luce della normativa regolamentare e della disposizione contenuta nella contrattazione
collettiva, quindi, sembrerebbe non esservi possibilità di alternative alla fornitura del PC da
parte dell’Amministrazione.
A ben vedere, però, non si tratta di un obbligo inderogabile.
Le suindicate norme, che stabiliscono l’onere di fornitura delle apparecchiature a carico
dell’Amministrazione, sono poste a garanzia del lavoratore, per cui, fermo restando il diritto
di quest’ultimo a ricevere in dotazione tutte le attrezzature necessarie allo svolgimento della
prestazione del telelavoro, ben potrebbe egli stesso acconsentire all’utilizzo del computer o di
altre
attrezzature
sue
personali
allo
scopo
di
superare
eventuali
difficoltà
dell’Amministrazione nel reperire le attrezzature o anche semplicemente per motivi di
convenienza economica.
In tal caso, l’Amministrazione dovrebbe comunque effettuare tutti i controlli atti a garantire la
conformità delle attrezzature utilizzate con le normative vigenti in tema di sicurezza sul
lavoro, ma anche l’adeguatezza delle caratteristiche tecniche dell’attrezzatura a seconda del
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tipo e del volume dei dati trattati, facendosi carico, ove necessario, di portarle ai livelli
necessari dalla prestazione lavorativa da erogare a distanza.
L’Amministrazione dovrebbe inoltre garantire un accesso ai dati limitato al solo lavoratore,
mediante l’utilizzo di apposita password, allo scopo di evitare che un uso promiscuo del
computer possa pregiudicare le esigenze di riservatezza delle informazioni che riguardano
l’attività lavorativa.
Anche in tal caso, ovviamente, l’Amministrazione dovrà assicurare al lavoratore il rimborso,
anche forfetario, delle spese sostenute per i consumi energetici e telefonici.
9. Quali norme per la tutela antinfortunistica e la sicurezza sul lavoro vanno applicate,
in particolare per quanto riguarda i sopralluoghi?
E’ opportuno chiarire che, soprattutto quando la prestazione in telelavoro viene svolta presso
il domicilio del dipendente, la normativa non richiede che tutta l’abitazione sia adeguata alla
normativa in tema di sicurezza sul luogo di lavoro (L. 626/94).
Al riguardo, l’art. 4, comma 2, del D.P.R. 70/99 prevede soltanto, quale condizione allo
svolgimento della prestazione in telelavoro presso il domicilio del dipendente, che
l’Amministrazione abbia preventivamente verificato “la conformità alle norme generali di
prevenzione e sicurezza delle utenze domestiche”.
L’Amministrazione, pertanto, dovrà verificare che l’abitazione del dipendente sia in regola
con le norme per la sicurezza degli impianti relativi agli edifici adibiti ad uso civile: Legge 5
marzo 1990, n. 46, ma non anche che tutta l’abitazione o addirittura l’intero edificio sia
adeguato alle norme della L. 626/94.
Invero, a tale proposito l’Amministrazione è comunque tenuta a garantire che la postazione di
telelavoro sia idonea sotto il profilo della sicurezza sul lavoro e che la prestazione si svolga in
condizioni di sicurezza per il lavoratore.
L’Amministrazione, pertanto, avrà cura di fornire al lavoratore attrezzature idonee sotto il
profilo della sicurezza, nonché di individuare una postazione specifica presso il domicilio del
dipendente che assicuri lo svolgimento in sicurezza della prestazione.
All’uopo sarà opportuno che l’Amministrazione indichi al lavoratore le precise istruzioni che
questi deve seguire per attenersi alle regole di sicurezza, ivi incluse le eventuali limitazioni
che il medesimo deve far osservare ai componenti del suo nucleo familiare.
Anche in caso di c.d. telelavoro mobile, l’Amministrazione dovrà fornire precise indicazioni
circa le modalità di utilizzo del computer portatile e, soprattutto, sulle condizioni ambientali
nelle quali è da evitarsi l’uso di tale strumento di lavoro.
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10. Sussiste la responsabilità dell’Amministrazione per danni a terzi o a cose derivanti
dall’espletamento della prestazione in telelavoro?
In forza dell'art. 2, comma 1, lett. b), d.lg. 19 settembre 1994 n. 626, nelle p.a. di cui all'art. 1,
comma 2, d.lg. 30 marzo 2001 n. 165, il datore di lavoro ai fini prevenzionali si caratterizza
per i concreti poteri di gestione in ordine all'attività e all'ufficio centrale o periferico cui è
preposto, al quale si aggiunge il requisito della qualifica dirigenziale ovvero dello
svolgimento di mansioni direttive funzionalmente equivalenti.
Egli, per quanto attiene all'adempimento degli obblighi di sicurezza e di salute nei luoghi di
lavoro, non deve sottostare alle decisioni dei soggetti preposti agli organi di governo e di
vertice degli enti pubblici (titolari di funzioni di definizione dell'indirizzo politico programmatico e di legale rappresentanza), pur restando fermo il potere di controllo sul suo
operato da parte degli organi di vertice di ciascuna amministrazione, che discende più in
generale dal rapporto di servizio che li lega all'ente.
Il rapporto assicurativo con l'INAIL è diretto a coprire taluni specifici rischi del lavoratore ed
a sollevare l'ente datore di lavoro dalla relativa responsabilità patrimoniale.
In caso di mutamento delle modalità della prestazione lavorativa in prestazione in telelavoro,
l’Amministrazione effettuerà all’INAIL una formale comunicazione delle condizioni di
svolgimento della prestazione, corredata da idonea documentazione atta a dimostrare
l’assunzione delle cautele del caso in conformità agli obblighi sanciti dalla normativa ai fini
della sicurezza sul lavoro.
La regolazione dei rapporti tra l’Amministrazione ed il suo dipendente in ordine ad eventuali
infortuni, può trovare integrazione mediante un’apposita polizza assicurativa per la copertura
dei rischi di responsabilità civile derivanti dallo svolgimento della prestazione in telelavoro.
