l`industria della comunicazione in italia

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l`industria della comunicazione in italia
FONDAZIONE ROSSELLI
Istituto di Economia dei Media
L’INDUSTRIA DELLA
COMUNICAZIONE
IN ITALIA
TREDICESIMO RAPPORTO IEM
Gli investimenti pubblici nell’industria culturale
e delle telecomunicazioni
© 2011, Fondazione Rosselli
Corso Giulio Cesare 4 bis/B 10152 Torino
Tel. +39 011 2079083 Fax +39 011 76 52 613
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ISBN 978-88-97269-03-8
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FONDA ZIONE ROSSELLI
Fondazione Rosselli
Istituto di Economia dei Media
L’INDUSTRIA DELLA
COMUNICAZIONE IN
ITALIA
TREDICESIMO RAPPORTO IEM
Gli investimenti pubblici nell’industria culturale
e delle telecomunicazioni
A cura di
Flavia Barca
Coordinamento operativo
Andrea Marzulli
Autori
Flavia Barca - Daniela Ciavarelli - Andrea Marzulli -Luca Murrau
Lorenzo Principali - William Ricci - Paola Savini - Roberto Triola
Chiara Valmachino - Bruno Zambardino
La Fondazione Rosselli ringrazia per il sostegno:
ed inoltre:
Se i dati e le informazioni di seguito rappresentati sono stati raccolti in maniera accurata, non si intende comunque offrire
alcuna garanzia formale, esplicita o implicita, che le fonti da cui sono stati raccolti siano veritiere o complete.
Le informazioni sono state espressamente raccolte per l’uso in questo rapporto di ricerca e basate sui dati e le fonti disponibili
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uso che di questi possa essere fatto in altre sedi, come ad esempio intraprendere iniziative o valutazioni commerciali basate
sulle informazioni qui raccolte e sulle opinioni qui espresse.
Indice
Introduzione (7)
di Flavia Barca e Andrea Marzulli
Parte prima
Mercati
Televisione
di Andrea Marzulli
1. Introduzione (15) - 2. Ascolti e penetrazione (16) - 3. Il mercato (23) - 4. L’andamento della pubblicità
televisiva: lo scenario europeo (26)
Radio
di Chiara Valmachino
1. Lo scenario (33) - 2. Gli investimenti pubblicitari (39) - 3. Il confronto internazionale (41) - 4. Le
piattaforme di distribuzione e il futuro della radio (42)
Cinema
di Bruno Zambardino
1. Produzione, distribuzione, esercizio (48) - 2. Le risorse del mercato (51) - 3. Una comparazione con i
mercati europei (59)
Home-video
di Andrea Marzulli
1. Il mercato italiano (63) - 2- Il confronto internazionale (66)
Libri
di Daniela Ciavarelli
1. Produzione e lettura (71) - 2. Valore del mercato (74) - 3. Confronti internazionali (76)
Quotidiani e periodici
di Paola Savini
1. Introduzione (80) - 2. La stampa quotidiana e periodica in Italia: analisi dei principali indicatori (82)
– 2.1 Tiratura, diffusione e vendita (82) – 2.2 La lettura (84) – 3. Le aziende editoriali: fonti di ricavo e
redditività (86) – 3.1 Quotidiani (86) 3.2 Periodici (88) – 4. Il confronto internazionale (89)
Directory
di Luca Murrau
1. Il mercato italiano (94) - 2. Il mercato europeo (96)
Musica registrata
di William Ricci
1. Il mercato italiano (99) - 2. Il mercato europeo (103) - 3. Il mercato mondiale (105)
Pubblicità
1. La comunicazione commerciale: lo scenario 2008-2009 (108) - 2. Il media mix italiano (111) - 3. Il
confronto internazionale (115) Telecomunicazioni fisse e banda larga
di Lorenzo Principali
1. Il mercvato dei servizi di rete fissa e la banda larga (120) - 2. Gli operatori, gli investimenti e l’ultra
broadband (126) - 3. Il confronto internazionale (132) - 4. La separazione funzionale della rete (136)
Telecomunicazioni mobili
di Lorenzo Principali
1. Lo scenario del mercato (142) - 2. Gli operatori infrastrutturati e i MVNO (144) - 3. La banda larga
mobile: contenuti, traffico e investimenti (146) - 4. Il confronto internazionale (149)
Informatica
di Roberto Triola
1. Introduzione (153) - 2. Le imprese IT in Italia (155) - 3. Il mercato (157) - 4. Il confronto internazionale
(163)
Videogiochi
di William Ricci
1. Il mercato italiano (167) - 2. Mercato europeo (173) - 3. Abitudini di consumo (174)
Parte seconda
Approfondimenti
Gli investimenti pubblici nell’industria culturale e delle telecomunicazioni
di Flavia Barca, Andrea Marzulli, Luca Murrau, Lorenzo Principali, Bruno Zambardino
1. Introduzione e Nota Metodologica (178)
1.1. Introduzione (178)
1.2. Nota metodologica (182)
2. Gli aiuti di stato a cultura e telecomunicazioni: orientamenti e iniziative dell’Unione Europea (186)
2.1. I nuovi orientamenti sugli aiuti di Stato (186)
2.2. La deroga prevista per gli aiuti alla cultura e le iniziative di supporto (188) - 2.2.1. La deroga per la
cultura (188) - 2.2.2. Le iniziative di supporto (191)
2.3. L’azione europea per le telecomunicazioni (195) - 2.3.1. Il quadro generale (195) - 2.3.2. Gli aiuti di
stato a sostegno del broadband (197) - 2.3.3. Le aree di aiuto al broadband (199)
3. La spesa pubblica in Italia in telecomunicazioni e cultura nel sistema dei conti pubblici territoriali (201)
3.1. Introduzione (201)
3.2. Il quadro complessivo (202)
3.3. La spesa pubblica nelle telecomunicazioni (205) - 3.3.1. Spesa complessiva sul territorio italiano
(205) - 3.3.2. Spesa per regione (207)
3.4. La spesa pubblica in cultura (209) - 3.4.1. Spesa complessiva sul territorio italiano (209) - 3.4.2.
Spesa suddivisa per regione (214)
4. L’intervento pubblico in Italia nei settori dell’industria della comunicazione (217)
4.1. Radio e tv (217) - 4.1.1. Introduzione (217) - 4.1.2. Sostegno alla tv pubblica nazionale (217) - 4.1.3.
Le convenzioni Rai con la PA (222) - 4.1.4. I contributi del Ministero dello Sviluppo Economico –
Dipartimento delle Comunicazioni (228) - 4.1.5. I contributi della Presidenza del Consiglio dei Ministri
– Dipartimento Editoria ed Informazione (233) - 4.1.6. Rimborsi per messaggi autogestiti a titolo
gratuito in campagna elettorale (236) - 4.1.7. Contributi per il digitale terrestre (239)
4.2. Editoria (247)
4.3. Cinema e spettacolo dal vivo (251) - 4.3.1. Introduzione (251) - 4.3.2. Evoluzione degli
stanziamenti Fus e macrotendenze (258) - 4.3.3. I settori più rilevanti: cinema, fondazioni liricosinfoniche, attività musicali, prosa (262) - 4.3.4. Investimenti pubblici a favore della fiction nazionale e
i fondi regionali per l’audiovisivo (271) - 4.3.5. I fondi extra-FUS (273) - 4.3.6. Le risorse Arcus per la
cultura e lo spettacolo (275) - 4.3.7. Le risorse del lotto per lo spettacolo (283) - 4.3.8. La ridistribuzione
della spesa pubblica nazionale a livello regionale (285)
4.4. Forme di incentivi pubblici alle infrastrutture di telecomunicazione (290) - 4.4.1. Introduzione
(290) - 4.4.2. I principali organismi impegnati nella diffusione della banda larga (291) - 4.4.3. I
principali interventi a livello nazionale (294) - 4.4.4. I principali interventi a livello regionale (300) 4.4.5. Le risorse stanziate nella lotta al digital divide (302)
Bibliografia (304)
Considerazioni a margine dello studio (306)
di Carla Bodo (306)
di Maurizio Dècina (309)
di André Lange (310)
di Mario Morcellini (311)
di Mariella Volpe (314)
Note sugli autori (326)
Introduzione
di Flavia Barca e Andrea Marzulli
Una forte flessione nel 2009 e una ripresa generalmente debole, con l’eccezione di alcuni
comparti, nel 2010. Il quadro disegnato dall’andamento dell’industria della comunicazione
nel corso della crisi economica non è particolarmente differente da quello dell’economia in
generale nel nostro Paese.
La flessione di questo macro-settore, dal perimetro non immune da puntualizzazioni
metodologiche, è stata complessivamente del 4,4%, una percentuale non lontana da quella
pronosticata nel precedente rapporto (4,9%), grazie a una ripresa migliore del previsto negli
ultimi mesi del 2009. Il valore totale si attesta sui 96.147 milioni di euro (contro i 100.520 del
2008), una cifra di poco inferiore a quella registrata nel 2005. Questo valore non supererà i 100
miliardi a fine 2010; anzi, considerando le difficoltà dell’ICT, resterà decisamente al di sotto.
Figura 1 - Ricavi dell’industria della comunicazione, 2005-2009
105.000
100.321
100.000
100.520
98.712
96.263
96.147
95.000
90.000
85.000
80.000
2005
2006
2007
2008
2009
Note: dati in milioni di euro. Fonte: IEM su varie.
L’andamento dei diversi mercati nel 2009 lascia poco spazio a considerazioni fuori dall’alveo
nel quale i fenomeni degli ultimi anni sono stati letti e interpretati. Se guardiamo ai pochissimi
segmenti che hanno chiuso l’anno con un segno positivo, troviamo il mercato pubblicitario
su Internet, la cui forte crescita è stata solo frenata ma il cui ruolo nel riposizionamento degli
investimenti in comunicazione si conferma. A questa si aggiunge il box office cinematografico,
che conferma la sua straordinaria valenza anticiclica, ma che rappresenta solo la prima delle
tipologie di sfruttamento del prodotto. Prodotto che invece non è immune dal restringersi delle
finestre successive, come l’home video, in forte caduta, e la televisione con la flessione dei ricavi
Introduzione
7
pubblicitari e il rallentamento di quelli da abbonamento. Terzo e ultimo segmento in positivo,
la pubblicità below the line, forma di comunicazione commerciale che tradizionalmente meno
risente dell’andamento macroeconomico rispetto agli investimenti sui mezzi classici.
La lista dei mercati con segno negativo comprende tutti quei settori che hanno pagato la crisi
pubblicitaria, a diversi livelli d’incidenza. Per cui può essere considerato persino positivo il
–3,4% della televisione, dove la flessione pubblicitaria, meno forte che in altri media, è stata
parzialmente compensata dalla crescita, persistente seppur a tassi inferiori, della pay. Peggio è
andata alla radio e, soprattutto, a quotidiani e periodici, i quali non hanno trovato nelle vendite
dirette un fattore di compensazione quanto di aggravamento del risultato finale.
Se musica e home video proseguono nella loro erosione, condizionata dalle alternative offerte
Internet (in senso ampio, leggi: file sharing), che colpiscono ormai anche i quotidiani e le
directory, desta preoccupazione la forte battuta d’arresto (-8%) dell’informatica, mercato che
nel nostro Paese è già fortemente sottodimensionato e che ha risentito in particolare della
contrazione della domanda business.
Figura 2 - Andamento dei mercati della comunicazione (var. % 2009 su 2008)
Internet (pubblicità)
6,4
Cinema
4,2
Pubblicità below the line
1,5
-1,5
Tlc mobili
Tlc fisse
-3,3
Televisione
-3,4
Libri
-4,3
Industria della Comunicazione
-4,4
Radio
-7,8
Informatica
-8,1
Quotidiani
-9,0
Directory
-9,7
Videogiochi
-10,6
Musica registrata
-13,1
Periodici
Home video
Pubblicità esterna
-25,0
-14,1
-17,9
-18,9
-20,0
-15,0
-10,0
-5,0
0,0
5,0
10,0
Fonte: IEM su varie.
Nel corso del 2010 si sono visti i segnali di ripresa, ma non per tutti i settori. Sul versante
pubblicitario, hanno ripreso la loro corsa in doppia cifra gli investimenti su Internet (nel
periodo gennaio-ottobre), così come superiore al 10% è stata la crescita della radio, che ha
pressoché recuperato quanto perso nel 2009, ed anche la pubblicità televisiva registra un
confortante +6%. Non si arresta, viceversa, la caduta dei quotidiani, per i quali gli investimenti
pubblicitari retrocedono di un ulteriore 2,6% e il segno negativo delle vendite sfiora addirittura
il 5%. Superfluo citare ancora il consumo di informazione sui nuovi media per commentare
questa ulteriore flessione. Mentre può essere ritenuto soddisfacente, nel disastro degli ultimi
anni, il segno positivo per la musica (+7,7%) e per l’home video (+2%) nella prima parte del
2010. Riprendono a marciare anche i videogiochi, con un incremento di quasi il 7% nei primi
8 Introduzione
cinque mesi dell’anno.
Più preoccupante, invece, la flessione continua dell’ICT, dove le telecomunicazioni fisse
perdono il 4%, quelle mobili l’1% e l’informatica il 2,5%. Per l’IT, è proseguita la contrazione
degli investimenti delle imprese nell’adeguamento delle dotazioni tecnologiche. Nelle TLC si
registra principalmente il calo dei ricavi da fonia e, per quanto riguarda la rete fissa, dei servizi
a valore aggiunto.
Figura 3 - Andamento dei mercati della comunicazione (var. % parziale 2010 su stesso periodo
2009)
Cinema (incassi)
26,0
Internet (pubblicità)
17,7
Radio (pubblicità)
10,2
Musica (fisico + digitale)
7,7
Videogiochi (Hw + Sw)
6,9
Televisione (pubblicità)
6,3
Pubblicità mezzi classici
3,8
Home video
2,0
Tlc mobili
-0,9
Informatica
-2,5
Quotidiani (pubblicità)
-2,6
Tlc fisse
Quotidiani (vendite)
-10,0
-4,0
-4,7
0,0
10,0
20,0
30,0
Note: l’arco temporale si riferisce a gennaio-ottobre (tutti i dati pubblicitari e le vendite dei Quotidiani), gennaioagosto (incassi Cinema), gennaio-giugno (Informatica, Telecomunicazioni fisse e mobili, Home video, Musica),
gennaio-maggio (Videogiochi). La variazione percentuale è sullo stesso periodo dell’anno precedente.
Fonte: IEM su varie.
Dal raffronto con i principali mercati europei, sistematicamente affrontato nelle analisi
contenute in questo Rapporto, emerge come l’industria della comunicazione nel nostro
Paese sia meno ricca, in proporzione, rispetto a quella degli altri grandi Paesi europei, dove i
consumi culturali e tecnologici sono, in qualche caso di gran lunga, più sviluppati. Una positiva
eccezione è rappresentata dal mercato della pubblicità televisiva, il più ricco del continente.
Non v’è dubbio che sia anche il più concentrato ma è anche vero che la leadership, a valore, sia
raggiunta grazie al fatto che il servizio pubblico vi concorre con la cifra più alta fra i servizi
pubblici degli altri Paesi e che nel computo sono inseriti i ricavi commerciali delle emittenti
locali, assenti o marginali negli altri Paesi considerati.
Lo stesso valore, qualora considerato pro capite, peggiora la classifica dell’Italia in alcuni
segmenti, a favore della meno popolata Spagna. Il risultato del 2009, in variazione percentuale
sull’anno precedente, dà alla Spagna il non invidiabile primato della peggiore performance in
quasi tutti i segmenti dell’industria. Primato che l’Italia ha avuto nel box office cinematografico
(pur nel segno positivo, come detto) e nel mercato dell’editoria libraria. In molti casi, quello
italiano è il secondo peggior risultato dopo quello spagnolo. A perimetro costante (cioè solo
per i settori considerati), la flessione dell’Italia (6,4%) è però inferiore non solo a quella della
Introduzione
9
Spagna ma anche a quella del Regno Unito (6,6%). Più contenuta è stata la caduta in Francia
(-3,2%) e Germania (-4,9%).
Tabella 1 - Mercati della comunicazione a confronto, per valore totale (2009)
Francia
Germania
Italia
Regno Unito
Spagna
Rank Italia
3544
3640
3983
3467
2343
1
Radio (pubblicità)
676
679
436
456
537
5
Cinema (incassi)
1232
976
664
1059
668
5
Televisione (pubblicità)
Home video
1411
1633
680
2877
125
4
Libri
4213
9691
3407
3821
3109
4
680
1099
226
1128
176
4
Musica registrata
Pubblicità mezzi classici
10724
14068
8844
13989
5621
4
Tlc fisse (servizi)
20000
34200
15390
9900
6500
2
Tlc mobili (servizi)
20400
23600
17700
16710
13340
3
Informatica
53100
69000
18686
59700
14400
4
Videogiochi
2441
2364
1129
3110
1200
5
Note: dati in milioni di euro. Fonte: IEM su varie.
Tabella 2 - Mercati della comunicazione a confronto, per valore pro capite (2009)
Francia
Germania
Italia
Regno Unito
Spagna
Rank Italia
Televisione (pubblicità)
56,44
44,52
65,99
55,88
49,90
1
Radio (pubblicità)
10,77
8,31
7,22
7,35
11,44
5
Cinema (incassi)
19,62
11,94
11,00
17,07
14,23
5
Home video
22,47
19,97
11,27
46,37
2,66
4
Libri
67,09
118,53
56,45
61,59
66,21
5
Musica registrata
10,83
13,44
3,74
18,18
3,75
5
Pubblicità mezzi classici
170,78
172,07
146,54
225,48
119,71
4
Tlc fisse (servizi)
318,50
418,31
255,00
159,57
138,43
3
Tlc mobili (servizi)
324,87
288,66
293,27
269,33
284,10
2
Informatica
845,63
843,96
309,61
962,26
306,68
4
Videogiochi
38,87
28,91
18,71
50,13
25,56
5
Note: dati in euro. Fonte: IEM su varie.
Tabella 3 - Mercati della comunicazione a confronto, per var. % 2009 su 2008
Francia
Germania
Italia
Regno Unito
Spagna
Televisione (pubblicità)
-9,8
-9,8
-11,7
-11,0
-22,7
Radio (pubblicità)
-8,9
-5,6
-7,8
-7,1
-16,4
7,9
22,8
4,2
11,1
7,9
-0,2
5,0
-17,9
-10,0
-36,9
Cinema (incassi)
Home-video
Libri
Musica registrata
Pubblicità mezzi classici
3,9
0,8
-4,3
-2,9
-2,4
-2,6
-3,0
-13,1
1,9
-14,6
-10,7
-9,7
-11,7
-11,0
-20,9
-0,5
-3,1
-2,4
-2,9
-8,5
1,5
-7,1
-3,5
-3,2
-5,5
Informatica
-3,8
-4,6
-8,1
-6,7
-8,9
Videogiochi
-17,1
-14,2
-10,6
-16,2
-16,2
-3,2
-4,9
-6,4
-6,6
-10,1
Tlc fisse (servizi)
Tlc mobili (servizi)
Totale (solo settori in tabella)
Note: dati in percentuale. Fonte: IEM su varie.
10 Introduzione
Lecito in questo scenario ripensare, come in qualunque altro settore dell’economia nazionale,
le politiche pubbliche per l’industria della comunicazione.
Le politiche pubbliche non si limitano necessariamente a quanto e come viene speso dallo Stato
(e dagli enti locali) per sostenere e stimolare l’industria della comunicazione. Nondimeno, sul
“quanto” e “a chi” si concentra generalmente l’attenzione degli operatori e di chiunque, a vario
titolo, si occupi del settore. Il 2010 è stato caratterizzato da infinite polemiche sul taglio dei fondi
pubblici (dall’emittenza locale all’editoria, dal Fondo Unico per lo Spettacolo agli investimenti
pubblici sulla banda larga). D’altronde, polemiche di questo tipo si riaccendono ogni anno
in corrispondenza dell’approvazione della legge finanziaria o del decreto “milleproroghe”,
e già questo è il segno di come sia latitante una programmazione di lungo periodo e di
ampia visione, a favore di un sistema di contribuzione pubblica stratificato e, diremmo, di
“cronicizzata precarietà”, erroneamente scambiata per stabilità. Ma nel 2010, i tagli sono stati, e
tali si preannunciano per il futuro, particolarmente pesanti in tutti i settori che godono di fondi
pubblici, con una virulenza che ha trovato legittimazione nell’emergenza economica ma che
non sembra avere chiari i criteri su come e cosa tagliare né essersi posta il problema.
Non è però per spirito giornalistico che il rapporto IEM di quest’anno dedica un
approfondimento a Gli investimenti pubblici nell’industria culturale e delle telecomunicazioni.
Benché, certo, l’attualità ponga questo argomento sotto sguardi particolarmente attenti.
L’analisi delle tendenze dei flussi di spesa del settore pubblico diventa un elemento necessario
su cui basare la valutazione qualitativa dei trasferimenti, ovvero la loro efficacia (in termini
di risultati economici sul territorio, nonché di redistribuzione sociale della spesa) e quindi
la loro redditività e funzione sociale. Un’attendibile ed efficace rilevazione dei dati di spesa
rappresenta in effetti il punto di partenza per consentire misurazioni degli impatti prodotti
dalla spesa sul settore e nel territorio, e comprendere quanta parte di essa può ritenersi per
davvero spesa produttiva (ad esempio qualora essa sia destinata a sostenere innovazioni
d’impresa o di sistema) piuttosto che spesa destinata a sostenere attività dallo scarso o nullo
impatto sulla capacità produttiva del settore e dell’economia. Soprattutto, data la crescente
scarsità di finanziamenti pubblici alla cultura e alle telecomunicazioni, sprechi non sono
veramente più ammissibili e, quale che sia la quantità di denaro utilizzata, essa non può più
non essere accompagnata da una valutazione della sua efficacia. Il decisore politico che deliberi
un investimento pubblico dovrà necessariamente prevedere un monitoraggio continuativo di
questa spesa, poiché troppi sono i casi di erogazioni concesse in un deficit di conoscenza e
senza la preoccupazione di verificarne l’efficacia. Monitoraggio che determina anch’esso un
costo, aggiuntivo, che va considerato ineliminabile.
La scelta di focalizzare l’attenzione sugli investimenti pubblici ci è sembrata inoltre
particolarmente rilevante dal momento che la natura di questi ultimi definisce e condiziona i
processi creativi, produttivi e distributivi che danno forma e visibilità al sistema cultura.
Il perimetro di analisi prescelto è, però, sui generis rispetto a quello che tradizionalmente si
disegna quando si ragiona di cultura. Si è, infatti, definito un universo composto da cultura
e telecomunicazioni, inserendo sotto il cappello “cultura” lo spettacolo dal vivo, il cinema, la
televisione, la radio e l’editoria.
Si tratta di una scelta che trae la sua ratio dalla volontà di riflettere su una accezione di cultura
come punto di intersezione di diversi settori che si trovano all’interno di una stessa filiera,
fortemente interconnessi, dalla creazione a monte alla distribuzione a valle. Ragionare sui
fondamenti economici della cultura in qualità di “filiera della cultura” significa, quindi, aver
fatto un salto concettuale dalle riflessioni sull’industria culturale ad un universo in cui la
cultura non è più messa sotto esame come prodotto intellettuale che si è fatto merce, ma come
prodotto intellettuale, della conoscenza, in grado di generare benessere e sviluppo, all’interno
di un circolo virtuoso di innovazione e di sviluppo tecnologico.
I settori che compongono la filiera qui indagata, sono, da più o meno tempo, e con minore e
maggiore attenzione, e con diverse logiche, “aiutati” dallo Stato laddove e nella misura in cui
Introduzione
11
l’aiuto di Stato, senza infrangere i naturali processi concorrenziali, è in grado di aumentare il
benessere della società stimolando “forzatamente” alcuni nodi del sistema.
L’obiettivo dell’Approfondimento di questa edizione è dunque quello di misurare questo aiuto,
cioè l’ammontare della spesa dell’amministrazione pubblica in cultura e telecomunicazioni. Si
tratta di un primo passaggio, la base di partenza sulla quale poggiare qualsivoglia ragionamento
di merito e di metodo. La mission che ci siamo dati è, infatti, quella di rendere i dati manifesti e
trasparenti. Ed elaborati con un’analisi di tipo comparato e diacronico, che provasse a collocare
i conti nella loro progressione temporale e quindi nelle modificazioni intervenute negli ultimi
anni, e mettesse a confronto tra loro i vari segmenti dell’industria culturale. Ci auguriamo che
questo possa essere un utile punto di partenza per iniziare a ragionare sulle logiche che stanno
alla base delle strategie di spesa, ed aprire così la strada ad una riflessione più ampia sulle
politiche pubbliche riguardo alla cultura.
12 Introduzione
Parte prima
Mercati
Televisione
Radio
Cinema
Home-video
Libri
Quotidiani e periodici
Directory
Musica registrata
Pubblicità
Telecomunicazioni fisse e banda larga
Telecomunicazioni mobili
Informatica
Videogiochi
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Televisione
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Televisione
di Andrea Marzulli
1. Introduzione
Il mercato televisivo italiano sta finalmente facendo i conti con alcuni cambiamenti strutturali
che già da qualche anno si avvertono nei mercati televisivi più avanzati. Il crescente grado
di concorrenza rappresenta un elemento sicuramente positivo. Se la spinta all’innovazione
appare ancora flebile, è legittimo l’auspicio che nei prossimi anni alcune tendenze si affermino e
movimentino le dinamiche di mercato accrescendo quella che è – giova ricordarlo una volta di
più – il fine ultimo del sistema televisivo, ossia la soddisfazione dei bisogni di intrattenimento
e informazione dello spettatore.
Il passaggio al digitale e la conseguente frammentazione degli ascolti, con l’accrescimento delle
possibilità di scelta, sta innescando pratiche concorrenziali più decise alle quali il mercato
italiano non era abituato. I broadcaster tradizionali presidiano le nuove offerte, sia sul versante
dei canali digitali, sia sul versante dell’on demand, riorganizzando l’offerta Internet (si pensi
al portale Rai.tv, a Video Mediaset o al portale di La7) in vista della minaccia della Over-thetop Tv (i contenuti Internet sul televisore domestico) che rappresenta un temibile fattore di
destabilizzazione per le posizioni consolidate e un progressivo allargamento/convergenza della
fruizione televisiva tradizionale con i contenuti professionali e semi-professionali del mondo
web.
La crisi pubblicitaria sta avendo forti ricadute sul mercato della produzione, con crescenti
difficoltà per la produzione indipendente, ma anche con una spinta all’innovazione che
non si aveva in periodi più floridi, e in qualche modo autoreferenziali. Ora la sfida non è
solo comporre i budget di produzione in forme nuove ed efficienti, cercando altre fonti di
finanziamento per bilanciare la pressione sui costi, ma anche produrre programmi e format in
grado di conseguire risultati di ascolto che non sono più garantiti. Se la maggiore competizione
porterà più qualità e diversità sul versante dei contenuti, è una legge di mercato che sarà messa
alla prova dei fatti nei prossimi anni.
In tutta Europa, inoltre, il servizio pubblico rimodella le proprie fonti di finanziamento
affrancandosi dall’altalenante mercato pubblicitario, per il quale si preannuncia una scarsa
crescita nel medio termine. La virata di Francia e Spagna verso il “modello Bbc” rende l’Italia
l’unico grande Paese in cui il broadcaster pubblico conserva ricavi bi-partiti tra canone
e pubblicità. Rinunciare alla pubblicità è sicuramente una leva (necessaria anche se non
sufficiente) per migliorare la qualità e non costringere il servizio pubblico ad una affannosa
rincorsa agli ascolti.
Gli elementi di possibile cambiamento sono, dunque, molti, solo in parte rintracciabili nei dati
per ora a disposizione.
Televisione
15
2. Ascolti e penetrazione
L’accessibilità alle nuove offerte in digitale terrestre di una porzione crescente di telespettatori
italiani è probabilmente la principale ragione di una ulteriore crescita della platea televisiva
nel 2009 – crescita tra l’altro adeguatamente distribuita in tutte le fasce orarie. Mentre la
contrazione dei consumi nella società può rappresentare un ulteriore incentivo ad orientarsi
verso forme di consumo a costo zero o quasi, come la televisione gratuita.
La media di visione giornaliera è stabile a 3 ore e 59’ (ma in crescita rispetto alle 3h e 49’
del 2007) e nelle 24 ore la presenza media di fronte al piccolo schermo è di 9,44 milioni di
spettatori. Nella delicata fascia del prime-time, la platea è cresciuta a 24,42 milioni di spettatori
(anche se il rating non supera il 43% - era oltre il 44% nel 2005). Tra le altre fasce, si riscontrano
i maggiori incrementi in quelle mattutine, fra le 7 e le 12. Si tratta di fasce sulle quali le emittenti
generaliste hanno intensificato sforzi e investimenti, e nelle quali, diffondendosi sempre più il
digitale terrestre, le accresciute possibilità di scelta concorrono ad allargare la platea.
Tabella 1 - Audience e rating nel giorno medio, 2005-2009
2009
Fasce orarie
2008
2007
2006
2005
Audience Rating Audience Rating Audience Rating Audience Rating Audience Rating
(000)
(%)
(000)
(%)
(000)
(%)
(000)
(%)
(000)
(%)
07.00-09.00
4.658
8,16
4.383
7,73
4.292
7,61
4.338
7,79
4.256
7,67
09.00-12.00
4.967
8,70
4.686
8,26
4.378
7,76
4.485
8,06
4.572
8,24
12.00-15.00
14.076
24,65
13.767
24,28
13.634
24,18
13.911
25,00
14.030
25,29
15.00-18.00
10.331
18,09
9.878
17,42
9.497
16,84
9.885
17,76
9.811
17,68
18.00-20.30
15.516
27,17
15.282
26,95
14.936
26,48
15.348
27,58
15.518
27,97
20.30-22.30
24.425
42,92
24.161
42,61
23.695
42,02
24.424
43,88
24.615
44,36
22.30-25.59
10.364
18,15
10.093
17,80
9.887
17,53
10.163
18,26
9.835
17,73
02.00-25.59
9.445
16,58
9.211
16,25
8.989
15,94
9.230
16,58
9.213
16,60
Ascolto medio
giornaliero
(minuti)
238,7
234,0
229,5
238,8
239,0
Fonte: elaborazioni Iem su dati Auditel.
Poco più di 1 punto di share separa, nel 2009, il totale degli ascolti dei canali Rai dal totale
Mediaset, a vantaggio del gruppo pubblico. Si tratta del più esiguo distacco da molti anni a
questa parte (per trovare una differenza minore bisogna risalire al 1993: 45,49% contro 44,50%
- e da allora entrambe hanno perso cumulativamente circa 10 punti). Nel consolidato trend
che vede le generaliste perdere ascolti a vantaggio delle digitali (tematiche e targettizzate che
vanno in parte spostandosi verso configurazioni semi-generaliste), le nuove offerte dei due
maggiori gruppi (per ascolti) compensano parzialmente le perdite. Ma il risultato del 2009
si deve soprattutto allo sforzo del gruppo privato per sostenere l’audience di Canale 5, che è
l’unica generalista ad aver guadagnato share (dal 20,33 al 20,65) e soprattutto rappresenta circa
i 2/3 dei ricavi pubblicitari Mediaset. Vale la pena sottolineare la caduta di Rai Due (-1,4),
penalizzata sia da un’identità di rete “sfocata” sia dai processi di transizione al digitale nelle
diverse regioni, nelle quali ha funzionato da “battistrada” (insieme a Rete 4 che però limita le
perdite allo 0,50). Un altro punto viene guadagnato dalle tv “altre terrestri”, e segnatamente
dalle emittenti digitali non afferenti ai due gruppi perché i dati relativi alle locali pubblicate
non sono confortanti, e circa un punto per le tv satellitari le quali, pur in una decrescita del
parco abbonati, vanno evidentemente consolidando il proprio rapporto col pubblico.
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Televisione
Tabella 2 - Audience share nel giorno medio, 2005-2009
09 vs 08
09 vs 05
Rai Uno
21,17
21,80
22,49
23,15
23,00
-0,63
-1,83
Rai Due
9,20
10,60
10,48
11,35
11,37
-1,40
-2,17
Emittente
2009
2008
2007
2006
2005
Rai Tre
8,94
9,07
9,15
9,38
9,18
-0,13
-0,24
Rai canali digitali
1,36
*0,82
.
.
.
0,54
-
40,67
42,29
42,12
43,88
43,55
-1,62
-2,88
sub-totale Rai
Canale 5
20,65
20,33
20,60
20,95
21,84
0,32
-1,19
Italia 1
10,38
10,83
11,17
11,09
11,47
-0,45
-1,09
Rete 4
7,78
8,28
8,63
8,18
8,59
-0,50
-0,81
Mediaset canali digitali
sub-totale Mediaset
0,80
0,29
-
-
-
0,51
-
39,61
39,73
40,40
40,28
41,93
-0,12
-2,32
La 7
3,01
3,08
2,97
3,02
2,71
-0,07
0,30
Altre terrestri
7,57
6,57
6,45
6,14
6,33
1,00
1,24
Altre satellitari
9,22
*8,33
8,05
6,75
5,51
0,89
3,71
100,00
100,00
100,00
100,00
100,00
-
-
Totale
Note: (*) nel 2008, lo 0,48% dei canali Raisat, ospitati all’epoca sul satellite, era ricompreso nei canali digitali Rai e
non fra le altre satellitari. Fonte: elaborazioni Iem su dati Auditel e Rai.
Nel prime-time, gli ascolti delle generaliste sono migliori rispetto al dato all-day, con l’eccezione
di Italia 1 che scende sotto il 10% per la prima volta da molti anni. Anche qui, unica generalista
a crescere è stata Canale 5, che risale oltre il 21%. Più deboli, come di consueto, le performance
dei canali digitali in questa fascia. Considerando anche i canali digitali, nell’ultimo quinquennio
Rai ha perso solo 1 punto e mezzo, contro gli oltre 3 e mezzo di Mediaset.
Tabella 3 - Audience share nel prime-time, 2005-2009
09 vs 08
09 vs 05
Rai Uno
22,34
22,67
23,28
24,22
23,91
-0,33
-1,57
Rai Due
10,04
10,70
10,28
10,51
10,63
-0,66
-0,59
Rai Tre
9,42
10,06
10,15
10,28
9,75
-0,64
-0,33
Rai canali digitali
1,01
*0,57
.
.
.
0,44
-
sub-totale Rai
42,81
44,00
43,71
45,01
44,29
-1,19
-1,48
Canale 5
Emittente
2009
2008
2007
2006
2005
21,04
20,69
21,57
22,01
22,50
0,35
-1,46
Italia 1
9,77
10,29
10,73
10,53
11,51
-0,52
-1,74
Rete 4
7,80
8,57
8,35
8,05
8,80
-0,77
-1,00
Mediaset canali digitali
sub-totale Mediaset
0,56
.
.
.
.
-
-
39,17
39,55
40,65
40,59
42,81
-0,38
-3,64
La 7
2,63
2,62
2,30
2,42
2,06
0,01
0,57
Altre terrestri
7,33
6,64
6,33
5,98
5,84
0,69
1,49
Altre satellitari
8,10
*7,19
7,01
6,01
4,99
0,91
3,11
100,00
100,00
100,00
100,00
100,00
-
-
Totale
Note: fascia oraria 20.30-22.30; (*) nel 2008, lo 0,38% dei canali Raisat, ospitati all’epoca sul satellite, era ricompreso
nei canali digitali Rai e non fra le altre satellitari. Fonte: elaborazioni Iem su dati Auditel.
Man mano che la penetrazione del digitale terrestre cresce, aumenta lo share dei canali digitali.
Nel 2009 l’insieme dei canali digitali monitorati, terrestri e satellitari, è cresciuto di oltre 2 punti,
dal 9,3 all’11,5. A giugno 2010 (anche grazie ai mondiali di calcio, trasmessi integralmente su
Sky), gli ascolti si sono impennati oltre il 14%.
Nel corso del 2009, quasi tutti gli editori hanno mostrato un andamento positivo: oltre ai citati
Rai e Mediaset, soprattutto Sky che ha superato il 3%. Nei primi mesi del 2010 a crescere sono
stati soprattutto i canali digitali delle generaliste. Boing si è confermato leader fra i digitali ma
Televisione
17
è stata soprattutto l’offerta Rai a imporsi, superando il 3% complessivo su base nazionale (e
circa il 7 nelle regioni all-digital). La fuoriuscita del pacchetto Raisat da Sky, col successivo rebranding, si è rivelata la leva per accrescere gli ascolti complessivi, anche se la monetizzazione
pubblicitaria non compensa ancora (ci vorrà qualche anno) i ricavi da abbonamento cui il
gruppo pubblico ha rinunciato. L’ex canale pay Rai Yoyo ha in breve superato Rai Gulp per
ascolti (0,45 vs 0,35 a giugno 2010), mentre Rai Premium e Rai Movie si sono rapidamente
imposti fra i canali digitali più seguiti (risultato veramente notevole se si pensa che sono
presenti solo nelle regioni all-digital), dopo Rai 4 (0,81 a giugno 2010). Mediaset sfiora il 2%,
grazie agli ottimi risultati di Boing (1,36) e Iris (0,58). Tra gli editori minori, da segnalare
Switchover Media, il cui canale per bambini e ragazzi K2 viaggia costantemente (anche grazie
alle finestre analogiche in syndication sulle locali) sopra lo 0,50.
Tabella 4 – Audience share canali digitali, 2008-giugno 2010 (%)
Emittenti e gruppi di emittenti
Sky
- canali sportivi
Giu 2010
2009
2008
4,29
3,02
2,76
2,38*
1,12
0,92
- canali cinema
1,44
1,28
1,24
- altri canali
0,47
0,62
0,58
Fox
1,84
1,75
1,68
Newscorp (Sky+Fox)
6,13
4,77
4,44
Rai
3,11
1,36
0,82
- Boing
1,36
0,72
0,29
- Iris
0,58
0,03**
-
- Premium Calcio
0,03*
-
-
Mediaset (tot.)
1,97
0,80
0,29
Disney
0,91
0,86
0,75
Switchover Media
0,74
**0,27
-
Viacom – Mtv Italia
0,60
0,36
0,31
Discovery
0,41
0,32
0,28
Turner Italia (Time Warner)
0,33
0,42
0,31
De Agostini
0,19
0,04
-
Sitcom
0,19
0,12
0,12
Axn (Sony)
0,12
0,08
0,05
La7d (Telecom Italia Media)
0,11
-
-
Eurosport (Groupe Tf1)
0,10
0,07
0,09
Digicast (Rcs Mediagroup)
0,09
0,06
0,07
Elemedia (Gruppo Espresso)
0,05
0,05
0,05
Altri canali e gruppi
1,97
1,95
1,69
Totale
14,02
11,53
9,27
Note: rilevazione 02-26, totale abitazioni, individui 4+. Tabella ordinata secondo lo share giugno 2010; (*) il dato di
giugno 2010 risente della trasmissione dei mondiali di calcio (che ha alzato lo share dei canali sportivi Sky) e della
fine del campionato nazionale di calcio (che ha abbassato lo share dei canali Premium Calcio di Mediaset). Ad aprile
2010, lo share dei canali sportivi (calcio + altri sport) di Sky era 1,40 (di cui 0,34 per i soli canali Sky Calcio), quello
di Premium Calcio 0,62 (e lo share totale dei canali digitali Mediaset 2,13); (**) ponderazione sull’anno dei soli mesi
di rilevazione. Fonte: elaborazioni IEM su dati Auditel.
Al contrario, il digitale terrestre sta progressivamente erodendo gli ascolti delle locali.
Guardando le emittenti principali in ciascuna regione, i dati nelle aree digitalizzate fanno
segnare cadute dei contatti netti giornalieri fino al 20-30%. Incrementi si riscontrano in
Toscana, Marche, Sicilia e Puglia. Grandi emittenti come Telelombardia e Telenorba, con
rilevanti investimenti in programmazione originale locale, mantengono la propria platea. Ma,
in generale, la perdita è stata di quasi il 5% dei contatti nel 2009 e ha riguardato in misura più
18
Televisione
pesante le piccole. Sembra confermato dai dati, quindi, come i contenuti – originali, locali,
riconoscibili – siano il principale elemento di tenuta, anche se non sono nelle possibilità di
tutti i soggetti. La fondamentale questione della posizione sul telecomando nel sistema Lcn
s’intreccia con la necessità di costruire fidelizzazione con programmi tali da essere “cercati”
più che “intercettati” dallo spettatore. Fatte salve tutte le opzioni di policy, questa appare la
questione centrale, perfino più importante dell’allargamento dell’offerta con spin-off tematici
– processo che pure molte emittenti hanno intrapreso, seppur con sforzi e qualità diseguali.
Tabella 5 - Contatti medi giornalieri tv locali, 2005-2009 (le prime 3 per regione)
Emittente
2009
2008
2007
2006
2005
410
459
Δ % 09-08
Δ % 09-05
Piemonte-Val d’Aosta
Telecity Piemonte
337
411
411
-18,0
-26,6
Telecupole
261
302
316
333
371
-13,6
-29,6
Quarta Rete
190
280
318
325
343
-32,1
-44,6
Liguria
Primo Canale
232
244
254
236
268
-4,9
-13,4
Telenord
154
129
122
112
142
19,4
8,5
Telecittà
88
88
99
103
122
0,0
-27,9
1118
0,0
6,4
Lombardia
Telelombardia
1190
1190
1222
1177
Antenna Tre
874
961
1006
1093
982
-9,1
-11,0
Telenova
637
683
714
656
659
-6,7
-3,3
Veneto
1091
1174
1197
1346
1318
-7,1
-17,2
Antenna Tre Nord Est
7 Gold Telepadova
594
658
677
650
656
-9,7
-9,5
Rete Nord Telenuovo
540
533
561
621
645
1,3
-16,3
Rttr
124
Tca
114
Trentino-Alto Adige
167
144
137
139
-25,7
-10,8
150
146
137
143
-24,0
-20,3
Friuli-Venezia Giulia
Telefriuli
158
166
165
192
214
-4,8
-26,2
Rete Nord Telequattro
134
118
98
107
112
13,6
19,6
663
559
-2,6
0,9
Emilia-Romagna
7 Gold Sesta Rete
564
579
658
E’ Tv Emilia Romagna
386
395
402
418
-
-2,3
-
Telesanterno
154
177
192
202
224
-13,0
-31,3
Toscana
Italia 7
450
434
481
468
411
3,7
9,5
Rtv 38
367
356
325
392
417
3,1
-12,0
Tvr Teleitalia
173
149
-
-
-
16,1
-
138
140
156
26,3
10,9
Marche
Tv Centro Marche
173
137
7 Gold Teleadriatica
98
80
55
60
-
22,5
-
E’ Tv Marche
41
32
42
42
-
28,1
-
Umbria
Umbria Tv
67
81
69
83
79
-17,3
-15,2
Rte 24
53
63
59
59
-
-15,9
-
Tef
34
32
-
-
-
6,3
-
Lazio
Televisione
19
Tvr Voxson – Teleregione
275
325
376
393
466
-15,4
-41,0
Super 3
273
251
252
233
365
8,8
-25,2
Teleroma 56
135
187
226
212
244
-27,8
-44,7
Abruzzo
Rete 8
137
132
138
118
121
3,8
13,2
7 Gold Antenna 10
125
131
133
110
92
-4,6
35,9
Telemolise
73
68
59
59
64
7,4
14,1
Teleregione Molise
25
-
-
-
-
-
-
1072
1229
1231
1209
1291
-12,8
-17,0
Teleoggi - Canale 9
510
593
710
729
758
-14,0
-32,7
Napoli Canale 21
448
459
438
380
371
-2,4
20,8
1407
1391
0,8
5,2
Molise
Campania
Telecapri
Puglia e Basilicata
Telenorba (Tn7)
1464
1452
1302
Teledue (Tn8)
635
586
536
502
495
8,4
28,3
Antenna Sud
260
243
212
226
229
7,0
13,5
8 Videocalabria
174
203
198
202
236
-14,3
-26,3
Reggio Tv
57
74
61
58
70
-23,0
-18,6
Teleuropa
52
64
54
-
-
-18,8
-
524
506
508
11,3
20,1
Calabria
Sicilia
Antenna Sicilia
610
548
Telecolor Italia 7
368
334
353
388
373
10,2
-1,3
Tgs
356
379
430
425
443
-6,1
-19,6
Sardegna
Videolina
Tcs
5 Stelle Sardegna
Totale contatti
395
474
561
559
580
-16,7
-31,9
47
81
127
147
142
-42,0
-66,9
19
39
59
-
-
-51,3
-
16788
17621
17851
18025
17776
-4,7
-5,6
Note: valori in migliaia; la graduatoria degli anni precedenti poteva comprendere emittenti non più nella “top 3” nel
2009; sono state prese in considerazione esclusivamente le emittenti pubblicate da Auditel nel 2009, a prescindere
dagli anni precedenti; qualora la rilevazione non abbia coperto i 12 mesi, il dato annuale corrisponde alla media dei
mesi rilevati. Fonte: elaborazioni Iem su dati Auditel.
In termini di ascolto medio e di share su base nazionale – valori meglio raffrontabili a quelli
delle emittenti nazionali e digitali – i numeri testimoniano allo stesso modo le difficoltà delle
locali. I tre principali circuiti nazionali mostrano un sensibile calo di share (specie Odeon 24 che
ha raccolto l’eredità di Odeon Tv) e così la maggior parte delle prime 10 emittenti locali italiane,
in testa alle quali si conferma Telenorba con lo 0,28% su base nazionale (dallo 0,30 del 2008).
Crescono invece Telelombardia e Antenna Sicilia (di 2.000 e 3.000 spettatori rispettivamente).
Il calo è invece netto per le emittenti campane e sarde, già passate al “tutto digitale”.
20
Televisione
Tabella 6 - Principali tv locali e circuiti, ascolto medio e share, 2008-2009 (intero giorno)
Emittenti
2009
Area
A.M.
2008
Share
A.M.
Share
Syindication
7 Gold
circuito nazionale
43410
0,46
47613
0,52
Canale Italia
circuito nazionale
18885
0,20
21844
0,24
Odeon 24
circuito nazionale
486
0,01
15452
*0,17
Telenorba
Puglia e Basilicata
26374
0,28
27658
0,30
Telecapri
Campania
15521
0,16
17796
0,20
TeleLombardia
Lombardia
14661
0,16
12460
0,14
Antenna Sicilia
Sicilia
12352
0,13
9330
0,10
7 Gold Telepadova
Veneto
11461
0,12
12028
0,13
Nuova Antenna Tre
Lombardia
9445
0,10
9519
0,10
Teleoggi Canale 9
Campania
7516
0,08
8535
0,09
Emittenti locali
Videolina
Sardegna
6890
0,07
9486
0,10
Antenna Tre Nordest
Veneto
6727
0,07
6642
0,07
Napoli Canale 21
Campania
6703
0,07
6085
0,07
Note: (*) dati relativi al canale Odeon Tv. Fonte: elaborazioni Iem su dati Auditel.
Piattaforme e abbonati
La penetrazione della tv digitale, a fine 2009, ha superato i 19 milioni di famiglie televisive
(oltre l’80% delle abitazioni) grazie alla diffusione crescente del digitale terrestre (+7 milioni
nel 2009). Sono cresciute, seppur di poco, anche le altre piattaforme digitali: il satellite sale a 6,6
milioni (pur in una flessione della platea a pagamento), anche grazie alla diffusione delle tessere
Tivù Sat e all’installazione di parabole nelle zone dove lo switch-off si è rivelato particolarmente
problematico. L’Iptv si attesta a poco meno di 700mila abbonati (grazie a politiche di prezzo
decisamente al ribasso per attrarre utenza). Pur con qualche mese di ritardo nella pianificazione
degli switch-off nell’Italia settentrionale, a fine 2010 la penetrazione del digitale è destinata a
crescere ancora (a fine aprile 2010, le famiglie erano 16,88 milioni, con una penetrazione del
68,5%, per un totale ricevitori – set-top-box e tv integrati – di 27,46 milioni).
Tabella 7 - Penetrazione delle tecnologie di distribuzione televisiva, 2006-2009 (primo accesso)
2009
Famiglie tv
satellite
( di cui satellite pay)
(di cui satellite free)
digitale terrestre
adsl /fibra
(totale famiglie ‘multichannel’)
solo analogico-terrestre
% 09
2008
2007
2006
24,28
100,00
23,60
23,50
23,40
6,60
27,18
6,35
5,93
5,43
4,74
19,52
4,75
4,43
4,03
1,86
7,66
1,60
1,50
1,40
12,43
51,19
5,70
4,80
3,60
0,69
2,51
0,40
0,25
0,20
19,72
80,89
12,45
10,98
9,23
4,56
19,11
11,15
12,52
13,17
Note: dati in milioni. Fonte: Agcom, ItMedia, Makno.
La complessità tecnica del Piano Nazionale di Assegnazione delle Frequenze, approvato
dall’Agcom (Delibera 300/10/Cons) ha ritardato la convocazione dei tavoli tecnici di
pianificazione, spostando di un mese le procedure di switch-off per le aree tecniche dell’Italia
settentrionale (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, mentre la Liguria
sarà posticipata a inizio 2011). Il Piano ha provocato le polemiche delle emittenti locali che
Televisione
21
sostengono non sia stata rispettata la riserva di 1/3 delle frequenze, né su base quantitativa né
su base qualitativa, e pongono problemi di scarsità dello spettro, specie per quanto riguarda il
coordinamento internazionale delle frequenze di confine. Un altro piano approvato dall’Agcom,
quello relativo al Logical Channel Numbering, ossia la numerazione automatica dei canali sul
telecomando (Delibera 366/10/Cons), ha optato per la determinazione di archi di numerazione
a partire dalle 2 cifre, invece che su 3 cifre, avvantaggiando di fatto le emittenti nazionali
(generaliste e digitali) e parte di quelle locali (in particolare quelle che, secondo modalità che
faranno riferimento alle preferenze del pubblico, troveranno posto nell’arco di numerazione
10-19).
Novità normative non di poco conto hanno poi riguardato la possibilità, per Sky Italia, di
partecipare al beauty contest per le 5 frequenze del dividendo digitale (con l’obbligo di offrire
programmi in chiaro) e, soprattutto, il decreto di recepimento (decreto lgs. 44 del 15 marzo
2010) della Direttiva Servizi Media Audiovisivi che ha emendato la precedente Tv Senza
Frontiere. Il decreto ha impostato una base normativa comune per i servizi audiovisivi lineari
e non-lineari e ha introdotto la pratica del product placement per i programmi televisivi,
intervenendo anche sui codici di condotta per l’attribuzione dei diritti residuali ai produttori
di contenuto indipendenti, di fatto ancorandola al contributo dei produttori al finanziamento
della produzione, limitando inoltre l’affollamento pubblicitario sulle emittenti a pagamento.
Per quanto riguarda le offerte a pagamento, queste hanno raggiunto, nelle loro diverse modalità
distributive e commerciali, i 10 milioni di clienti. La concorrenza delle offerte pay su digitale
terrestre ha contribuito al rallentamento della crescita del parco abbonati di Sky Italia: dai
4,752 milioni di fine 2008, passando per i 4,790 di metà anno, a fine 2009 l’operatore satellitare
contava 4,740 milioni di abbonati (scesi a 4,734 a giugno 2010, 56.000 in meno sui 12 mesi).
Tabella 8 - Abbonati alla pay-tv, 2005-2009
Operatore
Piattaforma
Sky Italia
Satellite
Fastweb
2009
2008
2007
2006
2005
4.740
4.752
4.430
4.030
3.560
Fibra-adsl
213
****200
****190
****180
191
80
31
-
-
-
Alice Home Tv
Adsl
423
329
Infostrada Tv
Adsl
51
20
Tiscali Tv
Adsl
-
-
-
-
5.427
5.301
4.710
4.241
3.751
*3.725
*2.911
*2.067
*1.560
nd
Totale abitazioni pay-tv
Mediaset Premium
Digitale terrestre
10
La7 Cartapiù
Digitale terrestre
-
240
700
***715
nd
Dahlia Tv
Digitale terrestre
°°450
-
-
-
-
La3 Tv
Dvb-h – Umts
-
-
Vodafone Sky Tv
Dvb-h – Umts
Tim Tv
Totale altre modalità
Dvb-h
°720
(°790)
**400
****4.895
****3.550
**300
****3.070
nd
-
-
2.525
-
Note: dati in migliaia al 31-12 di ogni anno; (*) numero di “clienti attivi”, di cui 228mila abbonati con formula
EasyPay al 30 settembre 2008 (dato ufficiale Mediaset). A fine 2009, gli abbonati con questa formula sono stimati da
Milano Finanza in 1,8 milioni; in assenza di dati ufficiali distinti fra “abbonati” e “clienti attivi”, i clienti del Dtt pay
non sono stati inseriti fra gli “abbonati pay-tv”; (**) fonte Agcom per il 2007 e fonte Rethink per il 2008; altre fonti
stimano in 850mila (per il 2007) e 1,2 milioni (per il 2008) il numero di utenti della mobile tv in Italia ma si tratta,
più probabilmente, di “possessori di terminali abilitati”, a prescindere dall’abbonamento; (***) numero di smart-card
attivate dal lancio del servizio (su 1,1 milioni di card vendute); (****) stime; (°) stime Assinform/Netconsulting; (°°)
di cui circa il 20% in modalità abbonamento. Fonte: elaborazioni Iem su dati Agcom, Newscorp, Assinform, Rethink,
Mediaset.
Sono stati 800mila, invece, i nuovi “clienti attivi” delle offerte Mediaset Premium in payper-view sul digitale terrestre nel 2009, saliti oltre quota 3,7 milioni (di cui, si stima, circa
1,8 milioni in modalità abbonamento e i restanti attraverso carta pre-pagata, segno di una
conversione crescente dei “clienti attivi” in abbonati veri e propri) rispetto ai 2,9 milioni di fine
22
Televisione
2008. L’offerta Dahlia, dal canto suo, posizionata verso un pubblico maschile, ha chiuso il 2009
a quota 450mila abbonati (saliti a 600mila a metà 2010).
In fase di stallo, invece, l’andamento degli abbonati sulle altre piattaforme digitali. L’Iptv è salita
a quota 687mila, ma già a metà 2010 si è profilata una flessione. Flessione anche per gli abbonati
alla Mobile Tv, stimati in 720mila a fine 2009 (contro 790mila a fine 2008), anche se altre fonti
indicano in meno della metà gli utenti effettivi di tv via cellulare.
3. Il mercato
Le risorse del sistema
Nel 2009, complice la crisi pubblicitaria, il mercato televisivo nel suo complesso ha perso il
3,4%, poco sotto quota 8,5 miliardi di euro (erano quasi 8,8 l’anno precedente). La pubblicità
televisiva (emittenti nazionali e locali cumulativamente) cede l’11,7%, a meno di 4 miliardi e,
per la prima volta dall’avvento della tv commerciale, la sua quota sul totale delle risorse del
sistema scende a meno del 50% (il 46,9% contro il 51,3% del 2008). I ricavi da abbonamento
crescono di oltre 200 milioni (sfiorano il 34%) e più della metà di questa crescita si deve al
digitale terrestre. Il canone – la cui evasione ha superato il 40% delle famiglie secondo
l’associazione Contribuenti Italiani – continua la sua lenta progressione a valore, toccando
quota 1.630 milioni e il 19,2% del mercato.
Tabella 9 - Le risorse del sistema televisivo, 2005-2009
Tipologia
2009
2008
2007
2006
2005
∆ %09-08
1.630
1.603
1.567
1.491
1.483
1,7
∆ %09-05
Valori assoluti (mln €)
Canone
9,9
Pubblicità
3.983
4.512
4.482
4.463
4.418
-11,7
-9,8
Pay-tv
2.873
2.671
2.384
2.221
1.717
7,6
67,3
Totale
8.486
8.786
8.433
8.175
7.618
-3,4
11,4
19,2
18,2
18,6
18,2
19,5
1,0
-0,3
Valori percentuali
Canone
Pubblicità
46,9
51,3
53,1
54,6
58,0
-4,4
-11,1
Pay-tv
33,9
30,4
28,3
27,2
22,5
3,5
11,4
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
-
-
Note: dal computo presente in questa come nelle tabelle successive, sono esclusi dal calcolo i ricavi di tipologia diversa
dalla tripartizione classica, compresa la rivendita diritti ad altri operatori e il fatturato da attività di operatore di
rete. Fonte: elaborazioni Iem su dati operatori, Agcom, Assocomunicazione, Frt, Upa et alia.
