li, corrono dei cornicioni marcapiano. Le tre porte sono anch`esse
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li, corrono dei cornicioni marcapiano. Le tre porte sono anch`esse
Applique in avorio a forma di palmetta (Tumulo I del Sodo). Frammenti di lamine in argento (fine VII-primo quarto VI sec. a.C.), Tumulo di Camucia, tomba A. Pagina seguente Fibula aurea ad arco conformata a pantera accovacciata di produzione vulcente (Tumulo II del Sodo, tomba 1). Anello (Tumulo II del Sodo, tomba 2). Parte di collana con pendente (Tumulo II del Sodo, tomba 2). Pendenti (Tumulo II del Sodo, tomba 2). Diadema foliato in oro (Necropoli di Bettolle). 26 li, corrono dei cornicioni marcapiano. Le tre porte sono anch’esse con bugnato a ventaglio; le piccole finestre sopra a dette porte appartengono al mezzanino mentre quelle più grandi, architravate e sormontate da arco, appartengono ai due piani superiori. Nei secoli che seguirono vi furono ancora trasformazioni, anche relative all’uso dei locali, adibiti pure a Pretura, Comando dei Carabinieri e uffici di vario genere. Nel 1727 il granduca Giangastone dei Medici concesse all’Accademia Etrusca, da poco costituita per iniziativa di Marcello, Ridolfino e Filippo Venuti, l’utilizzo di alcune stanze del palazzo da destinare anche al relativo Museo e Biblioteca. Il Museo cominciò a prendere forma quando l’abate Onofrio Baldelli fece dono all’Accademia Etrusca della sua ricca e nutrita collezione e della sua biblioteca e da quel momento in poi ha ininterrottamente incrementato il numero di oggetti e opere d’arte (donate o acquistate) facendo accrescere, in tal modo, di valore, di pregio e d’importanza l’istituzione stessa. Nel 1986 il Comune di Cortona affidò a Mario Torelli, ordinario di Archeologia etrusca e romana all’Università di Perugia, il compito di eseguire un progetto scientifico per l’ampliamento e l’approfondimento della documentazione storica, fino ad allora acquisita, riguardante le ricerche archeologiche, in relazione alle origini di Cortona e alla polis. Nel 2005, finalmente, vide la luce il grandioso e straordinario MAEC, Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona, un unico organismo che racchiude in sé il Museo dell’Accademia Etrusca e il Museo della Città Etrusca e Romana di Cortona, accostando elementi preistorici a quelli di storia etrusca e romana e a quelli relativi al collezionismo settecentesco e ottocentesco. La visita può avere inizio con l’osservazione di un’ampia vetrina contenente interessanti fossili che provengono prevalentemente da Farneta e nella quale è riprodotto l’ambiente e il territorio della Valdichiana durante il Quaternario. Scendendo dei gradini, la prima sala accoglie testimonianze delle tracce di vita a Cortona in epoca preistorica e protostorica, come la riproduzione in scala di una capanna di età villanoviana rinvenuta nel 1987 nei pressi di via Vagnotti e il calco – perché gli originali sono conservati al Museo Archeologico di Arezzo – del corredo di una tomba (inizi Antica Età del Bronzo) a semplice fossa delle genti di Rinaldone scoperta a Battifolle presso Farneta, in cui era collocato un defunto con delle armi. Vi sono, inoltre, vasi in bucchero e svariati manufatti ritrovati in un grande Musei Chiese 27 Urna cineraria in arenaria e terracotta (480-460 a.C.), Tumulo II del Sodo, tomba 2. Placchetta di rivestimento a forma di sfinge (primo quarto VI sec. a.C.), Tumulo di Camucia, tomba A. Presa di coperchio a forma di volatile in avorio (primo quarto VI sec. a.C.), Tumulo di Camucia, tomba A. 28 edificio nei dintorni di Fossa del Lupo (a sud-ovest di Camucia) il cui insediamento umano è databile tra la fine del VII secolo a.C. e il I secolo a.C.; materiali di arredo provenienti dalla Necropoli di S. Martino alla Rota e altri materiali da una necropoli di epoca ellenistica presso il vicus di Creti, a ovest della campagna cortonese. Il percorso all’interno del Museo della Città Etrusca e Romana prosegue nelle sale dedicate agli stupefacenti materiali rinvenuti dopo una ricerca durata circa quindici anni. Tali materiali archeologici esposti nelle spaziose vetrine sono stati ritrovati nelle imponenti e maestose tombe dei Tumuli I e II del Sodo, nel Tumulo di Camucia e in una necropoli di età orientalizzante. Il Tumulo I del Sodo fu costruito intorno al 580 a.C. ed era formato da un tumulo con altezza pari a circa