Al riguardo, l’art. 3, comma 5, lett. c) dell’Accordo Quadro prevede la possibilità che la
contrattazione di ciascun comparto possa disciplinare forme di copertura assicurativa delle
attrezzature in dotazione e del loro uso.
11. Come agire nei casi di malfunzionamento delle apparecchiature con conseguente
impossibilità di adempiere la prestazione?
La fattispecie è disciplinata dall’art. 6, comma 1, dell’Accordo Quadro, secondo il quale:
“Eventuali brevi periodi di interruzione del circuito telematico o fermi macchina dovuti a
guasti non imputabili al lavoratore saranno considerati utili ai fini del completamento
dell’orario di lavoro. In caso di fermi prolungati per cause strutturali, è facoltà
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dell’amministrazione, sentite le OO.SS., richiedere il temporaneo rientro del lavoratore
presso la sede di lavoro”.
Sarà opportuno concertare preventivamente con le OO.SS. il tempo di fermo prolungato che
abilita l’Amministrazione a richiedere il temporaneo rientro in sede del lavoratore, al fine di
evitare eventuali controversie circa l’interpretazione del termine in questione.
12. Come gestire e verificare l’orario svolto in telelavoro?
Il telelavoro non muta la natura della prestazione in atto, per cui la quantità oraria globale
resta invariata, anche se sussiste la possibilità di distribuire le ore lavorative con maggiore
flessibilità nell’arco della giornata.
La normativa sul telelavoro non esclude il potere del datore di lavoro, ai sensi degli art. 2086
e 2104 c.c., di controllare direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica il
rispetto dell’orario di lavoro e l'adempimento delle prestazioni lavorative. Tale controllo deve
avvenire secondo modalità concertate con le OO.SS. ed accettate dallo stesso lavoratore nel
caso in cui il controllo debba necessariamente effettuarsi direttamente presso il suo domicilio,
non potendo le ragioni datoriali di controllo considerarsi prevalenti rispetto alle esigenze di
rispetto della riservatezza del lavoratore stesso e del suo nucleo familiare.
Va ricordato che l’art. 4 della L. 300/70 vieta l’uso di impianti audiovisivi e di altre
apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività lavorativa e che l’art. 114 del
D.Lgs. 196/2003 (c.d. codice della privacy) fa espressamente rinvio a tale norma, per cui,
fermo restando il potere dell'imprenditore, ai sensi degli art. 2086 e 2104 c.c., di controllare
l'adempimento delle prestazioni lavorative, la forma di controllo non potrà prevedere
l’utilizzo di sistemi audiovisivi o di più moderne tecnologie di controllo informatico non
concordate preventivamente.
Può essere ritenuta legittima anche l’autocertificazione (più precisamente la dichiarazione
sostitutiva dell’atto di notorietà ex art. 47 del D.P.R. 445/2000) da parte del dipendente delle
ore prestate in telelavoro. Occorre, peraltro, tener presente che l’art. 6, comma 1,
dell’Accordo Quadro prevede la possibilità di distribuire diversamente l’orario di lavoro,
ribadendo la destrutturazione del tempo di lavoro insito nel concetto di e-work, per cui le
modalità di controllo dovranno essere compatibili con l’orario di fatto osservato dal
lavoratore, anche in base alle fasce di reperibilità, la cui definizione va lasciata alla
contrattazione sindacale per una scelta uniforme, con possibilità di varianti a seconda di casi
singoli motivati.
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13. E’ ammessa la possibilità di lavoro straordinario nel telelavoro?
In linea di principio, ove l’Amministrazione autorizzi preventivamente il dipendente in
telelavoro ad effettuare ore di lavoro straordinario per motivate esigenze, non si ravvisano
preclusioni rispetto alla prestazione in sede, ben potendo l’Amministrazione verificare il
prodotto del lavoro aggiuntivo svolto. E’ lasciata alla contrattazione integrativa la facoltà di
disciplinare la possibilità del ricorso al lavoro straordinario, in relazione alle caratteristiche
delle attività svolte e nel rispetto delle reciproche garanzie.
14. Spetta il buono pasto ai dipendenti nei giorni in cui essi svolgono la prestazione in
telelavoro?
Preliminarmente è opportuno rilevare che l’orientamento normativo sulla questione è fornito
dall'art. 17 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 secondo cui a decorrere dal 1º gennaio 1994
"sono esclusi dalla base imponibile per il computo dei contributi ... i corrispettivi dei servizi
mensa predisposti... con riguardo alla generalità dei lavoratori, nonché gli importi sostitutivi,
entro determinati tetti...".
Non costituendo base imponibile ai fini della contribuzione previdenziale, quindi, il servizio
mensa e la relativa indennità sostitutiva destinati alla generalità dei lavoratori non possono
considerarsi voci della retribuzione.
Per converso, le stesse voci hanno invece natura retributiva quando sono volte a premiare il
maggior rendimento del lavoratore e si pongono in un rapporto sinallagmatico con la
prestazione lavorativa.
Sul punto, la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha concordemente statuito
che: “Il valore dei pasti, di cui il lavoratore può fruire mediante i buoni pasto, allorché non
rappresenti un corrispettivo obbligatorio della prestazione lavorativa, per mancanza della
corrispettività della relativa prestazione rispetto a quella lavorativa e del collegamento
causale tra l'utilizzazione dei buoni pasto e il lavoro prestato, non costituisce elemento
integrativo
della
retribuzione,
ma
una
agevolazione
di
carattere
assistenziale;
conseguentemente, le erogazioni sono soggette alla disciplina di cui all'art. 17 D.Lgs. n. 503
del 1992 ed escluse dalla base imponibile per il computo dei contributi” ( Cass. civ., sez. lav.,
17/07/2003, n. 11212 ).
La Corte aveva già avuto modo di affermare il principio di diritto secondo cui "il valore dei
pasti, di cui il lavoratore può fruire in una mensa aziendale o presso esercizi convenzionati
con il datore di lavoro, non costituisce elemento integrativo della retribuzione, allorché il
servizio mensa rappresenti un'agevolazione di carattere assistenziale, anziché un
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corrispettivo obbligatorio della prestazione lavorativa, per la mancanza di corrispettività
della relativa prestazione rispetto a quella lavorativa e di collegamento causale tra
l'utilizzazione della mensa ed il lavoro prestato, sostituendosi ad esso un nesso meramente
occasionale con il rapporto” (Cass. n. 12168 del 1° dicembre 1998).