I ricavi delle emittenti
Nel 2009, limitandoci alla classica tripartizione dei ricavi, Sky è il maggior gruppo televisivo
italiano con 2.686 milioni di euro, di cui 2.463 milioni da abbonamenti. Il calo della pubblicità
ha retrocesso Rai a quota 2.552 milioni e Mediaset a 2.592 milioni.
Il gruppo pubblico ha pagato una flessione pubblicitaria superiore alla media del mercato
(-17,2%) ma è riuscita a compensare in parte con le altre attività1.
1
Il fatturato consolidato del gruppo Rai è stato, nel 2009, di 3.178 milioni (3.211 nel 2007). Gli altri ricavi
provengono principalmente da attività commerciali (Rai Trade), cinematografiche e di home video (Rai Cinema e
01 Distribution), convenzioni con la P.A. per servizi radiotelevisivi all’estero, pubblicità radiofonica, ricavi Raisat e
altro. Ma è stato soprattutto grazie alla contabilizzazione della cessione dei diritti sui mondiali di calcio del 2010 e
del 2014 (per 175 milioni di euro) che Rai ha potuto compensare la flessione dei ricavi.
Televisione
23
Tabella 10 - Ricavi emittenti televisive, 2005-2009
Emittente
2009
2008
2007
2006
2005
Δ % 09-08
Δ % 09-05
Canone
1.630
1.603
1.567
1.491
1.483
1,7
9,9
Rai
1.630
1.603
1.567
1.491
1.483
1,7
9,9
Pubblicità
3.983
4.512
4.482
4.463
4.418
-11,7
-9,8
Rai
908
1.096
1.137
1.133
1.121
-17,2
-19,0
Rti - Mediaset
2.241
2.452
2.451
2.425
2.516
-8,6
-10,9
La 7
91,7
81
91
84
75
13,2
22,3
Mtv
45,7
63
67
67
71
-27,0
-35,6
Rete A – All Music
6,8
16
19
19
18
-57,5
-62,2
Sportitalia**
7,5
5,9
6
8
9
27,1
-16,7
Sky
223
232
200
192
144
-3,9
54,9
Altre satellitari*****
43
45
32
30
nd
-4,4
-
Digitale terrestre
40,5
25,9
22,9
13
11
23,1
268,2
- Rai°°
14
10
8
nd
nd
40,0
-
- Mediaset free
10,3
9,1
6,0
6,5
6,2
13,2
66,1
- Mediaset pay
29,8
13,1
8,1
5,7
4,6
127,5
547,8
- Qoob (Mtv)**
0,4
0,7
0,8
1
-
-42,9
-
Locali
*375
487
454
491
453
-23,0
-17,2
Dahlia
0,15
-
-
-
-
-
-
Operatori Tlc***
0,7
1,2
2
1
nd
-41,7
-
Abbonamenti / Ppv
2.873
2.671
2.384
2.221
1.717
7,6
67,3
Sky Italia
2.463
2.373
2.172
2.030
1.642
3,8
50,0
Mediaset Premium
311
199
125
84
36
56,3
763,9
La7 Cartapiù
-
11
12
10
6
-
-
Dahlia**
12
-
-
-
-
-
-
Conto Tv**
3
4
-
-
-
-25,0
-
-
Operatori Tlc***
- Fastweb
- H3g
84,1
88
75
97
(****38)
- Altri
sub-totale Rai
27
-4,4
154,8
2.604
-5,8
-2,0
6
2.552
2.709
2.712
2.624
sub-totale Rti-Mediaset
2.592
2.673
2.590
2.521
2.563
-3,0
1,1
sub-totale Sky Italia
2.686
2.605
2.372
2.222
1.786
3,1
50,4
sub-totale TI Media°
Totale
138
155
171
162
152
-11,3
-9,3
8.486
8.786
8.433
8.175
7.618
-3,4
11,4
Note: dati in milioni di euro; (*) stime su tassi di incremento Assocomunicazione (fino al 2008 dati Frt sulle società di
capitali); (**) stime (per Dahlia altre fonti riportano 17,5 milioni) (***) offerte Iptv e mobile; (****) Agcom indicava,
per il 2006, 97 milioni nella relazione 2007 e 38 milioni nella relazione 2008; (*****) stime Assocomunicazione; (°)
La7, Mtv, Qoob, La7 Cartapiù (non disaggregabile Alice Home Tv fra gli Operatori Tlc per un “sub-totale Telecom
Italia”; (°°) fino al 2008 comprende i canali satellitari. Fonte: elaborazioni e stime IEM su bilanci operatori, Agcom,
Upa, Assocomunicazione, Frt et alia.
Dell’8,6% (oltre 200 milioni) è stata la flessione dei ricavi pubblicitari Mediaset sulle emittenti
generaliste. Circa 130 milioni sono stati però recuperati con la crescita delle attività pay (più del
50% di crescita) e della pubblicità sui canali digitali2.
2
I ricavi complessivi di Mediaset sono stati di 3.883 milioni di euro nel 2008 (4.199 milioni nel 2008), di cui
656 da Telecinco (982 nel 2008). Alla controllata spagnola può quindi imputarsi, in pratica, la totalità della flessione
del guppo. I ricavi del segmento Italia sono quindi stati di 3.219 milioni (3.229 nel 2008), di cui 2.351 milioni nel segmento free (di cui 2.241 da pubblicità sulle reti generaliste), 219 come operatore di rete (ma con 125 milioni di ricavi
infragruppo), 561 nel segmento pay (con 223 milioni dalla rivendita diritti e altri ricavi e 311 milioni dalla vendita
24
Televisione
Nel panorama restante, perdite severe per le tv locali e i canali musicali (Mtv e soprattutto
All Music). La flessione pubblicitaria non ha risparmiato Sky e le altre satellitari (266 milioni
contro 277 l’anno precedente). Tra le generaliste, va evidenziato il buon risultato di La7 (+13%),
mentre il primo anno d’esercizio ha portato 12 milioni di introiti all’operatore pay su digitale
terrestre Dahlia Tv.
Relativamente ai dati di mercato della pay-tv sulle nuove piattaforme, Agcom valuta i ricavi
pay degli operatori attivi sul digitale terrestre in 323 milioni, mentre secondo Confindustria
la spesa degli utenti finali è stata di 377 milioni. I ricavi complessivi degli operatori di Iptv e
Mobile tv sono invece di 84 milioni, mentre Confindustria ha rivisto le proprie stime di spesa
degli utenti su queste piattaforme in 188 milioni (127 per l’Iptv, 61 per la mobile tv).
Secondo l’Authority, quindi, i ricavi da nuove piattaforme (escluso il satellite) sarebbero di 407
milioni, mentre la spesa degli utenti, secondo l’associazione degli industriali, ammonterebbe a
565 milioni.
Tabella 11 - Ricavi pay-tv sulle nuove piattaforme, 2007-2009
Segmento di mercato
Agcom(ricavi operatori)
2009
Digitale terrestre
Iptv
Mobile Tv
Totale
2008
Confindustria(spesa utenti finali)
2007
323
210
137
84
**88
75
407
298
212
*2009
2008
2007
377
239
201
127
111
75
61
74
76
565
424
427
Note: dati in milioni di euro, esclusi ricavi pubblicitari; (*) stime; (**) Agcom ha indicato circa 33 milioni di ricavi
dalla sola Iptv nel 2008. Fonte: elaborazioni Iem su dati Agcom, Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, Assinform, Netconsulting.
Le stime relative al mercato della pubblicità televisiva variano considerevolmente da fonte a
fonte, sia per la scelta del computo fra investimenti delle aziende e ricavi affluenti ai media,
sia per quegli operatori con quote ridotte di mercato (emittenti locali e satellitari), in grado
di variare considerevolmente il risultato finale (dai 3,5 miliardi di Agcom ai 4,7 miliardi di
Assocomunicazione).
Tabella 12 - Rilevazioni del mercato pubblicitario televisivo a confronto, 2008-2009
Fonte
2009
2008
Var. %
Note
Agcom
3.541
3.929
-9,9
Valori tv nazionali terrestri netti (quota retrocessa
alle emittenti). Sottostima tv locali e satellitari.
Assocomunicazione
4.756
5.296
-10,2
Valori tv nazionali terrestri al lordo degli sconti
d’agenzia. Sottostima delle tv locali.
Iem
3.983
4.512
-11,7
Dati di bilancio degli operatori, integrati da fonti
terze per tv locali e piattaforme digitali.
Nielsen Media Research
4.359
4.851
-10,2
Valori tv nazionali terrestri per investimenti netti.
Perimetro ridotto delle tv satellitari e locali
Note: valori in milioni di euro. Fonte: IEM su Agcom, Assocomunicazione, Upa, Nielsen Media Research.
di abbonamenti) e 425 nelle attività altre (di cui 105 di ricavi esterni di Medusa e Taodue, 61 da Mediashopping e
191 milioni di ricavi infragruppo). Si tenga presente, però, che i ricavi pubblicitari retrocessi a Rti – la controllata che
costituisce la società editrice dei canali tv in Italia – sono stati di 1.983 milioni. Il gruppo Endemol (1.189 milioni
di ricavi globali nel 2009, contro i 1.301 del 2008), di cui Mediaset detiene indirettamente il 33%, non è consolidato
all’interno del bilancio di gruppo
Televisione
25
4. La crisi della pubblicità televisiva in Europa e gli investimenti in programmazione
A consuntivo 2009, la pubblicità televisiva mostra segni negativi in tutti i grandi Paesi europei,
proseguendo la tendenza negativa già rilevata a fine 2008. La flessione è dell’ordine del 10% in
tutti i Paesi (9,8 in Francia e Germania; 11,0 nel Regno Unito; 11,7 in Italia), ad eccezione della
Spagna, dove è stata superiore al 20% (e la Spagna aveva già registrato il calo più consistente
nel 2008), e si era fatta sentire già a consunitvo 2008 per tutti i Paesi, tranne l’Italia che aveva
conservato un seppur minimo segno positivo (ma, per converso, senza mostrare nell’ultimo
quadriennio crescite superiori all’1% annuo, a differenza degli altri Paesi, a conferma di una
maggiore anelasticità).
Figura 1 - Tassi di crescita della pubblicità televisiva, 2006-2009 (%)
2006
2007
2008
2009
15,0
8,8
10,0
5,0
0,0
5,1 3,2
4,7
1,0 0,4 0,7
3,1
1,0
-2,3
-2,9
-5,0
-10,0
-2,9
-4,3
-9,8
-11,7
-15,0
7,3
-9,8
-11,0
-15,4
-20,0
-22,7
-25,0
Italia
Germania
Francia
Regno Unito
Spagna
Fonte: IEM su dati operatori e istituti di rilevazione pubblicitaria.
Una costante in tutti i Paesi è il dato negativo sia per i canali gratuiti leader (Itv, Telecinco, Tf1,
i canali Rtl Group in Germania) che per i canali gratuiti minori (come M6, Five e Cuatro).
Questa perdita viene ammortizzata, un po’ ovunque, dai canali digitali, colti in una fase di
crescita degli ascolti. Il dato migliore, in questo senso, viene dai canali francesi, con un notevole
+46%, mentre in mercati dove la mutazione del consumo è già a livelli avanzati, come il Regno
Unito, il multichannel registra un segno negativo, seppur attenuato (-1,9% ma +44% sul 2005).
Tabella 13 - Francia, ricavi pubblicitari tv, 2005-2009
Operatori
2009
2008
2007
2006
2005
Δ % 09-05
nd
310
427
442
428
-
-
France 3 (pubblica)
nd
221
289
289
270
-
-
France 5 (pubblica)
sub-totale France Télévisions
Tf1
nd
18
36
34
33
-
-
405
549
752
765
731
-26,2
-44,6
1429
1647
1718
1708
1648
-13,2
-13,3
M6
606
658
676
650
625
-11,0
-6,8
Tdt gratuita (digitali)
338
232
109
40
18
45,7
1767,4
Cavo e satellite (digitali)
Totale
150
172
181
169
149
-12,8
0,7
3544
3930
4106
3977
3783
-9,8
-6,3
Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazioni IEM su dati operatori, Npa Conseil.
26
Δ % 09-08
France 2 (pubblica)
Televisione
Pesante è anche il consuntivo delle emittenti pubbliche, in particolare France Télévision, per
via della progressiva esclusione degli spazi pubblicitari dal palinsesto (il dato di 405 milioni di
ricavi è stato comunque superiore alle previsioni del gruppo, che si attendeva una débacle ben
maggiore) e la spagnola Tve, che ne ha seguito lo stesso destino alla fine del 2009. Conservando
il suo modello di finanziamento, la Rai ha limitato le perdite al 17%.
La crisi della pubblicità televisiva dell’ultimo biennio, ammortizzata in Italia (dove il mezzo è
preponderante rispetto alla stampa e a Internet) meglio che altrove, ha reso il mercato italiano
il più ricco con poco meno di 4 miliardi di euro. Francia, Germania e Regno Unito si attestano
intorno ai 3,5 miliardi, mentre la Spagna ha perso 1,2 miliardi in 2 anni e a fine 2009 il suo
mercato vale 2,3 miliardi.
La crisi pubblicitaria ha avuto e avrà significative conseguenze sul mercato della produzione di
contenuti, segnatamente per le emittenti commerciali che hanno nella pubblicità la principale
fonte di ricavo e che rappresentano un fondamentale segmento della domanda e fonte di
finanziamento. I principali broadcaster privati europei, di conseguenza, sono intervenuti con
tagli più o meno pesanti sul budget di programmazione, cercando di trovare un equilibrio che
consentisse di conservare i margini operativi senza svilire l’appeal dei contenuti e perdere ascolti,
meccanismo che innescherebbe un circolo vizioso al ribasso. I tagli alla programmazione stanno
avendo, però, un effetto negativo sul mercato della produzione di contenuti originali da parte
delle società di produzione, indipendenti o collegate che siano. Ovviamente, la predilezione dei
broadcaster, specie in una fase di magra, va verso le società collegate, nel tentativo di assicurarsi
maggiore margine e di massimizzare gli eventuali ricavi secondari.
Tabella 14 - Germania, ricavi pubblicitari tv, 2005-2009
Operatori
2009
2008
2007
2006
2005
Δ % 09-08
Δ % 09-05
Ard (pubbliche)
141
171
168
177
158
-17,5
-10,8
Zdf (pubblica)
112
123
117
125
102
-8,9
9,9
Rtl Group
1583
1872
1799
1802
1721
-15,5
-8,0
ProsiebenSat.1 Media
1511
1582
1791
1786
1717
-4,5
-12,0
altri (analogici+digitali)
293
287
280
224
231
2,1
26,7
Totale
3640
4035
4156
4114
3930
-9,8
-7,4
Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazioni IEM su dati operatori, Zaw.
Tabella 15 - Regno Unito, ricavi pubblicitari tv, 2005-2009
Operatori
2009
2008
2007
2006
2005
Δ % 09-08
Δ % 09-05
Itv 1
1238
1406
1532
1655
1880
-12,0
-34,1
Channel 4
601
699
760
748
796
-14,1
-24,6
Five
233
305
322
322
339
-23,5
-31,0
Multichannel (digitali)
1395
1422
1333
1170
969
-1,9
44,0
- di cui Itv digital
275
272
235
176
125
1,2
120,7
- di cui C4 digital
192
190
167
140
99
0,8
94,3
- di cui Five digital
49
64
48
21
0
-22,8
-
- di cui Bskyb
346
368
395
384
369
-6,1
-6,4
Sub-totale Itv
1513
1678
1767
1831
2005
-9,8
-24,5
Sub-totale Channel 4
792
890
926
887
895
-10,9
-11,5
Sub-totale Five
283
369
370
343
339
-23,4
-16,4
Totale
3467
3896
4013
3894
3984
-11,0
-13,0
Note: dati in milioni di euro al cambio medio 2009 (0,8909 sterline = 1 euro). Dati Bskyb al 30 giugno di ogni anno.
Fonte: elaborazioni IEM su dati operatori, Ofcom.
Televisione
27
Tabella 16 - Spagna, ricavi pubblicitari tv, 2005-2009
Operatori
2009
2008
2007
2006
2005
Δ % 09-08
Δ % 09-05
Tve (pubbliche)
422
597
715
693
709
-29,3
-40,5
Autonómicas (pubbliche)
238
320
355
345
381
-25,6
-37,5
Telecinco
590
893
1006
923
871
-33,9
-32,3
Antena Tres
555
659
802
804
800
-15,8
-30,6
Cuatro
249
293
273
173
21
-14,9
1109,7
La Sexta
189
157
120
45
-
20,0
-
Veo Tv (digitale)
9
11
5
-
-
-15,2
-
Net Tv (digitale)
22
9
<1
-
-
149,4
-
Locali
9
38
51
47
42
-76,0
-78,4
Tematiche (digitali)
60
56
60
44
31
7,1
91,4
Totale
2343
3032
3582
3291
3067
-22,7
-23,6
Note: dati in milioni di euro. I dati a disposizione per il mercato spagnolo sottostimano generalmente le tv locali e
tematiche. Fonte: elaborazioni IEM su dati operatori, Cmt, Infoadex.
Nell’ultimo triennio – prendendo in esame i maggiori broadcaster commerciali di Italia, Francia
e Regno Unito, la contrazione dei ricavi ha prodotto sia un taglio ai costi di programmazione
che un’erosione del margine di programmazione (l’incidenza percentuale dei costi di
programmazione sui ricavi pubblicitari), particolarmente grave per le emittenti britanniche,
il cui punto di rottura sarebbe già occorso se non contribuissero ulteriori margini prodotti dai
canali digitali e dalle attività diverse.
Figura 2 - Incidenza dei costi di programmazione sui ricavi, 2007-2009 (%)
100
86,9 87,1
90
80
77,7
82,1
86,8
2007
77,1
70
59,6
60
62,7
2008
2009
64,9
50,6 50,9
54,8
50
52,7
50,1
44,8
40
30
20
10
0
Itv 1
Channel 4
Tf1
Mediaset
M6
Fonte: IEM su bilanci aziendali.
I margini si sono dunque assottigliati, specialmente sul mercato britannico, dove il grado di
competizione sul mercato interno è alto e la concorrenza costringe a tagliare sui contenuti il
meno possibile. Ciononostante, il taglio è stato rilevante per i principali broadcaster finanziati
da pubblicità come Channel 4 e Itv. Il margine di Channel 4, ad esempio, si è dimezzato negli
ultimi due anni.
Itv 1, dal canto suo, in crisi permanente ormai da una decina di anni, ha scaricato la flessione
pubblicitaria del 2009 quasi integralmente sul costo dei contenuti (134 milioni di sterline di
flessione, 114 di tagli ai programmi).
28
Televisione
Sul mercato francese, che sta sperimentando solo negli ultimi anni l’impetuosa crescita dei
canali digitali, i margini sono relativamente più alti. Nondimeno, per il canale leader Tf1 la
decrescita degli introiti pubblicitari è stata, nel 2009, di oltre 200 milioni, e 100 sono stati
recuperati sul costo della programmazione, mantenendo il margine operativo lordo sui 500
milioni.
Con ricavi minori ma margini storicamente elevati, il follower M6 ha tagliato il budget di più
di 40 milioni, recuperando parte dei 50 milioni di minori introiti pubblicitari.
Figura 3 - Channel 4, ricavi e costo della programmazione, 2007-2009 (M£)
Ricavi pubblicitari
1400
costo della programmazione
1224
1127
1200
993
979
951
1000
865
800
600
400
200
0
2007
2008
2009
Fonte: IEM su bilanci Channel 4.
Figura 4 - Itv 1, ricavi e costo della programmazione, 2007-2009 (M£)
Ricavi pubblicitari
800
700
costo della programmazione
677
620
600
522
509
500
535
465
400
300
200
100
0
2007
2008
2009
Fonte: IEM su bilanci Itv.
Televisione
29
Figura 5 - Tf1, ricavi e costo della programmazione, 2007-2009 (M€)
Ricavi pubblicitari
2000
1800
1718
Costo della programmazione
1647
1600
1429
1400
1200
1032
1024
927
1000
800
600
400
200
0
2007
2008
2009
Fonte: IEM su bilanci Tf1.
Figura 6 - M6, ricavi e costo della programmazione, 2007-2009 (M€)
ricavi pubblicitari
800
700
676
costo della programmazione
658
606
600
500
400
303
300
347
304
200
100
0
2007
2008
2009
Fonte: IEM su bilanci M6.
Come ultimo esempio, l’italiana Mediaset. Il gruppo, in un contesto di mercato dove la
concorrenza digitale comincia ora a guadagnare ascolti sensibili, anche se non ancora
accompagnati da ricavi pubblicitari adeguati (poche fra le offerte in chiaro sono arrivate a breakeven, e buona parte dei ricavi del digitale terrestre sono appannaggio dei canali Mediaset), ha
sempre avuto margini più elevati degli omologhi europei – tali che a fronte di un decremento
dei ricavi sulle generaliste dell’8,6%, il taglio al costo del palinsesto è stato di solo l’1,8% (20
milioni). Taglio che si è comunque concentrato sulla produzione di fiction originale (secondo
stime di mercato, 60-80 milioni in meno nel 2009).
30
Televisione
Figura 7 - Mediaset, ricavi e costo della programmazione, 2007-2009 (M€)
Ricavi pubblicitari
costo della programmazione
3000
2500
2452
2451
2241
2000
1500
1249
1239
1227
1000
500
0
2007
2008
2009
Note: solo canali generalisti. Fonte: IEM su bilanci Mediaset.
Televisione
31
Radio
32
Radio
di Chiara Valmachino
1. Lo scenario
Secondo le rilevazioni Audiradio, nel 2009 la platea radiofonica italiana era composta da
39,1 milioni di ascoltatori nel giorno medio, con un incremento dell’1,87% rispetto all’anno
precedente.
Il dato conferma una tendenza positiva, perdurante dal 2005: con una sola, lieve battuta di arresto
nel 2008 (-0,7% sull’anno precedente), gli ascolti della radio risultano, infatti, costantemente in
crescita nell’ultimo quinquennio, a un tasso medio dell’1,25% annuo.
Tabella 1 - Ascolto della radio in Italia, 2005-2009
Anno
Ascoltatori (000)
2005
37.205
2006
37.995
2007
38.654
2008
38.381
2009
39.098
Var. annuale %
1,76
2,12
1,73
-0,70
1,87
Note: migliaia di ascoltatori nel giorno medio, base: individui anni 11+. Fonte: elaborazione IEM su dati Audiradio.
La radio tocca il suo picco di ascolti nella fascia oraria mattutina tra le 6 e le 9, in cui raggiunge
mediamente 21,3 milioni di utenti; dopo un progressivo calo nel corso della mattinata, la curva
di ascolto torna a crescere tra le 15 e le 18 (con circa 16,5 milioni di utenti), per poi scendere
nuovamente, fino ai 5,6 milioni di ascoltatori della serata (tra le 21 e le 24).
I picchi di ascolto nel cosiddetto “drive time” - il tempo dedicato agli spostamenti in auto - sono
il segnale di un consumo radiofonico prevalentemente extra-domestico: secondo Audiradio, in
effetti, nel 2009 ben il 73% degli ascoltatori nel giorno medio ha utilizzato la radio fuori casa, e,
in particolare, il 60% ne ha fruito in automobile.
Come già più volte sottolineato anche nei precedenti Rapporti IEM, la portabilità è, del resto,
una delle principali chiavi del duraturo successo della radio, un mezzo interstiziale e versatile,
che accompagna, punteggia e si adatta alle attività quotidiane del pubblico.
Come il numero assoluto di ascoltatori, risulta in crescita nel 2009 anche il tasso di penetrazione
della radio nel giorno medio (ovvero il rapporto percentuale tra gli ascoltatori del mezzo e
l’intera popolazione sopra gli 11 anni), che si attesta al 73,1%, contro il 72,3% del 2008.
Il core target della radio è quello giovane-adulto: è utente di questo medium più dell’80% della
popolazione tra i 15 e i 44 anni; il tasso di penetrazione più elevato si registra, in particolare,
Radio
33
nella fascia 25-34 anni (83,7%). I valori decrescono, invece, sensibilmente con l’avanzare dell’età,
fino a raggiungere il 56,9% di penetrazione tra gli ultra sessantacinquenni.
Figura 1 - Percentuale di penetrazione della radio per fasce di età (2009)
90
80
81,1
78,1
82,1
83,7
80,6
75
73,1
66,9
tasso % di penetrazione
70
56,9
60
50
40
30
20
10
0
Totale 11-14
più di 11 anni
anni
15-17
anni
18-24
anni
25-34
anni
35-44
anni
45-54
anni
55-64
anni
65 anni
e oltre
fasce di età
Fonte: elaborazione IEM su dati Audiradio.
Rispetto al 2008, tuttavia, i dati rilevano un – seppur modesto – invecchiamento nel profilo
demografico dell’utente radiofonico. L’appeal del mezzo descresce, infatti, nella fascia 18-24
anni (-1,5% sul 2008); resta sostanzialmente invariato tra i 25-34enni (-0,3%); cresce, invece, in
tutte le fasce di età successive: in particolare, si registra un aumento del tasso di penetrazione
dell’1,7% nella fascia 45-54 e dell’1,5% nella popolazione over 65.
Figura 2 - Percentuale di penetrazione della radio per sesso, istruzione e area geografica
(2009)
0
20
40
80
60
totale (% media)
73,1
sesso
Uomini
78,4
Donne
68,2
grado di istruzione
Univers./Secondaria II gr.
77,9
Secondaria I grado
Scuola primaria/nessuno
72,3
54
area geografica
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud /isole
Note: target individui anni 11+. Fonte: elaborazione IEM su dati Audiradio.
34
Radio
75
74,6
73,3
70,8
100
I dati Audiradio 2009 confermano, rispetto agli anni precedenti, che l’ascoltatore radiofonico
è prevalentemente di sesso maschile: il 78,4% dei maschi sopra gli 11 anni è utente della radio,
contro il 68,2% della popolazione femminile.
Il tasso di penetrazione è massimo, inoltre, tra gli individui che hanno conseguito il diploma o
la laurea (77,9%), ed è minimo tra i cittadini senza titoli di studio (54%, dato in calo dell’1,6%
rispetto al 2008). Infine, l’ascolto radiofonico è più frequente nelle regioni del Nord Italia (con
un tasso medio del 74,8%) rispetto al Centro e al Sud.
Emerge, infine, nel 2009 rispetto agli anni precedenti, l’immagine inedita di un ascoltatore più
“nomade”, che probabilmente tende a incrociare, alternare e accumulare molteplici consumi
su diverse piattaforme. La durata media di ascolto radiofonico giornaliero risulta, infatti,
sensibilmente in calo: si passa da 179 a 166 minuti (- 7,3%), valore inferiore a tutti i livelli
registrati dal 2005 in avanti1.
Figura 3 – Durata media di ascolto della radio in Italia (2005-2009)
185
181
180
173
171
minuti
175
179
170
166
165
160
155
2005
2006
2007
anni
2008
2009
Note: minuti di ascolto nel giorno medio, target individui anni 11+. Fonte: elaborazione IEM su dati Audiradio.
Attualmente il mercato radiofonico italiano conta 18 emittenti nazionali, pubbliche e private,
che trasmettono prioritariamente in analogico terrestre. Ad esse si aggiungono le syndication
nazionali o sovraregionali (ovvero i consorzi di emittenti locali, che condividono la gestione
della raccolta pubblicitaria e acquistano da una capofila – o super station – parte della
programmazione, trasmettendola poi in simultanea); le radio comunitarie, nazionali e locali;
le emittenti locali.
L’esatta quantificazione dell’emittenza radiofonica locale in modulazione di frequenza (Fm) è
difficoltosa. Come sottolinea l’associazione di categoria Frt, in un mercato radiofonico da anni
interessato a un forte processo di concentrazione, le frequenze di piccole emittenti vengono
spesso acquisite e inglobate da grandi network senza nemmeno un’ufficializzazione puntuale
dei cambiamenti. Pur con le dovute cautele, la stessa Frt stima comunque che nel 2007 fossero
in onda (in Fm) circa 930 emittenti locali.
I principali operatori sul mercato italiano della radiofonia sono riconducibili a tre categorie:
1- L’editore radiotelevisivo pubblico, Rai - Radio Televisione Italiana. La Rai possiede tre
emittenti nazionali, Radio 1, Radio 2 e Radio 3, le cui infrastrutture sono gestite dalla controllata
Rai Way spa. Inoltre, alla concessionaria pubblica appartiene il canale radiofonico di pubblica
1
Tra le emittenti nazionali, nel 2009 si aggiudica il primato nella durata di ascolto l’emittente commerciale
Radio 105, con una media di 105 minuti giornalieri. Seguono il terzo canale pubblico, Rai Radio 3, con una media
di 104 minuti di ascolto, e l’emittente religiosa Radio Maria, con 97 minuti. La minor durata di ascolto è registrata,
invece, da Radio Radicale e da M2o, che totalizzano entrambi 58 minuti nel giorno medio.
Radio
35
utilità Isoradio (che trasmette per lo più in isofrequenza, con informazioni sulla mobilità e
musica).
2. Gruppi editoriali privati, con un core business nella radiofonia, tra cui i principali sono:
•
il Gruppo Finelco spa (presieduto dall’azionista di maggioranza, Alberto Hazan): è
proprietario di tre canali nazionali, ovvero Radio 105, Radio Montecarlo (RMC) e
Virgin Radio. Quest’ultima emittente è nata dal rebranding di Play Radio, che il gruppo
Finelco ha acquisito nel 2007 da RCS Media Group. In cambio, RCS era entrata con il
34,6% nell’azionariato della stessa Finelco. Nel luglio 2009 l’accordo tra Finelco ed RCS,
valido fino al 2012, è stato rinnovato fino al 2014; il nuovo patto prevede un aumento di
capitale del gruppo radiofonico per 10 milioni di euro, in seguito a cui RCS incrementa la
partecipazione nel capitale sociale di Finelco, arrivando al 37,2%. L’accordo, inoltre, dà a
RCS diritti di opzione per acquisire l’intero gruppo radiofonico tra il 2014 e il 2015;
•
Radio Dimensione Suono spa (di cui è proprietario e presidente l’imprenditore Eduardo
Montefusco): gestisce a livello nazionale l’emittente musicale di flusso Rds 100% Grandi
successi, e a livello locale le radio Dimensione Suono Roma, Dimensione Suono Due, Ram
Power e Discoradio (acquisita nel 2006);
•
Rtl 102.5 Hit Radio srl (di cui è presidente il fondatore Lorenzo Suraci): controlla la radio
nazionale Rtl 102.5 e l’omonima emittente televisiva (ex Hit channel), che trasmette freeto-air, con la formula della “radiovisione”, sul satellite e sul digitale terrestre;
•
Radio Italia spa: controlla l’emittente nazionale Radio Italia Solomusicaitaliana; dal 2004,
la società era anche editore del canale Tv satellitare Radio Italia Tv, chiuso nel luglio 2009.
Dal 1° gennaio 2010, la raccolta pubblicitaria di Radio Italia è stata affidata in esclusiva a
Manzoni, concessionaria del Gruppo Espresso (che già cura la raccolta dei canali radio di
Elemedia);
•
l’Associazione Radio Maria: edita l’omonima emittente religiosa (nata come radio
parrocchiale ad Arcellasco d’Erba, in provincia di Como e divenuta poi radio nazionale).
Nel 1998, l’Associazione ha fondato anche l’Ong World Family of Radio Maria, da cui
dipendono oggi 45 emittenti radiofoniche sparse nel mondo.
3. Filiali radiofoniche di gruppi editoriali con un core business nella carta stampata. Tra questi,
i principali sono:
•
Elemedia Spa (controllata al 100% dal Gruppo editoriale L’Espresso): gestisce tre emittenti
radiofoniche nazionali, ovvero la generalista Radio Deejay, il canale di informazione
e musica Radio Capital, la rete musicale a target giovane M2o. Elemedia controlla
anche l’emittente televisiva Deejay Tv, che dal settembre 2009 ha rimpiazzato Allmusic,
ereditandone la programmazione. Deejay Tv è in onda in chiaro sul digitale terrestre e
in analogico. Sulla pay tv satellitare di Sky Allmusic è stata invece sostituita da un nuovo
canale musicale, MyDeejay Tv;
•
Monradio Srl (interamente controllata dal Gruppo Mondadori): possiede l’emittente allgenre Radio 101 (R101). Si deve anche sottolineare che, nel marzo 2009, la Mondadori
Pubblicità ha acquisito in esclusiva la raccolta pubblicitaria dell’emittente commerciale
Radio Kiss Kiss, con sede a Napoli;
•
Nuova Radio Spa (controllata al 100% dal Gruppo Il Sole 24 Ore), che gestisce l’emittente
“news and talk” Radio 24;
•
Rcs Mediagroup: come si è già ricordato, la media company milanese è attualmente socia
di minoranza nel gruppo radiofonico Finelco, a cui ha ceduto nel 2007 l’emittente Play
Radio; nel dicembre 2008, inoltre, Rcs ha ceduto al gruppo Next di Domenico Zambarelli
il marchio (detenuto ma non utilizzato) di Radio Italia Network, emittente che ha ripreso
a gennaio 2009 le trasmissioni in Fm, su scala sovra regionale.
Analizzando i dati di ascolto delle emittenti nel 2009, balza subito in evidenza una generalizzata
36
Radio
contrazione nei contatti delle emittenti nazionali (-5,5% in totale, rispetto al 2008), pur a fronte
del già citato aumento complessivo di ascoltatori del mezzo radiofonico: sono, probabilmente,
le radio locali e sovra regionali ad aver guadagnato in termini di audience, a discapito delle
emittenti nazionali. In questo settore, le uniche performance positive del 2009 sono registrate
dalle reti del gruppo Finelco Radio 105 (con un ottimo + 23,1% sul 2008) e Virgin Radio
(+4,6%), e da Radio Kiss Kiss (2,1%).
La rete ammiraglia della concessionaria pubblica, Radio 1, conferma - come in tutto il
quinquennio precedente - la propria leadership nella classifica dell’audience, con 6,2 milioni
di contatti nel giorno medio; tuttavia, gli ascolti del 2009 risultano fortemente ridimensionati
rispetto all’anno precedente (-9,1%). Il sensibile calo di ascolti riguarda anche le altre due
emittenti Rai, Radio 3 (-6,3%) e soprattutto Radio 2 (che passa da 4,9 a 3,8 milioni di contatti,
con un crollo del 23,1%), probabilmente penalizzata dalla chiusura del programma di punta
Viva Radio 2, condotto da Fiorello e da Marco Baldini.
Come nel 2008, Rtl 102.5 è la seconda radio nazionale più ascoltata, con 5,3 milioni di contatti
(in calo, però, di un moderato 2% sull’anno precedente).
Segue, a breve distanza, Radio Deejay, che perde però 210 mila ascoltatori rispetto al 2008,
contribuendo a confermare i risultati poco brillanti del Gruppo Elemedia (che resta il primo
gruppo commerciale italiano, ma totalizza una perdita del 5,9% sul 2008, stesso risultato
negativo dell’anno precedente).
Al contrario, si osserva l’ascesa del gruppo Finelco (+4,8%): i già citati lusinghieri risultati
di Radio 105 (che guadagna ben 530 mila ascoltatori) e, in parte, di Virgin Radio riescono a
tamponare la performance negativa di Radio Montecarlo (-13,6%).
Tabella 2 - Ascolto delle emittenti radiofoniche nazionali nel giorno medio (2005-2009)
Rai Radiouno (R)
2009
2008
2007
2006
6.250
6.876
6.744
6.720
2005
6.399
Variaz. %
2008-09
-9,10
RTL 102.5
5.291
5.399
5.166
4.907
4.125
-2,00
Radio Deejay (E)
5.037
5.249
5.586
5.758
5.587
-4,04
RDS 100% Grandi Successi
5.034
5.263
5.014
4.965
4.505
-4,35
Radio 105 Network (F)
4.507
3.975
3.961
3.703
3.547
13,38
Rai Radiodue (R)
3.781
4.918
4.988
5.486
4.213
-23,12
Radio Italia Solo Musica Italiana
3.662
3.799
3.776
3.223
3.260
-3,61
Radio Kiss Kiss
2.290
2.242
2.374
1.724
1.355
2,14
Radio R101
1.990
2.080
1.952
1.381
n.d.
-4,33
Radio 24 - Il Sole 24 Ore
1.885
2.113
1.859
1.763
1.572
-10,79
Rai Radiotre (R)
1.868
1.993
1.943
1.914
1.858
-6,27
Virgin Radio (F)
1.786
1.707
n.d.
n.d.
n.d.
4,63
Radio Maria
1.608
1.715
1.806
1.694
1.829
-6,24
RMC Radio Montecarlo (F)
1.571
1.818
1.920
2.056
2.075
-13,59
Radio Capital (E)
1.520
1.623
1.857
2.039
1.980
-6,35
M2O (E)
1.292
1.469
1.416
1.066
1.007
-12,05
Isoradio (R)
969
1.181
1.177
1.115
1.086
-17,95
Radio Radicale
448
515
536
545
449
-13,01
Gruppo Rai (R)
12.868
14.968
14.852
15.235
13.556
-14,03
Gruppo Elemedia (E)
7.849
8.341
8.859
8.863
8.574
-5,90
Gruppo Finelco (F)
Totale contatti * emittenti nazionali
7.864
7.500
5.881
5.759
5.622
4,85
50.825
53.935
50.685
50.059
44.847**
-5,77
Note: migliaia di ascoltatori nel giorno medio; in corsivo le emittenti pubbliche; (*) i dati sui contatti sono al lordo
delle sovrapposizioni (ovvero dell’ascolto quotidiano di più emittenti); (**) dato non comparabile per l’assenza di
rilevazioni dell’emittente R101 nel 2006. Fonte: elaborazione IEM su dati Audiradio.
Radio
37
In relazione ai dati di ascolto, occorre comunque precisare che dal 2009 Audiradio ha iniziato
la sperimentazione di una nuova metodologia di raccolta dati, perfezionata e ampliata con
l’indagine 2010: la tradizionale ricerca, effettuata per via telefonica su un campione di 120.000
soggetti, viene ora integrata, anche per gli ascolti del giorno medio (ma solo per le emittenti
nazionali che hanno aderito alla nuova metodologia) con un’indagine tramite panel-diari, su
un campione di 14.400 individui.
I primi dati del 2010 pubblicati, relativi al primo trimestre dell’anno, restituiscono uno
scenario radicalmente modificato, che non può essere tout court comparato con i risultati delle
precedenti rilevazioni, ma che – se confermato2 – apre la via a nuove riflessioni.
Innanzitutto, il totale dei contatti per le emittenti radiofoniche nazionali - pari a 58 milioni
nel giorno medio - risulterebbe molto superiore a quello indicato in tutto il quinquennio
precedente (con dati che oscillavano tra i 50 e i 54 milioni) .
Anche dalle performance delle singole emittenti sembrano giungere variazioni rilevanti agli
equilibri stabiliti. In sintesi, emerge nel primo trimestre 2010 un inatteso successo di Radio
1, che, con 7,6 milioni di contatti, distanzia nettamente Radio Deejay; quest’ultima conquista
la seconda posizione, superando la soglia dei 6 milioni di ascoltatori e scavalcando Rtl 102.5
(ferma a 5,5 milioni).
In sorprendente controtendenza rispetto alla precedente rilevazione, risulta al quarto posto il
secondo canale Rai, Radio 2 (5,3 milioni), seguito dalla capofila del gruppo Finelco, Radio 105, a
quota 4,7 milioni di ascoltatori. Completerebbe un quadro molto positivo per la concessionaria
pubblica il balzo in avanti di Radio 3, che arriverebbe a sfiorare i 3 milioni di contatti nel giorno
medio.
Tutte le radio presenti nella top ten 2009 vedono ritoccati in positivo i propri ascolti: fa però
eccezione RDS Radio Dimensione Suono, pesantemente ridimensionata rispetto alle precedenti
rilevazioni (con 4,6 milioni di ascoltatori, contro i 5 milioni di tutto il triennio precedente).
Osservando, infine, le performance dei principali gruppi radiofonici commerciali, si deve
sottolineare, da un lato, che il gruppo Elemedia totalizzerebbe 9,5 milioni di contatti complessivi,
ben al di sopra dei 7,8 del 2009 (ai positivi risultati di RadioDeejay e di Radio Capital, fa tuttavia
da contraltare l’opaca performance di M2o, ferma intorno al milione di contatti).
In chiaroscuro paiono, d’altra parte, i risultati del concorrente gruppo Finelco (a quota 8,1
milioni di contatti totali, solo lievemente superiori ai 7,9 calcolati nel 2009): mentre Radio
105 si mantiene al quinto posto della classifica generale, Virgin Radio si ferma a 1,6 milioni di
ascoltatori e viene superata in classifica dalla “cugina” Radio Montecarlo, oltre che da Radio
Capital.
Tabella 3 - Ascolto delle emittenti radiofoniche nazionali nel giorno medio (I trimestre 2010)
Ascolti (I trimestre 2010)
Rai Radiouno (R)
7.634
Radio Deejay (E)
6.276
RTL 102.5
5.533
Rai Radiodue (R)
5.280
Radio 105 Network (F)
4.764
RDS 100% Grandi Successi
4.658
Radio Italia Solo Musica Italiana
3.902
Rai Radiotre (R)
2.978
Radio Kiss Kiss
2.494
2
La metodologia di Audiradio è probabilmente destinata ad essere presto nuovamente modificata. A luglio
2010, il CdA di Audiradio ha dato, infatti, mandato al proprio presidente di studiare tutte le soluzioni più affidabili
per affinare i risultati della nuova metodologia di indagine, contestata in questi mesi da diversi operatori del settore.
38
Radio
Radio R101
2.491
Radio 24 - Il Sole 24 Ore
2.371
Radio Capital (E)
2.251
RMC Radio Montecarlo (F)
1.731
Radio Maria *
1.626
Virgin Radio (F)
1.605
M2o (E)
1.031
986
Radio Radicale *
470
Totale
contatti **
Isoradio (R) *
Gruppo Rai (R)
16.878
Gruppo Elemedia (E)
9.558
Gruppo Finelco (F)
8.100
Totale contatti ** emittenti nazionali
58.081
Note: migliaia di ascoltatori nel giorno medio; in corsivo le emittenti pubbliche; (*) Radio Maria, Isoradio e Radio
Radicale non hanno aderito alla rilevazione tramite panel-diari; pertanto, i dati di queste emittenti risultano dalla
sola indagine telefonica; (**) i dati sui contatti devono essere considerati al lordo delle sovrapposizioni tra diverse
emittenti. Fonte: elaborazione IEM su dati Audiradio.
2. Gli investimenti pubblicitari
Nel 2009, secondo le stime di Nielsen Media Research, gli investimenti pubblicitari nei
principali media italiani (stampa, radio, tv, cinema, internet e affissioni) hanno subito una
contrazione del 13,2% rispetto all’anno precedente, attestandosi complessivamente a 7,99
miliardi di euro. In questo contesto, la radio ha chiuso l’anno con una perdita – tutto sommato
moderata - del 7,7%, raccogliendo investimenti per 436,3 milioni di euro (contro i 472,9 del
2008). Secondo i dati Nielsen, il settore radiofonico ha rappresentato nel 2009 il 5,46% del
mercato pubblicitario, dato in lieve crescita rispetto alla precedente rilevazione.
Tabella 4 – Radio: investimenti pubblicitari in Italia (2005-2009)
Totale pubblicità (*)
Radio (**)
Incidenza % Radio su
Totale
Var. %
2008-09
2009
2008
2007
2006
2005
2004
7.994.277
9.214.314
8.978.580
8.553.825
8.460.442
8.116.241
-13,24
436.317
472.904
476.084
440.669
408.597
400.214
-7,7
5,46
5,13
5,3
5,15
4,83
4,93
-
Note: dati in migliaia di euro; (*) Sono inclusi nel totale gli investimenti nei seguenti media: tv, stampa, radio,
cinema, Internet, affissioni; (**) investimenti sulle radio nazionali. Fonte: elaborazione IEM su stime Nielsen Media
Research
Vale la pena sottolineare che, confrontando i dati di Nielsen Media Research sugli investimenti
pubblicitari con quelli prodotti da altre fonti, emergono valori differenti, dovuti principalmente
alle discrepanti metodologie di elaborazione dei dati (tra l’altro considerati talora al lordo,
talora al netto delle commissioni di vendita e/o degli sconti di agenzia)3. Tuttavia, restano
costanti due importanti elementi di fondo: il settore radiofonico detiene nel 2009, secondo
tutte le fonti, una quota tra il 5 e il 5,5% del mercato pubblicitario complessivo; gli investimenti
pubblicitari nella radio nel 2009 risultano diminuiti rispetto all’anno precedente, di una quota
oscillante tra l’8% circa (indicato da Agcom, Nielsen, Fcp-Assoradio) e l’11% (indicato dalle
stime di Assocomunicazione).
3
Si deve ricordare che, dal gennaio 2009, Nielsen Media Research elabora le proprie stime sul mercato
pubblicitario utilizzando anche i dati sulla radio raccolti dall’Osservatorio FCP-Assoradio: quest’ultimo aggrega i
dati mensili di fatturato pubblicitario forniti direttamente dalle concessionarie nazionali (e non si basa, invece, sui
prezzi di listino successivamente ponderati secondo un valore medio di abbattimento, come faceva in precedenza
Nielsen).
Radio
39
Il periodo nero del mercato pubblicitario italiano – iniziato nel secondo semestre 2008 e
connesso alla crisi economica internazionale – mostrava i segnali di un’inversione di tendenza
già alla fine dell’anno scorso: secondo Nielsen Media Research, nel mese di dicembre 2009 il
calo di investimenti complessivi era solo dell’1,6% rispetto allo stesso mese del 2008; proprio la
radio faceva segnare performance mensili molto incoraggianti, con una crescita del 24,6% sul
mese di dicembre 2008.
Tabella 5 – Rilevazioni del mercato radiofonico nazionale a confronto (2008-2009)
Radio - volume
investimenti
2009
Radio - volume
investimenti
2008
Variazione %
% radio su totale
investimenti nei
media - 2009 (*)
Nielsen Media Research
436.317
472.904
-7,7
5,46
Fcp-Assoradio
370.859
402.037
-7,7
-
Agcom / Nielsen Media Research (**)
403.000
437.000
-7,8
5,32
-
396.530
-
-
443.000
498.000
-11
5
Fonte
Agcom – IES (**)
Assocomunicazione (***)
Note: Dati in migliaia di euro, relativi agli investimenti sulle radio nazionali (*) Sono inclusi nel totale gli investimenti
sui seguenti media: Tv, stampa, radio nazionali, cinema, Internet, affissioni; (**) La relazione annuale Agcom rielabora
dati forniti da Nielsen Media Research; Agcom produce anche un’altra valorizzazione del settore radiofonico, con
dati estratti dall’Informativa Economica di Sistema (IES). (***) Le cifre di Assocomunicazione sono frutto di stime
previsionali, prodotte in corso d’anno, per le radio nazionali. Comprendendo le emittenti locali il dato sarebbe di 589
milioni. Fonte: elaborazione IEM su stime Nielsen Media Research , Fcp-Assoradio, Agcom, Assocomunicazione.
La tendenza a una cauta ripresa è stata confermata nei primi mesi del nuovo anno: sempre
secondo Nielsen, nel primo trimestre 2010, infatti, gli investimenti pubblicitari sui principali
mezzi aumentano del 4,35% rispetto allo stesso periodo 2009; positivi appaiono, in particolare,
i risultati del settore radiofonico, che da gennaio a marzo cresce del 12,6% sul primo trimestre
2009, grazie soprattutto alla buona performance della pubblicità tabellare.
Tabella 6 – Radio: investimenti pubblicitari in Italia (primo trimestre 2010)
I trimestre 2010
I trimestre 2009
Variazione %
2.044.616
1.959.338
4,35
104.726
93.031
12,6
di cui Tabellare
96.491
85.282
13,1
di cui Extra Tabellare
8.236
7.748
6,3
Totale pubblicità (*)
Radio (**)
Note: Dati in migliaia di euro; (*) Sono inclusi nel totale gli investimenti nei seguenti media: Tv, stampa, radio,
cinema, Internet, affissioni; (**) investimenti sulle radio nazionali. Fonte: elaborazione IEM su stime Nielsen
Media Research.
Anche il Rapporto 2010 “Comunicare Domani” di Assocomunicazione segnala che “nonostante
il perdurare di difficoltà nell’economia reale e nel mercato dei capitali, esistono primi solidi
segnali di ripresa […] per quanto riguarda gli investimenti in comunicazione”. Le stime di
Assocomunicazione parlano di una crescita costante ma lenta, che dovrebbe portare a recuperare
i livelli di investimento del 2008 entro 4 anni. Per il 2010, l’incremento complessivo degli
investimenti pubblicitari previsto è intorno al 2%. In questo contesto, la raccolta pubblicitaria
sulle radio nazionali dovrebbe crescere del 4% rispetto al 2009, trainata dai buoni risultati delle
emittenti commerciali (+4,5%, a fronte di un + 2,2% delle reti pubbliche).
Assocomunicazione, a differenza di altre fonti4, rileva anche gli investimenti sulle radio locali:
calcolando che il settore locale abbia rappresentato il 28% degli investimenti radiofonici totali
nel 2009, con 171 milioni di euro, Assocomunicazione prevede in questo segmento, per il 2010,
un perdurante stallo (con 170 milioni di investimenti, pari al 29% circa del totale).
4
Anche l’Agcom produce, per la verità, dati sulla raccolta pubblicitaria delle radio a diffusione locale, integrando le informazioni fornite dai maggiori operatori locali per l’Informativa Economica di Sistema con stime sui
restanti operatori. L’ultimo dato disponibile è purtroppo fermo al 2008, e calcola che la raccolta pubblicitaria delle
radio locali fosse di 182 milioni di euro, pari al 31,4% della raccolta radiofonica totale.
40
Radio
Tabella 7 - Radio: investimenti pubblicitari in Italia (previsione 2010)
Previsione 2010
Radio nazionali
Variaz. %
419.000
4
emittenti pubbliche
91.000
2,2
emitt. commerciali
328.000
4,5
Radio locale
170.000
0
Totale radio
589.000
2,8
Note: Dati in migliaia di euro. Fonte: elaborazione IEM su dati Assocomunicazione
3. Il confronto internazionale
Su scala mondiale, gli investimenti pubblicitari nel settore radiofonico ammontavano nel 2009
a 24,3 miliardi di euro: secondo Zenith Optimedia, tale cifra era il risultato di una perdita
del 10,9% sul 2008, superiore di un punto percentuale al decremento medio della raccolta
pubblicitaria globale (che si è fermata nel 2009 a quota 319 miliardi di euro, con una perdita
complessiva del 9,8% sull’anno precedente).
Tabella 8 - Radio: investimenti pubblicitari nel mondo e in Europa (2008-2009)
2009
2008
Δ%
Totale pubblicità (mondo)
319.900
354.500
-9,8
Radio (mondo)
24.300
27.300
-10,9
Radio (Europa)
5.200
6.000
-13,3
Europa occidentale
4.300
4.800
-9,4
900
1.200
-25,6
Europa orientale
Note: dati in milioni di euro. Fonte: Zenith Optimedia
In Europa, il mercato dell’advertising radiofonico nel 2009 valeva 5,2 miliardi di euro, e
rappresentava il 21,4% degli investimenti globali nel mezzo. Gli investimenti pubblicitari nella
radio, in Europa, risultavano nel 2009 calati del 13,3% rispetto all’anno precedente; presentava
un saldo particolarmente negativo l’area dell’Europa orientale, con un decremento del 25,6%
rispetto al 2008.
Tabella 9 - Investimenti pubblicitari nei principali mercati europei (2009)
Totale pubblicità
Radio
% Radio su totale
Francia
10.291
676
6,57
Germania
18.337
679
3,70
Italia
7.994
436
5,46
Regno Unito
16.275
456
2,80
Spagna
5.621
537
9,55
Totale
58.518
2.784
4,76
Note: dati in milioni di euro, riferiti agli investimenti pubblicitari netti; (*) i dati relativi all’Italia riguardano solo le
emittenti radiofoniche nazionali; (**) i dati relativi al Regno Unito sono al netto delle sponsorizzazioni e del branded
content radiofonico. Fonti: elaborazione IEM su dati Irep, Zaw, Nielsen, Warc/AA, Infoadex.
I dati sulla spesa pubblicitaria nei singoli mercati europei sono di difficile comparazione,
poiché non coincidono perfettamente le metodologie di raccolta e di elaborazione utilizzate
dai diversi centri di ricerca nazionali. In generale, si può comunque osservare che la radio
occupa nel 2009 una porzione assai ridotta nel media mix dei due maggiori mercati pubblicitari
europei, ovvero Regno Unito (2,8%, su un totale di investimenti pari a 16,3 miliardi di euro) e
Germania (3,7%, sul totale di 18,3 miliardi di euro). Seguono, nel mercato EU-5, l’Italia (in cui
la radio rappresenta il 5,46% degli investimenti totali), la Francia (6,57%) e, infine la Spagna,
Radio
41
che è il mercato pubblicitario più piccolo (con 5,6 miliardi di euro di investimenti), ma riserva
alla radio una rilevante quota di mercato, pari al 9,6% del totale.
Nel 2009, i già citati effetti della crisi finanziaria hanno avuto effetti negativi in tutti i principali
mercati pubblicitari, seppur con proporzioni diverse; il mercato radiofonico tedesco, in
particolare, ha retto meglio degli altri, con una perdita del 5,6% (pari a 40 milioni di euro) sul
2008, inferiore anche al decremento medio complessivo della spesa pubblicitaria nazionale
tedesca, che si è attestato al 9,8%. La complessiva tenuta della radio in Germania è attribuibile,
in parte, agli investimenti del settore automobilistico, che coprono un terzo dell’ad-spend radio
totale e che nel 2009 sono rimasti invariati – secondo uno studio di Nielsen Media Research rispetto all’anno precedente, con una spesa di 228,5 milioni di euro.
Il mercato radiofonico che più ha risentito, invece, della congiuntura economica sfavorevole
è quello spagnolo, che – dopo un triennio di crescita tra il 2005 e il 2007 e una prima battuta
d’arresto nel 2008 - si contrae nel 2009 del 16,3% (nel contesto, tuttavia, di una perdita del
20,9% subita in complesso dai cosiddetti “media convenzionali”).
In Italia, Regno Unito e Francia le perdite nel 2009 si sono assestate su valori compresi tra il
7 e il 9%. Se in Italia, tuttavia, gli investimenti radiofonici nell’ultimo quinquennio crescono
complessivamente a un tasso medio dell’1,7%, nel Regno Unito e in Francia, al contrario, la
radio pare attraversare una crisi più strutturale, come segnalano anche i tassi di decrescita
media dal 2005 al 2009, rispettivamente del 7 e del 4% circa.
Tabella 10 - Radio - Investimenti pubblicitari nei principali mercati europei (2005-2009)
Francia
2005
2006
2007
2008
2009
Δ%
2008-09
Cagr
795
807
767
742
676
-8,89
-3,97
Germania
664
681
743
719
679
-5,56
0,56
Italia (*)
408
440
476
473
436
-7,82
1,67
Spagna
610
637
678
642
537
-16,36
-3,14
Regno Unito (**)
609
549
555
491
456
-7,13
-6,98
Note: dati in milioni di euro, riferiti agli investimenti pubblicitari netti; (*) i dati relativi all’Italia riguardano solo
le emittenti radiofoniche nazionali; (**) i dati relativi al Regno Unito sono al netto delle sponsorizzazioni e del
branded content. Fonti: elaborazione IEM su dati Irep, Zaw, Nielsen, Warc/AA/Ofcom, Infoadex.
ZenithOptimedia prevede per il 2010 una cauta ripresa degli investimenti globali in
advertising: secondo le stime pubblicate ad aprile, tale ripresa si dovrebbe attestare intorno
al 2,2% complessivo. La ripresa procede, tuttavia, con velocità asimmetriche nelle diverse
aree geografiche del pianeta e in relazione ai diversi media. La radio, in particolare, dovrebbe
soffrire ancora, secondo Zenith, una stagnazione nel 2010 (-0,5%); la raccolta pubblicitaria
radiofonica, nel mondo, dovrebbe poi tornare lentamente a crescere, del 2,3% nel 2011 (a
fronte di una crescita del 4,1% dell’adspend complessivo) e di un ulteriore 4,5% nel 2011.
