l`industria della comunicazione in italia
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FONDAZIONE ROSSELLI Istituto di Economia dei Media L’INDUSTRIA DELLA COMUNICAZIONE IN ITALIA TREDICESIMO RAPPORTO IEM Gli investimenti pubblici nell’industria culturale e delle telecomunicazioni © 2011, Fondazione Rosselli Corso Giulio Cesare 4 bis/B 10152 Torino Tel. +39 011 2079083 Fax +39 011 76 52 613 [email protected] | www.fondazionerosselli.it ISBN 978-88-97269-03-8 Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art.68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n.633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da Fondazione Rosselli. FONDA ZIONE ROSSELLI Fondazione Rosselli Istituto di Economia dei Media L’INDUSTRIA DELLA COMUNICAZIONE IN ITALIA TREDICESIMO RAPPORTO IEM Gli investimenti pubblici nell’industria culturale e delle telecomunicazioni A cura di Flavia Barca Coordinamento operativo Andrea Marzulli Autori Flavia Barca - Daniela Ciavarelli - Andrea Marzulli -Luca Murrau Lorenzo Principali - William Ricci - Paola Savini - Roberto Triola Chiara Valmachino - Bruno Zambardino La Fondazione Rosselli ringrazia per il sostegno: ed inoltre: Se i dati e le informazioni di seguito rappresentati sono stati raccolti in maniera accurata, non si intende comunque offrire alcuna garanzia formale, esplicita o implicita, che le fonti da cui sono stati raccolti siano veritiere o complete. Le informazioni sono state espressamente raccolte per l’uso in questo rapporto di ricerca e basate sui dati e le fonti disponibili al momento della realizzazione dello studio, per il quale ci si riserva il diritto di aggiornamenti e correzioni in qualsiasi momento. La Fondazione Rosselli non si assume, quindi, alcuna responsabilità formale su dati e valutazioni espresse e sull’eventuale uso che di questi possa essere fatto in altre sedi, come ad esempio intraprendere iniziative o valutazioni commerciali basate sulle informazioni qui raccolte e sulle opinioni qui espresse. Indice Introduzione (7) di Flavia Barca e Andrea Marzulli Parte prima Mercati Televisione di Andrea Marzulli 1. Introduzione (15) - 2. Ascolti e penetrazione (16) - 3. Il mercato (23) - 4. L’andamento della pubblicità televisiva: lo scenario europeo (26) Radio di Chiara Valmachino 1. Lo scenario (33) - 2. Gli investimenti pubblicitari (39) - 3. Il confronto internazionale (41) - 4. Le piattaforme di distribuzione e il futuro della radio (42) Cinema di Bruno Zambardino 1. Produzione, distribuzione, esercizio (48) - 2. Le risorse del mercato (51) - 3. Una comparazione con i mercati europei (59) Home-video di Andrea Marzulli 1. Il mercato italiano (63) - 2- Il confronto internazionale (66) Libri di Daniela Ciavarelli 1. Produzione e lettura (71) - 2. Valore del mercato (74) - 3. Confronti internazionali (76) Quotidiani e periodici di Paola Savini 1. Introduzione (80) - 2. La stampa quotidiana e periodica in Italia: analisi dei principali indicatori (82) – 2.1 Tiratura, diffusione e vendita (82) – 2.2 La lettura (84) – 3. Le aziende editoriali: fonti di ricavo e redditività (86) – 3.1 Quotidiani (86) 3.2 Periodici (88) – 4. Il confronto internazionale (89) Directory di Luca Murrau 1. Il mercato italiano (94) - 2. Il mercato europeo (96) Musica registrata di William Ricci 1. Il mercato italiano (99) - 2. Il mercato europeo (103) - 3. Il mercato mondiale (105) Pubblicità 1. La comunicazione commerciale: lo scenario 2008-2009 (108) - 2. Il media mix italiano (111) - 3. Il confronto internazionale (115) Telecomunicazioni fisse e banda larga di Lorenzo Principali 1. Il mercvato dei servizi di rete fissa e la banda larga (120) - 2. Gli operatori, gli investimenti e l’ultra broadband (126) - 3. Il confronto internazionale (132) - 4. La separazione funzionale della rete (136) Telecomunicazioni mobili di Lorenzo Principali 1. Lo scenario del mercato (142) - 2. Gli operatori infrastrutturati e i MVNO (144) - 3. La banda larga mobile: contenuti, traffico e investimenti (146) - 4. Il confronto internazionale (149) Informatica di Roberto Triola 1. Introduzione (153) - 2. Le imprese IT in Italia (155) - 3. Il mercato (157) - 4. Il confronto internazionale (163) Videogiochi di William Ricci 1. Il mercato italiano (167) - 2. Mercato europeo (173) - 3. Abitudini di consumo (174) Parte seconda Approfondimenti Gli investimenti pubblici nell’industria culturale e delle telecomunicazioni di Flavia Barca, Andrea Marzulli, Luca Murrau, Lorenzo Principali, Bruno Zambardino 1. Introduzione e Nota Metodologica (178) 1.1. Introduzione (178) 1.2. Nota metodologica (182) 2. Gli aiuti di stato a cultura e telecomunicazioni: orientamenti e iniziative dell’Unione Europea (186) 2.1. I nuovi orientamenti sugli aiuti di Stato (186) 2.2. La deroga prevista per gli aiuti alla cultura e le iniziative di supporto (188) - 2.2.1. La deroga per la cultura (188) - 2.2.2. Le iniziative di supporto (191) 2.3. L’azione europea per le telecomunicazioni (195) - 2.3.1. Il quadro generale (195) - 2.3.2. Gli aiuti di stato a sostegno del broadband (197) - 2.3.3. Le aree di aiuto al broadband (199) 3. La spesa pubblica in Italia in telecomunicazioni e cultura nel sistema dei conti pubblici territoriali (201) 3.1. Introduzione (201) 3.2. Il quadro complessivo (202) 3.3. La spesa pubblica nelle telecomunicazioni (205) - 3.3.1. Spesa complessiva sul territorio italiano (205) - 3.3.2. Spesa per regione (207) 3.4. La spesa pubblica in cultura (209) - 3.4.1. Spesa complessiva sul territorio italiano (209) - 3.4.2. Spesa suddivisa per regione (214) 4. L’intervento pubblico in Italia nei settori dell’industria della comunicazione (217) 4.1. Radio e tv (217) - 4.1.1. Introduzione (217) - 4.1.2. Sostegno alla tv pubblica nazionale (217) - 4.1.3. Le convenzioni Rai con la PA (222) - 4.1.4. I contributi del Ministero dello Sviluppo Economico – Dipartimento delle Comunicazioni (228) - 4.1.5. I contributi della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Editoria ed Informazione (233) - 4.1.6. Rimborsi per messaggi autogestiti a titolo gratuito in campagna elettorale (236) - 4.1.7. Contributi per il digitale terrestre (239) 4.2. Editoria (247) 4.3. Cinema e spettacolo dal vivo (251) - 4.3.1. Introduzione (251) - 4.3.2. Evoluzione degli stanziamenti Fus e macrotendenze (258) - 4.3.3. I settori più rilevanti: cinema, fondazioni liricosinfoniche, attività musicali, prosa (262) - 4.3.4. Investimenti pubblici a favore della fiction nazionale e i fondi regionali per l’audiovisivo (271) - 4.3.5. I fondi extra-FUS (273) - 4.3.6. Le risorse Arcus per la cultura e lo spettacolo (275) - 4.3.7. Le risorse del lotto per lo spettacolo (283) - 4.3.8. La ridistribuzione della spesa pubblica nazionale a livello regionale (285) 4.4. Forme di incentivi pubblici alle infrastrutture di telecomunicazione (290) - 4.4.1. Introduzione (290) - 4.4.2. I principali organismi impegnati nella diffusione della banda larga (291) - 4.4.3. I principali interventi a livello nazionale (294) - 4.4.4. I principali interventi a livello regionale (300) 4.4.5. Le risorse stanziate nella lotta al digital divide (302) Bibliografia (304) Considerazioni a margine dello studio (306) di Carla Bodo (306) di Maurizio Dècina (309) di André Lange (310) di Mario Morcellini (311) di Mariella Volpe (314) Note sugli autori (326) Introduzione di Flavia Barca e Andrea Marzulli Una forte flessione nel 2009 e una ripresa generalmente debole, con l’eccezione di alcuni comparti, nel 2010. Il quadro disegnato dall’andamento dell’industria della comunicazione nel corso della crisi economica non è particolarmente differente da quello dell’economia in generale nel nostro Paese. La flessione di questo macro-settore, dal perimetro non immune da puntualizzazioni metodologiche, è stata complessivamente del 4,4%, una percentuale non lontana da quella pronosticata nel precedente rapporto (4,9%), grazie a una ripresa migliore del previsto negli ultimi mesi del 2009. Il valore totale si attesta sui 96.147 milioni di euro (contro i 100.520 del 2008), una cifra di poco inferiore a quella registrata nel 2005. Questo valore non supererà i 100 miliardi a fine 2010; anzi, considerando le difficoltà dell’ICT, resterà decisamente al di sotto. Figura 1 - Ricavi dell’industria della comunicazione, 2005-2009 105.000 100.321 100.000 100.520 98.712 96.263 96.147 95.000 90.000 85.000 80.000 2005 2006 2007 2008 2009 Note: dati in milioni di euro. Fonte: IEM su varie. L’andamento dei diversi mercati nel 2009 lascia poco spazio a considerazioni fuori dall’alveo nel quale i fenomeni degli ultimi anni sono stati letti e interpretati. Se guardiamo ai pochissimi segmenti che hanno chiuso l’anno con un segno positivo, troviamo il mercato pubblicitario su Internet, la cui forte crescita è stata solo frenata ma il cui ruolo nel riposizionamento degli investimenti in comunicazione si conferma. A questa si aggiunge il box office cinematografico, che conferma la sua straordinaria valenza anticiclica, ma che rappresenta solo la prima delle tipologie di sfruttamento del prodotto. Prodotto che invece non è immune dal restringersi delle finestre successive, come l’home video, in forte caduta, e la televisione con la flessione dei ricavi Introduzione 7 pubblicitari e il rallentamento di quelli da abbonamento. Terzo e ultimo segmento in positivo, la pubblicità below the line, forma di comunicazione commerciale che tradizionalmente meno risente dell’andamento macroeconomico rispetto agli investimenti sui mezzi classici. La lista dei mercati con segno negativo comprende tutti quei settori che hanno pagato la crisi pubblicitaria, a diversi livelli d’incidenza. Per cui può essere considerato persino positivo il –3,4% della televisione, dove la flessione pubblicitaria, meno forte che in altri media, è stata parzialmente compensata dalla crescita, persistente seppur a tassi inferiori, della pay. Peggio è andata alla radio e, soprattutto, a quotidiani e periodici, i quali non hanno trovato nelle vendite dirette un fattore di compensazione quanto di aggravamento del risultato finale. Se musica e home video proseguono nella loro erosione, condizionata dalle alternative offerte Internet (in senso ampio, leggi: file sharing), che colpiscono ormai anche i quotidiani e le directory, desta preoccupazione la forte battuta d’arresto (-8%) dell’informatica, mercato che nel nostro Paese è già fortemente sottodimensionato e che ha risentito in particolare della contrazione della domanda business. Figura 2 - Andamento dei mercati della comunicazione (var. % 2009 su 2008) Internet (pubblicità) 6,4 Cinema 4,2 Pubblicità below the line 1,5 -1,5 Tlc mobili Tlc fisse -3,3 Televisione -3,4 Libri -4,3 Industria della Comunicazione -4,4 Radio -7,8 Informatica -8,1 Quotidiani -9,0 Directory -9,7 Videogiochi -10,6 Musica registrata -13,1 Periodici Home video Pubblicità esterna -25,0 -14,1 -17,9 -18,9 -20,0 -15,0 -10,0 -5,0 0,0 5,0 10,0 Fonte: IEM su varie. Nel corso del 2010 si sono visti i segnali di ripresa, ma non per tutti i settori. Sul versante pubblicitario, hanno ripreso la loro corsa in doppia cifra gli investimenti su Internet (nel periodo gennaio-ottobre), così come superiore al 10% è stata la crescita della radio, che ha pressoché recuperato quanto perso nel 2009, ed anche la pubblicità televisiva registra un confortante +6%. Non si arresta, viceversa, la caduta dei quotidiani, per i quali gli investimenti pubblicitari retrocedono di un ulteriore 2,6% e il segno negativo delle vendite sfiora addirittura il 5%. Superfluo citare ancora il consumo di informazione sui nuovi media per commentare questa ulteriore flessione. Mentre può essere ritenuto soddisfacente, nel disastro degli ultimi anni, il segno positivo per la musica (+7,7%) e per l’home video (+2%) nella prima parte del 2010. Riprendono a marciare anche i videogiochi, con un incremento di quasi il 7% nei primi 8 Introduzione cinque mesi dell’anno. Più preoccupante, invece, la flessione continua dell’ICT, dove le telecomunicazioni fisse perdono il 4%, quelle mobili l’1% e l’informatica il 2,5%. Per l’IT, è proseguita la contrazione degli investimenti delle imprese nell’adeguamento delle dotazioni tecnologiche. Nelle TLC si registra principalmente il calo dei ricavi da fonia e, per quanto riguarda la rete fissa, dei servizi a valore aggiunto. Figura 3 - Andamento dei mercati della comunicazione (var. % parziale 2010 su stesso periodo 2009) Cinema (incassi) 26,0 Internet (pubblicità) 17,7 Radio (pubblicità) 10,2 Musica (fisico + digitale) 7,7 Videogiochi (Hw + Sw) 6,9 Televisione (pubblicità) 6,3 Pubblicità mezzi classici 3,8 Home video 2,0 Tlc mobili -0,9 Informatica -2,5 Quotidiani (pubblicità) -2,6 Tlc fisse Quotidiani (vendite) -10,0 -4,0 -4,7 0,0 10,0 20,0 30,0 Note: l’arco temporale si riferisce a gennaio-ottobre (tutti i dati pubblicitari e le vendite dei Quotidiani), gennaioagosto (incassi Cinema), gennaio-giugno (Informatica, Telecomunicazioni fisse e mobili, Home video, Musica), gennaio-maggio (Videogiochi). La variazione percentuale è sullo stesso periodo dell’anno precedente. Fonte: IEM su varie. Dal raffronto con i principali mercati europei, sistematicamente affrontato nelle analisi contenute in questo Rapporto, emerge come l’industria della comunicazione nel nostro Paese sia meno ricca, in proporzione, rispetto a quella degli altri grandi Paesi europei, dove i consumi culturali e tecnologici sono, in qualche caso di gran lunga, più sviluppati. Una positiva eccezione è rappresentata dal mercato della pubblicità televisiva, il più ricco del continente. Non v’è dubbio che sia anche il più concentrato ma è anche vero che la leadership, a valore, sia raggiunta grazie al fatto che il servizio pubblico vi concorre con la cifra più alta fra i servizi pubblici degli altri Paesi e che nel computo sono inseriti i ricavi commerciali delle emittenti locali, assenti o marginali negli altri Paesi considerati. Lo stesso valore, qualora considerato pro capite, peggiora la classifica dell’Italia in alcuni segmenti, a favore della meno popolata Spagna. Il risultato del 2009, in variazione percentuale sull’anno precedente, dà alla Spagna il non invidiabile primato della peggiore performance in quasi tutti i segmenti dell’industria. Primato che l’Italia ha avuto nel box office cinematografico (pur nel segno positivo, come detto) e nel mercato dell’editoria libraria. In molti casi, quello italiano è il secondo peggior risultato dopo quello spagnolo. A perimetro costante (cioè solo per i settori considerati), la flessione dell’Italia (6,4%) è però inferiore non solo a quella della Introduzione 9 Spagna ma anche a quella del Regno Unito (6,6%). Più contenuta è stata la caduta in Francia (-3,2%) e Germania (-4,9%). Tabella 1 - Mercati della comunicazione a confronto, per valore totale (2009) Francia Germania Italia Regno Unito Spagna Rank Italia 3544 3640 3983 3467 2343 1 Radio (pubblicità) 676 679 436 456 537 5 Cinema (incassi) 1232 976 664 1059 668 5 Televisione (pubblicità) Home video 1411 1633 680 2877 125 4 Libri 4213 9691 3407 3821 3109 4 680 1099 226 1128 176 4 Musica registrata Pubblicità mezzi classici 10724 14068 8844 13989 5621 4 Tlc fisse (servizi) 20000 34200 15390 9900 6500 2 Tlc mobili (servizi) 20400 23600 17700 16710 13340 3 Informatica 53100 69000 18686 59700 14400 4 Videogiochi 2441 2364 1129 3110 1200 5 Note: dati in milioni di euro. Fonte: IEM su varie. Tabella 2 - Mercati della comunicazione a confronto, per valore pro capite (2009) Francia Germania Italia Regno Unito Spagna Rank Italia Televisione (pubblicità) 56,44 44,52 65,99 55,88 49,90 1 Radio (pubblicità) 10,77 8,31 7,22 7,35 11,44 5 Cinema (incassi) 19,62 11,94 11,00 17,07 14,23 5 Home video 22,47 19,97 11,27 46,37 2,66 4 Libri 67,09 118,53 56,45 61,59 66,21 5 Musica registrata 10,83 13,44 3,74 18,18 3,75 5 Pubblicità mezzi classici 170,78 172,07 146,54 225,48 119,71 4 Tlc fisse (servizi) 318,50 418,31 255,00 159,57 138,43 3 Tlc mobili (servizi) 324,87 288,66 293,27 269,33 284,10 2 Informatica 845,63 843,96 309,61 962,26 306,68 4 Videogiochi 38,87 28,91 18,71 50,13 25,56 5 Note: dati in euro. Fonte: IEM su varie. Tabella 3 - Mercati della comunicazione a confronto, per var. % 2009 su 2008 Francia Germania Italia Regno Unito Spagna Televisione (pubblicità) -9,8 -9,8 -11,7 -11,0 -22,7 Radio (pubblicità) -8,9 -5,6 -7,8 -7,1 -16,4 7,9 22,8 4,2 11,1 7,9 -0,2 5,0 -17,9 -10,0 -36,9 Cinema (incassi) Home-video Libri Musica registrata Pubblicità mezzi classici 3,9 0,8 -4,3 -2,9 -2,4 -2,6 -3,0 -13,1 1,9 -14,6 -10,7 -9,7 -11,7 -11,0 -20,9 -0,5 -3,1 -2,4 -2,9 -8,5 1,5 -7,1 -3,5 -3,2 -5,5 Informatica -3,8 -4,6 -8,1 -6,7 -8,9 Videogiochi -17,1 -14,2 -10,6 -16,2 -16,2 -3,2 -4,9 -6,4 -6,6 -10,1 Tlc fisse (servizi) Tlc mobili (servizi) Totale (solo settori in tabella) Note: dati in percentuale. Fonte: IEM su varie. 10 Introduzione Lecito in questo scenario ripensare, come in qualunque altro settore dell’economia nazionale, le politiche pubbliche per l’industria della comunicazione. Le politiche pubbliche non si limitano necessariamente a quanto e come viene speso dallo Stato (e dagli enti locali) per sostenere e stimolare l’industria della comunicazione. Nondimeno, sul “quanto” e “a chi” si concentra generalmente l’attenzione degli operatori e di chiunque, a vario titolo, si occupi del settore. Il 2010 è stato caratterizzato da infinite polemiche sul taglio dei fondi pubblici (dall’emittenza locale all’editoria, dal Fondo Unico per lo Spettacolo agli investimenti pubblici sulla banda larga). D’altronde, polemiche di questo tipo si riaccendono ogni anno in corrispondenza dell’approvazione della legge finanziaria o del decreto “milleproroghe”, e già questo è il segno di come sia latitante una programmazione di lungo periodo e di ampia visione, a favore di un sistema di contribuzione pubblica stratificato e, diremmo, di “cronicizzata precarietà”, erroneamente scambiata per stabilità. Ma nel 2010, i tagli sono stati, e tali si preannunciano per il futuro, particolarmente pesanti in tutti i settori che godono di fondi pubblici, con una virulenza che ha trovato legittimazione nell’emergenza economica ma che non sembra avere chiari i criteri su come e cosa tagliare né essersi posta il problema. Non è però per spirito giornalistico che il rapporto IEM di quest’anno dedica un approfondimento a Gli investimenti pubblici nell’industria culturale e delle telecomunicazioni. Benché, certo, l’attualità ponga questo argomento sotto sguardi particolarmente attenti. L’analisi delle tendenze dei flussi di spesa del settore pubblico diventa un elemento necessario su cui basare la valutazione qualitativa dei trasferimenti, ovvero la loro efficacia (in termini di risultati economici sul territorio, nonché di redistribuzione sociale della spesa) e quindi la loro redditività e funzione sociale. Un’attendibile ed efficace rilevazione dei dati di spesa rappresenta in effetti il punto di partenza per consentire misurazioni degli impatti prodotti dalla spesa sul settore e nel territorio, e comprendere quanta parte di essa può ritenersi per davvero spesa produttiva (ad esempio qualora essa sia destinata a sostenere innovazioni d’impresa o di sistema) piuttosto che spesa destinata a sostenere attività dallo scarso o nullo impatto sulla capacità produttiva del settore e dell’economia. Soprattutto, data la crescente scarsità di finanziamenti pubblici alla cultura e alle telecomunicazioni, sprechi non sono veramente più ammissibili e, quale che sia la quantità di denaro utilizzata, essa non può più non essere accompagnata da una valutazione della sua efficacia. Il decisore politico che deliberi un investimento pubblico dovrà necessariamente prevedere un monitoraggio continuativo di questa spesa, poiché troppi sono i casi di erogazioni concesse in un deficit di conoscenza e senza la preoccupazione di verificarne l’efficacia. Monitoraggio che determina anch’esso un costo, aggiuntivo, che va considerato ineliminabile. La scelta di focalizzare l’attenzione sugli investimenti pubblici ci è sembrata inoltre particolarmente rilevante dal momento che la natura di questi ultimi definisce e condiziona i processi creativi, produttivi e distributivi che danno forma e visibilità al sistema cultura. Il perimetro di analisi prescelto è, però, sui generis rispetto a quello che tradizionalmente si disegna quando si ragiona di cultura. Si è, infatti, definito un universo composto da cultura e telecomunicazioni, inserendo sotto il cappello “cultura” lo spettacolo dal vivo, il cinema, la televisione, la radio e l’editoria. Si tratta di una scelta che trae la sua ratio dalla volontà di riflettere su una accezione di cultura come punto di intersezione di diversi settori che si trovano all’interno di una stessa filiera, fortemente interconnessi, dalla creazione a monte alla distribuzione a valle. Ragionare sui fondamenti economici della cultura in qualità di “filiera della cultura” significa, quindi, aver fatto un salto concettuale dalle riflessioni sull’industria culturale ad un universo in cui la cultura non è più messa sotto esame come prodotto intellettuale che si è fatto merce, ma come prodotto intellettuale, della conoscenza, in grado di generare benessere e sviluppo, all’interno di un circolo virtuoso di innovazione e di sviluppo tecnologico. I settori che compongono la filiera qui indagata, sono, da più o meno tempo, e con minore e maggiore attenzione, e con diverse logiche, “aiutati” dallo Stato laddove e nella misura in cui Introduzione 11 l’aiuto di Stato, senza infrangere i naturali processi concorrenziali, è in grado di aumentare il benessere della società stimolando “forzatamente” alcuni nodi del sistema. L’obiettivo dell’Approfondimento di questa edizione è dunque quello di misurare questo aiuto, cioè l’ammontare della spesa dell’amministrazione pubblica in cultura e telecomunicazioni. Si tratta di un primo passaggio, la base di partenza sulla quale poggiare qualsivoglia ragionamento di merito e di metodo. La mission che ci siamo dati è, infatti, quella di rendere i dati manifesti e trasparenti. Ed elaborati con un’analisi di tipo comparato e diacronico, che provasse a collocare i conti nella loro progressione temporale e quindi nelle modificazioni intervenute negli ultimi anni, e mettesse a confronto tra loro i vari segmenti dell’industria culturale. Ci auguriamo che questo possa essere un utile punto di partenza per iniziare a ragionare sulle logiche che stanno alla base delle strategie di spesa, ed aprire così la strada ad una riflessione più ampia sulle politiche pubbliche riguardo alla cultura. 12 Introduzione Parte prima Mercati Televisione Radio Cinema Home-video Libri Quotidiani e periodici Directory Musica registrata Pubblicità Telecomunicazioni fisse e banda larga Telecomunicazioni mobili Informatica Videogiochi Radio 13 Televisione 14 Televisione di Andrea Marzulli 1. Introduzione Il mercato televisivo italiano sta finalmente facendo i conti con alcuni cambiamenti strutturali che già da qualche anno si avvertono nei mercati televisivi più avanzati. Il crescente grado di concorrenza rappresenta un elemento sicuramente positivo. Se la spinta all’innovazione appare ancora flebile, è legittimo l’auspicio che nei prossimi anni alcune tendenze si affermino e movimentino le dinamiche di mercato accrescendo quella che è – giova ricordarlo una volta di più – il fine ultimo del sistema televisivo, ossia la soddisfazione dei bisogni di intrattenimento e informazione dello spettatore. Il passaggio al digitale e la conseguente frammentazione degli ascolti, con l’accrescimento delle possibilità di scelta, sta innescando pratiche concorrenziali più decise alle quali il mercato italiano non era abituato. I broadcaster tradizionali presidiano le nuove offerte, sia sul versante dei canali digitali, sia sul versante dell’on demand, riorganizzando l’offerta Internet (si pensi al portale Rai.tv, a Video Mediaset o al portale di La7) in vista della minaccia della Over-thetop Tv (i contenuti Internet sul televisore domestico) che rappresenta un temibile fattore di destabilizzazione per le posizioni consolidate e un progressivo allargamento/convergenza della fruizione televisiva tradizionale con i contenuti professionali e semi-professionali del mondo web. La crisi pubblicitaria sta avendo forti ricadute sul mercato della produzione, con crescenti difficoltà per la produzione indipendente, ma anche con una spinta all’innovazione che non si aveva in periodi più floridi, e in qualche modo autoreferenziali. Ora la sfida non è solo comporre i budget di produzione in forme nuove ed efficienti, cercando altre fonti di finanziamento per bilanciare la pressione sui costi, ma anche produrre programmi e format in grado di conseguire risultati di ascolto che non sono più garantiti. Se la maggiore competizione porterà più qualità e diversità sul versante dei contenuti, è una legge di mercato che sarà messa alla prova dei fatti nei prossimi anni. In tutta Europa, inoltre, il servizio pubblico rimodella le proprie fonti di finanziamento affrancandosi dall’altalenante mercato pubblicitario, per il quale si preannuncia una scarsa crescita nel medio termine. La virata di Francia e Spagna verso il “modello Bbc” rende l’Italia l’unico grande Paese in cui il broadcaster pubblico conserva ricavi bi-partiti tra canone e pubblicità. Rinunciare alla pubblicità è sicuramente una leva (necessaria anche se non sufficiente) per migliorare la qualità e non costringere il servizio pubblico ad una affannosa rincorsa agli ascolti. Gli elementi di possibile cambiamento sono, dunque, molti, solo in parte rintracciabili nei dati per ora a disposizione. Televisione 15 2. Ascolti e penetrazione L’accessibilità alle nuove offerte in digitale terrestre di una porzione crescente di telespettatori italiani è probabilmente la principale ragione di una ulteriore crescita della platea televisiva nel 2009 – crescita tra l’altro adeguatamente distribuita in tutte le fasce orarie. Mentre la contrazione dei consumi nella società può rappresentare un ulteriore incentivo ad orientarsi verso forme di consumo a costo zero o quasi, come la televisione gratuita. La media di visione giornaliera è stabile a 3 ore e 59’ (ma in crescita rispetto alle 3h e 49’ del 2007) e nelle 24 ore la presenza media di fronte al piccolo schermo è di 9,44 milioni di spettatori. Nella delicata fascia del prime-time, la platea è cresciuta a 24,42 milioni di spettatori (anche se il rating non supera il 43% - era oltre il 44% nel 2005). Tra le altre fasce, si riscontrano i maggiori incrementi in quelle mattutine, fra le 7 e le 12. Si tratta di fasce sulle quali le emittenti generaliste hanno intensificato sforzi e investimenti, e nelle quali, diffondendosi sempre più il digitale terrestre, le accresciute possibilità di scelta concorrono ad allargare la platea. Tabella 1 - Audience e rating nel giorno medio, 2005-2009 2009 Fasce orarie 2008 2007 2006 2005 Audience Rating Audience Rating Audience Rating Audience Rating Audience Rating (000) (%) (000) (%) (000) (%) (000) (%) (000) (%) 07.00-09.00 4.658 8,16 4.383 7,73 4.292 7,61 4.338 7,79 4.256 7,67 09.00-12.00 4.967 8,70 4.686 8,26 4.378 7,76 4.485 8,06 4.572 8,24 12.00-15.00 14.076 24,65 13.767 24,28 13.634 24,18 13.911 25,00 14.030 25,29 15.00-18.00 10.331 18,09 9.878 17,42 9.497 16,84 9.885 17,76 9.811 17,68 18.00-20.30 15.516 27,17 15.282 26,95 14.936 26,48 15.348 27,58 15.518 27,97 20.30-22.30 24.425 42,92 24.161 42,61 23.695 42,02 24.424 43,88 24.615 44,36 22.30-25.59 10.364 18,15 10.093 17,80 9.887 17,53 10.163 18,26 9.835 17,73 02.00-25.59 9.445 16,58 9.211 16,25 8.989 15,94 9.230 16,58 9.213 16,60 Ascolto medio giornaliero (minuti) 238,7 234,0 229,5 238,8 239,0 Fonte: elaborazioni Iem su dati Auditel. Poco più di 1 punto di share separa, nel 2009, il totale degli ascolti dei canali Rai dal totale Mediaset, a vantaggio del gruppo pubblico. Si tratta del più esiguo distacco da molti anni a questa parte (per trovare una differenza minore bisogna risalire al 1993: 45,49% contro 44,50% - e da allora entrambe hanno perso cumulativamente circa 10 punti). Nel consolidato trend che vede le generaliste perdere ascolti a vantaggio delle digitali (tematiche e targettizzate che vanno in parte spostandosi verso configurazioni semi-generaliste), le nuove offerte dei due maggiori gruppi (per ascolti) compensano parzialmente le perdite. Ma il risultato del 2009 si deve soprattutto allo sforzo del gruppo privato per sostenere l’audience di Canale 5, che è l’unica generalista ad aver guadagnato share (dal 20,33 al 20,65) e soprattutto rappresenta circa i 2/3 dei ricavi pubblicitari Mediaset. Vale la pena sottolineare la caduta di Rai Due (-1,4), penalizzata sia da un’identità di rete “sfocata” sia dai processi di transizione al digitale nelle diverse regioni, nelle quali ha funzionato da “battistrada” (insieme a Rete 4 che però limita le perdite allo 0,50). Un altro punto viene guadagnato dalle tv “altre terrestri”, e segnatamente dalle emittenti digitali non afferenti ai due gruppi perché i dati relativi alle locali pubblicate non sono confortanti, e circa un punto per le tv satellitari le quali, pur in una decrescita del parco abbonati, vanno evidentemente consolidando il proprio rapporto col pubblico. 16 Televisione Tabella 2 - Audience share nel giorno medio, 2005-2009 09 vs 08 09 vs 05 Rai Uno 21,17 21,80 22,49 23,15 23,00 -0,63 -1,83 Rai Due 9,20 10,60 10,48 11,35 11,37 -1,40 -2,17 Emittente 2009 2008 2007 2006 2005 Rai Tre 8,94 9,07 9,15 9,38 9,18 -0,13 -0,24 Rai canali digitali 1,36 *0,82 . . . 0,54 - 40,67 42,29 42,12 43,88 43,55 -1,62 -2,88 sub-totale Rai Canale 5 20,65 20,33 20,60 20,95 21,84 0,32 -1,19 Italia 1 10,38 10,83 11,17 11,09 11,47 -0,45 -1,09 Rete 4 7,78 8,28 8,63 8,18 8,59 -0,50 -0,81 Mediaset canali digitali sub-totale Mediaset 0,80 0,29 - - - 0,51 - 39,61 39,73 40,40 40,28 41,93 -0,12 -2,32 La 7 3,01 3,08 2,97 3,02 2,71 -0,07 0,30 Altre terrestri 7,57 6,57 6,45 6,14 6,33 1,00 1,24 Altre satellitari 9,22 *8,33 8,05 6,75 5,51 0,89 3,71 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 - - Totale Note: (*) nel 2008, lo 0,48% dei canali Raisat, ospitati all’epoca sul satellite, era ricompreso nei canali digitali Rai e non fra le altre satellitari. Fonte: elaborazioni Iem su dati Auditel e Rai. Nel prime-time, gli ascolti delle generaliste sono migliori rispetto al dato all-day, con l’eccezione di Italia 1 che scende sotto il 10% per la prima volta da molti anni. Anche qui, unica generalista a crescere è stata Canale 5, che risale oltre il 21%. Più deboli, come di consueto, le performance dei canali digitali in questa fascia. Considerando anche i canali digitali, nell’ultimo quinquennio Rai ha perso solo 1 punto e mezzo, contro gli oltre 3 e mezzo di Mediaset. Tabella 3 - Audience share nel prime-time, 2005-2009 09 vs 08 09 vs 05 Rai Uno 22,34 22,67 23,28 24,22 23,91 -0,33 -1,57 Rai Due 10,04 10,70 10,28 10,51 10,63 -0,66 -0,59 Rai Tre 9,42 10,06 10,15 10,28 9,75 -0,64 -0,33 Rai canali digitali 1,01 *0,57 . . . 0,44 - sub-totale Rai 42,81 44,00 43,71 45,01 44,29 -1,19 -1,48 Canale 5 Emittente 2009 2008 2007 2006 2005 21,04 20,69 21,57 22,01 22,50 0,35 -1,46 Italia 1 9,77 10,29 10,73 10,53 11,51 -0,52 -1,74 Rete 4 7,80 8,57 8,35 8,05 8,80 -0,77 -1,00 Mediaset canali digitali sub-totale Mediaset 0,56 . . . . - - 39,17 39,55 40,65 40,59 42,81 -0,38 -3,64 La 7 2,63 2,62 2,30 2,42 2,06 0,01 0,57 Altre terrestri 7,33 6,64 6,33 5,98 5,84 0,69 1,49 Altre satellitari 8,10 *7,19 7,01 6,01 4,99 0,91 3,11 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 - - Totale Note: fascia oraria 20.30-22.30; (*) nel 2008, lo 0,38% dei canali Raisat, ospitati all’epoca sul satellite, era ricompreso nei canali digitali Rai e non fra le altre satellitari. Fonte: elaborazioni Iem su dati Auditel. Man mano che la penetrazione del digitale terrestre cresce, aumenta lo share dei canali digitali. Nel 2009 l’insieme dei canali digitali monitorati, terrestri e satellitari, è cresciuto di oltre 2 punti, dal 9,3 all’11,5. A giugno 2010 (anche grazie ai mondiali di calcio, trasmessi integralmente su Sky), gli ascolti si sono impennati oltre il 14%. Nel corso del 2009, quasi tutti gli editori hanno mostrato un andamento positivo: oltre ai citati Rai e Mediaset, soprattutto Sky che ha superato il 3%. Nei primi mesi del 2010 a crescere sono stati soprattutto i canali digitali delle generaliste. Boing si è confermato leader fra i digitali ma Televisione 17 è stata soprattutto l’offerta Rai a imporsi, superando il 3% complessivo su base nazionale (e circa il 7 nelle regioni all-digital). La fuoriuscita del pacchetto Raisat da Sky, col successivo rebranding, si è rivelata la leva per accrescere gli ascolti complessivi, anche se la monetizzazione pubblicitaria non compensa ancora (ci vorrà qualche anno) i ricavi da abbonamento cui il gruppo pubblico ha rinunciato. L’ex canale pay Rai Yoyo ha in breve superato Rai Gulp per ascolti (0,45 vs 0,35 a giugno 2010), mentre Rai Premium e Rai Movie si sono rapidamente imposti fra i canali digitali più seguiti (risultato veramente notevole se si pensa che sono presenti solo nelle regioni all-digital), dopo Rai 4 (0,81 a giugno 2010). Mediaset sfiora il 2%, grazie agli ottimi risultati di Boing (1,36) e Iris (0,58). Tra gli editori minori, da segnalare Switchover Media, il cui canale per bambini e ragazzi K2 viaggia costantemente (anche grazie alle finestre analogiche in syndication sulle locali) sopra lo 0,50. Tabella 4 – Audience share canali digitali, 2008-giugno 2010 (%) Emittenti e gruppi di emittenti Sky - canali sportivi Giu 2010 2009 2008 4,29 3,02 2,76 2,38* 1,12 0,92 - canali cinema 1,44 1,28 1,24 - altri canali 0,47 0,62 0,58 Fox 1,84 1,75 1,68 Newscorp (Sky+Fox) 6,13 4,77 4,44 Rai 3,11 1,36 0,82 - Boing 1,36 0,72 0,29 - Iris 0,58 0,03** - - Premium Calcio 0,03* - - Mediaset (tot.) 1,97 0,80 0,29 Disney 0,91 0,86 0,75 Switchover Media 0,74 **0,27 - Viacom – Mtv Italia 0,60 0,36 0,31 Discovery 0,41 0,32 0,28 Turner Italia (Time Warner) 0,33 0,42 0,31 De Agostini 0,19 0,04 - Sitcom 0,19 0,12 0,12 Axn (Sony) 0,12 0,08 0,05 La7d (Telecom Italia Media) 0,11 - - Eurosport (Groupe Tf1) 0,10 0,07 0,09 Digicast (Rcs Mediagroup) 0,09 0,06 0,07 Elemedia (Gruppo Espresso) 0,05 0,05 0,05 Altri canali e gruppi 1,97 1,95 1,69 Totale 14,02 11,53 9,27 Note: rilevazione 02-26, totale abitazioni, individui 4+. Tabella ordinata secondo lo share giugno 2010; (*) il dato di giugno 2010 risente della trasmissione dei mondiali di calcio (che ha alzato lo share dei canali sportivi Sky) e della fine del campionato nazionale di calcio (che ha abbassato lo share dei canali Premium Calcio di Mediaset). Ad aprile 2010, lo share dei canali sportivi (calcio + altri sport) di Sky era 1,40 (di cui 0,34 per i soli canali Sky Calcio), quello di Premium Calcio 0,62 (e lo share totale dei canali digitali Mediaset 2,13); (**) ponderazione sull’anno dei soli mesi di rilevazione. Fonte: elaborazioni IEM su dati Auditel. Al contrario, il digitale terrestre sta progressivamente erodendo gli ascolti delle locali. Guardando le emittenti principali in ciascuna regione, i dati nelle aree digitalizzate fanno segnare cadute dei contatti netti giornalieri fino al 20-30%. Incrementi si riscontrano in Toscana, Marche, Sicilia e Puglia. Grandi emittenti come Telelombardia e Telenorba, con rilevanti investimenti in programmazione originale locale, mantengono la propria platea. Ma, in generale, la perdita è stata di quasi il 5% dei contatti nel 2009 e ha riguardato in misura più 18 Televisione pesante le piccole. Sembra confermato dai dati, quindi, come i contenuti – originali, locali, riconoscibili – siano il principale elemento di tenuta, anche se non sono nelle possibilità di tutti i soggetti. La fondamentale questione della posizione sul telecomando nel sistema Lcn s’intreccia con la necessità di costruire fidelizzazione con programmi tali da essere “cercati” più che “intercettati” dallo spettatore. Fatte salve tutte le opzioni di policy, questa appare la questione centrale, perfino più importante dell’allargamento dell’offerta con spin-off tematici – processo che pure molte emittenti hanno intrapreso, seppur con sforzi e qualità diseguali. Tabella 5 - Contatti medi giornalieri tv locali, 2005-2009 (le prime 3 per regione) Emittente 2009 2008 2007 2006 2005 410 459 Δ % 09-08 Δ % 09-05 Piemonte-Val d’Aosta Telecity Piemonte 337 411 411 -18,0 -26,6 Telecupole 261 302 316 333 371 -13,6 -29,6 Quarta Rete 190 280 318 325 343 -32,1 -44,6 Liguria Primo Canale 232 244 254 236 268 -4,9 -13,4 Telenord 154 129 122 112 142 19,4 8,5 Telecittà 88 88 99 103 122 0,0 -27,9 1118 0,0 6,4 Lombardia Telelombardia 1190 1190 1222 1177 Antenna Tre 874 961 1006 1093 982 -9,1 -11,0 Telenova 637 683 714 656 659 -6,7 -3,3 Veneto 1091 1174 1197 1346 1318 -7,1 -17,2 Antenna Tre Nord Est 7 Gold Telepadova 594 658 677 650 656 -9,7 -9,5 Rete Nord Telenuovo 540 533 561 621 645 1,3 -16,3 Rttr 124 Tca 114 Trentino-Alto Adige 167 144 137 139 -25,7 -10,8 150 146 137 143 -24,0 -20,3 Friuli-Venezia Giulia Telefriuli 158 166 165 192 214 -4,8 -26,2 Rete Nord Telequattro 134 118 98 107 112 13,6 19,6 663 559 -2,6 0,9 Emilia-Romagna 7 Gold Sesta Rete 564 579 658 E’ Tv Emilia Romagna 386 395 402 418 - -2,3 - Telesanterno 154 177 192 202 224 -13,0 -31,3 Toscana Italia 7 450 434 481 468 411 3,7 9,5 Rtv 38 367 356 325 392 417 3,1 -12,0 Tvr Teleitalia 173 149 - - - 16,1 - 138 140 156 26,3 10,9 Marche Tv Centro Marche 173 137 7 Gold Teleadriatica 98 80 55 60 - 22,5 - E’ Tv Marche 41 32 42 42 - 28,1 - Umbria Umbria Tv 67 81 69 83 79 -17,3 -15,2 Rte 24 53 63 59 59 - -15,9 - Tef 34 32 - - - 6,3 - Lazio Televisione 19 Tvr Voxson – Teleregione 275 325 376 393 466 -15,4 -41,0 Super 3 273 251 252 233 365 8,8 -25,2 Teleroma 56 135 187 226 212 244 -27,8 -44,7 Abruzzo Rete 8 137 132 138 118 121 3,8 13,2 7 Gold Antenna 10 125 131 133 110 92 -4,6 35,9 Telemolise 73 68 59 59 64 7,4 14,1 Teleregione Molise 25 - - - - - - 1072 1229 1231 1209 1291 -12,8 -17,0 Teleoggi - Canale 9 510 593 710 729 758 -14,0 -32,7 Napoli Canale 21 448 459 438 380 371 -2,4 20,8 1407 1391 0,8 5,2 Molise Campania Telecapri Puglia e Basilicata Telenorba (Tn7) 1464 1452 1302 Teledue (Tn8) 635 586 536 502 495 8,4 28,3 Antenna Sud 260 243 212 226 229 7,0 13,5 8 Videocalabria 174 203 198 202 236 -14,3 -26,3 Reggio Tv 57 74 61 58 70 -23,0 -18,6 Teleuropa 52 64 54 - - -18,8 - 524 506 508 11,3 20,1 Calabria Sicilia Antenna Sicilia 610 548 Telecolor Italia 7 368 334 353 388 373 10,2 -1,3 Tgs 356 379 430 425 443 -6,1 -19,6 Sardegna Videolina Tcs 5 Stelle Sardegna Totale contatti 395 474 561 559 580 -16,7 -31,9 47 81 127 147 142 -42,0 -66,9 19 39 59 - - -51,3 - 16788 17621 17851 18025 17776 -4,7 -5,6 Note: valori in migliaia; la graduatoria degli anni precedenti poteva comprendere emittenti non più nella “top 3” nel 2009; sono state prese in considerazione esclusivamente le emittenti pubblicate da Auditel nel 2009, a prescindere dagli anni precedenti; qualora la rilevazione non abbia coperto i 12 mesi, il dato annuale corrisponde alla media dei mesi rilevati. Fonte: elaborazioni Iem su dati Auditel. In termini di ascolto medio e di share su base nazionale – valori meglio raffrontabili a quelli delle emittenti nazionali e digitali – i numeri testimoniano allo stesso modo le difficoltà delle locali. I tre principali circuiti nazionali mostrano un sensibile calo di share (specie Odeon 24 che ha raccolto l’eredità di Odeon Tv) e così la maggior parte delle prime 10 emittenti locali italiane, in testa alle quali si conferma Telenorba con lo 0,28% su base nazionale (dallo 0,30 del 2008). Crescono invece Telelombardia e Antenna Sicilia (di 2.000 e 3.000 spettatori rispettivamente). Il calo è invece netto per le emittenti campane e sarde, già passate al “tutto digitale”. 20 Televisione Tabella 6 - Principali tv locali e circuiti, ascolto medio e share, 2008-2009 (intero giorno) Emittenti 2009 Area A.M. 2008 Share A.M. Share Syindication 7 Gold circuito nazionale 43410 0,46 47613 0,52 Canale Italia circuito nazionale 18885 0,20 21844 0,24 Odeon 24 circuito nazionale 486 0,01 15452 *0,17 Telenorba Puglia e Basilicata 26374 0,28 27658 0,30 Telecapri Campania 15521 0,16 17796 0,20 TeleLombardia Lombardia 14661 0,16 12460 0,14 Antenna Sicilia Sicilia 12352 0,13 9330 0,10 7 Gold Telepadova Veneto 11461 0,12 12028 0,13 Nuova Antenna Tre Lombardia 9445 0,10 9519 0,10 Teleoggi Canale 9 Campania 7516 0,08 8535 0,09 Emittenti locali Videolina Sardegna 6890 0,07 9486 0,10 Antenna Tre Nordest Veneto 6727 0,07 6642 0,07 Napoli Canale 21 Campania 6703 0,07 6085 0,07 Note: (*) dati relativi al canale Odeon Tv. Fonte: elaborazioni Iem su dati Auditel. Piattaforme e abbonati La penetrazione della tv digitale, a fine 2009, ha superato i 19 milioni di famiglie televisive (oltre l’80% delle abitazioni) grazie alla diffusione crescente del digitale terrestre (+7 milioni nel 2009). Sono cresciute, seppur di poco, anche le altre piattaforme digitali: il satellite sale a 6,6 milioni (pur in una flessione della platea a pagamento), anche grazie alla diffusione delle tessere Tivù Sat e all’installazione di parabole nelle zone dove lo switch-off si è rivelato particolarmente problematico. L’Iptv si attesta a poco meno di 700mila abbonati (grazie a politiche di prezzo decisamente al ribasso per attrarre utenza). Pur con qualche mese di ritardo nella pianificazione degli switch-off nell’Italia settentrionale, a fine 2010 la penetrazione del digitale è destinata a crescere ancora (a fine aprile 2010, le famiglie erano 16,88 milioni, con una penetrazione del 68,5%, per un totale ricevitori – set-top-box e tv integrati – di 27,46 milioni). Tabella 7 - Penetrazione delle tecnologie di distribuzione televisiva, 2006-2009 (primo accesso) 2009 Famiglie tv satellite ( di cui satellite pay) (di cui satellite free) digitale terrestre adsl /fibra (totale famiglie ‘multichannel’) solo analogico-terrestre % 09 2008 2007 2006 24,28 100,00 23,60 23,50 23,40 6,60 27,18 6,35 5,93 5,43 4,74 19,52 4,75 4,43 4,03 1,86 7,66 1,60 1,50 1,40 12,43 51,19 5,70 4,80 3,60 0,69 2,51 0,40 0,25 0,20 19,72 80,89 12,45 10,98 9,23 4,56 19,11 11,15 12,52 13,17 Note: dati in milioni. Fonte: Agcom, ItMedia, Makno. La complessità tecnica del Piano Nazionale di Assegnazione delle Frequenze, approvato dall’Agcom (Delibera 300/10/Cons) ha ritardato la convocazione dei tavoli tecnici di pianificazione, spostando di un mese le procedure di switch-off per le aree tecniche dell’Italia settentrionale (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, mentre la Liguria sarà posticipata a inizio 2011). Il Piano ha provocato le polemiche delle emittenti locali che Televisione 21 sostengono non sia stata rispettata la riserva di 1/3 delle frequenze, né su base quantitativa né su base qualitativa, e pongono problemi di scarsità dello spettro, specie per quanto riguarda il coordinamento internazionale delle frequenze di confine. Un altro piano approvato dall’Agcom, quello relativo al Logical Channel Numbering, ossia la numerazione automatica dei canali sul telecomando (Delibera 366/10/Cons), ha optato per la determinazione di archi di numerazione a partire dalle 2 cifre, invece che su 3 cifre, avvantaggiando di fatto le emittenti nazionali (generaliste e digitali) e parte di quelle locali (in particolare quelle che, secondo modalità che faranno riferimento alle preferenze del pubblico, troveranno posto nell’arco di numerazione 10-19). Novità normative non di poco conto hanno poi riguardato la possibilità, per Sky Italia, di partecipare al beauty contest per le 5 frequenze del dividendo digitale (con l’obbligo di offrire programmi in chiaro) e, soprattutto, il decreto di recepimento (decreto lgs. 44 del 15 marzo 2010) della Direttiva Servizi Media Audiovisivi che ha emendato la precedente Tv Senza Frontiere. Il decreto ha impostato una base normativa comune per i servizi audiovisivi lineari e non-lineari e ha introdotto la pratica del product placement per i programmi televisivi, intervenendo anche sui codici di condotta per l’attribuzione dei diritti residuali ai produttori di contenuto indipendenti, di fatto ancorandola al contributo dei produttori al finanziamento della produzione, limitando inoltre l’affollamento pubblicitario sulle emittenti a pagamento. Per quanto riguarda le offerte a pagamento, queste hanno raggiunto, nelle loro diverse modalità distributive e commerciali, i 10 milioni di clienti. La concorrenza delle offerte pay su digitale terrestre ha contribuito al rallentamento della crescita del parco abbonati di Sky Italia: dai 4,752 milioni di fine 2008, passando per i 4,790 di metà anno, a fine 2009 l’operatore satellitare contava 4,740 milioni di abbonati (scesi a 4,734 a giugno 2010, 56.000 in meno sui 12 mesi). Tabella 8 - Abbonati alla pay-tv, 2005-2009 Operatore Piattaforma Sky Italia Satellite Fastweb 2009 2008 2007 2006 2005 4.740 4.752 4.430 4.030 3.560 Fibra-adsl 213 ****200 ****190 ****180 191 80 31 - - - Alice Home Tv Adsl 423 329 Infostrada Tv Adsl 51 20 Tiscali Tv Adsl - - - - 5.427 5.301 4.710 4.241 3.751 *3.725 *2.911 *2.067 *1.560 nd Totale abitazioni pay-tv Mediaset Premium Digitale terrestre 10 La7 Cartapiù Digitale terrestre - 240 700 ***715 nd Dahlia Tv Digitale terrestre °°450 - - - - La3 Tv Dvb-h – Umts - - Vodafone Sky Tv Dvb-h – Umts Tim Tv Totale altre modalità Dvb-h °720 (°790) **400 ****4.895 ****3.550 **300 ****3.070 nd - - 2.525 - Note: dati in migliaia al 31-12 di ogni anno; (*) numero di “clienti attivi”, di cui 228mila abbonati con formula EasyPay al 30 settembre 2008 (dato ufficiale Mediaset). A fine 2009, gli abbonati con questa formula sono stimati da Milano Finanza in 1,8 milioni; in assenza di dati ufficiali distinti fra “abbonati” e “clienti attivi”, i clienti del Dtt pay non sono stati inseriti fra gli “abbonati pay-tv”; (**) fonte Agcom per il 2007 e fonte Rethink per il 2008; altre fonti stimano in 850mila (per il 2007) e 1,2 milioni (per il 2008) il numero di utenti della mobile tv in Italia ma si tratta, più probabilmente, di “possessori di terminali abilitati”, a prescindere dall’abbonamento; (***) numero di smart-card attivate dal lancio del servizio (su 1,1 milioni di card vendute); (****) stime; (°) stime Assinform/Netconsulting; (°°) di cui circa il 20% in modalità abbonamento. Fonte: elaborazioni Iem su dati Agcom, Newscorp, Assinform, Rethink, Mediaset. Sono stati 800mila, invece, i nuovi “clienti attivi” delle offerte Mediaset Premium in payper-view sul digitale terrestre nel 2009, saliti oltre quota 3,7 milioni (di cui, si stima, circa 1,8 milioni in modalità abbonamento e i restanti attraverso carta pre-pagata, segno di una conversione crescente dei “clienti attivi” in abbonati veri e propri) rispetto ai 2,9 milioni di fine 22 Televisione 2008. L’offerta Dahlia, dal canto suo, posizionata verso un pubblico maschile, ha chiuso il 2009 a quota 450mila abbonati (saliti a 600mila a metà 2010). In fase di stallo, invece, l’andamento degli abbonati sulle altre piattaforme digitali. L’Iptv è salita a quota 687mila, ma già a metà 2010 si è profilata una flessione. Flessione anche per gli abbonati alla Mobile Tv, stimati in 720mila a fine 2009 (contro 790mila a fine 2008), anche se altre fonti indicano in meno della metà gli utenti effettivi di tv via cellulare. 3. Il mercato Le risorse del sistema Nel 2009, complice la crisi pubblicitaria, il mercato televisivo nel suo complesso ha perso il 3,4%, poco sotto quota 8,5 miliardi di euro (erano quasi 8,8 l’anno precedente). La pubblicità televisiva (emittenti nazionali e locali cumulativamente) cede l’11,7%, a meno di 4 miliardi e, per la prima volta dall’avvento della tv commerciale, la sua quota sul totale delle risorse del sistema scende a meno del 50% (il 46,9% contro il 51,3% del 2008). I ricavi da abbonamento crescono di oltre 200 milioni (sfiorano il 34%) e più della metà di questa crescita si deve al digitale terrestre. Il canone – la cui evasione ha superato il 40% delle famiglie secondo l’associazione Contribuenti Italiani – continua la sua lenta progressione a valore, toccando quota 1.630 milioni e il 19,2% del mercato. Tabella 9 - Le risorse del sistema televisivo, 2005-2009 Tipologia 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ %09-08 1.630 1.603 1.567 1.491 1.483 1,7 ∆ %09-05 Valori assoluti (mln €) Canone 9,9 Pubblicità 3.983 4.512 4.482 4.463 4.418 -11,7 -9,8 Pay-tv 2.873 2.671 2.384 2.221 1.717 7,6 67,3 Totale 8.486 8.786 8.433 8.175 7.618 -3,4 11,4 19,2 18,2 18,6 18,2 19,5 1,0 -0,3 Valori percentuali Canone Pubblicità 46,9 51,3 53,1 54,6 58,0 -4,4 -11,1 Pay-tv 33,9 30,4 28,3 27,2 22,5 3,5 11,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 - - Note: dal computo presente in questa come nelle tabelle successive, sono esclusi dal calcolo i ricavi di tipologia diversa dalla tripartizione classica, compresa la rivendita diritti ad altri operatori e il fatturato da attività di operatore di rete. Fonte: elaborazioni Iem su dati operatori, Agcom, Assocomunicazione, Frt, Upa et alia. I ricavi delle emittenti Nel 2009, limitandoci alla classica tripartizione dei ricavi, Sky è il maggior gruppo televisivo italiano con 2.686 milioni di euro, di cui 2.463 milioni da abbonamenti. Il calo della pubblicità ha retrocesso Rai a quota 2.552 milioni e Mediaset a 2.592 milioni. Il gruppo pubblico ha pagato una flessione pubblicitaria superiore alla media del mercato (-17,2%) ma è riuscita a compensare in parte con le altre attività1. 