Se, pertanto, il buono pasto ha natura assistenziale e non retributiva, sembra ragionevole
escluderne la spettanza allorquando la prestazione viene svolta in telelavoro presso il proprio
domicilio, a meno che la contrattazione collettiva non abbia esplicitamente considerato tale
indennità quale corrispettivo della prestazione lavorativa.
Nulla vieta, peraltro, che in sede di contrattazione integrativa le parti collettive possano
decidere di estendere l’erogazione del beneficio in parola anche ai lavoratori che svolgono la
prestazione in telelavoro.
15. Come si applicano le procedure di verifica e valutazione del lavoro svolto?
Va precisato subito che il sistema di valutazione della prestazione in telelavoro non subisce
modifiche rispetto alla valutazione del lavoro prestato in sede. Ciò in quanto la valutazione
della produttività del lavoratore non può ragionevolmente subire deroghe a causa della
diversità del luogo di lavoro, essendo applicabili i medesimi criteri anche per la prestazione
resa a distanza.
Occorre superare, in definitiva, l’approccio culturale in base al quale il telelavoro è
considerato “diverso” rispetto alle ordinarie modalità di svolgimento della prestazione, al fine
di considerare il telelavoro nient’altro che una delle modalità flessibili di svolgimento
dell’attività lavorativa, soggetta alle stesse regole di fondo adeguate, laddove necessario, alla
tipologia di prestazione.
L’Amministrazione, pertanto, utilizzerà gli stessi parametri e gli stessi indicatori utilizzati per
la valutazione della prestazione lavorativa svolta in sede.
E’ utile precisare che il tema della valutazione della prestazione è legato alla produttività del
lavoratore ed è concettualmente distinto dalla tematica del controllo dell’orario di lavoro, che
è soltanto uno dei parametri per la valutazione della prestazione, anche se spesso le pubbliche
amministrazioni utilizzano solo tale indicatore per verificare la produttività dei dipendenti.
Proprio il telelavoro anzi, come del resto prevede l’art. 7 del D.P.R. 70/99, può rappresentare
un’utile occasione per sperimentare forme più complete di valutazione della prestazione, che
tengano conto dell’effettiva produttività del lavoro svolto in linea con i principi orientati ad
una maggiore considerazione dell’efficienza della P.A.
27
In tal modo, l’Amministrazione potrà progressivamente abbandonare quel concetto di verifica
della prestazione ancorato al tradizionale “controllo della presenza”, sganciato da ogni altra
opportuna forma di verifica del rendimento, aderendo a diverse e più moderne forme di
verifica maggiormente in linea con la nuova struttura della pubblica amministrazione orientata
alla efficacia ed all’efficienza nell’offerta dei servizi alla cittadinanza.
16. Esiste la necessità di incentivare economicamente telelavoratori e dirigenti?
L’art. 6, comma 4, dell’Accordo Quadro prevede che: “Il trattamento retributivo, tabellare e
accessorio, è quello previsto dalla contrattazione collettiva, nazionale, integrativa e
decentrata”.
Con tale disposizione le parti collettive hanno probabilmente inteso porre l’accento
sull’assoluta identità della prestazione resa a domicilio (o in altro luogo) rispetto a quella
svolta presso la sede dell’Amministrazione, ponendo in evidenza quel concetto di
“ordinarietà” della prestazione in telelavoro che non consente di operare riduzioni retributive,
ma che nemmeno giustifica eventuali incentivi economici ad hoc.
Sia ben chiaro: nulla vieta alla contrattazione collettiva integrativa di prevedere incentivi
specifici per i dipendenti che svolgono la prestazione in telelavoro ed al riguardo l’art. 8 del
D.P.R. 70/99 prevede proprio che la contrattazione collettiva possa adeguare la disciplina,
anche economica, alle specifiche modalità della prestazione in telelavoro.
Con la suindicata norma dell’Accordo Quadro, però, le parti sembrano aver convenuto circa la
sussistenza di motivi di opportunità che, allo stato attuale, fanno propendere per la
applicazione del trattamento retributivo ordinario e non per la previsione di incentivi
economici.
Non è da escludere che la diffusione del telelavoro e la sua fuoriuscita dalla fase
“sperimentale” possa incoraggiare la previsione di istituti retributivi specifici, modulati sulla
particolarità della prestazione resa, che pongano l’enfasi sul conseguimento dei risultati,
elemento, peraltro, cui le amministrazioni sono chiamate a porre crescente attenzione a
prescindere dall’organizzazione del lavoro e a prescindere dalla sede di erogazione dello
stesso.
17. Come inserire a regime il telelavoro in un’Amministrazione, al termine di periodi di
sperimentazione su progetto?
L’art. 4, comma 5, della L. 191/98, fa riferimento all’avvio di forme sperimentali di telelavoro
e l’Accordo Quadro sul telelavoro (art. 1) considera il carattere sperimentale dell’istituto,
28
rinviando al successivo biennio la possibilità di apportare modifiche alla disciplina collettiva,
anche sulla scorta delle valutazioni dell’osservatorio sul telelavoro composto da
rappresentanti dell’ARAN e delle OO.SS.
Il D.P.R. 70/99 considera, invece, il telelavoro una delle forme di impiego flessibile delle
risorse umane (art. 1 ), senza fare cenno al carattere sperimentale del telelavoro.
Detto questo, va precisato che nessun concreto limite è ravvisabile nelle suindicate
disposizioni, per cui la considerazione circa il carattere definitivo o sperimentale del
telelavoro va effettuata, previa concertazione con le OO.SS., nella fase di avvio del progetto,
ben potendo l’Amministrazione decidere di far ricorso a tale forma di lavoro flessibile fin
dall’inizio in via definitiva, soprattutto in considerazione delle ormai numerose esperienze
maturate in ambito pubblico sino ad oggi.