4. Le piattaforme di distribuzione e il futuro della radio: bilanci e tendenze
Più volte i rapporti annuali IEM hanno sottolineato la straordinaria capacità di adattamento
della radio allo scenario tecnologico contemporaneo. Medium antico, che ha saputo ibridarsi e
integrarsi con le nuove tecnologie, oggi la radio è fruibile:
•
con ricevitori audio analogici (per le tradizionali trasmissioni in Fm e Am) e digitali (per
esempio fondati sui sistemi Dab-T, per la ricezione digitale terrestre; Dab-S, per la ricezione
diretta satellitare5; Drm);
5
Negli Stati Uniti e in Canada la radio satellitare a ricezione diretta (Dab-S) è offerta principalmente da
Xm/Sirius, operatore nato nel 2008 dalla fusione dei due maggiori provider (Xm e Sirius, appunto); negli Usa, gli
utenti della radio in Dab-S, nel 2008, erano circa 20 milioni. Al di fuori del Nord America, il maggiore provider di
radio satellitare è stato negli scorsi anni WorldSpace, società fallita però nel 2008 (e acquisita, nel marzo 2009, dal
42
Radio
•
attraverso la televisione digitale, terrestre (standard Dvb-T), satellitare (Dvb-S), mobile
(Dvb-H) e via cavo (Dvb-C);
•
con apparecchi di telefonia mobile (che ricevono le radio analogiche in Fm ma offrono
anche, sempre più spesso, web radio in streaming, fruibili con connessione a Internet, via
3G, 3,5G, GPRS, Wi-fi);
•
attraverso Pc e lettori portatili (per la ricezione, via broadband, di web radio e Pod radio).
In generale, la moltiplicazione delle piattaforme è un’opportunità per la radio di ampliare i propri
bacini di utenza, offrendo maggiori listening point dei canali radiofonici esistenti, ma soprattutto
incrementando l’offerta con nuove emittenti. Secondo Ofcom, per esempio, le emittenti
radiofoniche digitali in Italia, Francia, Germania e Regno Unito erano complessivamente 333
nel 2007, e ben 717 nel 2009 (con un aumento del 115%); particolarmente rilevante risulta il
dato del Regno Unito, con un’esplosione di emittenti digitali, che sono passate in due anni da
172 a 423 (di cui 380 commerciali e 43 pubbliche).
Figura 4 - Numero di stazioni disponibili su piattaforme radio digitali (2007 e 2009)
2007
450
2009
423
400
350
300
250
200
172
150
113
100
50
0
107
116
65
46
8
Francia
Germania
Italia
Regno Unito
Note: sono escluse le radio distribuite esclusivamente via web. Fonte: elaborazioni IEM su dati Idate /Ofcom.
Bisogna, in ogni caso, sottolineare che le diverse piattaforme distributive penetrano nei mercati
con velocità differenziate.
In Europa, in particolare, emergono attualmente tre tendenze, tra loro interconnesse:
1. la resistenza della distribuzione radiofonica in analogico;
2. le difficoltà di affermazione delle reti audio digitali terrestri;
3. il successo della radio via Internet.
Accanto ai trend trasversali, sono, inoltre, rilevabili alcune tendenze peculiari di singoli mercati
locali: in Italia, per esempio, tra i device d’elezione gioca un ruolo fondamentale il cellulare
(per l’ascolto della radio in Fm ma anche – sempre più spesso – per la ricezione in streaming
attraverso Internet6 ). Nel 2008, Ofcom sosteneva per esempio che il 22% degli adulti italiani in
Ceo e fondatore della società stessa, Noah Samara). La bancarotta di Worldspace Inc. ha bloccato diversi progetti di
espansione in Europa, tra cui il lancio della radio satellitare in Italia, annunciato già dal 2007 e preparato da WorldspaceItalia, joint venture tra la stessa Worldspace Inc. e la Newsatellite Radio, del gruppo Class Editori.
6
Secondo Forrester Research, del resto, è proprio il mercato italiano - insieme ai Paesi nordici, all’Austria
e al Regno Unito – a trainare la diffusione mondiale dei servizi Internet mobile; secondo le previsioni dell’istituto
di ricerca statunitense, entro la fine del 2010 più del 60% degli utenti mobile italiani avrà un telefono 3G o 3,5G, e
l’Italia sarà tra i paesi più veloci nell’adottare anche i servizi 3,5G, raggiungendo un tasso di penetrazione di oltre il
25% entro la fine del 2013, contro il 20% di Francia, Germania e Olanda.
Radio
43
possesso di una connessione Internet utilizzasse il cellulare come terminale di ricezione della
radio in Fm, contro il 16% dei tedeschi e il 13% dei francesi.
Una recente ricerca, condotta da Aegis Media Expert e pubblicata nel giugno 2009 da “I
Quaderni della Comunicazione”, sostiene a sua volta che il 21% degli italiani tra i 15 e i 64 anni
utilizza regolarmente il cellulare o i lettori portatili per ascoltare la radio.
La radio analogica e il digitale terrestre
Come riassume lo studio “The future of radio”, pubblicato nel 2008 dalla Swedish Tv and
Radio Authority, la radio analogica terrestre in Fm offre perduranti vantaggi, tra cui: l’ampiezza
della copertura territoriale garantita, la robustezza e affidabilità della rete, la qualità del segnale,
l’economicità dei sistemi di trasmissione e l’accessibilità, tutti fattori che continuano a soddisfare
sia gli operatori che gli utenti.
Il limite principale della distribuzione analogica, come è noto, risiede invece nella scarsità
delle risorse frequenziali disponibili, che rendono limitate le possibilità di sviluppo dell’offerta
radiofonica. L’implementazione di nuovi canali e di servizi addizionali può essere invece essere
garantita dalle tecnologie digitali terrestri sound-radio based, che sfruttano con maggiore
efficienza lo spettro elettromagnetico.
Finora, tuttavia, il passaggio al digitale è stato per la radio un cammino accidentato e tortuoso,
di cui non si vede, tuttora, chiaramente l’esito. Emblematica, in tal senso, è la parabola del
Dab-T (Digital Audio Broadcasting), standard europeo per la diffusione delle trasmissioni
radio in digitale terrestre.
La sperimentazione del sistema Dab è stata avviata nel 1995 dalla Comunità Europea, che ha
individuato blocchi di frequenze utilizzabili (in banda VHF III e banda UHF-L) e ha lasciato ad
ogni nazione facoltà di scelta sulla data di introduzione della nuova tecnologia.
In Italia, il primo programma di sviluppo della radiofonia in Dab-T risale al 2001; lungo tutto
il decennio successivo sono continuate le sperimentazioni della tecnologia Dab (e, dal 2007,
dello standard più evoluto Dab+, nonchè del formato Dmb, che permette la trasmissione della
mobile Tv via Dab), ma anche di altre tecnologie per la trasmissione in digitale terrestre, tra cui
il Drm (che utilizza le frequenze Am per la radio digitale).
Nel 2005 l’Agcom emanava il primo regolamento per la disciplina dei mercati e l’assegnazione
delle frequenze digitali. Diversi fattori hanno, tuttavia, ostacolato l’effettiva entrata a regime del
sistema numerico. In Italia, in particolare, si sono sommati problemi tecnologici e logistici, tra
cui:
•
alti costi di realizzazione dei centri di trasmissione adeguati per una capillare copertura
del territorio;
•
scarsa diffusione di buoni ricevitori a prezzi modici;
•
difetti nella qualità audio percepita (problema poi superato con l’implementazione del
sistema Dab+, introdotto a partire dal 2006);
•
ritardi nella liberazione delle frequenze individuate – occupate da emittenti televisive – e
problemi negli standard del sistema di canalizzazione della banda III.
Si è così giunti al novembre 2009, con l’approvazione di un un nuovo regolamento Agcom
(Delibera 664/09/CONS) per l’assegnazione delle frequenze digitali alle emittenti radiofoniche.
Il documento assegna alla radio 14 blocchi di frequenze in banda III, di cui 3 destinate a
emittenti nazionali e fino a 11 alle emittenti locali.
44
Radio
Tabella 11 - La radio digitale terrestre nei principali mercati europei (Francia, Germania,
Regno Unito)
•
•
Francia
•
•
•
Germania
•
•
•
Regno Unito
•
Per anni si sono sperimentate le tecnologie Drm, Dab, Dab+, Dmb-T e Hd radio;
I risultati del Forum Tecnico aperto nel 2007 dal CSA (Conseil Supérieur de
l’Audiovisuel) hanno condotto nel 2008 alla decisione di adottare per la radio digitale
lo standard Dmb-T (Digital Multimedia Broadcasting), che permette la tramissione
della mobile Tv all’interno del network Dab;
Entro il 2013 tutte le radio in vendita dovranno essere Dmb-compatibili.
La radio in standard Dab-T trasmette regolarmente in Germania fin dal 1999, ma ha
raggiunto bassi livelli di penetrazione (con meno di 500.000 ricevitori finora venduti);
Dal gennaio 2008, la KEF (Commissione per il finanziamento dei media audiovisivi)
ha sospeso fino al 2009 i finanziamenti pubblici al Dab, vista la scarsa redditività
mostrata dal sistema;
Dalla primavera 2008 si pianifica il re-start della radio numerica, con test sul Dab+,
ma anche sul Drm e la Hd Radio. La radio numerica in Dab+ dovrebbe entrare a
regime tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011.
La radio digitale terrestre trasmette nel Regno Unito con lo standard Dab-T dal 1997;
A fine 2009, con 400 canali radio e 10 milioni di ricevitori Dab venduti, quello britannico
si conferma il maggiore mercato Dab in Europa. Gli osservatori ritengono, tuttavia,
che senza innovazione (per esempio, senza l’adozione della più evoluta tecnologia
Dab+ al posto del Dab di prima generazione) il mercato del digitale terrestre sia vicino
alla saturazione. Nel 2009 – in controtendenza rispetto agli altri mercati – il Governo
britannico aveva annunciato lo spegnimento della radio analogica entro il 2015;
Il nuovo Governo Cameron, tuttavia, ha successivamente dichiarato, nel luglio 2010,
di rinunciare all’intenzione, prolungando sine die la vita dell’Fm.
I tre principali consorzi italiani di circuiti radiofonici commerciali che, oltre a Rai, detengono
l’autorizzazione a trasmettere in digitale (Club Dab, C.R. Dab, Euro Dab), non ritengono che la
nuova normativa sia uno strumento sufficiente per far decollare finalmente il Dab. Innanzitutto,
i consorzi sottolineano come il regolamento, nel dettare i requisiti di accesso ai diritti d’uso
delle radiofrequenze digitali, penalizzi di fatto le emittenti locali. Inoltre, si sostiene che il Piano
nazionale di assegnazione delle frequenze digitali, successivamente approvato a giugno 2010,
riserva alle emittenti radiofoniche un numero di frequenze ancora insufficiente, a vantaggio
degli operatori televisivi.
Lo sviluppo della tecnologia audio digitale procede a singhiozzo anche negli altri mercati
europei, dove – tra l’altro – non è sopito un dibattito “a monte”, sull’opportunità di digitalizzare
la rete analogica Fm (tramite, per esempio, i formati HD radio7 o FMeXtra) o di adottare nuovi
sistemi (come il Dab o il Drm). Nessun Paese ha, in ogni caso, stabilito una data per lo switchoff del segnale analogico.
La radio via Internet: web-radio, podcasting, web-site delle emittenti
Per vari motivi, la radio via web e la Pod radio sembrano candidate ad essere una valida
alternativa alle reti digitali terrestri e un fondamentale complemento delle reti radio analogiche.
Tra i principali vantaggi della radio diffusa in streaming via web c’è, innanzitutto, la potenziale
illimitatezza dei canali e dei programmi distribuibili. Inoltre, la semplicità tecnologica
di accesso, i costi limitati di gestione, nonché la possibilità di trasmettere senza ottenere
licenze, permettono a molteplici operatori di entrare nel mercato e di offrire canali di nicchia,
targettizzando la programmazione.
Ancora: nel passato, la web radio è stata soprattutto fruibile attraverso postazioni pc fisse, ma
7
Il modello ibrido analogico-digitale in Fm Hd radio è stato scelto dagli Usa come formato prevalente per
la radio digitale ; anche il Canada, dopo dieci anni di infruttuosa sperimentazione del Dab-T, ha deciso nel giugno
2010 di revocare le licenze concesse in banda L, probabilmente per passare al formato Hd radio.
Radio
45
oggi le tecnologie wireless di accesso a Internet permettono di consolidare una caratteristica
peculiare della radio, ovvero la portabilità. Il già citato sodalizio tra cellulari di nuova
generazione, Internet e radio è il principale esempio delle nuove possibilità di utilizzo della
web radio in movimento.
Il podcasting rappresenta, in questo quadro, l’ideale complemento all’offerta della radio via
web. Permettendo di scaricare files da Internet e di ascoltarli direttamente su pc o su lettori
portatili (come l’Mp3) la Pod-radio, infatti, restituisce al consumatore la scelta dei contenuti e
dei tempi di fruizione, sottratta dalle web radio in streaming8.
Bisogna, infine, ricordare che Internet non rappresenta soltanto una tra le piattaforme di
distribuzione di canali radiofonici, ma rappresenta anche – sempre più – un supporto per tutte
le emittenti radio e per le altre piattaforme di distribuzione. I siti web delle emittenti radio,
infatti, fidelizzano il consumo e integrano i contenuti radiofonici, svolgendo per il consumatore
almeno sette diverse funzioni, che l’ultima indagine CCS (Consumer Connection Source) di
Aegis Media Expert così sintetizzava:
•
(Re)listen: ascoltare la musica o riascoltarla dopo averla sentita in radio durante un
concerto;
•
(Re)watch: vedere la musica e i protagonisti del mondo radiofonico;
•
Search: cercare la musica (album, titoli, brani, concerti…);
•
Deepen: approfondire il proprio livello di conoscenza sul mondo della musica, leggendo
notizie, curiosità etc.;
•
Explore & discover: esplorare il mondo della musica per scoprire brani, artisti, generi;
•
Live & buy: acquistare brani, merchandising, biglietti di concerti, per vivere al meglio la
propria passione;
•
Share & discuss: condividere e discutere i propri interessi musicali con la comunità online.
8
I consumi di radio via broadband sono massicci in tutti i mercati europei. Secondo Ofcom, nel 2008,
per esempio, più del 30% degli adulti dotati di una connessione internet domestica nei 4 principali mercati europei
(Francia, Germania, Italia, Regno Unito) dichiarava di ascoltare via web la radio (con un picco del 37% tra i tedeschi). Ben il 39% degli utenti Internet italiani e il 35% di quelli britannici facevano, inoltre, regolarmente podcasting
attraverso l’home-Internet. Aegis Media Expert, a giugno 2009, calcolava invece che fossero circa 5 milioni gli utenti
italiani di Internet che fruivano regolarmente della radio attraverso il web; 1,3 milioni di consumatori, inoltre, scaricavano ogni mese contenuti dalle radio in podcast.
46
Radio
Cinema
47
Cinema
di Bruno Zambardino
1.
Produzione, distribuzione, esercizio
Nell’anno 2009 il numero di titoli cinematografici prodotti al 100% in Italia registra un forte
calo, scendendo a quota 97, ben 26 produzioni in meno rispetto all’anno precedente con
una variazione negativa del 29% circa. Solo 26 titoli (erano 41 nel 2008) hanno beneficiato
di finanziamenti statali. In lieve crescita i titoli in coproduzione con l’estero che passano da
31 a 34 (grazie al maggior numero di coproduzioni minoritarie). Il numero totale dei film
prodotti nell’anno 2009 (coproduzioni incluse) si attesta così a 131, 23 in meno rispetto al 2008,
registrando una flessione pari a quasi il 20% nel biennio, più contenuta rispetto all’andamento
dei film interamente italiani.
Ad incidere sulla contrazione dei volumi produttivi, la riduzione pari al 46% dell’investimento
da parte dello Stato nei film italiani. Il numero complessivo delle produzioni che hanno
beneficiato di finanziamenti pubblici, infatti, scende da 56 a 38 titoli.
Tabella 1 - Film prodotti in Italia, 2004-2009
2009
2008
2007
2006
2005
2004
97
123
90
90
68
96
11
23
19
15
6
32
di cui finanziati ex art. 8
1
10
4
2
6
9
di cui opere prime e seconde
14
8
6
4
2
_
34
31
31
26
30
38
Produzioni italiane al 100%
di cui finanziati "interesse culturale"
Co-produzioni con l'estero
di cui maggioritarie
17
20
17
11
16
15
di cui minoritarie
17
11
14
15
14
23
(di cui finanziate "interesse culturale")
9
10
15
3
3
5
(di cui opere prime e seconde o finanziate ex art. 8)
3
5
2
0
1
0
131
154
121
116
98
134
Totale film prodotti
di cui finanziati "interesse culturale"
20
33
34
18
9
37
di cui finanziati ex art. 8
1
10
4
2
7
9
di cui opere prime e seconde
17
13
8
4
2
_
38
56
46
24
18
46
Totale film prodotti con l'apporto dello Stato
Fonte: elaborazioni Iem su dati ANICA. Per film prodotto s’intende il film che ha ottenuto il visto censura nell’anno
di riferimento.
I film distribuiti in sala in prima uscita nel 2009 mostrano un arretramento rispetto all’anno
precedente (-5,6%), assestandosi a quota 355 titoli. La quota di film italiani distribuiti, coproduzioni incluse, scende al 32,4%, perdendo poco più di 2 punti percentuali a vantaggio della
quota di film made in Usa che sfiora il 45% pur avendo distribuito 4 titoli in meno rispetto al 2008.
48
Cinema
Tengono i titoli europei ed extra-europei, dopo il brusco calo registrato nel biennio precedente
rafforzando la propria quota che ora sfiora il 30%. Se includiamo anche i proseguimenti, i
titoli usciti nel 2009 sono stati 857 di cui 294 italiani (coproduzioni incluse), 313 americani e
250 provenienti dall’Europa e Paesi terzi. Considerando tale perimetro allargato, la forbice tra
quota americana e quella italiana è di poco più di due punti percentuali (36,5 % contro 34,3%)
a fronte dei 12,4 punti percentuali a perimetro ristretto alle sole prime uscite.
Tabella 2 - Film distribuiti in Italia per origine, 2004-2009
2009
2008
2007
2006
2005
2004
Δ % 09-08 Δ % 09-04
Italia ( Incl. Co-prod.)
115
130
110
100
98
106
-11,5
10,6
Usa
159
163
154
161
166
152
-2,5
4,6
Valori assoluti
Altri Paesi Ue (escl. Ita) extra Ue
81
83
106
124
128
113
-2,4
-28,3
355
376
370
385
392
369
-5,6
-3,8
Italia
32,4
34,6
29,7
26,0
25,0
28,2
-2,2
4,2
Usa
44,8
43,4
41,6
41,8
42,3
41,2
1,4
3,6
Altri Paesi Ue (escl. Ita) extra Ue
22,8
22,1
28,6
32,2
32,7
30,6
0,7
-7,8
Totale
100
100
100
100
100
100
-
-
Totale
Valori percentuali
Fonte: elaborazioni Iem su dati ANICA (prime uscite).
Il numero di ingressi al cinema in Italia nel 2009 fa registrare, secondo i dati consolidati Siae,
un lieve decremento (-1,6%) rispetto al 2008. Il mercato cinematografico, a dispetto della crisi
generalizzata dei consumi, ha tenuto meglio di altri settori, confermando la propria natura
anticiclica.
Dall’esame della composizione degli ingressi per nazionalità delle produzioni spicca il calo della
quota italiana (incluse coproduzioni) che perde circa 5 punti passando dal 29,3% al 24,3%. Ne
beneficiano i film di origine americana che superano la quota del 60%, guadagnando due punti
rispetto all’anno precedente, tornando così ai livelli del 2004.
La contrazione della quota di mercato nazionale che, in valore assoluto, si traduce in una
perdita secca di quasi 5 milioni di spettatori (da 29 a 24 milioni), è addebitabile a fattori di
natura congiunturale dovuti ad una stagione cinematografica avara di titoli domestici. I
distributori, infatti, hanno concentrato le uscite di numerosi film italiani nei primi mesi del
2010 (Io, Loro e Lara di Carlo Verdone, La prima cosa bella di Paolo Virzì, Baciami Ancora
di Gabriele Muccino, Mine Vaganti di Ferzan Ozpetek, Happy Family di Gabriele Salvatores).
Analizzando le presenze relative al primo semestre 2010 si nota come i film domestici abbiano
nuovamente incontrato i gusti del pubblico risalendo la china fino a quota 30% (contro il 25%
registrato nello stesso periodo del 2009).
Nel 2009 perdono terreno anche i film italiani in coproduzione: i 69 titoli (inclusi proseguimenti)
programmati nel 2009 hanno raccolto 863mila spettatori contro 1.300mila accorsi a vedere i
74 film del 2008. Recuperano spazio i film di origine europea non nazionale che rafforzando la
propria quota passando dal 10% al 12% guadagnando in valori assoluti 2 milioni di spettatori.
In crescita, seppure in misura più contenuta, anche la quota dei film extra europei non Usa che
sale dall’1,08 al 1,70%.
Nel 2009 il numero totale di strutture di proiezione cinematografica conferma la tendenza
al decremento, registrando una flessione del 2,2% rispetto all’anno precedente (-11,2% negli
ultimi sei anni), mentre il numero di schermi continua a crescere attestandosi a 3202 (61 in
più rispetto a quelli del 2008) registrando una crescita pari al 2% circa; il rapporto schermistrutture sale a 2,90 nel 2009, a conferma della diffusione crescente di multiplex e multisala.
Si consolida il processo di “mutazione genetica” delle sale cinematografiche. Impianti multiplex
e relativi schermi registrano una crescita superiore al 5% (+45,1 rispetto al 2004). Si rafforza di
Cinema
49
pari passo la quota di mercato relativa alle presenze che, dopo aver superato la quota del 50%
nel 2008, consolida la posizione sul totale degli ingressi, passando dal 52,1% al 53,3%.
Tabella 3 - Presenze nei cinema italiani (totali e per origine dei film), 2004-2009
2009
Tot. Ingressi
(Siae)
2008
2007
2006
2005
2004
Δ%
09-08
Δ%
09-04
-1,6
-3,5
109.228.858 111.017.381 116.429.995 104.979.882 104.684.194 113.214.274
Composizione percentuale degli ingressi per nazionalità dei film (Cinetel)
Italia 100%
23,48
27,91
26,96
20,51
18,69
14,04
0,9
13,87
Italia co-produzioni
0,87
1,38
4,96
4,52
6,01
6,27
-3,6
-4,89
Totale Italia
24,35
29,29
31,92
25,03
24,70
20,31
-2,6
8,98
Europa (escl.
Italia)
12,13
9,98
11,86
11,58
19,58
10,93
-1,9
-0,95
Usa
61,83
59,64
54,89
61,33
53,78
61,91
4,7
-2,27
1,69
1,08
1,33
2,06
1,94
6,84
-0,2
-5,76
Altre nazionalità
Fonte: elaborazioni Iem su dati Cinetel e Siae (inclusi proseguimenti). Risultati fino al 31.12.2009.
Tabella 4 - Strutture di proiezione e schermi, 2004-2009
2009
2008
2007
2006
2005
2004
Δ%
09-08
Δ%
09-04
Strutture di proiezione
1.104
1.129
1.164
1.210
1.275
1.243
-2,2
-11,2
Schermi
3.202
3.141
3.086
3.062
3.016
2.802
1,9
14,3
2,90
2,78
2,65
2,53
2,37
2,25
0,12
0,65
Rapp. Schermi/strutture
Fonte: elaborazioni Iem su dati ANICA.
L’assetto delle multisala (fra 2 e 7 schermi) non presenta variazioni significative: a fronte di un
numero di strutture sostanzialmente inalterato (403) e di un lieve incremento nel numero degli
schermi (+2,7%), si osserva una lieve flessione nelle presenze (-1,1%) dopo la forte contrazione
subita nel biennio precedente. La relativa quota di mercato si è attestata al 36,1%.
In costante, inesorabile decremento la quota di mercato delle monosala, praticamente
dimezzata rispetto al 2004. In 6 anni tali strutture, ridotte nel 2009 a 582, hanno perso 10
milioni di spettatori (da 20,7 a 10,5 milioni). Nel biennio 2008-2009 le monosala hanno perso
poco più di un milione di spettatori, mostrando tuttavia qualche timido segnale di tenuta
rispetto all’emorragia del biennio precedente (quando avevano perso 2,6 milioni di spettatori).
La quota di mercato di questo segmento di mercato risulta sempre più marginale assorbendo
ormai poco più del 10% del totale delle presenze.
In 6 anni le monosala hanno più che dimezzato i propri incassi passando dai 117 milioni di
euro del 2004 ai 59,5 del 2009. Ad essere penalizzati dalla metamorfosi del parco sale sono
in particolare i film italiani ed europei di qualità - prodotti che trovavano maggiori sbocchi
distributivi nelle sale cittadine. Il declino delle sale urbane ha generato, infatti, una progressiva
sostituzione del pubblico più adulto degli schermi cittadini con quello più giovane dei multiplex
1
.
1
Anche per contrastare tale tendenza, la Direzione Generale Cinema del Ministero dal 2006 sostiene, in
collaborazione con Arcus, un progetto speciale denominato “Schermi di qualità”, gestito da Agis, Anec, Anem, Acec
e Fice e giunto alla sua quarta edizione. Il progetto premia con un incentivo economico le sale (672 schermi partecipanti per 214 film in possesso dei requisiti) che effettuano programmazione di film di qualità italiani ed europei
entro determinate soglie individuate in base alla tipologia di strutture e all’ampiezza del bacino di popolazione. Uno
studio Cattid-Sapienza per Agis ha dimostrato l’efficacia del progetto nel sostegno della quota di mercato nazionale
e più in generale una maggiore redditività di incasso dovuta alla maggiori tenitore all’interno del circuito. Cfr. IV
Quaderno ANICA “Cinema di Qualità. Analisi del progetto Schermi di Qualità (Edizioni dal 2007 al 2009), a cura
di Ufficio Studi ANICA.
50
Cinema
Tabella 5 - Multiplex e multicinema attivi in Italia, 2004-2009
Multiplex (8+ schermi)
2009
2008
2007
2006
2005
2004
Δ%
09-4
Δ%
09-4
119
113
108
103
93
82
5,3
45,1
Numero schermi
1245
1184
1132
1080
981
844
5,2
47,5
Presenze (milioni)
52,8
51,8
51,1
43,7
40,6
39,6
1,9
33,3
(% sulle presenze totali)
53,3
52,1
49,3
47,4
44,7
40,4
1,2
12,9
Multisala (2-7 schermi)
Numero schermi
403
404
398
394
403
383
-0,2
5,2
1381
1345
1296
1269
1256
1180
2,7
17,0
Presenze (milioni)
35,7
36,1
38,4
34,5
34,3
37,7
-1,1
-5,3
(% sulle presenze totali)
36,1
36,3
37,0
37,8
37,8
38,5
-0,2
-2,4
Monosala
582
612
658
713
779
778
-4,9
-25,2
Numero schermi
582
612
658
713
779
778
-4,9
-25,2
Presenze (milioni)
10,5
11,5
14,1
14,0
15,9
20,7
-8,7
-49,3
(% sulle presenze totali)
10,6
11,5
13,6
15,2
17,6
21,1
-0,9
-10,5
Fonte: ANICA.
In piena fase di accelerazione è il processo di digitalizzazione delle sale, sotto la spinta del
buon riscontro registrato dalla proiezione di titoli in 3D e in linea con quanto sta accadendo a
livello internazionale2. Alla fine di aprile 2010 gli schermi digitali avevano superato quota 500.
Nell’arco di due anni si è assistito ad una crescita impetuosa, considerando che a luglio 2008
gli schermi in 2K erano appena 50. Tale fenomeno pone un ulteriore freno alla fruizione di
prodotto domestico.
Tra le Regioni in cui il digitale si è maggiormente diffuso, la Lombardia con 70 schermi, il
Lazio (64), il Piemonte (45) e la Toscana (40). Con 31 schermi, Roma è la città più digitalizzata,
seguita da Milano con 18. Grazie al digitale anche le sale cittadine, incluse quelle d’essai,
potranno trovare nuove strade e strategie, dalla possibilità di offrire una programmazione più
elastica di qualità all’offerta di contenuti alternativi. Secondo gli operatori del settore, con la
conferma del tax credit (che prevede misure a sostegno degli investimenti per l’aggiornamento
tecnologico delle sale) entro il 2011, potrebbe essere superata la soglia dei mille schermi,
rendendo possibile l’obiettivo della completa digitalizzazione dell’esercizio entro il 2012.
Motore della crescita avvenuta nel 2009-2010 è, come detto, il cinema 3D. La percentuale degli
schermi con tecnologia 3D ha continuato perciò a crescere, passando dal 54,4% del giugno
2009 al 68,8% di gennaio 2010.
2. Le risorse del mercato
Gli investimenti italiani in produzione cinematografica, dopo 4 anni di crescita progressiva,
subiscono nel 2009 una battuta di arresto, scendendo sotto i 300 milioni di euro e registrando
una flessione del 10% rispetto all’anno precedente. La contrazione è dovuta al forte declino
dei contributi statali (-46,4% rispetto al 2008, coproduzioni incluse) e allo stallo del Fondo di
garanzia. Stazionari gli investimenti dell’imprenditoria di settore, il cui apporto è fermo sui
livelli del 2008 (258 milioni di euro). L’andamento risulta più dinamico se consideriamo un
arco temporale più esteso (in 6 anni è aumentato del 36%).
La composizione degli investimenti risulta ancora più squilibrata rispetto al passato con
l’87,2% a carico dei privati (in particolare dei tre principali broadcaster) e il restante 12,8% di
provenienza statale.
2
Secondo Media Salles, a gennaio 2010, gli schermi digitali sono 4.693, con un incremento del 206% rispetto all’anno precedente.
Cinema
51
Dal 2004 (anno dell’entrata in vigore del “Decreto Urbani” 3) al 2009 il volume di risorse
pubbliche si è ridotto del 60%. A partire dal prossimo anno, tuttavia, un parziale effetto
compensativo giungerà grazie ai primi importi deliberati dal Ministero per la concessione di
agevolazioni fiscali, sotto forma di crediti di imposta (vedi infra). I valori degli investimenti
medi italiani per singolo film, per effetto del più basso numero di titoli prodotti, registrano una
crescita significativa (+42% rispetto all’anno precedente) superando la soglia dei 3 milioni di
euro4.
Tabella 6 - Investimenti italiani in produzione, 2004-2009
Investimenti in produzione
2009
2008
2007
2006
2005
2004
Δ%
08-0
Δ%
09-04
Film italiani 100%
218,9
253,3
221,1
187,6
152,1
197,4
-13,6
10,9
di cui contributi statali
24,5
49,3
41,5
37,1
21,8
83,4
-50,3
-70,6
investimento medio per film
2,26
2,06
2,46
2,08
2,24
2,06
9,6
9,5
Film co-prodotti
77,1
76,8
91,4
69,7
62,4
86,9
0,4
-11,3
di cui contributi statali
13,6
21,7
21,5
6,2
7,7
11,4
-37,3
19,3
investimento medio per film
2,27
2,48
2,95
2,68
2,08
2,29
-8,4
-1,0
Totale investimenti italiani
296,0
330,2
312,5
257,3
214,4
284,4
-10,4
4,1
di cui imprenditoria di settore
258,0
259,1
249,4
214
184,9
189,5
-0,4
36,1
(%)
87,2
78,5
79,8
83,2
86,2
66,6
8,7
20,6
di cui contributo statale
38,1
70,9
63
43,3
29,5
94,9
-46,4
-60,0
(interesse culturale nazionale)
29,0
55,1
53,7
38,5
21,2
85,9
-47,4
-66,2
-
-
-
-
7,3
8,9
-
-
(ex art.8)
(opere prime e seconde)
(%)
Investimento medio italiano per
film
9,0
15,8
9,3
4,8
0,9
-
-43,0
-
12,8
21,5
20,2
16,8
13,8
33,4
-8,7
-20,6
3,051
2,144
2,582
2,218
2,188
2,122
42,3
43,8
Fonte: Elaborazioni Iem su dati ANICA. Note: dati in milioni di euro
La quota di riparto del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo)5 a sostegno delle attività
cinematografiche (sviluppo, produzione, distribuzione, esercizio e promozione) è stata pari
a 75,8 milioni di euro, in crescita (+8,8%) rispetto all’anno precedente grazie alla maggiore
dotazione complessiva e a parità di aliquota (18,5%). Va ricordato che lo stanziamento
originario relativo al 2009 è stato successivamente incrementato grazie ad un reintegro di 24
milioni di euro6.
La contrazione delle risorse nazionali ordinarie a sostegno del comparto riflette l’andamento
generale dello stanziamento complessivo del Fus. Se per l’anno 2010 l’importo è leggermente
aumentato rispetto al 2009 (+3,2%), occorre ricordare che l’ultima Legge Finanziaria, nella
previsione triennale, indica per gli anni 2011 e 2012 un drastico ridimensionamento che
3
La normativa in materia cinematografica si fonda sul Decreto legislativo n° 28 del 22 gennaio 2004 (“Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell’articolo 10 della Legge 6 luglio 2002, n.
137) e sui successivi decreti attuativi. Il grado di penetrazione è pari a circa il 13% rispetto al totale degli schermi
presenti in Europa, contro il 4,1% dell’anno precedente. Guidano la crescita i cinque mercati maggiori: la Francia,
presenta il 19,3% del totale degli schermi digitali in Europa, il Regno Unito il 14,2%, la Germania il 12,6%, l’Italia il
9,1% e la Spagna il 5,1%.
4
Nei film italiani al 100% con maggiore forza commerciale (con budget sopra il milione e mezzo di euro)
l’investimento medio è salito da 4,3 a 4,5 milioni di euro.
5
Istituito con Legge 30 aprile 1985 n. 163 “Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo”. Annualmente il Ministero per i Beni e le Attività Culturali emana un decreto di riparto nel quale, sulla base
dell’ammontare complessivo stabilito dalla Legge Finanziaria e aliquote, fissa per ciascun settore (lirica, musica,
teatro di prosa, cinema, circhi e spettacolo viaggiante) il relativo stanziamento.
6
Nel settembre 2009, infatti, il governo ha deciso un reintegro pari a 60 milioni di euro, ripartiti nei vari
settori dello spettacolo. Il cinema ha ottenuto 24 milioni aggiuntivi, di cui 18 alla produzione e 6 all’esercizio. Nel
2009, pertanto la quota cinema “integrata” ammonta a circa 94 milioni di euro.
52
Cinema
farebbe scivolare il Fondo a poco più di 304 milioni7.
Tabella 7 - La quota - Cinema del Fondo Unico dello Spettacolo, 2004-2010
Stanziamenti
2010
2009
2008
2007
2006
2005
Δ%
10-09
Δ%
10-05
Totale FUS
409,7
397,0
470,0
441,3
427,3
464,6
3,2
-11,8
di cui stanziamento cinema
75,8
69,7
90,0
79,4
77,9
83,6
8,8
-9,3
Quota cinema/ FUS %
18,5
18,5
19,5
18,0
18,2
18,0
-
-
Fonte: elaborazione IEM su dati del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Nel 2009 la Direzione Generale Cinema del Ministero per i Beni e le Attività culturali ha
disposto finanziamenti e contributi per la produzione per complessivi 36,2 milioni di euro,
un volume di risorse decisamente più ridotto rispetto all’anno precedente (7 milioni in
meno), nonostante il numero di progetti sostenuti sia rimasto stabile8. In 5 anni l’entità dei
finanziamenti si è praticamente dimezzata passando dai circa 74 milioni deliberati nel 2005 ai
poco più di 36 stanziati nel 2009.
Nel dettaglio, il Ministero ha finanziato 27 opere di interesse culturale (2 in più rispetto al
2008) per un totale di 24,9 milioni e un investimento medio che scende sotto il milione di euro.
Le 27 opere prime e seconde riconosciute meritevoli del contributo hanno ottenuto un sostegno
finanziario complessivo pari a 9,6 milioni, inferiore rispetto ai 10,8 milioni ottenuti nel 2008.
Nel 2009 sono stati finanziati 6 cortometraggi in meno, mentre il fondo per lo sviluppo delle
sceneggiature pari a 700mila euro e il relativo numero di progetti (20) è rimasto invariato
rispetto agli anni precedenti.
L’importo medio dei finanziamenti in rapporto al numero di progetti complessivi sostenuti dal
Ministero ha subito una progressiva contrazione nel corso degli ultimi 5 anni, attestandosi a
poco meno di 370mila euro.
Tabella 8 - Investimenti del Ministero nella produzione cinematografica, 2005-2009
Finanziamento
2005
N° Film
Media
Finanziamento
2006
N° Film
Media
Finanziamento
2007
N° Film
Media
Finanziamento
2008
N° Film
Media
Finanziamento
2009
N° Film
Media
Interesse
culturale
Opere prime
e seconde
54.000.000
17.996.000
Cortometraggi
1.599.200
Sviluppo
375.000
Totale
73.970.200
37
26
40
15
118
1.459.459
692.154
39.980
25.000
626.866
34.500.000
11.700.000
960.000
700.000
47.860.000
26
25
24
20
95
1.326.923
468.000
40.000
35.000
503.789
34.500.000
12.000.000
1.080.000
700.000
48.280.000
27
26
27
20
100
1.277.000
461.538
40.000
35.000
482.800
30.600.000
10.800.000
1.200.000
700.000
43.300.000
25
22
30
20
97
1.224.000
490.909
40.000
35.000
446.391
24.900.000
9.600.000
960.000
700.000
36.160.000
27
27
24
20
98
922.222
355.555
40.000
35.000
368.979
7
n. 191 del 23 dicembre 2009. La programmazione triennale della spesa è indicata nella Tabella C allegata
alla Legge Finanziaria. Lo stanziamento si riferisce a risorse ordinarie cui vanno ad aggiungersi fondi integrativi. Va
rilevato che gli importi programmati per gli anni a seguire sono spesso modificati dalla Legge Finanziaria dell’anno
successivo in funzione delle esigenze dell’amministrazione.
8
In realtà il numero dei film che hanno ottenuto il riconoscimento dello Stato è più elevato. Nella tabella
sono contemplati solo quelli che hanno ricevuto un contributo finanziario.
Cinema
53
Note: dati in euro. In alcuni casi le società hanno successivamente rinunciato al contributo. Fonte: Anica su dati
Mibac (esiti delibere della Commissione per la Cinematografia negli anni in oggetto).
I fondi regionali per l’audiovisivo
Una preziosa fonte di finanziamento complementare a quella nazionale è rappresentata dai
fondi regionali per l’audiovisivo. Negli ultimi anni l’interesse crescente delle Regioni verso il
cinema e l’audiovisivo e le loro ricadute economiche e di marketing sul territorio, ha preso
forma attraverso la creazione delle Film Commission, agenzie pubbliche (raramente private o
pubblico-private) di attrazione di attività di produzione audiovisiva sul territorio, di facilitazione
amministrativa e, spesso, di intermediazione fra domanda e offerta delle professionalità
coinvolte nella filiera produttiva. La fase successiva al 2005 ha visto la costituzione in molte
Regioni dei Film Fund, fondi di sostegno alla produzione, generalmente vincolati a clausole di
territorializzazione degli investimenti. Questi fondi sono spesso gestiti dalle Film Commission
stesse, per le quali rappresentano una delle leve di azione della propria mission, oppure
direttamente dalle Regioni attraverso gli uffici degli Assessorati competenti9.
Una prima quantificazione delle risorse regionali a disposizione dell’audiovisivo è stata
operata dalla Fondazione Ente dello Spettacolo10. Nel 2009 risultano risorse di competenza dei
Film Fund regionali per 15 milioni di euro, più che triplicati rispetto ai 4,9 milioni del 2007.
Questi fondi hanno quasi compensato il calo delle risorse del Fus a sostegno della produzione
(senza considerare, però, i fondi extra Fus e tenendo presente che la maggior parte delle
risorse regionali sono destinate alla fiction) e sono erogati, per la maggior parte, dalle Film
Commission, per quanto una parte considerevole di queste somme (6,4 milioni, oltre il 40%)
venga gestita direttamente dalle Regioni.
Tabella 9 - Fondi Regionali alla produzione audiovisiva, 2009
Fondo
Budget
Fondi delle Film Commission
8,57
F.C. Regione Siciliana
3,00
Friuli Venezia Giulia F.C.
2,09
F.C. Regione Campania
1,80
Abulia F.C.
0,70
Piemonte Doc Film Fund (F.C. + Regione)
0,50
Bologna F.C.
0,24
Emilia Romagna F.C.
0,14
Marche F.C.
0,10
Fondi delle Regioni
6,44
Regione Toscana
4,50
Regione Lazio (via Filas)
1,29
Regione Sardegna
0,65
Totale fondi regionali
15,01
Fonte: Ente dello Spettacolo. Note: dati in milioni di euro.
Provvedimenti normativi a sostegno del cinema
Due i provvedimenti recenti di maggior rilievo adottatati nel 2010. Il primo, datato 30 luglio
2010, è l’approvazione in esame preliminare in Consiglio dei Ministri di un disegno di legge
9
Cfr. A. Versace, L. Canova, T.M. Fabbri, F. Medolago Albani, “L’evoluzione del sostegno pubblico
all’audiovisio” in L’industria della comunicazione in Italia. XI Rapporto IEM, Guerini e Associati, Milano 2008,
anche per una disamina storica dei finanziamenti regionali all’audiovisivo, a livello italiano ed europeo.
10
Fondazione Ente dello Spettacolo, Il mercato e l’industria del cinema in Italia. Rapporto 2009.
54
Cinema
con il quale il Ministero per i Beni e le Attività Culturali interviene in materia di attività
cinematografiche, riformando in modo significativo il sistema di sostegno varato nel 2004
(Decreto Urbani). Il provvedimento prevede che l’intervento diretto dello Stato sia focalizzato,
a partire dal 2011, sulle opere prime e seconde, i cortometraggi e i documentari11. Non è chiaro
se e in che misura si intenda operare anche una revisione del sistema che regola l’accesso ai
contributi percentuali sugli incassi e ai contributi in conto capitale alle sale cinematografiche.
Nel settore della promozione l’intervento statale sarà riservato ai soli enti ed eventi con rilevanza
internazionale o nazionale, con l’obiettivo di snellire le procedure e migliorare la gestione delle
risorse, eliminando gli sprechi nell’assegnazione dei fondi pubblici statali. La composizione
della Commissione per la cinematografia è inoltre ridotta in ragione delle nuove e limitate
funzioni.
Il disegno di legge interviene anche sulla revisione cinematografica, prevedendo, oltre al nulla
osta alla visione per tutti, ai minori degli anni 14 e ai minori degli anni 18, l’ulteriore soglia
relativa ai minori di anni 1012.
Il secondo provvedimento è il rinnovo triennale delle agevolazioni fiscali (al momento vi è un
impegno formale da parte del Consiglio dei Ministri) per gli anni 2011-2013, in ragione della
loro efficacia nella prima fase di applicazione e del consenso unanime riscosso da parte degli
operatori del settore13.
I provvedimenti relativi al tax credit interno ed esterno, seppure con tempistiche differenti,
sono diventati pienamente operativi tra il 2009 e il 201014. Il 7 maggio 2009 è entrato in vigore il
tax credit interno che riconosce, ai fini delle imposte sui redditi, un credito d’imposta che, per
le imprese di produzione cinematografica, è fissato in misura pari al 15% del costo complessivo
di produzione di opere cinematografiche, riconosciute di nazionalità italiana. Il credito spetta
fino all’ammontare massimo annuo di 3,5 milioni per ciascun periodo d’imposta15. Per le
imprese di produzione esecutiva e le industrie tecniche che svolgano attività commissionate da
committenti esteri il credito sale al 25% del costo di produzione fino all’ammontare massimo
di 5 milioni di euro per opera filmica16.
Il 21 gennaio 2010 ha visto la luce il decreto più atteso a favore degli investitori esterni
(siano essi soggetti non appartenenti al settore, distributori e, in parte esercenti17) a seguito
dell’approvazione della Commissione europea giunta il 22 luglio 2009. Il tax credit esterno è
riconosciuto in relazione ad investimenti nella produzione dei film riconosciuti di “interesse
culturale” o con i requisiti per ottenere la nazionalità italiana. Gli investitori “esterni” potranno
beneficiare di un credito di imposta pari al 40% degli apporti in denaro versati fino ad un
importo massimo di € 1.000.000 per ciascun periodo d’imposta18. Grazie alla possibilità di
11
Tra le misure in discussione anche l’introduzione di 20 contributi al massimo a favore degli autori di
sceneggiature originali del valore di 5mila euro ciascuno.
In questo modo si allinea il nostro sistema a quelli della gran parte degli altri Paesi e si assicura una tutela
12
più puntuale e efficiente della sensibilità dei minori di età infantile e preadolescenziale, ampliando al contempo, con
una maggiore articolazione, la platea di film la cui visione altrimenti risulterebbe limitata ai maggior di 14 anni.
Se le misure saranno confermate nell’attuale impianto normativo, non sarà necessario chiedere una nuova
13
autorizzazione alla Commissione europea.
14
Il complesso iter procedurale dei provvedimenti ha avuto origine nella Finanziaria 2008 varata il 24
dicembre 2007. La normativa segna una svolta nella logica di erogazione dei finanziamenti pubblici, spostando
l’attenzione dai contributi diretti a meccanismi automatici e indiretti che riducono il potere discrezionale delle commissioni, premiano le capacità imprenditoriali dei produttori e aprono il mercato a nuovi investimenti privati esterni
al comparto. Per una panoramica più completa si rimanda alla precedente edizione del Rapporto IEM.
15
Il beneficio è sempre condizionato al sostenimento sul territorio italiano di spese di produzione per un
ammontare complessivo non inferiore, per ciascuna produzione, all’80% del credito d’imposta stesso.
16
La misura è applicabile con effetto retroattivo a partire dal 30 giugno 2008 ed è operativa dal settembre
2009, con la pubblicazione della modulistica.
17
Restano tuttavia esclusi gli incentivi per la digitalizzazione delle sale sui quali la Commissione europea ha
deciso di promuovere una consultazione pubblica. Gli esercenti, in via transitoria, stanno applicando il cosiddetto
de minimis ovvero un ammontare massimo di contributi pubblici entro il quale non scatta l’aiuto di Stato (non è
necessaria una autorizzazione da parte della Commissione) e che l’Ue, a causa della crisi finanziaria, ha elevato da
200.000 a 500.000 euro.
18
Le imprese di produzione cinematografiche destinatarie degli apporti di denaro, anche in questo caso,
Cinema
55
beneficiare di questo incentivo il gruppo bancario Intesa Sanpaolo ha deciso di investire 2,5
milioni di euro nel prossimo film di Paolo Sorrentino (This must be the place)19.
Per le imprese di distribuzione cinematografica sono previste due differenti percentuali e
relativo ammontare massimo a seconda della tipologia di opera: 10 % fino ad un massimo di
2 milioni di euro per le spese sostenute per il sostegno alla distribuzione nazionale di opere di
nazionalità italiana; 15 % fino ad 1,5 milioni di euro nel caso in cui il film sostenuto fosse anche
di interesse culturale20.
Sia distributori che esercenti possono stipulare (in analogia ai soggetti esterni) contratti di
associazione in partecipazione e sostenere la produzione di opere cinematografiche di
nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale. In questo caso il credito di imposta è
fissato al 20% dell’apporto in denaro fornito e può arrivare fino ad un ammontare massimo
annuo di 1 milione di euro per ciascun periodo d’imposta.
I progetti cinematografici per essere ammessi al beneficio fiscale devono possedere requisiti di
valenza culturale, da valutare tramite specifici “test di culturalità”21.
Per quanto riguarda il tax credit interno – secondo i dati forniti dalla Direzione Generale
Cinema - nel 2010 sono arrivate 129 comunicazioni e 107 istanze. Si tratta di 79 società, di cui
6 straniere. Sono stati già autorizzati interventi per 6,7 milioni di euro relativi a 7 film stranieri
e 20 italiani.
In due anni di applicazione (giugno 2008 – giugno 2010) gli operatori del settore hanno richiesto
benefici fiscali per circa 48 milioni di euro, di cui 10 milioni circa da parte di produttori esteri.
Nel complesso è stato calcolato che, annualmente, a fronte di minori entrate per 77 milioni di
euro, l’effetto indotto genererebbe maggiori entrate per lo Stato per 173 milioni.
Un terzo provvedimento di carattere più generale che ha riflessi anche in campo cinematografico
è il Decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali in materia di equo compenso varato
nel gennaio 2010 in attuazione del Decreto Legislativo n.68/2003. Legato alla legge sul diritto
d’autore, il provvedimento stabilisce i nuovi importi degli aumenti dei prezzi che devono essere
applicati, a spese dei fabbricanti e degli importatori, alle memorie di massa, per esempio dvd
e chiavette usb, con importi che variano a seconda della loro capacità, nonché a computer e
telefoni cellulari che consentono di memorizzare e/o seguire opere audiovisive protette dalla
legge sul diritto d’autore. Queste somme, indicate come “equo compenso”, costituiscono i diritti
che vengono corrisposti, tramite la Siae, agli autori e agli editori.
A cavallo tra il 2009 e il 2010 altre due questioni sono state al centro del dibattito, entrambe legate
alla diffusione di nuove piattaforme di fruizione del prodotto cinematografico e alla ricerca di
nuove forme di finanziamento22. La prima attiene alla proposta di dar vita ad un’offerta legale
di film su Internet vista, da alcuni operatori del settore, come unica arma contro la pirateria.
devono utilizzare obbligatoriamente l’80% di queste risorse impiegando mano d’opera e servizi italiani e privilegiando la formazione e l’apprendistato in tutti i settori tecnici della produzione (nel rispetto del criterio di territorializzazione previsto a livello comunitario). Questi investimenti, inoltre, non possono risultare maggioritari (soglia
posta sino al 49%), lasciando quindi sempre al produttore cinematografico il ruolo di titolare e gestore del “progetto”.
In sostanza si stimola il soggetto esterno a stipulare un “contratto di associazione” con il produttore in base al quale
si fissa la percentuale di investimento sul budget totale del film e la relativa percentuale di partecipazione agli utili
che per le imprese esterne non può superare il 70%, sempre a tutela dell’autonomia del produttore.
19
L’investimento è pari al 10% del budget totale del film (28 milioni di dollari), frutto di una coproduzione
internazionale italo (Lucky Red, Medusa, Indigo ciascuna con quote al 20%) franco-irlandese. E’ la prima volta che
una banca partecipa alla produzione di un film assumendo un rischio di impresa.
20
Ai sensi dell’articolo 7, D.Lgs. 22.1.2004, n.28.
21
I test di culturalità consistono in griglie contenenti specifici criteri di eleggibilità, cui è associato un sistema di punteggio minimo e massimo ottenibile per ciascun film, attribuito attraverso procedure prettamente di tipo
automatico. Proposti dalle Autorità nazionali, i “test” sono sottoposti al vaglio della Commissione europea, proprio
allo scopo di verificare il concreto ed effettivo legame tra l’aiuto concesso e il prodotto culturale che ne beneficia.
22
A tal proposito , sembra essere tramontata l’ipotesi di un sistema “alla francese” con prelievo sull’intera
filiera, mentre si discute su un eventuale prelievo sul biglietto (forse maggiorato) gestito dalle Associazioni di categoria, limitandolo al segmento sala e home video. Le risorse generate dovrebbero essere destinate, in prima battuta,
alle sale urbane e alla produzione indipendente.
56
Cinema
La seconda, connessa alla prima, una revisione del sistema attuale che regola lo sfruttamento
commerciale attraverso le windows nella direzione di una maggiore flessibilità. Si tratta di nodi
che, verosimilmente, dovranno essere oggetto di autoregolamentazione tra le varie associazioni
di categoria, prima di sfociare in eventuali provvedimenti normativi.
Gli incassi
Nel 2009 gli incassi, secondo i dati consolidati Siae, hanno registrato una crescita del 4,3% circa
(27 mln in termini assoluti) rispetto all’anno 2008, con un valore pari a circa 664,2 mln di euro.
La variazione positiva è addebitabile alle prime uscite di film in 3D con prezzo maggiorato (del
20% circa).
A partire dal 2010, anno in cui il numero dei titoli in 3D è aumentato in nodo significativo,
la forbice tra andamento delle presenze e trend degli incassi è destinata ad allargarsi
progressivamente, a vantaggio del box office americano.
Tabella 10 - Box Office cinematografico, 2004-2009
Tot. Incassi (mln €)
( Siae)
2009
2008
2007
2006
2005
2004
664,2
636,7
669,6
601,2
599,5
655,4
Δ % 09-08 Δ % 09-04
4,3
1,3
Fonte: Elaborazione IEM su dati Siae.
Osservando la composizione percentuale degli incassi per nazionalità delle produzioni (secondo
fonte Cinetel), la quota dei film italiani si ritrae di più di 5 punti percentuali rispetto al 2009,
attestandosi al 23,4%. I film statunitensi, al contrario, recuperano altri 3 punti raggiungendo la
più elevata quota di mercato (63,5%) degli ultimi 6 anni.
La contrazione della quota di mercato nazionale che, in valore assoluti, si traduce in una perdita
superiore ai 26 milioni di euro (scendendo da 171,8 a 145,5 milioni), come già accennato, è
legata anche ad una stagione cinematografica “povera” di prodotto nazionale. Considerando
che gran parte dei titoli italiani è uscita nel primo semestre 2010, il prossimo anno è previsto
un forte recupero della quota di mercato domestica23.
Le produzioni non nazionali di origine europea registrano un lieve miglioramento portandosi
all’11,5%; analogo discorso per la quota di mercato dei film extra-europei che nel 2009
raggiunge l’1,6%.
Tabella 11 - Composizione percentuale degli incassi per nazionalità, 2004-2009
Provenienza
Italia 100%
Coproduzioni
Totale Italia
2009
2008
2007
2006
2005
2004
22,6
27,7
26,9
20,5
18,7
14,0
0,8
1,3
4,8
4,3
6,0
6,3
23,4
29,0
31,7
24,8
24,7
20,3
Europa
11,5
9,8
11,6
11,2
19,6
10,9
USA
63,5
60,2
55,4
61,9
53,8
61,9
1,6
1,0
1,3
2,1
1,9
6,9
100%
100%
100%
100%
100%
100%
Altre nazionalità
Totale
Fonte: Cinetel
Nel 2009 Medusa riconquista il primato in termini di incassi pur registrando una variazione
negativa pari a circa l’11% rispetto all’anno precedente24.
Il mercato italiano della distribuzione cinematografica è dominato dalle filiali nazionali
23
Lo confermano i dati Cinetel relativi ai primi sei mesi del 2010 che indicano di nuovo al 30% (incluse
coproduzioni) la quota di mercato domestica (era al 25% nello stesso periodo dell’anno scorso), mentre quella
americana è pari al 60% contro il 64 % dell’anno precedente.
24
Nel 2010 Medusa ha investito 90 milioni sui film tra acquisizioni e produzioni, di cui 70 milioni destinati
al cinema italiano.
Cinema
57
delle major statunitensi (Universal/Uip, Warner Bros, Disney/Buena Vista, Fox e Sony,) che
complessivamente rafforzano la propria quota di mercato portandosi dal 48,4% al 56,1%.
Analizzando le singole quote di mercato non si riscontra un trend omogeneo. Universal Uip,
in testa alla classifca l’anno scorso, perde ben il 30% rispetto al 2008. Spicca, di converso, la
performance di Sony Pictures (+131%) il cui incasso vola da 30 a 70 milioni di euro anche grazie
ad un più robusto listino italiano (52 titoli distribuiti rispetto ai 24 del 2008). Ottima anche la
performance di 20th Century Fox (+53%) che, peraltro, nel 2010 beneficerà del successo del
film di Cameron Avatar.
L’altra mini-major italiana, 01 Distribution, subisce un deciso arretramento (-25%) con
incassi che scendono sotto i 50 milioni, retrocedendo così dal 3° al 7° posto in classifica. Perde
posizioni anche FilmAuro che passa dal 5° al 9° posto. In valori assoluti l’incasso della società
guidata da Aurelio De Laurentiis è pari a 35,6 milioni contro i 47,3 del 200825. La performance
più significativa è quella registrata da Eagle Pictures26, che fa segnare nel biennio un incremento
degli incassi pari all’80%, superando la soglia dei 40 milioni di euro. Per quanto attiene alle
società indipendenti, Bim guadagna il 6,4% raggiungendo Lucky Red che, al contrario perde
quasi il 9%. Le due società sono entrambe attestate su una quota di mercato del 2,5%.