1 Il fatturato consolidato del gruppo Rai è stato, nel 2009, di 3.178 milioni (3.211 nel 2007). Gli altri ricavi provengono principalmente da attività commerciali (Rai Trade), cinematografiche e di home video (Rai Cinema e 01 Distribution), convenzioni con la P.A. per servizi radiotelevisivi all’estero, pubblicità radiofonica, ricavi Raisat e altro. Ma è stato soprattutto grazie alla contabilizzazione della cessione dei diritti sui mondiali di calcio del 2010 e del 2014 (per 175 milioni di euro) che Rai ha potuto compensare la flessione dei ricavi. Televisione 23 Tabella 10 - Ricavi emittenti televisive, 2005-2009 Emittente 2009 2008 2007 2006 2005 Δ % 09-08 Δ % 09-05 Canone 1.630 1.603 1.567 1.491 1.483 1,7 9,9 Rai 1.630 1.603 1.567 1.491 1.483 1,7 9,9 Pubblicità 3.983 4.512 4.482 4.463 4.418 -11,7 -9,8 Rai 908 1.096 1.137 1.133 1.121 -17,2 -19,0 Rti - Mediaset 2.241 2.452 2.451 2.425 2.516 -8,6 -10,9 La 7 91,7 81 91 84 75 13,2 22,3 Mtv 45,7 63 67 67 71 -27,0 -35,6 Rete A – All Music 6,8 16 19 19 18 -57,5 -62,2 Sportitalia** 7,5 5,9 6 8 9 27,1 -16,7 Sky 223 232 200 192 144 -3,9 54,9 Altre satellitari***** 43 45 32 30 nd -4,4 - Digitale terrestre 40,5 25,9 22,9 13 11 23,1 268,2 - Rai°° 14 10 8 nd nd 40,0 - - Mediaset free 10,3 9,1 6,0 6,5 6,2 13,2 66,1 - Mediaset pay 29,8 13,1 8,1 5,7 4,6 127,5 547,8 - Qoob (Mtv)** 0,4 0,7 0,8 1 - -42,9 - Locali *375 487 454 491 453 -23,0 -17,2 Dahlia 0,15 - - - - - - Operatori Tlc*** 0,7 1,2 2 1 nd -41,7 - Abbonamenti / Ppv 2.873 2.671 2.384 2.221 1.717 7,6 67,3 Sky Italia 2.463 2.373 2.172 2.030 1.642 3,8 50,0 Mediaset Premium 311 199 125 84 36 56,3 763,9 La7 Cartapiù - 11 12 10 6 - - Dahlia** 12 - - - - - - Conto Tv** 3 4 - - - -25,0 - - Operatori Tlc*** - Fastweb - H3g 84,1 88 75 97 (****38) - Altri sub-totale Rai 27 -4,4 154,8 2.604 -5,8 -2,0 6 2.552 2.709 2.712 2.624 sub-totale Rti-Mediaset 2.592 2.673 2.590 2.521 2.563 -3,0 1,1 sub-totale Sky Italia 2.686 2.605 2.372 2.222 1.786 3,1 50,4 sub-totale TI Media° Totale 138 155 171 162 152 -11,3 -9,3 8.486 8.786 8.433 8.175 7.618 -3,4 11,4 Note: dati in milioni di euro; (*) stime su tassi di incremento Assocomunicazione (fino al 2008 dati Frt sulle società di capitali); (**) stime (per Dahlia altre fonti riportano 17,5 milioni) (***) offerte Iptv e mobile; (****) Agcom indicava, per il 2006, 97 milioni nella relazione 2007 e 38 milioni nella relazione 2008; (*****) stime Assocomunicazione; (°) La7, Mtv, Qoob, La7 Cartapiù (non disaggregabile Alice Home Tv fra gli Operatori Tlc per un “sub-totale Telecom Italia”; (°°) fino al 2008 comprende i canali satellitari. Fonte: elaborazioni e stime IEM su bilanci operatori, Agcom, Upa, Assocomunicazione, Frt et alia. Dell’8,6% (oltre 200 milioni) è stata la flessione dei ricavi pubblicitari Mediaset sulle emittenti generaliste. Circa 130 milioni sono stati però recuperati con la crescita delle attività pay (più del 50% di crescita) e della pubblicità sui canali digitali2. 2 I ricavi complessivi di Mediaset sono stati di 3.883 milioni di euro nel 2008 (4.199 milioni nel 2008), di cui 656 da Telecinco (982 nel 2008). Alla controllata spagnola può quindi imputarsi, in pratica, la totalità della flessione del guppo. I ricavi del segmento Italia sono quindi stati di 3.219 milioni (3.229 nel 2008), di cui 2.351 milioni nel segmento free (di cui 2.241 da pubblicità sulle reti generaliste), 219 come operatore di rete (ma con 125 milioni di ricavi infragruppo), 561 nel segmento pay (con 223 milioni dalla rivendita diritti e altri ricavi e 311 milioni dalla vendita 24 Televisione Nel panorama restante, perdite severe per le tv locali e i canali musicali (Mtv e soprattutto All Music). La flessione pubblicitaria non ha risparmiato Sky e le altre satellitari (266 milioni contro 277 l’anno precedente). Tra le generaliste, va evidenziato il buon risultato di La7 (+13%), mentre il primo anno d’esercizio ha portato 12 milioni di introiti all’operatore pay su digitale terrestre Dahlia Tv. Relativamente ai dati di mercato della pay-tv sulle nuove piattaforme, Agcom valuta i ricavi pay degli operatori attivi sul digitale terrestre in 323 milioni, mentre secondo Confindustria la spesa degli utenti finali è stata di 377 milioni. I ricavi complessivi degli operatori di Iptv e Mobile tv sono invece di 84 milioni, mentre Confindustria ha rivisto le proprie stime di spesa degli utenti su queste piattaforme in 188 milioni (127 per l’Iptv, 61 per la mobile tv). Secondo l’Authority, quindi, i ricavi da nuove piattaforme (escluso il satellite) sarebbero di 407 milioni, mentre la spesa degli utenti, secondo l’associazione degli industriali, ammonterebbe a 565 milioni. Tabella 11 - Ricavi pay-tv sulle nuove piattaforme, 2007-2009 Segmento di mercato Agcom(ricavi operatori) 2009 Digitale terrestre Iptv Mobile Tv Totale 2008 Confindustria(spesa utenti finali) 2007 323 210 137 84 **88 75 407 298 212 *2009 2008 2007 377 239 201 127 111 75 61 74 76 565 424 427 Note: dati in milioni di euro, esclusi ricavi pubblicitari; (*) stime; (**) Agcom ha indicato circa 33 milioni di ricavi dalla sola Iptv nel 2008. Fonte: elaborazioni Iem su dati Agcom, Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, Assinform, Netconsulting. Le stime relative al mercato della pubblicità televisiva variano considerevolmente da fonte a fonte, sia per la scelta del computo fra investimenti delle aziende e ricavi affluenti ai media, sia per quegli operatori con quote ridotte di mercato (emittenti locali e satellitari), in grado di variare considerevolmente il risultato finale (dai 3,5 miliardi di Agcom ai 4,7 miliardi di Assocomunicazione). Tabella 12 - Rilevazioni del mercato pubblicitario televisivo a confronto, 2008-2009 Fonte 2009 2008 Var. % Note Agcom 3.541 3.929 -9,9 Valori tv nazionali terrestri netti (quota retrocessa alle emittenti). Sottostima tv locali e satellitari. Assocomunicazione 4.756 5.296 -10,2 Valori tv nazionali terrestri al lordo degli sconti d’agenzia. Sottostima delle tv locali. Iem 3.983 4.512 -11,7 Dati di bilancio degli operatori, integrati da fonti terze per tv locali e piattaforme digitali. Nielsen Media Research 4.359 4.851 -10,2 Valori tv nazionali terrestri per investimenti netti. Perimetro ridotto delle tv satellitari e locali Note: valori in milioni di euro. Fonte: IEM su Agcom, Assocomunicazione, Upa, Nielsen Media Research. di abbonamenti) e 425 nelle attività altre (di cui 105 di ricavi esterni di Medusa e Taodue, 61 da Mediashopping e 191 milioni di ricavi infragruppo). Si tenga presente, però, che i ricavi pubblicitari retrocessi a Rti – la controllata che costituisce la società editrice dei canali tv in Italia – sono stati di 1.983 milioni. Il gruppo Endemol (1.189 milioni di ricavi globali nel 2009, contro i 1.301 del 2008), di cui Mediaset detiene indirettamente il 33%, non è consolidato all’interno del bilancio di gruppo Televisione 25 4. La crisi della pubblicità televisiva in Europa e gli investimenti in programmazione A consuntivo 2009, la pubblicità televisiva mostra segni negativi in tutti i grandi Paesi europei, proseguendo la tendenza negativa già rilevata a fine 2008. La flessione è dell’ordine del 10% in tutti i Paesi (9,8 in Francia e Germania; 11,0 nel Regno Unito; 11,7 in Italia), ad eccezione della Spagna, dove è stata superiore al 20% (e la Spagna aveva già registrato il calo più consistente nel 2008), e si era fatta sentire già a consunitvo 2008 per tutti i Paesi, tranne l’Italia che aveva conservato un seppur minimo segno positivo (ma, per converso, senza mostrare nell’ultimo quadriennio crescite superiori all’1% annuo, a differenza degli altri Paesi, a conferma di una maggiore anelasticità). Figura 1 - Tassi di crescita della pubblicità televisiva, 2006-2009 (%) 2006 2007 2008 2009 15,0 8,8 10,0 5,0 0,0 5,1 3,2 4,7 1,0 0,4 0,7 3,1 1,0 -2,3 -2,9 -5,0 -10,0 -2,9 -4,3 -9,8 -11,7 -15,0 7,3 -9,8 -11,0 -15,4 -20,0 -22,7 -25,0 Italia Germania Francia Regno Unito Spagna Fonte: IEM su dati operatori e istituti di rilevazione pubblicitaria. Una costante in tutti i Paesi è il dato negativo sia per i canali gratuiti leader (Itv, Telecinco, Tf1, i canali Rtl Group in Germania) che per i canali gratuiti minori (come M6, Five e Cuatro). Questa perdita viene ammortizzata, un po’ ovunque, dai canali digitali, colti in una fase di crescita degli ascolti. Il dato migliore, in questo senso, viene dai canali francesi, con un notevole +46%, mentre in mercati dove la mutazione del consumo è già a livelli avanzati, come il Regno Unito, il multichannel registra un segno negativo, seppur attenuato (-1,9% ma +44% sul 2005). Tabella 13 - Francia, ricavi pubblicitari tv, 2005-2009 Operatori 2009 2008 2007 2006 2005 Δ % 09-05 nd 310 427 442 428 - - France 3 (pubblica) nd 221 289 289 270 - - France 5 (pubblica) sub-totale France Télévisions Tf1 nd 18 36 34 33 - - 405 549 752 765 731 -26,2 -44,6 1429 1647 1718 1708 1648 -13,2 -13,3 M6 606 658 676 650 625 -11,0 -6,8 Tdt gratuita (digitali) 338 232 109 40 18 45,7 1767,4 Cavo e satellite (digitali) Totale 150 172 181 169 149 -12,8 0,7 3544 3930 4106 3977 3783 -9,8 -6,3 Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazioni IEM su dati operatori, Npa Conseil. 26 Δ % 09-08 France 2 (pubblica) Televisione Pesante è anche il consuntivo delle emittenti pubbliche, in particolare France Télévision, per via della progressiva esclusione degli spazi pubblicitari dal palinsesto (il dato di 405 milioni di ricavi è stato comunque superiore alle previsioni del gruppo, che si attendeva una débacle ben maggiore) e la spagnola Tve, che ne ha seguito lo stesso destino alla fine del 2009. Conservando il suo modello di finanziamento, la Rai ha limitato le perdite al 17%. La crisi della pubblicità televisiva dell’ultimo biennio, ammortizzata in Italia (dove il mezzo è preponderante rispetto alla stampa e a Internet) meglio che altrove, ha reso il mercato italiano il più ricco con poco meno di 4 miliardi di euro. Francia, Germania e Regno Unito si attestano intorno ai 3,5 miliardi, mentre la Spagna ha perso 1,2 miliardi in 2 anni e a fine 2009 il suo mercato vale 2,3 miliardi. La crisi pubblicitaria ha avuto e avrà significative conseguenze sul mercato della produzione di contenuti, segnatamente per le emittenti commerciali che hanno nella pubblicità la principale fonte di ricavo e che rappresentano un fondamentale segmento della domanda e fonte di finanziamento. I principali broadcaster privati europei, di conseguenza, sono intervenuti con tagli più o meno pesanti sul budget di programmazione, cercando di trovare un equilibrio che consentisse di conservare i margini operativi senza svilire l’appeal dei contenuti e perdere ascolti, meccanismo che innescherebbe un circolo vizioso al ribasso. I tagli alla programmazione stanno avendo, però, un effetto negativo sul mercato della produzione di contenuti originali da parte delle società di produzione, indipendenti o collegate che siano. Ovviamente, la predilezione dei broadcaster, specie in una fase di magra, va verso le società collegate, nel tentativo di assicurarsi maggiore margine e di massimizzare gli eventuali ricavi secondari. Tabella 14 - Germania, ricavi pubblicitari tv, 2005-2009 Operatori 2009 2008 2007 2006 2005 Δ % 09-08 Δ % 09-05 Ard (pubbliche) 141 171 168 177 158 -17,5 -10,8 Zdf (pubblica) 112 123 117 125 102 -8,9 9,9 Rtl Group 1583 1872 1799 1802 1721 -15,5 -8,0 ProsiebenSat.1 Media 1511 1582 1791 1786 1717 -4,5 -12,0 altri (analogici+digitali) 293 287 280 224 231 2,1 26,7 Totale 3640 4035 4156 4114 3930 -9,8 -7,4 Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazioni IEM su dati operatori, Zaw. Tabella 15 - Regno Unito, ricavi pubblicitari tv, 2005-2009 Operatori 2009 2008 2007 2006 2005 Δ % 09-08 Δ % 09-05 Itv 1 1238 1406 1532 1655 1880 -12,0 -34,1 Channel 4 601 699 760 748 796 -14,1 -24,6 Five 233 305 322 322 339 -23,5 -31,0 Multichannel (digitali) 1395 1422 1333 1170 969 -1,9 44,0 - di cui Itv digital 275 272 235 176 125 1,2 120,7 - di cui C4 digital 192 190 167 140 99 0,8 94,3 - di cui Five digital 49 64 48 21 0 -22,8 - - di cui Bskyb 346 368 395 384 369 -6,1 -6,4 Sub-totale Itv 1513 1678 1767 1831 2005 -9,8 -24,5 Sub-totale Channel 4 792 890 926 887 895 -10,9 -11,5 Sub-totale Five 283 369 370 343 339 -23,4 -16,4 Totale 3467 3896 4013 3894 3984 -11,0 -13,0 Note: dati in milioni di euro al cambio medio 2009 (0,8909 sterline = 1 euro). Dati Bskyb al 30 giugno di ogni anno. Fonte: elaborazioni IEM su dati operatori, Ofcom. Televisione 27 Tabella 16 - Spagna, ricavi pubblicitari tv, 2005-2009 Operatori 2009 2008 2007 2006 2005 Δ % 09-08 Δ % 09-05 Tve (pubbliche) 422 597 715 693 709 -29,3 -40,5 Autonómicas (pubbliche) 238 320 355 345 381 -25,6 -37,5 Telecinco 590 893 1006 923 871 -33,9 -32,3 Antena Tres 555 659 802 804 800 -15,8 -30,6 Cuatro 249 293 273 173 21 -14,9 1109,7 La Sexta 189 157 120 45 - 20,0 - Veo Tv (digitale) 9 11 5 - - -15,2 - Net Tv (digitale) 22 9 <1 - - 149,4 - Locali 9 38 51 47 42 -76,0 -78,4 Tematiche (digitali) 60 56 60 44 31 7,1 91,4 Totale 2343 3032 3582 3291 3067 -22,7 -23,6 Note: dati in milioni di euro. I dati a disposizione per il mercato spagnolo sottostimano generalmente le tv locali e tematiche. Fonte: elaborazioni IEM su dati operatori, Cmt, Infoadex. Nell’ultimo triennio – prendendo in esame i maggiori broadcaster commerciali di Italia, Francia e Regno Unito, la contrazione dei ricavi ha prodotto sia un taglio ai costi di programmazione che un’erosione del margine di programmazione (l’incidenza percentuale dei costi di programmazione sui ricavi pubblicitari), particolarmente grave per le emittenti britanniche, il cui punto di rottura sarebbe già occorso se non contribuissero ulteriori margini prodotti dai canali digitali e dalle attività diverse. Figura 2 - Incidenza dei costi di programmazione sui ricavi, 2007-2009 (%) 100 86,9 87,1 90 80 77,7 82,1 86,8 2007 77,1 70 59,6 60 62,7 2008 2009 64,9 50,6 50,9 54,8 50 52,7 50,1 44,8 40 30 20 10 0 Itv 1 Channel 4 Tf1 Mediaset M6 Fonte: IEM su bilanci aziendali. I margini si sono dunque assottigliati, specialmente sul mercato britannico, dove il grado di competizione sul mercato interno è alto e la concorrenza costringe a tagliare sui contenuti il meno possibile. Ciononostante, il taglio è stato rilevante per i principali broadcaster finanziati da pubblicità come Channel 4 e Itv. Il margine di Channel 4, ad esempio, si è dimezzato negli ultimi due anni. Itv 1, dal canto suo, in crisi permanente ormai da una decina di anni, ha scaricato la flessione pubblicitaria del 2009 quasi integralmente sul costo dei contenuti (134 milioni di sterline di flessione, 114 di tagli ai programmi). 28 Televisione Sul mercato francese, che sta sperimentando solo negli ultimi anni l’impetuosa crescita dei canali digitali, i margini sono relativamente più alti. Nondimeno, per il canale leader Tf1 la decrescita degli introiti pubblicitari è stata, nel 2009, di oltre 200 milioni, e 100 sono stati recuperati sul costo della programmazione, mantenendo il margine operativo lordo sui 500 milioni. Con ricavi minori ma margini storicamente elevati, il follower M6 ha tagliato il budget di più di 40 milioni, recuperando parte dei 50 milioni di minori introiti pubblicitari. Figura 3 - Channel 4, ricavi e costo della programmazione, 2007-2009 (M£) Ricavi pubblicitari 1400 costo della programmazione 1224 1127 1200 993 979 951 1000 865 800 600 400 200 0 2007 2008 2009 Fonte: IEM su bilanci Channel 4. Figura 4 - Itv 1, ricavi e costo della programmazione, 2007-2009 (M£) Ricavi pubblicitari 800 700 costo della programmazione 677 620 600 522 509 500 535 465 400 300 200 100 0 2007 2008 2009 Fonte: IEM su bilanci Itv. Televisione 29 Figura 5 - Tf1, ricavi e costo della programmazione, 2007-2009 (M€) Ricavi pubblicitari 2000 1800 1718 Costo della programmazione 1647 1600 1429 1400 1200 1032 1024 927 1000 800 600 400 200 0 2007 2008 2009 Fonte: IEM su bilanci Tf1. Figura 6 - M6, ricavi e costo della programmazione, 2007-2009 (M€) ricavi pubblicitari 800 700 676 costo della programmazione 658 606 600 500 400 303 300 347 304 200 100 0 2007 2008 2009 Fonte: IEM su bilanci M6. Come ultimo esempio, l’italiana Mediaset. Il gruppo, in un contesto di mercato dove la concorrenza digitale comincia ora a guadagnare ascolti sensibili, anche se non ancora accompagnati da ricavi pubblicitari adeguati (poche fra le offerte in chiaro sono arrivate a breakeven, e buona parte dei ricavi del digitale terrestre sono appannaggio dei canali Mediaset), ha sempre avuto margini più elevati degli omologhi europei – tali che a fronte di un decremento dei ricavi sulle generaliste dell’8,6%, il taglio al costo del palinsesto è stato di solo l’1,8% (20 milioni). Taglio che si è comunque concentrato sulla produzione di fiction originale (secondo stime di mercato, 60-80 milioni in meno nel 2009). 30 Televisione Figura 7 - Mediaset, ricavi e costo della programmazione, 2007-2009 (M€) Ricavi pubblicitari costo della programmazione 3000 2500 2452 2451 2241 2000 1500 1249 1239 1227 1000 500 0 2007 2008 2009 Note: solo canali generalisti. Fonte: IEM su bilanci Mediaset. Televisione 31 Radio 32 Radio di Chiara Valmachino 1. Lo scenario Secondo le rilevazioni Audiradio, nel 2009 la platea radiofonica italiana era composta da 39,1 milioni di ascoltatori nel giorno medio, con un incremento dell’1,87% rispetto all’anno precedente. Il dato conferma una tendenza positiva, perdurante dal 2005: con una sola, lieve battuta di arresto nel 2008 (-0,7% sull’anno precedente), gli ascolti della radio risultano, infatti, costantemente in crescita nell’ultimo quinquennio, a un tasso medio dell’1,25% annuo. Tabella 1 - Ascolto della radio in Italia, 2005-2009 Anno Ascoltatori (000) 2005 37.205 2006 37.995 2007 38.654 2008 38.381 2009 39.098 Var. annuale % 1,76 2,12 1,73 -0,70 1,87 Note: migliaia di ascoltatori nel giorno medio, base: individui anni 11+. Fonte: elaborazione IEM su dati Audiradio. La radio tocca il suo picco di ascolti nella fascia oraria mattutina tra le 6 e le 9, in cui raggiunge mediamente 21,3 milioni di utenti; dopo un progressivo calo nel corso della mattinata, la curva di ascolto torna a crescere tra le 15 e le 18 (con circa 16,5 milioni di utenti), per poi scendere nuovamente, fino ai 5,6 milioni di ascoltatori della serata (tra le 21 e le 24). I picchi di ascolto nel cosiddetto “drive time” - il tempo dedicato agli spostamenti in auto - sono il segnale di un consumo radiofonico prevalentemente extra-domestico: secondo Audiradio, in effetti, nel 2009 ben il 73% degli ascoltatori nel giorno medio ha utilizzato la radio fuori casa, e, in particolare, il 60% ne ha fruito in automobile. Come già più volte sottolineato anche nei precedenti Rapporti IEM, la portabilità è, del resto, una delle principali chiavi del duraturo successo della radio, un mezzo interstiziale e versatile, che accompagna, punteggia e si adatta alle attività quotidiane del pubblico. Come il numero assoluto di ascoltatori, risulta in crescita nel 2009 anche il tasso di penetrazione della radio nel giorno medio (ovvero il rapporto percentuale tra gli ascoltatori del mezzo e l’intera popolazione sopra gli 11 anni), che si attesta al 73,1%, contro il 72,3% del 2008. Il core target della radio è quello giovane-adulto: è utente di questo medium più dell’80% della popolazione tra i 15 e i 44 anni; il tasso di penetrazione più elevato si registra, in particolare, Radio 33 nella fascia 25-34 anni (83,7%). I valori decrescono, invece, sensibilmente con l’avanzare dell’età, fino a raggiungere il 56,9% di penetrazione tra gli ultra sessantacinquenni. Figura 1 - Percentuale di penetrazione della radio per fasce di età (2009) 90 80 81,1 78,1 82,1 83,7 80,6 75 73,1 66,9 tasso % di penetrazione 70 56,9 60 50 40 30 20 10 0 Totale 11-14 più di 11 anni anni 15-17 anni 18-24 anni 25-34 anni 35-44 anni 45-54 anni 55-64 anni 65 anni e oltre fasce di età Fonte: elaborazione IEM su dati Audiradio. Rispetto al 2008, tuttavia, i dati rilevano un – seppur modesto – invecchiamento nel profilo demografico dell’utente radiofonico. L’appeal del mezzo descresce, infatti, nella fascia 18-24 anni (-1,5% sul 2008); resta sostanzialmente invariato tra i 25-34enni (-0,3%); cresce, invece, in tutte le fasce di età successive: in particolare, si registra un aumento del tasso di penetrazione dell’1,7% nella fascia 45-54 e dell’1,5% nella popolazione over 65. Figura 2 - Percentuale di penetrazione della radio per sesso, istruzione e area geografica (2009) 0 20 40 80 60 totale (% media) 73,1 sesso Uomini 78,4 Donne 68,2 grado di istruzione Univers./Secondaria II gr. 77,9 Secondaria I grado Scuola primaria/nessuno 72,3 54 area geografica Nord Ovest Nord Est Centro Sud /isole Note: target individui anni 11+. Fonte: elaborazione IEM su dati Audiradio. 34 Radio 75 74,6 73,3 70,8 100 I dati Audiradio 2009 confermano, rispetto agli anni precedenti, che l’ascoltatore radiofonico è prevalentemente di sesso maschile: il 78,4% dei maschi sopra gli 11 anni è utente della radio, contro il 68,2% della popolazione femminile. Il tasso di penetrazione è massimo, inoltre, tra gli individui che hanno conseguito il diploma o la laurea (77,9%), ed è minimo tra i cittadini senza titoli di studio (54%, dato in calo dell’1,6% rispetto al 2008). Infine, l’ascolto radiofonico è più frequente nelle regioni del Nord Italia (con un tasso medio del 74,8%) rispetto al Centro e al Sud. Emerge, infine, nel 2009 rispetto agli anni precedenti, l’immagine inedita di un ascoltatore più “nomade”, che probabilmente tende a incrociare, alternare e accumulare molteplici consumi su diverse piattaforme. La durata media di ascolto radiofonico giornaliero risulta, infatti, sensibilmente in calo: si passa da 179 a 166 minuti (- 7,3%), valore inferiore a tutti i livelli registrati dal 2005 in avanti1. Figura 3 – Durata media di ascolto della radio in Italia (2005-2009) 185 181 180 173 171 minuti 175 179 170 166 165 160 155 2005 2006 2007 anni 2008 2009 Note: minuti di ascolto nel giorno medio, target individui anni 11+. Fonte: elaborazione IEM su dati Audiradio. Attualmente il mercato radiofonico italiano conta 18 emittenti nazionali, pubbliche e private, che trasmettono prioritariamente in analogico terrestre. Ad esse si aggiungono le syndication nazionali o sovraregionali (ovvero i consorzi di emittenti locali, che condividono la gestione della raccolta pubblicitaria e acquistano da una capofila – o super station – parte della programmazione, trasmettendola poi in simultanea); le radio comunitarie, nazionali e locali; le emittenti locali. L’esatta quantificazione dell’emittenza radiofonica locale in modulazione di frequenza (Fm) è difficoltosa. Come sottolinea l’associazione di categoria Frt, in un mercato radiofonico da anni interessato a un forte processo di concentrazione, le frequenze di piccole emittenti vengono spesso acquisite e inglobate da grandi network senza nemmeno un’ufficializzazione puntuale dei cambiamenti. Pur con le dovute cautele, la stessa Frt stima comunque che nel 2007 fossero in onda (in Fm) circa 930 emittenti locali. I principali operatori sul mercato italiano della radiofonia sono riconducibili a tre categorie: 1- L’editore radiotelevisivo pubblico, Rai - Radio Televisione Italiana. La Rai possiede tre emittenti nazionali, Radio 1, Radio 2 e Radio 3, le cui infrastrutture sono gestite dalla controllata Rai Way spa. Inoltre, alla concessionaria pubblica appartiene il canale radiofonico di pubblica 1 Tra le emittenti nazionali, nel 2009 si aggiudica il primato nella durata di ascolto l’emittente commerciale Radio 105, con una media di 105 minuti giornalieri. Seguono il terzo canale pubblico, Rai Radio 3, con una media di 104 minuti di ascolto, e l’emittente religiosa Radio Maria, con 97 minuti. La minor durata di ascolto è registrata, invece, da Radio Radicale e da M2o, che totalizzano entrambi 58 minuti nel giorno medio. Radio 35 utilità Isoradio (che trasmette per lo più in isofrequenza, con informazioni sulla mobilità e musica). 2. Gruppi editoriali privati, con un core business nella radiofonia, tra cui i principali sono: • il Gruppo Finelco spa (presieduto dall’azionista di maggioranza, Alberto Hazan): è proprietario di tre canali nazionali, ovvero Radio 105, Radio Montecarlo (RMC) e Virgin Radio. Quest’ultima emittente è nata dal rebranding di Play Radio, che il gruppo Finelco ha acquisito nel 2007 da RCS Media Group. In cambio, RCS era entrata con il 34,6% nell’azionariato della stessa Finelco. Nel luglio 2009 l’accordo tra Finelco ed RCS, valido fino al 2012, è stato rinnovato fino al 2014; il nuovo patto prevede un aumento di capitale del gruppo radiofonico per 10 milioni di euro, in seguito a cui RCS incrementa la partecipazione nel capitale sociale di Finelco, arrivando al 37,2%. L’accordo, inoltre, dà a RCS diritti di opzione per acquisire l’intero gruppo radiofonico tra il 2014 e il 2015; • Radio Dimensione Suono spa (di cui è proprietario e presidente l’imprenditore Eduardo Montefusco): gestisce a livello nazionale l’emittente musicale di flusso Rds 100% Grandi successi, e a livello locale le radio Dimensione Suono Roma, Dimensione Suono Due, Ram Power e Discoradio (acquisita nel 2006); • Rtl 102.5 Hit Radio srl (di cui è presidente il fondatore Lorenzo Suraci): controlla la radio nazionale Rtl 102.5 e l’omonima emittente televisiva (ex Hit channel), che trasmette freeto-air, con la formula della “radiovisione”, sul satellite e sul digitale terrestre; • Radio Italia spa: controlla l’emittente nazionale Radio Italia Solomusicaitaliana; dal 2004, la società era anche editore del canale Tv satellitare Radio Italia Tv, chiuso nel luglio 2009. Dal 1° gennaio 2010, la raccolta pubblicitaria di Radio Italia è stata affidata in esclusiva a Manzoni, concessionaria del Gruppo Espresso (che già cura la raccolta dei canali radio di Elemedia); • l’Associazione Radio Maria: edita l’omonima emittente religiosa (nata come radio parrocchiale ad Arcellasco d’Erba, in provincia di Como e divenuta poi radio nazionale). Nel 1998, l’Associazione ha fondato anche l’Ong World Family of Radio Maria, da cui dipendono oggi 45 emittenti radiofoniche sparse nel mondo. 3. Filiali radiofoniche di gruppi editoriali con un core business nella carta stampata. Tra questi, i principali sono: • Elemedia Spa (controllata al 100% dal Gruppo editoriale L’Espresso): gestisce tre emittenti radiofoniche nazionali, ovvero la generalista Radio Deejay, il canale di informazione e musica Radio Capital, la rete musicale a target giovane M2o. Elemedia controlla anche l’emittente televisiva Deejay Tv, che dal settembre 2009 ha rimpiazzato Allmusic, ereditandone la programmazione. Deejay Tv è in onda in chiaro sul digitale terrestre e in analogico. Sulla pay tv satellitare di Sky Allmusic è stata invece sostituita da un nuovo canale musicale, MyDeejay Tv; • Monradio Srl (interamente controllata dal Gruppo Mondadori): possiede l’emittente allgenre Radio 101 (R101). Si deve anche sottolineare che, nel marzo 2009, la Mondadori Pubblicità ha acquisito in esclusiva la raccolta pubblicitaria dell’emittente commerciale Radio Kiss Kiss, con sede a Napoli; • Nuova Radio Spa (controllata al 100% dal Gruppo Il Sole 24 Ore), che gestisce l’emittente “news and talk” Radio 24; • Rcs Mediagroup: come si è già ricordato, la media company milanese è attualmente socia di minoranza nel gruppo radiofonico Finelco, a cui ha ceduto nel 2007 l’emittente Play Radio; nel dicembre 2008, inoltre, Rcs ha ceduto al gruppo Next di Domenico Zambarelli il marchio (detenuto ma non utilizzato) di Radio Italia Network, emittente che ha ripreso a gennaio 2009 le trasmissioni in Fm, su scala sovra regionale. Analizzando i dati di ascolto delle emittenti nel 2009, balza subito in evidenza una generalizzata 36 Radio contrazione nei contatti delle emittenti nazionali (-5,5% in totale, rispetto al 2008), pur a fronte del già citato aumento complessivo di ascoltatori del mezzo radiofonico: sono, probabilmente, le radio locali e sovra regionali ad aver guadagnato in termini di audience, a discapito delle emittenti nazionali. In questo settore, le uniche performance positive del 2009 sono registrate dalle reti del gruppo Finelco Radio 105 (con un ottimo + 23,1% sul 2008) e Virgin Radio (+4,6%), e da Radio Kiss Kiss (2,1%). La rete ammiraglia della concessionaria pubblica, Radio 1, conferma - come in tutto il quinquennio precedente - la propria leadership nella classifica dell’audience, con 6,2 milioni di contatti nel giorno medio; tuttavia, gli ascolti del 2009 risultano fortemente ridimensionati rispetto all’anno precedente (-9,1%). Il sensibile calo di ascolti riguarda anche le altre due emittenti Rai, Radio 3 (-6,3%) e soprattutto Radio 2 (che passa da 4,9 a 3,8 milioni di contatti, con un crollo del 23,1%), probabilmente penalizzata dalla chiusura del programma di punta Viva Radio 2, condotto da Fiorello e da Marco Baldini. Come nel 2008, Rtl 102.5 è la seconda radio nazionale più ascoltata, con 5,3 milioni di contatti (in calo, però, di un moderato 2% sull’anno precedente). Segue, a breve distanza, Radio Deejay, che perde però 210 mila ascoltatori rispetto al 2008, contribuendo a confermare i risultati poco brillanti del Gruppo Elemedia (che resta il primo gruppo commerciale italiano, ma totalizza una perdita del 5,9% sul 2008, stesso risultato negativo dell’anno precedente). Al contrario, si osserva l’ascesa del gruppo Finelco (+4,8%): i già citati lusinghieri risultati di Radio 105 (che guadagna ben 530 mila ascoltatori) e, in parte, di Virgin Radio riescono a tamponare la performance negativa di Radio Montecarlo (-13,6%). Tabella 2 - Ascolto delle emittenti radiofoniche nazionali nel giorno medio (2005-2009) Rai Radiouno (R) 2009 2008 2007 2006 6.250 6.876 6.744 6.720 2005 6.399 Variaz. % 2008-09 -9,10 RTL 102.5 5.291 5.399 5.166 4.907 4.125 -2,00 Radio Deejay (E) 5.037 5.249 5.586 5.758 5.587 -4,04 RDS 100% Grandi Successi 5.034 5.263 5.014 4.965 4.505 -4,35 Radio 105 Network (F) 4.507 3.975 3.961 3.703 3.547 13,38 Rai Radiodue (R) 3.781 4.918 4.988 5.486 4.213 -23,12 Radio Italia Solo Musica Italiana 3.662 3.799 3.776 3.223 3.260 -3,61 Radio Kiss Kiss 2.290 2.242 2.374 1.724 1.355 2,14 Radio R101 1.990 2.080 1.952 1.381 n.d. -4,33 Radio 24 - Il Sole 24 Ore 1.885 2.113 1.859 1.763 1.572 -10,79 Rai Radiotre (R) 1.868 1.993 1.943 1.914 1.858 -6,27 Virgin Radio (F) 1.786 1.707 n.d. n.d. n.d. 4,63 Radio Maria 1.608 1.715 1.806 1.694 1.829 -6,24 RMC Radio Montecarlo (F) 1.571 1.818 1.920 2.056 2.075 -13,59 Radio Capital (E) 1.520 1.623 1.857 2.039 1.980 -6,35 M2O (E) 1.292 1.469 1.416 1.066 1.007 -12,05 Isoradio (R) 969 1.181 1.177 1.115 1.086 -17,95 Radio Radicale 448 515 536 545 449 -13,01 Gruppo Rai (R) 12.868 14.968 14.852 15.235 13.556 -14,03 Gruppo Elemedia (E) 7.849 8.341 8.859 8.863 8.574 -5,90 Gruppo Finelco (F) Totale contatti * emittenti nazionali 7.864 7.500 5.881 5.759 5.622 4,85 50.825 53.935 50.685 50.059 44.847** -5,77 Note: migliaia di ascoltatori nel giorno medio; in corsivo le emittenti pubbliche; (*) i dati sui contatti sono al lordo delle sovrapposizioni (ovvero dell’ascolto quotidiano di più emittenti); (**) dato non comparabile per l’assenza di rilevazioni dell’emittente R101 nel 2006. Fonte: elaborazione IEM su dati Audiradio. Radio 37 In relazione ai dati di ascolto, occorre comunque precisare che dal 2009 Audiradio ha iniziato la sperimentazione di una nuova metodologia di raccolta dati, perfezionata e ampliata con l’indagine 2010: la tradizionale ricerca, effettuata per via telefonica su un campione di 120.000 soggetti, viene ora integrata, anche per gli ascolti del giorno medio (ma solo per le emittenti nazionali che hanno aderito alla nuova metodologia) con un’indagine tramite panel-diari, su un campione di 14.400 individui. I primi dati del 2010 pubblicati, relativi al primo trimestre dell’anno, restituiscono uno scenario radicalmente modificato, che non può essere tout court comparato con i risultati delle precedenti rilevazioni, ma che – se confermato2 – apre la via a nuove riflessioni. Innanzitutto, il totale dei contatti per le emittenti radiofoniche nazionali - pari a 58 milioni nel giorno medio - risulterebbe molto superiore a quello indicato in tutto il quinquennio precedente (con dati che oscillavano tra i 50 e i 54 milioni) . Anche dalle performance delle singole emittenti sembrano giungere variazioni rilevanti agli equilibri stabiliti. In sintesi, emerge nel primo trimestre 2010 un inatteso successo di Radio 1, che, con 7,6 milioni di contatti, distanzia nettamente Radio Deejay; quest’ultima conquista la seconda posizione, superando la soglia dei 6 milioni di ascoltatori e scavalcando Rtl 102.5 (ferma a 5,5 milioni). In sorprendente controtendenza rispetto alla precedente rilevazione, risulta al quarto posto il secondo canale Rai, Radio 2 (5,3 milioni), seguito dalla capofila del gruppo Finelco, Radio 105, a quota 4,7 milioni di ascoltatori. Completerebbe un quadro molto positivo per la concessionaria pubblica il balzo in avanti di Radio 3, che arriverebbe a sfiorare i 3 milioni di contatti nel giorno medio. Tutte le radio presenti nella top ten 2009 vedono ritoccati in positivo i propri ascolti: fa però eccezione RDS Radio Dimensione Suono, pesantemente ridimensionata rispetto alle precedenti rilevazioni (con 4,6 milioni di ascoltatori, contro i 5 milioni di tutto il triennio precedente). Osservando, infine, le performance dei principali gruppi radiofonici commerciali, si deve sottolineare, da un lato, che il gruppo Elemedia totalizzerebbe 9,5 milioni di contatti complessivi, ben al di sopra dei 7,8 del 2009 (ai positivi risultati di RadioDeejay e di Radio Capital, fa tuttavia da contraltare l’opaca performance di M2o, ferma intorno al milione di contatti). In chiaroscuro paiono, d’altra parte, i risultati del concorrente gruppo Finelco (a quota 8,1 milioni di contatti totali, solo lievemente superiori ai 7,9 calcolati nel 2009): mentre Radio 105 si mantiene al quinto posto della classifica generale, Virgin Radio si ferma a 1,6 milioni di ascoltatori e viene superata in classifica dalla “cugina” Radio Montecarlo, oltre che da Radio Capital. Tabella 3 - Ascolto delle emittenti radiofoniche nazionali nel giorno medio (I trimestre 2010) Ascolti (I trimestre 2010) Rai Radiouno (R) 7.634 Radio Deejay (E) 6.276 RTL 102.5 5.533 Rai Radiodue (R) 5.280 Radio 105 Network (F) 4.764 RDS 100% Grandi Successi 4.658 Radio Italia Solo Musica Italiana 3.902 Rai Radiotre (R) 2.978 Radio Kiss Kiss 2.494 2 La metodologia di Audiradio è probabilmente destinata ad essere presto nuovamente modificata. A luglio 2010, il CdA di Audiradio ha dato, infatti, mandato al proprio presidente di studiare tutte le soluzioni più affidabili per affinare i risultati della nuova metodologia di indagine, contestata in questi mesi da diversi operatori del settore. 38 Radio Radio R101 2.491 Radio 24 - Il Sole 24 Ore 2.371 Radio Capital (E) 2.251 RMC Radio Montecarlo (F) 1.731 Radio Maria * 1.626 Virgin Radio (F) 1.605 M2o (E) 1.031 986 Radio Radicale * 470 Totale contatti ** Isoradio (R) * Gruppo Rai (R) 16.878 Gruppo Elemedia (E) 9.558 Gruppo Finelco (F) 8.100 Totale contatti ** emittenti nazionali 58.081 Note: migliaia di ascoltatori nel giorno medio; in corsivo le emittenti pubbliche; (*) Radio Maria, Isoradio e Radio Radicale non hanno aderito alla rilevazione tramite panel-diari; pertanto, i dati di queste emittenti risultano dalla sola indagine telefonica; (**) i dati sui contatti devono essere considerati al lordo delle sovrapposizioni tra diverse emittenti. Fonte: elaborazione IEM su dati Audiradio. 2. Gli investimenti pubblicitari Nel 2009, secondo le stime di Nielsen Media Research, gli investimenti pubblicitari nei principali media italiani (stampa, radio, tv, cinema, internet e affissioni) hanno subito una contrazione del 13,2% rispetto all’anno precedente, attestandosi complessivamente a 7,99 miliardi di euro. In questo contesto, la radio ha chiuso l’anno con una perdita – tutto sommato moderata - del 7,7%, raccogliendo investimenti per 436,3 milioni di euro (contro i 472,9 del 2008). Secondo i dati Nielsen, il settore radiofonico ha rappresentato nel 2009 il 5,46% del mercato pubblicitario, dato in lieve crescita rispetto alla precedente rilevazione. Tabella 4 – Radio: investimenti pubblicitari in Italia (2005-2009) Totale pubblicità (*) Radio (**) Incidenza % Radio su Totale Var. % 2008-09 2009 2008 2007 2006 2005 2004 7.994.277 9.214.314 8.978.580 8.553.825 8.460.442 8.116.241 -13,24 436.317 472.904 476.084 440.669 408.597 400.214 -7,7 5,46 5,13 5,3 5,15 4,83 4,93 - Note: dati in migliaia di euro; (*) Sono inclusi nel totale gli investimenti nei seguenti media: tv, stampa, radio, cinema, Internet, affissioni; (**) investimenti sulle radio nazionali. Fonte: elaborazione IEM su stime Nielsen Media Research Vale la pena sottolineare che, confrontando i dati di Nielsen Media Research sugli investimenti pubblicitari con quelli prodotti da altre fonti, emergono valori differenti, dovuti principalmente alle discrepanti metodologie di elaborazione dei dati (tra l’altro considerati talora al lordo, talora al netto delle commissioni di vendita e/o degli sconti di agenzia)3. Tuttavia, restano costanti due importanti elementi di fondo: il settore radiofonico detiene nel 2009, secondo tutte le fonti, una quota tra il 5 e il 5,5% del mercato pubblicitario complessivo; gli investimenti pubblicitari nella radio nel 2009 risultano diminuiti rispetto all’anno precedente, di una quota oscillante tra l’8% circa (indicato da Agcom, Nielsen, Fcp-Assoradio) e l’11% (indicato dalle stime di Assocomunicazione). 3 Si deve ricordare che, dal gennaio 2009, Nielsen Media Research elabora le proprie stime sul mercato pubblicitario utilizzando anche i dati sulla radio raccolti dall’Osservatorio FCP-Assoradio: quest’ultimo aggrega i dati mensili di fatturato pubblicitario forniti direttamente dalle concessionarie nazionali (e non si basa, invece, sui prezzi di listino successivamente ponderati secondo un valore medio di abbattimento, come faceva in precedenza Nielsen). Radio 39 Il periodo nero del mercato pubblicitario italiano – iniziato nel secondo semestre 2008 e connesso alla crisi economica internazionale – mostrava i segnali di un’inversione di tendenza già alla fine dell’anno scorso: secondo Nielsen Media Research, nel mese di dicembre 2009 il calo di investimenti complessivi era solo dell’1,6% rispetto allo stesso mese del 2008; proprio la radio faceva segnare performance mensili molto incoraggianti, con una crescita del 24,6% sul mese di dicembre 2008. Tabella 5 – Rilevazioni del mercato radiofonico nazionale a confronto (2008-2009) Radio - volume investimenti 2009 Radio - volume investimenti 2008 Variazione % % radio su totale investimenti nei media - 2009 (*) Nielsen Media Research 436.317 472.904 -7,7 5,46 Fcp-Assoradio 370.859 402.037 -7,7 - Agcom / Nielsen Media Research (**) 403.000 437.000 -7,8 5,32 - 396.530 - - 443.000 498.000 -11 5 Fonte Agcom – IES (**) Assocomunicazione (***) Note: Dati in migliaia di euro, relativi agli investimenti sulle radio nazionali (*) Sono inclusi nel totale gli investimenti sui seguenti media: Tv, stampa, radio nazionali, cinema, Internet, affissioni; (**) La relazione annuale Agcom rielabora dati forniti da Nielsen Media Research; Agcom produce anche un’altra valorizzazione del settore radiofonico, con dati estratti dall’Informativa Economica di Sistema (IES). (***) Le cifre di Assocomunicazione sono frutto di stime previsionali, prodotte in corso d’anno, per le radio nazionali. Comprendendo le emittenti locali il dato sarebbe di 589 milioni. Fonte: elaborazione IEM su stime Nielsen Media Research , Fcp-Assoradio, Agcom, Assocomunicazione. La tendenza a una cauta ripresa è stata confermata nei primi mesi del nuovo anno: sempre secondo Nielsen, nel primo trimestre 2010, infatti, gli investimenti pubblicitari sui principali mezzi aumentano del 4,35% rispetto allo stesso periodo 2009; positivi appaiono, in particolare, i risultati del settore radiofonico, che da gennaio a marzo cresce del 12,6% sul primo trimestre 2009, grazie soprattutto alla buona performance della pubblicità tabellare. Tabella 6 – Radio: investimenti pubblicitari in Italia (primo trimestre 2010) I trimestre 2010 I trimestre 2009 Variazione % 2.044.616 1.959.338 4,35 104.726 93.031 12,6 di cui Tabellare 96.491 85.282 13,1 di cui Extra Tabellare 8.236 7.748 6,3 Totale pubblicità (*) Radio (**) Note: Dati in migliaia di euro; (*) Sono inclusi nel totale gli investimenti nei seguenti media: Tv, stampa, radio, cinema, Internet, affissioni; (**) investimenti sulle radio nazionali. Fonte: elaborazione IEM su stime Nielsen Media Research. Anche il Rapporto 2010 “Comunicare Domani” di Assocomunicazione segnala che “nonostante il perdurare di difficoltà nell’economia reale e nel mercato dei capitali, esistono primi solidi segnali di ripresa […] per quanto riguarda gli investimenti in comunicazione”. Le stime di Assocomunicazione parlano di una crescita costante ma lenta, che dovrebbe portare a recuperare i livelli di investimento del 2008 entro 4 anni. Per il 2010, l’incremento complessivo degli investimenti pubblicitari previsto è intorno al 2%. In questo contesto, la raccolta pubblicitaria sulle radio nazionali dovrebbe crescere del 4% rispetto al 2009, trainata dai buoni risultati delle emittenti commerciali (+4,5%, a fronte di un + 2,2% delle reti pubbliche). Assocomunicazione, a differenza di altre fonti4, rileva anche gli investimenti sulle radio locali: calcolando che il settore locale abbia rappresentato il 28% degli investimenti radiofonici totali nel 2009, con 171 milioni di euro, Assocomunicazione prevede in questo segmento, per il 2010, un perdurante stallo (con 170 milioni di investimenti, pari al 29% circa del totale). 4 Anche l’Agcom produce, per la verità, dati sulla raccolta pubblicitaria delle radio a diffusione locale, integrando le informazioni fornite dai maggiori operatori locali per l’Informativa Economica di Sistema con stime sui restanti operatori. L’ultimo dato disponibile è purtroppo fermo al 2008, e calcola che la raccolta pubblicitaria delle radio locali fosse di 182 milioni di euro, pari al 31,4% della raccolta radiofonica totale. 40 Radio Tabella 7 - Radio: investimenti pubblicitari in Italia (previsione 2010) Previsione 2010 Radio nazionali Variaz. % 419.000 4 emittenti pubbliche 91.000 2,2 emitt. commerciali 328.000 4,5 Radio locale 170.000 0 Totale radio 589.000 2,8 Note: Dati in migliaia di euro. Fonte: elaborazione IEM su dati Assocomunicazione 3. Il confronto internazionale Su scala mondiale, gli investimenti pubblicitari nel settore radiofonico ammontavano nel 2009 a 24,3 miliardi di euro: secondo Zenith Optimedia, tale cifra era il risultato di una perdita del 10,9% sul 2008, superiore di un punto percentuale al decremento medio della raccolta pubblicitaria globale (che si è fermata nel 2009 a quota 319 miliardi di euro, con una perdita complessiva del 9,8% sull’anno precedente). Tabella 8 - Radio: investimenti pubblicitari nel mondo e in Europa (2008-2009) 2009 2008 Δ% Totale pubblicità (mondo) 319.900 354.500 -9,8 Radio (mondo) 24.300 27.300 -10,9 Radio (Europa) 5.200 6.000 -13,3 Europa occidentale 4.300 4.800 -9,4 900 1.200 -25,6 Europa orientale Note: dati in milioni di euro. Fonte: Zenith Optimedia In Europa, il mercato dell’advertising radiofonico nel 2009 valeva 5,2 miliardi di euro, e rappresentava il 21,4% degli investimenti globali nel mezzo. Gli investimenti pubblicitari nella radio, in Europa, risultavano nel 2009 calati del 13,3% rispetto all’anno precedente; presentava un saldo particolarmente negativo l’area dell’Europa orientale, con un decremento del 25,6% rispetto al 2008. Tabella 9 - Investimenti pubblicitari nei principali mercati europei (2009) Totale pubblicità Radio % Radio su totale Francia 10.291 676 6,57 Germania 18.337 679 3,70 Italia 7.994 436 5,46 Regno Unito 16.275 456 2,80 Spagna 5.621 537 9,55 Totale 58.518 2.784 4,76 Note: dati in milioni di euro, riferiti agli investimenti pubblicitari netti; (*) i dati relativi all’Italia riguardano solo le emittenti radiofoniche nazionali; (**) i dati relativi al Regno Unito sono al netto delle sponsorizzazioni e del branded content radiofonico. Fonti: elaborazione IEM su dati Irep, Zaw, Nielsen, Warc/AA, Infoadex. I dati sulla spesa pubblicitaria nei singoli mercati europei sono di difficile comparazione, poiché non coincidono perfettamente le metodologie di raccolta e di elaborazione utilizzate dai diversi centri di ricerca nazionali. In generale, si può comunque osservare che la radio occupa nel 2009 una porzione assai ridotta nel media mix dei due maggiori mercati pubblicitari europei, ovvero Regno Unito (2,8%, su un totale di investimenti pari a 16,3 miliardi di euro) e Germania (3,7%, sul totale di 18,3 miliardi di euro). Seguono, nel mercato EU-5, l’Italia (in cui la radio rappresenta il 5,46% degli investimenti totali), la Francia (6,57%) e, infine la Spagna, Radio 41 che è il mercato pubblicitario più piccolo (con 5,6 miliardi di euro di investimenti), ma riserva alla radio una rilevante quota di mercato, pari al 9,6% del totale. Nel 2009, i già citati effetti della crisi finanziaria hanno avuto effetti negativi in tutti i principali mercati pubblicitari, seppur con proporzioni diverse; il mercato radiofonico tedesco, in particolare, ha retto meglio degli altri, con una perdita del 5,6% (pari a 40 milioni di euro) sul 2008, inferiore anche al decremento medio complessivo della spesa pubblicitaria nazionale tedesca, che si è attestato al 9,8%. La complessiva tenuta della radio in Germania è attribuibile, in parte, agli investimenti del settore automobilistico, che coprono un terzo dell’ad-spend radio totale e che nel 2009 sono rimasti invariati – secondo uno studio di Nielsen Media Research rispetto all’anno precedente, con una spesa di 228,5 milioni di euro. Il mercato radiofonico che più ha risentito, invece, della congiuntura economica sfavorevole è quello spagnolo, che – dopo un triennio di crescita tra il 2005 e il 2007 e una prima battuta d’arresto nel 2008 - si contrae nel 2009 del 16,3% (nel contesto, tuttavia, di una perdita del 20,9% subita in complesso dai cosiddetti “media convenzionali”). In Italia, Regno Unito e Francia le perdite nel 2009 si sono assestate su valori compresi tra il 7 e il 9%. Se in Italia, tuttavia, gli investimenti radiofonici nell’ultimo quinquennio crescono complessivamente a un tasso medio dell’1,7%, nel Regno Unito e in Francia, al contrario, la radio pare attraversare una crisi più strutturale, come segnalano anche i tassi di decrescita media dal 2005 al 2009, rispettivamente del 7 e del 4% circa. Tabella 10 - Radio - Investimenti pubblicitari nei principali mercati europei (2005-2009) Francia 2005 2006 2007 2008 2009 Δ% 2008-09 Cagr 795 807 767 742 676 -8,89 -3,97 Germania 664 681 743 719 679 -5,56 0,56 Italia (*) 408 440 476 473 436 -7,82 1,67 Spagna 610 637 678 642 537 -16,36 -3,14 Regno Unito (**) 609 549 555 491 456 -7,13 -6,98 Note: dati in milioni di euro, riferiti agli investimenti pubblicitari netti; (*) i dati relativi all’Italia riguardano solo le emittenti radiofoniche nazionali; (**) i dati relativi al Regno Unito sono al netto delle sponsorizzazioni e del branded content. Fonti: elaborazione IEM su dati Irep, Zaw, Nielsen, Warc/AA/Ofcom, Infoadex. ZenithOptimedia prevede per il 2010 una cauta ripresa degli investimenti globali in advertising: secondo le stime pubblicate ad aprile, tale ripresa si dovrebbe attestare intorno al 2,2% complessivo. La ripresa procede, tuttavia, con velocità asimmetriche nelle diverse aree geografiche del pianeta e in relazione ai diversi media. La radio, in particolare, dovrebbe soffrire ancora, secondo Zenith, una stagnazione nel 2010 (-0,5%); la raccolta pubblicitaria radiofonica, nel mondo, dovrebbe poi tornare lentamente a crescere, del 2,3% nel 2011 (a fronte di una crescita del 4,1% dell’adspend complessivo) e di un ulteriore 4,5% nel 2011. 4. Le piattaforme di distribuzione e il futuro della radio: bilanci e tendenze Più volte i rapporti annuali IEM hanno sottolineato la straordinaria capacità di adattamento della radio allo scenario tecnologico contemporaneo. Medium antico, che ha saputo ibridarsi e integrarsi con le nuove tecnologie, oggi la radio è fruibile: • con ricevitori audio analogici (per le tradizionali trasmissioni in Fm e Am) e digitali (per esempio fondati sui sistemi Dab-T, per la ricezione digitale terrestre; Dab-S, per la ricezione diretta satellitare5; Drm); 5 Negli Stati Uniti e in Canada la radio satellitare a ricezione diretta (Dab-S) è offerta principalmente da Xm/Sirius, operatore nato nel 2008 dalla fusione dei due maggiori provider (Xm e Sirius, appunto); negli Usa, gli utenti della radio in Dab-S, nel 2008, erano circa 20 milioni. Al di fuori del Nord America, il maggiore provider di radio satellitare è stato negli scorsi anni WorldSpace, società fallita però nel 2008 (e acquisita, nel marzo 2009, dal 42 Radio • attraverso la televisione digitale, terrestre (standard Dvb-T), satellitare (Dvb-S), mobile (Dvb-H) e via cavo (Dvb-C); • con apparecchi di telefonia mobile (che ricevono le radio analogiche in Fm ma offrono anche, sempre più spesso, web radio in streaming, fruibili con connessione a Internet, via 3G, 3,5G, GPRS, Wi-fi); • attraverso Pc e lettori portatili (per la ricezione, via broadband, di web radio e Pod radio). In generale, la moltiplicazione delle piattaforme è un’opportunità per la radio di ampliare i propri bacini di utenza, offrendo maggiori listening point dei canali radiofonici esistenti, ma soprattutto incrementando l’offerta con nuove emittenti. Secondo Ofcom, per esempio, le emittenti radiofoniche digitali in Italia, Francia, Germania e Regno Unito erano complessivamente 333 nel 2007, e ben 717 nel 2009 (con un aumento del 115%); particolarmente rilevante risulta il dato del Regno Unito, con un’esplosione di emittenti digitali, che sono passate in due anni da 172 a 423 (di cui 380 commerciali e 43 pubbliche). Figura 4 - Numero di stazioni disponibili su piattaforme radio digitali (2007 e 2009) 2007 450 2009 423 400 350 300 250 200 172 150 113 100 50 0 107 116 65 46 8 Francia Germania Italia Regno Unito Note: sono escluse le radio distribuite esclusivamente via web. Fonte: elaborazioni IEM su dati Idate /Ofcom. Bisogna, in ogni caso, sottolineare che le diverse piattaforme distributive penetrano nei mercati con velocità differenziate. In Europa, in particolare, emergono attualmente tre tendenze, tra loro interconnesse: 1. la resistenza della distribuzione radiofonica in analogico; 2. le difficoltà di affermazione delle reti audio digitali terrestri; 3. il successo della radio via Internet. Accanto ai trend trasversali, sono, inoltre, rilevabili alcune tendenze peculiari di singoli mercati locali: in Italia, per esempio, tra i device d’elezione gioca un ruolo fondamentale il cellulare (per l’ascolto della radio in Fm ma anche – sempre più spesso – per la ricezione in streaming attraverso Internet6 ). Nel 2008, Ofcom sosteneva per esempio che il 22% degli adulti italiani in Ceo e fondatore della società stessa, Noah Samara). La bancarotta di Worldspace Inc. ha bloccato diversi progetti di espansione in Europa, tra cui il lancio della radio satellitare in Italia, annunciato già dal 2007 e preparato da WorldspaceItalia, joint venture tra la stessa Worldspace Inc. e la Newsatellite Radio, del gruppo Class Editori. 