Tale possibilità resta invece preclusa qualora la contrattazione collettiva di comparto o
decentrata abbia attribuito il carattere sperimentale alle forme di telelavoro da implementarsi,
dovendo in tal caso l’applicazione del telelavoro necessariamente avere ingresso attraverso una
fase sperimentale transitoria.
Ai fini di una successiva adozione a regime del telelavoro, le parti possono concordare la
messa a punto di periodici check up formali, sulla base del monitoraggio costante di alcune
variabili critiche (come ad esempio: l’andamento di costi e benefici, il grado di soddisfazione
del lavoratore e, se possibile, dell’utente del servizio, la qualità complessiva della prestazione
fornita, ecc.). Fissata la durata della sperimentazione, con congruo anticipo se ne compie la
verifica e poi, per la messa a regime, si ripercorre l’iter procedurale adottato all’avvio, giusto
perché le varie parti adottino atti confirmatori ed esprimano chiaramente le loro volontà.
29
PARTE QUARTA - INDICAZIONI E LINEE GUIDA PER
L’INTRODUZIONE DEL TELELAVORO
A. Nel processo decisionale per la predisposizione del progetto di telelavoro, si
sottolinea la rilevanza delle seguenti azioni da parte delle amministrazioni
a. Definire le motivazioni strategiche e le finalità organizzative dell’introduzione del
telelavoro nonché le modalità di coinvolgimento del livello politico, almeno sul piano
locale. Appare quanto mai opportuno, al riguardo, inserire il telelavoro in un quadro
più ampio di flessibilizzazione dell’organizzazione in cui, in particolare, si privilegia
il risultato e la qualità del lavoro, l’apporto innovativo del singolo lavoratore e del
gruppo di riferimento, il contributo determinante della dirigenza.
b. Realizzare azioni interne all’amministrazione volte a promuovere e diffondere i temi
della flessibilità e della destrutturazione dei tempi e dei luoghi di lavoro,
illustrandone vantaggi, opportunità e rischi, anche realizzando incontri ad hoc. Il ruolo
della dirigenza nell’introduzione del telelavoro è in questo senso determinante.
Occorre progettare e realizzare iniziative formative di confronto a livello dirigenziale
sui temi della normativa, della tecnologia, dell’organizzazione e della dimensione
psicologica e sociale del lavoro in rete, connessi alle trasformazioni più ampie in corso
nelle amministrazioni. In questo senso è auspicabile che la dirigenza stessa venga
coinvolta anche in veste di telelavoratori, oltre che per fornire maggiore legittimazione
e forza all’iniziativa anche per garantire maggiore efficacia nei processi decisionali
interni ai gruppi di lavoro e per analizzare e prevenire i possibili effetti negativi del
lavoro a distanza.
c. Individuare, in ogni realtà organizzativa, ai fini di un’ampia condivisione ed efficacia
del progetto di telelavoro, le variabili chiave in gioco ai fini di una loro corretta
configurazione per l’introduzione del telelavoro. La fase di avvio ha proprio lo scopo
di portare avanti tale obiettivo, anche con l’eventuale ausilio di risorse esperte esterne
all’organizzazione, ai fini di un’eventuale introduzione su più vasta scala del
telelavoro. Il piano di introduzione dovrebbe essere flessibile e permettere
adeguamenti progressivi. Tali variabili possono essere, a titolo esemplificativo:
− le modalità di organizzazione, di programmazione e verifica del lavoro;
30
− i modelli di comunicazione maggiormente diffusi e condivisi;
− i sistemi e le competenze tecnologiche;
− il ruolo e le caratteristiche della leadership e del potere nell’organizzazione
titolare del progetto di introduzione del telelavoro e in particolare nelle
strutture direttamente coinvolte;
− il sistema di relazioni interpersonali e intra-organizzative (in particolare nel
rapporto tra lavoratori “stanziali” ed esterni);
d. E’ opportuno che il progetto di telelavoro si fondi su un’analisi organizzativa
volta ad individuare, tramite apposite metodologie di rilevazione, i processi di lavoro e
le attività telelavorabili nonché le risorse da coinvolgere nel telelavoro, attraverso
l’applicazione di appositi indicatori di telelavorabilità di natura sia oggettiva che
soggettiva. Sarà compito dello staff di progetto, d’intesa con il dirigente della
struttura, individuare quelle variabili ritenute maggiormente significative nello
specifico dell’unità organizzativa in cui verrà svolta l’analisi. Si stabiliranno
successivamente delle soglie minime di accettabilità sulla base di indici sintetici di
telelavorabilità. L’indice di telelavorabilità deve tenere conto sia delle variabili
oggettive (relative ai processi lavorativi nell’organizzazione di appartenenza e alle
caratteristiche logistiche del futuro luogo di lavoro delocalizzato) sia quelle soggettive.
Tenendo presente che il livello di dettaglio deve essere compatibile con le risorse di
tempo ed umane a disposizione delle amministrazioni, si suggeriscono qui di seguito
alcuni indicatori che possono essere utilmente considerati.
Tra gli indicatori di carattere oggettivo inerenti le attività e i processi lavorativi:
− la ricorrenza di “picchi” lavorativi;
− il grado di interscambio relazionale con i colleghi più prossimi e con la
dirigenza;
− il livello di utilizzo di strumenti informatici in relazione al contenuto delle
propria attività lavorativa;
− la ricorrenza di situazioni organizzative, contingenti aventi carattere d’urgenza,
legate all’erogazione di un servizio;
− il legame funzionale tra i membri dell’unità organizzativa in relazione alla
effettiva necessità di compresenza fisica.
Fondamentale è il livello di digitalizzazione potenziale dei processi lavorativi e del
contenuto del lavoro; pertanto si suggerisce un’attenta analisi dei processi
31
amministravi e delle procedure di lavoro finalizzata alla semplificazione attraverso la
riduzione delle ridondanze e ad un’ampia digitalizzazione dei documenti, dei processi
comunicativi e decisionali. Rispetto a quest’ultimo punto occorre ricordare che la
informatizzazione delle procedure rappresenta uno dei prerequisiti fondamentali in
tutte quelle realtà organizzative dove è fondamentale lo scambio di documenti di cui
sono cruciali l’aspetto formale e tecnico.
