La saggezza della memoria La saggezza della memoria

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La saggezza della memoria La saggezza della memoria
Pierantonio Bolognini
La saggezza della memoria
motti, citazioni e frasi celebri nella storia
Gardone Val Trompia
2005
Si raccolgono in questo volumetto – secondo l’ordine alfabetico –
motti, citazioni, frasi celebri che hanno lasciato nella storia una traccia così
profonda da rimanere vivi nella memoria delle successive generazioni, anche
nella forma di espressioni proverbiali o popolari che ricorrono ancora oggi con
maggiore o minore frequenza, nel linguaggio quotidiano.
La piccola antologia che segue, attraverso brevi note didascaliche, colloca detti e
vicende di uomini illustri nel loro tempo storico. Ma è la stessa forza evocativa di molte fra le
espressioni qui richiamate e tuttora presenti nel discorso contemporaneo a far riscoprire al lettore i
permanenti riflessi di una identità culturale comune, costruita nel cors dei secoli e fondata, nelle sue
più lontane e salde radici, sulla grande lezione dell’antica civiltà greca e romana.
Francesco Trovati
ABBIAMO IL PAPA !
(Habemus papam)
E’ la formula rituale della Chiesa Romana, che, con queste parole. Finito il conclave,
nella persona del cardinale Primo Diacono, annuncia al popolo l’elezione del nuovo
pontefice. Nel linguaggio comune sta ad indicare la risoluzione di una vicenda
contrastata
ACQUA ALLE CORDE !
Nel 1586 una straordinaria impresa della tecnica venne realizzata a Roma attraendo
l’attenzione del mondo intero: l’innalzamento, al centro di piazza S. Pietro di un
obelisco egiziano alto più di 25 metri e pesante 33 tonnellate. Più di cinquecento
matematici ed ingegneri presentarono il loro progetto per l’esecuzione del lavoro ma
la commissione nominata dal Papa scelse quello di Domenico Fontana. Narra la
tradizione che quando sembrò che le funi dovessero cedere per lo sforzo, un operaio,
nonostante la consegna del silenzio, abbia gridato la famosa frase che consentì alle
funi di riacquistare la giusta tensione e di portare a termine felicemente la
memorabile impresa
ALFIERE, PIANTA LO STENDARDO, QUI STAREMO BENISSIMO
(Signifer, statue signum, hic manebimus optime!)
La frase, riferitaci da Tito Livio, è attribuita ad un centurione romano che così rissole
la disputa sulla riedificazione della città dopo che Roma era stata incendiata dai Galli
di Brenno (390 a.C.)
ALLE BESTIE !
(Ad bestias)
La frase era la formula rituale con la quale gli antichi romani condannavano i
colpevoli ad essere sbranati dalle fiere del circo
ALL’ESTERO COME IN PATRIA IO REGNO SOLAMENTE CON IL
TERRORE CHE INCUTO !
La frase, attribuita a Napoleone, è sintomatica del pensiero del grande francese non
teso alla libertà, bensì all’ordine sociale, all’autorità, al potere e alla legislazione. Nel
regime napoleonico si fondevano infatti un dispotismo spietato, ma efficiente, ed il
fascino personale esercitato dal condottiero sulla popolazione
AMO IL TRADIMENTO MA ODIO IL TRADITORE
La frase è attribuita da Plutarco a Giulio Cesare nelle sue “Vite Parallele”
ANCHE LE MIE CAGNE ABBAIANO CONTRO DI ME ?
E’ Adelfasio nel Poemulus di Plauto, a porsi l’angosciosa domanda che simboleggia,
tuttora, il tradimento delle persone più vicine ritenute amiche e fedeli
ANCHE TU BRUTO, FIGLIO MIO
(Tu quoque Brute, fili mi)
Furono queste, secondo antica tradizione, le ultime parole pronunciate da Cesare
ormai colpito a morte dai congiurati che annoveravano tra le loro fila anche Bruto.
Figlio adottivo di Cesare, Bruto Marco Giunio (85-42 a.C.) seguace dello stoicismo
capeggiò con Cassio la congiura anticesariana del 44. Vinto poi a Filippi da Ottavano
Antonio si uccise. Divenne nei secoli ispiratore di numerosi scrittori ( Dante,
Shahespare, Alfieri ecc.) venendo in queste opere a volte disprezzato come parricida,
a volte esaltato come tirannicida
APRITI SESAMO !
Nelle Mille e una notte viene raccontata la storia di Ali Baba e dei suoi quaranta
ladroni. Avevano il covo ed il nascondiglio dei loro tesori in una magica grotta
sbarrata da un poderoso masso che si spostava solo pronunciando le magiche parole.