6 Secondo Forrester Research, del resto, è proprio il mercato italiano - insieme ai Paesi nordici, all’Austria e al Regno Unito – a trainare la diffusione mondiale dei servizi Internet mobile; secondo le previsioni dell’istituto di ricerca statunitense, entro la fine del 2010 più del 60% degli utenti mobile italiani avrà un telefono 3G o 3,5G, e l’Italia sarà tra i paesi più veloci nell’adottare anche i servizi 3,5G, raggiungendo un tasso di penetrazione di oltre il 25% entro la fine del 2013, contro il 20% di Francia, Germania e Olanda. Radio 43 possesso di una connessione Internet utilizzasse il cellulare come terminale di ricezione della radio in Fm, contro il 16% dei tedeschi e il 13% dei francesi. Una recente ricerca, condotta da Aegis Media Expert e pubblicata nel giugno 2009 da “I Quaderni della Comunicazione”, sostiene a sua volta che il 21% degli italiani tra i 15 e i 64 anni utilizza regolarmente il cellulare o i lettori portatili per ascoltare la radio. La radio analogica e il digitale terrestre Come riassume lo studio “The future of radio”, pubblicato nel 2008 dalla Swedish Tv and Radio Authority, la radio analogica terrestre in Fm offre perduranti vantaggi, tra cui: l’ampiezza della copertura territoriale garantita, la robustezza e affidabilità della rete, la qualità del segnale, l’economicità dei sistemi di trasmissione e l’accessibilità, tutti fattori che continuano a soddisfare sia gli operatori che gli utenti. Il limite principale della distribuzione analogica, come è noto, risiede invece nella scarsità delle risorse frequenziali disponibili, che rendono limitate le possibilità di sviluppo dell’offerta radiofonica. L’implementazione di nuovi canali e di servizi addizionali può essere invece essere garantita dalle tecnologie digitali terrestri sound-radio based, che sfruttano con maggiore efficienza lo spettro elettromagnetico. Finora, tuttavia, il passaggio al digitale è stato per la radio un cammino accidentato e tortuoso, di cui non si vede, tuttora, chiaramente l’esito. Emblematica, in tal senso, è la parabola del Dab-T (Digital Audio Broadcasting), standard europeo per la diffusione delle trasmissioni radio in digitale terrestre. La sperimentazione del sistema Dab è stata avviata nel 1995 dalla Comunità Europea, che ha individuato blocchi di frequenze utilizzabili (in banda VHF III e banda UHF-L) e ha lasciato ad ogni nazione facoltà di scelta sulla data di introduzione della nuova tecnologia. In Italia, il primo programma di sviluppo della radiofonia in Dab-T risale al 2001; lungo tutto il decennio successivo sono continuate le sperimentazioni della tecnologia Dab (e, dal 2007, dello standard più evoluto Dab+, nonchè del formato Dmb, che permette la trasmissione della mobile Tv via Dab), ma anche di altre tecnologie per la trasmissione in digitale terrestre, tra cui il Drm (che utilizza le frequenze Am per la radio digitale). Nel 2005 l’Agcom emanava il primo regolamento per la disciplina dei mercati e l’assegnazione delle frequenze digitali. Diversi fattori hanno, tuttavia, ostacolato l’effettiva entrata a regime del sistema numerico. In Italia, in particolare, si sono sommati problemi tecnologici e logistici, tra cui: • alti costi di realizzazione dei centri di trasmissione adeguati per una capillare copertura del territorio; • scarsa diffusione di buoni ricevitori a prezzi modici; • difetti nella qualità audio percepita (problema poi superato con l’implementazione del sistema Dab+, introdotto a partire dal 2006); • ritardi nella liberazione delle frequenze individuate – occupate da emittenti televisive – e problemi negli standard del sistema di canalizzazione della banda III. Si è così giunti al novembre 2009, con l’approvazione di un un nuovo regolamento Agcom (Delibera 664/09/CONS) per l’assegnazione delle frequenze digitali alle emittenti radiofoniche. Il documento assegna alla radio 14 blocchi di frequenze in banda III, di cui 3 destinate a emittenti nazionali e fino a 11 alle emittenti locali. 44 Radio Tabella 11 - La radio digitale terrestre nei principali mercati europei (Francia, Germania, Regno Unito) • • Francia • • • Germania • • • Regno Unito • Per anni si sono sperimentate le tecnologie Drm, Dab, Dab+, Dmb-T e Hd radio; I risultati del Forum Tecnico aperto nel 2007 dal CSA (Conseil Supérieur de l’Audiovisuel) hanno condotto nel 2008 alla decisione di adottare per la radio digitale lo standard Dmb-T (Digital Multimedia Broadcasting), che permette la tramissione della mobile Tv all’interno del network Dab; Entro il 2013 tutte le radio in vendita dovranno essere Dmb-compatibili. La radio in standard Dab-T trasmette regolarmente in Germania fin dal 1999, ma ha raggiunto bassi livelli di penetrazione (con meno di 500.000 ricevitori finora venduti); Dal gennaio 2008, la KEF (Commissione per il finanziamento dei media audiovisivi) ha sospeso fino al 2009 i finanziamenti pubblici al Dab, vista la scarsa redditività mostrata dal sistema; Dalla primavera 2008 si pianifica il re-start della radio numerica, con test sul Dab+, ma anche sul Drm e la Hd Radio. La radio numerica in Dab+ dovrebbe entrare a regime tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011. La radio digitale terrestre trasmette nel Regno Unito con lo standard Dab-T dal 1997; A fine 2009, con 400 canali radio e 10 milioni di ricevitori Dab venduti, quello britannico si conferma il maggiore mercato Dab in Europa. Gli osservatori ritengono, tuttavia, che senza innovazione (per esempio, senza l’adozione della più evoluta tecnologia Dab+ al posto del Dab di prima generazione) il mercato del digitale terrestre sia vicino alla saturazione. Nel 2009 – in controtendenza rispetto agli altri mercati – il Governo britannico aveva annunciato lo spegnimento della radio analogica entro il 2015; Il nuovo Governo Cameron, tuttavia, ha successivamente dichiarato, nel luglio 2010, di rinunciare all’intenzione, prolungando sine die la vita dell’Fm. I tre principali consorzi italiani di circuiti radiofonici commerciali che, oltre a Rai, detengono l’autorizzazione a trasmettere in digitale (Club Dab, C.R. Dab, Euro Dab), non ritengono che la nuova normativa sia uno strumento sufficiente per far decollare finalmente il Dab. Innanzitutto, i consorzi sottolineano come il regolamento, nel dettare i requisiti di accesso ai diritti d’uso delle radiofrequenze digitali, penalizzi di fatto le emittenti locali. Inoltre, si sostiene che il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze digitali, successivamente approvato a giugno 2010, riserva alle emittenti radiofoniche un numero di frequenze ancora insufficiente, a vantaggio degli operatori televisivi. Lo sviluppo della tecnologia audio digitale procede a singhiozzo anche negli altri mercati europei, dove – tra l’altro – non è sopito un dibattito “a monte”, sull’opportunità di digitalizzare la rete analogica Fm (tramite, per esempio, i formati HD radio7 o FMeXtra) o di adottare nuovi sistemi (come il Dab o il Drm). Nessun Paese ha, in ogni caso, stabilito una data per lo switchoff del segnale analogico. La radio via Internet: web-radio, podcasting, web-site delle emittenti Per vari motivi, la radio via web e la Pod radio sembrano candidate ad essere una valida alternativa alle reti digitali terrestri e un fondamentale complemento delle reti radio analogiche. Tra i principali vantaggi della radio diffusa in streaming via web c’è, innanzitutto, la potenziale illimitatezza dei canali e dei programmi distribuibili. Inoltre, la semplicità tecnologica di accesso, i costi limitati di gestione, nonché la possibilità di trasmettere senza ottenere licenze, permettono a molteplici operatori di entrare nel mercato e di offrire canali di nicchia, targettizzando la programmazione. Ancora: nel passato, la web radio è stata soprattutto fruibile attraverso postazioni pc fisse, ma 7 Il modello ibrido analogico-digitale in Fm Hd radio è stato scelto dagli Usa come formato prevalente per la radio digitale ; anche il Canada, dopo dieci anni di infruttuosa sperimentazione del Dab-T, ha deciso nel giugno 2010 di revocare le licenze concesse in banda L, probabilmente per passare al formato Hd radio. Radio 45 oggi le tecnologie wireless di accesso a Internet permettono di consolidare una caratteristica peculiare della radio, ovvero la portabilità. Il già citato sodalizio tra cellulari di nuova generazione, Internet e radio è il principale esempio delle nuove possibilità di utilizzo della web radio in movimento. Il podcasting rappresenta, in questo quadro, l’ideale complemento all’offerta della radio via web. Permettendo di scaricare files da Internet e di ascoltarli direttamente su pc o su lettori portatili (come l’Mp3) la Pod-radio, infatti, restituisce al consumatore la scelta dei contenuti e dei tempi di fruizione, sottratta dalle web radio in streaming8. Bisogna, infine, ricordare che Internet non rappresenta soltanto una tra le piattaforme di distribuzione di canali radiofonici, ma rappresenta anche – sempre più – un supporto per tutte le emittenti radio e per le altre piattaforme di distribuzione. I siti web delle emittenti radio, infatti, fidelizzano il consumo e integrano i contenuti radiofonici, svolgendo per il consumatore almeno sette diverse funzioni, che l’ultima indagine CCS (Consumer Connection Source) di Aegis Media Expert così sintetizzava: • (Re)listen: ascoltare la musica o riascoltarla dopo averla sentita in radio durante un concerto; • (Re)watch: vedere la musica e i protagonisti del mondo radiofonico; • Search: cercare la musica (album, titoli, brani, concerti…); • Deepen: approfondire il proprio livello di conoscenza sul mondo della musica, leggendo notizie, curiosità etc.; • Explore & discover: esplorare il mondo della musica per scoprire brani, artisti, generi; • Live & buy: acquistare brani, merchandising, biglietti di concerti, per vivere al meglio la propria passione; • Share & discuss: condividere e discutere i propri interessi musicali con la comunità online. 8 I consumi di radio via broadband sono massicci in tutti i mercati europei. Secondo Ofcom, nel 2008, per esempio, più del 30% degli adulti dotati di una connessione internet domestica nei 4 principali mercati europei (Francia, Germania, Italia, Regno Unito) dichiarava di ascoltare via web la radio (con un picco del 37% tra i tedeschi). Ben il 39% degli utenti Internet italiani e il 35% di quelli britannici facevano, inoltre, regolarmente podcasting attraverso l’home-Internet. Aegis Media Expert, a giugno 2009, calcolava invece che fossero circa 5 milioni gli utenti italiani di Internet che fruivano regolarmente della radio attraverso il web; 1,3 milioni di consumatori, inoltre, scaricavano ogni mese contenuti dalle radio in podcast. 46 Radio Cinema 47 Cinema di Bruno Zambardino 1. Produzione, distribuzione, esercizio Nell’anno 2009 il numero di titoli cinematografici prodotti al 100% in Italia registra un forte calo, scendendo a quota 97, ben 26 produzioni in meno rispetto all’anno precedente con una variazione negativa del 29% circa. Solo 26 titoli (erano 41 nel 2008) hanno beneficiato di finanziamenti statali. In lieve crescita i titoli in coproduzione con l’estero che passano da 31 a 34 (grazie al maggior numero di coproduzioni minoritarie). Il numero totale dei film prodotti nell’anno 2009 (coproduzioni incluse) si attesta così a 131, 23 in meno rispetto al 2008, registrando una flessione pari a quasi il 20% nel biennio, più contenuta rispetto all’andamento dei film interamente italiani. Ad incidere sulla contrazione dei volumi produttivi, la riduzione pari al 46% dell’investimento da parte dello Stato nei film italiani. Il numero complessivo delle produzioni che hanno beneficiato di finanziamenti pubblici, infatti, scende da 56 a 38 titoli. Tabella 1 - Film prodotti in Italia, 2004-2009 2009 2008 2007 2006 2005 2004 97 123 90 90 68 96 11 23 19 15 6 32 di cui finanziati ex art. 8 1 10 4 2 6 9 di cui opere prime e seconde 14 8 6 4 2 _ 34 31 31 26 30 38 Produzioni italiane al 100% di cui finanziati "interesse culturale" Co-produzioni con l'estero di cui maggioritarie 17 20 17 11 16 15 di cui minoritarie 17 11 14 15 14 23 (di cui finanziate "interesse culturale") 9 10 15 3 3 5 (di cui opere prime e seconde o finanziate ex art. 8) 3 5 2 0 1 0 131 154 121 116 98 134 Totale film prodotti di cui finanziati "interesse culturale" 20 33 34 18 9 37 di cui finanziati ex art. 8 1 10 4 2 7 9 di cui opere prime e seconde 17 13 8 4 2 _ 38 56 46 24 18 46 Totale film prodotti con l'apporto dello Stato Fonte: elaborazioni Iem su dati ANICA. Per film prodotto s’intende il film che ha ottenuto il visto censura nell’anno di riferimento. I film distribuiti in sala in prima uscita nel 2009 mostrano un arretramento rispetto all’anno precedente (-5,6%), assestandosi a quota 355 titoli. La quota di film italiani distribuiti, coproduzioni incluse, scende al 32,4%, perdendo poco più di 2 punti percentuali a vantaggio della quota di film made in Usa che sfiora il 45% pur avendo distribuito 4 titoli in meno rispetto al 2008. 48 Cinema Tengono i titoli europei ed extra-europei, dopo il brusco calo registrato nel biennio precedente rafforzando la propria quota che ora sfiora il 30%. Se includiamo anche i proseguimenti, i titoli usciti nel 2009 sono stati 857 di cui 294 italiani (coproduzioni incluse), 313 americani e 250 provenienti dall’Europa e Paesi terzi. Considerando tale perimetro allargato, la forbice tra quota americana e quella italiana è di poco più di due punti percentuali (36,5 % contro 34,3%) a fronte dei 12,4 punti percentuali a perimetro ristretto alle sole prime uscite. Tabella 2 - Film distribuiti in Italia per origine, 2004-2009 2009 2008 2007 2006 2005 2004 Δ % 09-08 Δ % 09-04 Italia ( Incl. Co-prod.) 115 130 110 100 98 106 -11,5 10,6 Usa 159 163 154 161 166 152 -2,5 4,6 Valori assoluti Altri Paesi Ue (escl. Ita) extra Ue 81 83 106 124 128 113 -2,4 -28,3 355 376 370 385 392 369 -5,6 -3,8 Italia 32,4 34,6 29,7 26,0 25,0 28,2 -2,2 4,2 Usa 44,8 43,4 41,6 41,8 42,3 41,2 1,4 3,6 Altri Paesi Ue (escl. Ita) extra Ue 22,8 22,1 28,6 32,2 32,7 30,6 0,7 -7,8 Totale 100 100 100 100 100 100 - - Totale Valori percentuali Fonte: elaborazioni Iem su dati ANICA (prime uscite). Il numero di ingressi al cinema in Italia nel 2009 fa registrare, secondo i dati consolidati Siae, un lieve decremento (-1,6%) rispetto al 2008. Il mercato cinematografico, a dispetto della crisi generalizzata dei consumi, ha tenuto meglio di altri settori, confermando la propria natura anticiclica. Dall’esame della composizione degli ingressi per nazionalità delle produzioni spicca il calo della quota italiana (incluse coproduzioni) che perde circa 5 punti passando dal 29,3% al 24,3%. Ne beneficiano i film di origine americana che superano la quota del 60%, guadagnando due punti rispetto all’anno precedente, tornando così ai livelli del 2004. La contrazione della quota di mercato nazionale che, in valore assoluto, si traduce in una perdita secca di quasi 5 milioni di spettatori (da 29 a 24 milioni), è addebitabile a fattori di natura congiunturale dovuti ad una stagione cinematografica avara di titoli domestici. I distributori, infatti, hanno concentrato le uscite di numerosi film italiani nei primi mesi del 2010 (Io, Loro e Lara di Carlo Verdone, La prima cosa bella di Paolo Virzì, Baciami Ancora di Gabriele Muccino, Mine Vaganti di Ferzan Ozpetek, Happy Family di Gabriele Salvatores). Analizzando le presenze relative al primo semestre 2010 si nota come i film domestici abbiano nuovamente incontrato i gusti del pubblico risalendo la china fino a quota 30% (contro il 25% registrato nello stesso periodo del 2009). Nel 2009 perdono terreno anche i film italiani in coproduzione: i 69 titoli (inclusi proseguimenti) programmati nel 2009 hanno raccolto 863mila spettatori contro 1.300mila accorsi a vedere i 74 film del 2008. Recuperano spazio i film di origine europea non nazionale che rafforzando la propria quota passando dal 10% al 12% guadagnando in valori assoluti 2 milioni di spettatori. In crescita, seppure in misura più contenuta, anche la quota dei film extra europei non Usa che sale dall’1,08 al 1,70%. Nel 2009 il numero totale di strutture di proiezione cinematografica conferma la tendenza al decremento, registrando una flessione del 2,2% rispetto all’anno precedente (-11,2% negli ultimi sei anni), mentre il numero di schermi continua a crescere attestandosi a 3202 (61 in più rispetto a quelli del 2008) registrando una crescita pari al 2% circa; il rapporto schermistrutture sale a 2,90 nel 2009, a conferma della diffusione crescente di multiplex e multisala. Si consolida il processo di “mutazione genetica” delle sale cinematografiche. Impianti multiplex e relativi schermi registrano una crescita superiore al 5% (+45,1 rispetto al 2004). Si rafforza di Cinema 49 pari passo la quota di mercato relativa alle presenze che, dopo aver superato la quota del 50% nel 2008, consolida la posizione sul totale degli ingressi, passando dal 52,1% al 53,3%. Tabella 3 - Presenze nei cinema italiani (totali e per origine dei film), 2004-2009 2009 Tot. Ingressi (Siae) 2008 2007 2006 2005 2004 Δ% 09-08 Δ% 09-04 -1,6 -3,5 109.228.858 111.017.381 116.429.995 104.979.882 104.684.194 113.214.274 Composizione percentuale degli ingressi per nazionalità dei film (Cinetel) Italia 100% 23,48 27,91 26,96 20,51 18,69 14,04 0,9 13,87 Italia co-produzioni 0,87 1,38 4,96 4,52 6,01 6,27 -3,6 -4,89 Totale Italia 24,35 29,29 31,92 25,03 24,70 20,31 -2,6 8,98 Europa (escl. Italia) 12,13 9,98 11,86 11,58 19,58 10,93 -1,9 -0,95 Usa 61,83 59,64 54,89 61,33 53,78 61,91 4,7 -2,27 1,69 1,08 1,33 2,06 1,94 6,84 -0,2 -5,76 Altre nazionalità Fonte: elaborazioni Iem su dati Cinetel e Siae (inclusi proseguimenti). Risultati fino al 31.12.2009. Tabella 4 - Strutture di proiezione e schermi, 2004-2009 2009 2008 2007 2006 2005 2004 Δ% 09-08 Δ% 09-04 Strutture di proiezione 1.104 1.129 1.164 1.210 1.275 1.243 -2,2 -11,2 Schermi 3.202 3.141 3.086 3.062 3.016 2.802 1,9 14,3 2,90 2,78 2,65 2,53 2,37 2,25 0,12 0,65 Rapp. Schermi/strutture Fonte: elaborazioni Iem su dati ANICA. L’assetto delle multisala (fra 2 e 7 schermi) non presenta variazioni significative: a fronte di un numero di strutture sostanzialmente inalterato (403) e di un lieve incremento nel numero degli schermi (+2,7%), si osserva una lieve flessione nelle presenze (-1,1%) dopo la forte contrazione subita nel biennio precedente. La relativa quota di mercato si è attestata al 36,1%. In costante, inesorabile decremento la quota di mercato delle monosala, praticamente dimezzata rispetto al 2004. In 6 anni tali strutture, ridotte nel 2009 a 582, hanno perso 10 milioni di spettatori (da 20,7 a 10,5 milioni). Nel biennio 2008-2009 le monosala hanno perso poco più di un milione di spettatori, mostrando tuttavia qualche timido segnale di tenuta rispetto all’emorragia del biennio precedente (quando avevano perso 2,6 milioni di spettatori). La quota di mercato di questo segmento di mercato risulta sempre più marginale assorbendo ormai poco più del 10% del totale delle presenze. In 6 anni le monosala hanno più che dimezzato i propri incassi passando dai 117 milioni di euro del 2004 ai 59,5 del 2009. Ad essere penalizzati dalla metamorfosi del parco sale sono in particolare i film italiani ed europei di qualità - prodotti che trovavano maggiori sbocchi distributivi nelle sale cittadine. Il declino delle sale urbane ha generato, infatti, una progressiva sostituzione del pubblico più adulto degli schermi cittadini con quello più giovane dei multiplex 1 . 1 Anche per contrastare tale tendenza, la Direzione Generale Cinema del Ministero dal 2006 sostiene, in collaborazione con Arcus, un progetto speciale denominato “Schermi di qualità”, gestito da Agis, Anec, Anem, Acec e Fice e giunto alla sua quarta edizione. Il progetto premia con un incentivo economico le sale (672 schermi partecipanti per 214 film in possesso dei requisiti) che effettuano programmazione di film di qualità italiani ed europei entro determinate soglie individuate in base alla tipologia di strutture e all’ampiezza del bacino di popolazione. Uno studio Cattid-Sapienza per Agis ha dimostrato l’efficacia del progetto nel sostegno della quota di mercato nazionale e più in generale una maggiore redditività di incasso dovuta alla maggiori tenitore all’interno del circuito. Cfr. IV Quaderno ANICA “Cinema di Qualità. Analisi del progetto Schermi di Qualità (Edizioni dal 2007 al 2009), a cura di Ufficio Studi ANICA. 50 Cinema Tabella 5 - Multiplex e multicinema attivi in Italia, 2004-2009 Multiplex (8+ schermi) 2009 2008 2007 2006 2005 2004 Δ% 09-4 Δ% 09-4 119 113 108 103 93 82 5,3 45,1 Numero schermi 1245 1184 1132 1080 981 844 5,2 47,5 Presenze (milioni) 52,8 51,8 51,1 43,7 40,6 39,6 1,9 33,3 (% sulle presenze totali) 53,3 52,1 49,3 47,4 44,7 40,4 1,2 12,9 Multisala (2-7 schermi) Numero schermi 403 404 398 394 403 383 -0,2 5,2 1381 1345 1296 1269 1256 1180 2,7 17,0 Presenze (milioni) 35,7 36,1 38,4 34,5 34,3 37,7 -1,1 -5,3 (% sulle presenze totali) 36,1 36,3 37,0 37,8 37,8 38,5 -0,2 -2,4 Monosala 582 612 658 713 779 778 -4,9 -25,2 Numero schermi 582 612 658 713 779 778 -4,9 -25,2 Presenze (milioni) 10,5 11,5 14,1 14,0 15,9 20,7 -8,7 -49,3 (% sulle presenze totali) 10,6 11,5 13,6 15,2 17,6 21,1 -0,9 -10,5 Fonte: ANICA. In piena fase di accelerazione è il processo di digitalizzazione delle sale, sotto la spinta del buon riscontro registrato dalla proiezione di titoli in 3D e in linea con quanto sta accadendo a livello internazionale2. Alla fine di aprile 2010 gli schermi digitali avevano superato quota 500. Nell’arco di due anni si è assistito ad una crescita impetuosa, considerando che a luglio 2008 gli schermi in 2K erano appena 50. Tale fenomeno pone un ulteriore freno alla fruizione di prodotto domestico. Tra le Regioni in cui il digitale si è maggiormente diffuso, la Lombardia con 70 schermi, il Lazio (64), il Piemonte (45) e la Toscana (40). Con 31 schermi, Roma è la città più digitalizzata, seguita da Milano con 18. Grazie al digitale anche le sale cittadine, incluse quelle d’essai, potranno trovare nuove strade e strategie, dalla possibilità di offrire una programmazione più elastica di qualità all’offerta di contenuti alternativi. Secondo gli operatori del settore, con la conferma del tax credit (che prevede misure a sostegno degli investimenti per l’aggiornamento tecnologico delle sale) entro il 2011, potrebbe essere superata la soglia dei mille schermi, rendendo possibile l’obiettivo della completa digitalizzazione dell’esercizio entro il 2012. Motore della crescita avvenuta nel 2009-2010 è, come detto, il cinema 3D. La percentuale degli schermi con tecnologia 3D ha continuato perciò a crescere, passando dal 54,4% del giugno 2009 al 68,8% di gennaio 2010. 2. Le risorse del mercato Gli investimenti italiani in produzione cinematografica, dopo 4 anni di crescita progressiva, subiscono nel 2009 una battuta di arresto, scendendo sotto i 300 milioni di euro e registrando una flessione del 10% rispetto all’anno precedente. La contrazione è dovuta al forte declino dei contributi statali (-46,4% rispetto al 2008, coproduzioni incluse) e allo stallo del Fondo di garanzia. Stazionari gli investimenti dell’imprenditoria di settore, il cui apporto è fermo sui livelli del 2008 (258 milioni di euro). L’andamento risulta più dinamico se consideriamo un arco temporale più esteso (in 6 anni è aumentato del 36%). La composizione degli investimenti risulta ancora più squilibrata rispetto al passato con l’87,2% a carico dei privati (in particolare dei tre principali broadcaster) e il restante 12,8% di provenienza statale. 2 Secondo Media Salles, a gennaio 2010, gli schermi digitali sono 4.693, con un incremento del 206% rispetto all’anno precedente. Cinema 51 Dal 2004 (anno dell’entrata in vigore del “Decreto Urbani” 3) al 2009 il volume di risorse pubbliche si è ridotto del 60%. A partire dal prossimo anno, tuttavia, un parziale effetto compensativo giungerà grazie ai primi importi deliberati dal Ministero per la concessione di agevolazioni fiscali, sotto forma di crediti di imposta (vedi infra). I valori degli investimenti medi italiani per singolo film, per effetto del più basso numero di titoli prodotti, registrano una crescita significativa (+42% rispetto all’anno precedente) superando la soglia dei 3 milioni di euro4. Tabella 6 - Investimenti italiani in produzione, 2004-2009 Investimenti in produzione 2009 2008 2007 2006 2005 2004 Δ% 08-0 Δ% 09-04 Film italiani 100% 218,9 253,3 221,1 187,6 152,1 197,4 -13,6 10,9 di cui contributi statali 24,5 49,3 41,5 37,1 21,8 83,4 -50,3 -70,6 investimento medio per film 2,26 2,06 2,46 2,08 2,24 2,06 9,6 9,5 Film co-prodotti 77,1 76,8 91,4 69,7 62,4 86,9 0,4 -11,3 di cui contributi statali 13,6 21,7 21,5 6,2 7,7 11,4 -37,3 19,3 investimento medio per film 2,27 2,48 2,95 2,68 2,08 2,29 -8,4 -1,0 Totale investimenti italiani 296,0 330,2 312,5 257,3 214,4 284,4 -10,4 4,1 di cui imprenditoria di settore 258,0 259,1 249,4 214 184,9 189,5 -0,4 36,1 (%) 87,2 78,5 79,8 83,2 86,2 66,6 8,7 20,6 di cui contributo statale 38,1 70,9 63 43,3 29,5 94,9 -46,4 -60,0 (interesse culturale nazionale) 29,0 55,1 53,7 38,5 21,2 85,9 -47,4 -66,2 - - - - 7,3 8,9 - - (ex art.8) (opere prime e seconde) (%) Investimento medio italiano per film 9,0 15,8 9,3 4,8 0,9 - -43,0 - 12,8 21,5 20,2 16,8 13,8 33,4 -8,7 -20,6 3,051 2,144 2,582 2,218 2,188 2,122 42,3 43,8 Fonte: Elaborazioni Iem su dati ANICA. Note: dati in milioni di euro La quota di riparto del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo)5 a sostegno delle attività cinematografiche (sviluppo, produzione, distribuzione, esercizio e promozione) è stata pari a 75,8 milioni di euro, in crescita (+8,8%) rispetto all’anno precedente grazie alla maggiore dotazione complessiva e a parità di aliquota (18,5%). Va ricordato che lo stanziamento originario relativo al 2009 è stato successivamente incrementato grazie ad un reintegro di 24 milioni di euro6. La contrazione delle risorse nazionali ordinarie a sostegno del comparto riflette l’andamento generale dello stanziamento complessivo del Fus. Se per l’anno 2010 l’importo è leggermente aumentato rispetto al 2009 (+3,2%), occorre ricordare che l’ultima Legge Finanziaria, nella previsione triennale, indica per gli anni 2011 e 2012 un drastico ridimensionamento che 3 La normativa in materia cinematografica si fonda sul Decreto legislativo n° 28 del 22 gennaio 2004 (“Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell’articolo 10 della Legge 6 luglio 2002, n. 137) e sui successivi decreti attuativi. Il grado di penetrazione è pari a circa il 13% rispetto al totale degli schermi presenti in Europa, contro il 4,1% dell’anno precedente. Guidano la crescita i cinque mercati maggiori: la Francia, presenta il 19,3% del totale degli schermi digitali in Europa, il Regno Unito il 14,2%, la Germania il 12,6%, l’Italia il 9,1% e la Spagna il 5,1%. 4 Nei film italiani al 100% con maggiore forza commerciale (con budget sopra il milione e mezzo di euro) l’investimento medio è salito da 4,3 a 4,5 milioni di euro. 5 Istituito con Legge 30 aprile 1985 n. 163 “Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo”. Annualmente il Ministero per i Beni e le Attività Culturali emana un decreto di riparto nel quale, sulla base dell’ammontare complessivo stabilito dalla Legge Finanziaria e aliquote, fissa per ciascun settore (lirica, musica, teatro di prosa, cinema, circhi e spettacolo viaggiante) il relativo stanziamento. 6 Nel settembre 2009, infatti, il governo ha deciso un reintegro pari a 60 milioni di euro, ripartiti nei vari settori dello spettacolo. Il cinema ha ottenuto 24 milioni aggiuntivi, di cui 18 alla produzione e 6 all’esercizio. Nel 2009, pertanto la quota cinema “integrata” ammonta a circa 94 milioni di euro. 52 Cinema farebbe scivolare il Fondo a poco più di 304 milioni7. Tabella 7 - La quota - Cinema del Fondo Unico dello Spettacolo, 2004-2010 Stanziamenti 2010 2009 2008 2007 2006 2005 Δ% 10-09 Δ% 10-05 Totale FUS 409,7 397,0 470,0 441,3 427,3 464,6 3,2 -11,8 di cui stanziamento cinema 75,8 69,7 90,0 79,4 77,9 83,6 8,8 -9,3 Quota cinema/ FUS % 18,5 18,5 19,5 18,0 18,2 18,0 - - Fonte: elaborazione IEM su dati del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Nel 2009 la Direzione Generale Cinema del Ministero per i Beni e le Attività culturali ha disposto finanziamenti e contributi per la produzione per complessivi 36,2 milioni di euro, un volume di risorse decisamente più ridotto rispetto all’anno precedente (7 milioni in meno), nonostante il numero di progetti sostenuti sia rimasto stabile8. In 5 anni l’entità dei finanziamenti si è praticamente dimezzata passando dai circa 74 milioni deliberati nel 2005 ai poco più di 36 stanziati nel 2009. Nel dettaglio, il Ministero ha finanziato 27 opere di interesse culturale (2 in più rispetto al 2008) per un totale di 24,9 milioni e un investimento medio che scende sotto il milione di euro. Le 27 opere prime e seconde riconosciute meritevoli del contributo hanno ottenuto un sostegno finanziario complessivo pari a 9,6 milioni, inferiore rispetto ai 10,8 milioni ottenuti nel 2008. Nel 2009 sono stati finanziati 6 cortometraggi in meno, mentre il fondo per lo sviluppo delle sceneggiature pari a 700mila euro e il relativo numero di progetti (20) è rimasto invariato rispetto agli anni precedenti. L’importo medio dei finanziamenti in rapporto al numero di progetti complessivi sostenuti dal Ministero ha subito una progressiva contrazione nel corso degli ultimi 5 anni, attestandosi a poco meno di 370mila euro. Tabella 8 - Investimenti del Ministero nella produzione cinematografica, 2005-2009 Finanziamento 2005 N° Film Media Finanziamento 2006 N° Film Media Finanziamento 2007 N° Film Media Finanziamento 2008 N° Film Media Finanziamento 2009 N° Film Media Interesse culturale Opere prime e seconde 54.000.000 17.996.000 Cortometraggi 1.599.200 Sviluppo 375.000 Totale 73.970.200 37 26 40 15 118 1.459.459 692.154 39.980 25.000 626.866 34.500.000 11.700.000 960.000 700.000 47.860.000 26 25 24 20 95 1.326.923 468.000 40.000 35.000 503.789 34.500.000 12.000.000 1.080.000 700.000 48.280.000 27 26 27 20 100 1.277.000 461.538 40.000 35.000 482.800 30.600.000 10.800.000 1.200.000 700.000 43.300.000 25 22 30 20 97 1.224.000 490.909 40.000 35.000 446.391 24.900.000 9.600.000 960.000 700.000 36.160.000 27 27 24 20 98 922.222 355.555 40.000 35.000 368.979 7 n. 191 del 23 dicembre 2009. La programmazione triennale della spesa è indicata nella Tabella C allegata alla Legge Finanziaria. Lo stanziamento si riferisce a risorse ordinarie cui vanno ad aggiungersi fondi integrativi. Va rilevato che gli importi programmati per gli anni a seguire sono spesso modificati dalla Legge Finanziaria dell’anno successivo in funzione delle esigenze dell’amministrazione. 8 In realtà il numero dei film che hanno ottenuto il riconoscimento dello Stato è più elevato. Nella tabella sono contemplati solo quelli che hanno ricevuto un contributo finanziario. Cinema 53 Note: dati in euro. In alcuni casi le società hanno successivamente rinunciato al contributo. Fonte: Anica su dati Mibac (esiti delibere della Commissione per la Cinematografia negli anni in oggetto). I fondi regionali per l’audiovisivo Una preziosa fonte di finanziamento complementare a quella nazionale è rappresentata dai fondi regionali per l’audiovisivo. Negli ultimi anni l’interesse crescente delle Regioni verso il cinema e l’audiovisivo e le loro ricadute economiche e di marketing sul territorio, ha preso forma attraverso la creazione delle Film Commission, agenzie pubbliche (raramente private o pubblico-private) di attrazione di attività di produzione audiovisiva sul territorio, di facilitazione amministrativa e, spesso, di intermediazione fra domanda e offerta delle professionalità coinvolte nella filiera produttiva. La fase successiva al 2005 ha visto la costituzione in molte Regioni dei Film Fund, fondi di sostegno alla produzione, generalmente vincolati a clausole di territorializzazione degli investimenti. Questi fondi sono spesso gestiti dalle Film Commission stesse, per le quali rappresentano una delle leve di azione della propria mission, oppure direttamente dalle Regioni attraverso gli uffici degli Assessorati competenti9. Una prima quantificazione delle risorse regionali a disposizione dell’audiovisivo è stata operata dalla Fondazione Ente dello Spettacolo10. Nel 2009 risultano risorse di competenza dei Film Fund regionali per 15 milioni di euro, più che triplicati rispetto ai 4,9 milioni del 2007. Questi fondi hanno quasi compensato il calo delle risorse del Fus a sostegno della produzione (senza considerare, però, i fondi extra Fus e tenendo presente che la maggior parte delle risorse regionali sono destinate alla fiction) e sono erogati, per la maggior parte, dalle Film Commission, per quanto una parte considerevole di queste somme (6,4 milioni, oltre il 40%) venga gestita direttamente dalle Regioni. Tabella 9 - Fondi Regionali alla produzione audiovisiva, 2009 Fondo Budget Fondi delle Film Commission 8,57 F.C. Regione Siciliana 3,00 Friuli Venezia Giulia F.C. 2,09 F.C. Regione Campania 1,80 Abulia F.C. 0,70 Piemonte Doc Film Fund (F.C. + Regione) 0,50 Bologna F.C. 0,24 Emilia Romagna F.C. 0,14 Marche F.C. 0,10 Fondi delle Regioni 6,44 Regione Toscana 4,50 Regione Lazio (via Filas) 1,29 Regione Sardegna 0,65 Totale fondi regionali 15,01 Fonte: Ente dello Spettacolo. Note: dati in milioni di euro. Provvedimenti normativi a sostegno del cinema Due i provvedimenti recenti di maggior rilievo adottatati nel 2010. Il primo, datato 30 luglio 2010, è l’approvazione in esame preliminare in Consiglio dei Ministri di un disegno di legge 9 Cfr. A. Versace, L. Canova, T.M. Fabbri, F. Medolago Albani, “L’evoluzione del sostegno pubblico all’audiovisio” in L’industria della comunicazione in Italia. XI Rapporto IEM, Guerini e Associati, Milano 2008, anche per una disamina storica dei finanziamenti regionali all’audiovisivo, a livello italiano ed europeo. 10 Fondazione Ente dello Spettacolo, Il mercato e l’industria del cinema in Italia. Rapporto 2009. 54 Cinema con il quale il Ministero per i Beni e le Attività Culturali interviene in materia di attività cinematografiche, riformando in modo significativo il sistema di sostegno varato nel 2004 (Decreto Urbani). Il provvedimento prevede che l’intervento diretto dello Stato sia focalizzato, a partire dal 2011, sulle opere prime e seconde, i cortometraggi e i documentari11. Non è chiaro se e in che misura si intenda operare anche una revisione del sistema che regola l’accesso ai contributi percentuali sugli incassi e ai contributi in conto capitale alle sale cinematografiche. Nel settore della promozione l’intervento statale sarà riservato ai soli enti ed eventi con rilevanza internazionale o nazionale, con l’obiettivo di snellire le procedure e migliorare la gestione delle risorse, eliminando gli sprechi nell’assegnazione dei fondi pubblici statali. La composizione della Commissione per la cinematografia è inoltre ridotta in ragione delle nuove e limitate funzioni. Il disegno di legge interviene anche sulla revisione cinematografica, prevedendo, oltre al nulla osta alla visione per tutti, ai minori degli anni 14 e ai minori degli anni 18, l’ulteriore soglia relativa ai minori di anni 1012. Il secondo provvedimento è il rinnovo triennale delle agevolazioni fiscali (al momento vi è un impegno formale da parte del Consiglio dei Ministri) per gli anni 2011-2013, in ragione della loro efficacia nella prima fase di applicazione e del consenso unanime riscosso da parte degli operatori del settore13. I provvedimenti relativi al tax credit interno ed esterno, seppure con tempistiche differenti, sono diventati pienamente operativi tra il 2009 e il 201014. Il 7 maggio 2009 è entrato in vigore il tax credit interno che riconosce, ai fini delle imposte sui redditi, un credito d’imposta che, per le imprese di produzione cinematografica, è fissato in misura pari al 15% del costo complessivo di produzione di opere cinematografiche, riconosciute di nazionalità italiana. Il credito spetta fino all’ammontare massimo annuo di 3,5 milioni per ciascun periodo d’imposta15. Per le imprese di produzione esecutiva e le industrie tecniche che svolgano attività commissionate da committenti esteri il credito sale al 25% del costo di produzione fino all’ammontare massimo di 5 milioni di euro per opera filmica16. Il 21 gennaio 2010 ha visto la luce il decreto più atteso a favore degli investitori esterni (siano essi soggetti non appartenenti al settore, distributori e, in parte esercenti17) a seguito dell’approvazione della Commissione europea giunta il 22 luglio 2009. Il tax credit esterno è riconosciuto in relazione ad investimenti nella produzione dei film riconosciuti di “interesse culturale” o con i requisiti per ottenere la nazionalità italiana. Gli investitori “esterni” potranno beneficiare di un credito di imposta pari al 40% degli apporti in denaro versati fino ad un importo massimo di € 1.000.000 per ciascun periodo d’imposta18. Grazie alla possibilità di 11 Tra le misure in discussione anche l’introduzione di 20 contributi al massimo a favore degli autori di sceneggiature originali del valore di 5mila euro ciascuno. In questo modo si allinea il nostro sistema a quelli della gran parte degli altri Paesi e si assicura una tutela 12 più puntuale e efficiente della sensibilità dei minori di età infantile e preadolescenziale, ampliando al contempo, con una maggiore articolazione, la platea di film la cui visione altrimenti risulterebbe limitata ai maggior di 14 anni. Se le misure saranno confermate nell’attuale impianto normativo, non sarà necessario chiedere una nuova 13 autorizzazione alla Commissione europea. 14 Il complesso iter procedurale dei provvedimenti ha avuto origine nella Finanziaria 2008 varata il 24 dicembre 2007. La normativa segna una svolta nella logica di erogazione dei finanziamenti pubblici, spostando l’attenzione dai contributi diretti a meccanismi automatici e indiretti che riducono il potere discrezionale delle commissioni, premiano le capacità imprenditoriali dei produttori e aprono il mercato a nuovi investimenti privati esterni al comparto. Per una panoramica più completa si rimanda alla precedente edizione del Rapporto IEM. 15 Il beneficio è sempre condizionato al sostenimento sul territorio italiano di spese di produzione per un ammontare complessivo non inferiore, per ciascuna produzione, all’80% del credito d’imposta stesso. 16 La misura è applicabile con effetto retroattivo a partire dal 30 giugno 2008 ed è operativa dal settembre 2009, con la pubblicazione della modulistica. 17 Restano tuttavia esclusi gli incentivi per la digitalizzazione delle sale sui quali la Commissione europea ha deciso di promuovere una consultazione pubblica. Gli esercenti, in via transitoria, stanno applicando il cosiddetto de minimis ovvero un ammontare massimo di contributi pubblici entro il quale non scatta l’aiuto di Stato (non è necessaria una autorizzazione da parte della Commissione) e che l’Ue, a causa della crisi finanziaria, ha elevato da 200.000 a 500.000 euro. 18 Le imprese di produzione cinematografiche destinatarie degli apporti di denaro, anche in questo caso, Cinema 55 beneficiare di questo incentivo il gruppo bancario Intesa Sanpaolo ha deciso di investire 2,5 milioni di euro nel prossimo film di Paolo Sorrentino (This must be the place)19. Per le imprese di distribuzione cinematografica sono previste due differenti percentuali e relativo ammontare massimo a seconda della tipologia di opera: 10 % fino ad un massimo di 2 milioni di euro per le spese sostenute per il sostegno alla distribuzione nazionale di opere di nazionalità italiana; 15 % fino ad 1,5 milioni di euro nel caso in cui il film sostenuto fosse anche di interesse culturale20. Sia distributori che esercenti possono stipulare (in analogia ai soggetti esterni) contratti di associazione in partecipazione e sostenere la produzione di opere cinematografiche di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale. In questo caso il credito di imposta è fissato al 20% dell’apporto in denaro fornito e può arrivare fino ad un ammontare massimo annuo di 1 milione di euro per ciascun periodo d’imposta. I progetti cinematografici per essere ammessi al beneficio fiscale devono possedere requisiti di valenza culturale, da valutare tramite specifici “test di culturalità”21. Per quanto riguarda il tax credit interno – secondo i dati forniti dalla Direzione Generale Cinema - nel 2010 sono arrivate 129 comunicazioni e 107 istanze. Si tratta di 79 società, di cui 6 straniere. Sono stati già autorizzati interventi per 6,7 milioni di euro relativi a 7 film stranieri e 20 italiani. In due anni di applicazione (giugno 2008 – giugno 2010) gli operatori del settore hanno richiesto benefici fiscali per circa 48 milioni di euro, di cui 10 milioni circa da parte di produttori esteri. Nel complesso è stato calcolato che, annualmente, a fronte di minori entrate per 77 milioni di euro, l’effetto indotto genererebbe maggiori entrate per lo Stato per 173 milioni. Un terzo provvedimento di carattere più generale che ha riflessi anche in campo cinematografico è il Decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali in materia di equo compenso varato nel gennaio 2010 in attuazione del Decreto Legislativo n.68/2003. Legato alla legge sul diritto d’autore, il provvedimento stabilisce i nuovi importi degli aumenti dei prezzi che devono essere applicati, a spese dei fabbricanti e degli importatori, alle memorie di massa, per esempio dvd e chiavette usb, con importi che variano a seconda della loro capacità, nonché a computer e telefoni cellulari che consentono di memorizzare e/o seguire opere audiovisive protette dalla legge sul diritto d’autore. Queste somme, indicate come “equo compenso”, costituiscono i diritti che vengono corrisposti, tramite la Siae, agli autori e agli editori. A cavallo tra il 2009 e il 2010 altre due questioni sono state al centro del dibattito, entrambe legate alla diffusione di nuove piattaforme di fruizione del prodotto cinematografico e alla ricerca di nuove forme di finanziamento22. La prima attiene alla proposta di dar vita ad un’offerta legale di film su Internet vista, da alcuni operatori del settore, come unica arma contro la pirateria. devono utilizzare obbligatoriamente l’80% di queste risorse impiegando mano d’opera e servizi italiani e privilegiando la formazione e l’apprendistato in tutti i settori tecnici della produzione (nel rispetto del criterio di territorializzazione previsto a livello comunitario). Questi investimenti, inoltre, non possono risultare maggioritari (soglia posta sino al 49%), lasciando quindi sempre al produttore cinematografico il ruolo di titolare e gestore del “progetto”. In sostanza si stimola il soggetto esterno a stipulare un “contratto di associazione” con il produttore in base al quale si fissa la percentuale di investimento sul budget totale del film e la relativa percentuale di partecipazione agli utili che per le imprese esterne non può superare il 70%, sempre a tutela dell’autonomia del produttore. 19 L’investimento è pari al 10% del budget totale del film (28 milioni di dollari), frutto di una coproduzione internazionale italo (Lucky Red, Medusa, Indigo ciascuna con quote al 20%) franco-irlandese. E’ la prima volta che una banca partecipa alla produzione di un film assumendo un rischio di impresa. 20 Ai sensi dell’articolo 7, D.Lgs. 22.1.2004, n.28. 21 I test di culturalità consistono in griglie contenenti specifici criteri di eleggibilità, cui è associato un sistema di punteggio minimo e massimo ottenibile per ciascun film, attribuito attraverso procedure prettamente di tipo automatico. Proposti dalle Autorità nazionali, i “test” sono sottoposti al vaglio della Commissione europea, proprio allo scopo di verificare il concreto ed effettivo legame tra l’aiuto concesso e il prodotto culturale che ne beneficia. 22 A tal proposito , sembra essere tramontata l’ipotesi di un sistema “alla francese” con prelievo sull’intera filiera, mentre si discute su un eventuale prelievo sul biglietto (forse maggiorato) gestito dalle Associazioni di categoria, limitandolo al segmento sala e home video. Le risorse generate dovrebbero essere destinate, in prima battuta, alle sale urbane e alla produzione indipendente. 56 Cinema La seconda, connessa alla prima, una revisione del sistema attuale che regola lo sfruttamento commerciale attraverso le windows nella direzione di una maggiore flessibilità. Si tratta di nodi che, verosimilmente, dovranno essere oggetto di autoregolamentazione tra le varie associazioni di categoria, prima di sfociare in eventuali provvedimenti normativi. Gli incassi Nel 2009 gli incassi, secondo i dati consolidati Siae, hanno registrato una crescita del 4,3% circa (27 mln in termini assoluti) rispetto all’anno 2008, con un valore pari a circa 664,2 mln di euro. La variazione positiva è addebitabile alle prime uscite di film in 3D con prezzo maggiorato (del 20% circa). A partire dal 2010, anno in cui il numero dei titoli in 3D è aumentato in nodo significativo, la forbice tra andamento delle presenze e trend degli incassi è destinata ad allargarsi progressivamente, a vantaggio del box office americano. Tabella 10 - Box Office cinematografico, 2004-2009 Tot. Incassi (mln €) ( Siae) 2009 2008 2007 2006 2005 2004 664,2 636,7 669,6 601,2 599,5 655,4 Δ % 09-08 Δ % 09-04 4,3 1,3 Fonte: Elaborazione IEM su dati Siae. Osservando la composizione percentuale degli incassi per nazionalità delle produzioni (secondo fonte Cinetel), la quota dei film italiani si ritrae di più di 5 punti percentuali rispetto al 2009, attestandosi al 23,4%. I film statunitensi, al contrario, recuperano altri 3 punti raggiungendo la più elevata quota di mercato (63,5%) degli ultimi 6 anni. La contrazione della quota di mercato nazionale che, in valore assoluti, si traduce in una perdita superiore ai 26 milioni di euro (scendendo da 171,8 a 145,5 milioni), come già accennato, è legata anche ad una stagione cinematografica “povera” di prodotto nazionale. Considerando che gran parte dei titoli italiani è uscita nel primo semestre 2010, il prossimo anno è previsto un forte recupero della quota di mercato domestica23. Le produzioni non nazionali di origine europea registrano un lieve miglioramento portandosi all’11,5%; analogo discorso per la quota di mercato dei film extra-europei che nel 2009 raggiunge l’1,6%. Tabella 11 - Composizione percentuale degli incassi per nazionalità, 2004-2009 Provenienza Italia 100% Coproduzioni Totale Italia 2009 2008 2007 2006 2005 2004 22,6 27,7 26,9 20,5 18,7 14,0 0,8 1,3 4,8 4,3 6,0 6,3 23,4 29,0 31,7 24,8 24,7 20,3 Europa 11,5 9,8 11,6 11,2 19,6 10,9 USA 63,5 60,2 55,4 61,9 53,8 61,9 1,6 1,0 1,3 2,1 1,9 6,9 100% 100% 100% 100% 100% 100% Altre nazionalità Totale Fonte: Cinetel Nel 2009 Medusa riconquista il primato in termini di incassi pur registrando una variazione negativa pari a circa l’11% rispetto all’anno precedente24. Il mercato italiano della distribuzione cinematografica è dominato dalle filiali nazionali 23 Lo confermano i dati Cinetel relativi ai primi sei mesi del 2010 che indicano di nuovo al 30% (incluse coproduzioni) la quota di mercato domestica (era al 25% nello stesso periodo dell’anno scorso), mentre quella americana è pari al 60% contro il 64 % dell’anno precedente. 