Il comparto distributivo si conferma il segmento con il più elevato livello di concentrazione,
relegando ad un ruolo marginale gli indipendenti e in cui le imprese leader esercitano un forte
peso finanziario sulla produzione, imponendo i propri listini agli esercenti. Una dimostrazione
delle difficoltà di (ri)posizionamento viene dallo storico marchio Mikado che, dopo il fallito
tentativo di rilancio condotto da Franco Tatò, è tornata sotto il controllo totale di De Agostini,
gruppo che, a causa degli ingenti debiti della controllata, è intenzionato a ricollocarle sul
mercato27.
Tabella 12 - Quote di mercato dei distributori, 2009
Società
Medusa
Incasso 09
perc 09
perc 08
perc 07
perc 06
perc 05
Δ%
09-08
87.768.874
14,2
16,60
17,33
12,98
10,4
-10,9
Universal/Uip
83.077.041
13,4
19,68
13,11
13,07
19,95
-28,9
Warner Bros
75.664.780
12,2
9,59
13,64
7,45
13,97
32,8
Sony Pictures
69.675.764
11,2
5,08
6,35
9,25
6,68
131,0
Walt Disney/Buena Vista
61.490.021
9,9
7,67
9,25
12,03
8,90
35,0
20th Century Fox
58.020.156
9,4
6,37
11,00
11,77
5,94
53,4
01 Distribution
49.968.645
8,1
11,10
9,90
9,49
9,99
-24,2
Eagle Pictures
41.952.090
6,8
3,94
3,68
6,02
7,33
79,4
FilmAuro
35.568.883
5,7
7,97
8,21
8,18
6,13
-24,9
Lucky Red
15.692.807
2,5
2,90
1,36
0,84
1,70
-8,8
Bim Distributione
15.476.735
2,5
2,45
0,87
2,39
1,76
6,4
Moviemax
13.421.538
2,2
2,35
1,86
1,09
0,70
-3,9
12.096.576
2,0
4,57
1,88
4,44
5,28
-52,4
Major usa (Uip-Wb-Bv-Sony-Fox)
Altri
347.927.762
56,1
48,40
53,35
53,57
55,44
21,1
Major ita (Medusa-01 Distr)
137.737.519
22,2
27,70
27,23
22,47
20,39
-16,3
Super indies ita (Eagle-Filmauro)
77.520.973
12,5
11,91
11,89
14,20
13,46
9,6
Altri
56.687.656
9,1
11,98
7,53
9,66
10,71
-20,3
Totale
619.873.910
100,0
100,00
100,00
100,00
100,00
4,4
25
Filmauro continua a detenere il primato del miglior incasso medio per film (circa 7 milioni per 5 titoli
distribuiti) seguita Disney/Buena Vista (1,6 milioni per 37 titoli distribuiti) e 20th Century Fox (1,5 milioni per 37
titoli distribuiti).
26
Società controllata dalla Alliance Film Europe di Tarak Ben Ammar.
27
Nel 2009 la quota di mercato della società fondata da Luigi Musini e Roberto Cicutto (poi ceduta al
gruppo di Novara nel 2007) è pari allo 0,27% sul totale delle top 20 società di distribuzione per incasso.
58
Cinema
Fonte: Cinetel. Incassi fino al 31.12.2009, inclusi i proseguimenti.
I primi 20 film per incasso nel 2009 assorbono circa il 42% del mercato complessivo. Nella top
20 figurano 6 titoli di produzione italiana (1 in meno rispetto al 2008), 13 di origine Usa ed 1
di origine Uk. I film di origine domestica incidono per il 23,3% sul totale dei primi 20 incassi,
contro il 35% registrato nell’anno precedente.
I primi due film di origine italiana sono distribuiti da un distributore indipendente, FilmAuro
(Natale a Beverly Hills) e da Medusa (Cado dalle nubi).
Tabella 13 - Top 20 dei film in sala, 2009
Titolo
Paese
Distributore
Incasso
(mln euro)
L’era Glaciale 3 - l’Alba dei dinosauri
Usa
20 Th Century Fox Italia
29.690.712
Angeli e Demoni
Usa
Sony Pictures Italia
18.724.657
Harry Potter e il Principe Mezzosangue
Uk
Warner Bros Italia
18.356.557
New Moon
Usa
Eagle Pictures
16.427.604
Natale a Beverly Hills
Ita
FilmAuro
16.339.019
UP
Usa
Walt Disnesy S.M.P Italya
15.345.556
2012
Usa
Sony Pictures Italia
14.311.547
Cado dalle Nubi
Ita
Medusa Film
12.787.555
Italians
Ita
FilmAuro
12.158.520
Sette Anime
Usa
Sony Pictures Italia
11.258.003
A Christmas Carol
Usa
Walt Disnesy S.M.P Italya
11.001.542
Il curioso caso di Benjamin Button
Usa
Warner Bros Italia
10.935.460
EX
Ita
01 Distribution
10.652.049
Baaria
Ita
Medusa Film
10.534.935
Bastardi senza Gloria
Usa
Universal
9.324.983
Gran Torino
Usa
Warner Bros Italia
9.127.986
Io & Marilyn
Ita
Medusa Film
8.883.362
Fast & Furious - Solo Parti originali
Usa
Universal
8.323.487
Viaggio al centro della Terra
Usa
Universal
8.203.251
Trasnformes - La Vendetta del Caduto
Usa
Universal
8.189.080
Totale film italiani nei primi 20
60.703.391
Totale film USA nei primi 20
199.872.474
Toatale primi 20 film
260.575.865
Fonte: Cinetel, ANICA. Note: in neretto i film di origine italiana
3. Una comparazione con i mercati europei
Il raffronto con gli altri principali mercati europei (Francia, Germania, Regno Unito e Spagna)
mostra, anche per il 2009, il ritardo del sistema italiano soprattutto con riferimento ai tradizionali
indicatori di performance. Prendendo in esame le presenze e gli incassi al botteghino, infatti, il
mercato nazionale è posizionato sugli stessi livelli della Spagna, a debita distanza da Germania,
Regno Unito e Francia Oltralpe il box office ha superato nel 2009 la soglia storica dei 200
milioni di biglietti con un incasso pari ad 1,2 miliardi di euro (praticamente il doppio delle
cifre registrate nel nostro Paese). Il numero di film nazionali prodotti in Italia che, fino al 2008,
aveva mostrato un incoraggiante andamento in crescita, ha subito una contrazione (scendendo
da 154 a 131 film) in controtendenza rispetto agli altri mercati, fatta eccezione per la Francia
che continua comunque a mantenere la leadership nel volume di output. Per quanto riguarda
la frequenza di consumo cinematografico in rapporto alla popolazione, l’Italia si colloca agli
ultimi posti, con una media pro capite di 1,9 spettacoli all’anno.
Cinema
59
Tabella 14 - Il mercato cinematografico nei principali paesi europei, 1999-2009
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
tot. Film nazionali
230
240
228
203
240
203
212
200
204
171
181
Ingressi (in milioni)
200,9
190,1
178,2
188,8
175,5
195,7
173,5
184,4
187,5
165,8
153,6
frequenza media
3,4
3,2
3
3,2
3
3,3
3
3,2
3,2
2,8
2,6
Incassi totali (M€)
1232
1141,7 1060
1120,7
1031,9
1138,9
996,1
1030
1021
894
824
da film nazionali (%)
35,6
45,1
36,1
44,6
36,3
38,4
34,6
34,6
41,4
28,1
32,5
da film americani (%)
51,7
43,9
50,1
44,7
46,5
48,3
52,9
50,2
46,6
63,2
54,4
da film europei (%)
9,6
9,2
12,1
8,8
15,5
9,4
5,3
8,4
7,5
6,1
11,1
tot. Film nazionali
144
125
129
122
103
87
80
84
83
75
74
Ingressi (in milioni)
146,3
129,4
125,4
136,7
127,3
156,7
149
163,9
177,9
152,5
149
frequenza media
1,8
1,6
1,5
1,7
1,5
1,9
1,8
2
2,2
1,9
1,8
Incassi totali (M€)
976,1
794,7
757,9
814,4
745
892,9
850
960,1
987,2
824,5
808,4
da film nazionali (%)
27,4
21
15,1
21,5
13,9
20,8
16,7
9,5
15,7
9,4
11,1
da film americani (%)
n.d
66,9
73,2
72
77,2
72,1
76,8
83
77
81,9
78,6
da film europei (%)
n.d
16,9
19,5
13,8
22,2
13,6
9,4
21,4
18,6
8,8
14,3
tot. Film nazionali
131
154
121
116
98
134
117
130
103
103
108
Ingressi (in milioni)
109,3
111
116
105
104,7
113,2
105
111,5
110
100,9
103,5
frequenza media
1,9
1,9
1,9
1,8
1,9
2
1,9
1,9
1,9
1,8
1,8
Incassi totali (M€)
664,1
636,7
669,6
601,2
559,5
655,4
608,6
654
600,7
545,8
532,9
da film nazionali (%)
23,4
29
31,7
24,7
24,7
20,3
21,8
22,2
19,4
17,5
24,1
da film americani (%)
63,5
60,2
55,4
61,9
53,8
61,9
64,5
60,2
59,7
69,5
53,1
da film europei (%)
11,5
9,8
11,6
11,2
19,6
10,9
8,3
12,6
23,7
11,4
14,3
tot. Film nazionali
125
126
127
134
164
174
196
119
83
90
103
Ingressi (in milioni)
173,5
164,2
162,4
156,6
164,7
171,3
167,3
175,9
155,9
142,5
139,1
frequenza media
2,8
2,7
2,7
2,6
2,7
2,8
2,8
2,9
2,6
2,4
2,4
Incassi totali (M€)
1059,3 953,5
921,5
855,3
864,3
864,3
832,8
847,4
724
654,4
631,9
da film nazionali (%)
16,5
31,1
28,6
19,1
33
23,6
10,2
8,3
4,9
19,6
16,5
da film americani (%)
n.d.
65,2
67,7
77,1
63,1
73,2
73,5
71,3
73,9
75,3
80,5
da film europei (%)
n.d
2,3
1,8
1,2
3,1
1,3
2,5
1,2
4
1,5
1,6
tot. Film nazionali
186
173
172
150
142
133
110
137
106
98
82
Ingressi (in milioni)
109,5
107,8
116,9
121,7
127,6
143,9
137,5
140,7
146,8
135,3
131,3
frequenza media
2,4
2,4
2,6
2,8
2,9
3,5
3,3
3,4
3,7
3,4
3,3
Incassi totali (M€)
667,8
619,3
643,7
636,2
635
691,6
639,4
625,9
616,4
536,3
495,9
da film nazionali (%)
16
13,3
13,5
15,4
16,7
13,4
15,8
13,7
17,9
10,1
13,9
Francia
Germania
Italia
Regno Unito*
Spagna
60
Cinema
da film americani (%)
70,6
71,5
67,6
71,2
60,3
69,8
67,3
66,1
62,2
82,7
64,2
da film europei (%)
n.d
13,6
14,5
12,2
20,3
9,9
12
14,8
15
7,2
13,1
Note: (*) per il Regno Unito è stato applicato il tasso di cambio medio annuale relativo al 2009 (pari a 0,89094 ovvero
1,12241 euro per una sterlina) fornito dall’Ufficio Italiano Cambi della Banca d’Italia. Fonte: elaborazioni Iem su
ANICA, Siae, Cinetel, Centre National de la Cinématographie.
Osservando l’andamento delle quote di mercato nei 5 mercati, l’unico Paese che registra
una crescita progressiva nell’ultimo triennio è la Germania28. Nel 2009 la quota di mercato
francese torna ai livelli del 2007, attestandosi al 35,6% dopo l’impennata (45,1%) registrata
nel 2008 grazie al clamoroso successo del film Giù al Nord. Vistoso anche il decremento della
quota di prodotto domestico italiano (23,4%, in calo di più di 5 punti percentuali rispetto
alla performance dell’anno precedente)29. Fortemente negativo anche il dato relativo al Regno
Unito che nel 2009 dimezza la propria quota di mercato precipitando dal 31,1% al 16,5%,
interrompendo bruscamente la crescita rilevata nel triennio prevedente e allineandosi alla
quota di mercato spagnola (16%) che, al contrario, guadagna quasi 3 punti rispetto all’anno
precedente.
Figura 1 - Quota di mercato dei film nazionali, 1999-2009
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
1999
2000
2001
Francia
2002
2003
Germania
2004
Italia
2005
2006
2007
Regno Unito
2008
2009
Spagna
Fonte: elaborazioni Iem su ANICA, Siae, Cinetel, Centre National de la Cinématographie
28
Il dato relativo alla quota di mercato nazionale registrata in Germania nel 2009 (27,4%) va letto con cautela, riferendosi agli ingressi e non agli incassi e includendo coproduzioni realizzate nel Regno Unito supportate
da investimenti americani. Il dato è ricavato dalla base dati del CNC che a sua volta lo ha elaborato utilizzando il
database Lumière curato dall’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo di Strasburgo.
29
Come già ricordato, nel primo semestre 2010 la quota di mercato era già risalita al 30%, coproduzioni
comprese.
Cinema
61
Home Video
62
Home Video
di Andrea Marzulli
1. Il mercato italiano
Anche nel 2009, così come nel 2008, la flessione dei consumi home video in Italia è stata
particolarmente pesante. La somma tra atti di noleggio e pezzi venduti è scesa di quasi il 19%
(dopo il 20% del 2008), sotto quota 100 milioni. Solo nel 2006, i volumi erano di oltre 160
milioni. E, per l’ennesimo anno, è stato il noleggio a soffrire di più: attestatisti a 42,9 milioni,
gli atti di noleggio sono diminuiti di oltre il 22% nell’ultimo anno e si sono più che dimezzati
rispetto al 2005. Secondo la CCIAA di Rimini riportati dal rapporto Univideo 2010, nel 2009
hanno cessato l’attività quasi 500 imprese di videonoleggio (nel 2007-2008 erano state oltre
400), che sono quindi stimate essere 3.800 (un numero, per la verità, che risulta elevato se
paragonato al valore del segmento; secondo Screen Digest nel 2008 il numero di outlet attivi
nel rental era di 2.200). Se negozi singoli e catene brick’n’mortar sono sempre più in crisi –
negli Usa la catena di videonoleggio Blockbuster ha chiesto il “chapter 11”, ossia la procedura
di bancarotta assistita, dopo il fallimento del suo principale competitor Hollywood Video - il
suo rivale digitale Netflix è in netta ascesa (1,67 miliardi di dollari di fatturato nel 2009) grazie
all’offerta di subscription-video on demand online in modalità over-the-top e al recapito/
ritiro domestico dei film noleggiati (a conferma, come segnalato nelle edizioni precedenti di
questo rapporto, che la “logistica” del noleggio risulta sempre più gravosa per l’utente). Le forti
pressioni sulla window del rental da parte di molti distributori cinematografici e il filesharing
(attraverso i client di condivisione oppure i grandi portali cyberlocker di archiviazione remota,
primo fra tutti Megavideo) contribuiscono al progressivo calo del settore.
Negli ultimi anni, il rapporto fra atti di noleggio e atti di acquisto si è ribaltato a favore di
questi ultimi, la cui flessione è stata inferiore (il 24% circa negli ultimi 5 anni, contro oltre
il 54% per il noleggio). Il consumo di video passa sempre più per i grandi mediastore (dove
generalmente è possibile solo l’acquisto) piuttosto che per le videoteche. Tra i canali di vendita,
nell’ultimo anno ha particolarmente sofferto l’edicola, dove gli atti d’acquisto sono caduti del
24%, a conferma della flessione, seguita alla saturazione, del mercato dei collaterali (prodotti in
abbinamento a quotidiani e periodici). Appare invece più contenuto il calo del Normal Trade,
che è stato dell’8%, per il quale ormai da anni non sono più disponibili pubblicamente i dati
di vendita secondo la tipologia di outlet. Comunque, è dal 2006 che gli atti di vendita non
registrano un saldo annuale positivo; nel primo semestre 2010, però, le vendite sono cresciute
del 2% grazie al Blu-ray (le cui vendite nel 2009 sono state però inferiori al milione di pezzi
– una cifra che denota un processo di sostituzione col Dvd molto in ritardo rispetto agli altri
grandi Paesi europei: i lettori venduti in Italia nel 2009 sono stati solo 119mila).
Home video
63
Tabella 1 – Atti di noleggio e acquisto (milioni), 2005-2009
2009
Noleggio
42,9
2008
55,4
2007
2006
75,4
∆%
09-08
2005
86,2
94,2
∆%
09-05
-22,6
-54,5
Dvd
42,8
55,3
75,2
81,8
86,8
-22,6
-50,7
Blu-ray Disc
0,14
0,04
0,03
-
-
250,0
-
Vhs
-
0,1
0,2
4,4
7,4
-100,0
-100,0
Vendita
54,3
64,5
75,7
76,3
70,2
-15,8
-23,6
Dvd
53,3
63,5
74,2
73,4
63,4
-16,1
-15,9
(di cui Normal Trade) 29,5
32,3
37,5
37
33,5
-8,7
-11,9
(di cui Edicola) 23,8
31,2
36,7
36,4
29,9
-23,7
-20,4
0,4
0,1
-
-
125,0
-
Blu-ray Disc
0,9
Altri supporti (Umd, Hd-Dvd)
0,1
0,5
0,1
0,1
0,04
-80,0
150,0
Vhs
-
*
1,2
2,9
6,8
-
-100,0
(di cui Normal Trade) -
*
1
2,6
4,7
-
-100,0
0,1
0,2
0,3
2,1
-100,0
-100,0
(Totale Normal Trade)
(di cui Edicola) 30,5
33,2
38,8
39,6
38,2
-8,1
-20,2
(Totale Edicola)
23,8
31,3
36,9
36,7
32,0
-24,0
-25,6
(Totale Dvd)
96,1
118,8
149,4
155,2
150,2
-19,1
-36,0
(Totale Vhs)
-
0,2
1,4
7,3
14,2
-100,0
-100,0
(Totale Altri Supporti)
1,1
0,9
0,2
0,1
0,1
22,2
1000,0
Totale atti di noleggio + vendita
97,2
119,9
151,1
162,5
154,4
-18,9
-37,0
Note: dati in milioni di atti. Fonte: elaborazioni Iem su dati Prometeia, Univideo.
La contrazione del consumo si ritrova nei dati economici: nel 2009 il mercato dell’home video
ha registrato un calo in valore del 17,9% rispetto al 2008, passando da 828 a 680 milioni, il
valore più basso dal 2001 (quando era di 615 milioni).
Il noleggio cede il 22,6%, scendendo a circa 115 milioni, quasi interamente coperti dal noleggio
di Dvd, mentre il Blu-ray vale ancora 0,5 milioni di euro.
Del 15,3% è stato il decremento delle vendite sui vari canali, da 667 a 565 milioni. La flessione
tocca principalmente l’Edicola (-23%, a 201 milioni), mentre è del 10,4% (a 364 milioni) per
il Normal Trade. Il calo a valore dei due segmenti, leggermente superiore al calo dei volumi,
testimonia l’ulteriore diminuzione dei prezzi medi (sotto i 12 euro per i Dvd, circa 24 euro per
il Blu-ray). Le vendite di Blu-ray sono cresciute del 113%, da 9,7 a 20,7 milioni ed il formato
rappresenta il 3,7% delle vendite.
Tabella 2 – Mercato Home-Video: valore a prezzi finali (milioni di euro), 2005-2009
64
2009
2008
2007
2006
2005
∆ % 09-08
∆ % 09-05
Noleggio
114,6
160,6
218,4
272,4
Vhs
-
0,2
0,2
12,0
315,0
-28,6
-63,6
19,8
-100,0
-100,0
Dvd
114,1
160,3
218,1
260,4
295,1
-28,8
-61,3
Blu-ray Disc
0,5
0,2
Vendita
564,9
667,0
0,1
-
-
150,0
-
780,0
765
738
-15,3
-23,5
Vhs
0,3
1,3
2,7
12
39
-76,9
-99,2
(di cui Normal Trade)
(di cui Edicola)
0,3
1,2
2,4
11
33
-75,0
-99,1
-
0,1
0,3
1
7
-100,0
-100,0
Dvd
544,0
654,8
772,9
753
697
-16,9
-22,0
(di cui Normal Trade)
343,2
394,3
466,5
453
436
-13,0
-21,3
(di cui Edicola)
200,7
260,5
306,4
300
262
-23,0
-23,4
Home Video
Blu-ray Disc
20,7
9,7
3,0
-
-
113,4
-
Umd
-
0,9
0,7
1,2
0,8
-100,0
-100,0
Hd-Dvd
-
0,4
0,5
-
-
-100,0
-
(Totale Normal Trade)
364,2
406,4
473,4
464
469
-10,4
-22,3
(Totale Edicola)
200,7
260,7
306,7
301
269
-23,0
-25,4
(Totale Vhs)
0,3
1,5
3,2
24
60
-80,0
-99,5
(Totale Dvd)
658,1
815,0
991
1014
993
-19,3
-33,7
(Totale Blu-Ray Disc)
21,2
9,9
3,0
-
-
114,1
-
(Totale altri supporti)
-
1,3
1,2
-100,0
-
Totale mercato
679,6
827,6
998,4
-17,9
-38,2
1037
1099
Fonte: elaborazioni Iem su dati Prometeia, Univideo.
In termini di contenuti, il film è naturalmente la principale tipologia di prodotto, con il 56%
circa del mercato della vendita di Dvd. Questa percentuale è in leggera flessione rispetto agli
anni precedenti ma bisogna considerare che la categoria comprende i soli film live-action,
mentre i film di animazione sono ricompresi nella categoria Animazione, che è invece quella
che mostra la migliore crescita (dal 20 al 26%). In un contesto di forte caduta del mercato, i film
per bambini e i cartoni animati televisivi tengono meglio di altre categorie di prodotto. Vistosa
(almeno nei termini relativi delle più ridotte dimensioni del segmento) è anche la flessione
del prodotto televisivo, generalmente impacchettato in più costosi cofanetti, che in due anni è
sceso dal 10 al 7,7%. Tra gli altri si segnala, nel 2009, una buona crescita del segmento Musica:
per il mercato discografico il Dvd è divenuto un elemento per contrastare il file-sharing
digitale, mettendo sul mercato prodotti aggiuntivi rispetto ai contenuti audio, confidando nel
loro maggiore appeal.
Figura 1 – Vendite Dvd per tipologia di contenuto,2007-2009 (%)
100%
7
6
5,8
20
24
25,8
90%
80%
70%
2
3
60%
2
2
1,4
3,7
10
9
58
58
55,5
2007
2008
2009
7,7
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Film
Serie Tv
Musica
Special
Animazione
Promo
Fonte: elaborazioni Iem su dati Prometeia, Univideo.
Essendo il film cinematografico il principale prodotto home-video, e stante il controllo sulla
filiera dei principali gruppi media, la “magnitudo” dei principali operatori attivi nel settore
rispecchia prevalentemente le quote di mercato dello sfruttamento in sala, con le filiali della
major Usa ai primi posti della graduatoria per ricavi (oltre i 60 milioni di euro per Buena
Vista).
Home Video
65
Il primo operatore italiano è Medusa, con oltre 26 milioni di ricavi (e in circa 20 milioni sono
stimati i ricavi home-video dell’altro grande soggetto italiano, 01 Distribution), seguita da
Mondo Home Entertainment con 23 milioni.
Tabella 3 – Ricavi di alcuni fra i principali editori home-video
Rank
Anno
Ricavi
1
Buena Vista Home Entertainment
Editore
2008
61,2
Disney
Azionisti principali
2
Twentieth Century Fox HE Italia
2007
49,0
Newscorp
3
Paramount Home Entertainment Italy
2008
34,2
Viacom
4
Universal Pictures Italy
2008
30,3
Comcast-Nbc Universal
5
Medusa Video
2008
26,6
Mediaset
6
Mondo Home Entertainment
2009
23,4
Mondo Tv
7
Sony Pictures Home Entertainment
2008
20,6
Sony
8
Cecchi Gori Home Video
2009
12,7
amministrazione straordinaria
9
Rai Trade
2008
*8,0
Rai
10
Filmauro
2007
*6,3
De Laurentiis
11
Dolmen Home Video
2009
4,1
De Agostini
Note: (*) solo ricavi hv. Dati in milioni di euro. Tra le maggiori società attive, dati indisponibili per 01 Distribution
del gruppo Rai (stimati intorno ai 20 milioni di euro), Warner HE, Dnc HE. Fonte: elaborazioni IEM su dati
European Audiovisual Observatory, Ente dello Spettacolo e bilanci operatori.
2. Il confronto internazionale
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare – dal fatto che il 2009 è stato un anno di
grave crisi economica e dalla considerazione che, fra i grandi mercati media, l’home video è
uno di quelli che soffrono maggiormente di una crisi strutturale e del ripensamento di logiche
di business legate ai nuovi media – in Europa il 2009 non è stato un anno negativo in tutti i
Paesi. Il dato italiano è stato fra i più negativi, secondo solo a quello spagnolo (Paese, in cui per
molti mercati media, la televisione ad esempio, l’anno 2009 è stato particolarmente pesante). In
Spagna la caduta del mercato è stata del 37% (per il solo noleggio addirittura del 58%) ed è la
più alta fra i 5 grandi Paesi europei. Meglio ha fatto il Regno Unito (che con 2,9 miliardi rimane
il mercato più ricco), la cui flessione, del 10% circa, ha riguardato il noleggio e la vendita quasi
in egual misura.
Ma se in Francia il mercato è rimasto sostanzialmente stabile (-0,2%, ma +0,6% per la vendita),
in Germania si è registrato addirittura un incremento a valore del 5%, dovuto essenzialmente
a un’ottima performance del canale vendita (+6,7%), che ha riportato i valori sopra quelli del
2006.
Tabella 4 – Il mercato home-video nei principali Paesi europei, 2005-2009
2009
2007
2006
2005
∆ % 09-08 ∆ % 09-05
Italia
680
828
998
1037
1099
-17,9
-38,1
Noleggio
115
161
218
272
315
-28,6
-63,5
% noleggio su mercato totale
16,9
19,4
21,8
26,2
28,6
-12,8
-40,9
Vendita
565
667
780
765
784
-15,3
-27,9
Francia
1411
1414
1543
1737
1889
-0,2
-25,3
20
31
47
78
105
-35,5
-81,0
Noleggio
% noleggio su mercato totale
66
2008
1,4
2,2
3,0
4,5
5,6
-35,3
-74,5
Vendita
1391
1383
1496
1659
1784
0,6
-22,0
Germania
1633
1555
1605
1591
1686
5,0
-3,1
Noleggio
256
264
274
284
320
-3,0
-20,0
% noleggio su mercato totale
15,7
17,0
17,1
17,9
19,0
-7,7
-17,4
Home Video
Vendita
1377
1291
1331
1307
1366
6,7
Regno Unito
0,8
2877
3196
3305
3256
3489
-10,0
-17,5
Noleggio
223
246
334
382
448
-9,1
-50,1
% noleggio su mercato totale
7,8
7,7
10,1
11,7
12,8
0,9
-39,5
Vendita
2654
2950
2971
2874
3041
-10,0
-12,7
Spagna
125
198
272
276
292
-36,9
-57,2
16
38
52
76
93
-57,9
-82,8
% noleggio su mercato totale
Noleggio
12,8
19,2
19,1
27,5
31,8
-33,3
-59,8
Vendita
109
160
220
200
199
-31,9
-45,2
Note: dati in milioni di euro (cambio medio 2009 UK: 1 € = 0,89049 £). Fonte: elaborazioni IEM su dati Prometeia,
Univideo (Italia), Sevn, Cnc-Gfk (Francia), Bvv (Germania), Bva, UKFC (Regno Unito), Uve, Sgae, Screen Digest
(Spagna).
Fin qui i valori. Per quanto riguarda i volumi, Francia e Germania mostrano una crescita dei
pezzi venduti fra il 9 e il 10%, dopo anni di caduta (Francia) o di stabilità (Germania). Il dato
italiano è invece preoccupante perché il dato (sia sul 2008 che sul 2005) è molto più negativo
degli altri grandi (esclusa la Spagna) e denota una propensione al consumo in netto calo. In
Francia, la riduzione a 4 mesi del periodo minimo fra la sala e il rental ha rivitalizzato le vendite
natalizie e ha contribuito a determinare il risultato particolarmente positivo, insieme a una
deregolamentazione sui prezzi. In Germania, l’ascesa del Blu-ray è stata più rapida che in altri
Paesi.
Tabella 5 – Pezzi venduti nei principali Paesi europei, 2005-2009
2009
2008
2007
2006
2005
∆ % 09-08
∆ % 09-05
Italia
54
64
76
76
70
-16,3
-23,6
Francia
141
128
131
136
143
10,0
-1,7
Germania
113
104
104
103
104
9,0
8,1
Regno Unito
243
258
250
229
222
-5,8
9,5
Spagna
16
21
28
30
34
-23,8
-52,9
Note: dati in milioni di pezzi. Fonte: elaborazioni IEM su dati Prometeia, Univideo (Italia), Cnc-Gfk (Francia), Bvv
(Germania), Bva (Regno Unito), Uve (Spagna).
Non c’è dubbio che il file-sharing abbia delle conseguenze, negative, sul mercato dell’home
video. Il dibattito, in Italia e altrove, riguarda però la misura del danno. In molti casi questi
calcoli tendono a quantificare il danno attribuendo il valore di mercato alle opere scambiate o
scaricate online e alle copie fisiche contraffatte e vendute. In altri si tende a misurare l’effettivo
tasso di sostituzione e a ridurre l’incidenza del danno sul mercato. Un raffronto fra l’entità dei
download e delle contraffazioni e l’andamento del mercato mostra, in ogni caso, come fra i
grandi Paesi europei ci sia una proporzione diretta fra il numero dei c.d. copyright infringements
e la flessione nel tempo dei consumi “regolari”. E’ evidente il caso della Spagna che mostra il
numero più elevato degli infringements (568 milioni nel 2009, di cui 539 milioni di download di
film e serie tv e 29 milioni di pezzi contraffatti) e il maggior calo degli atti di acquisto/noleggio
tra il 2005 e il 2009 (-57,9%). Segue l’Italia con 327 milioni di infringements (di cui 228 milioni
di download e 99 milioni di pezzi contraffatti, il numero più alto fra i Paesi citati relativamente
alla “pirateria fisica”) da una parte e un calo degli atti del 36,5% dall’altra. Il Paese con il numero
di infringements più basso (la Germania, con 164 milioni) è anche il Paese con la flessione
del mercato più contenuta (-1,8% di atti nel quinquennio). Germania e Regno Unito sono gli
unici Paesi dove il numero di infringements (2008) è inferiore al numero di atti di acquisto/
noleggio (2009) e che mostrano il minor calo del mercato (nel Regno Unito è dell’11,5%).
Questo numero è invece superiore agli atti di acquisto/noleggio in Francia, Italia e Spagna,
dove la flessione del mercato è maggiore, con una proporzione particolarmente aderente.
Home Video
67
Figura 2 – Rapporto fra atti di acquisto/noleggio e file-sharing/contraffazione nel mercato HV
UK
DE
FR
IT
ES
29
539
314
99
6
224
162
71
9
152
228
97
252
153
16
-1,8%
-11,5%
-19,4%
Download film e serie tv (mln file)
Contraffazione fisica film e serie tv (mln pezzi)
-36,5%
Atti di acquisto/noleggio (mln)
Variazione atti acquisto/noleggio 05-09 (%)
-57,9%
Note: dati download e contraffazione 2008, atti di acquisto/noleggio 2009. Fonte. IEM su Bva, Ukfc, Cnc, Bvv,
Prometeia, Univideo, Sgae, Tera Consultants.
Tabella 6 – Mercato del video on demand in Regno Unito, Germania e Francia, 2006-2009
2009
2008
2007
2006
∆ % 09-08
Regno Unito
139,2
134,1
103,5
80,5
3,8
- di cui Tv-based
121,3
127,1
97,7
nd
-4,6
- di cui online
16,8
7,0
6,2
nd
140,0
Francia
82,3
53,3
29,1
14,0
54,4
- di cui Tv-based
75,2
46,9
23,7
nd
60,3
- di cui online
7,1
6,4
5,4
nd
10,9
Germania
13,1
9,0
3,0
nd
45,6
Note: dati in milioni di euro (cambio medio 2009 UK: 1 € = 0,89049 £). Fonte: Screen Digest, UKFC, Cnc, Bvv.
Il mercato del video on demand, quale alternativa al rental fisico, continua a crescere nei
maggiori mercati europei, a buon ritmo. In Francia (+54% nell’ultimo anno, a quota 83 milioni)
vale ormai più del noleggio. Ed anche in Germania, pur con valori marginali (13 milioni di
euro nel 2009), la crescita è stata di oltre il 45%. Fa parzialmente eccezione il Regno Unito, che
rimane il mercato più ricco con 139 milioni di euro, dove la crescita è stata più modesta (3,8%)
a causa di un’improvvisa flessione del vod aggregato ad offerte televisive che ha registrato una
flessione di quasi il 5% (per il calo dei ricavi delle offerte n-vod, a favore di servizi vod puri
come Fetch Tv e iTunes, che da solo genera il 55% dei ricavi vod online nel Regno Unito). In
68
Home Video
assenza, di dati puntuali sui ricavi vod in Italia, si possono confermare le stime più conservative
(Univideo, E-media, versioni precedenti di questo rapporto) che vedono il mercato online
sui 4-5 milioni di euro (per Confindustria sono ben 40 ma comprensivi di pubblicità).La
contrazione del mercato home video continua a penalizzare il prodotto televisivo, riducendo
ulteriormente le fonti di ricavo della fiction al di fuori dello sfruttamento primario sul mercato
interno (anche i dati di export non sono particolarmente buoni, limitandosi a poco più di 10
milioni di euro), almeno per quanto riguarda la fiction italiana (dopo il picco del 10% del 2007,
il peso della fiction sulle vendite Dvd è sceso al 7,7%, e si tratta solo in minima parte di fiction
italiana). Anche in Francia il valore della fiction continua a diminuire (272 milioni) così come
l’incidenza della fiction francese sul totale fiction in home video (9,3%). Positiva eccezione,
anche per questo indicatore, è rappresentata dalla Germania, dove il valore delle vendite del
prodotto televisivo è cresciuto da 205 a 233 milioni, ritornando ai valori del 2004.
Tabella 7 – La fiction nel mercato home-video in Italia, Francia e Germania (2004-2009)
2009
2008
2007
2006
2005
2004
564,9
654,8
772,9
753
697
616
valore fiction (M€)
42
59
77
63,1
46
41,2
Fiction sul mercato (%)
7,7
9
10
8,3
6,5
6,6
Italia
valore mercato, vendita (M€)
Francia
valore mercato, vendita (M€)
1390
1382
1481
1658
1786
1959
valore fiction (M€)
272
283
317
317
247
196
fiction sul mercato (%)
19,6
20,5
21,2
19,1
13,8
9,9
fiction nazionale su totale fiction (%)
9,3
9,5
9,9
14,3
16,9
15,2
1377
1291
1331
1307
1366
1440
Germania
valore mercato, vendita (M€)
valore fiction (M€)
233
205
222
183
177
233
fiction sul mercato (%)
16,9
15,9
16,7
14,0
13,0
16,9
Fonte: elaborazioni IEM su dati Prometeia, Univideo (Italia), Cnc-Gfk (Francia), Bvv (Germania).
Home Video
69
Libri
70
Libri
Libri
di Daniela Ciavarelli
1. Produzione e lettura
Una situazione di difficoltà ma non drammatica quella del mercato editoriale italiano nel corso
del 20081. Rispetto all’anno precedente la produzione libraria resiste con un leggero calo pari
allo 0,5% (tutte le edizioni) ma con un saldo sempre molto positivo (11,5%) rispetto al 2004.
Nel complesso la produzione si attesta ad un valore di poco inferiore ai 59mila titoli, grazie alla
ripresa delle prime edizioni (vedi infra).
A fronte del lieve calo del numero dei titoli continua a diminuire, e di molto, la tiratura
complessiva che, nel 2008, si attesta a poco più di 213 milioni di copie, in netta contrazione
sia rispetto all’anno precedente che all’andamento dell’ultimo quinquennio. Dal 2004 si rileva
infatti una diminuzione del 12,1%, mentre dall’anno precedente un calo del 9,4%.
In forte flessione, di conseguenza, la tiratura media per opera che, rispetto al 2004, scende del
21,2% (cioè di 1.000 copie) e del 9% sul 2007.
Tabella 1 - Produzione libraria in Italia (titoli e tiratura), 2004-2008
2008
2007
2006
2005
2004
Totale (prime edizioni,
ristampe ed edizioni
successive)
58.829
59.129
61.440
59.743
52.760
Tiratura (000)
213.163
235.389
268.097
261.054
242.639
-9,4
-12,1
3.623
3.981
4.364
4.373
4.599
-9,0
-21,2
Tiratura media
Δ % 08-07 Δ % 08-04
-0,5
11,5
Fonte: elaborazioni Iem su dati Istat e Aie.
La tenuta del mercato si deve principalmente all’incremento delle prime edizioni che
raggiungono quasi 38mila titoli, in aumento di circa mille unità rispetto all’anno precedente.
Le prime edizioni vanno quindi a rappresentare il 64,3% delle opere pubblicate, a fronte di
un costante calo di ristampe e edizioni successive. Riguardo le ristampe il valore continua a
seguire il trend negativo iniziato dal 2006 fermandosi a poco meno di 18mila copie (30,6%)
mentre riguardo alle edizioni successive, in controtendenza con quanto avveniva nel 2007, il
valore torna a scendere: dal 6,6 al 5,1%. Come si nota dalla tabella 2 i valori di quest’ultimo
tipo di edizione hanno seguito sempre un andamento altalenante negli ultimi sei anni senza
descrivere un trend chiaro.
Le prime edizioni sono cresciute in maniera omogenea tra i vari generi di opera: +257 titoli
nel segmento delle edizioni scolastiche, +230 nel segmento per ragazzi e +539 nel segmento
Varia che comprende, oltre alla narrativa, manuali, saggi, guide, volumi di arte e illustrati,
guide di viaggio, libri universitari, pubblicazioni scientifiche tecniche e mediche, reference ed
1
Si tratta dell’ultimo anno disponibile, alla stesura di questa ricerca, relativamente ai dati che riguardano la
produzione libraria. I dati economici, nel prosieguo del capitolo, sono invece allineati al 2009.
Libri
71
enciclopedie. Le prime edizioni, nei segmenti Varia e Ragazzi, rappresentano rispettivamente
il 67 e il 72% dei titoli pubblicati, mentre per le edizioni scolastiche, con un ricambio minore,
il valore scende al 32,8.
Tabella 2 – Produzione libraria in Italia per tipo di edizione, 2002-2008
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
prima edizione
37.845
36.819
37.991
37.694
33.641
34.496
32.781
Valori assoluti
Ristampa
17.991
18.431
19.999
18.596
16.440
16.417
19.083
edizione successiva
2.993
3.879
3.450
3.453
2.679
3.353
2.760
Totale
58.829
59.129
61.440
59.743
52.760
54.266
54.624
prima edizione
64,3
62,27
61,83
63,09
63,76
63,57
60,01
Valori percentuali
Ristampa
30,6
31,17
32,55
31,13
31,16
30,25
34,94
edizione successiva
5,1
6,56
5,61
5,78
5,08
6,18
5,05
Totale
100
100
100
100
100
100
100
Fonte: elaborazioni Iem su dati Istat e Aie.
Le ristampe e le edizioni successive, a fronte dell’aumento delle prime edizioni su tutti i generi
di opera, calano drasticamente e parallelamente: nel segmento Varia nel 2008 le ristampe
costituiscono il 28,1 per cento dei titoli e le edizioni successive il 5,1. Anche nel segmento dei
libri per bambini e ragazzi il peso delle ristampe passa dal 64% del 2007 a poco più del 60% del
2008 e la stessa cosa succede per le edizioni successive che passano dal 7 al 3,3 con un calo di
più del 50%. Le ristampe dei libri scolastici scendono al 60,6% e le edizioni successive al 6,6.
Tabella 3 - Produzione libraria in Italia per tipo di edizione e genere di opera, 2008
Prima edizione
Edizione
successiva
Ristampa
Totale
Scolastiche
1.636
331
3.024
4.991
Per ragazzi
2.939
136
996
4.071
Tipo di edizione per genere di opera
Valori assoluti
Varia
33.270
2.526
13.971
49.767
Totale
37.845
2.993
17.991
58.829
Valori percentuali
Scolastiche
4,3
11
16,8
8,5
Per ragazzi
7,8
4,6
5,5
6,9
Varia
87,9
84,4
77,7
84,6
Totale
100
100
100
100
Genere di opera per tipo di edizione (valori percentuali)
Scolastiche
32,8
6,6
60,6
100
Per ragazzi
72,2
3,3
24,5
100
Varia
66,9
5,1
28,1
100
Totale
64,3
5,1
30,6
100
Fonte: elaborazioni IEM su dati Istat.
Nel 2009, secondo l’Indagine Multiscopo “Aspetti della vita quotidiana” dell’Istat, il tasso di
lettura della popolazione italiana di 6 anni e più sale al 45,1, dal 44% dell’anno precedente.
Rilevante è che tale aumento sia relativo ai cosiddetti “lettori forti” (da 12 libri in su all’anno), che
crescono di 2 punti fino a rappresentare il 15,2% dei lettori di libri (almeno 1 libro nell’ultimo
anno) e in parte ai lettori medi (4-11) libri. Diminuisce di conseguenza la percentuale di coloro
che leggono fino a 3 libri (come si vedrà in seguito). La quota più alta di lettori si riscontra
tra la popolazione di 11-17 anni (oltre il 58%), con un picco tra gli 11 e i 14 anni (64,7%),
72
Libri
e decresce all’aumentare dell’età. Già a partire dai 35 anni la quota di lettori scende sotto il
50%, per diminuire drasticamente dai 65 anni in poi e raggiungere il valore più basso tra la
popolazione di 75 anni e più (22,8%).
Le donne leggono più degli uomini: le lettrici, infatti, sono il 51,6% rispetto al 38,2% dei lettori.
Le differenze di genere sono presenti in tutte le fasce di età e risultano molto forti tra i 20 e
i 24 anni, dove la quota di lettrici supera il 66%, mentre quella dei lettori si attesta al 39,2%.
Le differenze di genere si annullano solo per le persone con 75 anni e più, fascia di età in cui
dichiarano di leggere nel tempo libero il 23,3% degli uomini e il 22,5% delle donne.
Il titolo di studio influisce fortemente sui livelli di lettura: si va da un massimo dell’80,6% tra i
laureati a un minimo del 28,4% tra chi possiede la licenza elementare o nessun titolo di studio.
Se poi si tiene conto della condizione professionale, livelli di lettura superiori alla media si
evidenziano, per le persone di 15 anni e più, tra dirigenti, imprenditori e liberi professionisti
(62,7%), studenti (65,2%), direttivi quadri e impiegati (68,1%). Al contrario, i più bassi livelli di
lettura si registrano tra gli operai (30,6%), i ritirati dal lavoro (33,2%) e le casalinghe (35,9%).
A livello territoriale, le quote più alte di lettori di libri si registrano al Nord, dove quasi il 52%
della popolazione di 6 anni e più ha letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti l’intervista,
e al Centro (48%). Nel Sud e nelle Isole, invece, la quota di lettori cade rispettivamente al
34,2% e al 35,4%. Esiste, inoltre, una significativa variabilità regionale nei livelli di lettura: se
Trentino-Alto Adige (60%) e Friuli-Venezia Giulia (56,7%) fanno registrare i livelli di lettura
più alti, Marche, Umbria e tutte le regioni del Mezzogiorno si attestano al di sotto della media
nazionale. In particolare, agli ultimi posti si collocano Sicilia (31,5%), Campania (32,9%), Puglia
(33,1%) e Calabria (34,3%). Relativamente al tipo di comune, si nota una maggiore diffusione
di lettori nei centri e nelle aree di grande urbanizzazione, con una progressiva riduzione della
quota dei lettori nei centri più piccoli: si passa, infatti, dal 51,3% nei comuni centro dell’area
metropolitana al 40,5% nei centri da 2.001 a 10.000 abitanti.
Tabella 4 - Indici di lettura in Italia, 1997-2009
Hanno letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi (%)
per 100 lettori
1-3 libri
4-11 libri
12+ libri
39,9
40,5
38,9
38,4
39,0
39,1
38,8
39,0
39,8
40,8
39,1
39,9
13,0
11,7
12,9
12,1
12,9
12,6
12,4
13,5
12,9
13,3
13,2
15,2
1997
41,6
47,1
1998
41,9
47,8
1999
38,3
48,2
2000
38,6
49,5
2001
40,9
48,1
2002
41,4
48,3
2003
41,3
48,8
2005
42,3
47,5
2006
44,1
47,3
2007
43,1
46,2
2008
44,0
47,7
2009
45,1
44,9
Note: per 100 persone di 6 anni e +. Fonte: Istat.
I lettori deboli (da 1 a 3 libri l’anno) sono soprattutto maschi (48,1%), bambini e ragazzi fino a
14 anni (più del 48%), persone con 75 anni e più (49,5%), persone con la licenza media o titolo
inferiore (più del 50%), operai (55,3%), persone in cerca di prima occupazione e casalinghe
(oltre il 51%), residenti nelle regioni meridionali (57,6%). Le quote maggiori di lettori forti
(oltre i 12 libri) si riscontrano, invece, tra le persone di 65-74 anni (19,8%), tra le donne (16%),
con un picco tra quelle di 65-74 anni (22,1%), tra i laureati (24,4%) e tra dirigenti, imprenditori
e liberi professionisti (19,8%) e i ritirati dal lavoro (18,7%). A livello geografico le quote più alte
di lettori forti si riscontrano nel Nord-ovest (19,5%) e nel Nord-est (18,3%).
Libri
73
2. Valore del mercato
Per la seconda volta in due anni cala il valore del mercato del libro, attestandosi sui 3.407
milioni di euro, con una flessione del 4,3% rispetto al 2008. In questo quadro però mostrano
buoni risultati le vendite nei canali: Internet (+12%), Grande Distribuzione (+4%) e librerie
tradizionali +2,5%), che corrispondono complessivamente a 1430 milioni di euro.
Il canale libreria sta cambiando profondamente e forse questa è la ragione della sua sostanziale
tenuta nelle vendite. La Gdo (banco libri e grandi magazzini) dopo un -2,9% del 2008,
ricomincia a crescere (del 4%) giovandosi della crescente incidenza della grande distribuzione
organizzata nella spesa delle famiglie. Il 2009 ha visto le “catene” crescere di oltre il 4% a valore,
e le librerie a “conduzione familiare” sostanzialmente stabili (+0,6%). Continuano a crescere le
librerie on line con un +26,8% nelle vendite (percentuale più alta di tutti i canali trade) grazie
anche all’entrata sul mercato di nuovi operatori.
L’edicola (relativamente alla sola vendita libri) fa segnare un lieve miglioramento (+2,6%)
grazie al rinnovamento del canale portato avanti con la formula del franchising da parte di
alcuni grandi gruppi e grazie ad assortimenti di libri non più composti solo da tascabili e
supereconomici. I collaterali sono esclusi da questa percentuale: nel 2009 hanno subito
un’ulteriore battuta d’arresto, di quasi il 4%, mentre la perdita dal 2005 è di oltre il 50%.
Crollano anche i collezionabili: -31,5%, a 161 milioni di euro.
Il mercato scolastico registra un ulteriore rallentamento, dell’1,4%, nelle vendite. Contrazione
dovuta a un probabile accentuarsi del fenomeno dell’usato e all’effettivo avvio della riforma
voluta dal Ministero dell’Istruzione, con il blocco delle adozioni dei libri di testo per cinque
anni nella primaria e per sei anni nella secondaria e obbligo dal 2012 di adottare i soli libri di
testo disponibili e scaricabili da Internet.
Veramente agli inizi il mercato dell’e-book che, nonostante il battage mediatico che lo ha
imposto all’attenzione dei lettori e alla diffusione crescente di e-reader (questo più nel 2010,
per la verità), vale ancora poco più di 1 milione di euro, ossia lo 0,03% del mercato.
Tabella 5 - Il mercato dei libri in Italia, 2005-2009 (milioni di euro)
2009
2008
2007
2006
2005
Δ%
09-08
Δ%
09-05
GDO (1)
261
251
258,4
246,1
226,8
4,0
15,1
Edicola (2)
19,5
19
18,5
16,5
20,5
2,6
-4,9
Altro al dettaglio (3)
21,9
20,8
19,8
19,3
18,4
5,3
19,0
Internet (4)
101,2
90,4
71,3
52,1
40,1
11,9
152,4
Libreria (5)
1068
1042
1048
1043,3
1034
2,5
3,3
e-book (stime)
1,1
-
-
-
-
-
-
Libri scolastici
667
676,8
716,3
705,5
669
-1,4
-0,3
Bookshop musei
23,6
26,2
28,4
25,4
21,9
-9,9
7,8
Rateale
213,4
268,1
311,8
308,4
315
-20,4
-32,3
120
128,9
143,2
140,6
145
-6,9
-17,2
Corrispondenza
Book club
75
78,9
83,3
82,5
81,5
-4,9
-8,0
Vendita diretta a biblioteche
45
48
50,2
54,3
65,5
-6,3
-31,3
Export
42
41,1
40,7
39,9
39,5
2,2
6,3
161,1
235,2
293,2
307
342,3
-31,5
-52,9
264,5
348
330,5
336,9
326,5
-24,0
-19,0
97,8
75,2
70
60,5
51
30,1
91,8
Collezionabili
puntate
e
opere
Editoria elettronica
Rom, DVD Rom)
a
(CD
Editoria elettronica (banche
dati)
74
Libri
Libri usati e remainders
Non book
Iniziative speciali
Totale
95
84,6
79,8
78,1
76,5
12,3
50,5
40,7
38,2
80
85,8
101
3407,5
3560,7
3702,6
24,2
35,4
33
24,1
53,0
118
115
-6,8
-30,4
3670
3621,4
-4,3
-5,9
Collaterali (libri) (6)
250,6
260,6
453,3
489
537,5
-3,8
-53,4
Totale libri e collaterali libri
3658,2
3821,3
4155,9
4159
4158,9
-4,3
-12,0
Note: (1) banchi libri fissi in supermercati, grandi magazzini, autogrill, escluse librerie dei centri commerciali; (2)
esclusi allegati, opere a fascicoli e collezionabili; (3) in occasione di fiere, vendite temporanee, banchi dei mercati;
(4) vendite dai soli siti italiani; (5) libri nuovi di varia adulti e ragazzi; (6) valori forniti da Fieg, su dati relativi a 53
quotidiani. Il dato si riferisce alle sole vendite di libri. Fonte: elaborazione IEM su dati Aie.
Secondo l’AIE (Associazione Italiana Editori), nel 2008 risultavano censite, tra attive e non,
10.335 case editrici. Nel 2009, il numero delle case editrici attive era di 7.009, anche con un solo
titolo. Tuttavia gli editori che hanno una presenza organizzata e stabile in tutte le librerie del
territorio nazionale sono 1.600. Gli addetti di tutta la filiera sono circa 36mila.
Tabella 6 - quote di mercato gruppi editoriali, 2007-2009
2009
2008
2007
Gruppo Mondadori
28,4
28,8
29,0
- di cui Mondadori
14,5
15,1
14,3
- di cui Einaudi
5,9
5,7
5,4
- di cui Piemme
4,3
4,3
5,1
- di cui Sperling & Kupfer
2,4
2,4
2,8
- di cui altri Gruppo Mondadori
1,3
1,3
1,4
RCS MediaGroup
12,6
12,8
13,6
Gems - Gruppo Editoriale Mauri Spagnol
9,3
8,9
8,2
Gruppo Giunti
5,8
5,5
5,4
Feltrinelli
4,0
3,9
3,8
Altri Editori
39,9
40,1
40,0
Totale
100,0
100,0
100,0
Note: dati a valore. Quote 2009 calcolate su €m 1.171 nei canali trade (esclusa GDO). Fonte: Nielsen Bookscan,
Rispetto all’anno precedente la quota di mercato dei maggiori operatori del mercato italiano
– Mondadori, Feltrinelli, RCS Media Group, Gems e Giunti – sale nel 2009 di 0,2 punti
percentuali, rappresentando oltre il 60% del valore.
Il gruppo Mondadori, seppur con un leggero calo dal 28,8 al 28,4%, mantiene la propria
posizione di leadership rispetto agli altri player. Le ragioni della flessione sono da ricercare
proprio nella divisione omonima che perde il 3,9% rispetto al 2008 mentre le altre divisioni
restano ferme allo stesso valore o crescono leggermente: Piemme, Sperling & Kupfer e gli altri
operatori del gruppo restano stabili mentre Einaudi incrementa del 3,5%.
La quota di mercato di RCS (Rizzoli, Bompiani, Fabbri, Marsilio...) continua a scendere
e si ferma allo 12,6% con un calo dell’1,6%. A seguire il Gruppo Editoriale Mauri Spagnol
(Longanesi, Salani, Guanda, Garzanti), Giunti e Feltrinelli tutti con variazioni positive rispetto
al 2008: guadagna il 4,5% Gems, passando dall’8,9 al 9,3; 5,2 punti percentuali il Gruppo
Giunti salendo al 5,8% del valore del mercato e sale anche il Gruppo Feltrinelli passando dal
3,9 al 4% con un aumento del 2,6%.
Mondadori conferma il suo ruolo di leader del mercato anche in relazione ai ricavi raggiungendo
la quota di quasi 620 milioni di euro: di questi circa 426 milioni derivano dalla divisione Libri,
mentre 194 dal settore della distribuzione che gestisce il canale delle librerie. Entrambi questi
valori sono in calo rispetto all’anno precedente perdendo rispettivamente il 2 e lo 0,3 per cento.
A seguire, come secondo gruppo si registra Messaggerie Italiane holding che nel 2008 fattura
517 milioni di euro considerando entrambe le voci della distribuzione e dell’editoria, in aumento
Libri
75
del 2% rispetto al 2007.
Il terzo player del settore è il gruppo Feltrinelli con un fatturato complessivo (tra retail ed
editoria) di 460 milioni euro, in crescita rispetto al 2008 circa del 21 per cento. Rappresenta
la variazione più importante rispetto all’anno scorso e, considerando che nel mercato dei libri
la fatturazione maggiore di Feltrinelli viene dal canale retail, può considerarsi una risposta al
potenziamento della vendita on line nonché all’attenzione che il gruppo ripone nella cura e
sponsorizzazione delle librerie, entrate nell’immaginario collettivo degli utenti come sinonimo
di qualità e convenienza.
Gli altri gruppi attivi non superano i 200 milioni di euro e si attestano tutti sugli stessi valori:
secondo gli ultimi bilanci aziendali disponibili Giunti ha fatturato 191 milioni di euro (anno
di riferimento 2008) tra editoria e retail, De Agostini Editore 186 (2009) considerando editoria
e distribuzione.
RCS Libri, per cui il dato si riferisce solo al segmento “varia Italia”, fattura nel 2009 145,2 milioni
di euro, Zanichelli Editore 135,5 (2008), e infine il gruppo Pearson Paravia Bruno Mondadori
86,6 milioni di euro. Per tutti e tre si tiene in considerazione solo il fatturato derivante dalla
divisione editoria.
Tabella 7 - Fatturato maggiori gruppi italiani editori o distributori di libri
Gruppo
Attività
Anno
Ricavi
Mondadori
editoria, retail
2009
619,7
- Mondadori Libri
editoria
2009
425,7
- Mondadori Retail
retail
2009
194,0
Messaggerie Italiane holding
edit., distrib., retail
2008
*517,0
Feltrinelli
editoria + retail
2009
460,0
Giunti
editoria, retail
2008
190,9
De Agostini Editore
editoria, distrib.
2009
**186,0
Rcs Libri (solo varia Italia)
editoria
2009
145,2
Zanichelli Editore
editoria
2008
135,5
Pearson Paravia Bruno Mondadori
editoria
2008
86,6
Note: (*) di cui 25% circa distribuzione periodici; (**) esclusi collezionabili e direct mktg, non è scorporabile il
fatturato all’estero. Fonte: Mbres, dati societari et alia.