Con riguardo alle lavoratrici e ai lavoratori, principali indicatori di natura
professionale da considerare sono:
− capacità di gestione autonoma e responsabilità dei tempi;
− capacità di lavorare in autonomia sulla base di obiettivi concordati;
− competenza nell’uso delle ICT;
− capacità di valutazione critica del proprio operato e dei risultati conseguiti;
− capacità di comunicare in rete;
− capacità di far fronte agli imprevisti.
Tra gli altri aspetti occorre verificare, inoltre, quali spazi vi siano in vista di una
preliminare semplificazione delle procedure.
Per quanto attiene ai dirigenti, è importante rilevare alcuni elementi che concorrono
alla migliore gestione degli uffici anche con personale che lavori a distanza:
− capacità di delega;
− capacità di programmazione e pianificazione dei compiti;
− capacità di leadership a “legami deboli” nel creare e mantenere, con livelli
adeguati di motivazione, comunità virtuali di lavoratori;
− capacità di comunicare e relazionarsi in rete;
−
capacità di valutare efficacemente ed equamente i risultati del telelavoratori.
Il telelavoro va interpretato come un’occasione per rivedere i processi di valutazione
svolti dalla dirigenza: in questo senso, più che modalità di valutazione specifiche per il
telelavoro sono chiamate in causa le competenze dirigenziali in merito, in un quadro
più generale.
In termini generali si suggerisce di elaborare gli indici di telelavorabilità sia attraverso
forme di valutazione standardizzate tramite questionari e/o interviste, sia attraverso
interventi di formazione-azione sotto la guida di esperti esterni o interni
all’amministrazione ma provenienti da altri settori organizzativi. E’ nel contempo
32
opportuno avvertire che, per non incorrere nel rischio di procrastinare nel tempo
l’introduzione del telelavoro, l’analisi iniziale può basarsi anche su un grado di
dettaglio limitato rispetto ad indici ed indicatori; anzi si consiglia alle amministrazioni
di cogliere l’opportunità, nelle fasi sperimentali, di mettere a punto tali indicatori in
maniera tale che possano trovare utilità anche a regime, dopo opportune modifiche.
Va infine sottolineato come molte delle capacità sopra esemplificate possono essere
sviluppate attraverso adeguati percorsi formativi sia nella dirigenza che nel personale
coinvolto in modo diretto e indiretto nell’esperienza di telelavoro.
e. Effettuare un’analisi dei fabbisogni formativi dei futuri telelavoratori, dei loro
colleghi e dei dirigenti e predisporre un piano formativo propedeutico all’avvio del
telelavoro è possibile e opportuno. Per quanto riguarda le ultime due figure è di
cruciale importanza curare i temi della gestione a distanza di gruppi di lavoro, della
comunicazione in rete e delle relazioni organizzative nei processi di lavoro. Si
ricorda, inoltre, che il telelavoro richiede una buona abilità nell’utilizzo degli
strumenti informatici: può essere in alcuni casi opportuno che, almeno in fase di
avvio, vengano coinvolti lavoratori che svolgano la propria attività già attraverso
questi strumenti, riducendo il carico formativo richiesto; in queste condizioni, la
formazione potrà concentrarsi su alcuni temi tecnici critici (es. la sicurezza
informatica; la risoluzione di piccoli problemi hardware) e su alcuni temi di carattere
più generale (programmazione delle attività, gestione dei rapporti intra-organizzativi
ecc.).
f. Effettuare una ricognizione dei modelli di valutazione adottati nelle unità
organizzative interessate dalle fasi di introduzione ed individuazione delle forme più
idonee in vista del telelavoro. In modo particolare è di fondamentale importanza
l’individuazione delle variabili di valutazione che andranno concordate e condivise
dallo staff di progetto, tenendo comunque presente che il principio-cardine generale
deve essere quello della valutazione del risultato. Come logica conseguenza di
questo approccio valutativo, anche i processi interni di lavoro vanno rivisitati alla luce
di un modello per obiettivi. Lavoro per obiettivi e valutazione del risultato
rappresentano due principi imprescindibili per ogni progetto di telelavoro.
g. Sempre in tema di valutazione e verifica del lavoro, occorre ulteriormente rimarcare la
rilevanza del rapporto di fiducia che deve improntare la relazione Amministrazionetelelavoratori. A livello formale, si propone che nelle fasi di avvio le amministrazioni
locali adottino un “Disciplinare” con indicazioni di massima sulle modalità di
33
erogazione del lavoro, ovvero adottino accordi individuali. In ogni caso le modalità
organizzative specifiche della funzione vanno affidate al rapporto organizzativo tra
dirigente e lavoratore nel rispetto delle peculiarità del lavoro e del contesto
organizzativo, tenuto conto di quanto previsto dall’accordo quadro nazionale e da
quello di settore.