24 Nel 2010 Medusa ha investito 90 milioni sui film tra acquisizioni e produzioni, di cui 70 milioni destinati al cinema italiano. Cinema 57 delle major statunitensi (Universal/Uip, Warner Bros, Disney/Buena Vista, Fox e Sony,) che complessivamente rafforzano la propria quota di mercato portandosi dal 48,4% al 56,1%. Analizzando le singole quote di mercato non si riscontra un trend omogeneo. Universal Uip, in testa alla classifca l’anno scorso, perde ben il 30% rispetto al 2008. Spicca, di converso, la performance di Sony Pictures (+131%) il cui incasso vola da 30 a 70 milioni di euro anche grazie ad un più robusto listino italiano (52 titoli distribuiti rispetto ai 24 del 2008). Ottima anche la performance di 20th Century Fox (+53%) che, peraltro, nel 2010 beneficerà del successo del film di Cameron Avatar. L’altra mini-major italiana, 01 Distribution, subisce un deciso arretramento (-25%) con incassi che scendono sotto i 50 milioni, retrocedendo così dal 3° al 7° posto in classifica. Perde posizioni anche FilmAuro che passa dal 5° al 9° posto. In valori assoluti l’incasso della società guidata da Aurelio De Laurentiis è pari a 35,6 milioni contro i 47,3 del 200825. La performance più significativa è quella registrata da Eagle Pictures26, che fa segnare nel biennio un incremento degli incassi pari all’80%, superando la soglia dei 40 milioni di euro. Per quanto attiene alle società indipendenti, Bim guadagna il 6,4% raggiungendo Lucky Red che, al contrario perde quasi il 9%. Le due società sono entrambe attestate su una quota di mercato del 2,5%. Il comparto distributivo si conferma il segmento con il più elevato livello di concentrazione, relegando ad un ruolo marginale gli indipendenti e in cui le imprese leader esercitano un forte peso finanziario sulla produzione, imponendo i propri listini agli esercenti. Una dimostrazione delle difficoltà di (ri)posizionamento viene dallo storico marchio Mikado che, dopo il fallito tentativo di rilancio condotto da Franco Tatò, è tornata sotto il controllo totale di De Agostini, gruppo che, a causa degli ingenti debiti della controllata, è intenzionato a ricollocarle sul mercato27. Tabella 12 - Quote di mercato dei distributori, 2009 Società Medusa Incasso 09 perc 09 perc 08 perc 07 perc 06 perc 05 Δ% 09-08 87.768.874 14,2 16,60 17,33 12,98 10,4 -10,9 Universal/Uip 83.077.041 13,4 19,68 13,11 13,07 19,95 -28,9 Warner Bros 75.664.780 12,2 9,59 13,64 7,45 13,97 32,8 Sony Pictures 69.675.764 11,2 5,08 6,35 9,25 6,68 131,0 Walt Disney/Buena Vista 61.490.021 9,9 7,67 9,25 12,03 8,90 35,0 20th Century Fox 58.020.156 9,4 6,37 11,00 11,77 5,94 53,4 01 Distribution 49.968.645 8,1 11,10 9,90 9,49 9,99 -24,2 Eagle Pictures 41.952.090 6,8 3,94 3,68 6,02 7,33 79,4 FilmAuro 35.568.883 5,7 7,97 8,21 8,18 6,13 -24,9 Lucky Red 15.692.807 2,5 2,90 1,36 0,84 1,70 -8,8 Bim Distributione 15.476.735 2,5 2,45 0,87 2,39 1,76 6,4 Moviemax 13.421.538 2,2 2,35 1,86 1,09 0,70 -3,9 12.096.576 2,0 4,57 1,88 4,44 5,28 -52,4 Major usa (Uip-Wb-Bv-Sony-Fox) Altri 347.927.762 56,1 48,40 53,35 53,57 55,44 21,1 Major ita (Medusa-01 Distr) 137.737.519 22,2 27,70 27,23 22,47 20,39 -16,3 Super indies ita (Eagle-Filmauro) 77.520.973 12,5 11,91 11,89 14,20 13,46 9,6 Altri 56.687.656 9,1 11,98 7,53 9,66 10,71 -20,3 Totale 619.873.910 100,0 100,00 100,00 100,00 100,00 4,4 25 Filmauro continua a detenere il primato del miglior incasso medio per film (circa 7 milioni per 5 titoli distribuiti) seguita Disney/Buena Vista (1,6 milioni per 37 titoli distribuiti) e 20th Century Fox (1,5 milioni per 37 titoli distribuiti). 26 Società controllata dalla Alliance Film Europe di Tarak Ben Ammar. 27 Nel 2009 la quota di mercato della società fondata da Luigi Musini e Roberto Cicutto (poi ceduta al gruppo di Novara nel 2007) è pari allo 0,27% sul totale delle top 20 società di distribuzione per incasso. 58 Cinema Fonte: Cinetel. Incassi fino al 31.12.2009, inclusi i proseguimenti. I primi 20 film per incasso nel 2009 assorbono circa il 42% del mercato complessivo. Nella top 20 figurano 6 titoli di produzione italiana (1 in meno rispetto al 2008), 13 di origine Usa ed 1 di origine Uk. I film di origine domestica incidono per il 23,3% sul totale dei primi 20 incassi, contro il 35% registrato nell’anno precedente. I primi due film di origine italiana sono distribuiti da un distributore indipendente, FilmAuro (Natale a Beverly Hills) e da Medusa (Cado dalle nubi). Tabella 13 - Top 20 dei film in sala, 2009 Titolo Paese Distributore Incasso (mln euro) L’era Glaciale 3 - l’Alba dei dinosauri Usa 20 Th Century Fox Italia 29.690.712 Angeli e Demoni Usa Sony Pictures Italia 18.724.657 Harry Potter e il Principe Mezzosangue Uk Warner Bros Italia 18.356.557 New Moon Usa Eagle Pictures 16.427.604 Natale a Beverly Hills Ita FilmAuro 16.339.019 UP Usa Walt Disnesy S.M.P Italya 15.345.556 2012 Usa Sony Pictures Italia 14.311.547 Cado dalle Nubi Ita Medusa Film 12.787.555 Italians Ita FilmAuro 12.158.520 Sette Anime Usa Sony Pictures Italia 11.258.003 A Christmas Carol Usa Walt Disnesy S.M.P Italya 11.001.542 Il curioso caso di Benjamin Button Usa Warner Bros Italia 10.935.460 EX Ita 01 Distribution 10.652.049 Baaria Ita Medusa Film 10.534.935 Bastardi senza Gloria Usa Universal 9.324.983 Gran Torino Usa Warner Bros Italia 9.127.986 Io & Marilyn Ita Medusa Film 8.883.362 Fast & Furious - Solo Parti originali Usa Universal 8.323.487 Viaggio al centro della Terra Usa Universal 8.203.251 Trasnformes - La Vendetta del Caduto Usa Universal 8.189.080 Totale film italiani nei primi 20 60.703.391 Totale film USA nei primi 20 199.872.474 Toatale primi 20 film 260.575.865 Fonte: Cinetel, ANICA. Note: in neretto i film di origine italiana 3. Una comparazione con i mercati europei Il raffronto con gli altri principali mercati europei (Francia, Germania, Regno Unito e Spagna) mostra, anche per il 2009, il ritardo del sistema italiano soprattutto con riferimento ai tradizionali indicatori di performance. Prendendo in esame le presenze e gli incassi al botteghino, infatti, il mercato nazionale è posizionato sugli stessi livelli della Spagna, a debita distanza da Germania, Regno Unito e Francia Oltralpe il box office ha superato nel 2009 la soglia storica dei 200 milioni di biglietti con un incasso pari ad 1,2 miliardi di euro (praticamente il doppio delle cifre registrate nel nostro Paese). Il numero di film nazionali prodotti in Italia che, fino al 2008, aveva mostrato un incoraggiante andamento in crescita, ha subito una contrazione (scendendo da 154 a 131 film) in controtendenza rispetto agli altri mercati, fatta eccezione per la Francia che continua comunque a mantenere la leadership nel volume di output. Per quanto riguarda la frequenza di consumo cinematografico in rapporto alla popolazione, l’Italia si colloca agli ultimi posti, con una media pro capite di 1,9 spettacoli all’anno. Cinema 59 Tabella 14 - Il mercato cinematografico nei principali paesi europei, 1999-2009 2009 2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 tot. Film nazionali 230 240 228 203 240 203 212 200 204 171 181 Ingressi (in milioni) 200,9 190,1 178,2 188,8 175,5 195,7 173,5 184,4 187,5 165,8 153,6 frequenza media 3,4 3,2 3 3,2 3 3,3 3 3,2 3,2 2,8 2,6 Incassi totali (M€) 1232 1141,7 1060 1120,7 1031,9 1138,9 996,1 1030 1021 894 824 da film nazionali (%) 35,6 45,1 36,1 44,6 36,3 38,4 34,6 34,6 41,4 28,1 32,5 da film americani (%) 51,7 43,9 50,1 44,7 46,5 48,3 52,9 50,2 46,6 63,2 54,4 da film europei (%) 9,6 9,2 12,1 8,8 15,5 9,4 5,3 8,4 7,5 6,1 11,1 tot. Film nazionali 144 125 129 122 103 87 80 84 83 75 74 Ingressi (in milioni) 146,3 129,4 125,4 136,7 127,3 156,7 149 163,9 177,9 152,5 149 frequenza media 1,8 1,6 1,5 1,7 1,5 1,9 1,8 2 2,2 1,9 1,8 Incassi totali (M€) 976,1 794,7 757,9 814,4 745 892,9 850 960,1 987,2 824,5 808,4 da film nazionali (%) 27,4 21 15,1 21,5 13,9 20,8 16,7 9,5 15,7 9,4 11,1 da film americani (%) n.d 66,9 73,2 72 77,2 72,1 76,8 83 77 81,9 78,6 da film europei (%) n.d 16,9 19,5 13,8 22,2 13,6 9,4 21,4 18,6 8,8 14,3 tot. Film nazionali 131 154 121 116 98 134 117 130 103 103 108 Ingressi (in milioni) 109,3 111 116 105 104,7 113,2 105 111,5 110 100,9 103,5 frequenza media 1,9 1,9 1,9 1,8 1,9 2 1,9 1,9 1,9 1,8 1,8 Incassi totali (M€) 664,1 636,7 669,6 601,2 559,5 655,4 608,6 654 600,7 545,8 532,9 da film nazionali (%) 23,4 29 31,7 24,7 24,7 20,3 21,8 22,2 19,4 17,5 24,1 da film americani (%) 63,5 60,2 55,4 61,9 53,8 61,9 64,5 60,2 59,7 69,5 53,1 da film europei (%) 11,5 9,8 11,6 11,2 19,6 10,9 8,3 12,6 23,7 11,4 14,3 tot. Film nazionali 125 126 127 134 164 174 196 119 83 90 103 Ingressi (in milioni) 173,5 164,2 162,4 156,6 164,7 171,3 167,3 175,9 155,9 142,5 139,1 frequenza media 2,8 2,7 2,7 2,6 2,7 2,8 2,8 2,9 2,6 2,4 2,4 Incassi totali (M€) 1059,3 953,5 921,5 855,3 864,3 864,3 832,8 847,4 724 654,4 631,9 da film nazionali (%) 16,5 31,1 28,6 19,1 33 23,6 10,2 8,3 4,9 19,6 16,5 da film americani (%) n.d. 65,2 67,7 77,1 63,1 73,2 73,5 71,3 73,9 75,3 80,5 da film europei (%) n.d 2,3 1,8 1,2 3,1 1,3 2,5 1,2 4 1,5 1,6 tot. Film nazionali 186 173 172 150 142 133 110 137 106 98 82 Ingressi (in milioni) 109,5 107,8 116,9 121,7 127,6 143,9 137,5 140,7 146,8 135,3 131,3 frequenza media 2,4 2,4 2,6 2,8 2,9 3,5 3,3 3,4 3,7 3,4 3,3 Incassi totali (M€) 667,8 619,3 643,7 636,2 635 691,6 639,4 625,9 616,4 536,3 495,9 da film nazionali (%) 16 13,3 13,5 15,4 16,7 13,4 15,8 13,7 17,9 10,1 13,9 Francia Germania Italia Regno Unito* Spagna 60 Cinema da film americani (%) 70,6 71,5 67,6 71,2 60,3 69,8 67,3 66,1 62,2 82,7 64,2 da film europei (%) n.d 13,6 14,5 12,2 20,3 9,9 12 14,8 15 7,2 13,1 Note: (*) per il Regno Unito è stato applicato il tasso di cambio medio annuale relativo al 2009 (pari a 0,89094 ovvero 1,12241 euro per una sterlina) fornito dall’Ufficio Italiano Cambi della Banca d’Italia. Fonte: elaborazioni Iem su ANICA, Siae, Cinetel, Centre National de la Cinématographie. Osservando l’andamento delle quote di mercato nei 5 mercati, l’unico Paese che registra una crescita progressiva nell’ultimo triennio è la Germania28. Nel 2009 la quota di mercato francese torna ai livelli del 2007, attestandosi al 35,6% dopo l’impennata (45,1%) registrata nel 2008 grazie al clamoroso successo del film Giù al Nord. Vistoso anche il decremento della quota di prodotto domestico italiano (23,4%, in calo di più di 5 punti percentuali rispetto alla performance dell’anno precedente)29. Fortemente negativo anche il dato relativo al Regno Unito che nel 2009 dimezza la propria quota di mercato precipitando dal 31,1% al 16,5%, interrompendo bruscamente la crescita rilevata nel triennio prevedente e allineandosi alla quota di mercato spagnola (16%) che, al contrario, guadagna quasi 3 punti rispetto all’anno precedente. Figura 1 - Quota di mercato dei film nazionali, 1999-2009 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 1999 2000 2001 Francia 2002 2003 Germania 2004 Italia 2005 2006 2007 Regno Unito 2008 2009 Spagna Fonte: elaborazioni Iem su ANICA, Siae, Cinetel, Centre National de la Cinématographie 28 Il dato relativo alla quota di mercato nazionale registrata in Germania nel 2009 (27,4%) va letto con cautela, riferendosi agli ingressi e non agli incassi e includendo coproduzioni realizzate nel Regno Unito supportate da investimenti americani. Il dato è ricavato dalla base dati del CNC che a sua volta lo ha elaborato utilizzando il database Lumière curato dall’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo di Strasburgo. 29 Come già ricordato, nel primo semestre 2010 la quota di mercato era già risalita al 30%, coproduzioni comprese. Cinema 61 Home Video 62 Home Video di Andrea Marzulli 1. Il mercato italiano Anche nel 2009, così come nel 2008, la flessione dei consumi home video in Italia è stata particolarmente pesante. La somma tra atti di noleggio e pezzi venduti è scesa di quasi il 19% (dopo il 20% del 2008), sotto quota 100 milioni. Solo nel 2006, i volumi erano di oltre 160 milioni. E, per l’ennesimo anno, è stato il noleggio a soffrire di più: attestatisti a 42,9 milioni, gli atti di noleggio sono diminuiti di oltre il 22% nell’ultimo anno e si sono più che dimezzati rispetto al 2005. Secondo la CCIAA di Rimini riportati dal rapporto Univideo 2010, nel 2009 hanno cessato l’attività quasi 500 imprese di videonoleggio (nel 2007-2008 erano state oltre 400), che sono quindi stimate essere 3.800 (un numero, per la verità, che risulta elevato se paragonato al valore del segmento; secondo Screen Digest nel 2008 il numero di outlet attivi nel rental era di 2.200). Se negozi singoli e catene brick’n’mortar sono sempre più in crisi – negli Usa la catena di videonoleggio Blockbuster ha chiesto il “chapter 11”, ossia la procedura di bancarotta assistita, dopo il fallimento del suo principale competitor Hollywood Video - il suo rivale digitale Netflix è in netta ascesa (1,67 miliardi di dollari di fatturato nel 2009) grazie all’offerta di subscription-video on demand online in modalità over-the-top e al recapito/ ritiro domestico dei film noleggiati (a conferma, come segnalato nelle edizioni precedenti di questo rapporto, che la “logistica” del noleggio risulta sempre più gravosa per l’utente). Le forti pressioni sulla window del rental da parte di molti distributori cinematografici e il filesharing (attraverso i client di condivisione oppure i grandi portali cyberlocker di archiviazione remota, primo fra tutti Megavideo) contribuiscono al progressivo calo del settore. Negli ultimi anni, il rapporto fra atti di noleggio e atti di acquisto si è ribaltato a favore di questi ultimi, la cui flessione è stata inferiore (il 24% circa negli ultimi 5 anni, contro oltre il 54% per il noleggio). Il consumo di video passa sempre più per i grandi mediastore (dove generalmente è possibile solo l’acquisto) piuttosto che per le videoteche. Tra i canali di vendita, nell’ultimo anno ha particolarmente sofferto l’edicola, dove gli atti d’acquisto sono caduti del 24%, a conferma della flessione, seguita alla saturazione, del mercato dei collaterali (prodotti in abbinamento a quotidiani e periodici). Appare invece più contenuto il calo del Normal Trade, che è stato dell’8%, per il quale ormai da anni non sono più disponibili pubblicamente i dati di vendita secondo la tipologia di outlet. Comunque, è dal 2006 che gli atti di vendita non registrano un saldo annuale positivo; nel primo semestre 2010, però, le vendite sono cresciute del 2% grazie al Blu-ray (le cui vendite nel 2009 sono state però inferiori al milione di pezzi – una cifra che denota un processo di sostituzione col Dvd molto in ritardo rispetto agli altri grandi Paesi europei: i lettori venduti in Italia nel 2009 sono stati solo 119mila). Home video 63 Tabella 1 – Atti di noleggio e acquisto (milioni), 2005-2009 2009 Noleggio 42,9 2008 55,4 2007 2006 75,4 ∆% 09-08 2005 86,2 94,2 ∆% 09-05 -22,6 -54,5 Dvd 42,8 55,3 75,2 81,8 86,8 -22,6 -50,7 Blu-ray Disc 0,14 0,04 0,03 - - 250,0 - Vhs - 0,1 0,2 4,4 7,4 -100,0 -100,0 Vendita 54,3 64,5 75,7 76,3 70,2 -15,8 -23,6 Dvd 53,3 63,5 74,2 73,4 63,4 -16,1 -15,9 (di cui Normal Trade) 29,5 32,3 37,5 37 33,5 -8,7 -11,9 (di cui Edicola) 23,8 31,2 36,7 36,4 29,9 -23,7 -20,4 0,4 0,1 - - 125,0 - Blu-ray Disc 0,9 Altri supporti (Umd, Hd-Dvd) 0,1 0,5 0,1 0,1 0,04 -80,0 150,0 Vhs - * 1,2 2,9 6,8 - -100,0 (di cui Normal Trade) - * 1 2,6 4,7 - -100,0 0,1 0,2 0,3 2,1 -100,0 -100,0 (Totale Normal Trade) (di cui Edicola) 30,5 33,2 38,8 39,6 38,2 -8,1 -20,2 (Totale Edicola) 23,8 31,3 36,9 36,7 32,0 -24,0 -25,6 (Totale Dvd) 96,1 118,8 149,4 155,2 150,2 -19,1 -36,0 (Totale Vhs) - 0,2 1,4 7,3 14,2 -100,0 -100,0 (Totale Altri Supporti) 1,1 0,9 0,2 0,1 0,1 22,2 1000,0 Totale atti di noleggio + vendita 97,2 119,9 151,1 162,5 154,4 -18,9 -37,0 Note: dati in milioni di atti. Fonte: elaborazioni Iem su dati Prometeia, Univideo. La contrazione del consumo si ritrova nei dati economici: nel 2009 il mercato dell’home video ha registrato un calo in valore del 17,9% rispetto al 2008, passando da 828 a 680 milioni, il valore più basso dal 2001 (quando era di 615 milioni). Il noleggio cede il 22,6%, scendendo a circa 115 milioni, quasi interamente coperti dal noleggio di Dvd, mentre il Blu-ray vale ancora 0,5 milioni di euro. Del 15,3% è stato il decremento delle vendite sui vari canali, da 667 a 565 milioni. La flessione tocca principalmente l’Edicola (-23%, a 201 milioni), mentre è del 10,4% (a 364 milioni) per il Normal Trade. Il calo a valore dei due segmenti, leggermente superiore al calo dei volumi, testimonia l’ulteriore diminuzione dei prezzi medi (sotto i 12 euro per i Dvd, circa 24 euro per il Blu-ray). Le vendite di Blu-ray sono cresciute del 113%, da 9,7 a 20,7 milioni ed il formato rappresenta il 3,7% delle vendite. Tabella 2 – Mercato Home-Video: valore a prezzi finali (milioni di euro), 2005-2009 64 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ % 09-08 ∆ % 09-05 Noleggio 114,6 160,6 218,4 272,4 Vhs - 0,2 0,2 12,0 315,0 -28,6 -63,6 19,8 -100,0 -100,0 Dvd 114,1 160,3 218,1 260,4 295,1 -28,8 -61,3 Blu-ray Disc 0,5 0,2 Vendita 564,9 667,0 0,1 - - 150,0 - 780,0 765 738 -15,3 -23,5 Vhs 0,3 1,3 2,7 12 39 -76,9 -99,2 (di cui Normal Trade) (di cui Edicola) 0,3 1,2 2,4 11 33 -75,0 -99,1 - 0,1 0,3 1 7 -100,0 -100,0 Dvd 544,0 654,8 772,9 753 697 -16,9 -22,0 (di cui Normal Trade) 343,2 394,3 466,5 453 436 -13,0 -21,3 (di cui Edicola) 200,7 260,5 306,4 300 262 -23,0 -23,4 Home Video Blu-ray Disc 20,7 9,7 3,0 - - 113,4 - Umd - 0,9 0,7 1,2 0,8 -100,0 -100,0 Hd-Dvd - 0,4 0,5 - - -100,0 - (Totale Normal Trade) 364,2 406,4 473,4 464 469 -10,4 -22,3 (Totale Edicola) 200,7 260,7 306,7 301 269 -23,0 -25,4 (Totale Vhs) 0,3 1,5 3,2 24 60 -80,0 -99,5 (Totale Dvd) 658,1 815,0 991 1014 993 -19,3 -33,7 (Totale Blu-Ray Disc) 21,2 9,9 3,0 - - 114,1 - (Totale altri supporti) - 1,3 1,2 -100,0 - Totale mercato 679,6 827,6 998,4 -17,9 -38,2 1037 1099 Fonte: elaborazioni Iem su dati Prometeia, Univideo. In termini di contenuti, il film è naturalmente la principale tipologia di prodotto, con il 56% circa del mercato della vendita di Dvd. Questa percentuale è in leggera flessione rispetto agli anni precedenti ma bisogna considerare che la categoria comprende i soli film live-action, mentre i film di animazione sono ricompresi nella categoria Animazione, che è invece quella che mostra la migliore crescita (dal 20 al 26%). In un contesto di forte caduta del mercato, i film per bambini e i cartoni animati televisivi tengono meglio di altre categorie di prodotto. Vistosa (almeno nei termini relativi delle più ridotte dimensioni del segmento) è anche la flessione del prodotto televisivo, generalmente impacchettato in più costosi cofanetti, che in due anni è sceso dal 10 al 7,7%. Tra gli altri si segnala, nel 2009, una buona crescita del segmento Musica: per il mercato discografico il Dvd è divenuto un elemento per contrastare il file-sharing digitale, mettendo sul mercato prodotti aggiuntivi rispetto ai contenuti audio, confidando nel loro maggiore appeal. Figura 1 – Vendite Dvd per tipologia di contenuto,2007-2009 (%) 100% 7 6 5,8 20 24 25,8 90% 80% 70% 2 3 60% 2 2 1,4 3,7 10 9 58 58 55,5 2007 2008 2009 7,7 50% 40% 30% 20% 10% 0% Film Serie Tv Musica Special Animazione Promo Fonte: elaborazioni Iem su dati Prometeia, Univideo. Essendo il film cinematografico il principale prodotto home-video, e stante il controllo sulla filiera dei principali gruppi media, la “magnitudo” dei principali operatori attivi nel settore rispecchia prevalentemente le quote di mercato dello sfruttamento in sala, con le filiali della major Usa ai primi posti della graduatoria per ricavi (oltre i 60 milioni di euro per Buena Vista). Home Video 65 Il primo operatore italiano è Medusa, con oltre 26 milioni di ricavi (e in circa 20 milioni sono stimati i ricavi home-video dell’altro grande soggetto italiano, 01 Distribution), seguita da Mondo Home Entertainment con 23 milioni. Tabella 3 – Ricavi di alcuni fra i principali editori home-video Rank Anno Ricavi 1 Buena Vista Home Entertainment Editore 2008 61,2 Disney Azionisti principali 2 Twentieth Century Fox HE Italia 2007 49,0 Newscorp 3 Paramount Home Entertainment Italy 2008 34,2 Viacom 4 Universal Pictures Italy 2008 30,3 Comcast-Nbc Universal 5 Medusa Video 2008 26,6 Mediaset 6 Mondo Home Entertainment 2009 23,4 Mondo Tv 7 Sony Pictures Home Entertainment 2008 20,6 Sony 8 Cecchi Gori Home Video 2009 12,7 amministrazione straordinaria 9 Rai Trade 2008 *8,0 Rai 10 Filmauro 2007 *6,3 De Laurentiis 11 Dolmen Home Video 2009 4,1 De Agostini Note: (*) solo ricavi hv. Dati in milioni di euro. Tra le maggiori società attive, dati indisponibili per 01 Distribution del gruppo Rai (stimati intorno ai 20 milioni di euro), Warner HE, Dnc HE. Fonte: elaborazioni IEM su dati European Audiovisual Observatory, Ente dello Spettacolo e bilanci operatori. 2. Il confronto internazionale Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare – dal fatto che il 2009 è stato un anno di grave crisi economica e dalla considerazione che, fra i grandi mercati media, l’home video è uno di quelli che soffrono maggiormente di una crisi strutturale e del ripensamento di logiche di business legate ai nuovi media – in Europa il 2009 non è stato un anno negativo in tutti i Paesi. Il dato italiano è stato fra i più negativi, secondo solo a quello spagnolo (Paese, in cui per molti mercati media, la televisione ad esempio, l’anno 2009 è stato particolarmente pesante). In Spagna la caduta del mercato è stata del 37% (per il solo noleggio addirittura del 58%) ed è la più alta fra i 5 grandi Paesi europei. Meglio ha fatto il Regno Unito (che con 2,9 miliardi rimane il mercato più ricco), la cui flessione, del 10% circa, ha riguardato il noleggio e la vendita quasi in egual misura. Ma se in Francia il mercato è rimasto sostanzialmente stabile (-0,2%, ma +0,6% per la vendita), in Germania si è registrato addirittura un incremento a valore del 5%, dovuto essenzialmente a un’ottima performance del canale vendita (+6,7%), che ha riportato i valori sopra quelli del 2006. Tabella 4 – Il mercato home-video nei principali Paesi europei, 2005-2009 2009 2007 2006 2005 ∆ % 09-08 ∆ % 09-05 Italia 680 828 998 1037 1099 -17,9 -38,1 Noleggio 115 161 218 272 315 -28,6 -63,5 % noleggio su mercato totale 16,9 19,4 21,8 26,2 28,6 -12,8 -40,9 Vendita 565 667 780 765 784 -15,3 -27,9 Francia 1411 1414 1543 1737 1889 -0,2 -25,3 20 31 47 78 105 -35,5 -81,0 Noleggio % noleggio su mercato totale 66 2008 1,4 2,2 3,0 4,5 5,6 -35,3 -74,5 Vendita 1391 1383 1496 1659 1784 0,6 -22,0 Germania 1633 1555 1605 1591 1686 5,0 -3,1 Noleggio 256 264 274 284 320 -3,0 -20,0 % noleggio su mercato totale 15,7 17,0 17,1 17,9 19,0 -7,7 -17,4 Home Video Vendita 1377 1291 1331 1307 1366 6,7 Regno Unito 0,8 2877 3196 3305 3256 3489 -10,0 -17,5 Noleggio 223 246 334 382 448 -9,1 -50,1 % noleggio su mercato totale 7,8 7,7 10,1 11,7 12,8 0,9 -39,5 Vendita 2654 2950 2971 2874 3041 -10,0 -12,7 Spagna 125 198 272 276 292 -36,9 -57,2 16 38 52 76 93 -57,9 -82,8 % noleggio su mercato totale Noleggio 12,8 19,2 19,1 27,5 31,8 -33,3 -59,8 Vendita 109 160 220 200 199 -31,9 -45,2 Note: dati in milioni di euro (cambio medio 2009 UK: 1 € = 0,89049 £). Fonte: elaborazioni IEM su dati Prometeia, Univideo (Italia), Sevn, Cnc-Gfk (Francia), Bvv (Germania), Bva, UKFC (Regno Unito), Uve, Sgae, Screen Digest (Spagna). Fin qui i valori. Per quanto riguarda i volumi, Francia e Germania mostrano una crescita dei pezzi venduti fra il 9 e il 10%, dopo anni di caduta (Francia) o di stabilità (Germania). Il dato italiano è invece preoccupante perché il dato (sia sul 2008 che sul 2005) è molto più negativo degli altri grandi (esclusa la Spagna) e denota una propensione al consumo in netto calo. In Francia, la riduzione a 4 mesi del periodo minimo fra la sala e il rental ha rivitalizzato le vendite natalizie e ha contribuito a determinare il risultato particolarmente positivo, insieme a una deregolamentazione sui prezzi. In Germania, l’ascesa del Blu-ray è stata più rapida che in altri Paesi. Tabella 5 – Pezzi venduti nei principali Paesi europei, 2005-2009 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ % 09-08 ∆ % 09-05 Italia 54 64 76 76 70 -16,3 -23,6 Francia 141 128 131 136 143 10,0 -1,7 Germania 113 104 104 103 104 9,0 8,1 Regno Unito 243 258 250 229 222 -5,8 9,5 Spagna 16 21 28 30 34 -23,8 -52,9 Note: dati in milioni di pezzi. Fonte: elaborazioni IEM su dati Prometeia, Univideo (Italia), Cnc-Gfk (Francia), Bvv (Germania), Bva (Regno Unito), Uve (Spagna). Non c’è dubbio che il file-sharing abbia delle conseguenze, negative, sul mercato dell’home video. Il dibattito, in Italia e altrove, riguarda però la misura del danno. In molti casi questi calcoli tendono a quantificare il danno attribuendo il valore di mercato alle opere scambiate o scaricate online e alle copie fisiche contraffatte e vendute. In altri si tende a misurare l’effettivo tasso di sostituzione e a ridurre l’incidenza del danno sul mercato. Un raffronto fra l’entità dei download e delle contraffazioni e l’andamento del mercato mostra, in ogni caso, come fra i grandi Paesi europei ci sia una proporzione diretta fra il numero dei c.d. copyright infringements e la flessione nel tempo dei consumi “regolari”. E’ evidente il caso della Spagna che mostra il numero più elevato degli infringements (568 milioni nel 2009, di cui 539 milioni di download di film e serie tv e 29 milioni di pezzi contraffatti) e il maggior calo degli atti di acquisto/noleggio tra il 2005 e il 2009 (-57,9%). Segue l’Italia con 327 milioni di infringements (di cui 228 milioni di download e 99 milioni di pezzi contraffatti, il numero più alto fra i Paesi citati relativamente alla “pirateria fisica”) da una parte e un calo degli atti del 36,5% dall’altra. Il Paese con il numero di infringements più basso (la Germania, con 164 milioni) è anche il Paese con la flessione del mercato più contenuta (-1,8% di atti nel quinquennio). Germania e Regno Unito sono gli unici Paesi dove il numero di infringements (2008) è inferiore al numero di atti di acquisto/ noleggio (2009) e che mostrano il minor calo del mercato (nel Regno Unito è dell’11,5%). Questo numero è invece superiore agli atti di acquisto/noleggio in Francia, Italia e Spagna, dove la flessione del mercato è maggiore, con una proporzione particolarmente aderente. Home Video 67 Figura 2 – Rapporto fra atti di acquisto/noleggio e file-sharing/contraffazione nel mercato HV UK DE FR IT ES 29 539 314 99 6 224 162 71 9 152 228 97 252 153 16 -1,8% -11,5% -19,4% Download film e serie tv (mln file) Contraffazione fisica film e serie tv (mln pezzi) -36,5% Atti di acquisto/noleggio (mln) Variazione atti acquisto/noleggio 05-09 (%) -57,9% Note: dati download e contraffazione 2008, atti di acquisto/noleggio 2009. Fonte. IEM su Bva, Ukfc, Cnc, Bvv, Prometeia, Univideo, Sgae, Tera Consultants. Tabella 6 – Mercato del video on demand in Regno Unito, Germania e Francia, 2006-2009 2009 2008 2007 2006 ∆ % 09-08 Regno Unito 139,2 134,1 103,5 80,5 3,8 - di cui Tv-based 121,3 127,1 97,7 nd -4,6 - di cui online 16,8 7,0 6,2 nd 140,0 Francia 82,3 53,3 29,1 14,0 54,4 - di cui Tv-based 75,2 46,9 23,7 nd 60,3 - di cui online 7,1 6,4 5,4 nd 10,9 Germania 13,1 9,0 3,0 nd 45,6 Note: dati in milioni di euro (cambio medio 2009 UK: 1 € = 0,89049 £). Fonte: Screen Digest, UKFC, Cnc, Bvv. Il mercato del video on demand, quale alternativa al rental fisico, continua a crescere nei maggiori mercati europei, a buon ritmo. In Francia (+54% nell’ultimo anno, a quota 83 milioni) vale ormai più del noleggio. Ed anche in Germania, pur con valori marginali (13 milioni di euro nel 2009), la crescita è stata di oltre il 45%. Fa parzialmente eccezione il Regno Unito, che rimane il mercato più ricco con 139 milioni di euro, dove la crescita è stata più modesta (3,8%) a causa di un’improvvisa flessione del vod aggregato ad offerte televisive che ha registrato una flessione di quasi il 5% (per il calo dei ricavi delle offerte n-vod, a favore di servizi vod puri come Fetch Tv e iTunes, che da solo genera il 55% dei ricavi vod online nel Regno Unito). In 68 Home Video assenza, di dati puntuali sui ricavi vod in Italia, si possono confermare le stime più conservative (Univideo, E-media, versioni precedenti di questo rapporto) che vedono il mercato online sui 4-5 milioni di euro (per Confindustria sono ben 40 ma comprensivi di pubblicità).La contrazione del mercato home video continua a penalizzare il prodotto televisivo, riducendo ulteriormente le fonti di ricavo della fiction al di fuori dello sfruttamento primario sul mercato interno (anche i dati di export non sono particolarmente buoni, limitandosi a poco più di 10 milioni di euro), almeno per quanto riguarda la fiction italiana (dopo il picco del 10% del 2007, il peso della fiction sulle vendite Dvd è sceso al 7,7%, e si tratta solo in minima parte di fiction italiana). Anche in Francia il valore della fiction continua a diminuire (272 milioni) così come l’incidenza della fiction francese sul totale fiction in home video (9,3%). Positiva eccezione, anche per questo indicatore, è rappresentata dalla Germania, dove il valore delle vendite del prodotto televisivo è cresciuto da 205 a 233 milioni, ritornando ai valori del 2004. Tabella 7 – La fiction nel mercato home-video in Italia, Francia e Germania (2004-2009) 2009 2008 2007 2006 2005 2004 564,9 654,8 772,9 753 697 616 valore fiction (M€) 42 59 77 63,1 46 41,2 Fiction sul mercato (%) 7,7 9 10 8,3 6,5 6,6 Italia valore mercato, vendita (M€) Francia valore mercato, vendita (M€) 1390 1382 1481 1658 1786 1959 valore fiction (M€) 272 283 317 317 247 196 fiction sul mercato (%) 19,6 20,5 21,2 19,1 13,8 9,9 fiction nazionale su totale fiction (%) 9,3 9,5 9,9 14,3 16,9 15,2 1377 1291 1331 1307 1366 1440 Germania valore mercato, vendita (M€) valore fiction (M€) 233 205 222 183 177 233 fiction sul mercato (%) 16,9 15,9 16,7 14,0 13,0 16,9 Fonte: elaborazioni IEM su dati Prometeia, Univideo (Italia), Cnc-Gfk (Francia), Bvv (Germania). Home Video 69 Libri 70 Libri Libri di Daniela Ciavarelli 1. Produzione e lettura Una situazione di difficoltà ma non drammatica quella del mercato editoriale italiano nel corso del 20081. Rispetto all’anno precedente la produzione libraria resiste con un leggero calo pari allo 0,5% (tutte le edizioni) ma con un saldo sempre molto positivo (11,5%) rispetto al 2004. Nel complesso la produzione si attesta ad un valore di poco inferiore ai 59mila titoli, grazie alla ripresa delle prime edizioni (vedi infra). A fronte del lieve calo del numero dei titoli continua a diminuire, e di molto, la tiratura complessiva che, nel 2008, si attesta a poco più di 213 milioni di copie, in netta contrazione sia rispetto all’anno precedente che all’andamento dell’ultimo quinquennio. Dal 2004 si rileva infatti una diminuzione del 12,1%, mentre dall’anno precedente un calo del 9,4%. In forte flessione, di conseguenza, la tiratura media per opera che, rispetto al 2004, scende del 21,2% (cioè di 1.000 copie) e del 9% sul 2007. Tabella 1 - Produzione libraria in Italia (titoli e tiratura), 2004-2008 2008 2007 2006 2005 2004 Totale (prime edizioni, ristampe ed edizioni successive) 58.829 59.129 61.440 59.743 52.760 Tiratura (000) 213.163 235.389 268.097 261.054 242.639 -9,4 -12,1 3.623 3.981 4.364 4.373 4.599 -9,0 -21,2 Tiratura media Δ % 08-07 Δ % 08-04 -0,5 11,5 Fonte: elaborazioni Iem su dati Istat e Aie. La tenuta del mercato si deve principalmente all’incremento delle prime edizioni che raggiungono quasi 38mila titoli, in aumento di circa mille unità rispetto all’anno precedente. Le prime edizioni vanno quindi a rappresentare il 64,3% delle opere pubblicate, a fronte di un costante calo di ristampe e edizioni successive. Riguardo le ristampe il valore continua a seguire il trend negativo iniziato dal 2006 fermandosi a poco meno di 18mila copie (30,6%) mentre riguardo alle edizioni successive, in controtendenza con quanto avveniva nel 2007, il valore torna a scendere: dal 6,6 al 5,1%. Come si nota dalla tabella 2 i valori di quest’ultimo tipo di edizione hanno seguito sempre un andamento altalenante negli ultimi sei anni senza descrivere un trend chiaro. Le prime edizioni sono cresciute in maniera omogenea tra i vari generi di opera: +257 titoli nel segmento delle edizioni scolastiche, +230 nel segmento per ragazzi e +539 nel segmento Varia che comprende, oltre alla narrativa, manuali, saggi, guide, volumi di arte e illustrati, guide di viaggio, libri universitari, pubblicazioni scientifiche tecniche e mediche, reference ed 1 Si tratta dell’ultimo anno disponibile, alla stesura di questa ricerca, relativamente ai dati che riguardano la produzione libraria. I dati economici, nel prosieguo del capitolo, sono invece allineati al 2009. Libri 71 enciclopedie. Le prime edizioni, nei segmenti Varia e Ragazzi, rappresentano rispettivamente il 67 e il 72% dei titoli pubblicati, mentre per le edizioni scolastiche, con un ricambio minore, il valore scende al 32,8. Tabella 2 – Produzione libraria in Italia per tipo di edizione, 2002-2008 2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 prima edizione 37.845 36.819 37.991 37.694 33.641 34.496 32.781 Valori assoluti Ristampa 17.991 18.431 19.999 18.596 16.440 16.417 19.083 edizione successiva 2.993 3.879 3.450 3.453 2.679 3.353 2.760 Totale 58.829 59.129 61.440 59.743 52.760 54.266 54.624 prima edizione 64,3 62,27 61,83 63,09 63,76 63,57 60,01 Valori percentuali Ristampa 30,6 31,17 32,55 31,13 31,16 30,25 34,94 edizione successiva 5,1 6,56 5,61 5,78 5,08 6,18 5,05 Totale 100 100 100 100 100 100 100 Fonte: elaborazioni Iem su dati Istat e Aie. Le ristampe e le edizioni successive, a fronte dell’aumento delle prime edizioni su tutti i generi di opera, calano drasticamente e parallelamente: nel segmento Varia nel 2008 le ristampe costituiscono il 28,1 per cento dei titoli e le edizioni successive il 5,1. Anche nel segmento dei libri per bambini e ragazzi il peso delle ristampe passa dal 64% del 2007 a poco più del 60% del 2008 e la stessa cosa succede per le edizioni successive che passano dal 7 al 3,3 con un calo di più del 50%. Le ristampe dei libri scolastici scendono al 60,6% e le edizioni successive al 6,6. Tabella 3 - Produzione libraria in Italia per tipo di edizione e genere di opera, 2008 Prima edizione Edizione successiva Ristampa Totale Scolastiche 1.636 331 3.024 4.991 Per ragazzi 2.939 136 996 4.071 Tipo di edizione per genere di opera Valori assoluti Varia 33.270 2.526 13.971 49.767 Totale 37.845 2.993 17.991 58.829 Valori percentuali Scolastiche 4,3 11 16,8 8,5 Per ragazzi 7,8 4,6 5,5 6,9 Varia 87,9 84,4 77,7 84,6 Totale 100 100 100 100 Genere di opera per tipo di edizione (valori percentuali) Scolastiche 32,8 6,6 60,6 100 Per ragazzi 72,2 3,3 24,5 100 Varia 66,9 5,1 28,1 100 Totale 64,3 5,1 30,6 100 Fonte: elaborazioni IEM su dati Istat. Nel 2009, secondo l’Indagine Multiscopo “Aspetti della vita quotidiana” dell’Istat, il tasso di lettura della popolazione italiana di 6 anni e più sale al 45,1, dal 44% dell’anno precedente. Rilevante è che tale aumento sia relativo ai cosiddetti “lettori forti” (da 12 libri in su all’anno), che crescono di 2 punti fino a rappresentare il 15,2% dei lettori di libri (almeno 1 libro nell’ultimo anno) e in parte ai lettori medi (4-11) libri. Diminuisce di conseguenza la percentuale di coloro che leggono fino a 3 libri (come si vedrà in seguito). La quota più alta di lettori si riscontra tra la popolazione di 11-17 anni (oltre il 58%), con un picco tra gli 11 e i 14 anni (64,7%), 72 Libri e decresce all’aumentare dell’età. Già a partire dai 35 anni la quota di lettori scende sotto il 50%, per diminuire drasticamente dai 65 anni in poi e raggiungere il valore più basso tra la popolazione di 75 anni e più (22,8%). Le donne leggono più degli uomini: le lettrici, infatti, sono il 51,6% rispetto al 38,2% dei lettori. Le differenze di genere sono presenti in tutte le fasce di età e risultano molto forti tra i 20 e i 24 anni, dove la quota di lettrici supera il 66%, mentre quella dei lettori si attesta al 39,2%. Le differenze di genere si annullano solo per le persone con 75 anni e più, fascia di età in cui dichiarano di leggere nel tempo libero il 23,3% degli uomini e il 22,5% delle donne. Il titolo di studio influisce fortemente sui livelli di lettura: si va da un massimo dell’80,6% tra i laureati a un minimo del 28,4% tra chi possiede la licenza elementare o nessun titolo di studio. Se poi si tiene conto della condizione professionale, livelli di lettura superiori alla media si evidenziano, per le persone di 15 anni e più, tra dirigenti, imprenditori e liberi professionisti (62,7%), studenti (65,2%), direttivi quadri e impiegati (68,1%). Al contrario, i più bassi livelli di lettura si registrano tra gli operai (30,6%), i ritirati dal lavoro (33,2%) e le casalinghe (35,9%). A livello territoriale, le quote più alte di lettori di libri si registrano al Nord, dove quasi il 52% della popolazione di 6 anni e più ha letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti l’intervista, e al Centro (48%). Nel Sud e nelle Isole, invece, la quota di lettori cade rispettivamente al 34,2% e al 35,4%. Esiste, inoltre, una significativa variabilità regionale nei livelli di lettura: se Trentino-Alto Adige (60%) e Friuli-Venezia Giulia (56,7%) fanno registrare i livelli di lettura più alti, Marche, Umbria e tutte le regioni del Mezzogiorno si attestano al di sotto della media nazionale. In particolare, agli ultimi posti si collocano Sicilia (31,5%), Campania (32,9%), Puglia (33,1%) e Calabria (34,3%). Relativamente al tipo di comune, si nota una maggiore diffusione di lettori nei centri e nelle aree di grande urbanizzazione, con una progressiva riduzione della quota dei lettori nei centri più piccoli: si passa, infatti, dal 51,3% nei comuni centro dell’area metropolitana al 40,5% nei centri da 2.001 a 10.000 abitanti. Tabella 4 - Indici di lettura in Italia, 1997-2009 Hanno letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi (%) per 100 lettori 1-3 libri 4-11 libri 12+ libri 39,9 40,5 38,9 38,4 39,0 39,1 38,8 39,0 39,8 40,8 39,1 39,9 13,0 11,7 12,9 12,1 12,9 12,6 12,4 13,5 12,9 13,3 13,2 15,2 1997 41,6 47,1 1998 41,9 47,8 1999 38,3 48,2 2000 38,6 49,5 2001 40,9 48,1 2002 41,4 48,3 2003 41,3 48,8 2005 42,3 47,5 2006 44,1 47,3 2007 43,1 46,2 2008 44,0 47,7 2009 45,1 44,9 Note: per 100 persone di 6 anni e +. Fonte: Istat. I lettori deboli (da 1 a 3 libri l’anno) sono soprattutto maschi (48,1%), bambini e ragazzi fino a 14 anni (più del 48%), persone con 75 anni e più (49,5%), persone con la licenza media o titolo inferiore (più del 50%), operai (55,3%), persone in cerca di prima occupazione e casalinghe (oltre il 51%), residenti nelle regioni meridionali (57,6%). Le quote maggiori di lettori forti (oltre i 12 libri) si riscontrano, invece, tra le persone di 65-74 anni (19,8%), tra le donne (16%), con un picco tra quelle di 65-74 anni (22,1%), tra i laureati (24,4%) e tra dirigenti, imprenditori e liberi professionisti (19,8%) e i ritirati dal lavoro (18,7%). A livello geografico le quote più alte di lettori forti si riscontrano nel Nord-ovest (19,5%) e nel Nord-est (18,3%). Libri 73 2. Valore del mercato Per la seconda volta in due anni cala il valore del mercato del libro, attestandosi sui 3.407 milioni di euro, con una flessione del 4,3% rispetto al 2008. In questo quadro però mostrano buoni risultati le vendite nei canali: Internet (+12%), Grande Distribuzione (+4%) e librerie tradizionali +2,5%), che corrispondono complessivamente a 1430 milioni di euro. Il canale libreria sta cambiando profondamente e forse questa è la ragione della sua sostanziale tenuta nelle vendite. La Gdo (banco libri e grandi magazzini) dopo un -2,9% del 2008, ricomincia a crescere (del 4%) giovandosi della crescente incidenza della grande distribuzione organizzata nella spesa delle famiglie. Il 2009 ha visto le “catene” crescere di oltre il 4% a valore, e le librerie a “conduzione familiare” sostanzialmente stabili (+0,6%). Continuano a crescere le librerie on line con un +26,8% nelle vendite (percentuale più alta di tutti i canali trade) grazie anche all’entrata sul mercato di nuovi operatori. L’edicola (relativamente alla sola vendita libri) fa segnare un lieve miglioramento (+2,6%) grazie al rinnovamento del canale portato avanti con la formula del franchising da parte di alcuni grandi gruppi e grazie ad assortimenti di libri non più composti solo da tascabili e supereconomici. I collaterali sono esclusi da questa percentuale: nel 2009 hanno subito un’ulteriore battuta d’arresto, di quasi il 4%, mentre la perdita dal 2005 è di oltre il 50%. Crollano anche i collezionabili: -31,5%, a 161 milioni di euro. Il mercato scolastico registra un ulteriore rallentamento, dell’1,4%, nelle vendite. Contrazione dovuta a un probabile accentuarsi del fenomeno dell’usato e all’effettivo avvio della riforma voluta dal Ministero dell’Istruzione, con il blocco delle adozioni dei libri di testo per cinque anni nella primaria e per sei anni nella secondaria e obbligo dal 2012 di adottare i soli libri di testo disponibili e scaricabili da Internet. Veramente agli inizi il mercato dell’e-book che, nonostante il battage mediatico che lo ha imposto all’attenzione dei lettori e alla diffusione crescente di e-reader (questo più nel 2010, per la verità), vale ancora poco più di 1 milione di euro, ossia lo 0,03% del mercato. Tabella 5 - Il mercato dei libri in Italia, 2005-2009 (milioni di euro) 2009 2008 2007 2006 2005 Δ% 09-08 Δ% 09-05 GDO (1) 261 251 258,4 246,1 226,8 4,0 15,1 Edicola (2) 19,5 19 18,5 16,5 20,5 2,6 -4,9 Altro al dettaglio (3) 21,9 20,8 19,8 19,3 18,4 5,3 19,0 Internet (4) 101,2 90,4 71,3 52,1 40,1 11,9 152,4 Libreria (5) 1068 1042 1048 1043,3 1034 2,5 3,3 e-book (stime) 1,1 - - - - - - Libri scolastici 667 676,8 716,3 705,5 669 -1,4 -0,3 Bookshop musei 23,6 26,2 28,4 25,4 21,9 -9,9 7,8 Rateale 213,4 268,1 311,8 308,4 315 -20,4 -32,3 120 128,9 143,2 140,6 145 -6,9 -17,2 Corrispondenza Book club 75 78,9 83,3 82,5 81,5 -4,9 -8,0 Vendita diretta a biblioteche 45 48 50,2 54,3 65,5 -6,3 -31,3 Export 42 41,1 40,7 39,9 39,5 2,2 6,3 161,1 235,2 293,2 307 342,3 -31,5 -52,9 264,5 348 330,5 336,9 326,5 -24,0 -19,0 97,8 75,2 70 60,5 51 30,1 91,8 Collezionabili puntate e opere Editoria elettronica Rom, DVD Rom) a (CD Editoria elettronica (banche dati) 74 Libri Libri usati e remainders Non book Iniziative speciali Totale 95 84,6 79,8 78,1 76,5 12,3 50,5 40,7 38,2 80 85,8 101 3407,5 3560,7 3702,6 24,2 35,4 33 24,1 53,0 118 115 -6,8 -30,4 3670 3621,4 -4,3 -5,9 Collaterali (libri) (6) 250,6 260,6 453,3 489 537,5 -3,8 -53,4 Totale libri e collaterali libri 3658,2 3821,3 4155,9 4159 4158,9 -4,3 -12,0 Note: (1) banchi libri fissi in supermercati, grandi magazzini, autogrill, escluse librerie dei centri commerciali; (2) esclusi allegati, opere a fascicoli e collezionabili; (3) in occasione di fiere, vendite temporanee, banchi dei mercati; (4) vendite dai soli siti italiani; (5) libri nuovi di varia adulti e ragazzi; (6) valori forniti da Fieg, su dati relativi a 53 quotidiani. Il dato si riferisce alle sole vendite di libri. Fonte: elaborazione IEM su dati Aie. Secondo l’AIE (Associazione Italiana Editori), nel 2008 risultavano censite, tra attive e non, 10.335 case editrici. Nel 2009, il numero delle case editrici attive era di 7.009, anche con un solo titolo. Tuttavia gli editori che hanno una presenza organizzata e stabile in tutte le librerie del territorio nazionale sono 1.600. Gli addetti di tutta la filiera sono circa 36mila. Tabella 6 - quote di mercato gruppi editoriali, 2007-2009 2009 2008 2007 Gruppo Mondadori 28,4 28,8 29,0 - di cui Mondadori 14,5 15,1 14,3 - di cui Einaudi 5,9 5,7 5,4 - di cui Piemme 4,3 4,3 5,1 - di cui Sperling & Kupfer 2,4 2,4 2,8 - di cui altri Gruppo Mondadori 1,3 1,3 1,4 RCS MediaGroup 12,6 12,8 13,6 Gems - Gruppo Editoriale Mauri Spagnol 9,3 8,9 8,2 Gruppo Giunti 5,8 5,5 5,4 Feltrinelli 4,0 3,9 3,8 Altri Editori 39,9 40,1 40,0 Totale 100,0 100,0 100,0 Note: dati a valore. Quote 2009 calcolate su €m 1.171 nei canali trade (esclusa GDO). Fonte: Nielsen Bookscan, Rispetto all’anno precedente la quota di mercato dei maggiori operatori del mercato italiano – Mondadori, Feltrinelli, RCS Media Group, Gems e Giunti – sale nel 2009 di 0,2 punti percentuali, rappresentando oltre il 60% del valore. Il gruppo Mondadori, seppur con un leggero calo dal 28,8 al 28,4%, mantiene la propria posizione di leadership rispetto agli altri player. Le ragioni della flessione sono da ricercare proprio nella divisione omonima che perde il 3,9% rispetto al 2008 mentre le altre divisioni restano ferme allo stesso valore o crescono leggermente: Piemme, Sperling & Kupfer e gli altri operatori del gruppo restano stabili mentre Einaudi incrementa del 3,5%. La quota di mercato di RCS (Rizzoli, Bompiani, Fabbri, Marsilio...) continua a scendere e si ferma allo 12,6% con un calo dell’1,6%. A seguire il Gruppo Editoriale Mauri Spagnol (Longanesi, Salani, Guanda, Garzanti), Giunti e Feltrinelli tutti con variazioni positive rispetto al 2008: guadagna il 4,5% Gems, passando dall’8,9 al 9,3; 5,2 punti percentuali il Gruppo Giunti salendo al 5,8% del valore del mercato e sale anche il Gruppo Feltrinelli passando dal 3,9 al 4% con un aumento del 2,6%. Mondadori conferma il suo ruolo di leader del mercato anche in relazione ai ricavi raggiungendo la quota di quasi 620 milioni di euro: di questi circa 426 milioni derivano dalla divisione Libri, mentre 194 dal settore della distribuzione che gestisce il canale delle librerie. Entrambi questi valori sono in calo rispetto all’anno precedente perdendo rispettivamente il 2 e lo 0,3 per cento. A seguire, come secondo gruppo si registra Messaggerie Italiane holding che nel 2008 fattura 517 milioni di euro considerando entrambe le voci della distribuzione e dell’editoria, in aumento Libri 75 del 2% rispetto al 2007. Il terzo player del settore è il gruppo Feltrinelli con un fatturato complessivo (tra retail ed editoria) di 460 milioni euro, in crescita rispetto al 2008 circa del 21 per cento. Rappresenta la variazione più importante rispetto all’anno scorso e, considerando che nel mercato dei libri la fatturazione maggiore di Feltrinelli viene dal canale retail, può considerarsi una risposta al potenziamento della vendita on line nonché all’attenzione che il gruppo ripone nella cura e sponsorizzazione delle librerie, entrate nell’immaginario collettivo degli utenti come sinonimo di qualità e convenienza. Gli altri gruppi attivi non superano i 200 milioni di euro e si attestano tutti sugli stessi valori: secondo gli ultimi bilanci aziendali disponibili Giunti ha fatturato 191 milioni di euro (anno di riferimento 2008) tra editoria e retail, De Agostini Editore 186 (2009) considerando editoria e distribuzione. RCS Libri, per cui il dato si riferisce solo al segmento “varia Italia”, fattura nel 2009 145,2 milioni di euro, Zanichelli Editore 135,5 (2008), e infine il gruppo Pearson Paravia Bruno Mondadori 86,6 milioni di euro. Per tutti e tre si tiene in considerazione solo il fatturato derivante dalla divisione editoria. Tabella 7 - Fatturato maggiori gruppi italiani editori o distributori di libri Gruppo Attività Anno Ricavi Mondadori editoria, retail 2009 619,7 - Mondadori Libri editoria 2009 425,7 - Mondadori Retail retail 2009 194,0 Messaggerie Italiane holding edit., distrib., retail 2008 *517,0 Feltrinelli editoria + retail 2009 460,0 Giunti editoria, retail 2008 190,9 De Agostini Editore editoria, distrib. 2009 **186,0 Rcs Libri (solo varia Italia) editoria 2009 145,2 Zanichelli Editore editoria 2008 135,5 Pearson Paravia Bruno Mondadori editoria 2008 86,6 Note: (*) di cui 25% circa distribuzione periodici; (**) esclusi collezionabili e direct mktg, non è scorporabile il fatturato all’estero. Fonte: Mbres, dati societari et alia. 3. Confronti internazionali L’Italia si conferma il penultimo paese, tra i 5 maggiori stati europei, in riferimento al valore complessivo del mercato editoriale, mentre per quanto riguarda l’ammontare della spesa pro capite è all’ultimo posto con poco più di 60 euro annui. La situazione complessiva non varia di molto rispetto al 2008, in cui lo scenario presentava la Germania unica eccezione, cioè in progresso, e al primo posto con valori, di ricavo e di spesa pro capite, di molto sopra la media europea. Quest’ultima si mantiene comunque costante attorno ai 64 euro pro capite. Nel dettaglio i tedeschi nel 2009 hanno speso 118 euro a testa, a seguire francesi (67), spagnoli (66), inglesi (61,6) e italiani (60,8). Come già osservato le variazioni positive non riguardano tutti e 5 i paesi infatti il valore della spesa, oltre che in Italia, per abitante diminuisce rispetto al 2008 in Spagna e in Regno Unito, rispettivamente del 5,3 e 13,5%. Anche riguardo il valore del mercato 2009, l’Italia è il Paese che mostra il risultato più negativo (-4,3%), precedendo Spagna e Regno Unito. I ricavi dalle vendite, infatti, passano in Spagna da 3.185 milioni di euro a 3.109 con un calo del 2,4%, mentre in Uk passano da 3.936 a 3.821, perdendo il 2,9%. Significativo è anche il dato francese, che passa da 4.055 milioni di euro a 4.213 con un 76 Libri incremento di quasi il 4%. La Germania si conferma il paese con le maggiori vendite editoriali, con un lieve aumento dello 0,8 per cento, sfiorando nel 2009 i 9.700 milioni di euro. Tabella 8 - Valore delle vendite di libri in Europa, anni 2006-2009 2009 2008 2007 2006 ∆ % 09-08 Popolazione (000) Fatturato per ab. (€ 2009) Francia 4.213 4.055 4.100 4.110 3,9 62.793 67,1 Germania 9.691 9.614 9.576 9.261 0,8 81.758 118,5 Italia 3.407 3.561 3.703 3.670 -4,3 60.402 60,8 Spagna 3.109 3.185 3.157 3.015 -2,4 46.951 66,2 Uk 3.821 3.936 3.950 3.784 -2,9 62.042 61,6 Note: dati in milioni di euro. Per Uk dati al cambio medio 2008 (1 euro = 0,89094 sterline). Fonte: elaborazioni IEM su dati Gfk (Francia) Boersenblatt (Germania), Aie e Nielsen (Italia: 2007 e 2008 Aie, 2009 stime su tasso di crescita Nielsen), Fgee (Spagna), Publishers Association (Uk). Libri 77 Quotidiani e periodici Quotidiani e periodici di Paola Savini 1. Introduzione In misura più marcata rispetto all’anno precedente, nel corso del 2009 l’editoria italiana ha fronteggiato da un lato gli effetti della crisi economica generale, dall’altro quelli più specifici e, probabilmente, di maggiore portata, legati alle trasformazioni in atto nella filiera industriale di produzione-distribuzione e consumo di informazione. I dati provvisori relativi al 2010 non preludono a significative inversioni di tendenza, e rimarcano lo stato di crisi permanente del settore, quotidiano e periodico, in atto da ormai un quinquennio, come sottolineano i continui – parziali e spesso contraddittori - interventi legislativi in materia nonché l’indagine conoscitiva dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora in avanti, AGCM), la seconda1 in sei anni. Rispetto al primo punto, il riferimento è da un lato al decreto ministeriale del 21 ottobre 20102 che recepisce i nuovi accordi tra gli editori e la società Poste Italiane in merito alle tariffe per la spedizione delle pubblicazioni profit; dall’altro, è al Decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 2010, n. 2233, in emanazione dell’attesissimo Regolamento sulla disciplina dei contributi diretti all’editoria, che modifica i criteri di calcolo dei contributi e introduce una ripartizione proporzionale dei fondi in caso di insufficienza degli stessi nonché un maggiore controllo sulle richieste di ammissione alle provvidenze. Rispetto al secondo punto, l’AGCM ha infatti concluso, il 23 settembre 2009, l’Indagine conoscitiva 35 (Indagine Conoscitiva riguardante il Settore dell’editoria Quotidiana, Periodica e Multimediale), pubblicando, a distanza di due anni dalla I parte (Le sovvenzioni pubbliche e i limiti alla concentrazione per i quotidiani), la II parte (La distribuzione dei prodotti editoriali): l’AGCM, attraverso l’Indagine, ha «inteso offrire un contributo per una rilettura delle modalità di funzionamento del settore distributivo della stampa, per evidenziare le restrizioni di carattere concorrenziale che sembrano limitare ingiustificatamente le capacità di risposta del settore alle sfide odierne», auspicando, in conclusione, completa liberalizzazione per il mercato della vendita all’utente finale, in adattamento alle mutevoli esigenze della domanda di prodotti editoriali. Drammatico appare dunque il calo della diffusione dei quotidiani nel Paese, sceso sotto la 1 Cfr. nel 2004 l’Indagine conoscitiva 20 - Distribuzione di Stampa Quotidiana e Periodica. Provvedimento n.13425. 