Nei nostri tempi la frase è usata per indicare ironicamente la difficoltà di accedere a
certe prestazioni o di contattare certe persone
CARNEADE, CHI ERA COSTUI ?
Il filosofo greco Carneade (219-129 a.C.) fu scolarca dell’Accademia di Atene di cui
accentuò l’indirizzo scettico. Nel 156 si recò a Roma dove ottenne con i suoi discorsi
un grande successo ricevendo grandi lodi anche da Cicerone. E’ ricordato attraverso
la frase pronunciata nei Promessi Sposi da don Abbondio che durante la lettura de La
dottrin di San Carlo spiegata da Vincenzo Tasca si pone l’arduo quesito.
Nell’uso comune l’espressione sta ad indicare una persona ignota anche se dovrebbe
invece indicare le scarse conoscenze di chi si crede dotto
CICERONE De finibus vol. 2
CIO’ CHE NON FECERO I BARBARI FECERO I BARBERINI
(Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini)
L’espressione venne creata dal protonotario mantovano Carlo Castelli in riferimento
polemico alla politica edilizia di Urbano VIII (Vincenzo Barberini) che nel quadro di
un progetto di abbellimento e rinnovamento dell’aspetto esteriore di Roma fece
togliere il rivestimento in bronzo delle travi del portico del pantheon, le quattro
colonne e il baldacchino dell’altare di San Pietro. Il fatto provocò, ai tempi, grande
costernazione dalla quale nacque il detto con riferimento ai barbari da identificarsi
con i Lanzichenecchi che saccheggiarono Roma nel 1527
CROCIFIGGILO ! CROCIFIGGILO !
(Crucifige ! Crucifige !)
Grido con il quale la folla incitò Ponzio Pilato, proconsole romano in Palestina e
governatore della Giudea (26 -36) a condannare Gesù. Il grido è diventato simbolo
dell’umana ingiustizia
DATE UN OBOLO A BELISARIO !
(Date obolum Belisario !)
Belisario, generale bizantino (494-565) venne nominato da Giustiniano primo
generale dell’Impero. Vinse i Persiani nel 530, ma fu da essi sconfitto l’anno
successivo. Richiamato a Costantinopoli, salvò la monarchia con il suo coraggio,
tolse l’Africa ai Vandali, occupò la Sicilia Napoli e Roma. Richiamato a corte per la
gelosia suscitata dai suoi successi, dopo altre vittorie fu implicato in una congiura e
cadde definitivamente in disgrazia.
Secondo la leggenda, Belisario, accecato per ordine dell’imperatore, chiedeva, alla
fine della sua vita, l’elemosina nello stadio di Costantinopoli.
La frase è
testimonianza della mancanza di riconoscenza dei potenti e di chi gode di un
immeritato successo
DIO L’HA FONDATA, DIO CI PENSERA’
Nel ricordo della
moglie Giustiniano ricostruì la chiesa dedicata alla Santa
Sapienza ( Aghia Sophia – Santa Sofia) originariamente eretta nel 325 da Costantino
e più volte distrutta. Egli volle che il monumento fosse il più bello e imponente dalla creazione del
mondo. Poiché nonostante le ingenti offerte in denaro e in materiali, le spese erano
spaventose, a chi gli chiedeva come sarebbe stata pagata la moltitudine di artisti ed
artigiani, Giustniano rispondeva con l’affermazione sopraccitata esempio di grande
fiducia nella provvidenza e nella volontà di Dio.
ECCO IL SOLE DI AUSTERLITZ !
Espressione pronunciata da Napoleone Bonaparte prima dell’omonima Battaglia (2XII-1805) con la quale battè gli austro-russi nella contesa decisiva della III coalizione
GODI IL GIORNO FUGGENTE
(Carpe diem)
Un invito a cogliere il piacere della vita così come si presenta espresso da Orazio
nelle “Odi”. Quinto Orazio Flacco (65-8 a.C) fu poeta latino nativo di Venosa (PZ).
Figlio di un liberto fu educato a Roma e ad Atene. Fu amico di Virgilio e di Mecenate
fu il poeta dell’ aurea mediocritas stato di equilibrio fra capacità di rinuncia e piaceri
immediati, colti nel quotidiano ed ispirati ad un intenso senso del presente
CARTAGINE DEVE ESSERE DISTRUTTA
(Cartago delenda)
Marco Porcio Catone l’Uticense (95-46 a.C.), posto da Dante a custodia del
Purgatorio, fu politico romano partigiano di Pompeo, suicida dopo le sconfitte di
Farsalo (48 a.C.) e Tarso (46). Considerato campione delle virtù repubblicane, ai
tempi della lotta tra Roma e Cartagine per l’egemonia nel Mediterraneo era a capo
del partito sostenitore di uno scontro aperto. Soleva ultimare ogni suo intervento in
Senato con la frase : Penso inoltre che Cartagine debba essere distrutta ( Ceterum
censeo Carthaginem esse delendam) frase che divenne parola d’ordine del suo partito.