h. Ogni progetto di telelavoro deve essere accompagnato da una adeguata analisi
costi/benefici
applicata
alle
aree
e
alle
unità
organizzative
individuate
precedentemente, di fondamentale importanza per la corretta definizione del piano
operativo. A livello generale possono richiamarsi le seguenti indicazioni:
si suggerisce di distinguere tra costi e spese, costi esterni e interni e tra costi
tangibili e intangibili; per costo, si può intendere un investimento che
coinvolge la sfera del sacrificio (inteso in senso economicistico) e del consumo
di risorse in termini di materie prime e di personale. La differenziazione con il
concetto di spesa appare non trascurabile se con quest’ultima si intendono i
costi che implicano un loro inserimento nel bilancio alla voce “uscite”. La
prospettiva del telelavoro assume, infatti, dimensioni oltremodo diverse
soprattutto quando si inserisce in un quadro di analisi dei processi lavorativi e
di creazione del valore dei servizi offerti, verso i quali sempre più spesso,
anche nell’ambito della PA, ci si avvicina con prospettive che provengono
dall’ambito privatistico dove temi come il controllo di gestione, il lavoro per
progetti, la customer care e la customer satisfaction, sono ormai di uso
corrente. Occorre distinguere, inoltre, tra costi interni – risorse direttamente
coinvolte da un progetto di telelavoro – ed esterni – cioè sostenuti dalla
collettività circostante coinvolta ovvero cittadini, utenti ecc. oppure dal
personale; e ancora tra costi materiali tangibili e immateriali o intangibili,
cioè legati a fattori quali stress, fatica fisica, cambiamenti di stili di vita ecc..;
si suggerisce di valutare i costi distinguendoli in materiali/interni,
materiali/esterni,
immateriali/esterni,
immateriali/interni
per
le
amministrazioni. Questi, a titolo indicativo, possono essere:
− materiali/interni:
project-management,
consulenza,
tecnologie,
adeguamento alla normativa della L.626, sicurezza dati, dotazioni e
manutenzione postazioni domiciliari, estensione polizza assicurativa,
collegamenti telematici/telefonici, formazione, rimborsi vari, ecc...
34
− materiali/esterni: eventuale messa a norma dell’ambiente di lavoro
domiciliare, eventuale perdita di ticket mensa, adeguamento spazi
destinati al lavoro, arredi, ecc…
− immateriali/esterni: stress e fatica, gestione e vigilanza postazione,
impegno e disponibilità all’apprendimento, gestione rapporti con i
colleghi, modifica delle dinamiche familiari, ecc…
− immateriali/interni:
impegno
formativo,
gestione
dal
rapporto
lavorativo su basi da ridefinire, sviluppo di nuove modalità di
pianificazione delle attività e verifica delle prestazioni e dei risultati;
si suggerisce di valutare, per le dimensioni dei benefici, le variabili misurabili
quantitativamente e qualitativamente. Queste possono essere individuate in
prima istanza tra i seguenti elementi:
− materiali/interni: aumento presenze in termini di abbattimento delle
assenze brevi, riduzione part-time, permessi, ecc., aumento della
produttività, ottimizzazione delle procedure e dei tempi di lavoro,
aumento dell’informatizzazione dei processi lavorativi e risparmio sui
benefit legati alla presenza fisica in sede, ecc…
− materiali/esterni: riduzione dei viaggi casa-lavoro, riduzione del
traffico e fenomeni connessi (inquinamento, stress, ecc.), diminuzione
costi servizi sociali, aumento fruibilità servizi pubblici, ecc…
− immateriali/esterni: miglioramento qualità della vita, soddisfazione
utenza, ecc…
− immateriali/interni:
clima
lavorativo
migliorato,
apprendimento
organizzativo, innovatività nella gestione, miglioramento immagine
della P.A..
In un’analisi costi-benefici, nel momento in cui si affronta il tema della
produttività del telelavoratore, si suggerisce di evitare il rischio di creare
dicotomie e discriminazioni – dirette o indirette rispetto al lavoratore stanziale
e in generale tra chi lavora dentro e chi lavora fuori della sede fisica
dell’organizzazione. Una dicotomia tra le due modalità rischia di
compromettere, a causa di valutazioni stereotipate, la corretta comparazione di
elementi che agiscono sull’efficienza del lavoro d’ufficio in modo differenziato
tra sede e postazione remota; nel lavoro in ufficio spesso non si valorizzano in
35
modo chiaro ed esplicito i contributi non strettamente inerenti la mansione o il
ruolo da svolgere, come ad esempio gli interventi di supporto a favore dei
colleghi o della struttura; si tende inoltre a non valutare il ruolo delle micropause in termini di sostegno al clima lavorativo e alla circolazione informale
delle informazioni organizzative.
i. Stendere il piano attuativo e pianificare il periodo di sperimentazione.
Una volta scelta la modalità di telelavoro (domiciliare, telecentro, mobile, misto) si
raccomanda di esplicitare:
− la tipologia e il numero di persone coinvolte;
− le modalità di implementazione delle postazioni di lavoro domiciliari,
mobili e/o presso centri-satellite;
− la durata della sperimentazione (che si raccomanda comunque non inferiore
a sei mesi);
− le modalità di reperibilità del lavoratore (anche in termini di fasce orarie
concordate con il dirigente e il gruppo di lavoro);
− i criteri di verifica della prestazione a distanza.
In questa fase devono inoltre essere esplicitate le fasi e le modalità di monitoraggio e
la frequenza di eventuali incontri periodici di valutazione in itinere del gruppo di
progetto e dei dipendenti e dirigenti coinvolti.
Sulla base di accordi sindacali, vanno definiti gli eventuali adeguamenti alle modalità
di svolgimento della prestazione rispetto al contratto di lavoro collettivo.
In particolare occorrono un’informativa sulle linee – guida del progetto; la consultazione
nel merito del progetto, volta anche alla verifica della congruenza del progetto di
telelavoro con la normativa vigente e con l’accordo-quadro nazionale del 23/03/00; e la
trattativa finalizzata alla sottoscrizione dell’accordo sindacale.
B. I soggetti proponenti: diritti ed obblighi.
•
Il lavoratore può chiedere che venga avviato un progetto per l’introduzione del telelavoro
ed espletare, dunque, la propria opera a distanza, dopo le necessarie verifiche di
compatibilità di tale modalità lavorativa con le esigenze organizzative del gruppo di
lavoro. Il telelavoro deve pertanto restare una scelta volontaria di ogni singolo dipendente
che vi aderisce su proposta propria o dell’amministrazione, in quanto nella normativa
36
attuale non è possibile considerarlo un diritto del dipendente e di conseguenza un obbligo
da parte dell’amministrazione verso il dipendente che ne faccia richiesta.