2 Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 21 ottobre 2010 recante “Tariffe per le spedizioni di prodotti editoriali, ad esclusione dei libri spediti tramite pacchi, effettuate dai soggetti di cui all’articolo 1 comma 1, del decreto -legge 24 dicembre 2003, n. 353, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 46”, Gazzetta Ufficiale n. 274 del 23 novembre 2010. 3 “Regolamento recante misure di semplificazione e riordino della disciplina di erogazione dei contributi all’editoria a norma dell’articolo 44 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”, Gazzetta Ufficiale n. 299 del 23 dicembre 2010. 80 Quotidiani e periodici storica soglia dei 5 milioni di copie; drastico il ridimensionamento dei ricavi pubblicitari, che ha toccato il record negativo del -16,4% a fine anno4; coerente ma non meno duro per gli attori operanti nel settore è infine il tracollo dei ricavi complessivi, che in un decennio sono scesi del 20%5. Tale contrazione viene confermata anche dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (d’ora in avanti, AGCOM) che nell’analisi quasi censuaria del comparto, finalizzata all’individuazione dei mercati rilevanti nell’ambito del Sistema integrato delle comunicazioni6, valuta in circa 8,8 miliardi di euro nel 2008 i ricavi di editoria quotidiana, periodica, agenzie di stampa a carattere nazionale, editoria elettronica e annuaristica, contro i 9 miliardi stimati nel 2007 (-2,7% per il comparto editoriale complessivo, considerando che l’editoria elettronica si attesta a un +18,5%). Un quadro, questo, che ha mostrato come la razionalizzazione e i tagli nei costi – di stampa, soprattutto, ma anche di personale – siano ad oggi l’unica strategia per la sopravvivenza delle imprese editoriali, operanti in un mercato sempre più frammentato per l’approvvigionamento di informazione, grazie a un’aumentata disponibilità di scelte per i fruitori/lettori7, che permette anche di distinguere maggiormente tra notizie di approfondimento e notizie di interesse generale/breaking news, sempre più percepite come commodity8. Seppur sfavorita dalle ben note criticità nazionali – quali la bassa penetrazione dei giornali presso la popolazione italiana, la rete distributiva inefficiente e lo sbilanciamento del mercato pubblicitario a favore del mezzo televisivo – la crisi del settore in Italia si colloca in un contesto internazionale che vede moltissimi Paesi accomunati dalla stessa sorte: outsourcing della produzione di contenuti9, disintegrazione verticale della filiera produzione-edizione-stampa, razionalizzazione e concentrazione dei centri di produzione e difficile convivenza tra testate cartacee e web, alla ricerca spasmodica di modelli di business capaci di valorizzare i contenuti diffusi on-line allo stesso tempo difendendo la proprietà intellettuale10. A queste tendenze si aggiunge la diffusione di modelli di giornalismo basati sul crowdsourcing, certamente non ancora capaci di competere con l’editoria tradizionale ad based ma in significativa crescita per diffusione e autorevolezza, come il caso ProPublica.com, insignito dal Premio Pulitzer in Investigative Reporting a febbraio 2010, mostra. Si sottolinea infine come il settore, seppur tendenzialmente caratterizzato da indicatori negativi (lettura, diffusione, numero addetti tra giornalisti e poligrafici), goda di un significativo e positivo sviluppo nei paesi non-Ocse, tale per cui il numero globale delle testate quotidiane è continuato a crescere anche in questo periodo di crisi, quasi raddoppiando rispetto al 200011. 4 Dati Federazione Concessionarie Pubblicità (d’ora in avanti, FCP). 5 Dati Federazione Italiana Editori di Giornali (d’ora in avanti, FIEG). 6 Cfr. Allegato A alla Delibera N. 555/10/CONS recante “Procedimento per l’individuazione dei mercati rilevanti nell’ambito del Sistema integrato delle comunicazioni”, Gazzetta Ufficiale n. 267 del 15/11/2010. 7 Non tanto dovuta all’aumento del numero di testate (se si escludono quelle free press per i quotidiani), quanto alla diffusione di nuove fonti, più o meno professionalizzate, comunque disponibili su differenti device, in primis tramite Internet. 8 Cfr. PricewaterhouseCoopers (2010). Global Entertainment & Media Outlook 2010-2014, 15 June 2010. 9 Con inevitabili cambiamenti per la professione del giornalista, come dimostrano i continui interventi in materia, quali la ridefinizione del nuovo Contratto nazionale di lavoro giornalistico, definito dopo l’intesa siglata il 26 marzo 2009 tra Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) e FIEG, o il Decreto del Ministero del lavoro 8 ottobre 2009, n.47385, recante “Semplificazione delle procedure amministrative e riordino dei criteri per l’accesso al trattamento di integrazione salariale in favore dei lavoratori dipendenti di aziende appartenenti al settore dell’editoria”. 10 Cfr. Osservatorio Tecnico per i quotidiani e le agenzie di informazione “Carlo Lombardi”, Rapporto 2010 sull’industria italiana dei quotidiani. A tal proposito, si ricorda che la FIEG a giugno 2009 si era rivolta all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato chiedendo la valutazione dell’eventuale abuso di posizione dominante del motore di ricerca Google rispetto al servizio Google News (eventuale discriminazione nella search tradizionale se non aderenti al servizio) e rispetto al servizio AdSense (di cui si richiedeva maggior trasparenza nelle tariffe). 11 Cfr. OCSE (2010). The evolution of news and the Internet, DSTI/ICCP/IE(2009)14/FINAL. 11 giugno. Quotidiani e periodici 81 2. La stampa quotidiana e periodica in Italia: analisi dei principali indicatori 2.1 Tiratura, diffusione e vendita Quotidiani Gli indicatori relativi all’evoluzione della distribuzione delle copie cartacee dei giornali quotidiani italiani sono il primo segnale dell’andamento negativo del settore. Secondo i dati Ads (Accertamenti Diffusione Stampa, Tab. 1), la tiratura12 è scesa del 6,4%, su 65 testate considerate. Il dato relativo alla diffusione13 conferma il trend negativo, attestandosi a 6.254.467 copie (-6,6%), mentre le vendite14 risultano ancora più penalizzate, con un decremento del 7% rispetto al 2008. Tabella 1 - ADS: Tiratura, diffusione e vendita quotidiani, 2005-2009* 2005 2006 2007 2008 2009 ∆% 09-08 ∆% 09-05 Tiratura 8.910.045 9.266.232 9.278.070 9.053.245 8.466.674 -6,48% -4,98% Diffusione 6.507.581 6.774.847 6.844.908 6.695.909 6.254.467 -6,59% -3,89% Vendita 5.632.191 5.695.715 5.563.256 5.353.961 4.978.547 -7,01% -11,61% Note: (*) Media mobile 12 mesi. N. testate certificate non omogeneo nel corso degli anni. Fonte: elaborazione Iem su dati Ads. Figura 1 - Composizione tiratura giornali quotidiani, 2009 Abbonamenti paganti 5,7% Vendite in blocco 0,7% Vendita 59,0% Gratuita (Abbonamenti gratuiti, Omaggi, Coupons) 7,2% Resa (Italia + Estero) 25,9% Diffusione Media Estero (Pag.+ Grat.) 1,5% Fonte: elaborazione Iem su dati Ads. 12 Si intende il totale delle copie stampate, esclusi gli scarti di macchina. cfr. www.adsnotizie.it/glossario/ index.php 13 Si intende il totale delle copie diffuse in Italia ed all’estero così ripartite: diffusione pagata (vendita edicole, abbonamenti a pagamento); vendite in blocco; abbonamenti da quota associativa; diffusione gratuita (coupons gratuiti, abbonamenti gratuiti, omaggi). ibidem. 14 Si intende il totale delle copie vendute. 82 Quotidiani e periodici La composizione delle copie stampate, risulta dunque composta come mostra la Fig. 1: la resa dei quotidiani rappresenta nel 2009 il 25,9% della tiratura complessiva. Il rapporto rese su distribuzione è stato invece del 35%. L’analisi FIEG sull’evoluzione della tiratura e delle vendite dei quotidiani in Italia, effettuata sulle aziende aderenti15, mostra anch’essa una flessione per entrambi gli indicatori, -5,9% per tiratura e vendite nel 2009 rispetto al 2008. Negli ultimi 5 anni, ad eccezione di una timida ripresa nel 2006 (+1,1%), la rilevazione mostra, su un numero di aziende non omogeneo, una drastica diminuzione, pari al -9,12% per le copie stampate e addirittura al -11,35% per le copie vendute. Tabella 2 - FIEG: Tiratura e vendita dei quotidiani, 2005-2009* 2005 2006 2007 2008 2009 ∆% 09-08 ∆% 09-05 Tiratura** 7.823.333 7.960.559 7.805.914 7.555.256 7.109.496 -5,90% -9,12% Vendita** 5.461.811 5.510.325 5.399.837 5.145.647 4.842.054 -5,90% -11,35% Note: (*) media giornaliera; (**) numero di testate 2009: 57; 2008=58; 2007 e 2006 = 54; 2005= 59. Fonte: elaborazione Iem su dati FIEG. Un discorso a parte, relativamente agli indicatori fin qui presentati, merita il segmento della free press. Il 2009 non è stato infatti un anno felice per le testate distribuite gratuitamente nel nostro Paese: né dal punto di vista degli investimenti pubblicitari (-26,6% tra il 2009 e il 2008) né rispetto alla stabilità delle società editrici (con problemi di gestione ordinaria e di raccolta pubblicitaria per quasi tutte le testate). In Italia il settore è sostanzialmente composto dalle testate Leggo, City, DNews, EPolis e Metro, diffuse in alcune delle maggiori città italiane, e da poche altre testate a tiratura locale, per un totale di circa 3,5 milioni di copie distribuite per circa 270 giorni l’anno16, leggermente in calo rispetto al 2008 quando il Rapporto “Osservatorio Lombardi” ne stimava circa 4 milioni di copie. Periodici Gli indicatori relativi alle vendite, alla tiratura e alla diffusione del segmento della stampa periodica sono anch’essi significativamente in flessione nel 2009, come quelli dei quotidiani, mostrando dunque un periodo di recessione condiviso da tutti i mezzi editoriali a stampa. Rispetto all’altro comparto editoriale, quello dei periodici mostra da un lato una riduzione delle vendite drastica per i settimanali nel triennio 2007-2009 (-10,15%) e davvero significativa per i mensili (-33,14%), dall’altro una certa razionalizzazione, poiché sebbene la tiratura non sia scesa come le vendite, piuttosto significativi sembrano gli sforzi di ottimizzazione in questo senso, come mostra la riduzione del 26% nel triennio da parte dei mensili. I settimanali, nel 2009, hanno avuto un calo diffusionale dell’1,9%; i mensili hanno sofferto molto di più, riducendo il numero delle copie diffuse del -3,9% rispetto al 2008. Il quadro complessivo indica dunque una contrazione per il mercato dei periodici nel suo complesso, considerando il numero delle testate edite e la diffusione delle stesse: laddove nel 2000 le 55 testate settimanali oggetto delle rilevazioni Ads diffondevano quasi 15 milioni di copie, nel 2009, le rilevazioni estese a 62 testate indicano una diffusione media molto inferiore ai 13 milioni; per i mensili, se nel 2000 la diffusione delle testate Ads (129) era di 15 milioni di copie, nel 2009 sono state rilevate 131 testate diffuse in 14,2 milioni copie. 15 16 Con dati forniti dalle imprese associate. Secondo i dati diffusi dagli editori, essendo una sola testata, EPolis, certificata ADS. Quotidiani e periodici 83 Tabella 3 - Tiratura, diffusione e vendita dei periodici, 2007-2009 2009 2008 2007 ∆ % 09-08 ∆ % 09-07 Tiratura 16.573.140 17.843.417 18.346.526 -7,12% -9,67% Diffusione 12.350.040 12.599.736 13.684.164 -1,98% -9,75% Vendita 9.953.470 10.186.984 11.078.393 -2,29% -10,15% Settimanali Mensili Tiratura 20.154.730 25.571.857 27.269.639 -21,18% -26,09% Diffusione 14.194.368 14.771.047 16.064.005 -3,90% -11,64% Vendita 9.165.239 9.475.336 13.708.048 -3,27% -33,14% Note: (*) Media mobile 12 mesi. N. testate certificate non omogeneo nel corso degli anni. Fonte: elaborazione Iem su dati Ads. 2.2 La lettura Quotidiani Rispetto alla lettura, a partire dalla rilevazione Autunno 2009, spinta dalla necessità di adeguare l’analisi di questo importante indicatore sia alla quantità che alla qualità dei contatti con i giornali da parte dei lettori, tenendo conto anche dello shifting della domanda verso le testate on-line, la società Audipress ha deciso di dotarsi di una nuova architettura di indagine. Tra le novità introdotte – tali da non permettere un confronto con gli anni precedenti - c’è l’allungamento del periodo di rilevazione (a circa 10 mesi), la frequenza di uscita dei dati (quadrimestrali) e la rilevazione della duplicazione tra la lettura su supporto cartaceo e la visita del sito web solo per la testata dichiarata. Per l’indagine quotidiani, la dimensione campionaria annua è diventata di 33.000 interviste base, per l’indagine periodici è di 21.000 interviste base. Proprio per evitare la diffusione di dati non corrispondenti al reale avvicinamento degli utenti al prodotto editoriale, inteso sia nella sua versione cartacea che nelle edizioni on-line, la società Audipress ha deciso di non pubblicare i dati relativi all’andamento della lettura dei giornali dal secondo semestre 2008 né dei primi tre trimestri del 2009, mentre l’edizione 2010/I deriva dalla cumulazione dei campioni rilevati nell’Autunno 2009 (21 settembre - 20 dicembre 2009) e nel 1° ciclo 2010 (11 gennaio - 28 marzo 2010). Tabella 4 - Lettura dei quotidiani, 2010* Lettori medi giornalieri 2003 2004 2005 2006 2007 2008 (I) 2010 (I)** 20.439 20.534 21.410 22.494 22.798 23.278 24.108 - Uomini 12.458 12.450 12.965 13.440 13.651 13.940 // - Donne 7.981 8.084 8.445 9.055 9.147 9.337 // Penetrazione 40,79 41,29 42,64 44,3 44,66 45,3 46,2 Note: (*) Lettori nel giorno medio; adulti 14 anni e più; valori in migliaia.(**) Dati non confrontabili con quelli precedenti. Fonte: elaborazione Iem su dati Audipress. Il dato complessivo, tuttavia, nei limiti di non comparabilità sopra riportati, indica che i lettori dei quotidiani nel giorno medio sono comunque aumentati nel decennio, passando ad oltre 24 milioni, il 46% della popolazione. Nel complesso, confrontando anche i dati di Audipress con quelli di Audiweb, l’indagine che misura le audience online e fornisce informazioni qualiquantitative sulla fruizione dei mezzi operanti su internet, si ricava che ogni giorno dai tre ai quattro milioni di utenti internet, pari a circa il 36% del totale, accedono ai siti internet dei giornali quotidiani. 84 Quotidiani e periodici Tabella 5 - Lettura dei quotidiani, testata cartacea e web, 2010* Totale Lettori in un Giorno Medio Di cui anche Visitatori Sito Web Testata Corrispondente (Valori Assoluti per 1.000) (Valori Assoluti per 1.000) Uomini Donne Resp. Acq. Totale Popolazione 52.179 25.107 27.072 24.641 Totale Lettori dei Quotidiani 24.108 14.232 9.876 9.695 3.076 Totale Letture 40.553 25.610 14.945 15.146 4.716 Uomini Donne 3.438 1.278 Note: (*) Lettori nel giorno medio; adulti 14 anni e più; valori in migliaia. Fonte: elaborazione Iem su dati Audipress. Tale lettura sull’importanza dell’informazione ottenuta tramite giornali ma anche tramite il web viene confermata anche dall’indagine svolta dalla società Gfk Eurisko su incarico dell’AGCOM17, a marzo 2010, da cui emerge che sebbene la televisione sia il mezzo più utilizzato dalla popolazione italiana attiva per l’informazione (l’89,1% della popolazione che si informa lo fa tramite il mezzo televisivo, per i fatti internazionali nell’86% dei casi e per quelli nazionali nel 90% dei casi), i giornali quotidiani sono il mezzo scelto per informarsi dal 61,6% della popolazione attiva, ricoprendo questi ancora un ruolo particolare per l’informazione sui fatti locali. Segue quindi Internet che, viceversa, tende ad essere utilizzato soprattutto per l’approvvigionamento di informazione su fatti internazionali (20% della popolazione attiva), e solo dopo viene la radio. Periodici Quanto premesso sui dati Audipress per il segmento dei quotidiani vale, dal punto di vista metodologico, anche per il comparto dei periodici. Vale la pena sottolineare però, come si può comprendere intuitivamente, che l’impatto del digitale abbia influito in misura diversa su tale prodotto editoriale (cfr. Tab. 7) , per la tipologia e frequenza dell’informazione fornita da quest’ultimo. I dati Audipress indicano comunque che, nel 2010, al primo semestre, c’è stata una sostanziale tenuta, rispetto agli ultimi anni di rilevazione, dei livelli di lettura per i periodici, come mostra la penetrazione nella popolazione, anche se si sottolinea nuovamente che il campione rilevato nel corso degli anni non è confrontabile. Tabella 6 - Lettura dei periodici, 2010* 2005 2006 2007 2008 I 2010 I** Lettori di settimanali 25.409 23.930 24.019 23.634 23.723 - Uomini 10.634 9.571 9.514 9.420 9.230 - Donne 14.775 14.358 14.505 14.214 14.493 Penetrazione (%) 50,6 47,13 47,05 46,0 45,0 Lettori di mensili 24.014 22.462 21.537 21.554 21.957 - Uomini 11.720 10.958 10.428 10.700 10.697 - Donne 12.294 11.503 11.109 10.854 11.260 Penetrazione (%) 47,83 44,24 42,19 41,9 42,0 Totale lettori periodici 34.207 32.689 32.483 32.352 32.763 - Uomini 15.650 14.691 14.471 14.586 14.592 - Donne 18.557 17.999 18.012 17.766 18.171 Penetrazione (%) 68,13 64,38 63,63 62,9 62,9 Note: (*) Lettori numero medio; adulti 14 anni e più; valori in migliaia.(**) Dati non confrontabili con quelli precedenti. Fonte: elaborazione Iem su dati Audipress. 17 Cfr. Allegato B alla Delibera N. 555/10/CONS, cit. Quotidiani e periodici 85 Dal punto di vista del genere, la popolazione femminile si conferma come target di riferimento prevalente dei periodici, sia nei settimanali che nei mensili. Tabella 7 - Lettura dei periodici, 2010* di cui anche visitatori sito web testata corrispondente Lettori nell’ultimo Periodo (Valori Assoluti Per 1.000) Popolazione (Valori Assoluti Per 1.000) Totale Uomini Donne Resp. Acq. 52.179 25.107 27.072 24.641 Totale Totale Lettori dei Settimanali 23.723 9.230 14.493 12.188 729 Totale Letture 46.799 16.074 30.724 24.958 916 Totale Lettori dei Mensili 21.957 10.697 11.260 9.740 1.772 Totale Letture 51.441 24.162 27.277 23.083 2.773 Totale Lettori dei Periodici 32.763 14.592 18.171 15.681 2.260 Uomini Donne 656 262 2.016 762 242 Note: (*) Lettori numero medio; adulti 14 anni e più; valori in migliaia.(**) Dati non confrontabili con quelli precedenti. Fonte: elaborazione Iem su dati Audipress. 3. Le aziende editoriali: fonti di ricavo e redditività 3.1 Quotidiani Se nel 2000 i ricavi pubblicitari rappresentavano il 58% del fatturato editoriale dei quotidiani, a nove anni di distanza tale incidenza è scesa al 41,8%, quasi pari al 2004, spinta al ribasso dalla crisi del mercato pubblicitario (e da quella economica, in generale). La Fig. 2 mostra l’andamento discontinuo del rapporto tra ricavi da pubblicità e ricavi totali da vendite (comprensivi anche delle vendite di prodotti collaterali) nell’editoria quotidiana italiana, sull’insieme delle società editoriali aderenti alla FIEG. Tale andamento discontinuo rende manifesta la necessità per le case editrici di poter correttamente valutare sia la vendita di spazi pubblicitari sia quelle delle copie, principali fonti di ricavo per il modello editoriale ad based, non essendo ad oggi risultato vincente nessun modello editoriale che prescinda da una di queste due componenti di reddito (il recente declino, a livello europeo18, della free press è emblematico, in questo senso). Se la domanda di informazione è sempre più imprevedibile e mutevole (sia per motivi strutturali19 sia per le diverse abitudini di consumo delle nuove generazioni di lettori), le manovre sugli spazi pubblicitari (aumento foliazione, aumento spazi, aumento/diminuzione dei prezzi degli stessi) diventano la leva fondamentale su cui si gioca il risultato aziendale: per questo motivo, in un decennio, il prezzo di vendita medio di un modulo di pubblicità sui quotidiani è passato da 42,29 € nel 2000 a 21,05 € (a prezzi 2009) nel 200920. Nel 2009 il risultato dell’abbassamento delle vendite e del ridimensionamento degli investimenti pubblicitari ha portato a una riduzione del fatturato decisamente significativa: dai 3,35 miliardi di euro nel 2008 si è passati ai 3,05 miliardi del 2009. Oltre al drastico ridimensionamento del prezzo di vendita pubblicitario e alla diminuzione delle vendite per copia, la vendita di prodotti collaterali, che negli anni passati ha rappresentato una quota significativa dei ricavi aziendali (anche il 15%, ad esempio nel 2006), ha mostrato saturazione (-23,3% nel 2007 e -42,9% nel 2008, pari al 10,3% dei ricavi totali; non sono disponibili dati per il 2009). 18 19 20 86 Cfr. paragrafo “Il confronto internazionale”. Perché le vendite in abbonamento sono una percentuale bassissima del totale, pari circa al 9% del venduto. Fonte: elaborazione Asig Service su dati Osservatorio Stampa Fcp. Quotidiani e periodici Figura 2 - Ricavi editoria quotidiana: rapporto vendite/pubblicità, 2000-2009 58,88% Ricavi da vendite e abbonamenti 56,94% Ricavi pubblicitari 58,02% 56,06% 53,74% 54,25% 53,78% 52,66% 47,34% 43,94% 46,26% 46,56% 2005 2006 51,05% 51,28% 49,28% 49,20% 45,75% 41,98% 43,06% 41,12% 2000 2001 2002 2003 2004 2007 2008 2009 Fonte: elaborazione Iem su dati FIEG. Venendo invece all’andamento degli investimenti pubblicitari (1.510 milioni nel 2009, -16,8% sul 2008 a prezzi correnti, cioè -17,4% a prezzi 2009), la Tab. 8 non solo mostra il trend negativo dell’indicatore (a prezzi correnti, -9,9% a prezzi 2008), ma sottolinea anche come alcune tipologie siano in flessione molto marcata (è il caso della pubblicità commerciale nazionale, esattamente come nel 2008, scesa del -17,8%!). Come sopra riportato, il caso della free press è emblematico: ben -26,6% tra il 2009 e il 2008. Tabella 8 - Investimenti pubblicitari* su quotidiani, 2005-2009 ∆% 09-08 ∆% 09-05 1.741.746 1.747.620 1.901.359 1.816.448 1.510.912 -16,8% -13,3% Quotidiani a pagamento (totale) 1.713.705 1.716.413 1.773.073 1.676.234 1.407.988 -16,0% -17,8% 2005 Quotidiani (totale) 2006 2007 2008 2009 Commerciale Nazionale 923.686 947.956 972.438 868.350 714.007 -17,8% -22,7% Locale 451.673 443.254 465.861 482.019 416.374 -13,6% -7,8% Rubricata + di Servizio 338.346 325.203 334.774 325.865 277.607 -14,8% -18,0% 28.041 31.207 128.286 140.214 102.924 -26,6% 28.041 30.163 95.597 103.705 73.998 -28,6% Locale 0 0 28.900 33.913 27.280 -19,6% Rubricata + di Servizio 0 1.044 3.789 2.596 1.646 -36,6% Quotidiani Free Pay Press** (totale) Commerciale Nazionale 163,9% Note: dati in migliaia di euro; (*) a prezzi correnti; (**) non viene fornito il delta percentuale della free press per i diversi universi di rilevazione nel corso degli anni (dal 2003 al 2006 rilevate solo City/Metro/Leggo nell’edizione di Milano; da gennaio 2007 tutte le edizioni di City/Metro/Leggo/24 Minuti; EPolis da maggio 2007). Fonte: elaborazione Iem su dati Nielsen AdEx. Secondo i dati FCP-Assoquotidiani21, inoltre, nel 2009 sono aumentati del 15,7% gli spazi di pubblicità commerciale nazionale venduti sui quotidiani a pagamento (stabile la vendita totale), a fronte di una flessione dei ricavi derivanti da tale vendita del 16,4%: tale dato indica proprio che, nel tentativo di mantenere i clienti ed attrarne di nuovi, la cessione degli spazi pubblicitari sui quotidiani ha patito una politica tariffaria significativamente rivolta al ribasso, come il prezzo medio per modulo pubblicitario sceso di oltre il 50% in dieci anni ci mostra. I prezzi di vendita degli spazi pubblicitari in un solo anno sono diminuiti in media del 18%. 21 FCP raggruppa le Aziende, sia Concessionarie che Gestori Diretti, che operano nel settore della vendita di spazi pubblicitari. Quotidiani e periodici 87 Nel 2009 il margine operativo lordo aggregato - risultato della differenza tra ricavi e costi industriali -delle aziende FIEG è infatti drasticamente sceso (-89,7%, stimato a 16,2 milioni di euro), da cui si deduce la critica situazione complessiva delle imprese considerate. La situazione è diventata davvero drammatica per la gestione caratteristica, e non solo per quella straordinaria: le aziende considerate dallo studio FIEG mostrano un rapporto tra mol e fatturato addirittura dello 0,5%. Rispetto ai costi, incrementati nell’ultimo triennio a ritmi crescenti (+1,1% nel 2005, +3,1% nel 2006, +6,1% nel 2007), il 2008 rappresenta il primo vero drastico ridimensionamento degli stessi (-6,9%), seguito da un 2009 in linea (-5%). Tabella 9 - Editoria quotidiana - Ricavi e costi operativi, 2005-2009 2005 2006 2007 2008 2009* ∆% 09-08 ∆% 09-05 Ricavi editoriali 3.462.402 3.556.655 3.507.632 3.348.300 3.046.953 -9,00% -12,00% Costi operativi 3.174.984 3.273.251 3.246.065 3.190.205 3.030.695 -5,00% -4,54% 287.418 283.404 261.567 158.095 16.258 -89,72% -94,34% 8,30% 7,97% 7,46% 4,72% 0,53% -88,70% -93,57% Mol Mol/fatturato Note: dati in migliaia di euro su un campione di 66 testate quotidiane; (*) stima. Fonte: elaborazione Iem su dati FIEG. 3.2 Periodici I 3.359 milioni di € che rappresentano i ricavi (vendite + pubblicità) del settore editoriale periodico indicano, anche in questo caso, una flessione molto significativa rispetto all’anno precedente (-14%) corrispondente nello specifico a un -29,5% per la pubblicità e a un -9% per la vendita delle copie. Tabella 10 - Periodici: evoluzione dei ricavi editoriali, 2003-2009* Anno Pubblicità ∆% YoY Vendite 2003 2004 2005 ∆% YoY Totale ∆% YoY 964.422 - 3.214.740 - 4.179.162 - 968.254 0,4% 3.260.114 1,4% 4.228.368 1,2% 1.004.611 3,8% 3.117.207 -4,4% 4.121.818 -2,5% 2006 1.056.695 5,2% 3.077.303 -1,3% 4.133.998 0,3% 2007 1.083.188 2,5% 3.015.757 -2,0% 4.098.945 -0,8% 2008 1.024.006 -5,5% 2.898.539 -3,9% 3.912.092 -4,6% 2009** 721.924 -29,5% 2.637.670 -9,0% 3.359.594 -14,1% Note: dati in migliaia di euro; (**) stima. Fonte: elaborazioni Iem su dati Osservatorio Fcp-Fieg e Tradelab. La Fig. 3 mostra come, nel corso degli ultimi 9 anni, il rapporto tra vendite e ricavi pubblicitari sia stato, nel comparto dei mensili e dei settimanali, molto più costante rispetto a quello manifestato dai giornali quotidiani, ma evidenzia anche come la crisi del mercato pubblicitario ancora in corso abbia ancorato nel 2009 i ricavi del comparto alla vendita di copie (con tentativi di aumento delle vendite e del prezzo di copertina), per il 78,5% dei ricavi totali. Coerentemente con l’andamento economico generale, negli anni 2003-2007 gli investimenti pubblicitari nel settore erano aumentati (Tab. 10), in qualche modo arginando la diminuzione dei ricavi da vendita, ma nel 2008 si nota la prima significativa flessione nel quinquennio, che porterà a un -28,7% gli investimenti sul comparto nel 2009. Tabella 11 - Evoluzione investimenti pubblicitari netti, 2005-2009 Periodici 2005 2006 2007 2008 2009 ∆% 09-08 ∆% 09-05 1.222.562 1.296.024 1.328.475 1.231.481 877.572 -28,74% -28,22% Fonte: elaborazione Iem su dati Nielsen AdEx. 88 Quotidiani e periodici Tra le due macro-tipologie di periodici, si evidenzia come nel 2009 siano stati i mensili a soffrire maggiormente: in controtendenza rispetto al passato, i ricavi da pubblicità per i mensili sono scesi del -32,3% rispetto a una cessione spazi del -25,8%, mentre i settimanali hanno perso il -27,5% dei ricavi a fronte della diminuzione del -15,1% degli spazi. Figura 3 - Ricavi editoria periodica: rapporto vendite/pubblicità, 2000-2009 72,51% 65,90% 65,82% 34,10% 34,18% 27,49% 2000 2001 2002 78,51% 75,44% 77,22% 75,63% 74,44% 73,57% 73,70% 24,56% 22,78% 24,37% 25,56% 26,43% 26,30% 2003 2004 2005 2006 2007 Ricavi complessivi da vendita 21,49% 2008 2009 Ricavi pubblicitari Note: stima FIEG per il 2009. Fonte: elaborazione Iem su dati FIEG. 4. Il confronto internazionale L’analisi comparata degli indicatori relativi al settore editoriale, sempre ricordando i limiti di una comparazione fondata su metodologie di rilevazione non omogenee, mostra che l’andamento negativo riscontrato in Italia è confermato in molti Paesi europei, e non solo. Ad esempio la free press, il cui calo diffusionale nel Paese è stato sopra ricordato, scende significativamente anche nel resto d’Europa22, dove la diffusione (stimata) è infatti scesa del -19% nel 2009, passando da 26,2 a 21,3 milioni di copie, con un calo complessivo anche dei titoli, essendo sceso il numero di testate censite a 82 nel 2010, in 29 Paesi europei, contro le 115 attive in 32 Paesi nel 2008. Anche i dati (aggiornati al 2008) relativi alla diffusione nei paesi analizzati dalla World Association of Newspapers confermano il sostanziale calo: nel 2008 solo il Lussemburgo, dove è scoppiato il fenomeno della free press (+72,8% in totale), il Portogallo (+2,4% sempre trainato dalla free) e Austria (+6,4%, significativamente spinto dal gratuito) hanno mostrato incrementi (Tab. 13). Diverso appare il caso della stampa a pagamento, in calo ovunque. Costante rimane la differenza tra Italia e resto dei Paesi europei per il rapporto tra vendita di copie in abbonamento e vendita in edicola. Il fatto che gli abbonamenti siano relegati in una posizione del tutto marginale costituisce nel Paese uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo del mercato. Tabella 12 - Quotidiani: diffusione media gionaliera nei paesi europei, 2006-2008 Paesi A pagamento Gratuiti Totale ∆% 08-07 2006 2007 2008 2006 2007 2008 2006 2007 2008 Lussemburgo* 304,8 304,8 297 0 53,5 322,3 304,8 358,3 619,3 72,8% Svezia 466,2 449 436,4 158,8 152,5 138,7 Norvegia 601,2 580,3 570,6 0 0 Finlandia 514,7 491 482,8 46,3 45,7 22 37,9 625 601,5 575,1 -4,4% 601,2 580,3 570,6 -1,7% 561 536,7 520,7 -3,0% Cfr. le newsletter mensili di www.newspaperinnovation.com. Quotidiani e periodici 89 Danimarca 287,3 279,8 262,6 478,8 367,5 222,4 766,1 647,3 485 Austria 340,7 344,8 331,7 Olanda 287 267,9 270,1 -25,1% 95,2 83,4 124,1 435,9 428,2 455,8 6,4% 70,3 129,5 124,1 357,3 397,4 394,2 -0,8% 51,4 385,3 358,5 358,7 0,1% 300,2 292,2 283,1 -3,1% Regno Unito* 335,4 308 307,3 49,9 50,5 Germania 297,9 290,5 283,1 2,3 1,7 Irlanda 245,2 236,1 236,3 50,6 46,5 41,4 295,8 282,6 277,7 -1,7% Spagna 109,8 109,5 106,4 132,5 120,2 108,2 242,3 229,7 214,6 -6,6% Usa 241,2 212,6 200,3 18,2 13,1 11,5 259,4 225,7 211,8 -6,2% Francia 155,8 153,9 152 42,9 51,6 53,8 198,7 205,6 205,8 0,1% Belgio* 163,4 161,3 160,9 25,9 28,2 29 189,3 189 189,9 0,5% Italia* 116 112,4 86 77,8 81 85,6 193,8 193,4 171,6 -11,3% 144,6 135,2 133 32,3 34,4 32,5 176,9 169,6 165,5 -2,4% Ungheria Portogallo 74,7 74,7 67,1 39,2 62,7 73,6 113,9 137,4 140,7 2,4% Polonia 138,9 123,3 114,5 39,9 15,7 15,4 178,8 139 129,9 -6,5% Nota: diffusione per 1.000 abitanti adulti (16 anni ed oltre tranne alcune eccezioni, segnalate con *). Fonte: elaborazione IEM si dati FIEG/WAN. In quei Paesi dove gli abbonamenti rappresentano il veicolo di diffusione largamente prevalente (Nord Europa in primis) la stampa gode del grande vantaggio di una domanda maggiormente conosciuta nelle sue dimensioni, tale da consentire una programmazione della produzione meno esposta alle oscillazioni (Tab. 13 e 14). Tabella 13 - Quotidiani: canali distributivi nei principali paesi, 2008 Tabella 14 - Periodici: canali distributivi nei principali paesi, 2008 Paesi Abbonamento Edicola Paesi Olanda 90 8 Finlandia Abbonamento Edicola 95 5 Finlandia 88 12 Svezia 90 10 Danimarca 84 16 Usa 87 13 Norvegia 78 22 Danimarca 85 15 Svezia 76 19 Austria (2006) 68 32 Lussemburgo 70 10 Ungheria 60 40 Austria 67 12 Olanda 58 42 Germania 65 35 Germania 49 51 Ungheria 65 33 Francia 36 64 Belgio 49 51 Italia 36 64 Francia 31 69 Norvegia 30 70 Spagna 23 72 Spagna 8 92 Fonte: elaborazione IEM si dati FIEG/WAN. Polonia 19 79 Irlanda 9 91 Italia 9 91 Fonte: elaborazione IEM si dati FIEG/WAN. La crisi è comunque fortemente sentita all’estero, tanto da apparire come un fenomeno di natura non transitoria23. Il caso statunitense può sempre essere guardato e analizzato nei suoi aspetti generali per intravedere possibili evoluzioni del mercato in Europa, ed emblematico appare l’indicatore degli investimenti pubblicitari sui quotidiani (Fig. 5), dove ormai la crisi si sente non solo sulla carta stampata ma anche sull’on-line (-11,8% tra 2009 e 2008). 23 La spesa totale sui consumer magazines è scesa del -10,6% nel 2009, secondo le stime PricewaterhouseCoopers. Cfr. PricewaterhouseCoopers (2010), op. cit. 90 Quotidiani e periodici Figura 4 - USA: Investimenti pubblicitari su quotidiani 2000-2009 60.000 40% 1,90% 3,90% 1,51% 30.000 3.109 30% 18,80% -1,68% -9,00% 20% 10% 2.743 -0,50% 2.664 1.541 1.216 5,10% 2.027 26,70% 50.000 40.000 3.166 31,46% 31,48% -1,80% 0% -9,40% -11,80% -17,70% 20.000 -10% -20% 44.305 44.102 44.939 46.703 47.408 46.611 42.209 34.740 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 -28,60% 24.821 48.670 10.000 -30% 0 -40% Print TOT On-line TOT % YoY print 2009 % YoY on-line Note: dati in milioni di US$. Fonte: elaborazione IEM su dati NAA. 1387 1408 1422 1437 1452 1457 1456 1457 1600 1400 1000 800 600 45653 48597 50742 52329 53345 54626 55185 1200 55186 1468 55578 55773 1480 1611 1800 41132 50.000 N. testate 2000 62328 1745 62202 53829 55.000 45.000 1748 58882 60.000 62108 1763 1772 Migl. copie 65.000 1878 Figura 5 - Circolazione quotidiani e n° di testate edite - USA 2000-2009 40.000 400 200 0 1940 1960 1980 2000 2002 2004 2006 2008 Nota: * esclusi i domenicali. Fonte: elaborazione IEM su Editor and Publisher International Yearbook. Quotidiani e periodici 91 Anche la circolazione dei quotidiani nel Paese, inoltre, mostra un drastico ridimensionamento a partire dagli anni ‘90 e, tra i primi 25 quotidiani americani, solo il Wall Street Journal ha fatto registrare una sostanziale tenuta (-0,7%) della diffusione a fine anno, mentre altre storiche testate hanno pagato maggiormente lo shifting delle abitudini di consumo di informazione verso altri mezzi a contenuto editoriale (tv via cavo e Internet in primis), portando a un calo complessivo del -6,1% sul 2008. Nonostante il numero complessivo delle testate di cui viene calcolata la diffusione a fine dicembre 2009 risulti (Fig. 5) quasi in linea con l’andamento in leggero calo tipico dell’ultimo decennio, drammatici sono i numeri che riguardano l’uscita dal mercato delle testate cartacee nel Paese: - 21 testate dal 2008 al 2009 secondo i dati Editor and Publisher, 143 risultano invece le testate cartacee chiuse nel 2009 da un censimento del blog newspaperlayoffs.com (delle quali 13 hanno sostituito la carta con una versione esclusivamente on-line), mentre 40 sono quelle chiuse nel 2010. Anche il Regno Unito sta soffrendo lo stesso cambiamento, soprattutto per i giornali a diffusione locale, e la circolazione totale dei quotidiani a pagamento è scesa di circa il 2,2% nel 2009 (a marzo 2010, secondo i dati ABC sono crollati del -10% il Daily Telegraph e The Independent, del -16% The Times e The Guardian, mentre ha retto il Financial Times con - 6,4%). 92 Quotidiani e periodici Directory 93 Directory di Luca Murrau 1. Il mercato italiano Il mercato italiano delle directory nel 2010 ha dovuto fronteggiare gli effetti negativi della crisi finanziaria, che ha portato ad una riduzione dei ricavi. A fronte della crisi, le grandi directory italiane ha ricercato nuove forme di integrazione strategica delle proprie attività, volte a creare nuove sinergie. Il principale gruppo italiano delle directory, Seat Pagine Gialle, ha cercato di contenere gli effetti della crisi economica sul fatturato attraverso la crescita dei ricavi provenienti dalle attività basate su internet, ricercando un aumento del tasso di penetrazione della base clienti on line esistenti e del numero di nuovi clienti acquisiti. In particolar modo, tale strategia è stata sostenuta dal lancio di nuovi prodotti e servizi di marketing on line e attraverso la vendita di pacchetti multimediali. Al tempo stesso, il gruppo ha intrapreso azioni strutturali di riduzione dei costi operativi, basate sul contenimento delle spese correnti e sul ridisegno dei principali processi operativi. Il difficile scenario economico, che ha avuto ripercussioni negative sul mercato pubblicitario tradizionale – segnato da andamenti in contrazione anche nel corso del 2009 -, ha tuttavia consentito la forte espansione della pubblicità e dei servizi online, comportando nuove modalità di ricerca delle informazioni da parte degli utenti nonché impiego di nuovi strumenti. Conseguentemente Seat Pagine Gialle, nella seconda metà del 2009, ha adottato una nuova visione del proprio mercato di riferimento, includendo, oltre al comparto tradizionale (sia offline che on line) i servizi di marketing on line (dalla creazione di siti web alle strategie di posizionamento dei clienti Seat all’interno dell’”ecosistema” internet al fine di migliorarne la visibilità, alla misurazione e analisi dei contatti generati tramite il web, ecc.). In Italia, la quota di Seat Pagine Gialle sul mercato pubblicitario degli elenchi cartacei ed on line è stimata a circa l’84%. Il gruppo ha proseguito nel 2009 il processo di revisione strategica del proprio portafoglio di partecipate, avviato nel 2008. Tale processo ha portato alla decisione, a giugno 2009, di uscire dalla joint-venture turca Katalog Yayin ve Tanitim Hizmetleri A.S. e a settembre di uscire dal mercato francese della directory assistance mediante la vendita, attraverso la controllata tedesca Telegate AG, della società francese 118 000 SAS. Per quanto concerne i più recenti risultati economico-finanziari del gruppo, nel primo semestre 2010, i ricavi consolidati sono diminuiti dell’8,7% rispetto al primo semestre dell’anno precedente (463,22 milioni di euro contro i 507,325 milioni di euro del primo semestre 2009), parzialmente compensati dalla crescita dei ricavi online in Italia (che hanno registrato un incremento del 60% circa). Su base annuale, invece, i ricavi delle vendite e delle prestazioni raggiungono, nel 2009, 952,2 milioni di euro, in calo rispetto all’esercizio 2008, quando i ricavi consolidati sono stati pari a 1.058,7 milioni, con l’andamento delle attività online in Italia che 94 Directory ha limitato le perdite. Sui mercati finanziari, il titolo Seat Pagine Gialle ha chiuso le quotazioni a fine dicembre 2009 ad un prezzo di 0,16 euro, in calo del 65,9% circa rispetto al prezzo di 0,48 euro del 1° gennaio 2009. Tale riduzione si è concentrata nei primi mesi dell’anno; infatti nel corso del secondo semestre 2009 il titolo ha fatto registrare un andamento in leggera crescita (+1,2%), così come altre società del comparto directory (specialmente positive sono state in Europa le performance dei titoli Yell e Pages Jaunes). Il titolo Seat Pagine Gialle ha toccato il massimo dell’anno (1,13 euro) nei giorni in cui è stata attuata l’operazione di aumento di capitale, conclusasi il 30 aprile 2009 con l’integrale sottoscrizione delle azioni offerte. La performance negativa del titolo, particolarmente significativa se confrontata con l’andamento dei titoli del mercato media, è stata influenzata dalla struttura dell’Enterprise Value della Società, costituito in misura prevalente dalla componente “indebitamento”. Lievi diminuzioni dell’Enterprise Value della Società (diminuito nel corso del 2009 del 14,8%) si traducono in riduzioni sempre più significative del suo valore di mercato rappresentato dalle quotazioni borsistiche. Tale valore, peraltro, è stato penalizzato anche dal de-rating della Società e dalla crisi del mercato finanziario. Tabella 1 – Incidenza % sul totale ricavi 2009 dei prodotti “CORE” Prodotti Descrizione Quota Carta Pagine Gialle Elenco categorico delle attività economiche italiane 27,8 Pagine Bianche Elenco abbonati al telefono 37,1 altri prodotti carta 0,1 Internet paginegialle.it Motore di ricerca specializzato nelle attività commerciali 20,4 89.24.24 Pronto Pagine Gialle Servizi a valore aggiunto di directory assistance 4,8 12.40 Pronto Pagine Bianche Servizi di base elenco abbonati altri prodotti Internet Telefono Totale ricavi core 90,2 Fonte: elaborazioni Iem su dati SEAT Pagine Gialle Per rispondere all’obiettivo di creare sinergie che consentano di reagire con nuove strategie alle ristrettezze di mercato imposte dalla crisi, nel 2010, Seat Pagine Gialle ha dato vita ad una partnership strategica con Sky Italia. Il primo risultato di questa partnership si è concretizzato nella stipula di un accordo commerciale tra le due società che permette alle piccole imprese di fare pubblicità su Sky durante le partite di calcio. Nel contesto di un processo di evoluzione dell’offerta di Seat Pagine Gialle, in un ottica multicanale, essa mette così a disposizione delle PMI, oltre ai mezzi cartacei, web e telefonici, il canale televisivo, per garantire il massimo supporto ed efficacia alle strategie di comunicazione e marketing dei propri clienti. La sinergia risultante dalla partnership infatti consentirà di promuovere le imprese locali nei confronti di audience televisive fortemente localizzate, e al tempo stesso caratterizzate da profili sociodemografici di grande appeal per gli investitori pubblicitari. In virtù dell’accordo, Seat Pagine Gialle diventa così la prima directory al mondo a vendere pubblicità televisiva ai propri clienti “core”, costituiti dalle piccole e medie imprese. Un ulteriore cambiamento nella struttura del mercato delle directory è - a seguito della liquidazione di Pagine Italia S.p.A. nel 2008 - la progressiva crescita di Pagine Sì: l’azienda umbra, operativa dalla fine del 1996 nel settore dell’editoria pubblicitaria multimediale e annuaristica telefonica, ha fatto registrare un fatturato superiore ai 21 milioni di euro per il 2009, in crescita rispetto ai 18 milioni del 2008. Ma il dato davvero straordinario è che si tratta di un’azienda che vive una crescita ininterrotta da tredici anni, e che a partire dal 2005 ha ottenuto incrementi medi annui del fatturato del 20%. Directory 95 Tabella 2 - Risultati economici dei principali operatori italiani Seat Pagine Gialle Pagine Sì 2009 2008 2007 2006 2005 2004 2003 % 09-08 % 09-03 952,2 1058,7 1090,2 1077,6 1061,9 1060,4 1056,7 -10,06 -9,89 21 18 nd nd nd nd nd 16,67 - Nota: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazioni Iem su dati SEAT-Pagine Gialle e Pagine Sì Dal 1996, l’impresa ha puntato sempre più ad offrire servizi ed informazioni, sia sul cartaceo che sulle PagineSi on-line, a diffusione gratuita, così come è la consegna degli elenchi telefonici. L’ElencoSì, è stato distribuito in nuove province del centro e del nord, segnando l’allargamento dell’area di operatività della società. Un altro player di rilievo attivo nella business information è la Guida Monaci S.p.A., la società operativa nel settore B2B fondata da Tito Monaci nel 1870. Negli ultimi anni il gruppo è riuscito a tenere il passo con l’innovazione ottimizzando l’utilizzo del sito web che è diventato non solo un vero e proprio portale ma anche un punto di riferimento per le aziende grazie a strumenti quali l’area “Servizi informativi per le aziende”, la pubblicazione di videoclip promozionali direttamente sulla home page e le sezioni “Comunicati”, “Case History” e “Articoli” i cui contenuti riguardano i prodotti commerciali venduti dalle varie aziende rintracciabili nel database, diventando un’ulteriore forma promozionale. Inoltre l’accordo del 2008 con Siseco, una società specializzata nel realizzare soluzioni informatiche personalizzate nell’ambito CRM, CIM & IP Contact Management, ha permesso di rendere la propria banca dati più facilmente consultabile da parte delle aziende. Nel 2010, la Guida Monaci si è presentata sul mercato con un nuovo modello di business organizzato su due linee: il Publishing Multimediale e il Business Intelligence. 2. Il mercato europeo Anche i principali player sul mercato estero delle directory hanno dovuto affrontare gli effetti della crisi finanziaria internazionale, che ha portato ad una riduzione dei ricavi, a cui i principali player hanno risposto soprattutto attraverso strategie di rafforzamento dei prodotti e dei servizi offerti attraverso la piattaforma di Internet, che continua ad offrire ai competitor prospettive ed occasioni di crescita. Una delle principali directory europee, il gruppo francese Pages Jaunes, ha visto nel 2009 i propri ricavi diminuire del 2,4% rispetto all’anno precedente. Le attività del gruppo francese sono organizzate in due segmenti: 1. Pages Jaunes in Francia: sono le attività del gruppo in Francia relative alla pubblicazione e la distribuzione di directory e la vendita di spazi pubblicitari su directory a stampa (Pages Jaunes, L’Annuaire) e online (“pagesjaunes.fr”). Esse inoltre includono la creazione e l’hosting di siti internet, servizi di assistenza per telefono e sms, l’attività ads online (“annoncesjaunes.fr”) e varie altre attività come la pubblicazione di PagesPro e QuiDonc directory. 2) International & Subsidiares: sono le attività sussidiarie del gruppo, che comprendono principalmente la pubblicazione di directory dedicate al consumo e che operano fuori dalla Francia (Spagna, Lussemburgo e Marocco) e lo sviluppo di attività complementari relative alla pubblicazione di directory, come i servizi geografici di Mappy e le attività dirette di marketing di Pages Jaunes Marketing Services. Questo segmento inoltre include le attività di pubblicità su internet di Horyzon Média. Il fatturato complessivo del gruppo è ammontato nel 2009 a 1.163,9 milioni di euro, contro 1.192,8 milioni di euro nel 2008. In un mercato fortemente sotto pressione per effetto della crisi, l’entità della diminuzione del ricavo è stata notevolmente attenuata dalla crescita dei servizi internet, il cui giro d’affari è arrivato a rappresentare nel 2009 il 42,3% del fatturato complessivo (39,5% nel 2008). I siti del gruppo in Francia, “pagesjanues.fr”, “mapping.com”, “annoncesjaunes.fr” e “pagespro.com”, hanno registrato una crescita del numero di visitatori del 7% rispetto al 2008 e nel loro insieme sono il sesto sito per numero di visite in Francia. 