3. Confronti internazionali
L’Italia si conferma il penultimo paese, tra i 5 maggiori stati europei, in riferimento al valore
complessivo del mercato editoriale, mentre per quanto riguarda l’ammontare della spesa pro
capite è all’ultimo posto con poco più di 60 euro annui.
La situazione complessiva non varia di molto rispetto al 2008, in cui lo scenario presentava la
Germania unica eccezione, cioè in progresso, e al primo posto con valori, di ricavo e di spesa
pro capite, di molto sopra la media europea. Quest’ultima si mantiene comunque costante
attorno ai 64 euro pro capite. Nel dettaglio i tedeschi nel 2009 hanno speso 118 euro a testa,
a seguire francesi (67), spagnoli (66), inglesi (61,6) e italiani (60,8). Come già osservato le
variazioni positive non riguardano tutti e 5 i paesi infatti il valore della spesa, oltre che in Italia,
per abitante diminuisce rispetto al 2008 in Spagna e in Regno Unito, rispettivamente del 5,3 e
13,5%.
Anche riguardo il valore del mercato 2009, l’Italia è il Paese che mostra il risultato più negativo
(-4,3%), precedendo Spagna e Regno Unito. I ricavi dalle vendite, infatti, passano in Spagna
da 3.185 milioni di euro a 3.109 con un calo del 2,4%, mentre in Uk passano da 3.936 a 3.821,
perdendo il 2,9%.
Significativo è anche il dato francese, che passa da 4.055 milioni di euro a 4.213 con un
76
Libri
incremento di quasi il 4%. La Germania si conferma il paese con le maggiori vendite editoriali,
con un lieve aumento dello 0,8 per cento, sfiorando nel 2009 i 9.700 milioni di euro.
Tabella 8 - Valore delle vendite di libri in Europa, anni 2006-2009
2009
2008
2007
2006
∆ % 09-08
Popolazione
(000)
Fatturato
per ab. (€ 2009)
Francia
4.213
4.055
4.100
4.110
3,9
62.793
67,1
Germania
9.691
9.614
9.576
9.261
0,8
81.758
118,5
Italia
3.407
3.561
3.703
3.670
-4,3
60.402
60,8
Spagna
3.109
3.185
3.157
3.015
-2,4
46.951
66,2
Uk
3.821
3.936
3.950
3.784
-2,9
62.042
61,6
Note: dati in milioni di euro. Per Uk dati al cambio medio 2008 (1 euro = 0,89094 sterline). Fonte: elaborazioni IEM
su dati Gfk (Francia) Boersenblatt (Germania), Aie e Nielsen (Italia: 2007 e 2008 Aie, 2009 stime su tasso di crescita
Nielsen), Fgee (Spagna), Publishers Association (Uk).
Libri
77
Quotidiani e
periodici
Quotidiani e periodici
di Paola Savini
1. Introduzione
In misura più marcata rispetto all’anno precedente, nel corso del 2009 l’editoria italiana ha
fronteggiato da un lato gli effetti della crisi economica generale, dall’altro quelli più specifici e,
probabilmente, di maggiore portata, legati alle trasformazioni in atto nella filiera industriale
di produzione-distribuzione e consumo di informazione. I dati provvisori relativi al 2010 non
preludono a significative inversioni di tendenza, e rimarcano lo stato di crisi permanente del
settore, quotidiano e periodico, in atto da ormai un quinquennio, come sottolineano i continui
– parziali e spesso contraddittori - interventi legislativi in materia nonché l’indagine conoscitiva
dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora in avanti, AGCM), la seconda1 in
sei anni.
Rispetto al primo punto, il riferimento è da un lato al decreto ministeriale del 21 ottobre 20102
che recepisce i nuovi accordi tra gli editori e la società Poste Italiane in merito alle tariffe per
la spedizione delle pubblicazioni profit; dall’altro, è al Decreto del Presidente della Repubblica
25 novembre 2010, n. 2233, in emanazione dell’attesissimo Regolamento sulla disciplina dei
contributi diretti all’editoria, che modifica i criteri di calcolo dei contributi e introduce una
ripartizione proporzionale dei fondi in caso di insufficienza degli stessi nonché un maggiore
controllo sulle richieste di ammissione alle provvidenze.
Rispetto al secondo punto, l’AGCM ha infatti concluso, il 23 settembre 2009, l’Indagine
conoscitiva 35 (Indagine Conoscitiva riguardante il Settore dell’editoria Quotidiana, Periodica
e Multimediale), pubblicando, a distanza di due anni dalla I parte (Le sovvenzioni pubbliche e i
limiti alla concentrazione per i quotidiani), la II parte (La distribuzione dei prodotti editoriali):
l’AGCM, attraverso l’Indagine, ha «inteso offrire un contributo per una rilettura delle modalità
di funzionamento del settore distributivo della stampa, per evidenziare le restrizioni di
carattere concorrenziale che sembrano limitare ingiustificatamente le capacità di risposta del
settore alle sfide odierne», auspicando, in conclusione, completa liberalizzazione per il mercato
della vendita all’utente finale, in adattamento alle mutevoli esigenze della domanda di prodotti
editoriali.
Drammatico appare dunque il calo della diffusione dei quotidiani nel Paese, sceso sotto la
1
Cfr. nel 2004 l’Indagine conoscitiva 20 - Distribuzione di Stampa Quotidiana e Periodica. Provvedimento
n.13425.
2
Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 21 ottobre 2010 recante “Tariffe per le spedizioni di prodotti editoriali, ad esclusione dei libri spediti tramite pacchi, effettuate dai soggetti di cui all’articolo 1 comma 1, del
decreto -legge 24 dicembre 2003, n. 353, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 46”, Gazzetta
Ufficiale n. 274 del 23 novembre 2010.
3
“Regolamento recante misure di semplificazione e riordino della disciplina di erogazione dei contributi
all’editoria a norma dell’articolo 44 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 agosto 2008, n. 133”, Gazzetta Ufficiale n. 299 del 23 dicembre 2010.
80 Quotidiani e periodici
storica soglia dei 5 milioni di copie; drastico il ridimensionamento dei ricavi pubblicitari,
che ha toccato il record negativo del -16,4% a fine anno4; coerente ma non meno duro per
gli attori operanti nel settore è infine il tracollo dei ricavi complessivi, che in un decennio
sono scesi del 20%5. Tale contrazione viene confermata anche dall’Autorità per le Garanzie
nelle Comunicazioni (d’ora in avanti, AGCOM) che nell’analisi quasi censuaria del comparto,
finalizzata all’individuazione dei mercati rilevanti nell’ambito del Sistema integrato delle
comunicazioni6, valuta in circa 8,8 miliardi di euro nel 2008 i ricavi di editoria quotidiana,
periodica, agenzie di stampa a carattere nazionale, editoria elettronica e annuaristica, contro
i 9 miliardi stimati nel 2007 (-2,7% per il comparto editoriale complessivo, considerando che
l’editoria elettronica si attesta a un +18,5%).
Un quadro, questo, che ha mostrato come la razionalizzazione e i tagli nei costi – di stampa,
soprattutto, ma anche di personale – siano ad oggi l’unica strategia per la sopravvivenza delle
imprese editoriali, operanti in un mercato sempre più frammentato per l’approvvigionamento
di informazione, grazie a un’aumentata disponibilità di scelte per i fruitori/lettori7, che permette
anche di distinguere maggiormente tra notizie di approfondimento e notizie di interesse
generale/breaking news, sempre più percepite come commodity8.
Seppur sfavorita dalle ben note criticità nazionali – quali la bassa penetrazione dei giornali
presso la popolazione italiana, la rete distributiva inefficiente e lo sbilanciamento del mercato
pubblicitario a favore del mezzo televisivo – la crisi del settore in Italia si colloca in un contesto
internazionale che vede moltissimi Paesi accomunati dalla stessa sorte: outsourcing della
produzione di contenuti9, disintegrazione verticale della filiera produzione-edizione-stampa,
razionalizzazione e concentrazione dei centri di produzione e difficile convivenza tra testate
cartacee e web, alla ricerca spasmodica di modelli di business capaci di valorizzare i contenuti
diffusi on-line allo stesso tempo difendendo la proprietà intellettuale10. A queste tendenze si
aggiunge la diffusione di modelli di giornalismo basati sul crowdsourcing, certamente non
ancora capaci di competere con l’editoria tradizionale ad based ma in significativa crescita
per diffusione e autorevolezza, come il caso ProPublica.com, insignito dal Premio Pulitzer in
Investigative Reporting a febbraio 2010, mostra.
Si sottolinea infine come il settore, seppur tendenzialmente caratterizzato da indicatori negativi
(lettura, diffusione, numero addetti tra giornalisti e poligrafici), goda di un significativo e
positivo sviluppo nei paesi non-Ocse, tale per cui il numero globale delle testate quotidiane è
continuato a crescere anche in questo periodo di crisi, quasi raddoppiando rispetto al 200011.
4
Dati Federazione Concessionarie Pubblicità (d’ora in avanti, FCP).
5
Dati Federazione Italiana Editori di Giornali (d’ora in avanti, FIEG).
6
Cfr. Allegato A alla Delibera N. 555/10/CONS recante “Procedimento per l’individuazione dei mercati
rilevanti nell’ambito del Sistema integrato delle comunicazioni”, Gazzetta Ufficiale n. 267 del 15/11/2010.
7
Non tanto dovuta all’aumento del numero di testate (se si escludono quelle free press per i quotidiani),
quanto alla diffusione di nuove fonti, più o meno professionalizzate, comunque disponibili su differenti device, in
primis tramite Internet.
8
Cfr. PricewaterhouseCoopers (2010). Global Entertainment & Media Outlook 2010-2014, 15 June 2010.
9
Con inevitabili cambiamenti per la professione del giornalista, come dimostrano i continui interventi in
materia, quali la ridefinizione del nuovo Contratto nazionale di lavoro giornalistico, definito dopo l’intesa siglata
il 26 marzo 2009 tra Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) e FIEG, o il Decreto del Ministero del
lavoro 8 ottobre 2009, n.47385, recante “Semplificazione delle procedure amministrative e riordino dei criteri per
l’accesso al trattamento di integrazione salariale in favore dei lavoratori dipendenti di aziende appartenenti al settore
dell’editoria”.
10
Cfr. Osservatorio Tecnico per i quotidiani e le agenzie di informazione “Carlo Lombardi”, Rapporto 2010
sull’industria italiana dei quotidiani. A tal proposito, si ricorda che la FIEG a giugno 2009 si era rivolta all’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato chiedendo la valutazione dell’eventuale abuso di posizione dominante del
motore di ricerca Google rispetto al servizio Google News (eventuale discriminazione nella search tradizionale se
non aderenti al servizio) e rispetto al servizio AdSense (di cui si richiedeva maggior trasparenza nelle tariffe).
11
Cfr. OCSE (2010). The evolution of news and the Internet, DSTI/ICCP/IE(2009)14/FINAL. 11 giugno.
Quotidiani e periodici
81
2. La stampa quotidiana e periodica in Italia: analisi dei principali
indicatori
2.1 Tiratura, diffusione e vendita
Quotidiani
Gli indicatori relativi all’evoluzione della distribuzione delle copie cartacee dei giornali
quotidiani italiani sono il primo segnale dell’andamento negativo del settore.
Secondo i dati Ads (Accertamenti Diffusione Stampa, Tab. 1), la tiratura12 è scesa del 6,4%, su
65 testate considerate. Il dato relativo alla diffusione13 conferma il trend negativo, attestandosi a
6.254.467 copie (-6,6%), mentre le vendite14 risultano ancora più penalizzate, con un decremento
del 7% rispetto al 2008.
Tabella 1 - ADS: Tiratura, diffusione e vendita quotidiani, 2005-2009*
2005
2006
2007
2008
2009
∆% 09-08
∆% 09-05
Tiratura
8.910.045
9.266.232
9.278.070
9.053.245
8.466.674
-6,48%
-4,98%
Diffusione
6.507.581
6.774.847
6.844.908
6.695.909
6.254.467
-6,59%
-3,89%
Vendita
5.632.191
5.695.715
5.563.256
5.353.961
4.978.547
-7,01%
-11,61%
Note: (*) Media mobile 12 mesi. N. testate certificate non omogeneo nel corso degli anni. Fonte: elaborazione Iem su
dati Ads.
Figura 1 - Composizione tiratura giornali quotidiani, 2009
Abbonamenti
paganti
5,7%
Vendite in blocco
0,7%
Vendita
59,0%
Gratuita
(Abbonamenti
gratuiti, Omaggi,
Coupons)
7,2%
Resa (Italia +
Estero)
25,9%
Diffusione Media
Estero (Pag.+
Grat.)
1,5%
Fonte: elaborazione Iem su dati Ads.
12
Si intende il totale delle copie stampate, esclusi gli scarti di macchina. cfr. www.adsnotizie.it/glossario/
index.php
13
Si intende il totale delle copie diffuse in Italia ed all’estero così ripartite: diffusione pagata (vendita edicole,
abbonamenti a pagamento); vendite in blocco; abbonamenti da quota associativa; diffusione gratuita (coupons gratuiti, abbonamenti gratuiti, omaggi). ibidem.
14
Si intende il totale delle copie vendute.
82
Quotidiani e periodici
La composizione delle copie stampate, risulta dunque composta come mostra la Fig. 1: la resa
dei quotidiani rappresenta nel 2009 il 25,9% della tiratura complessiva. Il rapporto rese su
distribuzione è stato invece del 35%.
L’analisi FIEG sull’evoluzione della tiratura e delle vendite dei quotidiani in Italia, effettuata
sulle aziende aderenti15, mostra anch’essa una flessione per entrambi gli indicatori, -5,9% per
tiratura e vendite nel 2009 rispetto al 2008.
Negli ultimi 5 anni, ad eccezione di una timida ripresa nel 2006 (+1,1%), la rilevazione mostra,
su un numero di aziende non omogeneo, una drastica diminuzione, pari al -9,12% per le copie
stampate e addirittura al -11,35% per le copie vendute.
Tabella 2 - FIEG: Tiratura e vendita dei quotidiani, 2005-2009*
2005
2006
2007
2008
2009
∆% 09-08
∆% 09-05
Tiratura**
7.823.333
7.960.559
7.805.914
7.555.256
7.109.496
-5,90%
-9,12%
Vendita**
5.461.811
5.510.325
5.399.837
5.145.647
4.842.054
-5,90%
-11,35%
Note: (*) media giornaliera; (**) numero di testate 2009: 57; 2008=58; 2007 e 2006 = 54; 2005= 59. Fonte: elaborazione
Iem su dati FIEG.
Un discorso a parte, relativamente agli indicatori fin qui presentati, merita il segmento della
free press. Il 2009 non è stato infatti un anno felice per le testate distribuite gratuitamente nel
nostro Paese: né dal punto di vista degli investimenti pubblicitari (-26,6% tra il 2009 e il 2008)
né rispetto alla stabilità delle società editrici (con problemi di gestione ordinaria e di raccolta
pubblicitaria per quasi tutte le testate). In Italia il settore è sostanzialmente composto dalle
testate Leggo, City, DNews, EPolis e Metro, diffuse in alcune delle maggiori città italiane, e da
poche altre testate a tiratura locale, per un totale di circa 3,5 milioni di copie distribuite per
circa 270 giorni l’anno16, leggermente in calo rispetto al 2008 quando il Rapporto “Osservatorio
Lombardi” ne stimava circa 4 milioni di copie.
Periodici
Gli indicatori relativi alle vendite, alla tiratura e alla diffusione del segmento della stampa
periodica sono anch’essi significativamente in flessione nel 2009, come quelli dei quotidiani,
mostrando dunque un periodo di recessione condiviso da tutti i mezzi editoriali a stampa.
Rispetto all’altro comparto editoriale, quello dei periodici mostra da un lato una riduzione
delle vendite drastica per i settimanali nel triennio 2007-2009 (-10,15%) e davvero significativa
per i mensili (-33,14%), dall’altro una certa razionalizzazione, poiché sebbene la tiratura non
sia scesa come le vendite, piuttosto significativi sembrano gli sforzi di ottimizzazione in questo
senso, come mostra la riduzione del 26% nel triennio da parte dei mensili.
I settimanali, nel 2009, hanno avuto un calo diffusionale dell’1,9%; i mensili hanno sofferto
molto di più, riducendo il numero delle copie diffuse del -3,9% rispetto al 2008.
Il quadro complessivo indica dunque una contrazione per il mercato dei periodici nel suo
complesso, considerando il numero delle testate edite e la diffusione delle stesse: laddove nel
2000 le 55 testate settimanali oggetto delle rilevazioni Ads diffondevano quasi 15 milioni di
copie, nel 2009, le rilevazioni estese a 62 testate indicano una diffusione media molto inferiore
ai 13 milioni; per i mensili, se nel 2000 la diffusione delle testate Ads (129) era di 15 milioni di
copie, nel 2009 sono state rilevate 131 testate diffuse in 14,2 milioni copie.
15
16
Con dati forniti dalle imprese associate.
Secondo i dati diffusi dagli editori, essendo una sola testata, EPolis, certificata ADS.
Quotidiani e periodici
83
Tabella 3 - Tiratura, diffusione e vendita dei periodici, 2007-2009
2009
2008
2007
∆ % 09-08
∆ % 09-07
Tiratura
16.573.140
17.843.417
18.346.526
-7,12%
-9,67%
Diffusione
12.350.040
12.599.736
13.684.164
-1,98%
-9,75%
Vendita
9.953.470
10.186.984
11.078.393
-2,29%
-10,15%
Settimanali
Mensili
Tiratura
20.154.730
25.571.857
27.269.639
-21,18%
-26,09%
Diffusione
14.194.368
14.771.047
16.064.005
-3,90%
-11,64%
Vendita
9.165.239
9.475.336
13.708.048
-3,27%
-33,14%
Note: (*) Media mobile 12 mesi. N. testate certificate non omogeneo nel corso degli anni. Fonte: elaborazione Iem su
dati Ads.
2.2 La lettura
Quotidiani
Rispetto alla lettura, a partire dalla rilevazione Autunno 2009, spinta dalla necessità di adeguare
l’analisi di questo importante indicatore sia alla quantità che alla qualità dei contatti con i giornali
da parte dei lettori, tenendo conto anche dello shifting della domanda verso le testate on-line,
la società Audipress ha deciso di dotarsi di una nuova architettura di indagine. Tra le novità
introdotte – tali da non permettere un confronto con gli anni precedenti - c’è l’allungamento
del periodo di rilevazione (a circa 10 mesi), la frequenza di uscita dei dati (quadrimestrali) e
la rilevazione della duplicazione tra la lettura su supporto cartaceo e la visita del sito web solo
per la testata dichiarata.
Per l’indagine quotidiani, la dimensione campionaria annua è diventata di 33.000 interviste
base, per l’indagine periodici è di 21.000 interviste base.
Proprio per evitare la diffusione di dati non corrispondenti al reale avvicinamento degli utenti
al prodotto editoriale, inteso sia nella sua versione cartacea che nelle edizioni on-line, la società
Audipress ha deciso di non pubblicare i dati relativi all’andamento della lettura dei giornali dal
secondo semestre 2008 né dei primi tre trimestri del 2009, mentre l’edizione 2010/I deriva dalla
cumulazione dei campioni rilevati nell’Autunno 2009 (21 settembre - 20 dicembre 2009) e nel
1° ciclo 2010 (11 gennaio - 28 marzo 2010).
Tabella 4 - Lettura dei quotidiani, 2010*
Lettori medi giornalieri
2003
2004
2005
2006
2007
2008 (I)
2010 (I)**
20.439
20.534
21.410
22.494
22.798
23.278
24.108
- Uomini
12.458
12.450
12.965
13.440
13.651
13.940
//
- Donne
7.981
8.084
8.445
9.055
9.147
9.337
//
Penetrazione
40,79
41,29
42,64
44,3
44,66
45,3
46,2
Note: (*) Lettori nel giorno medio; adulti 14 anni e più; valori in migliaia.(**) Dati non confrontabili con quelli
precedenti. Fonte: elaborazione Iem su dati Audipress.
Il dato complessivo, tuttavia, nei limiti di non comparabilità sopra riportati, indica che i lettori
dei quotidiani nel giorno medio sono comunque aumentati nel decennio, passando ad oltre
24 milioni, il 46% della popolazione. Nel complesso, confrontando anche i dati di Audipress
con quelli di Audiweb, l’indagine che misura le audience online e fornisce informazioni qualiquantitative sulla fruizione dei mezzi operanti su internet, si ricava che ogni giorno dai tre ai
quattro milioni di utenti internet, pari a circa il 36% del totale, accedono ai siti internet dei
giornali quotidiani.
84
Quotidiani e periodici
Tabella 5 - Lettura dei quotidiani, testata cartacea e web, 2010*
Totale
Lettori in un Giorno Medio
Di cui anche Visitatori Sito Web
Testata Corrispondente
(Valori Assoluti per 1.000)
(Valori Assoluti per 1.000)
Uomini
Donne
Resp. Acq.
Totale
Popolazione
52.179
25.107
27.072
24.641
Totale Lettori dei Quotidiani
24.108
14.232
9.876
9.695
3.076
Totale Letture
40.553
25.610
14.945
15.146
4.716
Uomini
Donne
3.438
1.278
Note: (*) Lettori nel giorno medio; adulti 14 anni e più; valori in migliaia. Fonte: elaborazione Iem su dati Audipress.
Tale lettura sull’importanza dell’informazione ottenuta tramite giornali ma anche tramite
il web viene confermata anche dall’indagine svolta dalla società Gfk Eurisko su incarico
dell’AGCOM17, a marzo 2010, da cui emerge che sebbene la televisione sia il mezzo più
utilizzato dalla popolazione italiana attiva per l’informazione (l’89,1% della popolazione che si
informa lo fa tramite il mezzo televisivo, per i fatti internazionali nell’86% dei casi e per quelli
nazionali nel 90% dei casi), i giornali quotidiani sono il mezzo scelto per informarsi dal 61,6%
della popolazione attiva, ricoprendo questi ancora un ruolo particolare per l’informazione
sui fatti locali. Segue quindi Internet che, viceversa, tende ad essere utilizzato soprattutto per
l’approvvigionamento di informazione su fatti internazionali (20% della popolazione attiva), e
solo dopo viene la radio.
Periodici
Quanto premesso sui dati Audipress per il segmento dei quotidiani vale, dal punto di vista
metodologico, anche per il comparto dei periodici. Vale la pena sottolineare però, come si
può comprendere intuitivamente, che l’impatto del digitale abbia influito in misura diversa su
tale prodotto editoriale (cfr. Tab. 7) , per la tipologia e frequenza dell’informazione fornita da
quest’ultimo.
I dati Audipress indicano comunque che, nel 2010, al primo semestre, c’è stata una sostanziale
tenuta, rispetto agli ultimi anni di rilevazione, dei livelli di lettura per i periodici, come mostra
la penetrazione nella popolazione, anche se si sottolinea nuovamente che il campione rilevato
nel corso degli anni non è confrontabile.
Tabella 6 - Lettura dei periodici, 2010*
2005
2006
2007
2008 I
2010 I**
Lettori di settimanali
25.409
23.930
24.019
23.634
23.723
- Uomini
10.634
9.571
9.514
9.420
9.230
- Donne
14.775
14.358
14.505
14.214
14.493
Penetrazione (%)
50,6
47,13
47,05
46,0
45,0
Lettori di mensili
24.014
22.462
21.537
21.554
21.957
- Uomini
11.720
10.958
10.428
10.700
10.697
- Donne
12.294
11.503
11.109
10.854
11.260
Penetrazione (%)
47,83
44,24
42,19
41,9
42,0
Totale lettori periodici
34.207
32.689
32.483
32.352
32.763
- Uomini
15.650
14.691
14.471
14.586
14.592
- Donne
18.557
17.999
18.012
17.766
18.171
Penetrazione (%)
68,13
64,38
63,63
62,9
62,9
Note: (*) Lettori numero medio; adulti 14 anni e più; valori in migliaia.(**) Dati non confrontabili con quelli
precedenti. Fonte: elaborazione Iem su dati Audipress.
17
Cfr. Allegato B alla Delibera N. 555/10/CONS, cit.
Quotidiani e periodici
85
Dal punto di vista del genere, la popolazione femminile si conferma come target di riferimento
prevalente dei periodici, sia nei settimanali che nei mensili.
Tabella 7 - Lettura dei periodici, 2010*
di cui anche visitatori sito web
testata corrispondente
Lettori nell’ultimo Periodo
(Valori Assoluti Per 1.000)
Popolazione
(Valori Assoluti Per 1.000)
Totale
Uomini
Donne
Resp. Acq.
52.179
25.107
27.072
24.641
Totale
Totale Lettori dei Settimanali
23.723
9.230
14.493
12.188
729
Totale Letture
46.799
16.074
30.724
24.958
916
Totale Lettori dei Mensili
21.957
10.697
11.260
9.740
1.772
Totale Letture
51.441
24.162
27.277
23.083
2.773
Totale Lettori dei Periodici
32.763
14.592
18.171
15.681
2.260
Uomini
Donne
656
262
2.016
762
242
Note: (*) Lettori numero medio; adulti 14 anni e più; valori in migliaia.(**) Dati non confrontabili con quelli
precedenti. Fonte: elaborazione Iem su dati Audipress.
3. Le aziende editoriali: fonti di ricavo e redditività
3.1 Quotidiani
Se nel 2000 i ricavi pubblicitari rappresentavano il 58% del fatturato editoriale dei quotidiani, a
nove anni di distanza tale incidenza è scesa al 41,8%, quasi pari al 2004, spinta al ribasso dalla
crisi del mercato pubblicitario (e da quella economica, in generale).
La Fig. 2 mostra l’andamento discontinuo del rapporto tra ricavi da pubblicità e ricavi totali
da vendite (comprensivi anche delle vendite di prodotti collaterali) nell’editoria quotidiana
italiana, sull’insieme delle società editoriali aderenti alla FIEG. Tale andamento discontinuo
rende manifesta la necessità per le case editrici di poter correttamente valutare sia la vendita
di spazi pubblicitari sia quelle delle copie, principali fonti di ricavo per il modello editoriale ad
based, non essendo ad oggi risultato vincente nessun modello editoriale che prescinda da una
di queste due componenti di reddito (il recente declino, a livello europeo18, della free press è
emblematico, in questo senso).
Se la domanda di informazione è sempre più imprevedibile e mutevole (sia per motivi strutturali19
sia per le diverse abitudini di consumo delle nuove generazioni di lettori), le manovre sugli
spazi pubblicitari (aumento foliazione, aumento spazi, aumento/diminuzione dei prezzi degli
stessi) diventano la leva fondamentale su cui si gioca il risultato aziendale: per questo motivo,
in un decennio, il prezzo di vendita medio di un modulo di pubblicità sui quotidiani è passato
da 42,29 € nel 2000 a 21,05 € (a prezzi 2009) nel 200920.
Nel 2009 il risultato dell’abbassamento delle vendite e del ridimensionamento degli investimenti
pubblicitari ha portato a una riduzione del fatturato decisamente significativa: dai 3,35 miliardi
di euro nel 2008 si è passati ai 3,05 miliardi del 2009.
Oltre al drastico ridimensionamento del prezzo di vendita pubblicitario e alla diminuzione
delle vendite per copia, la vendita di prodotti collaterali, che negli anni passati ha rappresentato
una quota significativa dei ricavi aziendali (anche il 15%, ad esempio nel 2006), ha mostrato
saturazione (-23,3% nel 2007 e -42,9% nel 2008, pari al 10,3% dei ricavi totali; non sono
disponibili dati per il 2009).
18
19
20
86
Cfr. paragrafo “Il confronto internazionale”.
Perché le vendite in abbonamento sono una percentuale bassissima del totale, pari circa al 9% del venduto.
Fonte: elaborazione Asig Service su dati Osservatorio Stampa Fcp.
Quotidiani e periodici
Figura 2 - Ricavi editoria quotidiana: rapporto vendite/pubblicità, 2000-2009
58,88%
Ricavi da vendite e abbonamenti
56,94%
Ricavi pubblicitari
58,02%
56,06%
53,74%
54,25%
53,78%
52,66%
47,34%
43,94%
46,26%
46,56%
2005
2006
51,05%
51,28%
49,28%
49,20%
45,75%
41,98%
43,06%
41,12%
2000
2001
2002
2003
2004
2007
2008
2009
Fonte: elaborazione Iem su dati FIEG.
Venendo invece all’andamento degli investimenti pubblicitari (1.510 milioni nel 2009, -16,8%
sul 2008 a prezzi correnti, cioè -17,4% a prezzi 2009), la Tab. 8 non solo mostra il trend negativo
dell’indicatore (a prezzi correnti, -9,9% a prezzi 2008), ma sottolinea anche come alcune
tipologie siano in flessione molto marcata (è il caso della pubblicità commerciale nazionale,
esattamente come nel 2008, scesa del -17,8%!). Come sopra riportato, il caso della free press è
emblematico: ben -26,6% tra il 2009 e il 2008.
Tabella 8 - Investimenti pubblicitari* su quotidiani, 2005-2009
∆%
09-08
∆%
09-05
1.741.746 1.747.620 1.901.359 1.816.448 1.510.912
-16,8%
-13,3%
Quotidiani a pagamento (totale) 1.713.705 1.716.413 1.773.073 1.676.234 1.407.988
-16,0%
-17,8%
2005
Quotidiani (totale)
2006
2007
2008
2009
Commerciale Nazionale
923.686
947.956
972.438
868.350
714.007
-17,8%
-22,7%
Locale
451.673
443.254
465.861
482.019
416.374
-13,6%
-7,8%
Rubricata + di Servizio
338.346
325.203
334.774
325.865
277.607
-14,8%
-18,0%
28.041
31.207
128.286
140.214
102.924
-26,6%
28.041
30.163
95.597
103.705
73.998
-28,6%
Locale
0
0
28.900
33.913
27.280
-19,6%
Rubricata + di Servizio
0
1.044
3.789
2.596
1.646
-36,6%
Quotidiani Free Pay Press**
(totale)
Commerciale Nazionale
163,9%
Note: dati in migliaia di euro; (*) a prezzi correnti; (**) non viene fornito il delta percentuale della free press per i
diversi universi di rilevazione nel corso degli anni (dal 2003 al 2006 rilevate solo City/Metro/Leggo nell’edizione
di Milano; da gennaio 2007 tutte le edizioni di City/Metro/Leggo/24 Minuti; EPolis da maggio 2007). Fonte:
elaborazione Iem su dati Nielsen AdEx.
Secondo i dati FCP-Assoquotidiani21, inoltre, nel 2009 sono aumentati del 15,7% gli spazi
di pubblicità commerciale nazionale venduti sui quotidiani a pagamento (stabile la vendita
totale), a fronte di una flessione dei ricavi derivanti da tale vendita del 16,4%: tale dato indica
proprio che, nel tentativo di mantenere i clienti ed attrarne di nuovi, la cessione degli spazi
pubblicitari sui quotidiani ha patito una politica tariffaria significativamente rivolta al ribasso,
come il prezzo medio per modulo pubblicitario sceso di oltre il 50% in dieci anni ci mostra.
I prezzi di vendita degli spazi pubblicitari in un solo anno sono diminuiti in media del 18%.
21
FCP raggruppa le Aziende, sia Concessionarie che Gestori Diretti, che operano nel settore della vendita di
spazi pubblicitari.
Quotidiani e periodici
87
Nel 2009 il margine operativo lordo aggregato - risultato della differenza tra ricavi e costi
industriali -delle aziende FIEG è infatti drasticamente sceso (-89,7%, stimato a 16,2 milioni di
euro), da cui si deduce la critica situazione complessiva delle imprese considerate. La situazione
è diventata davvero drammatica per la gestione caratteristica, e non solo per quella straordinaria:
le aziende considerate dallo studio FIEG mostrano un rapporto tra mol e fatturato addirittura
dello 0,5%.
Rispetto ai costi, incrementati nell’ultimo triennio a ritmi crescenti (+1,1% nel 2005, +3,1%
nel 2006, +6,1% nel 2007), il 2008 rappresenta il primo vero drastico ridimensionamento degli
stessi (-6,9%), seguito da un 2009 in linea (-5%).
Tabella 9 - Editoria quotidiana - Ricavi e costi operativi, 2005-2009
2005
2006
2007
2008
2009*
∆% 09-08
∆% 09-05
Ricavi editoriali
3.462.402
3.556.655
3.507.632
3.348.300
3.046.953
-9,00%
-12,00%
Costi operativi
3.174.984
3.273.251
3.246.065
3.190.205
3.030.695
-5,00%
-4,54%
287.418
283.404
261.567
158.095
16.258
-89,72%
-94,34%
8,30%
7,97%
7,46%
4,72%
0,53%
-88,70%
-93,57%
Mol
Mol/fatturato
Note: dati in migliaia di euro su un campione di 66 testate quotidiane; (*) stima. Fonte: elaborazione Iem su dati
FIEG.
3.2 Periodici
I 3.359 milioni di € che rappresentano i ricavi (vendite + pubblicità) del settore editoriale
periodico indicano, anche in questo caso, una flessione molto significativa rispetto all’anno
precedente (-14%) corrispondente nello specifico a un -29,5% per la pubblicità e a un -9% per
la vendita delle copie.
Tabella 10 - Periodici: evoluzione dei ricavi editoriali, 2003-2009*
Anno
Pubblicità
∆% YoY
Vendite
2003
2004
2005
∆% YoY
Totale
∆% YoY
964.422
-
3.214.740
-
4.179.162
-
968.254
0,4%
3.260.114
1,4%
4.228.368
1,2%
1.004.611
3,8%
3.117.207
-4,4%
4.121.818
-2,5%
2006
1.056.695
5,2%
3.077.303
-1,3%
4.133.998
0,3%
2007
1.083.188
2,5%
3.015.757
-2,0%
4.098.945
-0,8%
2008
1.024.006
-5,5%
2.898.539
-3,9%
3.912.092
-4,6%
2009**
721.924
-29,5%
2.637.670
-9,0%
3.359.594
-14,1%
Note: dati in migliaia di euro; (**) stima. Fonte: elaborazioni Iem su dati Osservatorio Fcp-Fieg e Tradelab.
La Fig. 3 mostra come, nel corso degli ultimi 9 anni, il rapporto tra vendite e ricavi pubblicitari
sia stato, nel comparto dei mensili e dei settimanali, molto più costante rispetto a quello
manifestato dai giornali quotidiani, ma evidenzia anche come la crisi del mercato pubblicitario
ancora in corso abbia ancorato nel 2009 i ricavi del comparto alla vendita di copie (con tentativi
di aumento delle vendite e del prezzo di copertina), per il 78,5% dei ricavi totali.
Coerentemente con l’andamento economico generale, negli anni 2003-2007 gli investimenti
pubblicitari nel settore erano aumentati (Tab. 10), in qualche modo arginando la diminuzione
dei ricavi da vendita, ma nel 2008 si nota la prima significativa flessione nel quinquennio, che
porterà a un -28,7% gli investimenti sul comparto nel 2009.
Tabella 11 - Evoluzione investimenti pubblicitari netti, 2005-2009
Periodici
2005
2006
2007
2008
2009
∆% 09-08
∆% 09-05
1.222.562
1.296.024
1.328.475
1.231.481
877.572
-28,74%
-28,22%
Fonte: elaborazione Iem su dati Nielsen AdEx.
88
Quotidiani e periodici
Tra le due macro-tipologie di periodici, si evidenzia come nel 2009 siano stati i mensili a soffrire
maggiormente: in controtendenza rispetto al passato, i ricavi da pubblicità per i mensili sono
scesi del -32,3% rispetto a una cessione spazi del -25,8%, mentre i settimanali hanno perso il
-27,5% dei ricavi a fronte della diminuzione del -15,1% degli spazi.
Figura 3 - Ricavi editoria periodica: rapporto vendite/pubblicità, 2000-2009
72,51%
65,90%
65,82%
34,10%
34,18%
27,49%
2000
2001
2002
78,51%
75,44%
77,22%
75,63%
74,44%
73,57%
73,70%
24,56%
22,78%
24,37%
25,56%
26,43%
26,30%
2003
2004
2005
2006
2007
Ricavi complessivi da vendita
21,49%
2008
2009
Ricavi pubblicitari
Note: stima FIEG per il 2009. Fonte: elaborazione Iem su dati FIEG.
4. Il confronto internazionale
L’analisi comparata degli indicatori relativi al settore editoriale, sempre ricordando i limiti di una
comparazione fondata su metodologie di rilevazione non omogenee, mostra che l’andamento
negativo riscontrato in Italia è confermato in molti Paesi europei, e non solo.
Ad esempio la free press, il cui calo diffusionale nel Paese è stato sopra ricordato, scende
significativamente anche nel resto d’Europa22, dove la diffusione (stimata) è infatti scesa del
-19% nel 2009, passando da 26,2 a 21,3 milioni di copie, con un calo complessivo anche dei
titoli, essendo sceso il numero di testate censite a 82 nel 2010, in 29 Paesi europei, contro le 115
attive in 32 Paesi nel 2008.
Anche i dati (aggiornati al 2008) relativi alla diffusione nei paesi analizzati dalla World
Association of Newspapers confermano il sostanziale calo: nel 2008 solo il Lussemburgo, dove
è scoppiato il fenomeno della free press (+72,8% in totale), il Portogallo (+2,4% sempre trainato
dalla free) e Austria (+6,4%, significativamente spinto dal gratuito) hanno mostrato incrementi
(Tab. 13). Diverso appare il caso della stampa a pagamento, in calo ovunque.
Costante rimane la differenza tra Italia e resto dei Paesi europei per il rapporto tra vendita di
copie in abbonamento e vendita in edicola. Il fatto che gli abbonamenti siano relegati in una
posizione del tutto marginale costituisce nel Paese uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo del
mercato.
Tabella 12 - Quotidiani: diffusione media gionaliera nei paesi europei, 2006-2008
Paesi
A pagamento
Gratuiti
Totale
∆% 08-07
2006
2007
2008
2006
2007
2008
2006
2007
2008
Lussemburgo*
304,8
304,8
297
0
53,5
322,3
304,8
358,3
619,3
72,8%
Svezia
466,2
449
436,4
158,8
152,5
138,7
Norvegia
601,2
580,3
570,6
0
0
Finlandia
514,7
491
482,8
46,3
45,7
22
37,9
625
601,5
575,1
-4,4%
601,2
580,3
570,6
-1,7%
561
536,7
520,7
-3,0%
Cfr. le newsletter mensili di www.newspaperinnovation.com.
Quotidiani e periodici
89
Danimarca
287,3
279,8
262,6
478,8
367,5
222,4
766,1
647,3
485
Austria
340,7
344,8
331,7
Olanda
287
267,9
270,1
-25,1%
95,2
83,4
124,1
435,9
428,2
455,8
6,4%
70,3
129,5
124,1
357,3
397,4
394,2
-0,8%
51,4
385,3
358,5
358,7
0,1%
300,2
292,2
283,1
-3,1%
Regno Unito*
335,4
308
307,3
49,9
50,5
Germania
297,9
290,5
283,1
2,3
1,7
Irlanda
245,2
236,1
236,3
50,6
46,5
41,4
295,8
282,6
277,7
-1,7%
Spagna
109,8
109,5
106,4
132,5
120,2
108,2
242,3
229,7
214,6
-6,6%
Usa
241,2
212,6
200,3
18,2
13,1
11,5
259,4
225,7
211,8
-6,2%
Francia
155,8
153,9
152
42,9
51,6
53,8
198,7
205,6
205,8
0,1%
Belgio*
163,4
161,3
160,9
25,9
28,2
29
189,3
189
189,9
0,5%
Italia*
116
112,4
86
77,8
81
85,6
193,8
193,4
171,6
-11,3%
144,6
135,2
133
32,3
34,4
32,5
176,9
169,6
165,5
-2,4%
Ungheria
Portogallo
74,7
74,7
67,1
39,2
62,7
73,6
113,9
137,4
140,7
2,4%
Polonia
138,9
123,3
114,5
39,9
15,7
15,4
178,8
139
129,9
-6,5%
Nota: diffusione per 1.000 abitanti adulti (16 anni ed oltre tranne alcune eccezioni, segnalate con *). Fonte:
elaborazione IEM si dati FIEG/WAN.
In quei Paesi dove gli abbonamenti rappresentano il veicolo di diffusione largamente prevalente
(Nord Europa in primis) la stampa gode del grande vantaggio di una domanda maggiormente
conosciuta nelle sue dimensioni, tale da consentire una programmazione della produzione
meno esposta alle oscillazioni (Tab. 13 e 14).
Tabella 13 - Quotidiani: canali distributivi
nei principali paesi, 2008
Tabella 14 - Periodici: canali distributivi nei
principali paesi, 2008
Paesi
Abbonamento
Edicola
Paesi
Olanda
90
8
Finlandia
Abbonamento
Edicola
95
5
Finlandia
88
12
Svezia
90
10
Danimarca
84
16
Usa
87
13
Norvegia
78
22
Danimarca
85
15
Svezia
76
19
Austria (2006)
68
32
Lussemburgo
70
10
Ungheria
60
40
Austria
67
12
Olanda
58
42
Germania
65
35
Germania
49
51
Ungheria
65
33
Francia
36
64
Belgio
49
51
Italia
36
64
Francia
31
69
Norvegia
30
70
Spagna
23
72
Spagna
8
92
Fonte: elaborazione IEM si dati FIEG/WAN.
Polonia
19
79
Irlanda
9
91
Italia
9
91
Fonte: elaborazione IEM si dati FIEG/WAN.
La crisi è comunque fortemente sentita all’estero, tanto da apparire come un fenomeno di
natura non transitoria23. Il caso statunitense può sempre essere guardato e analizzato nei suoi
aspetti generali per intravedere possibili evoluzioni del mercato in Europa, ed emblematico
appare l’indicatore degli investimenti pubblicitari sui quotidiani (Fig. 5), dove ormai la crisi si
sente non solo sulla carta stampata ma anche sull’on-line (-11,8% tra 2009 e 2008).
23
La spesa totale sui consumer magazines è scesa del -10,6% nel 2009, secondo le stime PricewaterhouseCoopers. Cfr. PricewaterhouseCoopers (2010), op. cit.
90
Quotidiani e periodici
Figura 4 - USA: Investimenti pubblicitari su quotidiani 2000-2009
60.000
40%
1,90%
3,90%
1,51%
30.000
3.109
30%
18,80%
-1,68%
-9,00%
20%
10%
2.743
-0,50%
2.664
1.541
1.216
5,10%
2.027
26,70%
50.000
40.000
3.166
31,46%
31,48%
-1,80%
0%
-9,40%
-11,80%
-17,70%
20.000
-10%
-20%
44.305
44.102
44.939
46.703
47.408
46.611
42.209
34.740
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
-28,60%
24.821
48.670
10.000
-30%
0
-40%
Print TOT
On-line TOT
% YoY print
2009
% YoY on-line
Note: dati in milioni di US$. Fonte: elaborazione IEM su dati NAA.
1387
1408
1422
1437
1452
1457
1456
1457
1600
1400
1000
800
600
45653
48597
50742
52329
53345
54626
55185
1200
55186
1468
55578
55773
1480
1611
1800
41132
50.000
N. testate
2000
62328
1745
62202
53829
55.000
45.000
1748
58882
60.000
62108
1763
1772
Migl. copie
65.000
1878
Figura 5 - Circolazione quotidiani e n° di testate edite - USA 2000-2009
40.000
400
200
0
1940
1960
1980
2000
2002
2004
2006
2008
Nota: * esclusi i domenicali. Fonte: elaborazione IEM su Editor and Publisher International Yearbook.
Quotidiani e periodici
91
Anche la circolazione dei quotidiani nel Paese, inoltre, mostra un drastico ridimensionamento
a partire dagli anni ‘90 e, tra i primi 25 quotidiani americani, solo il Wall Street Journal ha fatto
registrare una sostanziale tenuta (-0,7%) della diffusione a fine anno, mentre altre storiche
testate hanno pagato maggiormente lo shifting delle abitudini di consumo di informazione
verso altri mezzi a contenuto editoriale (tv via cavo e Internet in primis), portando a un calo
complessivo del -6,1% sul 2008. Nonostante il numero complessivo delle testate di cui viene
calcolata la diffusione a fine dicembre 2009 risulti (Fig. 5) quasi in linea con l’andamento in
leggero calo tipico dell’ultimo decennio, drammatici sono i numeri che riguardano l’uscita dal
mercato delle testate cartacee nel Paese: - 21 testate dal 2008 al 2009 secondo i dati Editor and
Publisher, 143 risultano invece le testate cartacee chiuse nel 2009 da un censimento del blog
newspaperlayoffs.com (delle quali 13 hanno sostituito la carta con una versione esclusivamente
on-line), mentre 40 sono quelle chiuse nel 2010.
Anche il Regno Unito sta soffrendo lo stesso cambiamento, soprattutto per i giornali a diffusione
locale, e la circolazione totale dei quotidiani a pagamento è scesa di circa il 2,2% nel 2009 (a
marzo 2010, secondo i dati ABC sono crollati del -10% il Daily Telegraph e The Independent,
del -16% The Times e The Guardian, mentre ha retto il Financial Times con - 6,4%).
92
Quotidiani e periodici
Directory
93
Directory
di Luca Murrau
1. Il mercato italiano
Il mercato italiano delle directory nel 2010 ha dovuto fronteggiare gli effetti negativi della crisi
finanziaria, che ha portato ad una riduzione dei ricavi. A fronte della crisi, le grandi directory
italiane ha ricercato nuove forme di integrazione strategica delle proprie attività, volte a creare
nuove sinergie.
Il principale gruppo italiano delle directory, Seat Pagine Gialle, ha cercato di contenere gli
effetti della crisi economica sul fatturato attraverso la crescita dei ricavi provenienti dalle
attività basate su internet, ricercando un aumento del tasso di penetrazione della base clienti
on line esistenti e del numero di nuovi clienti acquisiti. In particolar modo, tale strategia è stata
sostenuta dal lancio di nuovi prodotti e servizi di marketing on line e attraverso la vendita di
pacchetti multimediali. Al tempo stesso, il gruppo ha intrapreso azioni strutturali di riduzione
dei costi operativi, basate sul contenimento delle spese correnti e sul ridisegno dei principali
processi operativi.
Il difficile scenario economico, che ha avuto ripercussioni negative sul mercato pubblicitario
tradizionale – segnato da andamenti in contrazione anche nel corso del 2009 -, ha tuttavia
consentito la forte espansione della pubblicità e dei servizi online, comportando nuove
modalità di ricerca delle informazioni da parte degli utenti nonché impiego di nuovi strumenti.
Conseguentemente Seat Pagine Gialle, nella seconda metà del 2009, ha adottato una nuova
visione del proprio mercato di riferimento, includendo, oltre al comparto tradizionale (sia offline che on line) i servizi di marketing on line (dalla creazione di siti web alle strategie di
posizionamento dei clienti Seat all’interno dell’”ecosistema” internet al fine di migliorarne la
visibilità, alla misurazione e analisi dei contatti generati tramite il web, ecc.). In Italia, la quota
di Seat Pagine Gialle sul mercato pubblicitario degli elenchi cartacei ed on line è stimata a circa
l’84%.
Il gruppo ha proseguito nel 2009 il processo di revisione strategica del proprio portafoglio di
partecipate, avviato nel 2008. Tale processo ha portato alla decisione, a giugno 2009, di uscire
dalla joint-venture turca Katalog Yayin ve Tanitim Hizmetleri A.S. e a settembre di uscire
dal mercato francese della directory assistance mediante la vendita, attraverso la controllata
tedesca Telegate AG, della società francese 118 000 SAS.
Per quanto concerne i più recenti risultati economico-finanziari del gruppo, nel primo
semestre 2010, i ricavi consolidati sono diminuiti dell’8,7% rispetto al primo semestre dell’anno
precedente (463,22 milioni di euro contro i 507,325 milioni di euro del primo semestre 2009),
parzialmente compensati dalla crescita dei ricavi online in Italia (che hanno registrato un
incremento del 60% circa). Su base annuale, invece, i ricavi delle vendite e delle prestazioni
raggiungono, nel 2009, 952,2 milioni di euro, in calo rispetto all’esercizio 2008, quando i ricavi
consolidati sono stati pari a 1.058,7 milioni, con l’andamento delle attività online in Italia che
94 Directory
ha limitato le perdite.
Sui mercati finanziari, il titolo Seat Pagine Gialle ha chiuso le quotazioni a fine dicembre 2009
ad un prezzo di 0,16 euro, in calo del 65,9% circa rispetto al prezzo di 0,48 euro del 1° gennaio
2009. Tale riduzione si è concentrata nei primi mesi dell’anno; infatti nel corso del secondo
semestre 2009 il titolo ha fatto registrare un andamento in leggera crescita (+1,2%), così come
altre società del comparto directory (specialmente positive sono state in Europa le performance
dei titoli Yell e Pages Jaunes). Il titolo Seat Pagine Gialle ha toccato il massimo dell’anno (1,13
euro) nei giorni in cui è stata attuata l’operazione di aumento di capitale, conclusasi il 30 aprile
2009 con l’integrale sottoscrizione delle azioni offerte.
La performance negativa del titolo, particolarmente significativa se confrontata con l’andamento
dei titoli del mercato media, è stata influenzata dalla struttura dell’Enterprise Value della
Società, costituito in misura prevalente dalla componente “indebitamento”. Lievi diminuzioni
dell’Enterprise Value della Società (diminuito nel corso del 2009 del 14,8%) si traducono in
riduzioni sempre più significative del suo valore di mercato rappresentato dalle quotazioni
borsistiche. Tale valore, peraltro, è stato penalizzato anche dal de-rating della Società e dalla
crisi del mercato finanziario.
Tabella 1 – Incidenza % sul totale ricavi 2009 dei prodotti “CORE”
Prodotti
Descrizione
Quota
Carta
Pagine Gialle
Elenco categorico delle attività economiche italiane
27,8
Pagine Bianche
Elenco abbonati al telefono
37,1
altri prodotti carta
0,1
Internet
paginegialle.it
Motore di ricerca specializzato nelle attività commerciali
20,4
89.24.24 Pronto Pagine Gialle
Servizi a valore aggiunto di directory assistance
4,8
12.40 Pronto Pagine Bianche
Servizi di base elenco abbonati
altri prodotti Internet
Telefono
Totale ricavi core
90,2
Fonte: elaborazioni Iem su dati SEAT Pagine Gialle
Per rispondere all’obiettivo di creare sinergie che consentano di reagire con nuove strategie
alle ristrettezze di mercato imposte dalla crisi, nel 2010, Seat Pagine Gialle ha dato vita ad una
partnership strategica con Sky Italia. Il primo risultato di questa partnership si è concretizzato
nella stipula di un accordo commerciale tra le due società che permette alle piccole imprese
di fare pubblicità su Sky durante le partite di calcio. Nel contesto di un processo di evoluzione
dell’offerta di Seat Pagine Gialle, in un ottica multicanale, essa mette così a disposizione delle
PMI, oltre ai mezzi cartacei, web e telefonici, il canale televisivo, per garantire il massimo
supporto ed efficacia alle strategie di comunicazione e marketing dei propri clienti. La sinergia
risultante dalla partnership infatti consentirà di promuovere le imprese locali nei confronti
di audience televisive fortemente localizzate, e al tempo stesso caratterizzate da profili sociodemografici di grande appeal per gli investitori pubblicitari.
In virtù dell’accordo, Seat Pagine Gialle diventa così la prima directory al mondo a vendere
pubblicità televisiva ai propri clienti “core”, costituiti dalle piccole e medie imprese.
Un ulteriore cambiamento nella struttura del mercato delle directory è - a seguito della
liquidazione di Pagine Italia S.p.A. nel 2008 - la progressiva crescita di Pagine Sì: l’azienda
umbra, operativa dalla fine del 1996 nel settore dell’editoria pubblicitaria multimediale e
annuaristica telefonica, ha fatto registrare un fatturato superiore ai 21 milioni di euro per il
2009, in crescita rispetto ai 18 milioni del 2008. Ma il dato davvero straordinario è che si tratta
di un’azienda che vive una crescita ininterrotta da tredici anni, e che a partire dal 2005 ha
ottenuto incrementi medi annui del fatturato del 20%.
Directory
95
Tabella 2 - Risultati economici dei principali operatori italiani
Seat Pagine Gialle
Pagine Sì
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
% 09-08
% 09-03
952,2
1058,7
1090,2
1077,6
1061,9
1060,4
1056,7
-10,06
-9,89
21
18
nd
nd
nd
nd
nd
16,67
-
Nota: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazioni Iem su dati SEAT-Pagine Gialle e Pagine Sì
Dal 1996, l’impresa ha puntato sempre più ad offrire servizi ed informazioni, sia sul cartaceo
che sulle PagineSi on-line, a diffusione gratuita, così come è la consegna degli elenchi telefonici.
L’ElencoSì, è stato distribuito in nuove province del centro e del nord, segnando l’allargamento
dell’area di operatività della società.
Un altro player di rilievo attivo nella business information è la Guida Monaci S.p.A., la società
operativa nel settore B2B fondata da Tito Monaci nel 1870. Negli ultimi anni il gruppo è riuscito
a tenere il passo con l’innovazione ottimizzando l’utilizzo del sito web che è diventato non solo
un vero e proprio portale ma anche un punto di riferimento per le aziende grazie a strumenti
quali l’area “Servizi informativi per le aziende”, la pubblicazione di videoclip promozionali
direttamente sulla home page e le sezioni “Comunicati”, “Case History” e “Articoli” i cui
contenuti riguardano i prodotti commerciali venduti dalle varie aziende rintracciabili nel
database, diventando un’ulteriore forma promozionale. Inoltre l’accordo del 2008 con Siseco,
una società specializzata nel realizzare soluzioni informatiche personalizzate nell’ambito CRM,
CIM & IP Contact Management, ha permesso di rendere la propria banca dati più facilmente
consultabile da parte delle aziende. Nel 2010, la Guida Monaci si è presentata sul mercato con
un nuovo modello di business organizzato su due linee: il Publishing Multimediale e il Business
Intelligence.
2. Il mercato europeo
Anche i principali player sul mercato estero delle directory hanno dovuto affrontare gli effetti
della crisi finanziaria internazionale, che ha portato ad una riduzione dei ricavi, a cui i principali
player hanno risposto soprattutto attraverso strategie di rafforzamento dei prodotti e dei servizi
offerti attraverso la piattaforma di Internet, che continua ad offrire ai competitor prospettive ed
occasioni di crescita.
Una delle principali directory europee, il gruppo francese Pages Jaunes, ha visto nel 2009 i
propri ricavi diminuire del 2,4% rispetto all’anno precedente. Le attività del gruppo francese
sono organizzate in due segmenti: 1. Pages Jaunes in Francia: sono le attività del gruppo
in Francia relative alla pubblicazione e la distribuzione di directory e la vendita di spazi
pubblicitari su directory a stampa (Pages Jaunes, L’Annuaire) e online (“pagesjaunes.fr”). Esse
inoltre includono la creazione e l’hosting di siti internet, servizi di assistenza per telefono e
sms, l’attività ads online (“annoncesjaunes.fr”) e varie altre attività come la pubblicazione di
PagesPro e QuiDonc directory. 2) International & Subsidiares: sono le attività sussidiarie del
gruppo, che comprendono principalmente la pubblicazione di directory dedicate al consumo
e che operano fuori dalla Francia (Spagna, Lussemburgo e Marocco) e lo sviluppo di attività
complementari relative alla pubblicazione di directory, come i servizi geografici di Mappy e
le attività dirette di marketing di Pages Jaunes Marketing Services. Questo segmento inoltre
include le attività di pubblicità su internet di Horyzon Média.
Il fatturato complessivo del gruppo è ammontato nel 2009 a 1.163,9 milioni di euro, contro
1.192,8 milioni di euro nel 2008. In un mercato fortemente sotto pressione per effetto della
crisi, l’entità della diminuzione del ricavo è stata notevolmente attenuata dalla crescita dei
servizi internet, il cui giro d’affari è arrivato a rappresentare nel 2009 il 42,3% del fatturato
complessivo (39,5% nel 2008). I siti del gruppo in Francia, “pagesjanues.fr”, “mapping.com”,
“annoncesjaunes.fr” e “pagespro.com”, hanno registrato una crescita del numero di visitatori
del 7% rispetto al 2008 e nel loro insieme sono il sesto sito per numero di visite in Francia.