•
Nell’intento di indurre l’amministrazione a sviluppare iniziative che lo coinvolgano in
prima persona, il dipendente può tuttavia esplicitare la riduzione dei costi che deriverebbe
dall’essere messo in modalità telelavoro e far leva sulle motivazioni presenti nei
regolamenti e nelle leggi concernenti il telelavoro nella P.A. per sollecitare l’iniziativa
dell’amministrazione. Il potere finale di iniziativa inerente il progetto di telelavoro rimane,
tuttavia, di esclusiva pertinenza della dirigenza che sulla base degli obiettivi fissati dai
piani annuali d’azione individua gli obiettivi raggiungibili tramite questa modalità
lavorativa.
•
La costituzione di un “comitato pilota” può essere eventualmente opportuna nelle fasi
sperimentali iniziali nelle quali effettuare il monitoraggio e l’analisi organizzativa in vista
di un’applicazione su più vasta scala di un’iniziativa di telelavoro. Tra gli impegni del
gruppo proponente si sottolinea tuttavia quello dell’organizzazione di iniziative (incontri,
comunicazioni interne, workshop) volte a sensibilizzare il maggior numero di personale
(incluso il livello dirigenziale), anche non direttamente interessato dal telelavoro, sui temi
della flessibilità e della destrutturazione dei tempi e dei luoghi di lavoro. Si sottolinea, in
particolare, l’importanza di coinvolgere le rappresentanze sindacali anche in previsione di
un accordo interno integrativo che regoli l’eventuale istituzionalizzazione del telelavoro.
•
La valutazione della fase di avvio non può prescindere da un preesistente sistema interno
di valutazione del lavoro. In collegamento logico con quest’ultimo, lo staff di progetto
avrà cura di approntare un sistema tagliato sulle necessità specifiche di valutazione. In
modo particolare dovrà individuare alcuni indicatori-chiave, quali i seguenti, a titolo
esemplificativo:
− grado di informatizzazione delle procedure e dei processi lavorativi legati al
telelavoro;
− livello di produttività e professionalità del telelavoro (incremento delle
competenze, del grado di autonomia, della capacità di gestione di progetti
anche complessi, ecc..);
− livello di benessere dei telelavoratori;
− quantità e qualità delle relazioni tra telelavoratori e gruppo di lavoro e dirigenti
(disciplina dei rientri, modalità tecnologiche per favorire la socialità a
distanza);
37
− unicità o compatibilità e coerenza tra sistemi di valutazione adottati per
telelavoratori e lavoratori stanziali;
− trasparenza dei sistemi di selezione interna dei potenziali telelavoratori;
− rielaborazione degli indici di “telelavorabilità”;
Occorre segnalare in proposito che uno dei possibili effetti negativi dell’introduzione del
telelavoro sul clima organizzativo può nascere nel momento in cui i lavoratori rimasti in
sede percepiscono come un “privilegio” il fatto di svolgere la prestazione lavorativa
presso il proprio domicilio. Un’altra causa di tensione può infine derivare dal confronto, in
termini di produttività, tra le due tipologie di lavoratori. Al riguardo si può suggerire di
colmare la spaccatura eventualmente creatasi, impegnando su di uno stesso progetto,
telelavoratori e rispettivi colleghi in sede, con modalità di lavoro cooperativo o anche sul
modello dello job sharing, peraltro già contemplato dalla normativa che regole le modalità
di flessibilizzazione del lavoro.
•
Per quanto attiene alla valutazione della produttività, si ricorda che questa va considerata
non solo in termini quantitativi (quantità di servizi/prodotti nell’unità di tempo) ma anche
qualitativi, con riferimento all’efficacia del lavoro stesso e all’apporto innovativo in esso
profuso. Gli strumenti di valutazione dovranno basarsi su strumenti sia standardizzati e
quantitativi che qualitativi, come ad esempio questionari di autovalutazione e interviste
(svolte, per motivi di trasparenza e di validità dei dati, da personale esterno all’unità
organizzativa analizzata). Va ancora una volta ricordato il rischio di differenziazioni tra
chi lavora in maniera tradizionale ed i telelavoratori in merito al delicato tema della
produttività: occorre quindi tenere ben presente quale è il valore aggiunto della presenza
fisica sul luogo di lavoro anche rispetto ad alcune dimensioni dell’apporto individuale,
quali quella legata all’apprendimento organizzativo, al supporto tecnico e consulenziale
informalmente esercitato tra colleghi, tutte peraltro non facilmente misurabili.
•
Fermo restando che l’amministrazione, nella pianificazione del periodo di introduzione
del telelavoro e nelle successive implementazioni, deve farsi carico di selezionare
adeguatamente i potenziali telelavoratori approfondendo attraverso altre variabili i risultati
degli indici di telelavorabilità, essa deve altresì farsi carico, tramite interventi mirati ad
una comunicazione più efficace e funzionale all’introduzione di nuove soluzioni
organizzative, delle problematiche che possono intervenire nello svolgimento del
telelavoro domiciliare, mobile e di telecentro, quali:
38
− difficoltà, a carico del telelavoratore, nel distinguere sfera lavorativa e sfera privata
(wokalcoholism, colonizzazione della notte, ecc.)
− difficoltà dei colleghi “stanziali” nel relazionarsi a distanza
− rischio di isolamento dal gruppo di lavoro
− rischio di isolamento dalle informazioni-chiave per la propria crescita professionale
C. Dal progetto alla fase sperimentale e alla istituzionalizzazione del telelavoro
•
Ogni progetto di telelavoro dovrebbe prevedere l’opzione, nel caso di una buona riuscita
complessiva della fase sperimentale, di un’implementazione su più vasta scala sia in
termini di numero di lavoratori coinvolti, di tipologie lavorative e modelli organizzativi
adottati, sia in termini di ricadute per il territorio. A questo scopo lo staff di progetto e le
parti dirigenti possono affiancare al progetto di telelavoro altri modelli di
flessibilizzazione e prevedere una riorganizzazione complessiva dell’ente interessato, sia
in termini di risorse umane che di strutture logistiche. Al fine di prevedere
un’introduzione su più vasta scala del telelavoro, dopo la fase sperimentale, il progetto
dovrà pianificare una serie di analisi e studi in altre unità organizzative, seguendo il
modello adottato per la fase sperimentale.