dieci metri e un diametro di cinquanta metri, all’interno del quale era una sola tomba a camera. Intorno ad esso sono state trovate molte tombe a fossa e alla cappuccina che sono la dimostrazione dell’uso cimiteriale di questo spazio in un periodo anteriore a quello etrusco. Il Tumulo II del Sodo (580-570 a.C.), invece, conteneva due camere sepolcrali: la tomba 1 (terzo decennio del VI sec. a.C.) che fu ritrovata nel 1928-1929 e la tomba 2 (480-460 a.C.) che fu scoperta nel 1991. Il visitatore potrà ammirare con stupore vasellame di impasto, anfore, olle di impasto con coperchio, attingitoi, fibule, armi, balsamari configurati, calici e coppe in bucchero; e ancora: corredi in ceramica a vernice nera e in ceramica acroma, vasellame bronzeo, armi in ferro ed elementi decorativi, ma soprattutto le magnifiche oreficerie femminili in oro e alabastro. Il Tumulo di Camucia (fine VII sec. a.C.), che si trova lungo la strada 71 Umbro-Casentinese, fu identificato da Alessandro François nel 1840 su una proprietà della famiglia Sergardi. Gli scavi furono effettuati nel 1842 e svelarono l’esistenza di una tomba a camera (tomba A, detta anche François dal nome dell’archeologo che l’aveva scoperta) utilizzata dalla fine del VII alla seconda metà del VI secolo a.C. Successivamente fu rinvenuta una seconda tomba a camera (tomba B) usata sia in epoca arcaica sia in quella ellenistica. In queste sepolture sono stati trovati degli oggetti pregiati (ricco servizio da mensa in bucchero chiusino; armi – ascia e punte di lancia –; oggetti di ornamento personale in materiale prezioso; avori; cinerario in lamina bronzea; ceramiche attiche a figure nere e rosse) che documentano la classe, la ricchezza e l’elevato status sociale dei destinatari delle tombe – Principes –. Musei Foculo di bucchero con suppellettile (seconda metà del VI sec. a.C.), Tumulo di Camucia, collezione Sergardi. Lebete in bucchero con coperchio (VI sec. a.C.), Tumulo di Camucia, collezione Sergardi. Sostegno traforato in bucchero (inizio VI sec. a.C.), Tumulo di Camucia, tomba B. L’insieme di oggetti relativo alle deposizioni della tomba B include anche il servizio per il consumo del vino (il sostegno traforato doveva assolvere la funzione di reggere un contenitore di notevoli dimensioni). Olla-cinerario in impasto con coperchio (fine VII-prima metà VI sec. a.C.), Tumulo di Camucia, tomba A. Il metodo di inumazione più diffuso nei sepolcri cortonesi era quello crematorio. Un antico e ragguardevole seppellimento è attestato da un cinerario di bronzo laminato, ornato a sbalzo nella tecnica a fasce puntinate. La collezione archeologica dei coniugi Giulia Spannocchi Piccolomini e Alessandro Sergardi si costituisce alla metà del XIX secolo con i corredi funerari rinvenuti negli scavi effettuati nella tomba A del Tumulo di Camucia e nella Necropoli in località Fonte Rotella. Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona Anfora in bucchero con coperchio (fine VII-primo quarto VI sec. a.C.). Gli svariati oggetti custoditi nella tomba A di Camucia evidenziano l’appartenenza dei defunti all’aristocrazia. Lekane in ceramica attica a figure nere con decorazione zoomorfa attribuita all’officina di Lydos (metà VI sec. a.C.), Tumulo di Camucia, collezione Sergardi. 29 “Lastra delle piangenti” (produzione chiusina della seconda metà del VI sec. a.C.). Il bassorilievo, utilizzato quale ornamento per un fastoso letto funebre, è costituito da tre blocchi di pietra tufacea sistemati l’uno accanto all’altro e raffigura il lamento funebre: otto figure femminili sono inginocchiate e mentre due, situate nel mezzo, tengono le mani davanti al viso le altre, ai lati, si battono il petto. Piede di tripode configurato a zampa di toro (VII sec. a.C.) e protomi taurine attinenti al tripode (VII sec. a.C.). Tomba principesca di Trestina-Tarragoni. Tabula Cortonensis (II sec. a.C.), scoperta nel 1992 in località Le Piaggette. È formata da una lamina rettangolare in bronzo (28,5x45,8 cm; lo spessore è di 2 mm ca) che in alto ha una struttura con due elementi e un pomello forse usati in passato per tenerla appesa. La tavola, anticamente, fu ridotta in otto pezzi, di cui uno non ritrovato. Per la scrittura del raro e pregiato documento sono state impiegate entrambe le facciate nelle quali sono state incise quaranta righe di testo. Le complessive duecentosessanta parole che compongono la