Nell’uso moderno la frase, abbreviata, è divenuta ritornello per ogni ostinata e decisa
presa di posizione contro qualcuno o qualcosa
UN CAVALLO, IL MIO REGNO PER UN CAVALLO
(A horse ! My kingdom for a horse)
Invocazione pronunciata da Riccardo III dopo la battaglia perduta di Rosworth Field
dove trovò la morte. Circondato e staccato dalle sue truppe, avrebbe potuto mettersi
in salvo se solo avesse avuto un cavallo. Il grido d’aiuto è ricordato da Shakespeare
nel dramma titolato al sovrano inglese
CI RIVEDREMO A FILIPPI !
L’espressione sta ad indicare la minaccia per una futura vendetta o per una resa dei
conti. Trova la sua origine nella Vita di Cesare di Plutarco in cui è raccontato un
prodigio a testimonianza del dissenso degli dei circa la morte di Cesare. Secondo il
racconto, a Bruto, uno dei capi della congiura accampato ad Abido, apparve uno
spettro, il suo cattivo genio, che gli promise di riapparirgli a Filippi. Proprio a Filippi
si scontrarono l’esercito di Bruto e quelli di Antonio ed Ottaviano e la riapparizione
dello spettro, questa volta silenzioso, fece capire a Bruto d’essere destinato alla
sconfitta
COME VORREI CHE IL POPOLO ROMANO AVESSE UNA SOLA TESTA !
La frase fu pronunziata, secondo lo storiografo Svetonio, dall’imperatore romano
Caligola (37-41). Gaio Giulio Cesare Germanico, detto Caligola per le calzature
militari che portava da bambino, succedette a Tiberio. Si accordò dapprima col
senato ed i pretoriani ma venne isolato dal suo assolutismo di stampo orientale.
Cadde in una congiura di palazzo guidata da un pretoriano.
L’espressione citata è dimostrazione “dell’amore” di Caligola per il suo popolo che
avrebbe potuto essere più facilmente eliminato se lo si fosse potuto attuare in una sola
volta
CONTINUEREI A GIOCARE !
La risposta fu data da S. Luigi Gonzaga ad un familiare che vedendolo giocare gli
chiese cosa avrebbe fatto se avesse saputo di dover morire di lì a pochi minuti
CROCIFIGGILO! CROCIFIGGILO !
(Crucifige ! Crucifige!)
Grido con il quale la folla incitò Ponzio Pilato, proconsole romano in Palestina e
governatore della Giudea (26-36) a condannare Gesù. Il grido è divenuto simbolo
della umana ingiustizia
IL DADO E’ TRATTO
(Alea iacta est)
La frase venne pronunciata, secondo la leggenda, da Giulio Cesare nell’atto di
superare il Rubicone, il fiume di Romagna che segnava il confine sacro tra Italia e
Gallia Cisalpina e che nessuno poteva in armi senza divenire nemico di Roma. Cesare
fallito ogni accordo con Pompeo, superò con il suo esercito il corso d’acqua nel 49
a.C. dando inizio alla guerra civile
Con il riferimento al gioco dei dadi (che se lanciati non possono più essere fermati) la
frase sta ad indicare che un’azione incominciata non può più essere fermata
DATEMI UN PUNTO D’APPOGGIO E VI SOLLEVERO’ IL MONDO
La tradizione attribuisce la frase ad Archimede matematico e fisico greco (Siracusa
287-212 a.C.) annoverato fra i più grandi matematici della storia. Fu autore anche di
un trattato di meccanica contenente i principi della leva su cui basò la sua asserzione
DATE UN OBOLO A BELISARIO !
(Date obolum Belisario !)
Belisario, generale bizantino (494-565) venne nominato da Giustiniano primo
generale dell’Impero. Vinse i Persiani nel 530, ma fu da essi sconfitto l’anno
successivo. Richiamato a Costantinopoli, salvò la monarchia con il suo coraggio,
tolse l’Africa ai Vandali, occupò la Sicilia Napoli e Roma. Richiamato a corte per la
gelosia suscitata dai suoi successi, dopo altre vittorie fu implicato in una congiura e
cadde definitivamente in disgrazia.