96 Directory Entrambi i segmenti di attività del gruppo hanno visto una contrazione dei ricavi, ma a registrare una performance particolarmente negativa è il segmento di Pages Jaunes rivolto al mercato estero il quale (pur rappresentando una quota minore attorno al 5% del ricavo complessivo) tra il 2008 e il 2009 ha visto una variazione negativa dei ricavi del 17,2%, a fronte della riduzione dell’1,2% del segmento operante su base nazionale – che invece identifica la quasi totalità del business del gruppo Nel corso del 2009, il gruppo Pages Jaunes ha proseguito l’opera di ottimizzazione di tutti i costi dei vari segmenti di attività del gruppo. Ha completato la ristrutturazione di QDQ Media in Spagna e la reintegrazione di Pages Jaunes Petites Annonces, realizzando per queste vie operazioni di riduzione e ottimizzazione dei costi. Allo stesso tempo, il gruppo ha mantenuto i suoi investimenti in tecnologia, commerciali e del marketing, che rappresentano interventi cruciali nella strategia del gruppo. La maggiore directory britannica, Yell Group, dopo la crescita dei ricavi nel 2009, ha registrato un calo degli stessi nel 2010, diminuiti rispetto all’anno precedente dell’11,5%. Yell Group è una delle principali directory internazionali che opera attraverso attività cartacee, online e telefoniche sul mercato pubblicitario negli UK, Stati Uniti, Spagna e America Latina. A controbilanciare in parte la riduzione dei ricavi del gruppo – dovuta interamente all’andamento negativo delle printed directories del gruppo inglese – è stata la performance positiva del segmento delle attività Internet che hanno portato la propria quota sui ricavi totali nel 2010 al 20%, rispetto al 15% del 2009. Inoltre le iniziative volte a generare un risparmio sui costi, hanno consentito da una parte di ridurre l’impatto negativo della riduzione dei ricavi, dall’altro di compensare le maggiori risorse dedicate ad investimenti aggiuntivi finalizzati alla ripresa. Tabella 3 – Rivavi complessivi delle principali directories estere (milioni di euro) Directory Pages Jaunes Group Yell Group* 2010 2009 2008 Var. % 10/09 Var. % 08/09 - 1.164,00 2.450,84 2.768,58 1.192,90 - -2,42 2561,68 -11,48 8,07 Note: (*) l’anno finanziario del gruppo termina il 31 Marzo di ogni anno. Fonte: elaborazioni IEM su dati di bilancio Pages Jaunes e Yell Group Nel 2009 Yell Group ha completato l’opera di rifinanziamento che era stata intrapresa a seguito di un accordo siglato il 27 Aprile 2006 (“Old Facilities Agreement”) con Citigroup Global Markets Limited, Deutsche Bank AG, Goldman Sachs International, HSBC Bank plc e altre istituzioni finanziarie, che consentiva a Yell Group di ottenere prestiti di lungo termine e condizioni favorevoli di accesso al credito. Esso è stato sostituito con il “New Facilities Agreement” che è entrato in vigore il 30 Novembre 2009. Sempre nel 2009, Yell Group ha lanciato un canale video online, fornito da VideoJug, uno dei maggiori specialisti nella produzione di brevi contenuti video. Inoltre, Yell ha stipulato un’alleanza strategica con Google con l’obiettivo di fornire servizi avanzati e sofisticati di marketing a più di 450.000 SME del Regno Unito. Nel 2010 Yell Group ha lanciato una serie di servizi dinamici per piccole imprese disponibili online nel nuovo Yellowbook360 Business Center, che aiuta la crescita del business delle imprese, aumentandone la visibilità, ed offrendo ad esse una molteplicità di prodotti e servizi a sostegno del marketing, sul portale yellowbook.com. Directory 97 Musica registrata 98 Musica registrata di William Ricci 1. Il mercato italiano Le speranze riposte nei nuovi mercati della musica digitale rimangono purtroppo disattese nel corso del 2009, anno in cui, sia in Italia che in Europa e nel Mondo, si registra una nuova flessione dei ricavi in seguito ad un complesso mix di fattori tra cui il file sharing è senz’altro una delle cause maggiori. Prima di addentrarci nell’analisi delle ragioni che impediscono un reale cambio di rotta, iniziamo con l’illustrare la situazione nazionale partendo dallo stato dei volumi venduti nel territorio italiano. Come per gli anni scorsi, le diverse fonti mostrano una andamento assai vario, con Siae1 e Fimi2 in particolare che raccontano un andamento delle unità vendute a tratti discordante3. Dal 2007 al 2008 notiamo come secondo la Siae la vendita di supporti registri un incremento di circa 10 punti percentuali a fronte del dato Fimi che, coerentemente con i trend che caratterizzano il dato in valore, descrive una flessione del 22% circa. La contrazione dei volumi continua anche nel 2009 con un decremento che la Federazione dell’Industria Musicale Italiana stima intorno al 18% a fronte di poco più di 15 milioni di unità vendute. Figura 1- Il mercato discografico italiano, 2003-2009 (milioni di unità - album equivalente) 450 400 Fimi 390 378 364 340 350 300 293 M&D 322 305 295,6 258 272 250 208 222 200 162 178 144 150 124 100 50 0 2005 f 2005 f+d 2006 f 2006 f+d 2007 f 2007 f+d 2008f 2008f+d 2009f 2009f+d Elaborazione IEM su dati FIMI, IFPI, M&D e SIAE 1 Società Italiana degli Autori ed Editori, Dati di vendita dei supporti fonografici per il 2008, 2010. 2 Federazione dell’Industria Musicale Italiana, Dati di mercato – anno 2009, 2010. 3 L’enorme differenza che caratterizza il dato Fimi da quello Siae è in parte interpretabile a partire dalla natura dell’informazione. La SIAE in qualità di unica collecting society nazionale ha infatti il monitoraggio dettagliato delle licenze concesse sul venduto. Fimi monitora il sell-in delle principali compagnie. 99 Disaggregando il dato notiamo alcune note positive come la buona performance del macrosegmento dei singoli, cresciuti del 100%, trainati dalla vendita dei supporti CD che, a fronte di oltre 550 mila copie vendute, totalizzano un incremento di 99 punti percentuali. Ciò in parte descrive una mutazione dei gusti dell’ascoltatore medio come delle strategie delle compagnie musicali, oggi maggiormente concentrate sulla redditività del singolo contenuto a scapito di un modello di fruizione musicale maggiormente organico e complesso come quello dell’album di canzoni. L’andamento in valore non ha purtroppo invertito la tendenza che, dal 2003, caratterizza il mercato della musica registrata. Il declino nel 2009 è stato costante e ugualmente registrato sia da FIMI che dalla sua corrispettiva internazionale IFPI (International Federation of the Phonographic Industry) con rispettivamente un -19% e un -17%. Analizzando il dato FIMI, maggiormente disaggregato nelle sue componenti, notiamo come quasi tutte le voci fisiche registrino un forte decremento del fatturato, in particolare nel mercato dei CD album che, risultando la maggior fonte di ricavo con i suoi 114 milioni e 100 mila euro, traina l’universo dei supporti fisici verso un declino percentuale di circa 24 punti a fronte di un valore pari a poco meno di 124 milioni. Rimane la nota positiva dei CD singoli che, crescendo del 7%, portano l’intero macrosegmento a descrivere un incremento del 5% con poco meno di 2 milioni di euro generati. Figura 2 - Il mercato discografico italiano, 2003-2009 (milioni di euro*) 700 Fimi Ifpi (trade) Ifpi (retail) 574 600 535 535 478 500 400 M&D 402 370 333 300 392 344 306 390 343 305 392 364 306 274 301 266 222 200 260 226 219 181 178 144 100 0 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Note: * Il dato IFPI (trade) 2009 è stato calcolato effettuando una conversione in base alla media 2009 del cambio dollaro/euro pari a 0,72. Fonte: Ufficio Italiano Cambi. Dato originale IFPI: 252 milioni di dollari. Fonte: elaborazioni e stime IEM su dati FIMI, IFPI e M&D. Il dato sopra descritto è naturalmente comprensivo del mercato digitale che, pur in continua crescita dal 2005 ad oggi, non riesce a compensare le gravi perdite economiche che la controparte fisica registra di anno in anno. E’ infatti possibile notare come, secondo le informazioni FIMI, il declino del mercato fisico vada progressivamente peggiorando, in particolare passando da un -22% tra il 2008 e il 2007 ad un -23% tra il 2009 e il 2008, mentre la somma fisico + digitale, pur riducendo il trend negativo di un punto nel biennio tra il 2008 (-20%) e il 2009 (-19%), non inverte le sorti generali del mercato. Si prevede quindi un futuro ancora difficile per la musica registrata in Italia, che deve di fatto riporre le speranze non tanto in una stabilizzazione dei trend di decrescita del mercato fisico, destinati al contrario a peggiorare nel tempo, ma in una crescita sostanziale dei modelli di fruizione digitali in grado di ribaltare l’andamento totale del mercato fino ad arrivare ad una sostituzione completa e autosufficiente dell’universo musicale. Diverse difficoltà sono inoltre riscontrabili nel complesso mondo del mercato liquido. 100 Musica registrata Nonostante la sua crescita complessiva che supera nel 2009 i 20 milioni di euro con un +27% rispetto al 2008, la fruizione digitale mostra un cattivo andamento delle piattaforme mobili. In particolare vediamo come, dal 2006 in poi, l’acquisto di musica via smartphone descriva un decremento costante che dagli oltre 9 milioni e 600 mila euro porta la musica su cellulare a poco meno di 4 milioni di euro (–30% rispetto al 2008). Figura 3 - Il mercato discografico italiano digitale e fisico, 2005-2009 (milioni di euro) 450 Fimi digitale 400 350 Fimi fisico 12 300 14 250 14 200 16 150 20 293 258 208 100 162 124 50 0 2005 2006 2007 2008 2009 Il mercato discografico italiano secondo FIMI: 144 milioni di euro nel 2009 (124 fisico e 20 digitale) 450 Musica & Dischi digitale 12 400 Musica & Dischi fisico 24 350 25 300 27 250 29 200 378 340 150 276 233 100 197 50 0 2005 2006 2007 2008 2009 Il mercato discografico italiano secondo Musica & Dischi: 226 milioni di euro nel 2009 (197 fisico e 29 digitale) Fonte: elaborazioni e stime IEM su dati FIMI e M&D. Figura 4 - Valore del mercato digitale Mobile e Internet 2006-2009 (milioni di euro*) 25 internet mobile pubblicità Totale digitale 20,4 20 12,1 9,6 10 5 16,1 14,6 14,5 15 8,0 5,6 5,4 4,2 9 3,9 0,7 0 2006 2007 2008* 2009* Note: * Il totale comprende anche altre voci di ricavo; il dato internet 2008/2009 e mobile 2008/2009 comprende anche gli introiti provenienti da sottoscrizioni a servizi. Fonte: Elaborazione IEM su dati FIMI. Musica registrata 101 L’osservazione di tale andamento di fatto sfata la convinzione comune che vede gli italiani fortemente attivi e ricettivi rispetto alle novità di prodotto e alle modalità di fruizione delle piattaforme mobili, descrivendo al contrario una forte dinamicità delle piattaforme informatiche quali i PC e Notebook con una crescita del download online e delle sottoscrizioni a servizi web based di fruizione e acquisto di musica pari ad oltre il 34%. Possiamo parzialmente interpretare il dato come l’effetto di un modello di comportamento che premia l’acquisto di tracce online da casa, in seguito trasferite su device mobili come iPod e lettori Mp3 oggi sempre più diffusi. Va inoltre segnalata l’importanza crescente che le fonti di ricavo da pubblicità (e diritto d’autore) stanno assumendo soprattutto nelle forme di fruizione via streaming. Nel 2009, per la prima volta, si registra un valore generato da tali inediti modelli di business musicale pari a oltre 700 mila euro (per una quota sul totale stimabile intorno allo 0,7%). Tale processo va in parte ad inserirsi nei recenti accordi che YouTube e Siae hanno stipulato, prevedendo un modello di distribuzione streaming in grado di generare profitti su ogni singola utilizzazione effettuata. L’accordo prevede un modello di condivisione degli introiti pubblicitari che contempli anche i proprietari dei contenuti4, con un minimo garantito. Siamo quindi di fronte a nuovi modelli di business che, basandosi sulle opportunità che la rete offre, possono in futuro stabilizzare le coordinate di un mercato ancora poco sfruttato potendo monetizzare la fruizione protetta dal diritto d’autore, ancorché gratuita. Tabella 1 - Mercato Digitale, Italia (€) Abbonamenti Mobile Downloads Online Downloads 2009 (Valore) 2008 (Valore) Scostamento Pubblicità Scostamento % Traccia Singola 4.749.625 4.083.239 666.386 16% Album 4.512.826 3.417.218 1.095.608 32% 33.875 14.413 19.462 135% 153 328 -175 -53% Streaming 1.915.970 1.510.830 405.140 27% TOTALE 11.212.449 9.026.028 2.186.421 24% Master Ringtones 1.569.705 2.754.518 -1.184.813 -43% Traccia Singola 1.944.567 1.925.662 18.905 1% Ringback Tunes 108.357 121.409 -13.052 -11% Video Musicali 77.489 150.917 -73.428 -49% Video Musicali Altro Altri Prodotti 27.085 310.357 -283.272 -91% Streaming 87.731 148.249 -60.518 -41% TOTALE 3.814.934 5.411.112 -1.596.178 -29% Abbonamenti (servizi indipendenti) - Online 978.619 30.454 948.165 3113% Abbonamenti (servizi indipendenti) - Mobile 158.954 208.151 -49.197 -24% Abbonamenti (servizi dipendenti) 411.640 0 411.640 100% TOTALE 1.549.213 238.605 1.310.608 549% Pubblicità 734.722 0 734.722 100% Anticipi non riscossi e pagamenti una tantum Anticipi non riscossi e pagamenti una tantum 2.168.260 346.433 1.821.827 526% Altro Altri Contenuti Musicali Digitali 966.534 1.109.659 -143.125 -13% 20.446.113 16.131.837 4.314.276 27% TOTALE Valore Mercato Digitale Elaborazione IEM su dati FIMI Da sottolineare infatti la notevole crescita dello streaming musicale su piattaforma Pc nel 4 Claudio Tamburrino, Youtube e SIAE, licenza di monetizzare, Punto Informatico, 2010. 102 Musica registrata 2009 pari al +27%, la buonissima performance del download degli album musicali (+32%) in controtendenza rispetto al mercato tradizionale, ma soprattutto l’enorme bacino d’utenza in parte cannibalizzato dalle pratiche di file sharing illegale (circa il 23% degli internauti) che, almeno nel 2009, ha trovato vita difficile in seguito alla decisione della Corte di Cassazione di poter consentire ad un magistrato il blocco dell’accesso alla rete nell’eventualità di pratiche illegali5. In particolare il caso Pirate Bay6 ha di fatto chiarito quanto sia necessaria ed urgente una piena collaborazione dei provider nel contrastare ed impedire la crescita di modelli di fruizione musicale illegali e controproducenti per il mercato. 2. Il mercato europeo Secondo le informazioni IFPI7, in tutta Europa si registra una flessione dei diversi mercati nazionali ad eccezione del Regno Unito che, con oltre un miliardo e 570 milioni di dollari, cresce dell’1,9% rispetto al 2008. A parziale interpretazione del dato va segnalata la particolare natura della situazione inglese che, godendo storicamente di una forza tale da renderlo il primo mercato in Europa e il terzo nel Mondo (dopo Stati Uniti e Giappone), rappresenta di fatto una delle avanguardie musicali da cui trarre ispirazione. Nel Regno Unito si è infatti sperimentata, come in Asia l’anno passato8, la capacità del mercato liquido di compensare le perdite economiche della controparte fisica. In particolare il mercato tradizionale (comprensivo dei ricavi da diritti d’autore) ha registrato una flessione di circa l’1% contro un +17% del mercato liquido, confermando come l’eventuale risalita dell’economia musicale possa oggi essere ottenuta solo grazie ad una forte capacità di soddisfare la domanda di contenuti in forma digitale sostenendone l’acquisto e la fruizione. Ancora va sottolineato il tessuto sociale inglese in grado di sostenere una produzione sempre in linea con i gusti mondiali favorendo la scoperta e la crescita di talenti artistici, come dimostra il caso di Susan Boyle e il suo album di esordio I Dreamed a Dream (Syco - Columbia) risultato nel 2009 il più venduto al mondo9. Figura 5 - Il mercato discografico europeo, 2005-2009 (milioni di dollari – Trade) 2.500 2.162 R.U. 2.054 2.000 1.500 GERMANIA FRANCIA ITALIA SPAGNA 1.893 1.698 1.457 1.580 1.248 1.574 1.544 1.411 1.212 1.126 974 948 1.000 428 500 383 369 1.533 393 327 305 328 252 287 246 0 2005 2006 2007 2008 2009 Elaborazione IEM su dati IFPI. Gli altri mercati europei hanno invece confermato la flessione continua già dal 2007. Nello specifico l’Italia sperimenta il trend negativo più grave (-17%) rispetto al 2008, confermandosi al penultimo posto prima della Spagna anche nel 2009. In particolare sia il mercato tedesco che francese riescono a minimizzare le perdite registrando rispettivamente un –3% e un –2,7% sul 2008. Pesante è invece il declino spagnolo che, a fronte di poco più di 246 milioni di dollari, 5 IFPI, IFPI Digital Music Report 2010, 2010. Versione italiana. 6 Motore di ricerca per file torrent svedese. 7 Syndicat National de l’Edition Phonograpique, L’économie de la production musicale – edition 2010, 2010. 8 William Ricci, “Musica Registrata”, in Barca F. (a cura di), L’Industria della Comunicazione in Italia. Dodicesimo rapporto IEM, Guerini, Milano. 9 The British Recorded Music Industry, The Market – Useful facts. Fonte: http://www.bpi.co.uk/musicbusiness/article/the-market.aspx Musica registrata 103 vede contrarre il fatturato di oltre il 14%, piazzandosi per valore all’ultimo posto tra i cinque mercati europei . Buone notizie provengono invece dal versante liquido che, pur non riuscendo a compensare le perdite del mercato tradizionale (ad eccezione del Regno Unito), mostra costanti trend positivi dal 2005 in poi. Unica pecca è la contrazione francese che dal 2008 perde circa 2 punti percentuali declinando il proprio fatturato digitale in circa 131 milioni di dollari. Molto positiva è la crescita registrata da Germania e Spagna, rispettivamente del 27% e del 23%, con la prima in particolare a vantare in questo comparto oltre 40 servizi di donwload di musica digitale tra cui Amazon MP3 e iTunes Germany10. Buona infine la crescita di Regno Unito e Italia che totalizzano un +17% rispetto al 2008, pur con la nostra nazione sofferente per la grave decrescita del mercato fisico che in Inghilterra al contrario viene, seppur di poco, compensata dal valore generato in campo digitale. Figura 6 - Il mercato discografico digitale europeo, 2005-2009 (milioni di dollari - Trade*) 350 R. U. Germania Francia Spagna Italia 295 300 252 250 200 163 150 100 123 122 156 131 133 94 70 69 39 50 28 16 76 67 23 3 25 16 28 24 33 26 32 0 2005 2006 2007 2008 2009 Note: * Italia 2008: dato ricavato dal trend di crescita del dato FIMI 2008 applicato al dato IFPI 2007; Spagna 2008: dato ricavato dal trend di crescita del dato Promusicae 2008 applicato al dato IFPI 2007. Fonte: Elaborazione IEM su dati IFPI. Analizziamo infine la composizione del mercato liquido nelle sue declinazioni online e mobile. Purtroppo non sono disponibili informazioni sulla situazione tedesca e inglese, che tuttavia hanno già in passato affermato una netta prevalenza del comparto digitale online su quello mobile. Dal 2005 al 2007 osserviamo infatti una progressiva crescita delle quote online, che in Germania raggiunge il 69% e nel Regno Unito il 71%. Vista la forte connotazione digitale di questi mercati e la loro importanza economica nel valore complessivo, possiamo a ragion veduta considerarli modelli virtuosi, imitandone vision e strategie e premiando modelli di fruizione online che dimostrano essere più redditizi di quelli mobile. Tabella 2 - Mercato musicale digitale europeo, 2005-2009 (quote del valore online e mobile*) Online Mobile 2009 online 2008 mobile online 2007I mobile 2006I 2005 online mobile online mobile Regno Unito non disp. non disp. non disp. non disp. 71% 29% 70% 30% 62% 38% Germania 69% 31% 69% 31% 66% 34% II 38% 62% 47% 53% III 31% 69% non disp. non disp. non disp. non disp. Francia 50,5% Italia 59,3 19,1% 59% 41% Spagna 53%IV 47%IV 37%IV 63%IV non disp.non disp. II III II 37,9% III II 58% 42% 39% 61% III 44% 56% 24% 76% 22% 78% online mobile non disp. non disp. Note * La somma delle quote mobile e online dei dati Francia 2009 e Italia 2009 risulta minore di 100 in quanto nel totale dei rispettivi mercati digitali viene inclusa una quota riferibile agli introiti generati da altre voci di ricavo. (Italia: Ad-Supported Income, Unearned Advances & One-Off Payments, Other Digital Music Content; Francia: Streaming). Fonte Ifpi, I dati Ifpi relativi alla prima metà dell’anno; IISyndicat National de l’Edition Phonograpique; III FIMI; IVPromusicae; A conferma di quanto appena scritto segnaliamo la decrescita delle quote online in Francia 10 IFPI, IFPI Digital Music Report 2010, 2010. Versione italiana. 104 Musica registrata che, nel 2009, combaciano perfettamente con la contrazione del valore generato dal mercato digitale (-2%). Sia l’Italia che la Spagna vedono quindi aumentare l’importanza del valore online sul mobile; la seconda in particolare, sperimentando una crescita del digitale del 23%, vede la quota di fatturato generato via computer aumentare dal 37% al 53% nel 2009, a dimostrazione di quanto strategica risulti una buona gestione dei servizi digitali web based insieme, naturalmente, ad una seria lotta alle pratiche di file sharing illegale. Concludiamo segnalando come la leggerissima crescita dal 2008 al 2009 delle quote online italiane (+0,3%) rispetto alle pratiche di fruizione mobile, siano in parte dettate dalle cattive performance di queste ultime che, dal 2008 al 2009, come abbiamo in precedenza accennato, crollano del 30%. 3. Il mercato mondiale Continua la flessione del mercato anche a livello mondiale. Nel 2009 la musica registrata riesce a generare poco più di 17 miliardi di dollari perdendo rispetto al 2008 oltre 7 punti percentuali. La diminuzione è purtroppo la più grave dal 2006 e testimonia di fatto la diffusa difficoltà dei grandi mercati internazionali nel gestire al meglio le nuove risorse distributive digitali. Nel 2009 vediamo infatti le due più grandi realtà mondiali, Stati Uniti e Giappone, contrarre il proprio fatturato di quasi l’11%, con un peso dell’80% sul decremento mondiale che, al netto delle loro performance, sarebbe stato all’incirca del -3,2%11. Tra le motivazioni possiamo citare gli effetti prodotti, almeno negli Stati Uniti, dalla crisi finanziaria e la conseguente contrazione dei consumi. La composizione delle quote di mercato mondiali per azienda discografica vede quindi la Universal Music Group mantenere stabile il suo primato con oltre il 27% delle revenue; con quasi il 21%, troviamo Sony Music Entertainment e, infine, con il 15% e il 12,2%, rispettivamente la Warner Music Group ed EMI. Si segnala la progressiva perdita di potere dell’universo indipendente che, da una quota complessiva pari al 27,1% nel 2007, nel 2009 scende al 24,7%12. Tabella 3 - Il mercato discografico mondiale, 2005-2009 (milioni di dollari – Trade) valore 2009 var% 2008 var% 2007 var% 2006 var% 2005 17.026 -7,2% 18.347 -5,4% 19.398 -0,9% 19.587 -5% 20.795 Elaborazione IEM su dati IFPI Il mercato digitale mondiale, come è logico, riesce ancora a guadagnare valore, seppur diminuendo di molto il proprio trend di crescita. Rispetto infatti agli anni precedenti (+ 107% nel 2006, +35% nel 2007 e 2008) il valore del fatturato liquido aumenta di “appena” il 9,2% registrando complessivamente poco più di 4 miliardi e 300 milioni di dollari. Ciò è in parte dovuto alle scarse performance di un continente strategico ed economicamente importante come il Nord America (che registra un incremento di appena l’1,1%), pur a fronte di un aumento dei servizi di distribuzione digitale ed una loro maggior penetrazione nei diversi mercati nazionali. I ricavi del mercato liquido, nella prima metà del 2009, sono così composti: con il 61,9% domina incontrastato il servizio iTunes, aiutato da un’accorta politica industriale che lega a doppio filo il sistema di download a pagamento con la produzione proprietaria dei lettori iPod. Molto distaccati sono invece gli altri concorrenti Amazon Mp3, Rhapsody, Zune Marketplace e Napster rispettivamente al 7,6%, 3,7%, 2,6%, 1,5%13. 11 Robert Andrews, ’09 Music Sales Shed $1 Billion; U.S. Downloads Stagnant, paidContent: UK, 2010. 12 Redazionale, Sony Music makes gain on dominant Universal in 2009, Music & Copyright’s Blog, 2010. Fonte: http://musicandcopyright.wordpress.com/ 13 Redazionale (dati NPD), NPD Musica Market Share – Report For The Firts Half 2009, RouteNote Blog, 2009. Fonte: http://routenote.com/blog/npd-group-music-marketshare-report-for-the-first-half-of-2009/ Musica registrata 105 Tabella 4 - Il mercato discografico mondiale digitale, 2005-2009 (milioni di dollari – Trade) valore 2009 var% 2008 var% 2007 var% 2006 var% 2005 4.307 9,2% 3.944 35,5% 2.909 35% 2.154 107% 1.039 Elaborazione IEM su dati IFPI Unica nota realmente positiva nella situazione mondiale è il progressivo aumento d’importanza che il mercato digitale va acquisendo sul totale del valore generato. Dal 2005 in poi la quota di fatturato attribuibile alle pratiche di fruizione liquida è passata dal 5% al 25%. Va tuttavia sottolineato come il risultato del 2009 sia principalmente l’effetto di una drastica diminuzione del mercato fisico (-12,7% dal 2008 e al netto dei ricavi da diritti d’autore), più che dell’aumento del digitale che, come abbiamo visto, negli anni passati è stato decisamente più consistente. Figura 7 - Il mercato discografico mondiale fisico-digitale, 2005-2009 (% - Trade) 25.000 20.000 Digitale 5% 11% 15% 15.000 10.000 95% 89% 85% Fisico e P.R. 21% 79% 5.000 25% 75% 2005 2006 2007 2008 2009 Elaborazione IEM su dati IFPI Rimane comunque intatta la speranza che in un futuro il fatturato digitale possa compensare le perdite del mercato fisico: diverse sono infatti le nazioni che nel 2009 hanno sperimentato una crescita del valore totale grazie alle ottime performance delle voci di ricavo appartenenti alla distribuzione liquida. Oltre al Regno Unito, unico esempio europeo, segnaliamo i trend positivi registrati dal mercato Indiano, dal Messico, dalla Thailandia, dall’Australia e dal mercato sudcoreano14. Naturalmente parte delle cause che impediscono una diffusa crescita del mercato liquido vanno ricercate anche nei modelli di fruizione illegali, oltre che nella contrazione dei consumi provocata dalla crisi. Non a caso il Ceo dell’IFPI John Kennedy si è spesso espresso in favore di misure drastiche nei confronti dei corresponsabili che alimentano un clima d’impunità nei confronti di chi pratica illeciti, citando in particolare le esperienze legislative di Taiwan, Corea del Sud e Francia e il loro processo di responsabilizzazione degli Internet Service Provider e invocando nel contempo l’intervento dello Stato15. Concludiamo segnalando il positivo incremento degli introiti generati dallo sfruttamento dei diritti d’autore i quali, facendo leva sulle tecnologie di rete e prodotti appartenenti ad altri settori dell’entertainment (ricordiamo i videogiochi musicali come Guitar Hero o Rock Band), aumentano il proprio fatturato del 7,6%, generando nel 2009 circa 785 milioni di dollari e raggiungendo il 5% della quota complessiva del mercato della musica registrata. 14 15 Robert Andrews, ’09 Music Sales Shed $1 Billion; U.S. Downloads Stagnant, paidContent: UK, 2010. IFPI, IFPI Digital Music Report, 2010. Versione italiana. 106 Musica registrata Pubblicità Musica registrata 107 Pubblicità 1. La comunicazione commerciale: lo scenario 2009-2010 La congiuntura economica negativa che ha caratterizzato l’ultima parte del 2008 e il 2009 si sta, molto lentamente, affievolendo e nella prima metà del 2010 l’economia internazionale e il mercato pubblicitario a livello mondiale ricominciano a mostrare segni di crescita positivi che, però, qualora conservassero questo ritmo, impiegherebbero circa un lustro per riportare il mercato ai livelli raggiunti nel 2008. La pubblicità si è dimostrata, anche in questa fase e per l’ennesima volta, estremamente sensibile all’andamento economico generale. In Italia, così come nel resto del mondo, la flessione è stata nettamente più accentuata rispetto ad un indicatore di ricchezza come il PIL e, benché la ripartenza economica sia particolarmente lenta, il mercato pubblicitario si sta riprendendo in maniera più rapida. Certo è che, a fronte di una flessione del PIL di 5 punti percentuali nel 2009, la pubblicità ha perso oltre 13 punti. Discorso a parte per la comunicazione below the line che ha continuato a mostrare segni positivi e ha compensato parte della perdita complessiva del mercato, attestatasi poco al di sotto – praticamente in linea – della flessione del Prodotto interno lordo. Figura 1 – Andamento investimenti in comunicazione e PIL, Italia (1990-2009) ANDAMENTO PIL ANDAMENTO SPESA PUBBLICITARIA (MEZZI CLASSICI) ANDAMENTO SPESA PUBBLICITARIA & MARKETING RELAZIONALE 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 Fonte: elaborazione IEM su dati FMI (PIL a prezzi correnti); Nielsen Media Research; IAB, Interactive Advertising Bureau; UPA. 108 Considerando solo gli investimenti sui media classici (stampa, televisione, radio, esterna, cinema, Internet), il 2009 è stato, quindi, segnato da una pesante contrazione (-10,2%) negli investimenti mondiali rilevati da ZenithOptimedia, che ha portato il totale del mercato a 443,7 miliardi di dollari (erano 494 l’anno precedente). Le previsioni dello stesso istituto indicano una ripresa molto lenta nel 2010, quando il consuntivo finale dovrebbe segnare un +0,9%. La crescita dovrebbe farsi più robusta nei due anni successivi, previsti poco sotto il 4 e il 5%, rispettivamente, senza però che il dato 2012 sia superiore ai livelli del 2008. 400,0 Pubblicità globale (mld $) Var. % yoy 447,7 465,1 487,4 15 443,7 12,6 437,5 500,0 409,8 600,0 494,0 492,7 Figura 2 - Investimenti pubblicitari nel mondo (2005-2012F) 10 5 6,8 4,8 3,9 300,0 0 0,9 0,3 200,0 -5 100,0 -10 -10,2 0,0 -15 2005 2006 2007 2008 2009 2010E 2011F 2012F Nota: miliardi di US$ a prezzi correnti (conversioni al tasso medio 2008). Fonte: elaborazione IEM su dati ZenithOptimedia. Figura 3 - Investimenti pubblicitari nel mondo per macro-aree (2007-2011F) Nord America Europa Occidentale Asia Pacifico Europa Centro-Orientale America Latina Africa-Medio Oriente-RdM 2011F 156 2010E 153 2009 157 2008 180 109 106 0% 20% 108 107 121 188 2007 114 125 40% 35 21 28 33 19 18 104 28 31 107 35 30 20 105 60% 30 31 80% 27 17 100% Note: dati in miliardi di US$ a prezzi correnti (conversioni al tasso medio 2008). Fonte: elaborazione IEM su dati ZenithOptimedia. Per le aree mondiali più mature, Nord America ed Europa Occidentale, la caduta è stata particolarmente brusca e i livelli di spesa del 2010 sono previsti comunque al di sotto del dato Pubblicità 109 2009, con una risalita particolarmente lenta nei due anni successivi. E lo stesso può dirsi per l’Europa Centro-Orientale. Più dinamiche saranno l’America Latina e la zona Asia-Pacifico, grazie soprattutto alle performance, che continuano ad essere buone, se non ottime vista la congiuntura internazionale, di Cina e Brasile. La zona asiatica, in particolare, dovrebbe chiudere il 2010 con valori superiori, per la prima volta, a quelli dell’Europa Occidentale. Nel mercato italiano, il consuntivo 2009 è stata negativa per i mezzi classici (-13,3%, secondo un’opportuna miscela delle rilevazioni Nielsen, UPA e Assocomunicazione) e positiva, dell’1,5%, per il c.d. “below the line” (secondo le stime UPA). Rispetto all’economia nazionale, crollata del 5%, l’incidenza dell’investimento pubblicitario sui mezzi classici scende ulteriormente, sotto la bottom line dello 0,6%. Considerando anche l’insieme delle iniziative di comunicazione “non media” (direct marketing, promozioni, relazioni pubbliche e sponsorizzazioni/eventi), cioè ben oltre il 50% dell’investimento in comunicazione commerciale secondo le stime fornite da Assocomunicazione e UPA (Tab. 1), che invece hanno incrementato la propria incidenza fino allo 0,77%, la percentuale sul PIL è dell’1,36% per il 2009 (Fig. 4), con un lieve arretramento sull’anno precedente. Figura 4 - Investimenti pubblicitari above e below the line/PIL - Italia (1999-2009) 1,8% Investimenti in comunicazione Below the Line/PIL 1,6% Investimenti pubblicitari su mezzi classici/PIL 1,4% 1,2% 1,0% 0,8% 0,8% 0,8% 0,8% 0,8% 0,8% 0,7% 0,7% 0,7% 0,7% 0,8% 0,8% 0,6% 0,4% 0,66% 0,70% 0,68% 0,64% 0,64% 0,65% 0,66% 0,67% 0,67% 0,65% 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 0,2% 0,0% 1999 0,59% 2009 Fonte: elaborazione IEM su dati FMI (PIL a prezzi correnti); Nielsen Media Research; IAB, Interactive Advertising Bureau; UPA. L’evoluzione del settore, come la tenuta della componente “below the line” lascia intravedere, passa attraverso la contaminazione tra i vari comparti della comunicazione commerciale (la parola chiave è “integrazione”), e la capacità di rispondere in maniera sempre più rapida alle sollecitazioni del mercato, tenendo fermi alcuni punti strategici fondamentali, come l’accrescimento dell’engagement del consumatore. Le attività di comunicazione relazionale, o below the line (eventi e sponsorizzazioni, promozioni, relazioni pubbliche e direct marketing) rispondono positivamente a queste necessità ed hanno fatto registrare, nel 2009, un progresso dell’1,5% che le ha portate a pesare oltre il 54% della spesa complessiva in comunicazione (e a sfiorare i 10,5 miliardi). Pur nella difficoltà di identificare e analizzare segmenti così frammentati e dispersi, per il 2010 Assocomunicazione stima una crescita di questi segmenti del 2,5% complessivo1. 1 Cfr. Assocomunicazione, Comunicare Domani, 2010. Si tenga inoltre presente che Assocomunicazione stima il mercato del direct marketing in valori praticamente doppi rispetto a UPA. Nelle elaborazioni è stata prescelta la stima più conservativa di quest’ultima. 110 Pubblicità Tabella 1 - Ripartizione investimenti area classica e below the line in Italia, 2005-2009 2009 2008 2007 2006 2005 Mln. € Quota % Mln. € Quota % Mln. € Quota % Mln. € Quota % Mln. € Δ% Δ% Quota 09-08 09-05 % Totale mezzi classici 8.843 45,8 10.196 49,8 10.178 50,3 9.567 49,6 9.250 49,5 Totale below the line 10.445 54,2 10.293 50,2 10.042 49,7 9.709 50,4 9.419 50,5 1,48 10,89 TOTALE 19.288 100,0 20.489 100,0 20.220 100,0 19.276 100,0 18.669 100,0 -5,86 3,32 -13,27 -4,40 Fonte: elaborazioni IEM su dati Nielsen Media Research, IAB, UPA, Assocomunicazione. Tabella 2 - Investimenti in marketing relazionale in Italia, 2005-2009 2009 2008 2007 2006 2005 Mln. € Quota % Mln. € Quota % Mln. € Quota % Mln. € Quota % Mln. € Δ% Δ% Quota 09-08 09-05 % Direct Response 2.425 23,22 2.425 23,56 2.372 23,62 2.314 23,83 2.271 24,11 0,00 6,78 Promozioni 4.350 41,65 4.300 41,78 4.185 41,67 4.059 41,81 3.937 41,80 1,16 10,49 Relazioni pubbliche 2.150 20,58 2.103 20,43 2.040 20,31 1.927 19,85 1.842 19,56 2,23 16,72 Sponsorizza zioni/Eventi 1.520 14,55 1.465 14,23 1.445 14,39 1.409 14,51 1.369 14,53 3,75 11,03 10.445 100 10.293 100 10.042 100 9.709 100 9.419 100 1,48 10,89 Totale Fonte: elaborazioni IEM su dati UPA, Assocomunicazione. 2. Il media mix italiano Riguardo ai mezzi classici, la maggiore vittima della crisi del 2009 è stata la pubblicità sulla stampa che, secondo i dati Nielsen (tab. 4), ha perso complessivamente il 21,6% sull’anno precedente – risultato del 16% del calo dei quotidiani e del 28,7% del crollo dei periodici. Alla consolidata tendenza negativa (cambiamenti nelle modalità di consumo delle news, diffusione del digitale e difficoltà a monetizzare gli accessi ai siti dei quotidiani, calo delle copie vendute a ritmi più veloci che in passato), ha dato un colpo di acceleratore la crisi economica e il calo degli investimenti, le cui risorse disponibili si sono dirette in percentuale maggiore verso mezzi capaci di garantire una più elevata copertura del messaggio, come la televisione (la cui flessione è stata del 10%). Il discorso vale anche per la stampa periodica, finanziata dalla spesa di investitori pubblicitari di minor peso economico, e quindi più sensibili alle difficoltà congiunturali. Complessivamente, quindi, a fine 2009 il peso della stampa sulla pubblicità above the line, secondo Nielsen, è sceso dal 34,4 al 29,9%, mentre, integrando i dati di altri istituti, lo stesso indicatore passa dal 31,8 al 27%. La televisione, quindi, grazie al calo degli altri media, accresce la propria share of investment sul totale dei mezzi classici: la sua quota risale al 54,5% secondo le elaborazioni Nielsen. Qualora invece si considerino le elaborazioni UPA e Assocomunicazione, che valorizzano maggiormente la radio e la pubblicità esterna, nonché i dati IAB su Internet, la quota della televisione si ferma al 49,2%. La diffusione del 3D e gli sforzi per migliorare la programmazione pubblicitaria sul mezzo, hanno invece sostenuto gli investimenti, comunque marginali, sul mezzo cinematografico, che ha limitato le perdite al 4% e, se si esclude Internet, è stato il mezzo con la migliore performance nel 2009 - l’investimento è stato infatti pari a 55,7 milioni di euro, lo 0,7% sul totale rilevato da Pubblicità 111 Nielsen. La pubblicità esterna (investimenti in cartellonistica, poster, arredo urbano, maxi affissioni, aeroporti, circuiti tematici, insegne luminose e altro) secondo le rilevazioni UPA e Assocomunicazione ha registrato una pesante flessione del 19%, a quota 619 milioni. Nelle rilevazioni Nielsen, limitate alle affissioni statiche2, la perdita è anche maggiore (-25%), parzialmente compensata nelle statistiche dalla rilevazione del c.d. Transit (pubblicità dinamica su mezzi di trasporto e aeroporti), con 99 milioni. Il dato principale è rappresentato dall’utilizzo delle nuove tecnologie digitali, apparentemente in grado di ridare nuova vitalità al comparto. Unico mezzo a mantenere un segno positivo, seppur molto più basso rispetto agli anni precedenti, è stato Internet (termine che, in questo caso, sbrigativamente include display advertising classica, paid search, directory on line e mobile advertising). Il valore assoluto degli investimenti è stato, secondo IAB, di 849 milioni di euro, in aumento del 6,4% sul 2008 (secondo Nielsen, +7,3% a 585 milioni). Tabella 3 – Media mix Italia, 2005-2009 (%) 2009 2008 2007 2006 2005 % 09-08 % 09-05 Quotidiani 17,09 17,82 18,78 18,27 18,83 -0,73 -1,74 Periodici 9,92 12,08 13,05 13,55 13,22 -2,15 -3,29 Televisione 49,29 47,58 46,38 48,07 50,47 1,71 -1,18 Radio 6,48 6,65 6,53 6,17 6,02 -0,17 0,46 Esterna 6,99 7,47 7,89 8,05 8,21 -0,48 -1,22 Cinema 0,63 0,57 0,69 0,80 0,90 0,06 -0,27 Internet 9,60 7,83 6,68 5,10 2,36 1,77 7,24 Fonte: elaborazioni IEM su dati Nielsen, UPA, Assocomunicazione. Tabella 4 - Investimenti pubblicitari sui mezzi classici in Italia, 2005-2009 2009 Mezzi Mln. € 2008 2007 2006 2005 ∆% ∆% Quota 09-08 09-05 % Quota % Mln. € Quota % Mln. € Quota % Mln. € Quota % Mln. € 29,88 3.030,03 34,39 3.229,83 35,97 3.043,64 35,58 2.964,31 35,04 -21,64 -19,43 17,61 1.658,34 18,82 1.773,07 19,75 1.716,41 20,07 1.713,71 20,26 -16,00 -17,84 102,92 1,29 140,21 1,59 128,29 1,43 31,21 0,36 28,04 0,33 -26,60 267,03 877,57 10,98 1.231,48 13,98 1.328,48 14,80 1.296,02 15,15 1.222,56 14,45 -28,74 -28,22 4.358,94 54,53 4.687,40 53,19 4.720,29 52,57 4.598,78 53,76 4.668,74 55,18 -10,15 -6,64 436,32 5,46 487,66 5,53 476,08 5,30 440,67 5,15 408,60 4,83 -7,74 6,78 169,60 2,12 227,20 2,58 200,65 2,23 196,96 2,30 198,70 2,35 -25,35 -14,64 55,75 0,70 58,32 0,66 69,79 0,78 76,19 0,89 83,04 0,98 -4,41 -32,86 Totale Stampa 2.388,49 Quotidiani a pagamento 1.407,99 Free press Periodici Televisione Radio Esterna Cinema Internet 2 Da maggio 2009 la banca dati Nielsen AdEx rileva anche le informazioni relative al Transit, la pubblicità dinamica gestita da IGPDecaux sulle metropolitane, gli aeroporti, gli autobus. Il dato, disaggregato, è riportato in Tab. 4. 112 Pubblicità 585,19 7,32 321,19 3,64 281,93 3,14 197,58 2,31 137,06 1,62 5,15 326,96 100 8.811,81 100 8.978,58 100 8.553,83 100 8.460,44 100 -9,28 -5,51 TOTALE 7.994,28 Principali variazioni rispetto ai dati Nielsen Radio (Assocomunicazione) 573 - 678 - 665 - 590 - 557 - -15,49 2,87 - 803 - 770 - 759 - -18,90 -18,58 - 680 - 488 - 218 - 6,39 289,45 Esterna (Assocomunicazione) 618 - 762 Internet + Mobile (IAB Italia) 849 - 798 Il dato Internet (Assointernet-IAB Italia) comprende display, search e altri tipi di advertising. Il numero di schermi cinematografici rilevati del 2008 non è confrontabile con il numero di schermi degli anni precedenti. Il dato sulla pubblicità esterna risente di nuove modalità di rilevazione nel corso degli anni. La somma degli investimenti rilevati nella Tabella 3 non corrisponde alla somma della Tabella 1 perché la Tabella 3 utilizza solo dati Nielsen. Sono stati quindi inserite le rilevazioni di altri Istituti che presentano le maggiori differenze nei dati. Fonte: elaborazione IEM su dati Nielsen Media Research et alia. Nel primo semestre del 2010 il dato continua a presentare un segno negativo per la stampa, che perde un ulteriore 3,5% rispetto al già brusco crollo del primo semestre dell’anno precedente. Alla tenuta dei quotidiani a pagamento (+0,5%), pur con significative differenze al loro interno (tiene la commerciale nazionale ma cade ancora la commerciale locale, che aveva peraltro perso meno della nazionale nel 2009, e cede il 5% la rubricata, che prosegue il suo movimento migratorio verso Internet), fanno da contraltare il crollo della free press (-8%, qui invece è la commerciale nazionale a perdere di più) e quello inarrestabile dei periodici, che perdono un ulteriore 9%. Tabella 5 - Investimenti pubblicitari sui mezzi classici in Italia (1H 2010 vs 1H 2009) Gen.-Giu. 2010 Gen.-Giu. 2009 1.173,94 1.216,45 -3,5 Quotidiani a Pagamento 712,26 708,83 0,5 Commerciale Nazionale 366,30 352,54 3,9 Commerciale Locale 209,15 211,76 -1,2 Rubricata + Di Servizio 136,81 144,53 -5,3 Quotidiani Free/Paypress 48,99 53,38 -8,2 Commerciale Nazionale 35,93 39,50 -9,1 Commerciale Locale 12,35 13,14 -6,0 0,72 0,74 -2,4 Totale Stampa Rubricata + Di Servizio Periodici Δ% 1H 10 – 1H 09 412,69 454,24 -9,1 2.558,15 2.385,19 7,3 Radio 249,61 217,43 14,8 Tabellare 231,10 200,20 15,4 18,51 17,23 7,5 Tv Extra Tabellare Internet (escluso search) 175,40 153,11 14,6 Affissioni 74,63 68,40 9,1 Cinema 23,29 23,21 0,3 Cards* Direct Mail* Out Of Home Tv* Transit* Totale 3,50 3,49 0,3 258,18 247,03 4,5 4,92 4,59 7,3 58,42 56,23 3,8 4.580,04 4.375,19 4,7 Note: dati in milioni di euro; (*) nuove rilevazioni Nielsen, afferenti il campo del c.d. below the line. Fonte: elaborazione IEM su dati Nielsen Media Research. La ripresa si presenta più robusta per la radio (+15%) e le affissioni (+9%) ma il dato è positivo Pubblicità 113 anche per la televisione, che recupera un 7% variamente distribuito (le grandi generaliste intorno al 5%, le tv satellitari oltre il 40%), e per il display advertising su Internet (+14,6%). Riguardo alle categorie merceologiche degli investitori sui mezzi classici, il 2009 ha mostrato cali generalizzati un po’ in tutti i principali comparti (significative eccezioni tra i minori: tempo libero e viaggi), mentre la prima metà del 2010 vede segni positivi un po’ ovunque (in particolare per consumi primari come Alimentari, Distribuzione, Casa e Toiletries). Tabella 6 - Investimenti pubblicitari su mezzi classici per settore merceologico (2006 – 1H 2010) Settori Merceologici 2006 % 07-06 2007 % 08-07 2008 % 09-08 2009 1H10 Δ% 1H101H09 Alimentari 1.062,16 3,76 1.103,67 928,69 8,55 1.015,57 1,59 1.121,27 -6,50 1.052,79 600,62 10,0 Automobili -4,38 971,05 -19,28 814,09 476,85 1,1 Telecomunicazioni 648,94 13,69 751,83 3,28 776,52 -7,16 724,65 411,31 2,3 462,05 21,93 591,81 2,00 603,63 -29,07 467,68 238,62 5,1 458,44 1,30 464,49 -3,36 448,86 -16,34 385,83 228,38 9,2 362,79 15,02 426,90 21,61 519,14 -20,65 430,27 217,05 -0,7 282,57 11,96 320,93 49,69 480,42 -16,77 411,44 213,70 17,6 441,58 6,57 472,65 20,65 570,23 -25,80 453,29 208,21 -4,2 305,04 3,88 317,36 8,22 343,44 -3,90 330,56 196,41 11,6 317,73 16,23 379,27 -4,22 363,26 -16,83 310,92 174,87 7,5 280,25 8,60 306,62 -7,93 282,29 -7,92 261,58 164,11 16,9 217,25 16,04 258,73 8,96 281,92 -4,61 269,50 161,88 -3,1 279,98 11,46 316,22 12,71 356,40 -14,01 312,61 155,87 -1,4 161,15 10,88 180,82 22,77 221,99 9,58 245,52 99,11 -16,0 134,99 2,12 137,92 67,34 230,79 10,07 256,62 98,68 2,4 106,58 3,48 110,42 26,10 139,24 1,76 141,73 91,24 6,9 100,59 35,58 156,14 25,67 196,22 -40,81 139,35 87,78 20,5 154,36 10,98 173,41 26,48 219,32 -24,35 176,38 79,17 -1,6 88,34 43,80 157,18 -7,39 145,57 -21,56 119,75 71,92 27,7 Abbigliamento Bevande/Alcoolici Finanza/Assicurazioni Distribuzione Media/Editoria Toiletries Cura Persona Gestione Casa Farmaceutici/Sanitari Abitazione Turismo/Viaggi Enti/Istituzioni Tempo Libero Industria/Edilizia/Attivita’ Servizi Professionali Elettrodomestici Oggetti Personali 114 Pubblicità 148,22 27,28 203,81 -12,71 177,90 -35,65 131,15 57,59 25,7 60,01 11,23 67,60 6,60 72,06 -19,38 60,36 35,52 -0,4 60,43 37,43 96,58 25,80 121,50 -16,48 104,31 35,46 7,6 83,21 11,89 94,44 11,65 105,44 -18,86 88,71 28,71 28,6 57,52 14,02 66,90 185,49 190,99 -19,68 159,59 56,89 13,2 Moto/Veicoli Giochi/Articoli Scolastici Informatica/Fotografia Varie Note: dati in milioni di euro. Tabella ordinata per 1H 2010. Fonte: elaborazione IEM su dati Nielsen Media Research. 3. Il confronto internazionale In termini di benchmark, il confronto dell’investimento pubblicitario in Francia, Regno Unito, Germania e Spagna mostra come, con l’eccezione della Spagna che perde oltre il 20%, le flessioni complessive dei vari Paesi siano state, nel 2009, intorno al 10%. In tutti i Paesi la stampa perde più della televisione (con la parziale eccezione della Spagna, dove il crollo della tv è stato superiore a quello dei quotidiani) e i periodici perdono più dei quotidiani (ad esclusione della Francia). Internet è l’unico mezzo a mostrare un segno positivo in tutti i Paesi, ma ad una sola cifra (tra il 7 e l’8%). Il media mix, quindi, tradizionalmente differente da Paese e Paese con specifiche declinazioni (la forza dei quotidiani in Germania e, ad un minor livello, nel Regno Unito; la predominanza del mezzo televisivo in Italia…), vede un rafforzamento della televisione rispetto alla stampa ma, soprattutto, una incidenza decisamente crescente di Internet. Nel Regno Unito, infatti, complice la crisi, il mezzo ha superato la televisione e i quotidiani, rappresentando quasi il 30% della spesa e sfiorando i 4 miliardi di euro. In Germania, con 2,7 miliardi di ricavi netti, Internet rappresenta il 19% del mercato pubblicitario sui mezzi classici, fra i quali sono leader i quotidiani e la televisione. In Francia il valore sfiora i 2 miliardi e la quota è giunta al 18%. Decisamente inferiori gli investimenti in Italia (849 milioni) e Spagna (654), con quote ferme, rispettivamente, al 9,6 e all’11,6%. Tabella 7 - Investimenti pubblicitari su mezzi classici nei Big 5 europei, 2009 Mezzi Germania Mln. € Regno Unito Francia Italia Spagna Quota % Mln. €* Quota % Mln. € Quota % Mln. € Quota % Mln. € Quota % Stampa 6.245 44,4 4.941 35,3 3.750 35,0 2.389 27,0 1.645 29,3 Quotidiani 3.694 26,3 3.652 26,1 2.043 19,1 1.511 17,1 1.174 20,9 Periodici 2.551 18,1 1.289 9,2 1.707 15,9 878 9,9 471 8,4 Televisione 3.640 25,9 3.520 25,2 3.094 28,9 4.359 49,3 2.368 42,1 Radio 679 4,8 485 3,5 710 6,6 573 6,5 537 9,6 Esterna 738 5,2 878 6,3 1.127 10,5 618 7,0 401 7,1 Cinema 72 0,5 199 1,4 77 0,7 56 0,6 15 0,3 2.696 19,2 3.967 28,4 1.966 18,3 849 9,6 654 11,6 14.068 100 13.989 100 10.724 100 8.843 100 5.621 100 Internet Totale Note: dati in milioni di euro; supplementi e domenicali inclusi in Periodici; (*) tasso di cambio medio anno 2009 (1€=0,89094£), fonte Ufficio cambi Banca d’Italia. Fonte: elaborazioni IEM su dati WARC, IREP/France Pub, Infoadex, ZAW, Nielsen, Assocomunicazione, IAB. La crisi, e le fluttuazioni del cambio euro/sterlina, hanno permesso alla Germania di scalzare il Regno Unito dalla leadership del mercato pubblicitario sui mezzi classici: il valore del mercato tedesco è sceso a poco più di 14 miliardi di euro, circa 100 milioni in più del Regno Unito. Ciò si deve, in particolare, alla tenuta della stampa tedesca, che mostra perdite decisamente inferiori: Pubblicità 115 in due anni i quotidiani tedeschi hanno perso circa 1/5 dei propri ricavi pubblicitari, mentre gli omologhi britannici ne hanno visto sfumare circa 1/3 (in maniera proporzionale, si può aggiungere, con la diffusione del consumo di Internet nei due paesi). Tabella 8 - Investimenti pubblicitari su mezzi classici in Francia, 2005-2009 2009 Televisione Radio 3094 2008 3476 2007 3617 2006 3495 2005 3313 % 09-08 -11,0 % 09-05 -6,6 710 779 805 848 836 -8,9 -15,1 Quotidiani 2043 2527 2629 2636 2537 -19,2 -19,5 Periodici 1707 2071 2162 2236 2243 -17,6 -23,9 Esterna 1127 1265 1237 1221 1223 -10,9 -7,8 Cinema 77 75 89 82 78 2,7 -1,3 Internet 1966 1821 1537 729 382 8,0 414,7 10724 12014 12076 11247 10612 -10,7 1,1 Totale Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazioni IEM su dati IREP/France Pub. Crollo della stampa, ascesa di Internet e la sfida portata alla leadership televisiva, sono quindi i principali movimenti che riguardano la competizione interna fra i c.d. mezzi classici (inserendo nominalmente Internet fra di essi) in tutti i Paesi, pur senza sottovalutare elementi di rilevanza come il ruolo della radio, la ricerca di una pianificazione efficiente per il cinema, e la rilevanza dell’esterna alle prese con le mutazioni dell’arredo urbano. Certo è che il peso raggiunto da Internet rimane un indicatore incontrovertibile della capacità degli investitori pubblicitari di raccogliere le nuove sfide ed opportunità e, al contrario, della vischiosità degli investimenti nei mercati sud-europei. Tabella 9 - Investimenti pubblicitari su mezzi classici in Germania, 2005-2009 2009 Televisione Radio 3640 2008 4036 2007 4156 2006 4114 2005 3930 % 09-08 -9,8 % 09-05 -7,4 679 720 743 681 664 -5,7 2,2 Quotidiani 3694 4373 4567 4533 4477 -15,5 -17,5 Periodici 2551 3077 3198 3162 3037 -17,1 -16,0 Esterna 738 805 820 787 769 -8,4 -4,1 Cinema 72 77 106 118 132 -6,5 -45,9 Internet Totale 2696 2498 2093 1500 682 7,9 295,3 14068 15585 15684 14895 13691 -9,7 2,8 Note: dati in milioni di euro. Domenicali e supplementi inclusi in Periodici. Fonte: elaborazioni IEM su dati Zaw. 116 Pubblicità Tabella 10 - Investimenti pubblicitari su mezzi classici in Regno Unito, 2005-2009 Televisione Radio 2009 2008 2007 2006 2005 % 09-08 % 09-05 3520 3895 4014 3886 4058 -9,6 -13,3 485 548 586 575 595 -11,5 -18,5 Quotidiani 3652 4509 5247 5271 5507 -19,0 -33,7 Periodici 1289 1779 1974 2052 2122 -27,6 -39,3 Esterna 878 1054 1095 1217 1171 -16,7 -25,0 Cinema 199 229 231 211 211 -13,2 -5,9 Internet 3967 3703 3156 2263 1533 7,1 158,7 13989 15716 16304 15474 15196 -11,0 -7,9 Totale Note: dati in milioni di euro. Cambio medio 2009: 1€ = 0,89094£. Fonte: elaborazioni IEM su dati Warc. Figura 5 - Investimenti pubblicitari pro capite su mezzi classici (2005-2009) 2005 2006 2007 2008 2009 251,4 255,3 Regno Unito 268,3 257,9 228,9 166,1 180,7 Germania 190,3 189,2 170,9 175,0 184,8 Francia 189,5 187,5 167,4 166,6 180,9 Spagna 197,4 175,4 138,7 145,6 147,1 Italia 154,4 151,6 137,5 0,0 50,0 100,0 150,0 200,0 250,0 300,0 Note: dati in euro. Fonte: elaborazioni IEM su fonti tabelle precedeni e CIA World Factbook. Pubblicità 117 Tabella 11 - Investimenti pubblicitari su mezzi classici in Spagna, 2005-2009 2009 Televisione Radio 2368 2008 3082 2007 3469 2006 3188 2005 % 09-08 % 09-05 2951 -23,2 -19,8 537 642 678 637 610 -16,3 -11,9 1174 1508 1894 1791 1666 -22,1 -29,5 Periodici 471 721 855 811 794 -34,7 -40,7 Esterna 401 518 568 529 494 -22,6 -18,7 Cinema 15 21 38 41 43 -26,7 -64,1 Quotidiani Internet Totale 654 610 482 310 162 7,2 302,8 5621 7103 7985 7307 6721 -20,9 -16,4 Note: dati in milioni di euro. Domenicali inclusi in Periodici. Fonte: elaborazioni IEM su dati Infoadex. Naturalmente, l’indicatore degli investimenti pro capite sui mezzi classici è in caduta in tutti i Paesi per il 2009, con il Regno Unito - storicamente leader - a 229 euro annui (268 nel 2007), Francia e Germania scese intorno ai 170, Italia e Spagna poco meno di 140, con la Spagna che era cresciuta a ben 197 euro (seconda dopo il Regno Unito) nel 2007. 