La capacità di assorbire la fatica cresce con l`età, così la maratona
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La capacità di assorbire la fatica cresce con l`età, così la maratona
[NATI PER VINCERE] DI GIAN PAOLO ORMEZZANO SEMPRE IN GARA PER RESISTERE La capacità di assorbire la fatica cresce con l’età, così la maratona ha gli ultratrentenni protagonisti V iaggiando per la complicata anagrafe dello sport, o meglio, degli sportivi, parliamo stavolta dei giovani-vecchi o dei vecchi-giovani più popolari, i pedoni delle lunghe distanze, dai 5.000 metri alla maratona, passando per i 20 e i 50 chilometri di marcia, e dando per postulato che le donne sono, quando si tratta di corsa lunga, come gli uomini, frequentatrici degli stessi problemi fisici e ana- grafici e interpreti degli stessi successi. Nel centenario della gloriosissima ma statisticamente inutile impresa ai Giochi olimpici di Londra 1908 del maratoneta italiano Dorando Pietri, primo ma squalificato per essere stato vistosamente soccorso dai giudici, persino spaventati dal suo crollo fisico a pochi metri dal traguardo, ci si è accorti che al tempo di quell’olimpiade, la quarta dell’era moderna, il pasticciere di Carpi aveva appena 23 anni. Nelle fotografie appare come un vecchietto stremato, e di lui si è sempre parlato come di un asceta pieno di ruvidi profondi segni di vita sofferta o semplicemente trascorsa. Vecchietto appariva anche, ai Giochi di Mosca 1980, Miruts Yifter, etiope, un piccolotto con tante rughe a fare antichità fisica, e in effetti nemmeno lui conosceva esattamente la sua età: forse 44 anni, comun- que tante mogli e tanti figli. Vinse facilissimamente i 5.000 e i 10.000 metri, si prenotò per la maratona olimpica di quattro anni dopo, a Los Angeles, ma ebbe dei problemi col suo Governo, lui che si batteva per l’indipendenza della sua regione, l’Adigrat (aveva fatto anche un anno di prigione), e si trasferì negli Stati Uniti per fare l’allenatore, nonostante lo avessero nominato capitano dell’aeronautica per premiare alla sua straordinaria 씮 BOOM DELLE CINESI: EXPLOIT O DOPING? 씰 Alla fine degli anni Ottanta ci fu il boom delle podiste cinesi. Tutte “stampate” nella stessa maniera, giovanissime, esili, poco più che bambine, tutte irreggimentate da un allenatore uscito dal nulla, un certo signor Ma, che le teneva come prigioniere in una sorta di immenso convento sui monti, le sottoponeva a duri allenamenti in altura, le nutriva con intrugli, le corroborava con sangue di tartaruga (prodotto costosissimo, puntualmente messo sul mercato a Hong Kong per i gonzi ricchi). Le bambine di Ma fecero in tempo a vincere qualche gara grossa e persino a stabilire qualche primato mondiale 106 OTTOBRE 2008 CLUB3 prima di essere cancellate dai pur sommari controlli antidoping. Idem per le nuotatrici cinesi, muscolate come rudi bagnini nostrani, allenate da tecnici profughi della Germania orientale che aveva inventato addirittura il doping di Stato. Un’epifania repente e brevissima negli stadi e nelle piscine. Comunque la prova, anche se con supporto chimico, che non ci sono limiti anagrafici per la corsa di resistenza. E quanto al supporto chimico, lo usano tipi di tutte le età. Poi c’è stata anche la vicenda recente di quel bambinetto indiano, una decina di anni, spinto dal padre a correre indefessamente sin dal tempo 씰 Tre grandi maratoneti: Dorando Pietri a Londra, Miruts Yifter a Mosca e Stefano Baldini ad Atene dei primi passi, e usato come attrazione per le strade del suo immenso Paese. Una specie di Forrest Gump in miniatura. Riusciva, il piccolo podista, ad apparire comunque bambino nei sorrisi e nella timidezza persino quando copriva, correndo, distanze mostruose anche