•
Va ricordato che il telelavoro necessita di tempi lunghi per valutarne i risultati; al tempo
stesso occorre considerare che i gruppi di sperimentazione (finora solitamente limitati nel
numero di lavoratori) non consentono di produrre elaborazioni statistiche in senso stretto a
supporto dei risultati emersi. Un buon successo della sperimentazione su poche unità può
pertanto non offrire garanzie assolute per l’implementazione su più vasta scala, in carenza
di adeguate analisi e adeguamenti progettuali.
•
Ferma restando la possibilità per il singolo telelavoratore di ritornare alla situazione di
lavoro in sede (principio delle reversibilità del telelavoro, legge 16 giugno 1998 n. 191,
art.4), nel caso in cui la fase sperimentale avesse dato esito positivo, secondo i parametri
indicati in precedenza, il telelavoro può entrare a pieno titolo nelle forme istituzionalizzate
di flessibilità, salvo sopraggiunti gravi e manifesti impedimenti organizzativi segnalati dai
responsabili delle unità organizzative.
•
Qualora i risultati dell’analisi siano negativi, ovvero non rispettino quantomeno l’obiettivo
del pareggio tra costi e benefici (di natura sia materiale che immateriale),
l’amministrazione può tuttavia decidere di proseguire col piano operativo nei casi in cui,
39
di comune accordo con le parti sindacali e con i lavoratori coinvolti, i risultati attesi sul
lungo periodo offrano dei vantaggi in termini di obiettivi strategici.
D. Sicurezza sul luogo di lavoro, sicurezza dei dati ed infrastrutture
•
In linea con la normativa in vigore e gli accordi stipulati tra ARAN e organizzazioni
sindacali, il rapporto di lavoro anche se svolto a distanza, prevede che il domicilio del
telelavoratore costituisca il luogo di lavoro del dipendente nel momento in cui vi esplica
l’attività lavorativa; essa è quindi coperta a tutti gli effetti dall’assicurazione dell’INAIL.
Va ribadito a questo proposito il principio base per cui non vi è “nessuna differenza tra
telelavoro e lavoro in sede”. L’amministrazione deve quindi fornire la postazione (o
verificare la compatibilità in termini di dotazioni software ed hardware ed ergonomia di
una dotazione preesistente) e verificare la rispondenza ai requisiti normativi (L.626/94)
dell’abitazione limitatamente all’area interessata dalla collocazione della postazione di
lavoro. Gli elementi essenziali sono in particolare:
− l’ergonomia della postazione;
− l’illuminazione;
− l’aerazione;
− L’impianto elettrico.
Per quanto concerne la conformità alla normativa relativa agli impianti elettrici domestici,
o ad altre caratteristiche aventi delle ricadute in termini di sicurezza negli ambienti
domestici, la responsabilità ricade sul proprietario dell’abitazione mentre sarà cura del
telelavoratore fornire un’autocertificazione relativa alla conformità della propria
abitazione a tali normative. In caso di telecentro, invece, ricordiamo che la verifica della
sussistenza o meno dei requisiti previsti dalla L.626/94 è a carico dell’ente ospitante o
ospitato; in caso di telelavoro mobile, la responsabilità del datore di lavoro è quella della
normale cura del PC in dotazione ai dipendenti. Si raccomanda, infine, di inserire nei
progetti di TL un percorso formativo che riguardi anche gli aspetti della sicurezza (con
richiamo all’Accordo Quadro).
•
La tempestività del supporto tecnico è importantissima al fine di non isolare
ulteriormente il telelavoratore dal proprio ambiente di lavoro abituale: in particolare si può
prevedere, ad esempio, che dopo 24 ore di mancato collegamento che renda di fatto
impossibile telelavorare, il dipendente rientri in ufficio interrompendo temporaneamente il
40
lavoro in modalità a distanza: va comunque sollecitata la massima tempestività negli
interventi di help desk e di assistenza tecnica, proprio per arginare i rischi di interruzione
della prestazione da un lato e di isolamento dall’altro.
•
Fermo restando che il problema della sicurezza dei dati trattati deve rappresentare una
priorità nel caso di tutte quelle informazioni che potrebbero arrecare un danno grave e
comprovato nel caso fossero impropriamente ottenute da persone esterne alla P.A., il
telelavoro non è direttamente implicato nelle problematiche di sicurezza dei dati sensibili
eventualmente trattati. Ciononostante, l’amministrazione si fa carico dell’adeguata
protezione delle comunicazioni tra postazioni remote e sedi centrali mentre è a carico del
telelavoratore la messa in atto di tutti quegli accorgimenti utili ad evitare ogni indebita
intromissione nei dati contenuti nella propria postazione domiciliare o mobile, sia da parte
di familiari che di estranei.
•
L’amministrazione che applica il telelavoro, nel caso in cui sia già in possesso di una rete
intranet, deve farsi carico di proteggere la stessa dagli accessi esterni impropri tramite
adeguati sistemi si sicurezza per la rete. In tutti gli altri casi, l’amministrazione si fa carico
di proteggere le comunicazioni, nel dialogo tra postazione a distanza e rete dell’ente,
tramite sistemi di crittografia adeguati.
•
L’amministrazione si fa carico di introdurre i sistemi di identificazione ed
autenticazione più idonei rispetto al grado di “sensibilità” dei dati trattati, limitando il
ricorso alla procedura della firma digitale a tutte quelle comunicazioni che devono avere
valore legale verso l’esterno della P.A.
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Per quanto attiene alle tecnologie e alle infrastrutture di rete, i modelli di accesso alla
rete da preferire per consentire al tempo stesso adeguata velocità e sicurezza dei dati
sensibili eventualmente trattati sono quelli che adottano il protocollo TCP/IP, salvo
differenti soluzioni che offrano vantaggi comprovati
•
Si suggerisce all’amministrazione che adotta il telelavoro, in particolare quello domiciliare
e/o mobile, di farsi carico di gestire gli accessi diretti alla Intranet tramite VPN (Virtual
Private Network) mentre, per la postazione telefonica del telelavoratore, di remotizzarne
la linea telefonica d’ufficio.
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