118 Pubblicità Telecomunicazioni fisse e banda larga Musica registrata 119 Telecomunicazioni fisse e banda larga di Lorenzo Principali 1. Il mercato dei servizi di rete fissa e la banda larga Nel mercato delle telecomunicazioni continuano ad accentuarsi le tendenze osservate negli ultimi anni: insieme alla progressiva diminuzione del peso della fonia fissa e al parallelo aumento dei servizi mobili, assumono un peso sempre più rilevante la diffusione della banda larga (sia fissa che wireless), la conseguente riduzione del digital divide, sia territoriale sia relativo alle competenze informatiche della popolazione, e le politiche relative alla creazione di una rete di nuova generazione. Anche le tlc fisse hanno risentito della crisi finanziaria, presentando volumi in decremento di circa il 2,3% rispetto al 2008. Come rilevato anche negli anni precedenti è il segmento fisso a presentare le performance meno positive (-3,3%), mentre si osserva la maggiore resistenza del comparto mobile (-1,5%). Tabella 1 - Il mercato delle Tlc in Italia 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ % 09-08 Cagr 09-05 Telefonia fissa 19.070 19.730 20.130 20.398 20.490 -3,35 -1,78% Telefonia mobile 24.015 24.390 24.070 23.642 22.625 -1,54 1,50% Totale Tlc 43.085 44.120 44.200 44.040 43.115 -2,35 -0,02% Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting. Rispetto ai servizi di rete (Tab. 2) si nota come il trend negativo del settore fisso nel quinquennio 2005-2009 si sia acuito nell’ultimo anno e come la crescita costante del comparto mobile nello stesso 2009 non sia stata in grado di compensare il decremento del mercato servizi nel suo complesso. Tabella 2 - Mercato dei servizi di rete fissa e mobile, 2005 - 2009 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ % 09-08 Cagr 09-05 Fisso 15.390 15.770 16.070 16.310 16.545 -2,41 -1,79% Mobile 18.825 18.760 18.510 18.040 17.170 0,35 2,33% Totale 34.215 34.530 34.580 34.350 33.635 -0,91 0,43% Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting. I dati relativi all’ultimo quinquennio (fig.1) mostrano come il peso del mercato dei servizi di rete fissa sul totale sia diminuito progressivamente, mentre si è registrata la parallela crescita 120 Telecomunicazioni fisse e banda larga del segmento mobile, con una forbice nel 2009 vicina ai 3,5 miliardi di euro annui. Figura 1 - Mercato dei servizi di rete fissa e mobile, 2005 - 2009 20.000 15.390 18.760 18.510 16.070 16.310 15.000 16.465 16.000 15.770 17.170 17.000 18.040 18.000 18.825 19.000 14.000 2005 2006 2007 2008 2009 Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting. Nel dettaglio (Tab.3), l’andamento negativo dei servizi di rete fissa è dovuto a tre fattori: in primis il crollo del mercato della fonia classica (-7,3% sul 2008 e quasi -6% medio annuo nell’ultimo quinquennio), che deriva dalla progressiva affermazione delle tariffe flat; in secondo luogo il repentino calo dei prezzi, frutto di una crescente concorrenza fra gli operatori, e infine il prevedibile rallentamento della crescita degli abbonamenti di accesso ad Internet a banda larga che, sebbene in costante aumento (+4,5% sul 2008), non sono riusciti a compensare il calo della fonia fissa mostrando percentuali di crescita decisamente inferiori al tasso medio dell’ultimo quinquennio (7,9% tra il 2005 e il 2009). Inoltre, se da un lato il mercato della trasmissione dati appare in crisi, attestato ora a quota 1,1 mld di euro (-5% sul 2008, valore in linea con il calo medio annuo registrato nel quinquennio), dall’altro prosegue la crescita dei servizi a valore aggiunto, che anzi vedono un incremento anno su anno dal 3% al 4,8%, dovuto preminentemente ai clienti business. Tabella 3 - Mercato dei servizi tlc di rete fissa, 2005-2009 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ % 09-08 Cagr 09-05 Fonia 7.780 8.390 9.010 9.490 9.950 -7,27 -5,97% VAS* 3.270 3.120 3.030 2.920 2.745 4,81 4,47% Accessi Internet 3.240 3.100 2.780 2.570 2.390 4,52 7,90% Trasmissione dati Totale 1.100 1.160 1.250 1.330 1.380 -5,17 -5,51% 15.390 15.770 16.070 16.310 16.645 -2,41 -1,94% Note: dati in milioni di euro; (*) includono servizi di infotainment, di personalizzazione, giochi e servizi di comunicazione. Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting. Analizzando i servizi voce di rete fissa per direttrice (Tab. 4) si nota distintamente il calo generalizzato della fonia vocale, peraltro con picchi di decremento molto importanti: oltre al crollo delle connessioni ad Internet in modalità dial up, progressivamente sostituite dalle connessioni a banda larga, diminuiscono di quasi 1/5 le chiamate internazionali, probabilmente per l’abbattimento delle tariffe determinato dal roaming e per via della diffusione dell’uso di servizi di VoIp presso l’utenza connessa in banda larga. Diminuiscono in modo consistente anche le chiamate da fisso a mobile, il cui andamento quinquennale mostra la progressiva Telecomunicazioni fisse e banda larga 121 evoluzione nelle modalità di consumo da parte degli utenti, sempre più attenti all’utilizzo delle tariffe più convenienti e quindi al matching tra il punto di accesso e il punto di destinazione della chiamata (fisso-verso-fisso e mobile-verso-mobile). Tabella 4 - Traffico dei servizi voce di rete fissa per direttrice, 2005-2009 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ % 09- 08 Cagr 09-05 Locale 48,0 50,0 52,0 54,3 52,3 -4,08 -2,14% Nazionale 30,7 30,5 29,5 27,0 40,2 0,72 -6,52% Fisso-mobile 13,4 14,9 15,8 16,8 20,1 -10,33 -9,69% Internet dial-up 7,8 12,0 17,4 31,9 n.d. -34,72 - Internazionale 3,8 4,7 4,7 5,1 3,6 -19,11 1,43% 103,7 112,1 119,4 135,1 116,2 -7,52 -2,81% Totale Note: dati in miliardi di minuti. Fonte: elaborazione Iem su dati Agcom. Osservando nel dettaglio la diffusione della banda larga presso la popolazione (fig. 2) si nota come, dopo anni di crescita in doppia cifra, il numero di accessi tenda a stabilizzarsi, essendo passato dal +44,6% del 2006 al +10,9% del 2008. Ciononostante, nel 2009 le linee sono cresciute del 9,8%, attestandosi a quota 12,3 milioni e mostrando una tenuta migliore rispetto a quanto preventivabile osservando il trend 2005-2009. Figura 2 - Accessi a banda larga in Italia su rete fissa, 2005 - 2010 14 Milioni di accessi 12 50% Variaz % 44,6% 12,3 11,2 45% 40% 10,1 10 35% 8,5 30% 8 6,8 25% 25,0% 6 20% 4,7 18,8% 4 15% 10,9% 2 10% 9,8% 0 5% 0% gen-05 gen-06 gen-07 gen-08 gen-09 gen-10 Fonte: elaborazione Iem su dati Agcom. Nel considerare questa buona performance, tuttavia, occorre sottolineare che la quota abbonati broadband in Italia e il relativo tasso di crescita non risultano soddisfacenti se comparati a quelli degli altri Paesi europei1. Il dato relativo alla penetrazione del broadband nelle famiglie italiane presenta valori piuttosto diversi a seconda delle fonti analizzate (tab. 4): se per l’Autorithy la banda larga ha raggiunto quota 43% delle famiglie (+2,7% sul 2008), inferiori risultano le percentuali fornite da Between 1 122 Cfr. paragrafo 3. Telecomunicazioni fisse e banda larga (39%)2 e soprattutto dall’Istat (34,5%)3. Relativamente alle ultime due fonti, tali discrepanze sono dovute sia a diverse metodologie di campionamento (la prima utilizza un campione di 4mila famiglie, la seconda un campione di 19mila), sia alle diverse tempistiche di rilevazione (giugno 2010 contro febbraio 2009) sia alla rilevazione o meno delle connessioni tramite dispositivi mobili (Between le stima in circa un milione e mezzo di unità separandole dalle connessioni di rete fissa, mentre Agcom sembra non darne conto). Tabella 5 - Confronto dei dati di penetrazione del broadband su rete fissa nelle famiglie italiane Penetrazione Broadband nelle famiglie italiane Fonte 2009 2008 Agcom 43 40,3 Between 39 36 34,5 27,6 Istat Elaborazioni Iem su fonti varie. Per ovviare alle discrepanze derivanti dal calcolo delle famiglie, in sede europea si utilizza il dato relativo alla penetrazione rispetto a singoli abitanti, sebbene tale metodologia sovrastimi il ritardo italiano rispetto agli altri paesi europei per via della presenza di una maggiore percentuale di individui over 65 rispetto al totale della popolazione. Al netto di tali considerazioni, in termini di penetrazione rispetto ai singoli abitanti, il broadband italiano presenta ad aprile 2010 una diffusione pari al 20,6% della popolazione (tab. 6), distante dai valori raggiunti dagli altri grandi Paesi europei e soprattutto da quelli scandinavi4. Tabella 6 - Confronto dei dati di penetrazione del broadband su rete fissa nelle famiglie italiane Anno Penetrazione (%) Accessi broadband (in milioni) Popolazione (n. abitanti) gen-06 11,6 6,8 58.751.711 gen-07 14,4 8,5 59.131.287 gen-08 17,0 10,1 59.619.290 gen-09 18,7 11,2 60.045.068 gen-10 20,4 12,3 60.340.328 apr-10 20,6 12,5 60.418.559 Fonte: elaborazioni Iem su dati Agcom (accessi broadband ) e Istat (individui residenti in Italia). Anche dall’analisi delle altre variabili connesse allo sviluppo della banda larga, cioè la diffusione di Internet e del pc presso la popolazione, emergono risultati diversi a seconda delle fonti considerate: Between stima una crescita di Internet e pc ad un tasso rispettivamente di 1 e 2 punti percentuali annui, valori che rischierebbero seriamente di determinare la saturazione del mercato broadband allorché questo raggiungerà la totalità della popolazione alfabetizzata digitalmente (ovvero dotata di almeno un pc). Più incoraggianti i dati Istat, che rivelerebbero un sensibile incremento di tutte le componenti, addirittura superiore alle attese derivanti dai trend degli anni passati: la diffusione del pc, dopo aver toccato il tasso di crescita minimo nel 2008 (+2,3%), tornerebbe a salire di oltre il 4%; allo stesso modo, la diffusione di Internet risulterebbe in aumento di oltre 5 punti, alimentando così la massa critica per la penetrazione del broadband, in crescita di quasi 7 punti rispetto ai 5 del 20085. 2 Rapporto Between “La domanda di connettività e servizi a Banda Larga nelle famiglie italiane”, giugno 2010. 3 Rapporto Istat “Cittadini e nuove tecnologie”, dicembre 2009. 4 Cfr. paragrafo 3. 5 La categoria “connessione ad Internet” comprende sia le connessioni in banda larga che quelle in banda stretta e in modalità dial up. Al momento, tuttavia, non esiste né in Italia né in Europa una soglia determinata e unanimemente riconosciuta della capacità di trasmissione dati sopra la quale una connessione possa essere definita “a banda larga”. In sede europea, nella Raccomandazione della Commissione relativa ai mercati rilevanti di prodotti e servizi del settore delle comunicazioni elettroniche suscettibili di una regolamentazione ex ante ai sensi della direttiva 2002/21/CE si afferma che “i servizi Internet ad ampiezza di banda superiore o a banda larga si distinguono per Telecomunicazioni fisse e banda larga 123 Tabella 7 - Famiglie dotate di pc, internet e broadband (%) Fonte Tecnologia Istat Between 2009 2008 2007 2006 Bb 34,5 27,6 22,6 11,6 Internet 47,3 42 38,8 34,5 Pc 54,3 50,2 47,8 43,9 Bb 39 36 32 25 Internet 42 42 40 39 Pc 52 50 48 46 Elaborazioni Iem su fonti varie. Anche orientandosi verso la prospettiva più positiva, dal confronto (fig. 3) tra l’utilizzo frequente di Internet e l’analfabetismo informatico (individui che non hanno mai utilizzato un pc), se da un lato si osserva la progressiva diffusione delle competenze digitali presso la popolazione (oltre il 40% degli italiani si connette al web almeno una volta a settimana), dall’altro si nota chiaramente come la percentuale di “esclusi” dalla e-society appaia decisamente ancora troppo elevata. Figura 3 - Utilizzo di internet e pc in Italia, 2006 - 2009 (%) 60 54 49 50 45 40 31 34 42 43 37 30 20 10 0 2006 2007 2008 2009 individui che si connettono ad internet almeno 1 volta a settimana individui che non utilizzano mai il pc Fonte: elaborazione Iem su dati Eurostat. A livello territoriale, Between ed Epitiro stimano una copertura di rete fissa della popolazione italiana pari al 96%, che tocca il 99% nelle aree urbane (zone con più di 500 abitanti per km2 ) scendendo sotto l’85% nelle aree rurali (meno di 100 ab. per km2). La copertura complessiva scende al 92% considerando gli abitanti che, oltre ad essere attestati nel raggio di una centrale telefonica abilitata al servizio, non hanno nessun impedimento tecnico aggiuntivo6. Un valore ancora inferiore, pari all’87% della popolazione, emerge escludendo le utenze collegate a linee eccessivamente distanti dalle centrali, connesse ad apparati obsoleti o a centrali telefoniche che consentire una capacità digitale in entrata per gli utenti finali superiore a 128 kbit/s.”, ragione per la quale si tende a definire banda larga tutte le connessioni con capacità superiore a questa soglia, propria dell’ISDN. Tuttavia, considerando che il valore appare, alla luce dei rapidi aggiornamenti tecnologici, estremamente basso, la nuova soglia potrebbe essere desumibile dall’Agenda digitale, che ha fissato l’obiettivo di coprire tutta la popolazione entro il 2013 considerando come banda larga di base una capacità di connessione ≥2Mb/s (cfr. IP/10/581, 19 maggio 2010). 6 Rapporto Broadband Quality Index, Between e Epitiro, gennaio 2010. 124 Telecomunicazioni fisse e banda larga non forniscono servizi con banda nominale superiore ai 2 Mbps. I comuni la cui popolazione è coperta oltre il 95% sono 6500, mentre 750 presentano valori tra il 95% e il 5%. Circa 850 comuni, infine, restano in condizioni di digital divide (meno del 5% dei propri abitanti sono raggiunti dal broadband). Tabella 8 - Copertura lorda del broadband rispetto alla popolazione (in % per aree di residenza) Copertura lorda (% popolazione) In aree urbane* In aree suburbane* In aree rurali* 96% 99% 95% 85% Note: * aree urbane: > 500 ab. per km2; aree suburbane: 100-500 ab./km2; aree rurali: <100 ab./km2. Fonte: elaborazione Iem su dati Between - Epitiro (gennaio 2010). Tabella 9 - Copertura lorda del broadband rispetto alla popolazione (in % per comuni di residenza) Copertura lorda (% popolazione) Copertura >95% Copertura tra il 6 e il 95% Copertura <5% Comuni coperti 6500 750 850 Fonte: elaborazione Iem su dati Between - Epitiro (gennaio 2010). Per ciò che concerne i tassi di adozione del broadband a livello regionale, l’Agcom stima una penetrazione che presenta valori ancora piuttosto diversi da caso a caso: Lazio, Campania e Lombardia vantano le migliori performance, vicine al 50% delle famiglie, mentre in Calabria e Basilicata gli abbonamenti a banda larga sono stati sottoscritti da meno di una famiglia su tre. Il Molise resta il fanalino di coda, con una percentuale di diffusione che supera di poco una famiglia su quattro. Tabella 10 - Diffusione degli accessi a larga banda (marzo 2010, in % delle famiglie) Piemonte 39,9 Molise 26,7 Valle d’Aosta 36,5 Campania 48,3 Lombardia 47,7 Puglia 39,7 Trentino-Alto Adige 36,9 Basilicata 31,8 Veneto 39,9 Calabria 31,6 Friuli-Venezia Giulia 39,4 Sicilia 40,4 Liguria 42,8 Sardegna 39,6 Emilia-Romagna 41,9 ITALIA Toscana 42,4 Principali Comuni 54,6 Umbria 36,5 Nord Ovest 44,9 Marche 42,2 Nord Est 40,4 Lazio 51,5 Centro 46,3 Abruzzo 37,0 Sud e Isole 40,7 43 Fonte: Agcom. Anche per quanto concerne la capacità di banda, le velocità medie delle linee attive risultano ancora poco performanti: quasi il 23% viaggia sotto i due Megabit al secondo, mentre gli abbonamenti ad alta velocità (sopra i 10 Mb/s nominali7) non raggiungono il 7% delle connessioni totali. Sebbene gli operatori alternativi all’incumbent mostrino percentuali migliori rispetto alle connessione “base” (solo 13% di abbonamenti sotto i 2 Mb/s) i loro valori relativi alle connessioni ad alta capacità appaiono decisamente modesti (sotto il 3%). 7 I dati forniti dall’Agcom si riferiscono alle capacità di banda dichiarate dagli operatori. Poiché queste sono apparse in molti casi inferiori alle capacità effettive, la stessa Autorità ha realizzato, d’intesa con la Fondazione Ugo Bordoni e l’Istituto superiore delle comunicazioni (Iscti), un software certificato, distribuito gratuitamente tramite il web per permettere alla popolazione abbonata di verificare l’effettiva velocità di connessione offerta dagli operatori. Inoltre, grazie alla sinergia con supermoney.eu, gli utenti potranno confrontare i prezzi delle offerte Adsl sul mercato tramite un benchmark fissato per profilo e area geografica. Nel caso gli utenti verifichino con questi strumenti l’inadeguatezza delle offerte ADSL rispetto alle promesse, potranno esercitare il diritto di recesso giacché i risultati ottenuti attraverso il software certificato avranno valore legale. Telecomunicazioni fisse e banda larga 125 Figura 4 - La capacità delle linee broadband in Italia, 2009 100% 2,9 7,7 5,8 69,5 71 22,8 23,2 Accessi totali Linee Dsl 90% 80% 70% 60% 83,7 50% 40% 30% 20% 10% 13,4 0% ≥ 10 Mbps Nuovi entranti ≥ 2 Mbps and <10 Mbps ≥ 144 Kbps and < 2 Mbps Fonte: elaborazione Iem su dati Agcom 2. Gli operatori, gli investimenti e l’ultra broadband Anche nel 2009 è diminuita la quota di mercato detenuta dall’incumbent, seppur con valori diversi a seconda dei comparti considerati. Il valore minimo si registra nelle quote di mercato della telefonia vocale fissa (rete commutata e a banda larga) dove Telecom Italia è sceso sotto il 55% (con punte del 54,6% per quanto riguarda il segmento residenziale). Gli operatori che si avvantaggiano maggiormente di tale riduzione sono Fastweb, Wind e Vodafone: il primo è giunto a detenere il 16,5% del settore (+12% rispetto al 2008) mentre Wind ha rafforzato la propria terza posizione toccando quota 8,4%. Vodafone, con una crescita anno su anno di oltre il 12%, si è avvicinato a British Telecom: quest’ultimo, specializzato nella clientela affari, detiene presso questa tipologia di utenza il 13% del mercato, valore che lo rende il terzo operatore assoluto nel segmento business ed il quarto sul mercato totale, con il 6,4%. Tabella 11 - Quote di mercato nella telefonia vocale fissa (in volume %), 2005 - 2008 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ % 09-08 Cagr 09-05 Telecom Italia 54,9 57,3 59,6 59,6 63,9 -4,19 -3,72% Fastweb 16,5 14,7 12,3 9,5 5,8 12,24 29,87% Wind 8,4 7,7 7,4 9,4 9,2 9,09 -2,25% BT Italia 6,4 6,7 6,9 6,7 6,1 -4,48 1,21% Vodafone Italia 6,2 5,5 5,8 5,9 6,3 12,73 -0,40% Tiscali 2,8 3 2,6 2 1,1 -6,67 26,31% Altri 4,7 5,2 5,4 6,9 7,6 -9,62 -11,32% Totale 100 100 100 100 100 - - Fonte: elaborazione IEM su dati Agcom. Il valore totale del mercato della telefonia fissa è sceso a 8,16 miliardi di euro (-300 milioni di euro rispetto al 2008), riduzione dovuta interamente al comparto business e che il settore 126 Telecomunicazioni fisse e banda larga residenziale non è stato in grado di colmare, pur passando da 4,14 a 4,16 miliardi di euro annui. Più alta è la quota di Telecom Italia se si fa riferimento al dato complessivo della spesa di famiglie e imprese in servizi tlc su rete fissa, attestata nel 2009 al 64,1%, in calo di 2 punti sull’anno precedente. Nell’intero settore, che passa da 16,6 a 16,2 miliardi di euro annuali, sono Fastweb, Wind e Vodafone a guadagnare terreno: il primo fa registrare la migliore performance annuale guadagnando l’1,5% e si avvicina al 10% complessivo; Wind si porta al 7,7% mentre Vodafone guadagna terreno su British Telecom, che pure cresce dello 0,1% nel proprio comparto di riferimento. Nel segmento business la concorrenza degli Olo appare complessivamente più agguerrita, come mostra la discesa dell’incumbent dal 63,7 al 61,5%: Fastweb si afferma quale secondo operatore, scavalcando la stessa BT (11,7% contro 11,6%). Tabella 12 - Spesa finale degli utenti per operatore (%) Spesa utenti Telecom Italia di cui residenziali di cui affari 2009 2008 2009 2008 2009 2008 64,1 66,1 66,7 68,8 61,5 63,6 Fastweb 9,9 8,4 8,1 7,1 11,7 9,6 Wind 7,7 7,0 12,4 11,2 3,2 3,1 BT Italia 5,8 6,0 0 0 11,6 11,5 Vodafone Italia 4,3 3,4 7,7 6,4 0,8 0,6 Tiscali 1,8 1,7 3,3 2,8 0,5 0,6 Altri 7,3 6,5 3,2 2,3 11,1 10,6 Totale % Totale (miliardi di euro) 100 100 100 100 100 100 16,66 16,2 7,96 8,05 8,7 8,15 Fonte: Agcom. È nel mercato della banda larga, tuttavia, che la competizione raggiunge il livello più alto: rispetto al giro d’affari complessivo, che nel 2009 è arrivato a 3,94 miliardi di euro (+7,7% sull’anno precedente), la quota di Telecom scende al 45,6% dei ricavi broadband. Wind guadagna oltre 1 punto avvicinandosi al 10% complessivo mentre Vodafone, cresciuta di quasi 2 punti percentuali, supera British Telecom (-0,4%) e Tiscali (-0,2%). Fastweb rafforza la propria seconda posizione: oltre a raggiungere il proprio apice tra i clienti business (32,3%), riduce il proprio distacco da Telecom di quasi 7 punti nel solo 2009 e si attesta a quota 28,4% del mercato broadband. Tabella 13 - Ricavi da servizi finali su rete a larga banda (%) Totale 2009 di cui residenziali 2008 2009 di cui affari 2008 2009 2008 Telecom Italia 45,6 48,3 42,6 43,5 48,7 52,6 Fastweb 28,4 27,8 24,7 25,6 32,3 29,8 9,8 8,7 15,5 14,1 3,8 3,8 Wind Vodafone Italia 4,7 2,8 6,9 5 2,3 0,8 Tiscali 4,6 4,8 7,7 9,1 1,2 0,9 BT Italia 3,4 3,8 0 0 6,9 7,2 Altri 3,6 3,8 2,5 2,6 4,7 4,8 Totale 100 100 100 100 100 100 3,94 3,68 2,02 1,76 1,92 1,92 Totale (miliardi di euro) Fonte: Agcom Anche nell’analisi degli accessi fisici alla rete decresce sensibilmente la quota di mercato di Telecom Italia, scesa in appena 15 mesi di oltre 5 punti percentuali e attestata ora al 73,5% del mercato. Per converso si osserva il progressivo avanzamento degli Olo che, in poco più di un anno, hanno fatto registrare un incremento di oltre 1 milione di unità, avvicinandosi a quota Telecomunicazioni fisse e banda larga 127 6 milioni. Si rilevano inoltre la crescita degli accessi in full unbundling, aumentati di oltre 700 mila unità, e il decremento degli accessi complessivi (totale linee incluse quelle telefoniche), a riprova del progressivo spostamento dell’utenza verso l’utilizzo di connessioni mobili. Tabella 14 - Accessi fisici alla rete fissa (in migliaia) Dic 08 Dic 09 Mar 10 17.372 16.116 15.931 Accessi OLO 4.667 5.583 5.730 Full Unbundling Accessi Telecom Italia 3.664 4.273 4.366 Virtual ULL 183 102 97 Fibra 248 269 271 DSL Naked Accessi Complessivi Quota Telecom Italia (%) 572 939 996 22.039 21.699 21.661 78,8 74,3 73,5 Fonte: Agcom. Per ciò che concerne gli investimenti in immobilizzazioni, il comparto di rete fissa ha registrato un sensibile incremento, in netta controtendenza rispetto al mercato mobile e all’intera economia italiana: Telecom mantiene il primato in termini assoluti, facendo segnare un aumento dell’1,8% rispetto al 2008, ma in termini percentuali crescono in misura maggiore gli altri operatori, i cui volumi sono aumentati di oltre il 12%, avvicinandosi complessivamente a quota 1,5 mld di euro. Tabella 15 - Investimenti in immobilizzazioni, 2005 - 2009 Incumbent OLO totale rete fissa % OLO su totale Incremento Incumbent YoY Incremento % OLO YoY 2009 2.356 1.435 3.791 37,9 1,82 12,11 2008 2.314 1.280 3.594 35,6 -11,91 13,78 2007 2.627 1.125 3.752 30,0 14,17 -12,66 2006 2.301 1.288 3.589 35,9 -1,58 3,29 2005 2.338 1.247 3.585 34,8 - - Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione IEM su dati Agcom. Parte di tali investimenti viene destinata dagli operatori agli esperimenti nella ultrabroadband o “banda larghissima”: Telecom, dopo aver concluso le sperimentazioni del programma Alicefibra a Milano (50 Mb/s), ha iniziato a maggio quelle della banda a 100 Mb/s su circa un migliaio di utenze nella città di Roma, mentre Fastweb, lo scorso 6 settembre, ha lanciato la connessione “Fibra100” nella stessa capitale e nelle maggiori città italiane8. L’ultrabroadband si distingue dal basic broadband e dall’extended broadband per via della maggiore capacità di trasmissione dati, che va dai 30 ai 100 Mb/s, per la qualità del servizio e la simmetria nel trasferimento dati (in upload e download), oltre che per l’utilizzo preminente di infrastrutture in fibra ottica (anche se sono possibili collegamenti wireless)9. Giova ricordare che, mentre con la definizione basic broadband si intende una capacità di connessione di 2 Mb/s asimmetrica (la capacità di download è maggiore di quelle di upload) basata sui 8 Il piano di Telecom, partito dal quartiere Prati di Roma, prevede di estendere la copertura a 100Mb/s a circa 80mila abitazioni della capitale entro la fine del 2010 e 350mila abitazione entro l’anno solare 2012, secondo le norme introdotte dal nuovo Regolamento Scavi del Comune di Roma (Del. 105 del 23/11/09). A livello nazionale, il progetto prevede di raggiungere 1.300.000 utenti dislocati in 13 città entro il 2012 e 10 milioni di clienti entro il 2016. Nel corso dell’audizione presso l’Agcom, l’ a.d. di Telecom Bernabè ha ufficialmente chiesto l’autorizzazione a procedere per lanciare, entro la fine del 2010, la propria offerta a 100 Mb/s a Roma, Milano, Catania, Bari, Venezia e Torino, con una copertura complessiva di circa 520 mila abitazioni. L’offerta di Fastweb fornisce agli utenti la capacità di 100 Mb/s in download e 10Mb/s in upload ed è disponibile nelle abitazioni già raggiunte dalla fibra ottica delle città di Roma, Genova, Torino, Bologna, Napoli e Bari. Il costo varia tra i 10 e i 15 euro extra rispetto al normale abbonamento broadband a seconda del tipo di abbonamento di base. 9 Elaborazioni da F. Ananasso, Broadband Summit – Roma, 31 Marzo 2010 128 Telecomunicazioni fisse e banda larga collegamenti in rame o wireless e sul principio del best effort (non è garantita la qualità del servizio), utile per veicolare servizi quali government, banking, l’ e-learning e health di base, l’extended broadband include collegamenti tra i 7 e i 20 Mb/s dei quali né simmetria né velocità sono sempre garantite ma che permettono tutte le operazioni di file transfer (audio, video e una discreta capacità di trasmissione del segnale televisivo) proprie del web 2.0. In Italia la copertura in fibra ottica è ancora relativamente limitata a livello territoriale e concentrata nei grandi centri abitati, fattore che determina percentuali di copertura della popolazione relativamente elevate e un discreto numero di abbonati per questa tecnologia (soprattutto se comparati a quelli degli altri Paesi, cfr. Tab. 17). Allo stesso tempo sono nate moltissime iniziative per la creazione di reti in fibra ottica a livello locale sia regionale (Emilia, Friuli, Piemonte, Sardegna e Sicilia) sia provinciale o comunale (Modena, Bologna, Imola, Forlì, Cesena, Rimini, Riccione, Ravenna, Ferrara, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Genova, Milano), che si dispiegano per un totale di oltre 18.600 Km, cui vanno aggiunti il Piano Banda Ultra Larga della Regione Lombardia (che mira a connettere 167 Comuni esclusa Milano), il piano UniCasNet (collegamento di 5 sedi Università di Cassino), il Piano sviluppo regionale NGN Valle d’Aosta, le connessioni in banda ultra larga dei distretti industriali della Provincia di Lucca e la Rete Cittadina Mantova (TEANET). Tabella 16 - Reti locali in fibra ottica, 2009 Regione Gestore LEPIDA Infrastruttura (km) Note 3000 Rete regionale (prevalentemente per la P.A) 2000 Province di Modena, Bologna, Imola, Forlì, Cesena,Rimini, Riccione, Ravenna e Ferrara 850 Province di Parma, Piacenza, e Reggio Emilia DELTA WEB 250 Ferrara e provincia FRIULI VENEZIA G. INSIEL (ex MERCURIO) 1200 LIGURIA SASTERNET 250 METROWEB 2255 ACANTHO EMILIA ROMAGNA (HERA) BT ENIA TEL LOMBARDIA ABM ICT AEMCOM Progetto “WI-PIE” PIEMONTE Rete regionale Comune di Genova Reti MAN e di quartiere (provincia di Milano) Reti di lunga distanza 400 Bergamo e provincia 235 Cremona (città e hinterland) 1670 Zone a rischio di esclusione digitale Progetto Patti Territoriali 430 Provincia di Torino AEMnet 140 Torino SARDEGNA RETE TELEMATICA REGIONALE 1190 Rete per connettere varie sedi delle PP.AA. SICILIA SICILIA e-INNOVAZIONE 3100 Rete regionale e capoluoghi TOSCANA TERRE CABLATE 650 Siena e provincia NETSPRING 100 Grosseto e provincia (P.A.) TRENTINO ALTO ADIGE TRENTINO NETWORK 800 Trento e provincia VENETO AGSM 150 Verona Fonte: Isbul. Tuttavia, proprio il carattere locale di queste iniziative rende difficile un coordinamento centralizzato della cablatura del territorio, necessario sia per ottimizzare gli interventi che per assegnare le risorse alle aree disagiate. Per colmare questo gap, alla luce dei risultati emersi dal programma Isbul10, l’Agcom appare intenzionato a creare un benchmark delle iniziative 10 Il programma di ricerca Isbul (Infrastrutture e servizi a banda larga e ultralarga), avviato a dicembre 2008 Telecomunicazioni fisse e banda larga 129 territoriali legate all’Ultrabroadband, per avviare un processo di “Inventory Mapping” (IMAP) finalizzato a conoscere dettagliatamente la dislocazione delle reti di accesso in fibra ottica e a porre le basi per la realizzazione, da parte degli Enti competenti, di un Registro delle Infrastrutture di Nuova Generazione (RING). Nella cablatura del territorio in fibra ottica l’Italia gode di una posizione di relativo vantaggio rispetto agli altri Paesi europei sia per quanto concerne la popolazione raggiunta che per il numero di abbonati: relativamente a questa categoria, l’operatore Fastweb è tra i primi tre player in Europa e tra i primi 10 nel mondo. Tabella 17 - La diffusione delle reti in fibra ottica in Europa: top ten European countries Paese Abbonati giugno 2009 Abbonati dicembre 2008 Abitazioni coperte giugno 2009 Abitazioni coperte dicembre 2008 Rapporto abitazioni coperte/n. abbonati % crescita dicembre 2008 - giugno 2009 Russia 724.000 630.000 7.500.000 6.300.000 9,7 14,92 Svezia 478.900 401.310 1.000.000 910.000 47,9 19,33 Italia 324.500 305.980 2.133.000 2.110.200 15,2 6,05 Francia 252.900 182.660 5.389.000 4.455.200 4,7 38,45 Norvegia 204.550 180.070 332.000 274.500 61,6 13,59 Olanda 174.500 166.170 455.500 385.500 38,3 5,01 Danimarca 143.700 90.190 629.000 622.000 22,8 59,33 Germania 66.000 60.590 418.000 281.800 15,8 8,93 Slovenia 62.000 50.000 370.000 282.000 16,8 24,00 Spagna 33.000 29.000 258.000 298.000 12,8 13,79 Fonte: elaborazione Iem su dati Agcom (centro studi e ricerche), ISBUL, Beeline e Idate. Anche per ciò che concerne la correlazione tra home passed (abitazioni connesse in ultrabroadband) e abbonati effettivi, l’Italia mostra percentuali superiori rispetto agli altri grandi paesi d’Europa (15,2%), esclusa la Germania (15,8%) che però vanta un numero di connessioni assolute molto inferiore (66mila contro 320mila). Allo stesso tempo, però, la quota di abbonati italiani in fibra non è cresciuta sensibilmente negli ultimi anni (+6% rispetto al 2008 ma in valore assoluto di appena 19mila unità), mentre il piano per la creazione di una rete di nuova generazione, tra strappi, frenate e improvvise accelerazioni, non è ancora stato definito. Dal punto di vista normativo, il Comitato tecnico Ngn Italia ha approvato le linee guida del modello infrastrutturale per la rete in fibra ottica. In tale contesto si è acceso il dibattito tra Olo e Incumbent: i primi prediligono la tecnologia P2P (point-to-point), a loro avviso più efficiente per stimolare la concorrenza nell’unbundling della fibra ottica e nel settore dei servizi, direzione verso cui sembra tendere anche l’Unione Europea alla luce della Raccomandazione della Commissione relativa all’accesso regolamentato alle reti di accesso di nuova generazione (NGA)11. Questa pone l’accento sulla capacità delle reti FTTH di allargare la competizione anche a livello dei servizi, sul limite alla deregulation, sulla necessità di operare investimenti a segmentazione geografica solo dopo attente analisi di mercato e sull’obbligo di orientare il bitstream al costo. La visione di Telecom, che preferisce la tecnologia GPON12, si ispira invece e concluso a maggio 2010, è stato lanciato dall’Agcom e gestito dalla Direzione studi, ricerca e formazione della stessa Autorità in collaborazione con alcuni dei principali Atenei italiani. Suddiviso in tre macro aree, ha analizzato la possibilità di realizzare una rete NGN in Italia sia dal punto di vista tecnico-infrastrutturale che da quello economico-regolatorio e giuridico-normativo, elaborando puntuali modellizzazioni dei costi e delle prestazioni delle soluzioni tecnologiche impiegabili, della sostenibilità dei modelli di business degli stakeholder, dell’impatto competitivo e delle conseguenze per la regolamentazione che la realizzazione di una tale infrastruttura comporterebbe, fornendo inoltre stime e proiezioni dell’impatto macroeconomico degli investimenti e degli effetti delle politiche pubbliche in materia di NGN. 11 Raccomandazione della Commissione europea del 20/09/2010. 12 La tipologia di rete GPON (Gigabit PON) può essere “applicata sia ad architetture di tipo FTTH (Fiber To The Home), nelle quali la singola ONT [la singola terminazione di rete] è dedicata al singolo cliente, sia ad 130 Telecomunicazioni fisse e banda larga ai principi su cui si sono basate le recenti decisioni regolamentari di Francia, Spagna e Regno Unito e considera sia la fase di coesistenza tra la rete in rame e quella in fibra, sia quella in cui la prima verrà progressivamente disattivata per essere sostituita dalla rete di nuova generazione. L’incumbent propone di adottare soluzioni diverse a seconda della differente domanda che si registrerà nelle diverse aree del Paese suggerendo che, stante l’obbligo di accesso alle reti per tutti gli operatori, qualora non dovesse essere possibile il coinvestimento di più soggetti in determinate aree, la rete dovrebbe essere aperta ai concorrenti a prezzi regolamentati dall’Agcom ma non necessariamente correlati ai costi. Secondo l’incumbent un tale meccanismo, in cui il prezzo per il wholesale venisse agganciato non solo ai costi operativi ma anche al rischio di impresa, preserverebbe la concorrenza rendendo allo stesso tempo remunerativi gli investimenti. L’Agcom prevede di pubblicare le regole per l’NGN entro dicembre 2010. Il documento in preparazione sarà sottoposto a consultazione pubblica per poi approdare sul tavolo della Commissione Ue. Nel frattempo al c.d. Tavolo Romani è stato trovato l’accordo tra gli operatori sulle architetture di rete: il modello infrastrutturale di base prevede la realizzazione di un cavidotto in cui far transitare le fibre che permetterà l’utilizzazione sia della tecnologia Gpon (preferita da Telecom Italia) sia di quella point-to-point (su cui invece sono orientati gli Olo), assicurando la massima armonizzazione con le infrastrutture esistenti. La nuova rete dovrebbe essere sviluppata congiuntamente dagli operatori insieme al Governo e agli Enti locali. Per armonizzare le operazioni, il Dipartimento Comunicazioni del MiSE ha avviato un censimento delle infrastrutture in fibra ottica presenti nel Paese e dei relativi piani di investimento per lo sviluppo delle stesse nei prossimi tre anni, allo scopo di identificare le aree oggetto di intervento e sviluppare le reti di nuova generazione sul territorio nazionale13. Resta aperto il nodo degli investimenti: se da parte degli Olo rimane la proposta di stanziare 2,5 miliardi di euro per coprire 15 città entro il 201514, dall’altra Telecom ha rivisto al rialzo i propri di circa 2,65 miliardi nel triennio 2010-201215. Secondo l’Isbul gli investimenti da effettuare per le reti Ngn sono ingenti, tra i 3 e i 15 miliardi di euro a seconda della tecnologia (o del mix di tecnologie) utilizzata e della copertura della popolazione. Tabella 18 - Impatto Ngn sull’economia nazionale Tipologia di rete Effetti Diretti Investi- popolazione Domanda Occupaz. coperta menti aggregata Potenziale mld € Unità lav. Effetti Indiretti Effetti Totali Minimo Massimo Minimo Massimo mld € mld € mld € mld € mista P2P/GPON 15,5 91% 20,25 311.087 89,6 765,5 109,9 785,7 FTTH P2P 13,3 50% 17,38 248.121 49,2 420,6 66,6 438 3 20% 3,92 57.131 19,7 168,2 23,6 172,2 FTTB GPON architetture con un maggior grado di condivisione della terminazione ottica (ONU, Optical Network Unit) quali FTTB (Fiber To The Building), FTTC (Fiber To The Curb) o FTTCab (Fiber To The Cabinet): in questi due ultimi casi l’architettura di rete d’accesso potrà prevedere un parziale impiego di rete in rame, sfruttando così la capillarità di quest’ultima nel tratto terminale della rete e riducendo notevolmente la necessità di posa di nuova fibra”. Fonte: R. Mercinelli, P. Solina, Notiziario Tecnico Telecom Italia, pp 64.65, Aprile 2007. 13 Fonte: Dipartimento Comunicazioni del ministero dello Sviluppo economico, 29 settembre 2010 14 Fastweb, Wind e Vodafone hanno proposto la creazione di un’unica rete Fiber To The Home in modalità punto-punto, in grado di coprire 15 città e circa 10 milioni di abitanti entro cinque anni, con un investimento di circa 2,5 miliardi di euro. Secondo il piano, i fondi dovrebbero essere ripartiti tra tutti gli operatori e le istituzioni coinvolte e garantire ritorni economici entro nove anni. La seconda fase del progetto prevede l’estensione della rete Ftth fino al raggiungimento del 50% della popolazione italiana (circa 500 comuni con più di 20.000 abitanti) con un’ulteriore spesa di 8,5 miliardi di euro. 15 La spesa annua nel segmento dell’accesso di rete fissa, sia in rame che in fibra ottica è stata aumentata passando dagli attuali 817 milioni di euro (2009) ai circa 900 milioni di euro del 2012, per un investimento totale, al 2012, pari a 2,65 miliardi di euro. Telecomunicazioni fisse e banda larga 131 Fonte: Isbul. Tutte e tre le ipotesi prevedono un aumento del canone e di conseguenza un aumento del costo del servizio broadband nella bolletta telefonica degli utenti, fattore che potrebbe costituire un elemento problematico nella sostenibilità di tali investimenti. Per tale motivo occorrerebbe un’analisi specifica volta a valutare la disponibilità degli abbonati a pagare un extra per un servizio migliore. Allo stato attuale è noto (fig. 5) che il prezzo dell’abbonamento non costituisce un impedimento forte alla adozione del broadband, al contrario dell’inutilità percepita da larga parte dei cittadini che non dispongono della connessione a banda larga. Tali risultati confermano la pregnante necessità di promuovere l’alfabetizzazione informatica della popolazione tramite politiche di stimolo della domanda e miglioramento della qualità dei servizi di e-government. I ritorni economici stimati dall’Isbul in termini di domanda, posti di lavoro (un incremento compreso tra le 57mila e i 310mila unità) e indotto (le previsioni stimano un crescita tra 23 i 700 miliardi di euro) confermano come la rete Ngn sia un investimento cui l’Italia non può rinunciare. Figura 5 - Ostacoli all’adozione del broadband (%) 70 60 60 50 40 30 21 20 16 10 6 3 0 Inutilità Copertura Costo Complessità Altro Note: famiglia non dotate di connessione broadband. Fonte: elaborazione Iem su dati Between (2008). 3. Il confronto internazionale Il mercato dei servizi di rete fissa dei big five europei ha subito complessivamente una perdita di quasi il 2% nel 2009, mostrando un trend leggermente più negativo rispetto all’andamento del settore negli ultimi 5 anni (-1,7%). La Francia, grazie alla solidità del proprio mercato, risulta il paese che ha risentito meno della crisi, confermando la propria tenuta di lungo corso (valori pressoché identici nell’ultimo lustro), mentre tutti gli altri mostrano valori negativi nell’ultimo quinquennio: la Germania, che si conferma il mercato più grande d’Europa, ha perso oltre 4 miliardi di euro, di cui 1 solo nel 2009, mentre l’Italia, che pure ha consolidato la propria terza posizione, è diminuita in misura leggermente superiore rispetto al proprio andamento degli ultimi 5 anni, perdendo quasi 2 punti e mezzo a fronte di un calo medio dell’1,9%. Tabella 19 - Mercato dei servizi tlc di rete fissa, 2005-2009 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ % 08-09 Francia 20,0 20,1 20,1 20,0 20,0 -0,2 0,0% Germania 34,2 35,3 36,8 38,3 38,5 -3,1 -2,9% Italia 15,4 15,8 16,1 16,3 16,6 -2,4 -1,9% Regno Unito 9,9 10,2 10,4 10,7 11,1 -2,9 -2,8% Spagna 6,5 7,1 7,2 7,5 8,3 -8,5 -5,9% Totale 87,2 89,0 90,6 92,3 93,3 -1,9 -1,7% Note: dati in miliardi di euro. Fonte: elaborazione IEM su dati Arcep,VATM, Agcom, Ofcom e CMT. 132 Cagr 09-05 Telecomunicazioni fisse e banda larga Anche il Regno Unito ha mostrato valori in netta diminuzione (– 2,9%), in linea col proprio andamento degli ultimi anni, mentre la Spagna ha risentito maggiormente della crisi del 2009, facendo registrare un calo dell’ 8,5% contro il -5,9% medio degli ultimi 5 anni. Per quanto concerne le quote di mercato detenute dagli incumbent europei, Telecom Italia risulta ancora quello che detiene in percentuale il numero maggiore di linee broadband, sebbene sia allo stesso tempo quello che presenta il maggiore tasso di riduzione (quasi 10 punti in meno rispetto a gennaio 2007). France Télécom e Deutsche Telekom mostrano andamenti ondivaghi, attualmente attestati rispettivamente a quota 46,2% e 46,8%, mentre Telefónica, dopo anni di leggera crescita in cui ha sfiorato quota 56,7%, si è attestata nel 2009 a 55,6%. A parte British Telecom, che pure guadagna quasi 4 punti rispetto al 2007 (dal 23,7% al 27,2%), complessivamente tutti gli incumbent dei big five mostrano, sul totale delle linee attive nei propri Paesi d’origine, percentuali superiori alla media degli incumbent europei (45,2%). Tabella 20 - Quota detenuta dall’incumbent nel mercato degli accessi a banda larga, 2007-2009 Paese lug-09 gen-09 lug-08 gen-08 lug-07 gen-07 Francia 46.2% 47.2% 47.2% 47.7% 46.8% 46.2% Germania 46.8% 47.0% 46.0% 46.1% 46.4% 48.0% Italia 57.8% 59.8% 61.3% 63.6% 64.8% 66.6% Regno Unito 27.2% 25.4% 25.6% 25.8% 25.7% 23.7% Spagna 55.6% 56.7% 56.3% 56.1% 55.8% 55.9% EU27 45.2% 45.5% 45.7% 46.1% 46.8% 46.9% Note: il valore descrive la percentuale detenuta dall’incumbent rispetto al totale delle linee attive. Fonte: elaborazione Iem su dati Commissione europea, luglio 2009. D’altro canto, l’Italia risulta l’unico paese che non ha risentito della crisi sugli investimenti in infrastrutture di rete fissa: a fronte di un calo dei fondi francesi e tedeschi nell’ordine del 10% (rispettivamente -9,76% e -9,23%) e del crollo spagnolo (-17%) l’Italia mostra una crescita del 5,5% sul 2008 ed è anche l’unico paese che può vantare un andamento positivo negli ultimi 5 anni (+1,41%) Tabella 21 - Investimenti in infrastrutture di rete fissa, 2005-2009 ∆ % 08-09 Cagr 09-05 Francia 2009 3,70 2008 4,10 2007 3,80 2006 3,80 2005 3,70 -9,76 0,00% Germania 5,90 6,50 6,50 6,60 6,40 -9,23 -2,01% Italia 3,79 3,59 3,75 3,59 3,59 5,48 1,41% Spagna 4,28 5,17 5,79 5,69 5,51 -17,31 -6,16% Totale 17,67 19,37 19,84 19,67 19,20 -8,77 -2,06% Note: dati in miliardi di euro. Fonte: elaborazione IEM su dati Arcep,VATM, Agcom e CMT. Tuttavia, dal punto di vista della capacità delle infrastrutture a banda larga il confronto internazionale mostra diverse lacune del nostro Paese: la popolazione abbonata che gode di una capacità inferiore alla soglia di 2Mb/s supera il 22% contro il 15% della Germania, il 12% della Spagna il 3% del Regno Unito, che sta concretizzando il piano per dare a tutti i cittadini una connessione basic broadband. Telecomunicazioni fisse e banda larga 133 Figura 6 - La capacità delle linee broadband nei maggiori Paesi europei, 2009 100% 6,1 7,7 90% 13,3 22,9 80% 70% 60% 50% 69,5 74,5 90,8 62,1 40% 30% 20% 10% 22,8 14,9 12,2 3,2 0% Germania ≥ 10 Mbps Italia Regno Unito ≥ 2 Mbps and <10 Mbps Spagna ≥ 144 Kbps and < 2 Mbps Fonte: elaborazione Iem su dati Eurostat e Agcom. Note: dati in milioni di euro. Anche rispetto alle connessioni ad alta velocità l’Italia non presenta valori particolarmente positivi (appena il 7,7% è connesso in modalità extended broadband) superiori solo alla Gran Bretagna (6,1%, che però vanta un altissimo tasso di diffusione per ciò che concerne la capacità compresa tra i 2 e i 10Mb/s, di cui gode oltre il 90% degli utenti del Regno Unito), ma inferiori alla Spagna (13,3%) e alla Germania (22,9%), che beneficia di un’ampia diffusione della connessione via cavo digitale. Tabella 22 - Individui che utilizzano internet almeno una volta a settimana nei maggiori paesi europei (%) Paese 2009 2008 2007 2006 2005 Francia 65 63 57 39 n.d. Germania 71 68 64 59 54 Italia 42 37 34 31 28 Regno Unito 76 70 65 57 54 Spagna 54 49 44 39 35 EU27 60 56 51 45 43 Fonte: elaborazione Iem su dati Eurostat 134 Telecomunicazioni fisse e banda larga Resta molto evidente anche il gap italiano rispetto all’utilizzo delle nuove tecnologie da parte dei cittadini (Tab. 21): secondo Eurostat, la quota di persone che si possono annoverare fra gli internet users16 supera appena il 42%, contro il 54% della Spagna che ci precede ora di 12 punti (erano 8 nel 2006). Decisamente meglio ha fatto negli ultimi 3 anni la Francia, passata dal 39% al 65% di cittadini cybernauti (+26 punti rispetto al 2006 contro il +11 italiano nello stesso periodo). Molto avanti appaiono Germania e Regno Unito, “alfabetizzati” per quasi i ¾ della popolazione (71% e 76%) mentre in Europa la media dei navigatori abituali è del 60%, quasi 20 punti sopra quella italiana. Il distacco appare ancora maggiore considerando i cittadini che non hanno mai utilizzato un pc: in Italia sono il 43%, contro il 20% dei francesi, il 14% dei tedeschi e l’11% dei britannici. Ciò significa che il nostro Paese si divide nettamente tra utilizzatori frequenti del web e individui che ne sono totalmente estranei, fattore che rende ancora più difficile l’alfabetizzazione informatica e dunque evidente la necessità di sviluppare politiche di promozione della domanda di servizi ict. La scarsa diffusione della banda larga rispetto agli altri paesi non è che l’ovvia conseguenza di questo stato di cose: secondo Eurostat17, il broadband in Italia non raggiunge il 40% delle famiglie, oltre 30 punti sotto la media britannica (69,5%) e 17 punti sotto la media europea (56%). Considerando che tali percentuali includono soltanto i nuclei familiari con almeno un componente tra i 16 e i 64 anni, criterio che esclude le famiglie composte solamente da anziani, è ancora più evidente come il gap sia dovuto a motivazioni culturali (individui che non percepiscono il valore aggiunto di Internet o che non sanno come superare il proprio analfabetismo informatico) e al fatto che siano molto rare le iniziative di sensibilizzazione verso i vantaggi che le informazioni e i servizi che transitano sulla rete possano portare. Infine, anche comparando il numero di accessi rispetto al totale della popolazione secondo la metodologia europea, l’Italia risulta l’ultimo dei grandi Paesi europei, seppur con un distacco minore dalla Spagna, ma in ritardo di 3,5 punti rispetto alla media europea e lontano oltre 10 punti percentuali dai più virtuosi Paesi nordeuropei. Tabella 23 - Individui che non hanno mai utilizzato il pc (%) Paese Francia 2009 2008 2007 2006 20 20 23 n.d. Germania 14 14 16 17 Italia 43 45 49 54 Regno Unito 11 13 14 18 Spagna 31 33 36 39 Fonte: elaborazione Iem su dati Eurostat Tabella 24 - Famiglie dotate di connessione ad internet a banda larga nei maggiori paesi europei (%) 2009 2008 2007 2006 2005 Regno Unito 69,5 61,5 56,7 43,9 31,5 Germania 64,6 54,9 49,6 33,5 23,2 Francia 57,5 57,1 42,9 30,3 n.d. EU 27 56,0 48,6 41,6 30,4 23,0 Spagna 51,3 44,6 39,2 29,3 20,8 Italia 39,0 30,8 25,3 16,2 12,9 Note: famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 64 anni. Fonte: elaborazione Iem su dati Eurostat 16 In questa sede si utilizza la definizione di Eurostat, seconda la quale i considerano Internet Users gli individui che si collegano a internet almeno una volta a settimana 17 In questa sezione sono stati utilizzati i dati Eurostat per effettuare una comparazione con le stesse metodologie di rilevazione per tutti i paesi. Telecomunicazioni fisse e banda larga 135 Figura 7 - Penetrazione broadband per numero di individui 40 35 30 37,9 37,2 32,5 30,5 29,4 25 29,2 28,8 23,9 20 20,7 20,4 15 10 5 0 Note: i dati italiani sono aggiornati a gennaio 2010 mentre quelli relativi agli altri paesi sono di giugno 2009. Fonte: elaborazione Iem su dati Eurostat, Istat e Agcom. 