Tabula Cortonensis la rendono il terzo testo etrusco più lungo, tra quelli conosciuti, dopo la Mummia di Zagabria e la Tabula Capuana. È possibile, inoltre, che l’incisione nella tavola sia stata compiuta da due diversi scribi: uno è stato autore delle prime ventisei righe della faccia A e delle otto della faccia B, l’altro delle ultime sei del recto. Le parole iscritte nella Tabula attestano l’atto di vendita di terreni ubicati nei pressi del Lago Trasimeno al consorzio dei Cusu da parte di Petru Scevas e la successiva sentenza pubblica (vindicatio) del contratto davanti ai testimoni. Tra tutti i rinvenimenti spicca nella tomba B un’importante quanto suggestiva “lastra delle piangenti”, una scultura, realizzata nella seconda metà del VI secolo a.C., che adornava un lussuoso letto funebre (i cui resti si trovano ancora sul posto). L’antica storia di Cortona continua ad essere narrata in modo chiaro ed affascinante attraverso l’esposizione di significativi materiali ed eccellenti oreficerie provenienti da Bettolle e Foiano, ma anche da Trestina e Fabbrecce, testimonianza palese dell’influenza e del potere che la città esercitava su un ambito di grande estensione che andava dalla Valdichiana alla montagna tiberina. In una sala del Museo troneggia la Tabula Cortonensis, eccezionale ritrovamento avvenuto nel 1992 in località Le Piaggette. Il prezioso documento etrusco è in bronzo e riporta un atto giuridico collocabile nel II secolo a.C., promulgato dal pretore di Cortona, coadiuvato da alcune persone della nobilitas del luogo. L’iscrizione si riferisce a una compravendita di terreni attraverso la pratica della in iure cessio, una procedura che contemplava lo svolgimento di un finto processo. Le sale dedicate agli scavi di una Villa Romana, costruita all’inizio del I secolo a.C. nei dintorni di Ossaia (una frazione a sud di Cortona, in località La Tufa), e ai materiali in Facciata A (recto) contenente trentadue righe di testo. Facciata B (verso) contenente soltanto otto righe di testo. 30 Musei Chiese 31 uno stupendo gioiello domina su tutti gli altri: la meravigliosa e raffinata Maternità che, dipinta nel 1916, rappresenta un mutamento di direzione da quello che era l’orientamento futurista e avanguardista del pittore cortonese. L’atteggiamento del corpo e l’espressione del viso della madre (Jeanne Fort, moglie di Severini), rivelano stati d’animo delicati e colmi di affetto per quella piccola e tenera creatura (Antonio, il secondogenito dell’artista, scomparso prematuramente). Mosaico proveniente dalla Villa Romana di Ossaia. Laminette di bronzo con ritratti imperiali (205-260 d.C.). L’impugnatura di un bastone magistratuale (fine III-IV sec. d.C.) e cinque laminette bronzee sono alcuni degli importanti reperti trovati in un locale collocato di fianco alla sala di rappresentanza nella parte nord della Villa di Ossaia. essa rinvenuti destano grande interesse. Si possono ammirare, infatti, coppe in terra sigillata italica, un glirarium (orcio in terracotta per l’allevamento dei ghiri), oggetti di ornamento personale in bronzo e in osso ma soprattutto pregiati mosaici: in particolare, un mosaico policromo con un accurato disegno geometrico a tessere bianche e nere e un altro raffigurante due animali feroci. L’itinerario all’interno del MAEC prosegue con la visita al Museo dell’Accademia Etrusca, vero e proprio simbolo della cultura intellettuale illuministica, che custodisce splendide opere d’arte di Pietro Berrettini, di Luca Signorelli, di Spinello Aretino, del Pinturicchio, di Gino Severini ma anche pregevolissimi materiali archeologici di diversi periodi storici, bronzetti etruschi, italici, romani, ceramiche, monete e libri antichi e unici. Sala Severini Questa sala è dedicata al superbo e mirabile pittore Gino Severini (Cortona 1883-Parigi 1966) e conserva preziosamente tante opere donate dal Maestro stesso e, dopo la morte, dalla sua famiglia. Tra i ritratti si può vedere il Ritratto di nonna Adelaide (1903), La Bohémienne (1905, pastello su carta), il Ritrat to del padre Antonio (1907, olio su tela), l’Autoritratto (1925), Ritratto di Jeanne (1934, olio su tavola). L’esposizione continua con disegni, litografie, documenti, lettere, fotografie, ma anche con composizioni dinamiche cubofuturiste e opere polimateriche come quelle appartenenti a “Age industriel”. In questa significativa e incantevole galleria, comunque, 