96 Directory
Entrambi i segmenti di attività del gruppo hanno visto una contrazione dei ricavi, ma a
registrare una performance particolarmente negativa è il segmento di Pages Jaunes rivolto
al mercato estero il quale (pur rappresentando una quota minore attorno al 5% del ricavo
complessivo) tra il 2008 e il 2009 ha visto una variazione negativa dei ricavi del 17,2%, a fronte
della riduzione dell’1,2% del segmento operante su base nazionale – che invece identifica la
quasi totalità del business del gruppo
Nel corso del 2009, il gruppo Pages Jaunes ha proseguito l’opera di ottimizzazione di tutti i
costi dei vari segmenti di attività del gruppo. Ha completato la ristrutturazione di QDQ Media
in Spagna e la reintegrazione di Pages Jaunes Petites Annonces, realizzando per queste vie
operazioni di riduzione e ottimizzazione dei costi. Allo stesso tempo, il gruppo ha mantenuto
i suoi investimenti in tecnologia, commerciali e del marketing, che rappresentano interventi
cruciali nella strategia del gruppo.
La maggiore directory britannica, Yell Group, dopo la crescita dei ricavi nel 2009, ha registrato
un calo degli stessi nel 2010, diminuiti rispetto all’anno precedente dell’11,5%. Yell Group è
una delle principali directory internazionali che opera attraverso attività cartacee, online e
telefoniche sul mercato pubblicitario negli UK, Stati Uniti, Spagna e America Latina.
A controbilanciare in parte la riduzione dei ricavi del gruppo – dovuta interamente
all’andamento negativo delle printed directories del gruppo inglese – è stata la performance
positiva del segmento delle attività Internet che hanno portato la propria quota sui ricavi totali
nel 2010 al 20%, rispetto al 15% del 2009. Inoltre le iniziative volte a generare un risparmio sui
costi, hanno consentito da una parte di ridurre l’impatto negativo della riduzione dei ricavi,
dall’altro di compensare le maggiori risorse dedicate ad investimenti aggiuntivi finalizzati alla
ripresa.
Tabella 3 – Rivavi complessivi delle principali directories estere (milioni di euro)
Directory
Pages Jaunes Group
Yell Group*
2010
2009
2008
Var. % 10/09
Var. % 08/09
-
1.164,00
2.450,84
2.768,58
1.192,90
-
-2,42
2561,68
-11,48
8,07
Note: (*) l’anno finanziario del gruppo termina il 31 Marzo di ogni anno. Fonte: elaborazioni IEM su dati di bilancio
Pages Jaunes e Yell Group
Nel 2009 Yell Group ha completato l’opera di rifinanziamento che era stata intrapresa a
seguito di un accordo siglato il 27 Aprile 2006 (“Old Facilities Agreement”) con Citigroup
Global Markets Limited, Deutsche Bank AG, Goldman Sachs International, HSBC Bank plc
e altre istituzioni finanziarie, che consentiva a Yell Group di ottenere prestiti di lungo termine
e condizioni favorevoli di accesso al credito. Esso è stato sostituito con il “New Facilities
Agreement” che è entrato in vigore il 30 Novembre 2009.
Sempre nel 2009, Yell Group ha lanciato un canale video online, fornito da VideoJug, uno
dei maggiori specialisti nella produzione di brevi contenuti video. Inoltre, Yell ha stipulato
un’alleanza strategica con Google con l’obiettivo di fornire servizi avanzati e sofisticati di
marketing a più di 450.000 SME del Regno Unito.
Nel 2010 Yell Group ha lanciato una serie di servizi dinamici per piccole imprese disponibili
online nel nuovo Yellowbook360 Business Center, che aiuta la crescita del business delle
imprese, aumentandone la visibilità, ed offrendo ad esse una molteplicità di prodotti e servizi
a sostegno del marketing, sul portale yellowbook.com.
Directory
97
Musica registrata
98
Musica registrata
di William Ricci
1. Il mercato italiano
Le speranze riposte nei nuovi mercati della musica digitale rimangono purtroppo disattese
nel corso del 2009, anno in cui, sia in Italia che in Europa e nel Mondo, si registra una nuova
flessione dei ricavi in seguito ad un complesso mix di fattori tra cui il file sharing è senz’altro
una delle cause maggiori. Prima di addentrarci nell’analisi delle ragioni che impediscono un
reale cambio di rotta, iniziamo con l’illustrare la situazione nazionale partendo dallo stato dei
volumi venduti nel territorio italiano.
Come per gli anni scorsi, le diverse fonti mostrano una andamento assai vario, con Siae1 e Fimi2
in particolare che raccontano un andamento delle unità vendute a tratti discordante3. Dal 2007
al 2008 notiamo come secondo la Siae la vendita di supporti registri un incremento di circa 10
punti percentuali a fronte del dato Fimi che, coerentemente con i trend che caratterizzano il
dato in valore, descrive una flessione del 22% circa. La contrazione dei volumi continua anche
nel 2009 con un decremento che la Federazione dell’Industria Musicale Italiana stima intorno
al 18% a fronte di poco più di 15 milioni di unità vendute.
Figura 1- Il mercato discografico italiano, 2003-2009 (milioni di unità - album equivalente)
450
400
Fimi
390
378
364
340
350
300
293
M&D
322
305
295,6
258
272
250
208
222
200
162
178
144
150
124
100
50
0
2005 f
2005 f+d
2006 f
2006 f+d
2007 f
2007 f+d
2008f
2008f+d
2009f
2009f+d
Elaborazione IEM su dati FIMI, IFPI, M&D e SIAE
1
Società Italiana degli Autori ed Editori, Dati di vendita dei supporti fonografici per il 2008, 2010.
2
Federazione dell’Industria Musicale Italiana, Dati di mercato – anno 2009, 2010.
3
L’enorme differenza che caratterizza il dato Fimi da quello Siae è in parte interpretabile a partire dalla
natura dell’informazione. La SIAE in qualità di unica collecting society nazionale ha infatti il monitoraggio dettagliato delle licenze concesse sul venduto. Fimi monitora il sell-in delle principali compagnie.
99
Disaggregando il dato notiamo alcune note positive come la buona performance del
macrosegmento dei singoli, cresciuti del 100%, trainati dalla vendita dei supporti CD che,
a fronte di oltre 550 mila copie vendute, totalizzano un incremento di 99 punti percentuali.
Ciò in parte descrive una mutazione dei gusti dell’ascoltatore medio come delle strategie delle
compagnie musicali, oggi maggiormente concentrate sulla redditività del singolo contenuto a
scapito di un modello di fruizione musicale maggiormente organico e complesso come quello
dell’album di canzoni.
L’andamento in valore non ha purtroppo invertito la tendenza che, dal 2003, caratterizza il
mercato della musica registrata. Il declino nel 2009 è stato costante e ugualmente registrato
sia da FIMI che dalla sua corrispettiva internazionale IFPI (International Federation of the
Phonographic Industry) con rispettivamente un -19% e un -17%. Analizzando il dato FIMI,
maggiormente disaggregato nelle sue componenti, notiamo come quasi tutte le voci fisiche
registrino un forte decremento del fatturato, in particolare nel mercato dei CD album che,
risultando la maggior fonte di ricavo con i suoi 114 milioni e 100 mila euro, traina l’universo dei
supporti fisici verso un declino percentuale di circa 24 punti a fronte di un valore pari a poco
meno di 124 milioni. Rimane la nota positiva dei CD singoli che, crescendo del 7%, portano
l’intero macrosegmento a descrivere un incremento del 5% con poco meno di 2 milioni di euro
generati.
Figura 2 - Il mercato discografico italiano, 2003-2009 (milioni di euro*)
700
Fimi
Ifpi (trade)
Ifpi (retail)
574
600
535
535
478
500
400
M&D
402
370
333
300
392
344
306
390
343
305
392
364
306
274
301
266
222
200
260
226
219
181
178
144
100
0
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
Note: * Il dato IFPI (trade) 2009 è stato calcolato effettuando una conversione in base alla media 2009 del cambio
dollaro/euro pari a 0,72. Fonte: Ufficio Italiano Cambi. Dato originale IFPI: 252 milioni di dollari. Fonte: elaborazioni
e stime IEM su dati FIMI, IFPI e M&D.
Il dato sopra descritto è naturalmente comprensivo del mercato digitale che, pur in continua
crescita dal 2005 ad oggi, non riesce a compensare le gravi perdite economiche che la controparte
fisica registra di anno in anno. E’ infatti possibile notare come, secondo le informazioni FIMI,
il declino del mercato fisico vada progressivamente peggiorando, in particolare passando da un
-22% tra il 2008 e il 2007 ad un -23% tra il 2009 e il 2008, mentre la somma fisico + digitale,
pur riducendo il trend negativo di un punto nel biennio tra il 2008 (-20%) e il 2009 (-19%), non
inverte le sorti generali del mercato.
Si prevede quindi un futuro ancora difficile per la musica registrata in Italia, che deve di fatto
riporre le speranze non tanto in una stabilizzazione dei trend di decrescita del mercato fisico,
destinati al contrario a peggiorare nel tempo, ma in una crescita sostanziale dei modelli di
fruizione digitali in grado di ribaltare l’andamento totale del mercato fino ad arrivare ad una
sostituzione completa e autosufficiente dell’universo musicale.
Diverse difficoltà sono inoltre riscontrabili nel complesso mondo del mercato liquido.
100 Musica registrata
Nonostante la sua crescita complessiva che supera nel 2009 i 20 milioni di euro con un +27%
rispetto al 2008, la fruizione digitale mostra un cattivo andamento delle piattaforme mobili.
In particolare vediamo come, dal 2006 in poi, l’acquisto di musica via smartphone descriva un
decremento costante che dagli oltre 9 milioni e 600 mila euro porta la musica su cellulare a
poco meno di 4 milioni di euro (–30% rispetto al 2008).
Figura 3 - Il mercato discografico italiano digitale e fisico, 2005-2009 (milioni di euro)
450
Fimi digitale
400
350
Fimi fisico
12
300
14
250
14
200
16
150
20
293
258
208
100
162
124
50
0
2005
2006
2007
2008
2009
Il mercato discografico italiano secondo FIMI: 144 milioni di euro nel 2009 (124 fisico e 20 digitale)
450
Musica & Dischi digitale
12
400
Musica & Dischi fisico
24
350
25
300
27
250
29
200
378
340
150
276
233
100
197
50
0
2005
2006
2007
2008
2009
Il mercato discografico italiano secondo Musica & Dischi: 226 milioni di euro nel 2009 (197 fisico e 29 digitale)
Fonte: elaborazioni e stime IEM su dati FIMI e M&D.
Figura 4 - Valore del mercato digitale Mobile e Internet 2006-2009 (milioni di euro*)
25
internet
mobile
pubblicità
Totale digitale
20,4
20
12,1
9,6
10
5
16,1
14,6
14,5
15
8,0
5,6
5,4
4,2
9
3,9
0,7
0
2006
2007
2008*
2009*
Note: * Il totale comprende anche altre voci di ricavo; il dato internet 2008/2009 e mobile 2008/2009 comprende anche
gli introiti provenienti da sottoscrizioni a servizi. Fonte: Elaborazione IEM su dati FIMI.
Musica registrata
101
L’osservazione di tale andamento di fatto sfata la convinzione comune che vede gli italiani
fortemente attivi e ricettivi rispetto alle novità di prodotto e alle modalità di fruizione delle
piattaforme mobili, descrivendo al contrario una forte dinamicità delle piattaforme informatiche
quali i PC e Notebook con una crescita del download online e delle sottoscrizioni a servizi web
based di fruizione e acquisto di musica pari ad oltre il 34%. Possiamo parzialmente interpretare
il dato come l’effetto di un modello di comportamento che premia l’acquisto di tracce online
da casa, in seguito trasferite su device mobili come iPod e lettori Mp3 oggi sempre più diffusi.
Va inoltre segnalata l’importanza crescente che le fonti di ricavo da pubblicità (e diritto d’autore)
stanno assumendo soprattutto nelle forme di fruizione via streaming. Nel 2009, per la prima
volta, si registra un valore generato da tali inediti modelli di business musicale pari a oltre 700
mila euro (per una quota sul totale stimabile intorno allo 0,7%). Tale processo va in parte ad
inserirsi nei recenti accordi che YouTube e Siae hanno stipulato, prevedendo un modello di
distribuzione streaming in grado di generare profitti su ogni singola utilizzazione effettuata.
L’accordo prevede un modello di condivisione degli introiti pubblicitari che contempli anche
i proprietari dei contenuti4, con un minimo garantito. Siamo quindi di fronte a nuovi modelli
di business che, basandosi sulle opportunità che la rete offre, possono in futuro stabilizzare le
coordinate di un mercato ancora poco sfruttato potendo monetizzare la fruizione protetta dal
diritto d’autore, ancorché gratuita.
Tabella 1 - Mercato Digitale, Italia (€)
Abbonamenti
Mobile Downloads
Online Downloads
2009 (Valore) 2008 (Valore) Scostamento
Pubblicità
Scostamento %
Traccia Singola
4.749.625
4.083.239
666.386
16%
Album
4.512.826
3.417.218
1.095.608
32%
33.875
14.413
19.462
135%
153
328
-175
-53%
Streaming
1.915.970
1.510.830
405.140
27%
TOTALE
11.212.449
9.026.028
2.186.421
24%
Master Ringtones
1.569.705
2.754.518
-1.184.813
-43%
Traccia Singola
1.944.567
1.925.662
18.905
1%
Ringback Tunes
108.357
121.409
-13.052
-11%
Video Musicali
77.489
150.917
-73.428
-49%
Video Musicali
Altro
Altri Prodotti
27.085
310.357
-283.272
-91%
Streaming
87.731
148.249
-60.518
-41%
TOTALE
3.814.934
5.411.112
-1.596.178
-29%
Abbonamenti (servizi
indipendenti) - Online
978.619
30.454
948.165
3113%
Abbonamenti (servizi
indipendenti) - Mobile
158.954
208.151
-49.197
-24%
Abbonamenti (servizi
dipendenti)
411.640
0
411.640
100%
TOTALE
1.549.213
238.605
1.310.608
549%
Pubblicità
734.722
0
734.722
100%
Anticipi non
riscossi e
pagamenti una
tantum
Anticipi non riscossi e
pagamenti una tantum
2.168.260
346.433
1.821.827
526%
Altro
Altri Contenuti Musicali
Digitali
966.534
1.109.659
-143.125
-13%
20.446.113
16.131.837
4.314.276
27%
TOTALE Valore Mercato Digitale
Elaborazione IEM su dati FIMI
Da sottolineare infatti la notevole crescita dello streaming musicale su piattaforma Pc nel
4
Claudio Tamburrino, Youtube e SIAE, licenza di monetizzare, Punto Informatico, 2010.
102 Musica registrata
2009 pari al +27%, la buonissima performance del download degli album musicali (+32%)
in controtendenza rispetto al mercato tradizionale, ma soprattutto l’enorme bacino d’utenza
in parte cannibalizzato dalle pratiche di file sharing illegale (circa il 23% degli internauti) che,
almeno nel 2009, ha trovato vita difficile in seguito alla decisione della Corte di Cassazione
di poter consentire ad un magistrato il blocco dell’accesso alla rete nell’eventualità di pratiche
illegali5. In particolare il caso Pirate Bay6 ha di fatto chiarito quanto sia necessaria ed urgente
una piena collaborazione dei provider nel contrastare ed impedire la crescita di modelli di
fruizione musicale illegali e controproducenti per il mercato.
2. Il mercato europeo
Secondo le informazioni IFPI7, in tutta Europa si registra una flessione dei diversi mercati
nazionali ad eccezione del Regno Unito che, con oltre un miliardo e 570 milioni di dollari,
cresce dell’1,9% rispetto al 2008. A parziale interpretazione del dato va segnalata la particolare
natura della situazione inglese che, godendo storicamente di una forza tale da renderlo il
primo mercato in Europa e il terzo nel Mondo (dopo Stati Uniti e Giappone), rappresenta
di fatto una delle avanguardie musicali da cui trarre ispirazione. Nel Regno Unito si è infatti
sperimentata, come in Asia l’anno passato8, la capacità del mercato liquido di compensare
le perdite economiche della controparte fisica. In particolare il mercato tradizionale
(comprensivo dei ricavi da diritti d’autore) ha registrato una flessione di circa l’1% contro un
+17% del mercato liquido, confermando come l’eventuale risalita dell’economia musicale possa
oggi essere ottenuta solo grazie ad una forte capacità di soddisfare la domanda di contenuti in
forma digitale sostenendone l’acquisto e la fruizione. Ancora va sottolineato il tessuto sociale
inglese in grado di sostenere una produzione sempre in linea con i gusti mondiali favorendo
la scoperta e la crescita di talenti artistici, come dimostra il caso di Susan Boyle e il suo album
di esordio I Dreamed a Dream (Syco - Columbia) risultato nel 2009 il più venduto al mondo9.
Figura 5 - Il mercato discografico europeo, 2005-2009 (milioni di dollari – Trade)
2.500
2.162
R.U.
2.054
2.000
1.500
GERMANIA
FRANCIA
ITALIA
SPAGNA
1.893
1.698
1.457
1.580
1.248
1.574
1.544
1.411
1.212
1.126
974
948
1.000
428
500
383
369
1.533
393
327
305
328
252
287
246
0
2005
2006
2007
2008
2009
Elaborazione IEM su dati IFPI.
Gli altri mercati europei hanno invece confermato la flessione continua già dal 2007. Nello
specifico l’Italia sperimenta il trend negativo più grave (-17%) rispetto al 2008, confermandosi
al penultimo posto prima della Spagna anche nel 2009. In particolare sia il mercato tedesco che
francese riescono a minimizzare le perdite registrando rispettivamente un –3% e un –2,7% sul
2008. Pesante è invece il declino spagnolo che, a fronte di poco più di 246 milioni di dollari,
5
IFPI, IFPI Digital Music Report 2010, 2010. Versione italiana.
6
Motore di ricerca per file torrent svedese.
7
Syndicat National de l’Edition Phonograpique, L’économie de la production musicale – edition 2010,
2010.
8
William Ricci, “Musica Registrata”, in Barca F. (a cura di), L’Industria della Comunicazione in Italia.
Dodicesimo rapporto IEM, Guerini, Milano.
9
The British Recorded Music Industry, The Market – Useful facts. Fonte: http://www.bpi.co.uk/musicbusiness/article/the-market.aspx
Musica registrata
103
vede contrarre il fatturato di oltre il 14%, piazzandosi per valore all’ultimo posto tra i cinque
mercati europei .
Buone notizie provengono invece dal versante liquido che, pur non riuscendo a compensare
le perdite del mercato tradizionale (ad eccezione del Regno Unito), mostra costanti trend
positivi dal 2005 in poi. Unica pecca è la contrazione francese che dal 2008 perde circa 2
punti percentuali declinando il proprio fatturato digitale in circa 131 milioni di dollari. Molto
positiva è la crescita registrata da Germania e Spagna, rispettivamente del 27% e del 23%, con
la prima in particolare a vantare in questo comparto oltre 40 servizi di donwload di musica
digitale tra cui Amazon MP3 e iTunes Germany10. Buona infine la crescita di Regno Unito e
Italia che totalizzano un +17% rispetto al 2008, pur con la nostra nazione sofferente per la grave
decrescita del mercato fisico che in Inghilterra al contrario viene, seppur di poco, compensata
dal valore generato in campo digitale.
Figura 6 - Il mercato discografico digitale europeo, 2005-2009 (milioni di dollari - Trade*)
350
R. U.
Germania
Francia
Spagna
Italia
295
300
252
250
200
163
150
100
123
122
156
131
133
94
70
69
39
50
28
16
76
67
23
3
25
16
28
24
33
26
32
0
2005
2006
2007
2008
2009
Note: * Italia 2008: dato ricavato dal trend di crescita del dato FIMI 2008 applicato al dato IFPI 2007; Spagna 2008:
dato ricavato dal trend di crescita del dato Promusicae 2008 applicato al dato IFPI 2007. Fonte: Elaborazione IEM
su dati IFPI.
Analizziamo infine la composizione del mercato liquido nelle sue declinazioni online e mobile.
Purtroppo non sono disponibili informazioni sulla situazione tedesca e inglese, che tuttavia
hanno già in passato affermato una netta prevalenza del comparto digitale online su quello
mobile. Dal 2005 al 2007 osserviamo infatti una progressiva crescita delle quote online, che
in Germania raggiunge il 69% e nel Regno Unito il 71%. Vista la forte connotazione digitale
di questi mercati e la loro importanza economica nel valore complessivo, possiamo a ragion
veduta considerarli modelli virtuosi, imitandone vision e strategie e premiando modelli di
fruizione online che dimostrano essere più redditizi di quelli mobile.
Tabella 2 - Mercato musicale digitale europeo, 2005-2009 (quote del valore online e mobile*)
Online
Mobile
2009
online
2008
mobile
online
2007I
mobile
2006I
2005
online
mobile
online
mobile
Regno Unito non disp. non disp. non disp. non disp.
71%
29%
70%
30%
62%
38%
Germania
69%
31%
69%
31%
66%
34%
II
38%
62%
47%
53%
III
31%
69%
non disp. non disp. non disp. non disp.
Francia
50,5%
Italia
59,3
19,1%
59%
41%
Spagna
53%IV
47%IV
37%IV
63%IV non disp.non disp.
II
III
II
37,9%
III
II
58%
42%
39%
61%
III
44%
56%
24%
76%
22%
78%
online
mobile
non disp. non disp.
Note * La somma delle quote mobile e online dei dati Francia 2009 e Italia 2009 risulta minore di 100 in quanto
nel totale dei rispettivi mercati digitali viene inclusa una quota riferibile agli introiti generati da altre voci di ricavo.
(Italia: Ad-Supported Income, Unearned Advances & One-Off Payments, Other Digital Music Content; Francia:
Streaming). Fonte Ifpi, I dati Ifpi relativi alla prima metà dell’anno; IISyndicat National de l’Edition Phonograpique;
III
FIMI; IVPromusicae;
A conferma di quanto appena scritto segnaliamo la decrescita delle quote online in Francia
10
IFPI, IFPI Digital Music Report 2010, 2010. Versione italiana.
104 Musica registrata
che, nel 2009, combaciano perfettamente con la contrazione del valore generato dal mercato
digitale (-2%). Sia l’Italia che la Spagna vedono quindi aumentare l’importanza del valore
online sul mobile; la seconda in particolare, sperimentando una crescita del digitale del
23%, vede la quota di fatturato generato via computer aumentare dal 37% al 53% nel 2009,
a dimostrazione di quanto strategica risulti una buona gestione dei servizi digitali web based
insieme, naturalmente, ad una seria lotta alle pratiche di file sharing illegale. Concludiamo
segnalando come la leggerissima crescita dal 2008 al 2009 delle quote online italiane (+0,3%)
rispetto alle pratiche di fruizione mobile, siano in parte dettate dalle cattive performance di
queste ultime che, dal 2008 al 2009, come abbiamo in precedenza accennato, crollano del 30%.
3. Il mercato mondiale
Continua la flessione del mercato anche a livello mondiale. Nel 2009 la musica registrata riesce
a generare poco più di 17 miliardi di dollari perdendo rispetto al 2008 oltre 7 punti percentuali.
La diminuzione è purtroppo la più grave dal 2006 e testimonia di fatto la diffusa difficoltà dei
grandi mercati internazionali nel gestire al meglio le nuove risorse distributive digitali. Nel
2009 vediamo infatti le due più grandi realtà mondiali, Stati Uniti e Giappone, contrarre il
proprio fatturato di quasi l’11%, con un peso dell’80% sul decremento mondiale che, al netto
delle loro performance, sarebbe stato all’incirca del -3,2%11. Tra le motivazioni possiamo citare
gli effetti prodotti, almeno negli Stati Uniti, dalla crisi finanziaria e la conseguente contrazione
dei consumi.
La composizione delle quote di mercato mondiali per azienda discografica vede quindi la
Universal Music Group mantenere stabile il suo primato con oltre il 27% delle revenue; con
quasi il 21%, troviamo Sony Music Entertainment e, infine, con il 15% e il 12,2%, rispettivamente
la Warner Music Group ed EMI. Si segnala la progressiva perdita di potere dell’universo
indipendente che, da una quota complessiva pari al 27,1% nel 2007, nel 2009 scende al 24,7%12.
Tabella 3 - Il mercato discografico mondiale, 2005-2009 (milioni di dollari – Trade)
valore
2009
var%
2008
var%
2007
var%
2006
var%
2005
17.026
-7,2%
18.347
-5,4%
19.398
-0,9%
19.587
-5%
20.795
Elaborazione IEM su dati IFPI
Il mercato digitale mondiale, come è logico, riesce ancora a guadagnare valore, seppur
diminuendo di molto il proprio trend di crescita. Rispetto infatti agli anni precedenti (+ 107%
nel 2006, +35% nel 2007 e 2008) il valore del fatturato liquido aumenta di “appena” il 9,2%
registrando complessivamente poco più di 4 miliardi e 300 milioni di dollari. Ciò è in parte
dovuto alle scarse performance di un continente strategico ed economicamente importante
come il Nord America (che registra un incremento di appena l’1,1%), pur a fronte di un
aumento dei servizi di distribuzione digitale ed una loro maggior penetrazione nei diversi
mercati nazionali.
I ricavi del mercato liquido, nella prima metà del 2009, sono così composti: con il 61,9%
domina incontrastato il servizio iTunes, aiutato da un’accorta politica industriale che lega a
doppio filo il sistema di download a pagamento con la produzione proprietaria dei lettori iPod.
Molto distaccati sono invece gli altri concorrenti Amazon Mp3, Rhapsody, Zune Marketplace
e Napster rispettivamente al 7,6%, 3,7%, 2,6%, 1,5%13.
11
Robert Andrews, ’09 Music Sales Shed $1 Billion; U.S. Downloads Stagnant, paidContent: UK, 2010.
12
Redazionale, Sony Music makes gain on dominant Universal in 2009, Music & Copyright’s Blog, 2010.
Fonte: http://musicandcopyright.wordpress.com/
13
Redazionale (dati NPD), NPD Musica Market Share – Report For The Firts Half 2009, RouteNote Blog,
2009. Fonte: http://routenote.com/blog/npd-group-music-marketshare-report-for-the-first-half-of-2009/
Musica registrata
105
Tabella 4 - Il mercato discografico mondiale digitale, 2005-2009 (milioni di dollari – Trade)
valore
2009
var%
2008
var%
2007
var%
2006
var%
2005
4.307
9,2%
3.944
35,5%
2.909
35%
2.154
107%
1.039
Elaborazione IEM su dati IFPI
Unica nota realmente positiva nella situazione mondiale è il progressivo aumento d’importanza
che il mercato digitale va acquisendo sul totale del valore generato. Dal 2005 in poi la quota
di fatturato attribuibile alle pratiche di fruizione liquida è passata dal 5% al 25%. Va tuttavia
sottolineato come il risultato del 2009 sia principalmente l’effetto di una drastica diminuzione
del mercato fisico (-12,7% dal 2008 e al netto dei ricavi da diritti d’autore), più che dell’aumento
del digitale che, come abbiamo visto, negli anni passati è stato decisamente più consistente.
Figura 7 - Il mercato discografico mondiale fisico-digitale, 2005-2009 (% - Trade)
25.000
20.000
Digitale
5%
11%
15%
15.000
10.000
95%
89%
85%
Fisico e P.R.
21%
79%
5.000
25%
75%
2005
2006
2007
2008
2009
Elaborazione IEM su dati IFPI
Rimane comunque intatta la speranza che in un futuro il fatturato digitale possa compensare le
perdite del mercato fisico: diverse sono infatti le nazioni che nel 2009 hanno sperimentato una
crescita del valore totale grazie alle ottime performance delle voci di ricavo appartenenti alla
distribuzione liquida. Oltre al Regno Unito, unico esempio europeo, segnaliamo i trend positivi
registrati dal mercato Indiano, dal Messico, dalla Thailandia, dall’Australia e dal mercato
sudcoreano14.
Naturalmente parte delle cause che impediscono una diffusa crescita del mercato liquido
vanno ricercate anche nei modelli di fruizione illegali, oltre che nella contrazione dei consumi
provocata dalla crisi. Non a caso il Ceo dell’IFPI John Kennedy si è spesso espresso in favore
di misure drastiche nei confronti dei corresponsabili che alimentano un clima d’impunità nei
confronti di chi pratica illeciti, citando in particolare le esperienze legislative di Taiwan, Corea
del Sud e Francia e il loro processo di responsabilizzazione degli Internet Service Provider e
invocando nel contempo l’intervento dello Stato15.
Concludiamo segnalando il positivo incremento degli introiti generati dallo sfruttamento dei
diritti d’autore i quali, facendo leva sulle tecnologie di rete e prodotti appartenenti ad altri
settori dell’entertainment (ricordiamo i videogiochi musicali come Guitar Hero o Rock Band),
aumentano il proprio fatturato del 7,6%, generando nel 2009 circa 785 milioni di dollari e
raggiungendo il 5% della quota complessiva del mercato della musica registrata.
14
15
Robert Andrews, ’09 Music Sales Shed $1 Billion; U.S. Downloads Stagnant, paidContent: UK, 2010.
IFPI, IFPI Digital Music Report, 2010. Versione italiana.
106 Musica registrata
Pubblicità
Musica registrata
107
Pubblicità
1. La comunicazione commerciale: lo scenario 2009-2010
La congiuntura economica negativa che ha caratterizzato l’ultima parte del 2008 e il 2009 si
sta, molto lentamente, affievolendo e nella prima metà del 2010 l’economia internazionale e
il mercato pubblicitario a livello mondiale ricominciano a mostrare segni di crescita positivi
che, però, qualora conservassero questo ritmo, impiegherebbero circa un lustro per riportare
il mercato ai livelli raggiunti nel 2008. La pubblicità si è dimostrata, anche in questa fase e per
l’ennesima volta, estremamente sensibile all’andamento economico generale. In Italia, così come
nel resto del mondo, la flessione è stata nettamente più accentuata rispetto ad un indicatore di
ricchezza come il PIL e, benché la ripartenza economica sia particolarmente lenta, il mercato
pubblicitario si sta riprendendo in maniera più rapida. Certo è che, a fronte di una flessione del
PIL di 5 punti percentuali nel 2009, la pubblicità ha perso oltre 13 punti. Discorso a parte per
la comunicazione below the line che ha continuato a mostrare segni positivi e ha compensato
parte della perdita complessiva del mercato, attestatasi poco al di sotto – praticamente in linea
– della flessione del Prodotto interno lordo.
Figura 1 – Andamento investimenti in comunicazione e PIL, Italia (1990-2009)
ANDAMENTO PIL
ANDAMENTO SPESA PUBBLICITARIA
(MEZZI CLASSICI)
ANDAMENTO SPESA PUBBLICITARIA &
MARKETING RELAZIONALE
1990
1992
1994
1996
1998
2000
2002
2004
2006
2008
Fonte: elaborazione IEM su dati FMI (PIL a prezzi correnti); Nielsen Media Research; IAB, Interactive Advertising
Bureau; UPA.
108
Considerando solo gli investimenti sui media classici (stampa, televisione, radio, esterna,
cinema, Internet), il 2009 è stato, quindi, segnato da una pesante contrazione (-10,2%) negli
investimenti mondiali rilevati da ZenithOptimedia, che ha portato il totale del mercato a 443,7
miliardi di dollari (erano 494 l’anno precedente). Le previsioni dello stesso istituto indicano
una ripresa molto lenta nel 2010, quando il consuntivo finale dovrebbe segnare un +0,9%.
La crescita dovrebbe farsi più robusta nei due anni successivi, previsti poco sotto il 4 e il 5%,
rispettivamente, senza però che il dato 2012 sia superiore ai livelli del 2008.
400,0
Pubblicità globale (mld $)
Var. % yoy
447,7
465,1
487,4
15
443,7
12,6
437,5
500,0
409,8
600,0
494,0
492,7
Figura 2 - Investimenti pubblicitari nel mondo (2005-2012F)
10
5
6,8
4,8
3,9
300,0
0
0,9
0,3
200,0
-5
100,0
-10
-10,2
0,0
-15
2005
2006
2007
2008
2009
2010E
2011F
2012F
Nota: miliardi di US$ a prezzi correnti (conversioni al tasso medio 2008). Fonte: elaborazione IEM su dati
ZenithOptimedia.
Figura 3 - Investimenti pubblicitari nel mondo per macro-aree (2007-2011F)
Nord America
Europa Occidentale
Asia Pacifico
Europa Centro-Orientale
America Latina
Africa-Medio Oriente-RdM
2011F
156
2010E
153
2009
157
2008
180
109
106
0%
20%
108
107
121
188
2007
114
125
40%
35
21
28
33
19
18
104
28
31
107
35
30 20
105
60%
30
31
80%
27 17
100%
Note: dati in miliardi di US$ a prezzi correnti (conversioni al tasso medio 2008). Fonte: elaborazione IEM su dati
ZenithOptimedia.
Per le aree mondiali più mature, Nord America ed Europa Occidentale, la caduta è stata
particolarmente brusca e i livelli di spesa del 2010 sono previsti comunque al di sotto del dato
Pubblicità
109
2009, con una risalita particolarmente lenta nei due anni successivi. E lo stesso può dirsi per
l’Europa Centro-Orientale. Più dinamiche saranno l’America Latina e la zona Asia-Pacifico,
grazie soprattutto alle performance, che continuano ad essere buone, se non ottime vista
la congiuntura internazionale, di Cina e Brasile. La zona asiatica, in particolare, dovrebbe
chiudere il 2010 con valori superiori, per la prima volta, a quelli dell’Europa Occidentale.
Nel mercato italiano, il consuntivo 2009 è stata negativa per i mezzi classici (-13,3%, secondo
un’opportuna miscela delle rilevazioni Nielsen, UPA e Assocomunicazione) e positiva,
dell’1,5%, per il c.d. “below the line” (secondo le stime UPA).
Rispetto all’economia nazionale, crollata del 5%, l’incidenza dell’investimento pubblicitario
sui mezzi classici scende ulteriormente, sotto la bottom line dello 0,6%. Considerando anche
l’insieme delle iniziative di comunicazione “non media” (direct marketing, promozioni,
relazioni pubbliche e sponsorizzazioni/eventi), cioè ben oltre il 50% dell’investimento in
comunicazione commerciale secondo le stime fornite da Assocomunicazione e UPA (Tab. 1),
che invece hanno incrementato la propria incidenza fino allo 0,77%, la percentuale sul PIL è
dell’1,36% per il 2009 (Fig. 4), con un lieve arretramento sull’anno precedente.
Figura 4 - Investimenti pubblicitari above e below the line/PIL - Italia (1999-2009)
1,8%
Investimenti in comunicazione Below the Line/PIL
1,6%
Investimenti pubblicitari su mezzi classici/PIL
1,4%
1,2%
1,0%
0,8%
0,8%
0,8%
0,8%
0,8%
0,8%
0,7%
0,7%
0,7%
0,7%
0,8%
0,8%
0,6%
0,4%
0,66%
0,70%
0,68%
0,64%
0,64%
0,65%
0,66%
0,67%
0,67%
0,65%
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
0,2%
0,0%
1999
0,59%
2009
Fonte: elaborazione IEM su dati FMI (PIL a prezzi correnti); Nielsen Media Research; IAB, Interactive Advertising
Bureau; UPA.
L’evoluzione del settore, come la tenuta della componente “below the line” lascia intravedere,
passa attraverso la contaminazione tra i vari comparti della comunicazione commerciale
(la parola chiave è “integrazione”), e la capacità di rispondere in maniera sempre più rapida
alle sollecitazioni del mercato, tenendo fermi alcuni punti strategici fondamentali, come
l’accrescimento dell’engagement del consumatore.
Le attività di comunicazione relazionale, o below the line (eventi e sponsorizzazioni, promozioni,
relazioni pubbliche e direct marketing) rispondono positivamente a queste necessità ed
hanno fatto registrare, nel 2009, un progresso dell’1,5% che le ha portate a pesare oltre il 54%
della spesa complessiva in comunicazione (e a sfiorare i 10,5 miliardi). Pur nella difficoltà di
identificare e analizzare segmenti così frammentati e dispersi, per il 2010 Assocomunicazione
stima una crescita di questi segmenti del 2,5% complessivo1.
1
Cfr. Assocomunicazione, Comunicare Domani, 2010. Si tenga inoltre presente che Assocomunicazione
stima il mercato del direct marketing in valori praticamente doppi rispetto a UPA. Nelle elaborazioni è stata prescelta la stima più conservativa di quest’ultima.
110
Pubblicità
Tabella 1 - Ripartizione investimenti area classica e below the line in Italia, 2005-2009
2009
2008
2007
2006
2005
Mln.
€
Quota
%
Mln.
€
Quota
%
Mln.
€
Quota
%
Mln.
€
Quota
%
Mln.
€
Δ%
Δ%
Quota 09-08 09-05
%
Totale
mezzi
classici
8.843
45,8
10.196
49,8
10.178
50,3
9.567
49,6
9.250
49,5
Totale
below
the line
10.445
54,2
10.293
50,2
10.042
49,7
9.709
50,4
9.419
50,5
1,48
10,89
TOTALE 19.288
100,0
20.489
100,0
20.220
100,0
19.276
100,0
18.669
100,0
-5,86
3,32
-13,27 -4,40
Fonte: elaborazioni IEM su dati Nielsen Media Research, IAB, UPA, Assocomunicazione.
Tabella 2 - Investimenti in marketing relazionale in Italia, 2005-2009
2009
2008
2007
2006
2005
Mln.
€
Quota
%
Mln.
€
Quota
%
Mln.
€
Quota
%
Mln.
€
Quota
%
Mln.
€
Δ%
Δ%
Quota 09-08 09-05
%
Direct
Response
2.425
23,22
2.425
23,56
2.372
23,62
2.314
23,83
2.271
24,11
0,00
6,78
Promozioni
4.350
41,65
4.300
41,78
4.185
41,67
4.059
41,81
3.937
41,80
1,16
10,49
Relazioni
pubbliche
2.150
20,58
2.103
20,43
2.040
20,31
1.927
19,85
1.842
19,56
2,23
16,72
Sponsorizza
zioni/Eventi
1.520
14,55
1.465
14,23
1.445
14,39
1.409
14,51
1.369
14,53
3,75
11,03
10.445
100
10.293
100
10.042
100
9.709
100
9.419
100
1,48
10,89
Totale
Fonte: elaborazioni IEM su dati UPA, Assocomunicazione.
2. Il media mix italiano
Riguardo ai mezzi classici, la maggiore vittima della crisi del 2009 è stata la pubblicità sulla
stampa che, secondo i dati Nielsen (tab. 4), ha perso complessivamente il 21,6% sull’anno
precedente – risultato del 16% del calo dei quotidiani e del 28,7% del crollo dei periodici. Alla
consolidata tendenza negativa (cambiamenti nelle modalità di consumo delle news, diffusione
del digitale e difficoltà a monetizzare gli accessi ai siti dei quotidiani, calo delle copie vendute
a ritmi più veloci che in passato), ha dato un colpo di acceleratore la crisi economica e il calo
degli investimenti, le cui risorse disponibili si sono dirette in percentuale maggiore verso
mezzi capaci di garantire una più elevata copertura del messaggio, come la televisione (la
cui flessione è stata del 10%). Il discorso vale anche per la stampa periodica, finanziata dalla
spesa di investitori pubblicitari di minor peso economico, e quindi più sensibili alle difficoltà
congiunturali. Complessivamente, quindi, a fine 2009 il peso della stampa sulla pubblicità
above the line, secondo Nielsen, è sceso dal 34,4 al 29,9%, mentre, integrando i dati di altri
istituti, lo stesso indicatore passa dal 31,8 al 27%.
La televisione, quindi, grazie al calo degli altri media, accresce la propria share of investment
sul totale dei mezzi classici: la sua quota risale al 54,5% secondo le elaborazioni Nielsen.
Qualora invece si considerino le elaborazioni UPA e Assocomunicazione, che valorizzano
maggiormente la radio e la pubblicità esterna, nonché i dati IAB su Internet, la quota della
televisione si ferma al 49,2%.
La diffusione del 3D e gli sforzi per migliorare la programmazione pubblicitaria sul mezzo,
hanno invece sostenuto gli investimenti, comunque marginali, sul mezzo cinematografico, che
ha limitato le perdite al 4% e, se si esclude Internet, è stato il mezzo con la migliore performance
nel 2009 - l’investimento è stato infatti pari a 55,7 milioni di euro, lo 0,7% sul totale rilevato da
Pubblicità
111
Nielsen.
La pubblicità esterna (investimenti in cartellonistica, poster, arredo urbano, maxi affissioni,
aeroporti, circuiti tematici, insegne luminose e altro) secondo le rilevazioni UPA e
Assocomunicazione ha registrato una pesante flessione del 19%, a quota 619 milioni. Nelle
rilevazioni Nielsen, limitate alle affissioni statiche2, la perdita è anche maggiore (-25%),
parzialmente compensata nelle statistiche dalla rilevazione del c.d. Transit (pubblicità dinamica
su mezzi di trasporto e aeroporti), con 99 milioni. Il dato principale è rappresentato dall’utilizzo
delle nuove tecnologie digitali, apparentemente in grado di ridare nuova vitalità al comparto.
Unico mezzo a mantenere un segno positivo, seppur molto più basso rispetto agli anni
precedenti, è stato Internet (termine che, in questo caso, sbrigativamente include display
advertising classica, paid search, directory on line e mobile advertising). Il valore assoluto
degli investimenti è stato, secondo IAB, di 849 milioni di euro, in aumento del 6,4% sul 2008
(secondo Nielsen, +7,3% a 585 milioni).
Tabella 3 – Media mix Italia, 2005-2009 (%)
2009
2008
2007
2006
2005
% 09-08
% 09-05
Quotidiani
17,09
17,82
18,78
18,27
18,83
-0,73
-1,74
Periodici
9,92
12,08
13,05
13,55
13,22
-2,15
-3,29
Televisione
49,29
47,58
46,38
48,07
50,47
1,71
-1,18
Radio
6,48
6,65
6,53
6,17
6,02
-0,17
0,46
Esterna
6,99
7,47
7,89
8,05
8,21
-0,48
-1,22
Cinema
0,63
0,57
0,69
0,80
0,90
0,06
-0,27
Internet
9,60
7,83
6,68
5,10
2,36
1,77
7,24
Fonte: elaborazioni IEM su dati Nielsen, UPA, Assocomunicazione.
Tabella 4 - Investimenti pubblicitari sui mezzi classici in Italia, 2005-2009
2009
Mezzi
Mln.
€
2008
2007
2006
2005
∆%
∆%
Quota 09-08 09-05
%
Quota
%
Mln.
€
Quota
%
Mln.
€
Quota
%
Mln.
€
Quota
%
Mln.
€
29,88
3.030,03
34,39
3.229,83
35,97
3.043,64
35,58
2.964,31
35,04
-21,64
-19,43
17,61
1.658,34
18,82
1.773,07
19,75
1.716,41
20,07
1.713,71
20,26
-16,00
-17,84
102,92
1,29
140,21
1,59
128,29
1,43
31,21
0,36
28,04
0,33
-26,60 267,03
877,57
10,98
1.231,48
13,98
1.328,48
14,80
1.296,02
15,15
1.222,56
14,45
-28,74
-28,22
4.358,94
54,53
4.687,40
53,19
4.720,29
52,57
4.598,78
53,76
4.668,74
55,18
-10,15
-6,64
436,32
5,46
487,66
5,53
476,08
5,30
440,67
5,15
408,60
4,83
-7,74
6,78
169,60
2,12
227,20
2,58
200,65
2,23
196,96
2,30
198,70
2,35
-25,35
-14,64
55,75
0,70
58,32
0,66
69,79
0,78
76,19
0,89
83,04
0,98
-4,41
-32,86
Totale Stampa
2.388,49
Quotidiani a pagamento
1.407,99
Free press
Periodici
Televisione
Radio
Esterna
Cinema
Internet
2
Da maggio 2009 la banca dati Nielsen AdEx rileva anche le informazioni relative al Transit, la pubblicità
dinamica gestita da IGPDecaux sulle metropolitane, gli aeroporti, gli autobus. Il dato, disaggregato, è riportato in
Tab. 4.
112
Pubblicità
585,19
7,32
321,19
3,64
281,93
3,14
197,58
2,31
137,06
1,62
5,15
326,96
100
8.811,81
100
8.978,58
100
8.553,83
100
8.460,44
100
-9,28
-5,51
TOTALE
7.994,28
Principali variazioni rispetto ai dati Nielsen
Radio (Assocomunicazione)
573
-
678
-
665
-
590
-
557
-
-15,49
2,87
-
803
-
770
-
759
-
-18,90
-18,58
-
680
-
488
-
218
-
6,39
289,45
Esterna (Assocomunicazione)
618
-
762
Internet + Mobile (IAB Italia)
849
-
798
Il dato Internet (Assointernet-IAB Italia) comprende display, search e altri tipi di advertising. Il numero di schermi
cinematografici rilevati del 2008 non è confrontabile con il numero di schermi degli anni precedenti. Il dato sulla
pubblicità esterna risente di nuove modalità di rilevazione nel corso degli anni. La somma degli investimenti
rilevati nella Tabella 3 non corrisponde alla somma della Tabella 1 perché la Tabella 3 utilizza solo dati Nielsen.
Sono stati quindi inserite le rilevazioni di altri Istituti che presentano le maggiori differenze nei dati. Fonte:
elaborazione IEM su dati Nielsen Media Research et alia.
Nel primo semestre del 2010 il dato continua a presentare un segno negativo per la stampa, che
perde un ulteriore 3,5% rispetto al già brusco crollo del primo semestre dell’anno precedente.
Alla tenuta dei quotidiani a pagamento (+0,5%), pur con significative differenze al loro interno
(tiene la commerciale nazionale ma cade ancora la commerciale locale, che aveva peraltro
perso meno della nazionale nel 2009, e cede il 5% la rubricata, che prosegue il suo movimento
migratorio verso Internet), fanno da contraltare il crollo della free press (-8%, qui invece è la
commerciale nazionale a perdere di più) e quello inarrestabile dei periodici, che perdono un
ulteriore 9%.
Tabella 5 - Investimenti pubblicitari sui mezzi classici in Italia (1H 2010 vs 1H 2009)
Gen.-Giu. 2010
Gen.-Giu. 2009
1.173,94
1.216,45
-3,5
Quotidiani a Pagamento
712,26
708,83
0,5
Commerciale Nazionale
366,30
352,54
3,9
Commerciale Locale
209,15
211,76
-1,2
Rubricata + Di Servizio
136,81
144,53
-5,3
Quotidiani Free/Paypress
48,99
53,38
-8,2
Commerciale Nazionale
35,93
39,50
-9,1
Commerciale Locale
12,35
13,14
-6,0
0,72
0,74
-2,4
Totale Stampa
Rubricata + Di Servizio
Periodici
Δ% 1H 10 – 1H 09
412,69
454,24
-9,1
2.558,15
2.385,19
7,3
Radio
249,61
217,43
14,8
Tabellare
231,10
200,20
15,4
18,51
17,23
7,5
Tv
Extra Tabellare
Internet (escluso search)
175,40
153,11
14,6
Affissioni
74,63
68,40
9,1
Cinema
23,29
23,21
0,3
Cards*
Direct Mail*
Out Of Home Tv*
Transit*
Totale
3,50
3,49
0,3
258,18
247,03
4,5
4,92
4,59
7,3
58,42
56,23
3,8
4.580,04
4.375,19
4,7
Note: dati in milioni di euro; (*) nuove rilevazioni Nielsen, afferenti il campo del c.d. below the line. Fonte:
elaborazione IEM su dati Nielsen Media Research.
La ripresa si presenta più robusta per la radio (+15%) e le affissioni (+9%) ma il dato è positivo
Pubblicità
113
anche per la televisione, che recupera un 7% variamente distribuito (le grandi generaliste
intorno al 5%, le tv satellitari oltre il 40%), e per il display advertising su Internet (+14,6%).
Riguardo alle categorie merceologiche degli investitori sui mezzi classici, il 2009 ha mostrato
cali generalizzati un po’ in tutti i principali comparti (significative eccezioni tra i minori:
tempo libero e viaggi), mentre la prima metà del 2010 vede segni positivi un po’ ovunque (in
particolare per consumi primari come Alimentari, Distribuzione, Casa e Toiletries).
Tabella 6 - Investimenti pubblicitari su mezzi classici per settore merceologico (2006 – 1H 2010)
Settori
Merceologici
2006
% 07-06
2007
% 08-07
2008
% 09-08
2009
1H10
Δ% 1H101H09
Alimentari
1.062,16
3,76 1.103,67
928,69
8,55 1.015,57
1,59 1.121,27
-6,50
1.052,79
600,62
10,0
Automobili
-4,38
971,05
-19,28
814,09
476,85
1,1
Telecomunicazioni
648,94
13,69
751,83
3,28
776,52
-7,16
724,65
411,31
2,3
462,05
21,93
591,81
2,00
603,63
-29,07
467,68
238,62
5,1
458,44
1,30
464,49
-3,36
448,86
-16,34
385,83
228,38
9,2
362,79
15,02
426,90
21,61
519,14
-20,65
430,27
217,05
-0,7
282,57
11,96
320,93
49,69
480,42
-16,77
411,44
213,70
17,6
441,58
6,57
472,65
20,65
570,23
-25,80
453,29
208,21
-4,2
305,04
3,88
317,36
8,22
343,44
-3,90
330,56
196,41
11,6
317,73
16,23
379,27
-4,22
363,26
-16,83
310,92
174,87
7,5
280,25
8,60
306,62
-7,93
282,29
-7,92
261,58
164,11
16,9
217,25
16,04
258,73
8,96
281,92
-4,61
269,50
161,88
-3,1
279,98
11,46
316,22
12,71
356,40
-14,01
312,61
155,87
-1,4
161,15
10,88
180,82
22,77
221,99
9,58
245,52
99,11
-16,0
134,99
2,12
137,92
67,34
230,79
10,07
256,62
98,68
2,4
106,58
3,48
110,42
26,10
139,24
1,76
141,73
91,24
6,9
100,59
35,58
156,14
25,67
196,22
-40,81
139,35
87,78
20,5
154,36
10,98
173,41
26,48
219,32
-24,35
176,38
79,17
-1,6
88,34
43,80
157,18
-7,39
145,57
-21,56
119,75
71,92
27,7
Abbigliamento
Bevande/Alcoolici
Finanza/Assicurazioni
Distribuzione
Media/Editoria
Toiletries
Cura Persona
Gestione Casa
Farmaceutici/Sanitari
Abitazione
Turismo/Viaggi
Enti/Istituzioni
Tempo Libero
Industria/Edilizia/Attivita’
Servizi Professionali
Elettrodomestici
Oggetti Personali
114
Pubblicità
148,22
27,28
203,81
-12,71
177,90
-35,65
131,15
57,59
25,7
60,01
11,23
67,60
6,60
72,06
-19,38
60,36
35,52
-0,4
60,43
37,43
96,58
25,80
121,50
-16,48
104,31
35,46
7,6
83,21
11,89
94,44
11,65
105,44
-18,86
88,71
28,71
28,6
57,52
14,02
66,90
185,49
190,99
-19,68
159,59
56,89
13,2
Moto/Veicoli
Giochi/Articoli Scolastici
Informatica/Fotografia
Varie
Note: dati in milioni di euro. Tabella ordinata per 1H 2010. Fonte: elaborazione IEM su dati Nielsen Media Research.
3. Il confronto internazionale
In termini di benchmark, il confronto dell’investimento pubblicitario in Francia, Regno
Unito, Germania e Spagna mostra come, con l’eccezione della Spagna che perde oltre il 20%,
le flessioni complessive dei vari Paesi siano state, nel 2009, intorno al 10%. In tutti i Paesi la
stampa perde più della televisione (con la parziale eccezione della Spagna, dove il crollo della tv
è stato superiore a quello dei quotidiani) e i periodici perdono più dei quotidiani (ad esclusione
della Francia). Internet è l’unico mezzo a mostrare un segno positivo in tutti i Paesi, ma ad una
sola cifra (tra il 7 e l’8%).
Il media mix, quindi, tradizionalmente differente da Paese e Paese con specifiche declinazioni
(la forza dei quotidiani in Germania e, ad un minor livello, nel Regno Unito; la predominanza
del mezzo televisivo in Italia…), vede un rafforzamento della televisione rispetto alla stampa
ma, soprattutto, una incidenza decisamente crescente di Internet. Nel Regno Unito, infatti,
complice la crisi, il mezzo ha superato la televisione e i quotidiani, rappresentando quasi il
30% della spesa e sfiorando i 4 miliardi di euro. In Germania, con 2,7 miliardi di ricavi netti,
Internet rappresenta il 19% del mercato pubblicitario sui mezzi classici, fra i quali sono leader
i quotidiani e la televisione. In Francia il valore sfiora i 2 miliardi e la quota è giunta al 18%.
Decisamente inferiori gli investimenti in Italia (849 milioni) e Spagna (654), con quote ferme,
rispettivamente, al 9,6 e all’11,6%.
Tabella 7 - Investimenti pubblicitari su mezzi classici nei Big 5 europei, 2009
Mezzi
Germania
Mln. €
Regno Unito
Francia
Italia
Spagna
Quota % Mln. €* Quota % Mln. € Quota % Mln. € Quota % Mln. € Quota %
Stampa
6.245
44,4
4.941
35,3
3.750
35,0
2.389
27,0
1.645
29,3
Quotidiani
3.694
26,3
3.652
26,1
2.043
19,1
1.511
17,1
1.174
20,9
Periodici
2.551
18,1
1.289
9,2
1.707
15,9
878
9,9
471
8,4
Televisione
3.640
25,9
3.520
25,2
3.094
28,9
4.359
49,3
2.368
42,1
Radio
679
4,8
485
3,5
710
6,6
573
6,5
537
9,6
Esterna
738
5,2
878
6,3
1.127
10,5
618
7,0
401
7,1
Cinema
72
0,5
199
1,4
77
0,7
56
0,6
15
0,3
2.696
19,2
3.967
28,4
1.966
18,3
849
9,6
654
11,6
14.068
100
13.989
100
10.724
100
8.843
100
5.621
100
Internet
Totale
Note: dati in milioni di euro; supplementi e domenicali inclusi in Periodici; (*) tasso di cambio medio anno 2009
(1€=0,89094£), fonte Ufficio cambi Banca d’Italia. Fonte: elaborazioni IEM su dati WARC, IREP/France Pub, Infoadex,
ZAW, Nielsen, Assocomunicazione, IAB.
La crisi, e le fluttuazioni del cambio euro/sterlina, hanno permesso alla Germania di scalzare il
Regno Unito dalla leadership del mercato pubblicitario sui mezzi classici: il valore del mercato
tedesco è sceso a poco più di 14 miliardi di euro, circa 100 milioni in più del Regno Unito. Ciò si
deve, in particolare, alla tenuta della stampa tedesca, che mostra perdite decisamente inferiori:
Pubblicità
115
in due anni i quotidiani tedeschi hanno perso circa 1/5 dei propri ricavi pubblicitari, mentre
gli omologhi britannici ne hanno visto sfumare circa 1/3 (in maniera proporzionale, si può
aggiungere, con la diffusione del consumo di Internet nei due paesi).
Tabella 8 - Investimenti pubblicitari su mezzi classici in Francia, 2005-2009
2009
Televisione
Radio
3094
2008
3476
2007
3617
2006
3495
2005
3313
% 09-08
-11,0
% 09-05
-6,6
710
779
805
848
836
-8,9
-15,1
Quotidiani
2043
2527
2629
2636
2537
-19,2
-19,5
Periodici
1707
2071
2162
2236
2243
-17,6
-23,9
Esterna
1127
1265
1237
1221
1223
-10,9
-7,8
Cinema
77
75
89
82
78
2,7
-1,3
Internet
1966
1821
1537
729
382
8,0
414,7
10724
12014
12076
11247
10612
-10,7
1,1
Totale
Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazioni IEM su dati IREP/France Pub.
Crollo della stampa, ascesa di Internet e la sfida portata alla leadership televisiva, sono quindi i
principali movimenti che riguardano la competizione interna fra i c.d. mezzi classici (inserendo
nominalmente Internet fra di essi) in tutti i Paesi, pur senza sottovalutare elementi di rilevanza
come il ruolo della radio, la ricerca di una pianificazione efficiente per il cinema, e la rilevanza
dell’esterna alle prese con le mutazioni dell’arredo urbano.