4. La separazione funzionale della rete Il tema della separazione funzionale tra reti e servizi nasce per risolvere il problema di come garantire la concorrenza nelle telecomunicazioni in presenza di un’unica infrastruttura di rete nazionale che, facendo capo agli operatori storici dei diversi paesi (le telco nazionali), in principio monopolisti pubblici e in seguito privatizzati, si trovano attualmente nella duplice posizione di competitor con gli operatori nuovi entranti e di gestori della rete su cui transitano anche i servizi forniti dagli altri player tlc. Tale complessa situazione ha determinato un ampio dibattito internazionale sulle misure necessarie a garantire la concorrenza tra imcumbent e newcomer. Inizialmente, la liberalizzazione del mercato tlc è stata regolata prevalentemente tramite normative asimmetriche (limiti imposti ai soli incumbent nel tentativo di far crescere gli operatori alternativi) e il c.d. unbundling dell’“ultimo miglio”, ovvero la disciplina del tratto finale della rete che va dalla centralina più vicina alla casa dell’utente fino alla sua dimora. Attualmente, infatti, gli operatori alternativi pagano un canone d’accesso per transitare sulla capillare infrastruttura dell’ex monopolista (in Italia il canone viene pagato a Telecom e fissato dall’Agcom) mentre competono tra loro e con l’incumbent per la fornitura di servizi (di connettività, telefonici, audiovisivi ecc). Proprio il duplice ruolo dell’incumbent (gestore della rete e allo stesso tempo competitor nel mercato dei servizi tlc) desta perplessità sul corretto funzionamento dei meccanismi della concorrenza, ragione per cui si è sviluppato un intenso dibattito sull’opportunità o meno di separare gli ex monopolisti in due società, una incaricata di gestire esclusivamente l’infrastruttura e un’altra incaricata di amministrare la parte commerciale (fornitura di servizi tlc). Il tema della separazione funzionale tra reti e servizi è stato affrontato in modi diversi a seconda dei diversi 136 Telecomunicazioni fisse e banda larga mercati nazionali, passando dall’autoregolamentazione, all’affidamento dei compiti di vigilanza alle autority nazionali, alla creazione di organi di raccordo tra telco nazionali e autority, fino alla creazione di divisioni separate, in capo agli ex monopolisti, che gestiscono l’accesso alla rete. In Italia, nel luglio del 2008, Telecom Italia ha proposto all’Agcom l’adozione di un paniere di Impegni, approvati dall’Autorità a dicembre dello stesso anno18, per integrare e rafforzare gli obblighi già esistenti in tema di parità di trattamento tra Telecom Italia Retail (la divisione incaricata di gestire i servizi commerciali) e gli altri operatori (OLO) relativamente alla fornitura dei servizi sulla rete di accesso. In tale ambito, nel 2008 Telecom Italia ha creato la divisione Open Access, incaricata della gestione della rete di accesso e della fornitura dei servizi ad essa associata, in modo tale da garantire il rispetto del principio di parità di trattamento a tutti gli operatori. Open Access fornisce servizi sia alla divisione retail dell’incumbent che a quella wholesale (dedicata agli altri operatori) secondo una serie di direttive volte a garantire la parità di trattamento in ottemperanza di 14 impegni specifici. Tra questi spiccano: l’istituzione di un nuovo processo di delivery che superi le asimmetrie di gestione degli sviluppi di rete tra Telecom Italia e gli OLO; un sistema per il monitoraggio delle performance dei servizi SPM (Significativo Potere di Mercato) ed il rispetto della parità di trattamento internaesterna (mediante il confronto tra key performance indicator concernenti la produzione dei servizi destinati agli operatori e quelli relativi ai servizi destinati alle funzioni commerciali di Telecom Italia); la pubblicazione delle linee guida per la manutenzione della rete di accesso; la predisposizione delle condizioni economiche di cessione interna dei servizi SPM forniti da Open Access alla funzione Retail (viene garantita una evidenza contabile separata relativa ai servizi forniti da Open Access in modo da verificare l’equivalenza tra tali transfer charge e le corrispondenti condizioni economiche praticate agli OLO); la pubblicazione di un’offerta per l’accesso e la condivisione delle “infrastrutture di posa”; la formulazione di una proposta tecnica ed economica per la possibile condivisione con gli Operatori interessati degli investimenti e dei costi per la realizzazione di nuove infrastrutture di posa19; l’adesione al Comitato NGN Italia; ed infine, l’istituzione di un Organo di vigilanza (OdV) per la corretta attuazione degli impegni. L’Organo di Vigilanza (OdV) è incaricato di svolgere una attività di controllo in merito alla corretta implementazione degli Impegni, anche tramite una serie di indicatori atti a misurare la qualità della fornitura dei servizi wholesale. È composto da cinque membri, tre dei quali, compreso il Presidente, sono designati dall’Agcom. L’OdV procede alla verifica di eventuali violazioni comunicandole all’Autorità, con la quale coopera nella propria attività di vigilanza. Gli atti dell’Organo sono da considerare come misure volte ad assicurare la corretta implementazione degli Impegni, mentre la possibile imposizione di sanzioni rimane nelle competenze dell’Autorità. Nei suoi primi 2 anni di attività, l’OdV ha verificato il corretto espletamento di molti tra gli impegni assunti da Telecom Italia, ed ha lanciato una verifica sulla gestione degli annullamenti di Ordinativi di Lavoro20 per andare incontro alle segnalazione degli operatori alternativi e garantire la parità di trattamento nella risoluzione dei problemi di rete degli abbonati a servizi di telecomunicazione dei diversi operatori. Nel Regno Unito, alla luce dei risultati dello Strategic Review of Telecommunications (2005), che hanno individuato nella proprietà esclusiva della rete da parte di British Telecom una barriera all’ingresso in grado di restingere l’accesso al mercato degli operatori alternativi, 18 Delibera 718/08/CONS 19 Per ciò che concerne le nuove reti di accesso Telecom Italia ha sinora adempiuto ai dettami di questo Gruppo di Impegni, avendo trasmesso all’Autorità, entro le scadenze stabilite, i seguenti documenti: l’“Offerta di Telecom Italia di infrastrutture di posa per lo sviluppo di reti FTTX”, la “Proposta di Telecom Italia per la condivisione con gli OLO degli investimenti e costi per la realizzazione di nuove infrastrutture di posa per lo sviluppo di reti FTTX” e le “Linee guida di migrazione verso reti NGAN – tempi minimi di preavviso e modalità di comunicazione agli OLO nella transizione alla rete di nuova generazione”. Il processo di fornitura di linee e servizi di telecomunicazioni a disposizione degli Operatori alternativi da 20 parte di Telecom prevede che l’incumbent possa respingere una richiesta qualora si verifichino problemi legati alla errata compilazione dell’ordine, alla indisponibilità di rete d’accesso (KO rete) o alla indisponibilità del cliente (KO cliente). Telecomunicazioni fisse e banda larga 137 l’Ofcom ha impegnato BT a sottoscrivere una serie di undertakings finalizzati a stabilire nuove regole per la fornitura di prodotti e servizi verso gli OLO e verso le proprie divisioni commerciali. Il nodo centrale dell’intervento consiste nell’obbligo per l’incumbent di garantire la parità di accesso alla rete a condizioni non discriminatorie per gli operatore concorrenti, l’Equality of Inputs (EOI) e la separazione funzionale, ovvero una separazione dei sistemi tale da consentire un’offerta wholesale “on an EOI basis”, cioè un’offerta commerciale da parte dei diversi operatori a condizioni eque. In particolare, BT si è impegnato a garantire che l’offerta fatta alla propria rete commerciale ed agli OLO sia uguale in termini di prezzo, condizioni commerciali, tempistiche ecc. Sulla scia degli undertakings si colloca la nascita di Openreach (2006), un’entità funzionalmente separata che, pur facendo parte del Gruppo British Telecom, è responsabile della rete fissa d’accesso ed è dotata di una propria sede e di sistemi gestionali indipendenti. Openreach dispone inoltre di un proprio brand commerciale e il suo responsabile riferisce direttamente al CEO di British Telecom Group plc. Sia BT Retail che gli OLO hanno un rapporto diretto con Openreach. Gli undertakings hanno previsto anche la creazione di un apposito organo, l’Equality of Access Board (EAB), cui affidare il compito di monitorare il rispetto degli impegni assunti. L’EAB, insediatosi nel novembre 2005, è un organo del British Telecom Group plc Board Committee, ed è presieduto da un non-executive director di BT, cui è affiancato un senior manager dell’operatore dominante; gli altri tre membri sono indipendenti, scelti dopo una consultazione con l’Ofcom. L’EAB è supportato dall’EAB Secretariat, che si occupa prevalentemente dell’organizzazione degli incontri del Board, ed è assistito dall’Equality of Access Office (EAO), il cui responsabile risponde gerarchicamente al responsabile della funzione Public Affairs di BT, che monitora il corretto adempimento degli Undertakings da parte di BT e procede ad una valutazione in merito alle segnalazioni ricevute. In particolare, l’EAO procede ad effettuare verifiche periodiche sul rispetto di una serie di criteri individuati in merito al corretto adempimento da parte di BT degli impegni presi con l’Ofcom, nonché al rispetto del Code of Practice, riferendo poi mensilmente i risultati all’EAB. In Spagna, nel 2007, l’Autorità nazionale per le comunicazioni (CMT) ha imposto all’incumbent Telefonica di comunicare tanto alla stessa CMT quanto ai concorrenti una serie di KPI (key performance indicator) sul livello di qualità del servizio erogato sia all’esterno che internamente, al fine di verificare che non vi fossero situazioni discriminatorie a danno degli operatori alternativi. Nel 2008, in seguito ai risultati della consultazione pubblica avviata in tema di NGA, la CMT ha concluso che, prima di procedere ad una separazione funzionale della rete di accesso, occorrerebbe analizzarne approfonditamente gli impatti sul quadro competitivo e sugli investimenti, e che comunque si tratterebbe di una misura “estrema ed eccezionale”. In Francia, fino ad oggi, non è stato adottato alcun modello di separazione della rete dell’incumbent, ed anzi l’Authority francese (ARCEP) ha sottolineato in diverse occasioni e con particolare enfasi i risvolti negativi che l’adozione di un modello di separazione funzionale potrebbe comportare sotto il profilo dei costi (riorganizzazione dell’operatore storico e duplicazione delle strutture organizzative), i quali appaiono troppo ingenti se confrontati con i problemi a cui la separazione dovrebbe ovviare. L’ ARCEP sostiene inoltre che, mentre la separazione funzionale rappresenta un modello difficilmente reversibile, si potrebbe pervenire agli stessi risultati attraverso una regolamentazione più puntuale, modalità che garantirebbe la possibilità di modificare la stessa regolamentazione qualora si rilevasse che le condizioni che avevano alterato la concorrenza fossero mutate. L’ARCEP critica inoltre la separazione funzionale anche per la sua potenzialità disincentivante sulle strategie di investimento degli operatori, e osserva come questa non eliminerebbe comunque la necessità di azioni di regolamentazione sui prezzi e le qualità dei servizi offerti, mantenendo peraltro inalterato il problema del controllo sulla società incaricata di gestire la rete di accesso, che anzi opererebbe in situazione di effettivo monopolio. 138 Telecomunicazioni fisse e banda larga Anche in Germania non sono stati posti in essere modelli di separazione della rete dell’operatore storico Deutsche Telekom, né creati organi indipendenti di vigilanza assimilabili all’Organo di vigilanza. L’Autorità di settore ha altresì ribadito la sua contrarietà alla adozione di simili modelli, evidenziando i possibili impatti negativi conseguenti a tale decisione. Molto più articolato risulta il discorso relativo alla Svezia: in seguito all’analisi di mercato svolta tra il 2006 e il 2007, che ha evidenziato l’assenza di operatori alternativi all’incumbent in diverse aree del Paese e l’imposizione da parte dello stesso ex monopolista Telia Sonera delle proprie condizioni commerciali agli operatori alternativi, l’Autorità svedese ha proposto al Parlamento una modifica legislativa per garantirsi la possibilità di imporre un modello di separazione funzionale in capo all’operatore storico. La nuova normativa, in vigore da luglio 2008, consente all’Autorità di obbligare l’incumbent allo scorporo della rete in rame, ma solo in caso di parere positivo da parte dell’Unione europea. L’Autorità non ha tuttavia imposto all’operatore storico la separazione funzionale come effetto immediato, manifestando l’intenzione di procedere ad una analisi del mercato volta a decidere se procedere o meno in tale direzione nel corso del 2009. L’incumbent, dal canto suo, ha creato volontariamente la divisone funzionale Skanova Access, operativa dal 1° gennaio 2008, che gestisce in modo separato l’accesso sia alla rete in rame che in fibra con l’intento di garantire il rispetto del principio di parità di trattamento tra tutti gli operatori e le divisioni commerciali di Telia Sonera. Skanova costituisce una divisione legalmente distaccata di Telia, con sistemi informatici separati e sottoposta ad obblighi di financial auditing, sebbene il 100% dell’assetto proprietario resti in capo all’operatore storico. Il personale di Skanova Access è tenuto ad osservare i dettami di uno specifico Codice di Condotta contenente misure volte a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e non discriminazione. Secondo le nuove regole adottate in materia di separazione funzionale, qualunque proposta autonoma di separazione avanzata da parte dell’operatore storico deve essere sottoposta all’approvazione dell’Autorità (PTS); in questo senso, si noti come PTS non abbia fino ad ora espresso alcuna valutazione in materia, fatto salvo un intervento (datato novembre 2009) che rilevava come l’introduzione di Skanova non avesse comportato significativi miglioramenti in termini di una effettiva trasparenza. Per controllare l’operato di Skanova Access è stato creato un organo apposito, l’Equality of Access Board, con lo specifico compito di vigilare sul rispetto del principio di parità di trattamento degli Olo da parte della divisione di rete. Tale attività di supervisione si basa innanzitutto sulla analisi delle performances di una serie di indicatori (kpi) prefissati e controllati da auditors esterni. Il Board riferisce ogni quattro mesi al Ceo di Telia Sonera, svolgendo attività di monitoraggio del rispetto degli impegni assunti dall’operatore dominante. È composto da un Presidente, responsabile dell’internal audit di Telia Sonera e da due membri indipendenti di nomina dell’operatore. Non sono previsti membri nominati dall’Autorità. Anche la Nuova Zelanda, infine, si è distinta sotto il profilo della regolamentazione della separazione funzionale in capo all’incumbent tra infrastruttute tlc e servizi, per via di una sostanziale carenza di competizione tra gli operatori e di consistenti barriere all’ingresso della rete di accesso. Il governo ha imposto all’operatore dominante Telecom New Zealand (TNZ) una riorganizzazione aziendale, indicando nella separazione funzionale della rete lo strumento più idoneo per contribuire al miglioramento delle condizioni competitive del mercato. TNZ ha, pertanto, proceduto ad adottare una serie di Undertakings ispirati al modello britannico, che sono stati accettati e ratificati dal governo neozelandese nel marzo del 2008 e che prevedono la separazione della società in tre divisioni: Rete, Retail e Wholesale. Il processo di progressiva separazione è tuttora in corso e dovrebbe concludersi nel 2012. Lo scopo primario degli Undertakings è di garantire il rispetto del principio di non discriminazione degli operatori alternativi nell’accesso ai servizi wholesale offerti dall’operatore dominante. Anche in questo caso, tra gli impegni è stata prevista l’istituzione di un organo di vigilanza, l’Independent Oversight Group (IOG), cui sono affidati compiti assimilabili a quelli dell’Equality of Access Telecomunicazioni fisse e banda larga 139 Board britannico e dell’Organo di vigilanza italiano: esso conduce una costante attività di verifica in merito all’effettivo rispetto da parte di TNZ dei dettami degli undertakings, con riferimento al processo di progressiva separazione dei sistemi ed al raggiungimento di determinati standard di garanzia in ordine alla corretta osservanza del principio di parità di trattamento su alcuni prodotti, da perseguire entro determinate scadenze. È importante notare, infine21, come per la realizzazione della nuova rete in fibra ottica il governo neozelandese abbia creato un apposito ente pubblico (la Crown Fibre Holdings), cui sono stati affidati 1,5 mld di $, garantendo nel contempo agli operatori di partecipare agli investimenti tramite bando di gara richiedente però una separazione strutturale tra le attività commerciali e la gestione della rete esistente. Di fronte alla possibilità di scegliere tra competere con l’ente pubblico o procedere alla separazione strutturale (“de-merger”) della divisione wholesale, l’ex monopolista ha scelto la seconda strada, che dovrà essere attuata entro il terzo trimestre del 2011 e che lo condurrà a investire in una rete in fibra comune a tutti gli operatori e di proprietà mista pubblico-privato. 21 Per ulteriori approfondimenti relativi al confronto internazionale sulla separazione funzionale della rete cfr. http://organodivigilanza.telecomitalia.it/ita/confronto_internazionale.shtml 140 Telecomunicazioni fisse e banda larga Telecomunicazioni mobili 141 Telecomunicazioni mobili di Lorenzo Principali 1. Lo scenario del mercato Dopo 15 anni di costante crescita, il 2009 è stato il primo anno in cui il mercato delle telecomunicazioni mobili è risultato in flessione, attestandosi a quota 24,01 miliardi di euro (-1,5%). Per osservare l’attesa rivoluzione del settore portata dagli smartphone e dai servizi internet in mobilità occorrerà dunque attendere ancora. La crisi generale ha sicuramente influito su questo ritardo, mostrando altresì la solidità del settore rispetto al più generale comparto tlc. Il calo registrato dal segmento mobile, infatti, è inferiore rispetto al decremento fatto registrare dall’intero comparto (-2,3%) e soprattutto rispetto alle tlc fisse (-3,3%). Di conseguenza non si è interrotta la crescita dell’incidenza del segmento mobile sul totale, di cui è giunto a costituire una quota del 55,73%. Tabella 1 - Il mercato tlc mobile in Italia, 2005-2009 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ % 09-08 Cagr 05-09 Mobile 24.015 24.390 24.070 23.642 22.625 -1,54 1,50% Totale tlc 43.085 44.120 44.200 44.040 43.115 -2,35 -0,02% % segmento mobile sul totale Tlc 55,73% 55,28% 54,45% 53,68% 52,47% - - Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting. Note: dati in miliardi di euro. Il numero di linee attive, dopo anni di costante crescita, mostra segnali di saturazione (-1,0% rispetto al 2008) pur mantenendosi superiore ai 91 milioni di unità, mentre il numero di utenti unici continua il proprio costante incremento, giunto a 46,5 milioni, ben oltre i ¾ della popolazione effettiva. Cresce anche la diffusione dei terminali di terza generazione, posseduti da 31,9 milioni di utenti (+ 9,6% ): questo dato lascia presupporre un sensibile sviluppo del mercato dei servizi broadband mobili nei prossimi anni, potendo contare su una massa critica importante e sulla crescente maturità tecnologica di buona parte degli utenti di telefonia mobile italiani. Tabella 2 - Evoluzione delle linee di telefonia mobile in Italia, 2005-2009 2009 2008 2007 2006 2005 ∆% 09-08 ∆% 09-05 n. linee attive 91,3 92,2 90,7 81,9 72,2 -1,0% 28,9% - di cui su terminali 3G 31,9 29,1 23,1 17,1 10,0 9,6% 219% utenti unici 46,5 46,1 45,9 44,4 42,7 0,9% 8,9% Note: dati in milioni di unità. Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting e Agcom. Resiste il mercato dei servizi mobili, che fa registrare una lieve crescita (+0,3%). Tuttavia, l’effetto di contenimento rispetto al più generale calo del mercato dei servizi tlc nel 2009 è 142 Telecomunicazioni mobili venuto sensibilmente meno: nel 2008 la crescita di oltre 250 milioni di euro del comparto mobile aveva compensato il decremento di 300 milioni di euro del segmento dei servizi su rete fissa, generando la complessiva stabilità del settore servizi (-0,1%); nel 2009, al contrario, l’incremento di circa 65 milioni di euro del mobile non è bastato a bilanciare la perdita, di quasi 400 milioni, fatta registrare dal comparto fisso, determinando un generale calo del mercato dei servizi tlc dello 0,9% . Anche nel comparto dei servizi, dunque, il segmento mobile continua ad aumentare il proprio valore percentuale, essendo ormai prossimo a toccare quota 55%. Tabella 3 - Il mercato dei servizi di rete mobile, 2005-2009 Mobile 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ % 09-08 Cagr 05-09 18.825 18.760 18.510 18.040 17.170 0,35 2,33% Totale servizi Tlc 34.215 34.530 34.580 34.350 33.635 -0,91 0,43% % segmento mobile sul totale Tlc 54,51% 54,32% 53,52% 52,51% 51,04% - - Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting. Osservando i dati Agcom relativi ai servizi di telefonia mobile scorporati per sottocategorie (tab. 4), è interessante notare come l’unica componente in crescita risulti quella relativa al traffico dati. Acclarata la tendenza, forse ormai irreversibile, del calo del mercato degli sms (-6% rispetto al 2009), il traffico dati risulta quindi il segmento cardine su cui gli operatori stanno concentrando le proprie strategie (cfr. paragrafo 3). Tabella 4 - Ricavi da servizi di telefonia mobile in Italia, 2005-2009* 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ % 09-08 Cagr 05-09 Ricavi voce 10,92 11,04 11,11 11,20 10,80 -1,09 0,28% Ricavi dati 4,21 4,17 3,87 3,20 3,80 0,96 2,59% Sms 2,22 2,37 2,33 2,50 2,30 -6,33 -0,88% Mms e altri dati 1,99 1,80 1,54 1,30 0,90 10,56 21,94% Altri 2,56 3,14 3,36 2,20 2,10 -18,47 5,08% Totale 17,70 18,35 18,34 16,60 16,70 -3,54 1,46% Note: * In tale raffronto occorre tenere presenza la discordanza tra i dati Agcom che stimano i ricavi complessivi dal comparto servizi in 17,70 miliardi di euro, e quelli Assinform/Netconsulting utilizzati in particolare per il confronto tra le tlc mobili e l’intero comparto, che stimano il mercato dei servizi mobili in 18,85 miliardi di euro. Allo stesso tempo, mentre per Assinform il mercato dei servizi mobili cresce dello 0,3%, l’Authority per le comunicazioni stima il comparto mobile in calo del 3,5%. Dati in miliardi di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Agcom. Per quanto riguarda il traffico voce, dall’analisi dei dati Agcom (tab. 5) emergono tre considerazioni: in primo luogo, oltre l’87% delle chiamate originarie dalla rete mobile termina nella stessa rete mobile; in secondo luogo, se da un lato resistono le strategie di fidelizzazione degli operatori, mirate a mantenere la maggior parte del traffico entro le proprie infrastrutture (+3,9% rispetto ai minuti di traffico annuale), dall’altro la leggera riduzione (-0,39%) dei ricavi on-net1 (Tab. 6) lascia presupporre una diminuzione delle tariffe o la diffusione di promozioni basate sull’offerta di pacchetti di minuti gratuiti. Tabella 5 - Traffico dei servizi voce mobili per direttrice, 2008-2009 2009 2008 ∆ % 08-09 Rete fissa 13,9 14,1 -0,9% Mobile on-net 66,4 63,9 3,9% Mobile off-net 25,5 23,2 9,7% Altre destinazioni 7,9 7,5 6,1% 113,8 108,7 4,7% Totale Note: dati in miliardi di minuti. Fonte: elaborazione Iem su dati Agcom. 1 All’interno delle infrastrutture proprie dell’operatore che fornisce i servizi. Telecomunicazioni mobili 143 Infine, se al netto aumento dei minuti di chiamate off-net (+9,7%) corrisponde un minimo incremento dei ricavi derivanti da questa direttrice (+0,96%), appare verosimile che le promozioni includano anche minutaggi gratuiti su reti diverse da quelle dell’operatore che ne garantisce l’offerta. Tabella 6 - Ricavi da servizi voce per direttrice, 2005-2009 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ % 09-08 Cagr 05-09 Rete mobile 8,22 8,19 8,45 8,08 7,7 0,37 1,65% - On net 5,07 5,09 5,06 4,58 3,9 -0,39 6,78% - Off net 3,14 3,11 3,4 3,5 3,8 0,96 -4,66% Rete fissa 1,72 1,9 2,01 2,08 2,3 -9,47 -7,01% Reti internazionali 0,98 0,94 0,96 0,8 0,8 4,26 5,20% Totale 10,92 11,03 11,42 10,96 10,8 -1,00 0,28% Note: dati in miliardi di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Agcom. Complessivamente, la congiuntura economica negativa ha influito pesantemente sia sul mercato mobile delle infrastrutture sia soprattutto su quello dei terminali (tab. 7): se i ricavi derivanti dalla gestione, installazione e manutenzione delle reti sono diminuiti del 7,0%, scendendo a quota 1.470 milioni di euro, e la stessa fornitura di software e servizi agli operatori ha presentato valori molto negativi (-8,4%), il decremento più ingente in termini assoluti si è avuto proprio nel mercato dei terminali, in cui la crescente diffusione degli smartphone non è riuscita a bilanciare il generale calo in un segmento che ha fatto registrare un giro d’affari inferiore rispetto al 2008 di oltre 280 milioni di euro. Ciò è in parte dovuto anche alla fornitura di cellulari da parte degli operatori mobili all’interno di abbonamenti comprendenti traffico telefonico, traffico dati e terminali di ultima generazione. Tabella 7 - Il mercato delle tlc mobili: i ricavi da infrastrutture e terminali, 2005-2009 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ %09-08 Cagr05-09 Reti per accesso, installazione, gestione e manutenzione 1.470 1.580 1.650 1.915 2.095 -6,96 -8,48% Software e servizi per operatori tlc 490 535 515 475 405 -8,41 4,88% Telefoni 2g e 3g, smartphone, internet key e data card 3.200 3.480 3.340 3.180 2.920 -8,05 2,32% Totale 5.160 5.595 5.505 5.570 5.420 -7,77 -1,22% Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting. 2. Gli operatori infrastrutturati e i MVNO L’analisi delle quote di mercato per fatturato degli operatori infrastrutturati mostra nel 2009 alcuni segnali importanti: si è ridotta nettamente la distanza tra la divisione mobile di Telecom Italia, la cui quota è in calo di oltre l’8% rispetto al 2009, e che ora detiene il 38% del mercato mobile, e Vodafone, che crescendo di 4 punti ha visto aumentare la propria quota dal 36 al 37,7%, giungendo a ridosso dell’operatore leader (Tab. 8). Continuano inoltre le performance positive di Wind: l’operatore che fa capo alla compagnia egiziana Orascom, ora afferente alla russa Vimpelcom, potendo contare su una crescita annua media del 7% nell’ultimo quinquennio ha rafforzato la propria terza posizione, attestandosi a quota 16,8% dell’intero comparto, e incrementando così il proprio distacco da H3G. Per ciò che concerne quest’ultima, al contrario, i piccoli segnali di cedimento mostrati nel 2007 e nel 2008 si sono confermati anche nel 2009 (-2,43%): queste performance negative l’hanno portata sotto quota 7,3% dell’intero mercato mobile, pur mantenendo positivo il trend di crescita quinquennale (+4% medio annuo). 144 Telecomunicazioni mobili Tabella 8 - Evoluzione quote % di mercato per fatturato nella telefonia mobile in Italia, 20052009 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ % 09-08 Cagr 05-09 Tim 38,20 41,89 42,45 43,74 44,94 -8,80 -3,98% Vodafone 37,71 36,04 33,64 33,56 36,34 4,63 0,93% Wind 16,81 15,86 15,27 13,82 12,51 5,99 7,67% H3G 7,28 7,46 8,63 8,88 6,21 -2,43 4,06% Totale 100 100 100 100 100 0,00 0,00% 3216,7 3360,6 3241,3 3309,3 3535,3 -4,28 -2,33% Herfindal-Hirschmann Index Fonte: elaborazione IEM su dati aziendali. Il mercato nel complesso ha risentito meno di altri comparti della congiuntura economica negativa (tab. 9), mostrando un calo del 2,6%. Occorre tuttavia sottolineare che gli effetti della crisi sono stati più prepotenti su alcuni operatori, mentre altri ne hanno beneficiato per guadagnare quote di mercato: la peggiore performance annuale è stata fatta registrare da Tim, che ha perso oltre l’11% rispetto al 2008, scendendo a quota 8,6 miliardi di fatturato annui; egualmente negativo è stato l’andamento negli ultimi 12 mesi di H3G, in calo di quasi 5 punti percentuali. Vodafone e Wind, al contrario, hanno beneficiato delle perdita di terreno da parte dei rivali rispettivamente per avvicinarsi al leader e per rafforzare la propria posizione: la prima è cresciuta di circa 150 milioni di euro (+1,88%), confermando per il terzo anno consecutivo il proprio costante trend positivo (+1% medio annuo dal 2005). Ancor meglio ha fatto Wind, che oltre ha guadagnare oltre 100 milioni di euro rispetto al 2008 (+3,22%) presenta per il quinto anno consecutivo valori in aumento (+7,83% medio annuo dal 2005). Tabella 9 - Ricavi delle imprese italiane di telefonia mobile, 2005-2009 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ % 09-08 Cagr 05-09 Telecom Italia 8603 9687 9922 10210 10056 -11,19 -3,83% Vodafone 8492* 8335 7862 7834 8132 1,88 1,09% Wind 3786 3668 3570 3226 2800 3,22 7,83% H3G 1640 1726 2018 2072 1390 -4,98 4,22% Totale 22521 23127 23372 23342 22378 -2,62 0,16% Note: ricavi da servizi realizzati in Italia nel segmento mobile, dati in milioni di euro; (*) bilancio chiuso il 31 marzo 2010. Fonte: elaborazione IEM su dati aziendali. Per ciò che concerne gli operatori di rete virtuali (MVNO), ovvero i player che offrono servizi di fonia sfruttando lo spettro e le infrastrutture degli operatori di reti fisiche, il 2009 ha confermato l’andamento positivo rilevato negli anni passati. A circa tre anni dal lancio, gli operatori “virtuali” sono notevolmente cresciuti nel numero (giunto a quota 16) e nella base utenti (2,43 milioni) che però presenta un churn rate (o tasso di abbandono) estremamente alto. Agli operatori specializzati nei mercati “etnici” come Daily Telecom e PLDT Italia, che offrono tariffe agevolate per le chiamate rivolte a specifici segmenti di utenti immigrati e a quelli che sfruttano la diffusione della propria rete di punti vendita fornendo promozioni sulle tariffe telefoniche combinate al proprio core business (Poste Mobile, Carrefour, Coop, Erg mobile ecc) si sono aggiunti gli operatori tlc di rete fissa, che puntano sull’integrazione con le proprie offerte nell’ottica del quadruple play (Fastweb e Tiscali)2. 2 Questi operatori propongono offerte integrate di telefonia fissa, broadband, servizi audiovisivi (Iptv) e di telefonia mobile Telecomunicazioni mobili 145 Tabella 10 - Ricavi MVNO in Italia per tipologia di servizio, 2008-2009 Servizi voce 2009 2008 Var % 125,4 46,3 170,7 Servizi dati 24,4 6,4 281,4 Totale 149,8 52,7 184,2 Note: i dati si riferiscono a Carrefour, Coop Italia, Daily Telecom, Erg Mobile, Fastweb, Noverca, PLDT Italia, Poste Mobile e Tiscali. Dati in milioni di euro. Fonte: Agcom. Nel 2009 il mercato MNVO ha sfiorato quota 150 milioni di euro, facendo registrare una crescita di oltre il 180%. Sebbene siano i servizi dati a presentare i tassi di crescita maggiori (+281%), il segmento voce rimane largamente la componente decisiva, attestata a quota 125,4 milioni di euro annui. Ciononostante, particolarmente rilevante appare il mercato dei Mobile Payments, anche alla luce della recente liberalizzazione avvenuta con l’entrata in vigore del Decreto legislativo n.11 del 2010, che recepisce la normativa europea sui servizi di pagamento del mercato interno3: dal 1° marzo 2010 anche gli operatori Tlc possono agire come istituti di pagamento, dando la possibilità ai propri utenti di effettuare bonifici, trasferimenti finanziari e acquisti in modalità retail, oltre a pagare bollettini, parcheggi, pedaggi, transiti, biglietti e contenuti audiovisivi. Il primo operatore a muoversi in questa direzione è stato Poste Italiane, che insieme a Noverca (gruppo Intesa) detiene oltre il 60% del mercato dei MVNO. Nel 2009 i pagamenti in mobilità sono stati utilizzati prevalentemente per le ricariche telefoniche, il ticketing e il parking, ma è probabile che il mercato si evolverà verso servizi avanzati a più alto valore aggiunto per gli operatori (bonifici, fatture, acquisti e money transfer). In tale contesto, resta da stabilire come questi si posizioneranno lungo la catena del valore: se fungendo da abilitatori, se limitandosi a veicolare e semplificare le transazioni o se gestendo interamente e direttamente i servizi di pagamento per sfruttare l’alta diffusione dei terminali e la progressiva dimestichezza dell’utenza con il mobile billing. 3. La banda larga mobile: contenuti, traffico e investimenti Il segmento del traffico dati, complice la crescente diffusione di terminali di nuova generazione dotati di connessione ad internet, appare quello dotato dei maggiori margini di crescita nel campo delle telecomunicazioni mobili. Ciò è dovuto soprattutto alla connettività a banda larga in mobilità offerta dagli operatori telefonici, un segmento ancora in via di sviluppo ma che potrebbe determinare l’apertura di un nuovo mercato di servizi rivoluzionari rispetto al tradizionale uso del telefono mobile: infomobilità, geolocalizzazione, servizi di prossimità, mobile payment sono solo alcuni dei possibili sviluppi cui condurrà la diffusione di “internet in tasca” presso la popolazione. Probabilmente per queste ragioni, tale comparto risulta quello maggiormente in evoluzione, nonché il terreno su cui si stanno giocando alcune tra le partite più importanti per il prossimo futuro. Da un lato, il nuovo modello di business introdotto dai player manifatturieri con il lancio di application store proprietari (Apple su tutti) ha in parte disintermediato gli operatori tradizionali dalla vendita dei contenuti4. Ciò è dovuto alle caratteristiche degli application store, i quali, strutturati in sinergia con i device, consentono a piccole software house o singoli sviluppatori di creare applicazioni destinate ad un vasto pubblico (ovvero i possessori del terminale) con la formula del revenue sharing tra operatore e sviluppatore. Tuttavia, poiché nella maggior parte dei casi i contenuti sono disponibili in modalità freemium o free, tale 3http://www.filodiritto.com/index.php?azione=visualizza&iddoc=1627 4 Vodafone ha lanciato un proprio application store disponibile per alcuni modelli di due distinti operatori manifatturieri (Samsung e Nokia), mentre Tim ha stretto un accordo con la stessa Nokia per fornire il proprio sistema di pagamento su Ovi Store, negozio online di contenuti e applicazioni lanciato dall’operatore svedese. 146 Telecomunicazioni mobili modello sembra generare una parziale ma progressiva sostituzione dei contenuti a pagamento con contenuti e applicazioni disponibili gratuitamente, piuttosto che un effetto sostituzione pay vs pay: se nei portali delle Telco il rapporto tra contenuti pay e free era di 95 a 5, negli application store questo appare radicalmente capovolto (8-92)5. Gli effetti di tale dinamica, sebbene positivi per i player manifatturieri, che offrono così ai propri clienti una serie di microservizi e applicazioni aggiuntive, generano un complessivo calo dei ricavi derivanti da contenuti mobili, che risultano in perdita di circa il 20% (-160 milioni di euro) rispetto al 2008 (tab. 11). Tabella 11 - Confronto ricavi mercato mobile: accesso, contenuti e pubblicità, 2008 - 2009 PoliMi Confindustria SI 2009 2008 ∆% 08-09 2009 2008 ∆% 08-09 Mobile internet 392 334 17,37 n.d n.d. n.d. Mobile content pay 596 744 -19,89 763 900 -15,22 - di cui da application store 24 6 300,00 2 0 - Mobile advertising 32 32 0,00 20,5 22 -6,82 1020 1110 -8,11 783,5 922 -15,02 Totale Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Polimi (Osservatorio Mobile Content 2010) e Confindustria (Rapporto E-Content 2010) Infatti, al decremento dei ricavi da contenuti venduti dagli operatori tlc corrisponde un minimo aumento delle revenue per i gestori di application store, peraltro stimato in modo molto diverso a seconda delle fonti considerate (+2 milioni secondo Confindustria SI e +18 milioni secondo PoliMi). D’altra parte, tale nuovo meccanismo di diffusione dei contenuti contribuisce notevolmente all’incremento del traffico dati in mobilità: questo segmento è passato da 334 a 392 milioni di euro (+17%) un dato sicuramente incoraggiante che però non è riuscito a compensare la netta diminuzione dei ricavi da contenuti. La pressione concorrenziale di fornitori di contenuti “terzi” (rispetto alla gestione del traffico mobile) sembra dunque sospingere gli operatori di telefonia a rifocalizzarsi sui ricavi da traffico internet, venendo meno le possibilità di ricavo nelle vesti di content provider. In questo senso, la progressiva diffusione delle tariffe flat, che ha generato ricavi in aumento di 53 milioni rispetto al 2008 (+68%) a fronte dei 5 milioni di incremento fatti registrare dalla tariffazione a consumo (+2 % sul 2008)6 costituisce un segnale importante, così come le offerte che puntano in modo sempre più deciso sulla fornitura di pacchetti comprendenti smartphone dotati di accesso ad internet e connessione “senza limiti”. Tuttavia, proprio la tariffazione flat è messa in pericolo dal rischio di sovraccarico delle reti e, per sopperire a tale problema, tutti gli operatori stanno attuando pratiche di traffic shaping che limitano le velocità di navigazione degli utenti in certi lassi di tempo o una volta superata una determinata soglia di traffico. Se da un lato sembra profilarsi la fornitura di internet mobile secondo un modello di business che premia gli utenti disposti a pagare di più per un migliore servizio, dall’altro tale fenomeno rischia di rallentare la diffusione della banda larga mobile presso ampie fasce della popolazione e conseguentemente il suo utilizzo da parte della massa critica di utenti necessaria a rendere profittevoli gli investimenti in questa tecnologia. Per garantire uno sviluppo del mobile broadband che coinvolga il maggior numero possibile di individui appare dunque necessario che operatori e Istituzioni continuino a lavorare per sopperire al digital divide mobile con investimenti e liberalizzazioni. In questo senso, la previsione di assegnare le frequenze liberate dal passaggio al digitale del sistema radiotelevisivo agli operatori di telefonia mobile tramite asta pubblica introdotta dalla legge di stabilità 2010 costituisce un segnale importante. Tuttavia, la mancata previsione di indirizzare parte delle risorse ricavate dalla gara negli investimenti volti a ridurre il digital divide, come richiesto dalla Commissione Europea7, rischia di determinare 5 Rapporto E-Content 2010, Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici 6 Fonte: Osservatorio Mobile Content e Internet 2010 7 Cfr. l’Agenda digitale europea, le audizioni del Commissario Neelie Kroes presso la IX Commissione della Camera e l’VIII del Senato e la Decisione del 6 maggio 2010, la quale definisce norme tecniche armonizzate che gli Telecomunicazioni mobili 147 un abbassamento del livello degli investimenti per il 2011-128. Figura 1 - Investimenti in immobilizzazioni, 2005-2009 4.000 3.500 3.428 3.165 3.194 3.046 3.000 2.415 2.500 2.000 1.500 1.000 500 0 2005 2006 2007 2008 2009 Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione IEM su dati Agcom. A tal proposito, nel 2009 si è registrata una netta riduzione degli investimenti su rete mobile da parte degli operatori infrastrutturati (-22%), dovuta sia alla recessione economica sia soprattutto alla capillare copertura delle rete raggiunta da parte degli operatori. Il valore assoluto degli investimenti effettuati nel 2009 si è attestato a quota 2.415 milioni di euro, il più basso dell’ultimo quinquennio. D’altra parte, la crescita del traffico dati osservata precedentemente rende estremamente urgenti nuovi investimenti in tale direzione. Anche il nuovo standard Lte9, che permette performance di almeno 100 Mbps in download e 50 Mbps in upload, con picchi fino a rispettivamente 326.4 Mbit/s e 86.4 Mbit/s10, e che verosimilmente contribuirà a sviluppare ulteriormente il mercato del mobile broadband, se da un lato consente una maggiore efficienza “spettrale” e una maggiore flessibilità, dall’altro necessita dell’aggiornamento delle reti di trasmissione, non essendo retro-compatibile con gli standard precedenti11. Per queste ragioni gli operatori stanno investendo in specifici programmi destinati alla costruzione di infrastrutture per la banda larga mobile: Vodafone ha lanciato un piano per coprire mille Comuni in condizioni di digital divide a partire da gennaio 2010, e ha previsto di stanziare oltre 1 miliardo di euro in tre anni. Inizialmente verrà adottata la tecnologia HSPA+, per poi passare Stati membri devono rispettare per l’assegnazione delle frequenze radio nella banda a 800 MHz. 8 Poiché gli operatori sono verosimilmente gli stessi che parteciperanno all’asta e dunque dovranno effettuare un ingente esborso per le frequenze (il Governo lo stima complessivamente intorno ai 2,4 miliardi di euro) è possibile che per far fronte a tale pagamento siano costretti a tagliare parte degli altri investimenti in infrastrutture. 9 Il nuovo standard LTE (Long Term Evolution) è l’ultimo della famiglia degli standard mobili di trasmissione ed è stato realizzato dal 3rd Generation Partnership Project (3GPP). Sebbene sia noto come standard di quarta generazione (4G), in realtà non è completamente corrispondente alle specifiche dell’ IMT Advanced 4G, al contrario dell’LTE Advanced, che consente performance vicine ad 1 Gbps. Mentre l’LTE non è compatibile con le reti precedenti (GSM, UMTS ecc) l’Advanced LTE è totalmente compatibile con le reti LTE. Di conseguenza, sarà necessario affiancare una nuova infrastruttura a quelle esistenti. La funzione dell’ LTE consiste quindi nell’implementazione delle performance della banda larga mobile sfruttando l’esperienza e gli investimenti effettuati per le reti 3G: ciò consentirebbe di anticipare i tempi rispetto alla disponibilità degli standard di quarta generazione 4G, facendo sì che, quando verranno introdotti, non sarà necessaria la costruzione di una ulteriore rete di trasmissione. 10 Rumney, Moray. “3GPP LTE: Introducing Single-Carrier FDMA”. Agilent Technologies. 11 Cfr. Nota 9. 148 Telecomunicazioni mobili all’LTE entro due o tre anni, e avranno priorità i Comuni che sono attualmente in condizione di Digital Divide totale. La capacità prevista dovrebbe essere superiore ai 2 Mbps, una soglia doppia rispetto alla quota di 1 Mbps ritenuta, anche a livello internazionale, soglia minima di “larga banda”. Inoltre, sia nel piano industriale di Telecom Italia, che include il potenziamento della rete mobile di TIM, sia nella roadmap stilata da Vodafone, sono annunciati aggiornamenti delle capacità delle rispettive reti (nelle aree già coperte) da 14,4 a 21-21,6 Mbps, fino a 42 Mbps nel 2012. Secondo le stime di Telecom Italia, nel 2013 il traffico sulla propria rete mobile sarà pari a 150 Petabyte (150 milioni di Gigabyte) quasi il triplo degli attuali 60 Petabyte previsti in transito sulla rete TIM nel 2010, ben 15 volte il volume del 2007. Un tasso di crescita simile (anche se molto inferiore in termini assoluti) è stato registrato anche sulla rete di 3 Italia, passata dal trasporto di 7 Petabyte del 2008 ai 16 del 2009 fino ai 5 del solo primo trimestre 201012. Dunque, se dal punto di vista della gestione di contenuti e applicazioni gli operatori si ritrovano in competizione con gli application store proprietari dei player manifatturieri, per quanto riguarda la fornitura di connettività appare cogente il problema del sovraccarico delle reti. Relativamente ai primi, il nuovo modello di business introdotto dagli application store proprietari sembra rappresentare per gli operatori tlc un competitor ma anche una leva di sviluppo con cui occorrerà trovare sinergie efficaci che rendano il mercato mobile redditizio. Infatti, per evitare che la diffusione di internet mobile si arresti o si trasformi in un fenomeno circoscritto ed elitario, appare necessario di ricreare, probabilmente coinvolgendo gli stessi fornitori di contenuti e servizi (anche eventualmente con meccanismi di revenue sharing tra operatori di rete e fornitori aggregatori di contenuti), un circolo virtuoso in grado di stimolare gli operatori a investire maggiormente nelle reti mobili e a promuovere l’utilizzo di tariffe flat, così da favorire la sottoscrizione di abbonamenti da parte del maggior numero possibile di utenti. Il raggiungimento della massa critica di utenti per rendere proficui tali investimenti passa verosimilmente per uno sviluppo del nuovo mercato dei servizi mobili che sia più condiviso e remunerativo per tutti in player della filiera. 4. Il confronto internazionale Il confronto con i principali mercati europei, come già rilevato negli anni precedenti, vede l’Italia in una posizione di leadership per quanto concerne il numero di linee attive. L’Italia presenta infatti la più alta penetrazione di linee mobili rispetto alla popolazione (158,42%), seppur in calo rispetto al 2008. Seguono la Germania (133,03%) e il Regno Unito (131%), mentre Francia e Spagna presentano tassi minori, maggiormente in linea con il numero di abitanti, rispettivamente pari al 97,92% e al 109,30%. Tabella 12 - Evoluzione delle linee di telefonia mobile, 2005-2009 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ %09-08 Cagr05-09 Francia 97,9 93,6 89,8 85,1 79,5 4,63 5,35% Germania 133,0 129,9 117,6 103,6 95,9 2,38 8,53% Italia 151,2 158,4 157,6 135,1 123,1 -4,56 5,28% Spagna 109,3 107,5 107,1 102,2 96,8 1,67 3,08% Regno Unito 131,7 126,3 121,8 115,9 109,2 4,28 4,80% Note: dati in milioni. Fonte: elaborazione IEM su dati Arcep,VATM, Assinform, Ofcom e CMT. Il mercato di telefonia mobile più ampio risulta ancora essere quello tedesco, sebbene il trend degli ultimi cinque anni evidenzi l’ormai raggiunta saturazione: sceso a quota 23 miliardi di euro, esso presenta tassi di decremento elevati sia sul lungo periodo (-4% medio annuo dal 2005) sia nel confronto anno su anno (-7% rispetto al 2008). 12 Nel corso del 2009, 3 Italia ha siglato due importanti accordi: quello esclusivo con Ericsson per lo sviluppo di una rete in banda larga mobile all’avanguardia, e quello con Telecom Italia per la condivisione dei siti di accesso per la rete radiomobile per ottimizzare gli investimenti e i tempi di sviluppo della rete stessa (fonte: 3 Italia). Telecomunicazioni mobili 149 Tabella 13 - Evoluzione del mercato di telefonia mobile nei principali paesi europei, 2005-2009 Francia 2009 2008 2007 2006 2005 ∆ % 09-08 Cagr 05-09 20,4 20,1 19,0 18,1 17,4 1,49 4,06 Germania 23,6 25,4 26,4 27,8 28,1 -7,09 -4,27 Italia 18,8 18,8 18,5 18,0 17,2 0,35 2,33 Regno Unito 16,7 17,3 16,8 15,6 14,7 -3,24 3,27 Spagna 14,3 14,9 14,8 13,3 12,0 -3,99 4,56 Totale 93,9 96,5 95,5 92,8 89,4 -2,69 0,01 Note: dati in miliardi di euro. Fonte: elaborazione IEM su dati Arcep,VATM, Assinform, Ofcom e CMT. Discorso inverso per la Francia che, grazie ad un tasso di crescita costante (+4% medio nell’ultimo quinquennio), è riuscita a resistere bene anche alla crisi, guadagnando circa l’1,5% nel 2009 e confermandosi il secondo mercato europeo per dimensioni. L’Italia rafforza la propria posizione facendo segnare una leggera crescita (+0,3%)13 mentre la Spagna subisce una sensibile battuta d’arresto (-4%), così come il Regno Unito (3,2%) Scomponendo i ricavi secondo le direttrici, sono due le tendenze che emergono distintamente: la perentoria crescita del traffico dati e la diminuzione del traffico voce e sms (Tab. 14). Per ciò che concerne il mercato voce, in Italia e Francia la riduzione appare contenuta, rispettivamente -1,09% e – 1,92%, mentre in Germania e in Spagna questo segmento perde quasi il 9%. Al contrario di quello spagnolo, inoltre, il trend tedesco mostra valori sensibilmente negativi anche sul lungo periodo (sfiorando quasi il 7% medio annuo), lasciando presagire un progressivo cambiamento nelle abitudini degli utenti, sempre più orientati alla sottoscrizione di offerte di pacchetti di minuti che riducono i ricavi per gli operatori. Il comparto del traffico dati è quello che ha fatto segnare le performance migliori: in un mercato maturo come quello tedesco questa componente supera abbondantemente quota 3 miliardi di euro, con un tasso di crescita media annua nell’ultimo quinquennio di quasi il 40%. Anche in Italia il traffico dati fa segnare valori molto positivi (+22% medio annuo dal 2005 e +10% rispetto al 2008) sfiorando nel 2009 quota 2 miliardi di euro, così come in Spagna (1,5 miliardi nel 2009). Più difficile fare una stima sul trend francese, anche se l’incremento di oltre 20 punti percentuali della componente dati + sms, considerando che questo secondo segmento presenta valori negativi in tutti gli altri mercati, potrebbe rivelare un’ottima performance del mercato dati, in grado di controbilanciare brillantemente l’ipotizzato calo del mercato sms. Proprio quest’ultimo segmento, come prevedibile, sta diventando un comparto di secondo piano in tutti i mercati europei, sia per via dei pacchetti che offrono grandi quantità di sms a costi ridotti, riducendo il ricavo unitario, sia perché l’evoluzione delle forme di comunicazione mobile lo rende sempre più uno strumento obsoleto: calato di quasi 9 punti in Germania, di 6 in Italia e di 9 in Spagna, il mercato sms verrà probabilmente rimpiazzato in maniera graduale dallo scambio dati. Complessivamente, dunque, in tutti i grandi paesi europei gli operatori stanno fronteggiando il progressivo cambiamento delle abitudini degli utenti e la trasformazione dei terminali mobili da strumenti di comunicazione one-to-one a veri e propri media center in grado di fornire connettività, intrattenimento e accesso al web. L’abilità di guidare o accompagnare questa evoluzione determinerà probabilmente i futuri equilibri del mercato negli anni a venire. 13 In questa comparazione sono stati utilizzati i dati Assinform, che vedono il mercato italiano crescere dello 0,3%. Più negativo è l’andamento secondo l’Agcom, vedi supra. 150 Telecomunicazioni mobili Tabella 14 - Ricavi da servizi di telefonia mobile nei maggiori paesi europei, 2005-2009 Paese Francia Germania Italia Regno Unito Tipologia di ricavi voce 2008 2007 2006 2005 ∆%09-08 Cagr 09-05 15,30 15,60 15,10 14,60 14,30 -1,92 1,70 dati e sms 3,80 3,10 2,40 2,10 1,90 22,58 18,92 Vas e directory 1,30 1,40 1,40 1,30 1,20 -7,14 2,02 voce 17,23 18,95 20,36 22,08 22,97 -9,08 -6,94 dati 3,23 3,02 2,35 1,67 0,92 6,98 36,92 mms 0,19 0,20 0,24 0,22 0,17 -7,39 2,85 sms 2,95 3,23 3,46 3,83 4,04 -8,53 -7,56 voce 10,92 11,04 11,11 11,20 10,80 -1,09 0,28 dati e mms 1,99 1,80 1,54 1,30 0,90 10,56 21,94 sms 2,22 2,37 2,33 2,50 2,30 -6,33 -0,88 voce 11,78 12,34 12,57 11,89 11,56 -4,54 0,47 1,9 1,57 1,01 0,78 0,44 21,02 44,15 dati e mms Spagna 2009 sms 3,03 3,36 3,25 2,91 2,69 -9,82 3,02 voce 10,27 11,28 11,69 10,82 9,83 -8,95 1,10 dati 1,50 1,11 0,78 0,46 0,30 35,02 49,06 sms e mms 1,57 1,73 1,74 1,65 1,55 -9,08 0,30 Note: dati in miliardi di euro. Fonte: elaborazione IEM su dati Arcep,VATM, Agcom, Ofcom e CMT. Telecomunicazioni mobili 151