32 Musei Sala del Medioevo cortonese Le opere qui raccolte costituiscono una straordinaria documentazione relativa all’importanza di Cortona nel Medioevo. Tra queste si ricorda la Vergine orante (XIII sec.), un mosaico di tipo bizantino proveniente dalla distrutta Chiesa di S. Andrea; la Croce Viaria (XII sec.) e l’arco di ciborio (IX sec.) proveniente dall’antica Cattedrale di S. Vincenzo. Una gran quantità di dipinti impreziosisce la sala: Ma donna col Bambino e santi, trittico di Bicci di Lorenzo (1369-1452); frammenti di un Polittico con otto santi (fine XIV-inizi XV sec.) attribuito alla cerchia di Spinello Aretino; S. Zanobi e s. Benedetto (1380-1385) e s. Ata nasio e s. Antonio abate (1380-1385) di Niccolò di Pietro Gerini (1368-1414); Madonna in trono col Bambino e angeli di Mariotto di Nardo (1394-1424). Il Lampadario Etrusco, magnifico esemplare dell’arte etrusca interna settentrionale, è esposto in una sala opportunamente progettata perché possa essere fruibile nella sua globalità e possano essere ammirati tutti i particolari che ne contraddistinguono la ricca decorazione. Ritrovato in località Fratta – nei pressi di Cortona – nel 1840 e acquistato nel 1842 dai soci dell’Accademia Etrusca, fu portato a compimento nella seconda metà o ultimo quarto del IV secolo a.C. e utilizzato per illuminare un luogo sacro; nel II secolo a.C., però, fu posto in un altro edificio, probabilmente anch’esso dedito al culto. Realizzato con la tecnica della “cera persa”, venne fuso in una sola volta usando un’unica complicata matrice per il maggior numero dei fregi, mentre i restanti furono incisi a freddo. Nella parte centrale è un gorgoneion con corona di serpentelli e intorno a questo tondo ci sono degli animali in lotta tra loro. Nella fascia ad onde si vedono dei delfini e in quella esterna sileni e sirene. Sedici protomi di Acheloo sono avvicendati da sedici beccucci in cui, come nel fusto situato al centro, sono riprodotte specie vegetali. Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona Maternità (1916), Gino Severini (Cortona 1883-Parigi 1966). Quest’opera, splendida e molto famosa, racchiude in sé eleganza e tenerezza, ma anche abilità tecnico-artistiche di chi l’ha compiuta. Targhetta in lamina di bronzo con iscrizione, fissata con chiodi a due beccucci del lampadario bronzeo. L’iscrizione, verosimilmente, indica che nel II secolo a.C. il lampadario trovò una nuova collocazione, forse in un tempio, comunque diverso da quello in cui faceva luce nel IV secolo a.C. 33 Lampadario Etrusco (seconda metà o ultimo quarto del IV sec. a.C.), sublime capolavoro in bronzo realizzato con la tecnica della “cera persa” in un’officina altamente qualificata, situata nell’Etruria interna settentrionale. L’eccezionale opera artistica (del peso di 57 kg ca e del diametro di 60 cm) è costituita, nella parte superiore, da un recipiente bordato con dentelli che conteneva olio, collegato a sedici beccucci, in cui bruciavano fiammelle, avvicendati a sedici protomi di Acheloo, e da un fusto a forma di cono – che s’innalza dal bacino ed è ornato da palmette – che serviva per appendere il lampadario al soffitto. La parte inferiore, quella visibile, mostra una serie complessa di decorazioni. La fascia esterna è adornata con sedici figure accosciate (otto sirene alternate a otto sileni itifallici), corrispondenti ai sedici beccucci. Le sirene, vestite con chitone e clamide, hanno coda da uccelli e ali e tengono le zampe alzate e le braccia piegate sul petto. I sileni sono tutti quanti nudi e hanno lunghi capelli riccioli; alcuni di loro suonano la syrinx e altri il doppio flauto. Sotto ai sileni ci sono dei delfini, rappresentati su onde marine stilizzate orientate verso sinistra. Nella fascia successiva, quella più interna, dodici belve, suddivise in quattro gruppi, lottano per prevalere su un altro animale. Al centro è posto un gorgoneion con la testa cinta da serpentelli, la bocca aperta e la lingua pendente. 34 Musei Due dei sedici protomi di Acheloo che si protendono dal bordo del lampadario; tra di essi si vede uno dei sedici beccucci che un tempo ospitava la fiammella. Particolare raffigurante una delle otto sirene (abbigliate con chitone e clamide e abbellite con collane) che, susseguite in modo alterno agli otto sileni, sono sistemate nella fascia esterna. Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona 35