Certo è che il peso raggiunto da Internet rimane un indicatore incontrovertibile della capacità
degli investitori pubblicitari di raccogliere le nuove sfide ed opportunità e, al contrario, della
vischiosità degli investimenti nei mercati sud-europei.
Tabella 9 - Investimenti pubblicitari su mezzi classici in Germania, 2005-2009
2009
Televisione
Radio
3640
2008
4036
2007
4156
2006
4114
2005
3930
% 09-08
-9,8
% 09-05
-7,4
679
720
743
681
664
-5,7
2,2
Quotidiani
3694
4373
4567
4533
4477
-15,5
-17,5
Periodici
2551
3077
3198
3162
3037
-17,1
-16,0
Esterna
738
805
820
787
769
-8,4
-4,1
Cinema
72
77
106
118
132
-6,5
-45,9
Internet
Totale
2696
2498
2093
1500
682
7,9
295,3
14068
15585
15684
14895
13691
-9,7
2,8
Note: dati in milioni di euro. Domenicali e supplementi inclusi in Periodici. Fonte: elaborazioni IEM su dati Zaw.
116
Pubblicità
Tabella 10 - Investimenti pubblicitari su mezzi classici in Regno Unito, 2005-2009
Televisione
Radio
2009
2008
2007
2006
2005
% 09-08
% 09-05
3520
3895
4014
3886
4058
-9,6
-13,3
485
548
586
575
595
-11,5
-18,5
Quotidiani
3652
4509
5247
5271
5507
-19,0
-33,7
Periodici
1289
1779
1974
2052
2122
-27,6
-39,3
Esterna
878
1054
1095
1217
1171
-16,7
-25,0
Cinema
199
229
231
211
211
-13,2
-5,9
Internet
3967
3703
3156
2263
1533
7,1
158,7
13989
15716
16304
15474
15196
-11,0
-7,9
Totale
Note: dati in milioni di euro. Cambio medio 2009: 1€ = 0,89094£. Fonte: elaborazioni IEM su dati Warc.
Figura 5 - Investimenti pubblicitari pro capite su mezzi classici (2005-2009)
2005
2006
2007
2008
2009
251,4
255,3
Regno Unito
268,3
257,9
228,9
166,1
180,7
Germania
190,3
189,2
170,9
175,0
184,8
Francia
189,5
187,5
167,4
166,6
180,9
Spagna
197,4
175,4
138,7
145,6
147,1
Italia
154,4
151,6
137,5
0,0
50,0
100,0
150,0
200,0
250,0
300,0
Note: dati in euro. Fonte: elaborazioni IEM su fonti tabelle precedeni e CIA World Factbook.
Pubblicità
117
Tabella 11 - Investimenti pubblicitari su mezzi classici in Spagna, 2005-2009
2009
Televisione
Radio
2368
2008
3082
2007
3469
2006
3188
2005
% 09-08
% 09-05
2951
-23,2
-19,8
537
642
678
637
610
-16,3
-11,9
1174
1508
1894
1791
1666
-22,1
-29,5
Periodici
471
721
855
811
794
-34,7
-40,7
Esterna
401
518
568
529
494
-22,6
-18,7
Cinema
15
21
38
41
43
-26,7
-64,1
Quotidiani
Internet
Totale
654
610
482
310
162
7,2
302,8
5621
7103
7985
7307
6721
-20,9
-16,4
Note: dati in milioni di euro. Domenicali inclusi in Periodici. Fonte: elaborazioni IEM su dati Infoadex.
Naturalmente, l’indicatore degli investimenti pro capite sui mezzi classici è in caduta in tutti i
Paesi per il 2009, con il Regno Unito - storicamente leader - a 229 euro annui (268 nel 2007),
Francia e Germania scese intorno ai 170, Italia e Spagna poco meno di 140, con la Spagna che
era cresciuta a ben 197 euro (seconda dopo il Regno Unito) nel 2007.
118
Pubblicità
Telecomunicazioni
fisse e banda larga
Musica registrata
119
Telecomunicazioni fisse e
banda larga
di Lorenzo Principali
1. Il mercato dei servizi di rete fissa e la banda larga
Nel mercato delle telecomunicazioni continuano ad accentuarsi le tendenze osservate negli
ultimi anni: insieme alla progressiva diminuzione del peso della fonia fissa e al parallelo
aumento dei servizi mobili, assumono un peso sempre più rilevante la diffusione della banda
larga (sia fissa che wireless), la conseguente riduzione del digital divide, sia territoriale sia
relativo alle competenze informatiche della popolazione, e le politiche relative alla creazione di
una rete di nuova generazione.
Anche le tlc fisse hanno risentito della crisi finanziaria, presentando volumi in decremento di
circa il 2,3% rispetto al 2008. Come rilevato anche negli anni precedenti è il segmento fisso a
presentare le performance meno positive (-3,3%), mentre si osserva la maggiore resistenza del
comparto mobile (-1,5%).
Tabella 1 - Il mercato delle Tlc in Italia
2009
2008
2007
2006
2005
∆ % 09-08
Cagr 09-05
Telefonia fissa
19.070
19.730
20.130
20.398
20.490
-3,35
-1,78%
Telefonia mobile
24.015
24.390
24.070
23.642
22.625
-1,54
1,50%
Totale Tlc
43.085
44.120
44.200
44.040
43.115
-2,35
-0,02%
Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting.
Rispetto ai servizi di rete (Tab. 2) si nota come il trend negativo del settore fisso nel quinquennio
2005-2009 si sia acuito nell’ultimo anno e come la crescita costante del comparto mobile nello
stesso 2009 non sia stata in grado di compensare il decremento del mercato servizi nel suo
complesso.
Tabella 2 - Mercato dei servizi di rete fissa e mobile, 2005 - 2009
2009
2008
2007
2006
2005
∆ % 09-08
Cagr 09-05
Fisso
15.390
15.770
16.070
16.310
16.545
-2,41
-1,79%
Mobile
18.825
18.760
18.510
18.040
17.170
0,35
2,33%
Totale
34.215
34.530
34.580
34.350
33.635
-0,91
0,43%
Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting.
I dati relativi all’ultimo quinquennio (fig.1) mostrano come il peso del mercato dei servizi di
rete fissa sul totale sia diminuito progressivamente, mentre si è registrata la parallela crescita
120
Telecomunicazioni fisse e banda larga
del segmento mobile, con una forbice nel 2009 vicina ai 3,5 miliardi di euro annui.
Figura 1 - Mercato dei servizi di rete fissa e mobile, 2005 - 2009
20.000
15.390
18.760
18.510
16.070
16.310
15.000
16.465
16.000
15.770
17.170
17.000
18.040
18.000
18.825
19.000
14.000
2005
2006
2007
2008
2009
Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting.
Nel dettaglio (Tab.3), l’andamento negativo dei servizi di rete fissa è dovuto a tre fattori: in primis
il crollo del mercato della fonia classica (-7,3% sul 2008 e quasi -6% medio annuo nell’ultimo
quinquennio), che deriva dalla progressiva affermazione delle tariffe flat; in secondo luogo
il repentino calo dei prezzi, frutto di una crescente concorrenza fra gli operatori, e infine il
prevedibile rallentamento della crescita degli abbonamenti di accesso ad Internet a banda larga
che, sebbene in costante aumento (+4,5% sul 2008), non sono riusciti a compensare il calo della
fonia fissa mostrando percentuali di crescita decisamente inferiori al tasso medio dell’ultimo
quinquennio (7,9% tra il 2005 e il 2009).
Inoltre, se da un lato il mercato della trasmissione dati appare in crisi, attestato ora a quota 1,1
mld di euro (-5% sul 2008, valore in linea con il calo medio annuo registrato nel quinquennio),
dall’altro prosegue la crescita dei servizi a valore aggiunto, che anzi vedono un incremento
anno su anno dal 3% al 4,8%, dovuto preminentemente ai clienti business.
Tabella 3 - Mercato dei servizi tlc di rete fissa, 2005-2009
2009
2008
2007
2006
2005
∆ % 09-08
Cagr 09-05
Fonia
7.780
8.390
9.010
9.490
9.950
-7,27
-5,97%
VAS*
3.270
3.120
3.030
2.920
2.745
4,81
4,47%
Accessi Internet
3.240
3.100
2.780
2.570
2.390
4,52
7,90%
Trasmissione dati
Totale
1.100
1.160
1.250
1.330
1.380
-5,17
-5,51%
15.390
15.770
16.070
16.310
16.645
-2,41
-1,94%
Note: dati in milioni di euro; (*) includono servizi di infotainment, di personalizzazione, giochi e servizi di
comunicazione. Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting.
Analizzando i servizi voce di rete fissa per direttrice (Tab. 4) si nota distintamente il calo
generalizzato della fonia vocale, peraltro con picchi di decremento molto importanti: oltre
al crollo delle connessioni ad Internet in modalità dial up, progressivamente sostituite dalle
connessioni a banda larga, diminuiscono di quasi 1/5 le chiamate internazionali, probabilmente
per l’abbattimento delle tariffe determinato dal roaming e per via della diffusione dell’uso di
servizi di VoIp presso l’utenza connessa in banda larga. Diminuiscono in modo consistente
anche le chiamate da fisso a mobile, il cui andamento quinquennale mostra la progressiva
Telecomunicazioni fisse e banda larga
121
evoluzione nelle modalità di consumo da parte degli utenti, sempre più attenti all’utilizzo delle
tariffe più convenienti e quindi al matching tra il punto di accesso e il punto di destinazione
della chiamata (fisso-verso-fisso e mobile-verso-mobile).
Tabella 4 - Traffico dei servizi voce di rete fissa per direttrice, 2005-2009
2009
2008
2007
2006
2005
∆ % 09- 08
Cagr 09-05
Locale
48,0
50,0
52,0
54,3
52,3
-4,08
-2,14%
Nazionale
30,7
30,5
29,5
27,0
40,2
0,72
-6,52%
Fisso-mobile
13,4
14,9
15,8
16,8
20,1
-10,33
-9,69%
Internet dial-up
7,8
12,0
17,4
31,9
n.d.
-34,72
-
Internazionale
3,8
4,7
4,7
5,1
3,6
-19,11
1,43%
103,7
112,1
119,4
135,1
116,2
-7,52
-2,81%
Totale
Note: dati in miliardi di minuti. Fonte: elaborazione Iem su dati Agcom.
Osservando nel dettaglio la diffusione della banda larga presso la popolazione (fig. 2) si nota
come, dopo anni di crescita in doppia cifra, il numero di accessi tenda a stabilizzarsi, essendo
passato dal +44,6% del 2006 al +10,9% del 2008. Ciononostante, nel 2009 le linee sono cresciute
del 9,8%, attestandosi a quota 12,3 milioni e mostrando una tenuta migliore rispetto a quanto
preventivabile osservando il trend 2005-2009.
Figura 2 - Accessi a banda larga in Italia su rete fissa, 2005 - 2010
14
Milioni di accessi
12
50%
Variaz %
44,6%
12,3
11,2
45%
40%
10,1
10
35%
8,5
30%
8
6,8
25%
25,0%
6
20%
4,7
18,8%
4
15%
10,9%
2
10%
9,8%
0
5%
0%
gen-05
gen-06
gen-07
gen-08
gen-09
gen-10
Fonte: elaborazione Iem su dati Agcom.
Nel considerare questa buona performance, tuttavia, occorre sottolineare che la quota abbonati
broadband in Italia e il relativo tasso di crescita non risultano soddisfacenti se comparati a
quelli degli altri Paesi europei1.
Il dato relativo alla penetrazione del broadband nelle famiglie italiane presenta valori piuttosto
diversi a seconda delle fonti analizzate (tab. 4): se per l’Autorithy la banda larga ha raggiunto
quota 43% delle famiglie (+2,7% sul 2008), inferiori risultano le percentuali fornite da Between
1
122
Cfr. paragrafo 3.
Telecomunicazioni fisse e banda larga
(39%)2 e soprattutto dall’Istat (34,5%)3. Relativamente alle ultime due fonti, tali discrepanze
sono dovute sia a diverse metodologie di campionamento (la prima utilizza un campione di
4mila famiglie, la seconda un campione di 19mila), sia alle diverse tempistiche di rilevazione
(giugno 2010 contro febbraio 2009) sia alla rilevazione o meno delle connessioni tramite
dispositivi mobili (Between le stima in circa un milione e mezzo di unità separandole dalle
connessioni di rete fissa, mentre Agcom sembra non darne conto).
Tabella 5 - Confronto dei dati di penetrazione del broadband su rete fissa nelle famiglie italiane
Penetrazione Broadband nelle famiglie italiane
Fonte
2009
2008
Agcom
43
40,3
Between
39
36
34,5
27,6
Istat
Elaborazioni Iem su fonti varie.
Per ovviare alle discrepanze derivanti dal calcolo delle famiglie, in sede europea si utilizza
il dato relativo alla penetrazione rispetto a singoli abitanti, sebbene tale metodologia
sovrastimi il ritardo italiano rispetto agli altri paesi europei per via della presenza di una
maggiore percentuale di individui over 65 rispetto al totale della popolazione. Al netto di tali
considerazioni, in termini di penetrazione rispetto ai singoli abitanti, il broadband italiano
presenta ad aprile 2010 una diffusione pari al 20,6% della popolazione (tab. 6), distante dai
valori raggiunti dagli altri grandi Paesi europei e soprattutto da quelli scandinavi4.
Tabella 6 - Confronto dei dati di penetrazione del broadband su rete fissa nelle famiglie italiane
Anno
Penetrazione (%)
Accessi broadband
(in milioni)
Popolazione (n. abitanti)
gen-06
11,6
6,8
58.751.711
gen-07
14,4
8,5
59.131.287
gen-08
17,0
10,1
59.619.290
gen-09
18,7
11,2
60.045.068
gen-10
20,4
12,3
60.340.328
apr-10
20,6
12,5
60.418.559
Fonte: elaborazioni Iem su dati Agcom (accessi broadband ) e Istat (individui residenti in Italia).
Anche dall’analisi delle altre variabili connesse allo sviluppo della banda larga, cioè la diffusione
di Internet e del pc presso la popolazione, emergono risultati diversi a seconda delle fonti
considerate: Between stima una crescita di Internet e pc ad un tasso rispettivamente di 1 e 2
punti percentuali annui, valori che rischierebbero seriamente di determinare la saturazione
del mercato broadband allorché questo raggiungerà la totalità della popolazione alfabetizzata
digitalmente (ovvero dotata di almeno un pc).
Più incoraggianti i dati Istat, che rivelerebbero un sensibile incremento di tutte le componenti,
addirittura superiore alle attese derivanti dai trend degli anni passati: la diffusione del pc, dopo
aver toccato il tasso di crescita minimo nel 2008 (+2,3%), tornerebbe a salire di oltre il 4%; allo
stesso modo, la diffusione di Internet risulterebbe in aumento di oltre 5 punti, alimentando
così la massa critica per la penetrazione del broadband, in crescita di quasi 7 punti rispetto ai
5 del 20085.
2
Rapporto Between “La domanda di connettività e servizi a Banda Larga nelle famiglie italiane”, giugno
2010.
3
Rapporto Istat “Cittadini e nuove tecnologie”, dicembre 2009.
4
Cfr. paragrafo 3.
5
La categoria “connessione ad Internet” comprende sia le connessioni in banda larga che quelle in banda
stretta e in modalità dial up. Al momento, tuttavia, non esiste né in Italia né in Europa una soglia determinata e
unanimemente riconosciuta della capacità di trasmissione dati sopra la quale una connessione possa essere definita
“a banda larga”. In sede europea, nella Raccomandazione della Commissione relativa ai mercati rilevanti di prodotti
e servizi del settore delle comunicazioni elettroniche suscettibili di una regolamentazione ex ante ai sensi della direttiva 2002/21/CE si afferma che “i servizi Internet ad ampiezza di banda superiore o a banda larga si distinguono per
Telecomunicazioni fisse e banda larga
123
Tabella 7 - Famiglie dotate di pc, internet e broadband (%)
Fonte
Tecnologia
Istat
Between
2009
2008
2007
2006
Bb
34,5
27,6
22,6
11,6
Internet
47,3
42
38,8
34,5
Pc
54,3
50,2
47,8
43,9
Bb
39
36
32
25
Internet
42
42
40
39
Pc
52
50
48
46
Elaborazioni Iem su fonti varie.
Anche orientandosi verso la prospettiva più positiva, dal confronto (fig. 3) tra l’utilizzo frequente
di Internet e l’analfabetismo informatico (individui che non hanno mai utilizzato un pc), se da
un lato si osserva la progressiva diffusione delle competenze digitali presso la popolazione
(oltre il 40% degli italiani si connette al web almeno una volta a settimana), dall’altro si nota
chiaramente come la percentuale di “esclusi” dalla e-society appaia decisamente ancora troppo
elevata.
Figura 3 - Utilizzo di internet e pc in Italia, 2006 - 2009 (%)
60
54
49
50
45
40
31
34
42
43
37
30
20
10
0
2006
2007
2008
2009
individui che si connettono ad internet almeno 1 volta a settimana
individui che non utilizzano mai il pc
Fonte: elaborazione Iem su dati Eurostat.
A livello territoriale, Between ed Epitiro stimano una copertura di rete fissa della popolazione
italiana pari al 96%, che tocca il 99% nelle aree urbane (zone con più di 500 abitanti per km2 )
scendendo sotto l’85% nelle aree rurali (meno di 100 ab. per km2). La copertura complessiva
scende al 92% considerando gli abitanti che, oltre ad essere attestati nel raggio di una centrale
telefonica abilitata al servizio, non hanno nessun impedimento tecnico aggiuntivo6. Un valore
ancora inferiore, pari all’87% della popolazione, emerge escludendo le utenze collegate a linee
eccessivamente distanti dalle centrali, connesse ad apparati obsoleti o a centrali telefoniche che
consentire una capacità digitale in entrata per gli utenti finali superiore a 128 kbit/s.”, ragione per la quale si tende
a definire banda larga tutte le connessioni con capacità superiore a questa soglia, propria dell’ISDN. Tuttavia, considerando che il valore appare, alla luce dei rapidi aggiornamenti tecnologici, estremamente basso, la nuova soglia
potrebbe essere desumibile dall’Agenda digitale, che ha fissato l’obiettivo di coprire tutta la popolazione entro il 2013
considerando come banda larga di base una capacità di connessione ≥2Mb/s (cfr. IP/10/581, 19 maggio 2010).
6
Rapporto Broadband Quality Index, Between e Epitiro, gennaio 2010.
124
Telecomunicazioni fisse e banda larga
non forniscono servizi con banda nominale superiore ai 2 Mbps. I comuni la cui popolazione
è coperta oltre il 95% sono 6500, mentre 750 presentano valori tra il 95% e il 5%. Circa 850
comuni, infine, restano in condizioni di digital divide (meno del 5% dei propri abitanti sono
raggiunti dal broadband).
Tabella 8 - Copertura lorda del broadband rispetto alla popolazione (in % per aree di residenza)
Copertura lorda (% popolazione)
In aree urbane*
In aree suburbane*
In aree rurali*
96%
99%
95%
85%
Note: * aree urbane: > 500 ab. per km2; aree suburbane: 100-500 ab./km2; aree rurali: <100 ab./km2. Fonte:
elaborazione Iem su dati Between - Epitiro (gennaio 2010).
Tabella 9 - Copertura lorda del broadband rispetto alla popolazione (in % per comuni di
residenza)
Copertura lorda (% popolazione)
Copertura >95%
Copertura tra il 6 e il 95%
Copertura <5%
Comuni coperti
6500
750
850
Fonte: elaborazione Iem su dati Between - Epitiro (gennaio 2010).
Per ciò che concerne i tassi di adozione del broadband a livello regionale, l’Agcom stima una
penetrazione che presenta valori ancora piuttosto diversi da caso a caso: Lazio, Campania e
Lombardia vantano le migliori performance, vicine al 50% delle famiglie, mentre in Calabria e
Basilicata gli abbonamenti a banda larga sono stati sottoscritti da meno di una famiglia su tre.
Il Molise resta il fanalino di coda, con una percentuale di diffusione che supera di poco una
famiglia su quattro.
Tabella 10 - Diffusione degli accessi a larga banda (marzo 2010, in % delle famiglie)
Piemonte
39,9
Molise
26,7
Valle d’Aosta
36,5
Campania
48,3
Lombardia
47,7
Puglia
39,7
Trentino-Alto Adige
36,9
Basilicata
31,8
Veneto
39,9
Calabria
31,6
Friuli-Venezia Giulia
39,4
Sicilia
40,4
Liguria
42,8
Sardegna
39,6
Emilia-Romagna
41,9
ITALIA
Toscana
42,4
Principali Comuni
54,6
Umbria
36,5
Nord Ovest
44,9
Marche
42,2
Nord Est
40,4
Lazio
51,5
Centro
46,3
Abruzzo
37,0
Sud e Isole
40,7
43
Fonte: Agcom.
Anche per quanto concerne la capacità di banda, le velocità medie delle linee attive risultano
ancora poco performanti: quasi il 23% viaggia sotto i due Megabit al secondo, mentre gli
abbonamenti ad alta velocità (sopra i 10 Mb/s nominali7) non raggiungono il 7% delle
connessioni totali. Sebbene gli operatori alternativi all’incumbent mostrino percentuali migliori
rispetto alle connessione “base” (solo 13% di abbonamenti sotto i 2 Mb/s) i loro valori relativi
alle connessioni ad alta capacità appaiono decisamente modesti (sotto il 3%).
7
I dati forniti dall’Agcom si riferiscono alle capacità di banda dichiarate dagli operatori. Poiché queste sono
apparse in molti casi inferiori alle capacità effettive, la stessa Autorità ha realizzato, d’intesa con la Fondazione Ugo
Bordoni e l’Istituto superiore delle comunicazioni (Iscti), un software certificato, distribuito gratuitamente tramite il
web per permettere alla popolazione abbonata di verificare l’effettiva velocità di connessione offerta dagli operatori.
Inoltre, grazie alla sinergia con supermoney.eu, gli utenti potranno confrontare i prezzi delle offerte Adsl sul mercato tramite un benchmark fissato per profilo e area geografica. Nel caso gli utenti verifichino con questi strumenti
l’inadeguatezza delle offerte ADSL rispetto alle promesse, potranno esercitare il diritto di recesso giacché i risultati
ottenuti attraverso il software certificato avranno valore legale.
Telecomunicazioni fisse e banda larga
125
Figura 4 - La capacità delle linee broadband in Italia, 2009
100%
2,9
7,7
5,8
69,5
71
22,8
23,2
Accessi totali
Linee Dsl
90%
80%
70%
60%
83,7
50%
40%
30%
20%
10%
13,4
0%
≥ 10 Mbps
Nuovi entranti
≥ 2 Mbps and <10 Mbps
≥ 144 Kbps and < 2 Mbps
Fonte: elaborazione Iem su dati Agcom
2. Gli operatori, gli investimenti e l’ultra broadband
Anche nel 2009 è diminuita la quota di mercato detenuta dall’incumbent, seppur con valori
diversi a seconda dei comparti considerati. Il valore minimo si registra nelle quote di mercato
della telefonia vocale fissa (rete commutata e a banda larga) dove Telecom Italia è sceso sotto
il 55% (con punte del 54,6% per quanto riguarda il segmento residenziale). Gli operatori che
si avvantaggiano maggiormente di tale riduzione sono Fastweb, Wind e Vodafone: il primo è
giunto a detenere il 16,5% del settore (+12% rispetto al 2008) mentre Wind ha rafforzato la
propria terza posizione toccando quota 8,4%. Vodafone, con una crescita anno su anno di oltre
il 12%, si è avvicinato a British Telecom: quest’ultimo, specializzato nella clientela affari, detiene
presso questa tipologia di utenza il 13% del mercato, valore che lo rende il terzo operatore
assoluto nel segmento business ed il quarto sul mercato totale, con il 6,4%.
Tabella 11 - Quote di mercato nella telefonia vocale fissa (in volume %), 2005 - 2008
2009
2008
2007
2006
2005
∆ % 09-08
Cagr 09-05
Telecom Italia
54,9
57,3
59,6
59,6
63,9
-4,19
-3,72%
Fastweb
16,5
14,7
12,3
9,5
5,8
12,24
29,87%
Wind
8,4
7,7
7,4
9,4
9,2
9,09
-2,25%
BT Italia
6,4
6,7
6,9
6,7
6,1
-4,48
1,21%
Vodafone Italia
6,2
5,5
5,8
5,9
6,3
12,73
-0,40%
Tiscali
2,8
3
2,6
2
1,1
-6,67
26,31%
Altri
4,7
5,2
5,4
6,9
7,6
-9,62
-11,32%
Totale
100
100
100
100
100
-
-
Fonte: elaborazione IEM su dati Agcom.
Il valore totale del mercato della telefonia fissa è sceso a 8,16 miliardi di euro (-300 milioni
di euro rispetto al 2008), riduzione dovuta interamente al comparto business e che il settore
126
Telecomunicazioni fisse e banda larga
residenziale non è stato in grado di colmare, pur passando da 4,14 a 4,16 miliardi di euro annui.
Più alta è la quota di Telecom Italia se si fa riferimento al dato complessivo della spesa di
famiglie e imprese in servizi tlc su rete fissa, attestata nel 2009 al 64,1%, in calo di 2 punti
sull’anno precedente. Nell’intero settore, che passa da 16,6 a 16,2 miliardi di euro annuali, sono
Fastweb, Wind e Vodafone a guadagnare terreno: il primo fa registrare la migliore performance
annuale guadagnando l’1,5% e si avvicina al 10% complessivo; Wind si porta al 7,7% mentre
Vodafone guadagna terreno su British Telecom, che pure cresce dello 0,1% nel proprio comparto
di riferimento. Nel segmento business la concorrenza degli Olo appare complessivamente più
agguerrita, come mostra la discesa dell’incumbent dal 63,7 al 61,5%: Fastweb si afferma quale
secondo operatore, scavalcando la stessa BT (11,7% contro 11,6%).
Tabella 12 - Spesa finale degli utenti per operatore (%)
Spesa utenti
Telecom Italia
di cui residenziali
di cui affari
2009
2008
2009
2008
2009
2008
64,1
66,1
66,7
68,8
61,5
63,6
Fastweb
9,9
8,4
8,1
7,1
11,7
9,6
Wind
7,7
7,0
12,4
11,2
3,2
3,1
BT Italia
5,8
6,0
0
0
11,6
11,5
Vodafone Italia
4,3
3,4
7,7
6,4
0,8
0,6
Tiscali
1,8
1,7
3,3
2,8
0,5
0,6
Altri
7,3
6,5
3,2
2,3
11,1
10,6
Totale %
Totale (miliardi di euro)
100
100
100
100
100
100
16,66
16,2
7,96
8,05
8,7
8,15
Fonte: Agcom.
È nel mercato della banda larga, tuttavia, che la competizione raggiunge il livello più alto:
rispetto al giro d’affari complessivo, che nel 2009 è arrivato a 3,94 miliardi di euro (+7,7%
sull’anno precedente), la quota di Telecom scende al 45,6% dei ricavi broadband. Wind
guadagna oltre 1 punto avvicinandosi al 10% complessivo mentre Vodafone, cresciuta di
quasi 2 punti percentuali, supera British Telecom (-0,4%) e Tiscali (-0,2%). Fastweb rafforza
la propria seconda posizione: oltre a raggiungere il proprio apice tra i clienti business (32,3%),
riduce il proprio distacco da Telecom di quasi 7 punti nel solo 2009 e si attesta a quota 28,4%
del mercato broadband.
Tabella 13 - Ricavi da servizi finali su rete a larga banda (%)
Totale
2009
di cui residenziali
2008
2009
di cui affari
2008
2009
2008
Telecom Italia
45,6
48,3
42,6
43,5
48,7
52,6
Fastweb
28,4
27,8
24,7
25,6
32,3
29,8
9,8
8,7
15,5
14,1
3,8
3,8
Wind
Vodafone Italia
4,7
2,8
6,9
5
2,3
0,8
Tiscali
4,6
4,8
7,7
9,1
1,2
0,9
BT Italia
3,4
3,8
0
0
6,9
7,2
Altri
3,6
3,8
2,5
2,6
4,7
4,8
Totale
100
100
100
100
100
100
3,94
3,68
2,02
1,76
1,92
1,92
Totale (miliardi di euro)
Fonte: Agcom
Anche nell’analisi degli accessi fisici alla rete decresce sensibilmente la quota di mercato di
Telecom Italia, scesa in appena 15 mesi di oltre 5 punti percentuali e attestata ora al 73,5% del
mercato. Per converso si osserva il progressivo avanzamento degli Olo che, in poco più di un
anno, hanno fatto registrare un incremento di oltre 1 milione di unità, avvicinandosi a quota
Telecomunicazioni fisse e banda larga
127
6 milioni. Si rilevano inoltre la crescita degli accessi in full unbundling, aumentati di oltre 700
mila unità, e il decremento degli accessi complessivi (totale linee incluse quelle telefoniche), a
riprova del progressivo spostamento dell’utenza verso l’utilizzo di connessioni mobili.
Tabella 14 - Accessi fisici alla rete fissa (in migliaia)
Dic 08
Dic 09
Mar 10
17.372
16.116
15.931
Accessi OLO
4.667
5.583
5.730
Full Unbundling
Accessi Telecom Italia
3.664
4.273
4.366
Virtual ULL
183
102
97
Fibra
248
269
271
DSL Naked
Accessi Complessivi
Quota Telecom Italia (%)
572
939
996
22.039
21.699
21.661
78,8
74,3
73,5
Fonte: Agcom.
Per ciò che concerne gli investimenti in immobilizzazioni, il comparto di rete fissa ha registrato
un sensibile incremento, in netta controtendenza rispetto al mercato mobile e all’intera
economia italiana: Telecom mantiene il primato in termini assoluti, facendo segnare un
aumento dell’1,8% rispetto al 2008, ma in termini percentuali crescono in misura maggiore gli
altri operatori, i cui volumi sono aumentati di oltre il 12%, avvicinandosi complessivamente a
quota 1,5 mld di euro.
Tabella 15 - Investimenti in immobilizzazioni, 2005 - 2009
Incumbent
OLO
totale rete
fissa
% OLO su
totale
Incremento
Incumbent YoY
Incremento % OLO
YoY
2009
2.356
1.435
3.791
37,9
1,82
12,11
2008
2.314
1.280
3.594
35,6
-11,91
13,78
2007
2.627
1.125
3.752
30,0
14,17
-12,66
2006
2.301
1.288
3.589
35,9
-1,58
3,29
2005
2.338
1.247
3.585
34,8
-
-
Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione IEM su dati Agcom.
Parte di tali investimenti viene destinata dagli operatori agli esperimenti nella ultrabroadband
o “banda larghissima”: Telecom, dopo aver concluso le sperimentazioni del programma
Alicefibra a Milano (50 Mb/s), ha iniziato a maggio quelle della banda a 100 Mb/s su circa un
migliaio di utenze nella città di Roma, mentre Fastweb, lo scorso 6 settembre, ha lanciato la
connessione “Fibra100” nella stessa capitale e nelle maggiori città italiane8.
L’ultrabroadband si distingue dal basic broadband e dall’extended broadband per via della
maggiore capacità di trasmissione dati, che va dai 30 ai 100 Mb/s, per la qualità del servizio e la
simmetria nel trasferimento dati (in upload e download), oltre che per l’utilizzo preminente di
infrastrutture in fibra ottica (anche se sono possibili collegamenti wireless)9. Giova ricordare
che, mentre con la definizione basic broadband si intende una capacità di connessione
di 2 Mb/s asimmetrica (la capacità di download è maggiore di quelle di upload) basata sui
8
Il piano di Telecom, partito dal quartiere Prati di Roma, prevede di estendere la copertura a 100Mb/s a
circa 80mila abitazioni della capitale entro la fine del 2010 e 350mila abitazione entro l’anno solare 2012, secondo le
norme introdotte dal nuovo Regolamento Scavi del Comune di Roma (Del. 105 del 23/11/09). A livello nazionale,
il progetto prevede di raggiungere 1.300.000 utenti dislocati in 13 città entro il 2012 e 10 milioni di clienti entro il
2016. Nel corso dell’audizione presso l’Agcom, l’ a.d. di Telecom Bernabè ha ufficialmente chiesto l’autorizzazione a
procedere per lanciare, entro la fine del 2010, la propria offerta a 100 Mb/s a Roma, Milano, Catania, Bari, Venezia
e Torino, con una copertura complessiva di circa 520 mila abitazioni. L’offerta di Fastweb fornisce agli utenti la capacità di 100 Mb/s in download e 10Mb/s in upload ed è disponibile nelle abitazioni già raggiunte dalla fibra ottica
delle città di Roma, Genova, Torino, Bologna, Napoli e Bari. Il costo varia tra i 10 e i 15 euro extra rispetto al normale
abbonamento broadband a seconda del tipo di abbonamento di base.
9
Elaborazioni da F. Ananasso, Broadband Summit – Roma, 31 Marzo 2010
128
Telecomunicazioni fisse e banda larga
collegamenti in rame o wireless e sul principio del best effort (non è garantita la qualità del
servizio), utile per veicolare servizi quali government, banking, l’ e-learning e health di base,
l’extended broadband include collegamenti tra i 7 e i 20 Mb/s dei quali né simmetria né velocità
sono sempre garantite ma che permettono tutte le operazioni di file transfer (audio, video e una
discreta capacità di trasmissione del segnale televisivo) proprie del web 2.0.
In Italia la copertura in fibra ottica è ancora relativamente limitata a livello territoriale e
concentrata nei grandi centri abitati, fattore che determina percentuali di copertura della
popolazione relativamente elevate e un discreto numero di abbonati per questa tecnologia
(soprattutto se comparati a quelli degli altri Paesi, cfr. Tab. 17).
Allo stesso tempo sono nate moltissime iniziative per la creazione di reti in fibra ottica a livello
locale sia regionale (Emilia, Friuli, Piemonte, Sardegna e Sicilia) sia provinciale o comunale
(Modena, Bologna, Imola, Forlì, Cesena, Rimini, Riccione, Ravenna, Ferrara, Parma, Piacenza,
Reggio Emilia, Genova, Milano), che si dispiegano per un totale di oltre 18.600 Km, cui vanno
aggiunti il Piano Banda Ultra Larga della Regione Lombardia (che mira a connettere 167
Comuni esclusa Milano), il piano UniCasNet (collegamento di 5 sedi Università di Cassino),
il Piano sviluppo regionale NGN Valle d’Aosta, le connessioni in banda ultra larga dei distretti
industriali della Provincia di Lucca e la Rete Cittadina Mantova (TEANET).
Tabella 16 - Reti locali in fibra ottica, 2009
Regione
Gestore
LEPIDA
Infrastruttura
(km)
Note
3000
Rete regionale (prevalentemente per la P.A)
2000
Province di Modena, Bologna, Imola, Forlì,
Cesena,Rimini, Riccione, Ravenna e Ferrara
850
Province di Parma, Piacenza, e Reggio Emilia
DELTA WEB
250
Ferrara e provincia
FRIULI VENEZIA
G. INSIEL (ex
MERCURIO)
1200
LIGURIA
SASTERNET
250
METROWEB
2255
ACANTHO
EMILIA ROMAGNA (HERA)
BT ENIA TEL
LOMBARDIA
ABM ICT
AEMCOM
Progetto “WI-PIE”
PIEMONTE
Rete regionale
Comune di Genova
Reti MAN e di quartiere (provincia di Milano)
Reti di lunga distanza
400
Bergamo e provincia
235
Cremona (città e hinterland)
1670
Zone a rischio di esclusione digitale
Progetto Patti
Territoriali
430
Provincia di Torino
AEMnet
140
Torino
SARDEGNA
RETE TELEMATICA REGIONALE
1190
Rete per connettere varie sedi delle PP.AA.
SICILIA
SICILIA
e-INNOVAZIONE
3100
Rete regionale e capoluoghi
TOSCANA
TERRE CABLATE
650
Siena e provincia
NETSPRING
100
Grosseto e provincia (P.A.)
TRENTINO ALTO
ADIGE
TRENTINO
NETWORK
800
Trento e provincia
VENETO
AGSM
150
Verona
Fonte: Isbul.
Tuttavia, proprio il carattere locale di queste iniziative rende difficile un coordinamento
centralizzato della cablatura del territorio, necessario sia per ottimizzare gli interventi che per
assegnare le risorse alle aree disagiate. Per colmare questo gap, alla luce dei risultati emersi
dal programma Isbul10, l’Agcom appare intenzionato a creare un benchmark delle iniziative
10
Il programma di ricerca Isbul (Infrastrutture e servizi a banda larga e ultralarga), avviato a dicembre 2008
Telecomunicazioni fisse e banda larga
129
territoriali legate all’Ultrabroadband, per avviare un processo di “Inventory Mapping” (IMAP)
finalizzato a conoscere dettagliatamente la dislocazione delle reti di accesso in fibra ottica
e a porre le basi per la realizzazione, da parte degli Enti competenti, di un Registro delle
Infrastrutture di Nuova Generazione (RING).
Nella cablatura del territorio in fibra ottica l’Italia gode di una posizione di relativo vantaggio
rispetto agli altri Paesi europei sia per quanto concerne la popolazione raggiunta che per il
numero di abbonati: relativamente a questa categoria, l’operatore Fastweb è tra i primi tre
player in Europa e tra i primi 10 nel mondo.
Tabella 17 - La diffusione delle reti in fibra ottica in Europa: top ten European countries
Paese
Abbonati
giugno
2009
Abbonati
dicembre
2008
Abitazioni
coperte
giugno 2009
Abitazioni
coperte
dicembre 2008
Rapporto
abitazioni
coperte/n.
abbonati
% crescita
dicembre 2008
- giugno 2009
Russia
724.000
630.000
7.500.000
6.300.000
9,7
14,92
Svezia
478.900
401.310
1.000.000
910.000
47,9
19,33
Italia
324.500
305.980
2.133.000
2.110.200
15,2
6,05
Francia
252.900
182.660
5.389.000
4.455.200
4,7
38,45
Norvegia
204.550
180.070
332.000
274.500
61,6
13,59
Olanda
174.500
166.170
455.500
385.500
38,3
5,01
Danimarca
143.700
90.190
629.000
622.000
22,8
59,33
Germania
66.000
60.590
418.000
281.800
15,8
8,93
Slovenia
62.000
50.000
370.000
282.000
16,8
24,00
Spagna
33.000
29.000
258.000
298.000
12,8
13,79
Fonte: elaborazione Iem su dati Agcom (centro studi e ricerche), ISBUL, Beeline e Idate.
Anche per ciò che concerne la correlazione tra home passed (abitazioni connesse in
ultrabroadband) e abbonati effettivi, l’Italia mostra percentuali superiori rispetto agli altri
grandi paesi d’Europa (15,2%), esclusa la Germania (15,8%) che però vanta un numero di
connessioni assolute molto inferiore (66mila contro 320mila). Allo stesso tempo, però, la
quota di abbonati italiani in fibra non è cresciuta sensibilmente negli ultimi anni (+6% rispetto
al 2008 ma in valore assoluto di appena 19mila unità), mentre il piano per la creazione di una
rete di nuova generazione, tra strappi, frenate e improvvise accelerazioni, non è ancora stato
definito.
Dal punto di vista normativo, il Comitato tecnico Ngn Italia ha approvato le linee guida del
modello infrastrutturale per la rete in fibra ottica. In tale contesto si è acceso il dibattito tra
Olo e Incumbent: i primi prediligono la tecnologia P2P (point-to-point), a loro avviso più
efficiente per stimolare la concorrenza nell’unbundling della fibra ottica e nel settore dei servizi,
direzione verso cui sembra tendere anche l’Unione Europea alla luce della Raccomandazione
della Commissione relativa all’accesso regolamentato alle reti di accesso di nuova generazione
(NGA)11. Questa pone l’accento sulla capacità delle reti FTTH di allargare la competizione
anche a livello dei servizi, sul limite alla deregulation, sulla necessità di operare investimenti
a segmentazione geografica solo dopo attente analisi di mercato e sull’obbligo di orientare il
bitstream al costo. La visione di Telecom, che preferisce la tecnologia GPON12, si ispira invece
e concluso a maggio 2010, è stato lanciato dall’Agcom e gestito dalla Direzione studi, ricerca e formazione della
stessa Autorità in collaborazione con alcuni dei principali Atenei italiani. Suddiviso in tre macro aree, ha analizzato la possibilità di realizzare una rete NGN in Italia sia dal punto di vista tecnico-infrastrutturale che da quello
economico-regolatorio e giuridico-normativo, elaborando puntuali modellizzazioni dei costi e delle prestazioni
delle soluzioni tecnologiche impiegabili, della sostenibilità dei modelli di business degli stakeholder, dell’impatto
competitivo e delle conseguenze per la regolamentazione che la realizzazione di una tale infrastruttura comporterebbe, fornendo inoltre stime e proiezioni dell’impatto macroeconomico degli investimenti e degli effetti delle
politiche pubbliche in materia di NGN.
11
Raccomandazione della Commissione europea del 20/09/2010.
12
La tipologia di rete GPON (Gigabit PON) può essere “applicata sia ad architetture di tipo FTTH (Fiber
To The Home), nelle quali la singola ONT [la singola terminazione di rete] è dedicata al singolo cliente, sia ad
130
Telecomunicazioni fisse e banda larga
ai principi su cui si sono basate le recenti decisioni regolamentari di Francia, Spagna e Regno
Unito e considera sia la fase di coesistenza tra la rete in rame e quella in fibra, sia quella in cui la
prima verrà progressivamente disattivata per essere sostituita dalla rete di nuova generazione.
L’incumbent propone di adottare soluzioni diverse a seconda della differente domanda che
si registrerà nelle diverse aree del Paese suggerendo che, stante l’obbligo di accesso alle reti
per tutti gli operatori, qualora non dovesse essere possibile il coinvestimento di più soggetti
in determinate aree, la rete dovrebbe essere aperta ai concorrenti a prezzi regolamentati
dall’Agcom ma non necessariamente correlati ai costi. Secondo l’incumbent un tale meccanismo,
in cui il prezzo per il wholesale venisse agganciato non solo ai costi operativi ma anche al
rischio di impresa, preserverebbe la concorrenza rendendo allo stesso tempo remunerativi gli
investimenti.
L’Agcom prevede di pubblicare le regole per l’NGN entro dicembre 2010. Il documento in
preparazione sarà sottoposto a consultazione pubblica per poi approdare sul tavolo della
Commissione Ue.
Nel frattempo al c.d. Tavolo Romani è stato trovato l’accordo tra gli operatori sulle architetture
di rete: il modello infrastrutturale di base prevede la realizzazione di un cavidotto in cui
far transitare le fibre che permetterà l’utilizzazione sia della tecnologia Gpon (preferita da
Telecom Italia) sia di quella point-to-point (su cui invece sono orientati gli Olo), assicurando
la massima armonizzazione con le infrastrutture esistenti. La nuova rete dovrebbe essere
sviluppata congiuntamente dagli operatori insieme al Governo e agli Enti locali. Per
armonizzare le operazioni, il Dipartimento Comunicazioni del MiSE ha avviato un censimento
delle infrastrutture in fibra ottica presenti nel Paese e dei relativi piani di investimento per lo
sviluppo delle stesse nei prossimi tre anni, allo scopo di identificare le aree oggetto di intervento
e sviluppare le reti di nuova generazione sul territorio nazionale13.
Resta aperto il nodo degli investimenti: se da parte degli Olo rimane la proposta di stanziare 2,5
miliardi di euro per coprire 15 città entro il 201514, dall’altra Telecom ha rivisto al rialzo i propri
di circa 2,65 miliardi nel triennio 2010-201215.
Secondo l’Isbul gli investimenti da effettuare per le reti Ngn sono ingenti, tra i 3 e i 15 miliardi
di euro a seconda della tecnologia (o del mix di tecnologie) utilizzata e della copertura della
popolazione.
Tabella 18 - Impatto Ngn sull’economia nazionale
Tipologia di rete
Effetti Diretti
Investi- popolazione Domanda Occupaz.
coperta
menti
aggregata Potenziale
mld €
Unità lav.
Effetti Indiretti
Effetti Totali
Minimo Massimo Minimo Massimo
mld €
mld €
mld €
mld €
mista P2P/GPON
15,5
91%
20,25
311.087
89,6
765,5
109,9
785,7
FTTH P2P
13,3
50%
17,38
248.121
49,2
420,6
66,6
438
3
20%
3,92
57.131
19,7
168,2
23,6
172,2
FTTB GPON
architetture con un maggior grado di condivisione della terminazione ottica (ONU, Optical Network Unit) quali
FTTB (Fiber To The Building), FTTC (Fiber To The Curb) o FTTCab (Fiber To The Cabinet): in questi due ultimi
casi l’architettura di rete d’accesso potrà prevedere un parziale impiego di rete in rame, sfruttando così la capillarità
di quest’ultima nel tratto terminale della rete e riducendo notevolmente la necessità di posa di nuova fibra”. Fonte:
R. Mercinelli, P. Solina, Notiziario Tecnico Telecom Italia, pp 64.65, Aprile 2007.
13
Fonte: Dipartimento Comunicazioni del ministero dello Sviluppo economico, 29 settembre 2010
14
Fastweb, Wind e Vodafone hanno proposto la creazione di un’unica rete Fiber To The Home in modalità
punto-punto, in grado di coprire 15 città e circa 10 milioni di abitanti entro cinque anni, con un investimento di
circa 2,5 miliardi di euro. Secondo il piano, i fondi dovrebbero essere ripartiti tra tutti gli operatori e le istituzioni
coinvolte e garantire ritorni economici entro nove anni. La seconda fase del progetto prevede l’estensione della rete
Ftth fino al raggiungimento del 50% della popolazione italiana (circa 500 comuni con più di 20.000 abitanti) con
un’ulteriore spesa di 8,5 miliardi di euro.
15
La spesa annua nel segmento dell’accesso di rete fissa, sia in rame che in fibra ottica è stata aumentata
passando dagli attuali 817 milioni di euro (2009) ai circa 900 milioni di euro del 2012, per un investimento totale, al
2012, pari a 2,65 miliardi di euro.
Telecomunicazioni fisse e banda larga
131
Fonte: Isbul.
Tutte e tre le ipotesi prevedono un aumento del canone e di conseguenza un aumento del
costo del servizio broadband nella bolletta telefonica degli utenti, fattore che potrebbe
costituire un elemento problematico nella sostenibilità di tali investimenti. Per tale motivo
occorrerebbe un’analisi specifica volta a valutare la disponibilità degli abbonati a pagare un
extra per un servizio migliore. Allo stato attuale è noto (fig. 5) che il prezzo dell’abbonamento
non costituisce un impedimento forte alla adozione del broadband, al contrario dell’inutilità
percepita da larga parte dei cittadini che non dispongono della connessione a banda larga.
Tali risultati confermano la pregnante necessità di promuovere l’alfabetizzazione informatica
della popolazione tramite politiche di stimolo della domanda e miglioramento della qualità dei
servizi di e-government. I ritorni economici stimati dall’Isbul in termini di domanda, posti di
lavoro (un incremento compreso tra le 57mila e i 310mila unità) e indotto (le previsioni stimano
un crescita tra 23 i 700 miliardi di euro) confermano come la rete Ngn sia un investimento cui
l’Italia non può rinunciare.
Figura 5 - Ostacoli all’adozione del broadband (%)
70
60
60
50
40
30
21
20
16
10
6
3
0
Inutilità
Copertura
Costo
Complessità
Altro
Note: famiglia non dotate di connessione broadband. Fonte: elaborazione Iem su dati Between (2008).
3. Il confronto internazionale
Il mercato dei servizi di rete fissa dei big five europei ha subito complessivamente una perdita di
quasi il 2% nel 2009, mostrando un trend leggermente più negativo rispetto all’andamento del
settore negli ultimi 5 anni (-1,7%). La Francia, grazie alla solidità del proprio mercato, risulta
il paese che ha risentito meno della crisi, confermando la propria tenuta di lungo corso (valori
pressoché identici nell’ultimo lustro), mentre tutti gli altri mostrano valori negativi nell’ultimo
quinquennio: la Germania, che si conferma il mercato più grande d’Europa, ha perso oltre 4
miliardi di euro, di cui 1 solo nel 2009, mentre l’Italia, che pure ha consolidato la propria terza
posizione, è diminuita in misura leggermente superiore rispetto al proprio andamento degli
ultimi 5 anni, perdendo quasi 2 punti e mezzo a fronte di un calo medio dell’1,9%.
Tabella 19 - Mercato dei servizi tlc di rete fissa, 2005-2009
2009
2008
2007
2006
2005
∆ % 08-09
Francia
20,0
20,1
20,1
20,0
20,0
-0,2
0,0%
Germania
34,2
35,3
36,8
38,3
38,5
-3,1
-2,9%
Italia
15,4
15,8
16,1
16,3
16,6
-2,4
-1,9%
Regno Unito
9,9
10,2
10,4
10,7
11,1
-2,9
-2,8%
Spagna
6,5
7,1
7,2
7,5
8,3
-8,5
-5,9%
Totale
87,2
89,0
90,6
92,3
93,3
-1,9
-1,7%
Note: dati in miliardi di euro. Fonte: elaborazione IEM su dati Arcep,VATM, Agcom, Ofcom e CMT.
132
Cagr 09-05
Telecomunicazioni fisse e banda larga
Anche il Regno Unito ha mostrato valori in netta diminuzione (– 2,9%), in linea col proprio
andamento degli ultimi anni, mentre la Spagna ha risentito maggiormente della crisi del 2009,
facendo registrare un calo dell’ 8,5% contro il -5,9% medio degli ultimi 5 anni.
Per quanto concerne le quote di mercato detenute dagli incumbent europei, Telecom Italia
risulta ancora quello che detiene in percentuale il numero maggiore di linee broadband,
sebbene sia allo stesso tempo quello che presenta il maggiore tasso di riduzione (quasi 10 punti
in meno rispetto a gennaio 2007). France Télécom e Deutsche Telekom mostrano andamenti
ondivaghi, attualmente attestati rispettivamente a quota 46,2% e 46,8%, mentre Telefónica,
dopo anni di leggera crescita in cui ha sfiorato quota 56,7%, si è attestata nel 2009 a 55,6%. A
parte British Telecom, che pure guadagna quasi 4 punti rispetto al 2007 (dal 23,7% al 27,2%),
complessivamente tutti gli incumbent dei big five mostrano, sul totale delle linee attive nei
propri Paesi d’origine, percentuali superiori alla media degli incumbent europei (45,2%).
Tabella 20 - Quota detenuta dall’incumbent nel mercato degli accessi a banda larga, 2007-2009
Paese
lug-09
gen-09
lug-08
gen-08
lug-07
gen-07
Francia
46.2%
47.2%
47.2%
47.7%
46.8%
46.2%
Germania
46.8%
47.0%
46.0%
46.1%
46.4%
48.0%
Italia
57.8%
59.8%
61.3%
63.6%
64.8%
66.6%
Regno Unito
27.2%
25.4%
25.6%
25.8%
25.7%
23.7%
Spagna
55.6%
56.7%
56.3%
56.1%
55.8%
55.9%
EU27
45.2%
45.5%
45.7%
46.1%
46.8%
46.9%
Note: il valore descrive la percentuale detenuta dall’incumbent rispetto al totale delle linee attive. Fonte: elaborazione
Iem su dati Commissione europea, luglio 2009.
D’altro canto, l’Italia risulta l’unico paese che non ha risentito della crisi sugli investimenti in
infrastrutture di rete fissa: a fronte di un calo dei fondi francesi e tedeschi nell’ordine del 10%
(rispettivamente -9,76% e -9,23%) e del crollo spagnolo (-17%) l’Italia mostra una crescita del
5,5% sul 2008 ed è anche l’unico paese che può vantare un andamento positivo negli ultimi 5
anni (+1,41%)
Tabella 21 - Investimenti in infrastrutture di rete fissa, 2005-2009
∆ % 08-09
Cagr 09-05
Francia
2009
3,70
2008
4,10
2007
3,80
2006
3,80
2005
3,70
-9,76
0,00%
Germania
5,90
6,50
6,50
6,60
6,40
-9,23
-2,01%
Italia
3,79
3,59
3,75
3,59
3,59
5,48
1,41%
Spagna
4,28
5,17
5,79
5,69
5,51
-17,31
-6,16%
Totale
17,67
19,37
19,84
19,67
19,20
-8,77
-2,06%
Note: dati in miliardi di euro. Fonte: elaborazione IEM su dati Arcep,VATM, Agcom e CMT.
Tuttavia, dal punto di vista della capacità delle infrastrutture a banda larga il confronto
internazionale mostra diverse lacune del nostro Paese: la popolazione abbonata che gode di
una capacità inferiore alla soglia di 2Mb/s supera il 22% contro il 15% della Germania, il 12%
della Spagna il 3% del Regno Unito, che sta concretizzando il piano per dare a tutti i cittadini
una connessione basic broadband.
Telecomunicazioni fisse e banda larga
133
Figura 6 - La capacità delle linee broadband nei maggiori Paesi europei, 2009
100%
6,1
7,7
90%
13,3
22,9
80%
70%
60%
50%
69,5
74,5
90,8
62,1
40%
30%
20%
10%
22,8
14,9
12,2
3,2
0%
Germania
≥ 10 Mbps
Italia
Regno Unito
≥ 2 Mbps and <10 Mbps
Spagna
≥ 144 Kbps and < 2 Mbps
Fonte: elaborazione Iem su dati Eurostat e Agcom. Note: dati in milioni di euro.
Anche rispetto alle connessioni ad alta velocità l’Italia non presenta valori particolarmente
positivi (appena il 7,7% è connesso in modalità extended broadband) superiori solo alla
Gran Bretagna (6,1%, che però vanta un altissimo tasso di diffusione per ciò che concerne la
capacità compresa tra i 2 e i 10Mb/s, di cui gode oltre il 90% degli utenti del Regno Unito),
ma inferiori alla Spagna (13,3%) e alla Germania (22,9%), che beneficia di un’ampia diffusione
della connessione via cavo digitale.
Tabella 22 - Individui che utilizzano internet almeno una volta a settimana nei maggiori paesi
europei (%)
Paese
2009
2008
2007
2006
2005
Francia
65
63
57
39
n.d.
Germania
71
68
64
59
54
Italia
42
37
34
31
28
Regno Unito
76
70
65
57
54
Spagna
54
49
44
39
35
EU27
60
56
51
45
43
Fonte: elaborazione Iem su dati Eurostat
134
Telecomunicazioni fisse e banda larga
Resta molto evidente anche il gap italiano rispetto all’utilizzo delle nuove tecnologie da parte
dei cittadini (Tab. 21): secondo Eurostat, la quota di persone che si possono annoverare fra gli
internet users16 supera appena il 42%, contro il 54% della Spagna che ci precede ora di 12 punti
(erano 8 nel 2006). Decisamente meglio ha fatto negli ultimi 3 anni la Francia, passata dal 39%
al 65% di cittadini cybernauti (+26 punti rispetto al 2006 contro il +11 italiano nello stesso
periodo). Molto avanti appaiono Germania e Regno Unito, “alfabetizzati” per quasi i ¾ della
popolazione (71% e 76%) mentre in Europa la media dei navigatori abituali è del 60%, quasi 20
punti sopra quella italiana.
Il distacco appare ancora maggiore considerando i cittadini che non hanno mai utilizzato un
pc: in Italia sono il 43%, contro il 20% dei francesi, il 14% dei tedeschi e l’11% dei britannici. Ciò
significa che il nostro Paese si divide nettamente tra utilizzatori frequenti del web e individui che
ne sono totalmente estranei, fattore che rende ancora più difficile l’alfabetizzazione informatica
e dunque evidente la necessità di sviluppare politiche di promozione della domanda di servizi
ict. La scarsa diffusione della banda larga rispetto agli altri paesi non è che l’ovvia conseguenza
di questo stato di cose: secondo Eurostat17, il broadband in Italia non raggiunge il 40% delle
famiglie, oltre 30 punti sotto la media britannica (69,5%) e 17 punti sotto la media europea
(56%). Considerando che tali percentuali includono soltanto i nuclei familiari con almeno
un componente tra i 16 e i 64 anni, criterio che esclude le famiglie composte solamente da
anziani, è ancora più evidente come il gap sia dovuto a motivazioni culturali (individui che
non percepiscono il valore aggiunto di Internet o che non sanno come superare il proprio
analfabetismo informatico) e al fatto che siano molto rare le iniziative di sensibilizzazione
verso i vantaggi che le informazioni e i servizi che transitano sulla rete possano portare.