per fondisti sommi. Qualche diffida al padre, forse qualche intervento partito dall’alto, e del bambino prodigio adesso non si parla più. Comunque lui correva, oh se correva, e molto probabilmente non aveva bisogno neanche di quella modesta dose di doping, più o meno camuffato, che al giorno d’oggi non si nega a nessuno... g.p.o. CLUB3 107 OTTOBRE 2008 [NATI PER VINCERE] 씰 Linford Christie e Merlene Ottey, vincenti anche oltre gli “anta”. In basso, il “giovane” Usain Bolt 108 OTTOBRE 2008 CLUB3 씮 doppietta, i suoi voli verso la vittoria all’ultimo giro di pista. Ma, allora, il pedone da lunga distanza, il podista maratoneta deve essere vecchio come Yifter, o almeno recepire vecchiaia fisica precoce come Pietri? Non ci sarà mai un campione da lunghe distanze capace di mettere in pista o in strada la forza dei vent’anni, di apparire come un bel giovane atleta e non come un povero asceta? E la maratona, che non è preclusa ai sessantenni, è vietata ai minorenni? La vecchiaia “istituzionale” di fondisti e maratoneti (necessaria per emergere agonisticamente, ma anche per fare sport in maniera regolare e non mai devastante) è stata spiegata con le esigenze tattiche delle gare lunghe, facili da sbagliare da parte di chi non ha esperienza (e in fondo, Dorando Pietri la sbagliò, la maratona di Londra). E non solo. Col passare del tempo, la resistenza fisica, o la capacità fachiresca di sopportare la fatica dei muscoli invasi dall’acido lattico, cresce e intanto si affina. Così almeno si afferma, anche con frasi fatte che hanno ormai marmorizzato convinzioni forse fasulle. Come quando si decise che il grande nuoto era sport riservato ai giovanissimi, freschi e incoscienti e pieni di tempo libero prima di essere inghiottiti dal mondo universitario o da quello del lavoro, ma poi arrivarono i guadagni, grandi campioni nuotarono anche sino ai trent’anni e finì la leggenda delle bambinette che in acqua irridevano a Tarzan. In verità, manca, al podismo impegnato, l’appeal valido per i giovani: i quali preferiscono sport che sono giochi o comunque sport che sono scoppi di vita, non sordo metodo e richiesta di lavoro duro: un giovane “si butta” sui 100 metri, non pensa neppure di poter correre per una distanza e un tempo cento volte superiori. Lo sprinter nasce in maniera repente, il fondista cresce in progressione. Dorando Pietri era un errore d’anagrafe: e morì giovane, d’infarto, a 56 anni, mentre faceva a Sanremo il pensionato, grazie alla patetica ma fruttifera esperienza londinese che gli aveva procurato fama mondiale, ingaggi per corsette di esibizione, premi assortiti, trasformando una vittoria morale in un successo materiale persistente anche dopo un rovescio finanziario. Chiariamo, adesso: l’età avanzata del maratoneta, del fondista (e anche della maratoneta, della fondista) è un fatto reale, statisticamente privatissimo, come lo è il fatto che gli anziani sopportano meglio dei giovani i lavori duri. Ma questo non esclude che un giovane, se motivato alla grande, possa vincere la più grande delle maratone, così come possa sostenere lavori duri, dei campi o della miniera o dello stadio. E vale anche il ragionamento contrario: lo sprinter inglese di colore (nato in Giamaica) Linford Christie è stato il più veloce del mondo anche quando si è avvicinato ai quarant’anni, intanto che la sua omologa (d’anagrafe) Merlene Ottey, giamaicana e a fine carriera tesserata come slovena, lo imitava fra le donne. Ma questo semplicemente perché ai due lo sport ha offerto la possibilità di guadagni sino a pochissimo tempo prima chimerici nel mondo della corsa veloce e di tutta l’atletica leggera. Sovente si pensa al doping, e invece si tratta soltanto (soltanto?!) di soldi. 왎