Infine, anche comparando il numero di accessi rispetto al totale della popolazione secondo la
metodologia europea, l’Italia risulta l’ultimo dei grandi Paesi europei, seppur con un distacco
minore dalla Spagna, ma in ritardo di 3,5 punti rispetto alla media europea e lontano oltre 10
punti percentuali dai più virtuosi Paesi nordeuropei.
Tabella 23 - Individui che non hanno mai utilizzato il pc (%)
Paese
Francia
2009
2008
2007
2006
20
20
23
n.d.
Germania
14
14
16
17
Italia
43
45
49
54
Regno Unito
11
13
14
18
Spagna
31
33
36
39
Fonte: elaborazione Iem su dati Eurostat
Tabella 24 - Famiglie dotate di connessione ad internet a banda larga nei maggiori paesi
europei (%)
2009
2008
2007
2006
2005
Regno Unito
69,5
61,5
56,7
43,9
31,5
Germania
64,6
54,9
49,6
33,5
23,2
Francia
57,5
57,1
42,9
30,3
n.d.
EU 27
56,0
48,6
41,6
30,4
23,0
Spagna
51,3
44,6
39,2
29,3
20,8
Italia
39,0
30,8
25,3
16,2
12,9
Note: famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 64 anni. Fonte: elaborazione Iem su dati Eurostat
16
In questa sede si utilizza la definizione di Eurostat, seconda la quale i considerano Internet Users gli individui che si collegano a internet almeno una volta a settimana
17
In questa sezione sono stati utilizzati i dati Eurostat per effettuare una comparazione con le stesse metodologie di rilevazione per tutti i paesi.
Telecomunicazioni fisse e banda larga
135
Figura 7 - Penetrazione broadband per numero di individui
40
35
30
37,9
37,2
32,5
30,5
29,4
25
29,2
28,8
23,9
20
20,7
20,4
15
10
5
0
Note: i dati italiani sono aggiornati a gennaio 2010 mentre quelli relativi agli altri paesi sono di giugno 2009. Fonte:
elaborazione Iem su dati Eurostat, Istat e Agcom.
4. La separazione funzionale della rete
Il tema della separazione funzionale tra reti e servizi nasce per risolvere il problema di come
garantire la concorrenza nelle telecomunicazioni in presenza di un’unica infrastruttura di
rete nazionale che, facendo capo agli operatori storici dei diversi paesi (le telco nazionali), in
principio monopolisti pubblici e in seguito privatizzati, si trovano attualmente nella duplice
posizione di competitor con gli operatori nuovi entranti e di gestori della rete su cui transitano
anche i servizi forniti dagli altri player tlc.
Tale complessa situazione ha determinato un ampio dibattito internazionale sulle misure
necessarie a garantire la concorrenza tra imcumbent e newcomer. Inizialmente, la liberalizzazione
del mercato tlc è stata regolata prevalentemente tramite normative asimmetriche (limiti imposti
ai soli incumbent nel tentativo di far crescere gli operatori alternativi) e il c.d. unbundling
dell’“ultimo miglio”, ovvero la disciplina del tratto finale della rete che va dalla centralina più
vicina alla casa dell’utente fino alla sua dimora. Attualmente, infatti, gli operatori alternativi
pagano un canone d’accesso per transitare sulla capillare infrastruttura dell’ex monopolista (in
Italia il canone viene pagato a Telecom e fissato dall’Agcom) mentre competono tra loro e con
l’incumbent per la fornitura di servizi (di connettività, telefonici, audiovisivi ecc). Proprio il
duplice ruolo dell’incumbent (gestore della rete e allo stesso tempo competitor nel mercato dei
servizi tlc) desta perplessità sul corretto funzionamento dei meccanismi della concorrenza,
ragione per cui si è sviluppato un intenso dibattito sull’opportunità o meno di separare gli
ex monopolisti in due società, una incaricata di gestire esclusivamente l’infrastruttura e
un’altra incaricata di amministrare la parte commerciale (fornitura di servizi tlc). Il tema della
separazione funzionale tra reti e servizi è stato affrontato in modi diversi a seconda dei diversi
136
Telecomunicazioni fisse e banda larga
mercati nazionali, passando dall’autoregolamentazione, all’affidamento dei compiti di vigilanza
alle autority nazionali, alla creazione di organi di raccordo tra telco nazionali e autority, fino
alla creazione di divisioni separate, in capo agli ex monopolisti, che gestiscono l’accesso alla
rete.
In Italia, nel luglio del 2008, Telecom Italia ha proposto all’Agcom l’adozione di un paniere di
Impegni, approvati dall’Autorità a dicembre dello stesso anno18, per integrare e rafforzare gli
obblighi già esistenti in tema di parità di trattamento tra Telecom Italia Retail (la divisione
incaricata di gestire i servizi commerciali) e gli altri operatori (OLO) relativamente alla
fornitura dei servizi sulla rete di accesso. In tale ambito, nel 2008 Telecom Italia ha creato la
divisione Open Access, incaricata della gestione della rete di accesso e della fornitura dei servizi
ad essa associata, in modo tale da garantire il rispetto del principio di parità di trattamento a
tutti gli operatori. Open Access fornisce servizi sia alla divisione retail dell’incumbent che a
quella wholesale (dedicata agli altri operatori) secondo una serie di direttive volte a garantire la
parità di trattamento in ottemperanza di 14 impegni specifici. Tra questi spiccano: l’istituzione
di un nuovo processo di delivery che superi le asimmetrie di gestione degli sviluppi di rete
tra Telecom Italia e gli OLO; un sistema per il monitoraggio delle performance dei servizi
SPM (Significativo Potere di Mercato) ed il rispetto della parità di trattamento internaesterna (mediante il confronto tra key performance indicator concernenti la produzione dei
servizi destinati agli operatori e quelli relativi ai servizi destinati alle funzioni commerciali di
Telecom Italia); la pubblicazione delle linee guida per la manutenzione della rete di accesso;
la predisposizione delle condizioni economiche di cessione interna dei servizi SPM forniti da
Open Access alla funzione Retail (viene garantita una evidenza contabile separata relativa ai
servizi forniti da Open Access in modo da verificare l’equivalenza tra tali transfer charge e le
corrispondenti condizioni economiche praticate agli OLO); la pubblicazione di un’offerta per
l’accesso e la condivisione delle “infrastrutture di posa”; la formulazione di una proposta tecnica
ed economica per la possibile condivisione con gli Operatori interessati degli investimenti e dei
costi per la realizzazione di nuove infrastrutture di posa19; l’adesione al Comitato NGN Italia; ed
infine, l’istituzione di un Organo di vigilanza (OdV) per la corretta attuazione degli impegni.
L’Organo di Vigilanza (OdV) è incaricato di svolgere una attività di controllo in merito
alla corretta implementazione degli Impegni, anche tramite una serie di indicatori atti a
misurare la qualità della fornitura dei servizi wholesale. È composto da cinque membri, tre
dei quali, compreso il Presidente, sono designati dall’Agcom. L’OdV procede alla verifica di
eventuali violazioni comunicandole all’Autorità, con la quale coopera nella propria attività di
vigilanza. Gli atti dell’Organo sono da considerare come misure volte ad assicurare la corretta
implementazione degli Impegni, mentre la possibile imposizione di sanzioni rimane nelle
competenze dell’Autorità. Nei suoi primi 2 anni di attività, l’OdV ha verificato il corretto
espletamento di molti tra gli impegni assunti da Telecom Italia, ed ha lanciato una verifica sulla
gestione degli annullamenti di Ordinativi di Lavoro20 per andare incontro alle segnalazione
degli operatori alternativi e garantire la parità di trattamento nella risoluzione dei problemi di
rete degli abbonati a servizi di telecomunicazione dei diversi operatori.
Nel Regno Unito, alla luce dei risultati dello Strategic Review of Telecommunications (2005),
che hanno individuato nella proprietà esclusiva della rete da parte di British Telecom una
barriera all’ingresso in grado di restingere l’accesso al mercato degli operatori alternativi,
18
Delibera 718/08/CONS
19
Per ciò che concerne le nuove reti di accesso Telecom Italia ha sinora adempiuto ai dettami di questo
Gruppo di Impegni, avendo trasmesso all’Autorità, entro le scadenze stabilite, i seguenti documenti: l’“Offerta di
Telecom Italia di infrastrutture di posa per lo sviluppo di reti FTTX”, la “Proposta di Telecom Italia per la condivisione con gli OLO degli investimenti e costi per la realizzazione di nuove infrastrutture di posa per lo sviluppo di reti
FTTX” e le “Linee guida di migrazione verso reti NGAN – tempi minimi di preavviso e modalità di comunicazione
agli OLO nella transizione alla rete di nuova generazione”.
Il processo di fornitura di linee e servizi di telecomunicazioni a disposizione degli Operatori alternativi da
20
parte di Telecom prevede che l’incumbent possa respingere una richiesta qualora si verifichino problemi legati alla
errata compilazione dell’ordine, alla indisponibilità di rete d’accesso (KO rete) o alla indisponibilità del cliente (KO
cliente).
Telecomunicazioni fisse e banda larga
137
l’Ofcom ha impegnato BT a sottoscrivere una serie di undertakings finalizzati a stabilire
nuove regole per la fornitura di prodotti e servizi verso gli OLO e verso le proprie divisioni
commerciali. Il nodo centrale dell’intervento consiste nell’obbligo per l’incumbent di garantire
la parità di accesso alla rete a condizioni non discriminatorie per gli operatore concorrenti,
l’Equality of Inputs (EOI) e la separazione funzionale, ovvero una separazione dei sistemi tale
da consentire un’offerta wholesale “on an EOI basis”, cioè un’offerta commerciale da parte dei
diversi operatori a condizioni eque. In particolare, BT si è impegnato a garantire che l’offerta
fatta alla propria rete commerciale ed agli OLO sia uguale in termini di prezzo, condizioni
commerciali, tempistiche ecc.
Sulla scia degli undertakings si colloca la nascita di Openreach (2006), un’entità funzionalmente
separata che, pur facendo parte del Gruppo British Telecom, è responsabile della rete fissa
d’accesso ed è dotata di una propria sede e di sistemi gestionali indipendenti. Openreach
dispone inoltre di un proprio brand commerciale e il suo responsabile riferisce direttamente al
CEO di British Telecom Group plc. Sia BT Retail che gli OLO hanno un rapporto diretto con
Openreach.
Gli undertakings hanno previsto anche la creazione di un apposito organo, l’Equality of Access
Board (EAB), cui affidare il compito di monitorare il rispetto degli impegni assunti. L’EAB,
insediatosi nel novembre 2005, è un organo del British Telecom Group plc Board Committee, ed
è presieduto da un non-executive director di BT, cui è affiancato un senior manager dell’operatore
dominante; gli altri tre membri sono indipendenti, scelti dopo una consultazione con l’Ofcom.
L’EAB è supportato dall’EAB Secretariat, che si occupa prevalentemente dell’organizzazione
degli incontri del Board, ed è assistito dall’Equality of Access Office (EAO), il cui responsabile
risponde gerarchicamente al responsabile della funzione Public Affairs di BT, che monitora
il corretto adempimento degli Undertakings da parte di BT e procede ad una valutazione
in merito alle segnalazioni ricevute. In particolare, l’EAO procede ad effettuare verifiche
periodiche sul rispetto di una serie di criteri individuati in merito al corretto adempimento da
parte di BT degli impegni presi con l’Ofcom, nonché al rispetto del Code of Practice, riferendo
poi mensilmente i risultati all’EAB.
In Spagna, nel 2007, l’Autorità nazionale per le comunicazioni (CMT) ha imposto all’incumbent
Telefonica di comunicare tanto alla stessa CMT quanto ai concorrenti una serie di KPI (key
performance indicator) sul livello di qualità del servizio erogato sia all’esterno che internamente,
al fine di verificare che non vi fossero situazioni discriminatorie a danno degli operatori
alternativi.
Nel 2008, in seguito ai risultati della consultazione pubblica avviata in tema di NGA, la CMT
ha concluso che, prima di procedere ad una separazione funzionale della rete di accesso,
occorrerebbe analizzarne approfonditamente gli impatti sul quadro competitivo e sugli
investimenti, e che comunque si tratterebbe di una misura “estrema ed eccezionale”.
In Francia, fino ad oggi, non è stato adottato alcun modello di separazione della rete
dell’incumbent, ed anzi l’Authority francese (ARCEP) ha sottolineato in diverse occasioni e
con particolare enfasi i risvolti negativi che l’adozione di un modello di separazione funzionale
potrebbe comportare sotto il profilo dei costi (riorganizzazione dell’operatore storico e
duplicazione delle strutture organizzative), i quali appaiono troppo ingenti se confrontati con
i problemi a cui la separazione dovrebbe ovviare. L’ ARCEP sostiene inoltre che, mentre la
separazione funzionale rappresenta un modello difficilmente reversibile, si potrebbe pervenire
agli stessi risultati attraverso una regolamentazione più puntuale, modalità che garantirebbe
la possibilità di modificare la stessa regolamentazione qualora si rilevasse che le condizioni
che avevano alterato la concorrenza fossero mutate. L’ARCEP critica inoltre la separazione
funzionale anche per la sua potenzialità disincentivante sulle strategie di investimento
degli operatori, e osserva come questa non eliminerebbe comunque la necessità di azioni di
regolamentazione sui prezzi e le qualità dei servizi offerti, mantenendo peraltro inalterato il
problema del controllo sulla società incaricata di gestire la rete di accesso, che anzi opererebbe
in situazione di effettivo monopolio.
138
Telecomunicazioni fisse e banda larga
Anche in Germania non sono stati posti in essere modelli di separazione della rete dell’operatore
storico Deutsche Telekom, né creati organi indipendenti di vigilanza assimilabili all’Organo di
vigilanza.
L’Autorità di settore ha altresì ribadito la sua contrarietà alla adozione di simili modelli,
evidenziando i possibili impatti negativi conseguenti a tale decisione.
Molto più articolato risulta il discorso relativo alla Svezia: in seguito all’analisi di mercato svolta
tra il 2006 e il 2007, che ha evidenziato l’assenza di operatori alternativi all’incumbent in diverse
aree del Paese e l’imposizione da parte dello stesso ex monopolista Telia Sonera delle proprie
condizioni commerciali agli operatori alternativi, l’Autorità svedese ha proposto al Parlamento
una modifica legislativa per garantirsi la possibilità di imporre un modello di separazione
funzionale in capo all’operatore storico. La nuova normativa, in vigore da luglio 2008, consente
all’Autorità di obbligare l’incumbent allo scorporo della rete in rame, ma solo in caso di parere
positivo da parte dell’Unione europea. L’Autorità non ha tuttavia imposto all’operatore storico
la separazione funzionale come effetto immediato, manifestando l’intenzione di procedere ad
una analisi del mercato volta a decidere se procedere o meno in tale direzione nel corso del
2009. L’incumbent, dal canto suo, ha creato volontariamente la divisone funzionale Skanova
Access, operativa dal 1° gennaio 2008, che gestisce in modo separato l’accesso sia alla rete in
rame che in fibra con l’intento di garantire il rispetto del principio di parità di trattamento tra
tutti gli operatori e le divisioni commerciali di Telia Sonera. Skanova costituisce una divisione
legalmente distaccata di Telia, con sistemi informatici separati e sottoposta ad obblighi di
financial auditing, sebbene il 100% dell’assetto proprietario resti in capo all’operatore storico.
Il personale di Skanova Access è tenuto ad osservare i dettami di uno specifico Codice di
Condotta contenente misure volte a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e
non discriminazione.
Secondo le nuove regole adottate in materia di separazione funzionale, qualunque proposta
autonoma di separazione avanzata da parte dell’operatore storico deve essere sottoposta
all’approvazione dell’Autorità (PTS); in questo senso, si noti come PTS non abbia fino ad ora
espresso alcuna valutazione in materia, fatto salvo un intervento (datato novembre 2009) che
rilevava come l’introduzione di Skanova non avesse comportato significativi miglioramenti in
termini di una effettiva trasparenza.
Per controllare l’operato di Skanova Access è stato creato un organo apposito, l’Equality of Access
Board, con lo specifico compito di vigilare sul rispetto del principio di parità di trattamento
degli Olo da parte della divisione di rete. Tale attività di supervisione si basa innanzitutto sulla
analisi delle performances di una serie di indicatori (kpi) prefissati e controllati da auditors
esterni. Il Board riferisce ogni quattro mesi al Ceo di Telia Sonera, svolgendo attività di
monitoraggio del rispetto degli impegni assunti dall’operatore dominante. È composto da un
Presidente, responsabile dell’internal audit di Telia Sonera e da due membri indipendenti di
nomina dell’operatore. Non sono previsti membri nominati dall’Autorità.
Anche la Nuova Zelanda, infine, si è distinta sotto il profilo della regolamentazione della
separazione funzionale in capo all’incumbent tra infrastruttute tlc e servizi, per via di una
sostanziale carenza di competizione tra gli operatori e di consistenti barriere all’ingresso della
rete di accesso. Il governo ha imposto all’operatore dominante Telecom New Zealand (TNZ)
una riorganizzazione aziendale, indicando nella separazione funzionale della rete lo strumento
più idoneo per contribuire al miglioramento delle condizioni competitive del mercato. TNZ
ha, pertanto, proceduto ad adottare una serie di Undertakings ispirati al modello britannico,
che sono stati accettati e ratificati dal governo neozelandese nel marzo del 2008 e che prevedono
la separazione della società in tre divisioni: Rete, Retail e Wholesale. Il processo di progressiva
separazione è tuttora in corso e dovrebbe concludersi nel 2012. Lo scopo primario degli
Undertakings è di garantire il rispetto del principio di non discriminazione degli operatori
alternativi nell’accesso ai servizi wholesale offerti dall’operatore dominante. Anche in questo
caso, tra gli impegni è stata prevista l’istituzione di un organo di vigilanza, l’Independent
Oversight Group (IOG), cui sono affidati compiti assimilabili a quelli dell’Equality of Access
Telecomunicazioni fisse e banda larga
139
Board britannico e dell’Organo di vigilanza italiano: esso conduce una costante attività
di verifica in merito all’effettivo rispetto da parte di TNZ dei dettami degli undertakings,
con riferimento al processo di progressiva separazione dei sistemi ed al raggiungimento di
determinati standard di garanzia in ordine alla corretta osservanza del principio di parità di
trattamento su alcuni prodotti, da perseguire entro determinate scadenze.
È importante notare, infine21, come per la realizzazione della nuova rete in fibra ottica il governo
neozelandese abbia creato un apposito ente pubblico (la Crown Fibre Holdings), cui sono stati
affidati 1,5 mld di $, garantendo nel contempo agli operatori di partecipare agli investimenti
tramite bando di gara richiedente però una separazione strutturale tra le attività commerciali
e la gestione della rete esistente. Di fronte alla possibilità di scegliere tra competere con l’ente
pubblico o procedere alla separazione strutturale (“de-merger”) della divisione wholesale, l’ex
monopolista ha scelto la seconda strada, che dovrà essere attuata entro il terzo trimestre del
2011 e che lo condurrà a investire in una rete in fibra comune a tutti gli operatori e di proprietà
mista pubblico-privato.
21
Per ulteriori approfondimenti relativi al confronto internazionale sulla separazione funzionale della rete
cfr. http://organodivigilanza.telecomitalia.it/ita/confronto_internazionale.shtml
140
Telecomunicazioni fisse e banda larga
Telecomunicazioni
mobili
141
Telecomunicazioni mobili
di Lorenzo Principali
1. Lo scenario del mercato
Dopo 15 anni di costante crescita, il 2009 è stato il primo anno in cui il mercato delle
telecomunicazioni mobili è risultato in flessione, attestandosi a quota 24,01 miliardi di euro
(-1,5%). Per osservare l’attesa rivoluzione del settore portata dagli smartphone e dai servizi
internet in mobilità occorrerà dunque attendere ancora. La crisi generale ha sicuramente influito
su questo ritardo, mostrando altresì la solidità del settore rispetto al più generale comparto tlc.
Il calo registrato dal segmento mobile, infatti, è inferiore rispetto al decremento fatto registrare
dall’intero comparto (-2,3%) e soprattutto rispetto alle tlc fisse (-3,3%). Di conseguenza non si
è interrotta la crescita dell’incidenza del segmento mobile sul totale, di cui è giunto a costituire
una quota del 55,73%.
Tabella 1 - Il mercato tlc mobile in Italia, 2005-2009
2009
2008
2007
2006
2005
∆ % 09-08
Cagr 05-09
Mobile
24.015
24.390
24.070
23.642
22.625
-1,54
1,50%
Totale tlc
43.085
44.120
44.200
44.040
43.115
-2,35
-0,02%
% segmento mobile sul
totale Tlc
55,73%
55,28%
54,45%
53,68%
52,47%
-
-
Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting. Note: dati in miliardi di euro.
Il numero di linee attive, dopo anni di costante crescita, mostra segnali di saturazione (-1,0%
rispetto al 2008) pur mantenendosi superiore ai 91 milioni di unità, mentre il numero di
utenti unici continua il proprio costante incremento, giunto a 46,5 milioni, ben oltre i ¾ della
popolazione effettiva. Cresce anche la diffusione dei terminali di terza generazione, posseduti
da 31,9 milioni di utenti (+ 9,6% ): questo dato lascia presupporre un sensibile sviluppo del
mercato dei servizi broadband mobili nei prossimi anni, potendo contare su una massa critica
importante e sulla crescente maturità tecnologica di buona parte degli utenti di telefonia mobile
italiani.
Tabella 2 - Evoluzione delle linee di telefonia mobile in Italia, 2005-2009
2009
2008
2007
2006
2005
∆% 09-08
∆% 09-05
n. linee attive
91,3
92,2
90,7
81,9
72,2
-1,0%
28,9%
- di cui su terminali 3G
31,9
29,1
23,1
17,1
10,0
9,6%
219%
utenti unici
46,5
46,1
45,9
44,4
42,7
0,9%
8,9%
Note: dati in milioni di unità. Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting e Agcom.
Resiste il mercato dei servizi mobili, che fa registrare una lieve crescita (+0,3%). Tuttavia,
l’effetto di contenimento rispetto al più generale calo del mercato dei servizi tlc nel 2009 è
142 Telecomunicazioni mobili
venuto sensibilmente meno: nel 2008 la crescita di oltre 250 milioni di euro del comparto
mobile aveva compensato il decremento di 300 milioni di euro del segmento dei servizi su
rete fissa, generando la complessiva stabilità del settore servizi (-0,1%); nel 2009, al contrario,
l’incremento di circa 65 milioni di euro del mobile non è bastato a bilanciare la perdita, di quasi
400 milioni, fatta registrare dal comparto fisso, determinando un generale calo del mercato dei
servizi tlc dello 0,9% .
Anche nel comparto dei servizi, dunque, il segmento mobile continua ad aumentare il proprio
valore percentuale, essendo ormai prossimo a toccare quota 55%.
Tabella 3 - Il mercato dei servizi di rete mobile, 2005-2009
Mobile
2009
2008
2007
2006
2005
∆ % 09-08
Cagr 05-09
18.825
18.760
18.510
18.040
17.170
0,35
2,33%
Totale servizi Tlc
34.215
34.530
34.580
34.350
33.635
-0,91
0,43%
% segmento mobile sul totale Tlc
54,51%
54,32%
53,52%
52,51%
51,04%
-
-
Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting.
Osservando i dati Agcom relativi ai servizi di telefonia mobile scorporati per sottocategorie
(tab. 4), è interessante notare come l’unica componente in crescita risulti quella relativa al
traffico dati. Acclarata la tendenza, forse ormai irreversibile, del calo del mercato degli sms
(-6% rispetto al 2009), il traffico dati risulta quindi il segmento cardine su cui gli operatori
stanno concentrando le proprie strategie (cfr. paragrafo 3).
Tabella 4 - Ricavi da servizi di telefonia mobile in Italia, 2005-2009*
2009
2008
2007
2006
2005
∆ % 09-08
Cagr 05-09
Ricavi voce
10,92
11,04
11,11
11,20
10,80
-1,09
0,28%
Ricavi dati
4,21
4,17
3,87
3,20
3,80
0,96
2,59%
Sms
2,22
2,37
2,33
2,50
2,30
-6,33
-0,88%
Mms e altri dati
1,99
1,80
1,54
1,30
0,90
10,56
21,94%
Altri
2,56
3,14
3,36
2,20
2,10
-18,47
5,08%
Totale
17,70
18,35
18,34
16,60
16,70
-3,54
1,46%
Note: * In tale raffronto occorre tenere presenza la discordanza tra i dati Agcom che stimano i ricavi complessivi dal
comparto servizi in 17,70 miliardi di euro, e quelli Assinform/Netconsulting utilizzati in particolare per il confronto
tra le tlc mobili e l’intero comparto, che stimano il mercato dei servizi mobili in 18,85 miliardi di euro. Allo stesso
tempo, mentre per Assinform il mercato dei servizi mobili cresce dello 0,3%, l’Authority per le comunicazioni stima il
comparto mobile in calo del 3,5%. Dati in miliardi di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Agcom.
Per quanto riguarda il traffico voce, dall’analisi dei dati Agcom (tab. 5) emergono tre
considerazioni: in primo luogo, oltre l’87% delle chiamate originarie dalla rete mobile termina
nella stessa rete mobile; in secondo luogo, se da un lato resistono le strategie di fidelizzazione
degli operatori, mirate a mantenere la maggior parte del traffico entro le proprie infrastrutture
(+3,9% rispetto ai minuti di traffico annuale), dall’altro la leggera riduzione (-0,39%) dei ricavi
on-net1 (Tab. 6) lascia presupporre una diminuzione delle tariffe o la diffusione di promozioni
basate sull’offerta di pacchetti di minuti gratuiti.
Tabella 5 - Traffico dei servizi voce mobili per direttrice, 2008-2009
2009
2008
∆ % 08-09
Rete fissa
13,9
14,1
-0,9%
Mobile on-net
66,4
63,9
3,9%
Mobile off-net
25,5
23,2
9,7%
Altre destinazioni
7,9
7,5
6,1%
113,8
108,7
4,7%
Totale
Note: dati in miliardi di minuti. Fonte: elaborazione Iem su dati Agcom.
1
All’interno delle infrastrutture proprie dell’operatore che fornisce i servizi.
Telecomunicazioni mobili
143
Infine, se al netto aumento dei minuti di chiamate off-net (+9,7%) corrisponde un minimo
incremento dei ricavi derivanti da questa direttrice (+0,96%), appare verosimile che le
promozioni includano anche minutaggi gratuiti su reti diverse da quelle dell’operatore che ne
garantisce l’offerta.
Tabella 6 - Ricavi da servizi voce per direttrice, 2005-2009
2009
2008
2007
2006
2005
∆ % 09-08
Cagr 05-09
Rete mobile
8,22
8,19
8,45
8,08
7,7
0,37
1,65%
- On net
5,07
5,09
5,06
4,58
3,9
-0,39
6,78%
- Off net
3,14
3,11
3,4
3,5
3,8
0,96
-4,66%
Rete fissa
1,72
1,9
2,01
2,08
2,3
-9,47
-7,01%
Reti internazionali
0,98
0,94
0,96
0,8
0,8
4,26
5,20%
Totale
10,92
11,03
11,42
10,96
10,8
-1,00
0,28%
Note: dati in miliardi di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Agcom.
Complessivamente, la congiuntura economica negativa ha influito pesantemente sia sul
mercato mobile delle infrastrutture sia soprattutto su quello dei terminali (tab. 7): se i ricavi
derivanti dalla gestione, installazione e manutenzione delle reti sono diminuiti del 7,0%,
scendendo a quota 1.470 milioni di euro, e la stessa fornitura di software e servizi agli operatori
ha presentato valori molto negativi (-8,4%), il decremento più ingente in termini assoluti si è
avuto proprio nel mercato dei terminali, in cui la crescente diffusione degli smartphone non
è riuscita a bilanciare il generale calo in un segmento che ha fatto registrare un giro d’affari
inferiore rispetto al 2008 di oltre 280 milioni di euro. Ciò è in parte dovuto anche alla fornitura
di cellulari da parte degli operatori mobili all’interno di abbonamenti comprendenti traffico
telefonico, traffico dati e terminali di ultima generazione.
Tabella 7 - Il mercato delle tlc mobili: i ricavi da infrastrutture e terminali, 2005-2009
2009
2008
2007
2006
2005
∆ %09-08
Cagr05-09
Reti per accesso, installazione,
gestione e manutenzione
1.470
1.580
1.650
1.915
2.095
-6,96
-8,48%
Software e servizi per operatori
tlc
490
535
515
475
405
-8,41
4,88%
Telefoni 2g e 3g, smartphone,
internet key e data card
3.200
3.480
3.340
3.180
2.920
-8,05
2,32%
Totale
5.160
5.595
5.505
5.570
5.420
-7,77
-1,22%
Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Assinform/Net Consulting.
2. Gli operatori infrastrutturati e i MVNO
L’analisi delle quote di mercato per fatturato degli operatori infrastrutturati mostra nel 2009
alcuni segnali importanti: si è ridotta nettamente la distanza tra la divisione mobile di Telecom
Italia, la cui quota è in calo di oltre l’8% rispetto al 2009, e che ora detiene il 38% del mercato
mobile, e Vodafone, che crescendo di 4 punti ha visto aumentare la propria quota dal 36 al
37,7%, giungendo a ridosso dell’operatore leader (Tab. 8).
Continuano inoltre le performance positive di Wind: l’operatore che fa capo alla compagnia
egiziana Orascom, ora afferente alla russa Vimpelcom, potendo contare su una crescita annua
media del 7% nell’ultimo quinquennio ha rafforzato la propria terza posizione, attestandosi a
quota 16,8% dell’intero comparto, e incrementando così il proprio distacco da H3G. Per ciò
che concerne quest’ultima, al contrario, i piccoli segnali di cedimento mostrati nel 2007 e nel
2008 si sono confermati anche nel 2009 (-2,43%): queste performance negative l’hanno portata
sotto quota 7,3% dell’intero mercato mobile, pur mantenendo positivo il trend di crescita
quinquennale (+4% medio annuo).
144
Telecomunicazioni mobili
Tabella 8 - Evoluzione quote % di mercato per fatturato nella telefonia mobile in Italia, 20052009
2009
2008
2007
2006
2005
∆ % 09-08
Cagr 05-09
Tim
38,20
41,89
42,45
43,74
44,94
-8,80
-3,98%
Vodafone
37,71
36,04
33,64
33,56
36,34
4,63
0,93%
Wind
16,81
15,86
15,27
13,82
12,51
5,99
7,67%
H3G
7,28
7,46
8,63
8,88
6,21
-2,43
4,06%
Totale
100
100
100
100
100
0,00
0,00%
3216,7
3360,6
3241,3
3309,3
3535,3
-4,28
-2,33%
Herfindal-Hirschmann
Index
Fonte: elaborazione IEM su dati aziendali.
Il mercato nel complesso ha risentito meno di altri comparti della congiuntura economica
negativa (tab. 9), mostrando un calo del 2,6%. Occorre tuttavia sottolineare che gli effetti
della crisi sono stati più prepotenti su alcuni operatori, mentre altri ne hanno beneficiato per
guadagnare quote di mercato: la peggiore performance annuale è stata fatta registrare da Tim,
che ha perso oltre l’11% rispetto al 2008, scendendo a quota 8,6 miliardi di fatturato annui;
egualmente negativo è stato l’andamento negli ultimi 12 mesi di H3G, in calo di quasi 5 punti
percentuali. Vodafone e Wind, al contrario, hanno beneficiato delle perdita di terreno da parte
dei rivali rispettivamente per avvicinarsi al leader e per rafforzare la propria posizione: la prima
è cresciuta di circa 150 milioni di euro (+1,88%), confermando per il terzo anno consecutivo il
proprio costante trend positivo (+1% medio annuo dal 2005). Ancor meglio ha fatto Wind, che
oltre ha guadagnare oltre 100 milioni di euro rispetto al 2008 (+3,22%) presenta per il quinto
anno consecutivo valori in aumento (+7,83% medio annuo dal 2005).
Tabella 9 - Ricavi delle imprese italiane di telefonia mobile, 2005-2009
2009
2008
2007
2006
2005
∆ % 09-08
Cagr 05-09
Telecom Italia
8603
9687
9922
10210
10056
-11,19
-3,83%
Vodafone
8492*
8335
7862
7834
8132
1,88
1,09%
Wind
3786
3668
3570
3226
2800
3,22
7,83%
H3G
1640
1726
2018
2072
1390
-4,98
4,22%
Totale
22521
23127
23372
23342
22378
-2,62
0,16%
Note: ricavi da servizi realizzati in Italia nel segmento mobile, dati in milioni di euro; (*) bilancio chiuso il 31 marzo
2010. Fonte: elaborazione IEM su dati aziendali.
Per ciò che concerne gli operatori di rete virtuali (MVNO), ovvero i player che offrono
servizi di fonia sfruttando lo spettro e le infrastrutture degli operatori di reti fisiche, il 2009
ha confermato l’andamento positivo rilevato negli anni passati. A circa tre anni dal lancio, gli
operatori “virtuali” sono notevolmente cresciuti nel numero (giunto a quota 16) e nella base
utenti (2,43 milioni) che però presenta un churn rate (o tasso di abbandono) estremamente
alto. Agli operatori specializzati nei mercati “etnici” come Daily Telecom e PLDT Italia, che
offrono tariffe agevolate per le chiamate rivolte a specifici segmenti di utenti immigrati e a
quelli che sfruttano la diffusione della propria rete di punti vendita fornendo promozioni sulle
tariffe telefoniche combinate al proprio core business (Poste Mobile, Carrefour, Coop, Erg
mobile ecc) si sono aggiunti gli operatori tlc di rete fissa, che puntano sull’integrazione con le
proprie offerte nell’ottica del quadruple play (Fastweb e Tiscali)2.
2
Questi operatori propongono offerte integrate di telefonia fissa, broadband, servizi audiovisivi (Iptv) e di
telefonia mobile
Telecomunicazioni mobili
145
Tabella 10 - Ricavi MVNO in Italia per tipologia di servizio, 2008-2009
Servizi voce
2009
2008
Var %
125,4
46,3
170,7
Servizi dati
24,4
6,4
281,4
Totale
149,8
52,7
184,2
Note: i dati si riferiscono a Carrefour, Coop Italia, Daily Telecom, Erg Mobile, Fastweb, Noverca, PLDT Italia, Poste
Mobile e Tiscali. Dati in milioni di euro. Fonte: Agcom.
Nel 2009 il mercato MNVO ha sfiorato quota 150 milioni di euro, facendo registrare una
crescita di oltre il 180%. Sebbene siano i servizi dati a presentare i tassi di crescita maggiori
(+281%), il segmento voce rimane largamente la componente decisiva, attestata a quota 125,4
milioni di euro annui.
Ciononostante, particolarmente rilevante appare il mercato dei Mobile Payments, anche alla
luce della recente liberalizzazione avvenuta con l’entrata in vigore del Decreto legislativo n.11
del 2010, che recepisce la normativa europea sui servizi di pagamento del mercato interno3:
dal 1° marzo 2010 anche gli operatori Tlc possono agire come istituti di pagamento, dando la
possibilità ai propri utenti di effettuare bonifici, trasferimenti finanziari e acquisti in modalità
retail, oltre a pagare bollettini, parcheggi, pedaggi, transiti, biglietti e contenuti audiovisivi.
Il primo operatore a muoversi in questa direzione è stato Poste Italiane, che insieme a Noverca
(gruppo Intesa) detiene oltre il 60% del mercato dei MVNO. Nel 2009 i pagamenti in mobilità
sono stati utilizzati prevalentemente per le ricariche telefoniche, il ticketing e il parking, ma
è probabile che il mercato si evolverà verso servizi avanzati a più alto valore aggiunto per gli
operatori (bonifici, fatture, acquisti e money transfer). In tale contesto, resta da stabilire come
questi si posizioneranno lungo la catena del valore: se fungendo da abilitatori, se limitandosi
a veicolare e semplificare le transazioni o se gestendo interamente e direttamente i servizi di
pagamento per sfruttare l’alta diffusione dei terminali e la progressiva dimestichezza dell’utenza
con il mobile billing.
3. La banda larga mobile: contenuti, traffico e investimenti
Il segmento del traffico dati, complice la crescente diffusione di terminali di nuova generazione
dotati di connessione ad internet, appare quello dotato dei maggiori margini di crescita nel
campo delle telecomunicazioni mobili. Ciò è dovuto soprattutto alla connettività a banda
larga in mobilità offerta dagli operatori telefonici, un segmento ancora in via di sviluppo ma
che potrebbe determinare l’apertura di un nuovo mercato di servizi rivoluzionari rispetto al
tradizionale uso del telefono mobile: infomobilità, geolocalizzazione, servizi di prossimità,
mobile payment sono solo alcuni dei possibili sviluppi cui condurrà la diffusione di “internet
in tasca” presso la popolazione.
Probabilmente per queste ragioni, tale comparto risulta quello maggiormente in evoluzione,
nonché il terreno su cui si stanno giocando alcune tra le partite più importanti per il prossimo
futuro. Da un lato, il nuovo modello di business introdotto dai player manifatturieri con il
lancio di application store proprietari (Apple su tutti) ha in parte disintermediato gli operatori
tradizionali dalla vendita dei contenuti4. Ciò è dovuto alle caratteristiche degli application
store, i quali, strutturati in sinergia con i device, consentono a piccole software house o singoli
sviluppatori di creare applicazioni destinate ad un vasto pubblico (ovvero i possessori del
terminale) con la formula del revenue sharing tra operatore e sviluppatore. Tuttavia, poiché
nella maggior parte dei casi i contenuti sono disponibili in modalità freemium o free, tale
3http://www.filodiritto.com/index.php?azione=visualizza&iddoc=1627
4
Vodafone ha lanciato un proprio application store disponibile per alcuni modelli di due distinti operatori
manifatturieri (Samsung e Nokia), mentre Tim ha stretto un accordo con la stessa Nokia per fornire il proprio sistema di pagamento su Ovi Store, negozio online di contenuti e applicazioni lanciato dall’operatore svedese.
146
Telecomunicazioni mobili
modello sembra generare una parziale ma progressiva sostituzione dei contenuti a pagamento
con contenuti e applicazioni disponibili gratuitamente, piuttosto che un effetto sostituzione
pay vs pay: se nei portali delle Telco il rapporto tra contenuti pay e free era di 95 a 5, negli
application store questo appare radicalmente capovolto (8-92)5. Gli effetti di tale dinamica,
sebbene positivi per i player manifatturieri, che offrono così ai propri clienti una serie di microservizi e applicazioni aggiuntive, generano un complessivo calo dei ricavi derivanti da contenuti
mobili, che risultano in perdita di circa il 20% (-160 milioni di euro) rispetto al 2008 (tab. 11).
Tabella 11 - Confronto ricavi mercato mobile: accesso, contenuti e pubblicità, 2008 - 2009
PoliMi
Confindustria SI
2009
2008
∆% 08-09
2009
2008
∆% 08-09
Mobile internet
392
334
17,37
n.d
n.d.
n.d.
Mobile content pay
596
744
-19,89
763
900
-15,22
- di cui da application store
24
6
300,00
2
0
-
Mobile advertising
32
32
0,00
20,5
22
-6,82
1020
1110
-8,11
783,5
922
-15,02
Totale
Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione Iem su dati Polimi (Osservatorio Mobile Content 2010) e
Confindustria (Rapporto E-Content 2010)
Infatti, al decremento dei ricavi da contenuti venduti dagli operatori tlc corrisponde un
minimo aumento delle revenue per i gestori di application store, peraltro stimato in modo
molto diverso a seconda delle fonti considerate (+2 milioni secondo Confindustria SI e +18
milioni secondo PoliMi).
D’altra parte, tale nuovo meccanismo di diffusione dei contenuti contribuisce notevolmente
all’incremento del traffico dati in mobilità: questo segmento è passato da 334 a 392 milioni
di euro (+17%) un dato sicuramente incoraggiante che però non è riuscito a compensare la
netta diminuzione dei ricavi da contenuti. La pressione concorrenziale di fornitori di contenuti
“terzi” (rispetto alla gestione del traffico mobile) sembra dunque sospingere gli operatori di
telefonia a rifocalizzarsi sui ricavi da traffico internet, venendo meno le possibilità di ricavo
nelle vesti di content provider. In questo senso, la progressiva diffusione delle tariffe flat, che
ha generato ricavi in aumento di 53 milioni rispetto al 2008 (+68%) a fronte dei 5 milioni di
incremento fatti registrare dalla tariffazione a consumo (+2 % sul 2008)6 costituisce un segnale
importante, così come le offerte che puntano in modo sempre più deciso sulla fornitura di
pacchetti comprendenti smartphone dotati di accesso ad internet e connessione “senza limiti”.
Tuttavia, proprio la tariffazione flat è messa in pericolo dal rischio di sovraccarico delle reti e,
per sopperire a tale problema, tutti gli operatori stanno attuando pratiche di traffic shaping che
limitano le velocità di navigazione degli utenti in certi lassi di tempo o una volta superata una
determinata soglia di traffico.
Se da un lato sembra profilarsi la fornitura di internet mobile secondo un modello di business
che premia gli utenti disposti a pagare di più per un migliore servizio, dall’altro tale fenomeno
rischia di rallentare la diffusione della banda larga mobile presso ampie fasce della popolazione
e conseguentemente il suo utilizzo da parte della massa critica di utenti necessaria a rendere
profittevoli gli investimenti in questa tecnologia. Per garantire uno sviluppo del mobile
broadband che coinvolga il maggior numero possibile di individui appare dunque necessario
che operatori e Istituzioni continuino a lavorare per sopperire al digital divide mobile con
investimenti e liberalizzazioni. In questo senso, la previsione di assegnare le frequenze liberate
dal passaggio al digitale del sistema radiotelevisivo agli operatori di telefonia mobile tramite asta
pubblica introdotta dalla legge di stabilità 2010 costituisce un segnale importante. Tuttavia, la
mancata previsione di indirizzare parte delle risorse ricavate dalla gara negli investimenti volti
a ridurre il digital divide, come richiesto dalla Commissione Europea7, rischia di determinare
5
Rapporto E-Content 2010, Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici
6
Fonte: Osservatorio Mobile Content e Internet 2010
7
Cfr. l’Agenda digitale europea, le audizioni del Commissario Neelie Kroes presso la IX Commissione della
Camera e l’VIII del Senato e la Decisione del 6 maggio 2010, la quale definisce norme tecniche armonizzate che gli
Telecomunicazioni mobili
147
un abbassamento del livello degli investimenti per il 2011-128.
Figura 1 - Investimenti in immobilizzazioni, 2005-2009
4.000
3.500
3.428
3.165
3.194
3.046
3.000
2.415
2.500
2.000
1.500
1.000
500
0
2005
2006
2007
2008
2009
Note: dati in milioni di euro. Fonte: elaborazione IEM su dati Agcom.
A tal proposito, nel 2009 si è registrata una netta riduzione degli investimenti su rete mobile
da parte degli operatori infrastrutturati (-22%), dovuta sia alla recessione economica sia
soprattutto alla capillare copertura delle rete raggiunta da parte degli operatori. Il valore assoluto
degli investimenti effettuati nel 2009 si è attestato a quota 2.415 milioni di euro, il più basso
dell’ultimo quinquennio. D’altra parte, la crescita del traffico dati osservata precedentemente
rende estremamente urgenti nuovi investimenti in tale direzione. Anche il nuovo standard
Lte9, che permette performance di almeno 100 Mbps in download e 50 Mbps in upload, con
picchi fino a rispettivamente 326.4 Mbit/s e 86.4 Mbit/s10, e che verosimilmente contribuirà a
sviluppare ulteriormente il mercato del mobile broadband, se da un lato consente una maggiore
efficienza “spettrale” e una maggiore flessibilità, dall’altro necessita dell’aggiornamento delle
reti di trasmissione, non essendo retro-compatibile con gli standard precedenti11. Per queste
ragioni gli operatori stanno investendo in specifici programmi destinati alla costruzione di
infrastrutture per la banda larga mobile: Vodafone ha lanciato un piano per coprire mille
Comuni in condizioni di digital divide a partire da gennaio 2010, e ha previsto di stanziare oltre
1 miliardo di euro in tre anni. Inizialmente verrà adottata la tecnologia HSPA+, per poi passare
Stati membri devono rispettare per l’assegnazione delle frequenze radio nella banda a 800 MHz.
8
Poiché gli operatori sono verosimilmente gli stessi che parteciperanno all’asta e dunque dovranno effettuare un ingente esborso per le frequenze (il Governo lo stima complessivamente intorno ai 2,4 miliardi di euro) è
possibile che per far fronte a tale pagamento siano costretti a tagliare parte degli altri investimenti in infrastrutture.
9
Il nuovo standard LTE (Long Term Evolution) è l’ultimo della famiglia degli standard mobili di trasmissione ed è stato realizzato dal 3rd Generation Partnership Project (3GPP). Sebbene sia noto come standard di quarta
generazione (4G), in realtà non è completamente corrispondente alle specifiche dell’ IMT Advanced 4G, al contrario
dell’LTE Advanced, che consente performance vicine ad 1 Gbps. Mentre l’LTE non è compatibile con le reti precedenti (GSM, UMTS ecc) l’Advanced LTE è totalmente compatibile con le reti LTE. Di conseguenza, sarà necessario
affiancare una nuova infrastruttura a quelle esistenti. La funzione dell’ LTE consiste quindi nell’implementazione
delle performance della banda larga mobile sfruttando l’esperienza e gli investimenti effettuati per le reti 3G: ciò
consentirebbe di anticipare i tempi rispetto alla disponibilità degli standard di quarta generazione 4G, facendo sì
che, quando verranno introdotti, non sarà necessaria la costruzione di una ulteriore rete di trasmissione.
10
Rumney, Moray. “3GPP LTE: Introducing Single-Carrier FDMA”. Agilent Technologies.
11
Cfr. Nota 9.
148
Telecomunicazioni mobili
all’LTE entro due o tre anni, e avranno priorità i Comuni che sono attualmente in condizione
di Digital Divide totale. La capacità prevista dovrebbe essere superiore ai 2 Mbps, una soglia
doppia rispetto alla quota di 1 Mbps ritenuta, anche a livello internazionale, soglia minima di
“larga banda”. Inoltre, sia nel piano industriale di Telecom Italia, che include il potenziamento
della rete mobile di TIM, sia nella roadmap stilata da Vodafone, sono annunciati aggiornamenti
delle capacità delle rispettive reti (nelle aree già coperte) da 14,4 a 21-21,6 Mbps, fino a 42 Mbps
nel 2012. Secondo le stime di Telecom Italia, nel 2013 il traffico sulla propria rete mobile sarà
pari a 150 Petabyte (150 milioni di Gigabyte) quasi il triplo degli attuali 60 Petabyte previsti
in transito sulla rete TIM nel 2010, ben 15 volte il volume del 2007. Un tasso di crescita simile
(anche se molto inferiore in termini assoluti) è stato registrato anche sulla rete di 3 Italia, passata
dal trasporto di 7 Petabyte del 2008 ai 16 del 2009 fino ai 5 del solo primo trimestre 201012.
Dunque, se dal punto di vista della gestione di contenuti e applicazioni gli operatori si
ritrovano in competizione con gli application store proprietari dei player manifatturieri, per
quanto riguarda la fornitura di connettività appare cogente il problema del sovraccarico delle
reti. Relativamente ai primi, il nuovo modello di business introdotto dagli application store
proprietari sembra rappresentare per gli operatori tlc un competitor ma anche una leva di
sviluppo con cui occorrerà trovare sinergie efficaci che rendano il mercato mobile redditizio.
Infatti, per evitare che la diffusione di internet mobile si arresti o si trasformi in un fenomeno
circoscritto ed elitario, appare necessario di ricreare, probabilmente coinvolgendo gli stessi
fornitori di contenuti e servizi (anche eventualmente con meccanismi di revenue sharing tra
operatori di rete e fornitori aggregatori di contenuti), un circolo virtuoso in grado di stimolare
gli operatori a investire maggiormente nelle reti mobili e a promuovere l’utilizzo di tariffe flat,
così da favorire la sottoscrizione di abbonamenti da parte del maggior numero possibile di
utenti. Il raggiungimento della massa critica di utenti per rendere proficui tali investimenti
passa verosimilmente per uno sviluppo del nuovo mercato dei servizi mobili che sia più
condiviso e remunerativo per tutti in player della filiera.
4. Il confronto internazionale
Il confronto con i principali mercati europei, come già rilevato negli anni precedenti, vede
l’Italia in una posizione di leadership per quanto concerne il numero di linee attive. L’Italia
presenta infatti la più alta penetrazione di linee mobili rispetto alla popolazione (158,42%),
seppur in calo rispetto al 2008. Seguono la Germania (133,03%) e il Regno Unito (131%),
mentre Francia e Spagna presentano tassi minori, maggiormente in linea con il numero di
abitanti, rispettivamente pari al 97,92% e al 109,30%.
Tabella 12 - Evoluzione delle linee di telefonia mobile, 2005-2009
2009
2008
2007
2006
2005
∆ %09-08
Cagr05-09
Francia
97,9
93,6
89,8
85,1
79,5
4,63
5,35%
Germania
133,0
129,9
117,6
103,6
95,9
2,38
8,53%
Italia
151,2
158,4
157,6
135,1
123,1
-4,56
5,28%
Spagna
109,3
107,5
107,1
102,2
96,8
1,67
3,08%
Regno Unito
131,7
126,3
121,8
115,9
109,2
4,28
4,80%
Note: dati in milioni. Fonte: elaborazione IEM su dati Arcep,VATM, Assinform, Ofcom e CMT.
Il mercato di telefonia mobile più ampio risulta ancora essere quello tedesco, sebbene il trend
degli ultimi cinque anni evidenzi l’ormai raggiunta saturazione: sceso a quota 23 miliardi di
euro, esso presenta tassi di decremento elevati sia sul lungo periodo (-4% medio annuo dal
2005) sia nel confronto anno su anno (-7% rispetto al 2008).
12
Nel corso del 2009, 3 Italia ha siglato due importanti accordi: quello esclusivo con Ericsson per lo sviluppo
di una rete in banda larga mobile all’avanguardia, e quello con Telecom Italia per la condivisione dei siti di accesso
per la rete radiomobile per ottimizzare gli investimenti e i tempi di sviluppo della rete stessa (fonte: 3 Italia).
Telecomunicazioni mobili
149
Tabella 13 - Evoluzione del mercato di telefonia mobile nei principali paesi europei, 2005-2009
Francia
2009
2008
2007
2006
2005
∆ % 09-08
Cagr 05-09
20,4
20,1
19,0
18,1
17,4
1,49
4,06
Germania
23,6
25,4
26,4
27,8
28,1
-7,09
-4,27
Italia
18,8
18,8
18,5
18,0
17,2
0,35
2,33
Regno Unito
16,7
17,3
16,8
15,6
14,7
-3,24
3,27
Spagna
14,3
14,9
14,8
13,3
12,0
-3,99
4,56
Totale
93,9
96,5
95,5
92,8
89,4
-2,69
0,01
Note: dati in miliardi di euro. Fonte: elaborazione IEM su dati Arcep,VATM, Assinform, Ofcom e CMT.
Discorso inverso per la Francia che, grazie ad un tasso di crescita costante (+4% medio
nell’ultimo quinquennio), è riuscita a resistere bene anche alla crisi, guadagnando circa l’1,5%
nel 2009 e confermandosi il secondo mercato europeo per dimensioni. L’Italia rafforza la
propria posizione facendo segnare una leggera crescita (+0,3%)13 mentre la Spagna subisce una
sensibile battuta d’arresto (-4%), così come il Regno Unito (3,2%)
Scomponendo i ricavi secondo le direttrici, sono due le tendenze che emergono distintamente:
la perentoria crescita del traffico dati e la diminuzione del traffico voce e sms (Tab. 14). Per ciò
che concerne il mercato voce, in Italia e Francia la riduzione appare contenuta, rispettivamente
-1,09% e – 1,92%, mentre in Germania e in Spagna questo segmento perde quasi il 9%. Al
contrario di quello spagnolo, inoltre, il trend tedesco mostra valori sensibilmente negativi anche
sul lungo periodo (sfiorando quasi il 7% medio annuo), lasciando presagire un progressivo
cambiamento nelle abitudini degli utenti, sempre più orientati alla sottoscrizione di offerte di
pacchetti di minuti che riducono i ricavi per gli operatori.
Il comparto del traffico dati è quello che ha fatto segnare le performance migliori: in un mercato
maturo come quello tedesco questa componente supera abbondantemente quota 3 miliardi di
euro, con un tasso di crescita media annua nell’ultimo quinquennio di quasi il 40%. Anche
in Italia il traffico dati fa segnare valori molto positivi (+22% medio annuo dal 2005 e +10%
rispetto al 2008) sfiorando nel 2009 quota 2 miliardi di euro, così come in Spagna (1,5 miliardi
nel 2009). Più difficile fare una stima sul trend francese, anche se l’incremento di oltre 20
punti percentuali della componente dati + sms, considerando che questo secondo segmento
presenta valori negativi in tutti gli altri mercati, potrebbe rivelare un’ottima performance del
mercato dati, in grado di controbilanciare brillantemente l’ipotizzato calo del mercato sms.
Proprio quest’ultimo segmento, come prevedibile, sta diventando un comparto di secondo
piano in tutti i mercati europei, sia per via dei pacchetti che offrono grandi quantità di sms a
costi ridotti, riducendo il ricavo unitario, sia perché l’evoluzione delle forme di comunicazione
mobile lo rende sempre più uno strumento obsoleto: calato di quasi 9 punti in Germania,
di 6 in Italia e di 9 in Spagna, il mercato sms verrà probabilmente rimpiazzato in maniera
graduale dallo scambio dati. Complessivamente, dunque, in tutti i grandi paesi europei gli
operatori stanno fronteggiando il progressivo cambiamento delle abitudini degli utenti e la
trasformazione dei terminali mobili da strumenti di comunicazione one-to-one a veri e propri
media center in grado di fornire connettività, intrattenimento e accesso al web. L’abilità di
guidare o accompagnare questa evoluzione determinerà probabilmente i futuri equilibri del
mercato negli anni a venire.
13
In questa comparazione sono stati utilizzati i dati Assinform, che vedono il mercato italiano crescere dello
0,3%. Più negativo è l’andamento secondo l’Agcom, vedi supra.
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Telecomunicazioni mobili
Tabella 14 - Ricavi da servizi di telefonia mobile nei maggiori paesi europei, 2005-2009
Paese
Francia
Germania
Italia
Regno Unito
Tipologia di
ricavi
voce
2008
2007
2006
2005
∆%09-08
Cagr 09-05
15,30
15,60
15,10
14,60
14,30
-1,92
1,70
dati e sms
3,80
3,10
2,40
2,10
1,90
22,58
18,92
Vas e directory
1,30
1,40
1,40
1,30
1,20
-7,14
2,02
voce
17,23
18,95
20,36
22,08
22,97
-9,08
-6,94
dati
3,23
3,02
2,35
1,67
0,92
6,98
36,92
mms
0,19
0,20
0,24
0,22
0,17
-7,39
2,85
sms
2,95
3,23
3,46
3,83
4,04
-8,53
-7,56
voce
10,92
11,04
11,11
11,20
10,80
-1,09
0,28
dati e mms
1,99
1,80
1,54
1,30
0,90
10,56
21,94
sms
2,22
2,37
2,33
2,50
2,30
-6,33
-0,88
voce
11,78
12,34
12,57
11,89
11,56
-4,54
0,47
1,9
1,57
1,01
0,78
0,44
21,02
44,15
dati e mms
Spagna
2009
sms
3,03
3,36
3,25
2,91
2,69
-9,82
3,02
voce
10,27
11,28
11,69
10,82
9,83
-8,95
1,10
dati
1,50
1,11
0,78
0,46
0,30
35,02
49,06
sms e mms
1,57
1,73
1,74
1,65
1,55
-9,08
0,30
Note: dati in miliardi di euro. Fonte: elaborazione IEM su dati Arcep,VATM, Agcom, Ofcom e CMT.
Telecomunicazioni mobili
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