Secondo la leggenda, Belisario, accecato per ordine dell’imperatore, chiedeva, alla
fine della sua vita, l’elemosina nello stadio di Costantinopoli.
La frase è
testimonianza della mancanza di riconoscenza dei potenti e di chi gode di un
immeritato successo
DIO L’HA FONDATA, DIO CI PENSERA’
Nel ricordo della
moglie Giustiniano ricostruì la chiesa dedicata alla Santa
Sapienza ( Aghia Sophia – Santa Sofia) originariamente eretta nel 325 da Costantino
e più volte distrutta. Egli volle che il monumento fosse il più bello e imponente dalla creazione del
mondo. Poiché nonostante le ingenti offerte in denaro e in materiali, le spese erano
spaventose, a chi gli chiedeva come sarebbe stata pagata la moltitudine di artisti ed
artigiani, Giustniano rispondeva con l’affermazione sopraccitata esempio di grande
fiducia nella provvidenza e nella volontà di Dio
DOPO DI ME IL DILUVIO DIO VI PERDONI, MA IO NON POSSO
La frase che viene ricordata nell “History of England under the House of Tudor”
stette a simbolizzare secondo D. Hume la desicisione finale di Elisabetta I, regina
d’Inghilterra nei riguardi della contessa di Nottingham
(Après moi le déluge)
La frase, originariamente attribuita a Luigi XV, venne forse pronunciata dalla sua
favorita Madame de Pompadour ed esprime in maniera più che esatta lo spirito con
cui il sovrano governò la Francia. Luigi XV (1710-74) dominato da ministri e
favorite trascorse la sua vita nel chiuso ambiente della corte e nonostante il periodo
di prosperità che caratterizzò durante il suo regno la Francia, fu impopolare e trascinò
la nazione in guerre inconcludenti. Soppressi i parlamenti ristabilì un assolutismo
ormai in contrasto con i tempi
DOVE VAI, O SIGNORE ?
(Quo vadis , Domine ?)
Secondo la leggenda, S. Pietro stava fuggendo da Roma per non essere perseguitato,
quando sulla via Appia ebbe l’apparizione di Cristo al quale stupito rivolse la famosa
domanda. La risposta del Signore fu: Romam iterum crucifigi “ A Roma per essere
di nuovo crocefisso” allora Pietro, comprendendo il significato delle parole del
Maestro ritornò a Roma dove ( 67 ca.) subì il martirio. Lo scrittore polacco
Sienkievicz ha titolato “Quo Vadis” un romanzo sulla vita dei primi cristiani
ECCO IL SOLE DI AUSTERLITZ !
Espressione pronunciata da Napoleone Bonaparte prima dell’omonima Battaglia (2XII-1805) con la quale battè gli austro-russi nella contesa decisiva della III coalizione
GODI IL GIORNO FUGGENTE
(Carpe diem)
Un invito a cogliere il piacere della vita così come si presenta espresso da Orazio
nelle “Odi”. Quinto Orazio Flacco (65-8 a.C) fu poeta latino nativo di Venosa (PZ).
Figlio di un liberto fu educato a Roma e ad Atene. Fu amico di Virgilio e di Mecenate
fu il poeta dell’ aurea mediocritas stato di equilibrio fra capacità di rinuncia e piaceri
immediati, colti nel quotidiano ed ispirati ad un intenso senso del presente
CARTAGINE DEVE ESSERE DISTRUTTA
(Cartago delenda)
Marco Porcio Catone l’Uticense (95-46 a.C.), posto da Dante a custodia del Purgatorio, fu politico
romano partigiano di Pompeo, suicida dopo le sconfitte di Farsalo (48 a.C.) e Tarso (46).
Considerato campione delle virtù repubblicane, ai tempi della lotta tra Roma
DOPO DI ME IL DILUVIO DIO VI PERDONI, MA IO NON POSSO
La frase che viene ricordata nell “History of England under the House of Tudor”
stette a simbolizzare secondo D. Hume la desicisione finale di Elisabetta I, regina
d’Inghilterra nei riguardi della contessa di Nottingham
(Après moi le déluge)
La frase, originariamente attribuita a Luigi XV, venne forse pronunciata dalla sua
favorita Madame de Pompadour ed esprime in maniera più che esatta lo spirito con
cui il sovrano governò la Francia. Luigi XV (1710-74) dominato da ministri e
favorite trascorse la sua vita nel chiuso ambiente della corte e nonostante il periodo
di prosperità che caratterizzò durante il suo regno la Francia, fu impopolare e trascinò
la nazione in guerre inconcludenti. Soppressi i parlamenti ristabilì un assolutismo
ormai in contrasto con i tempi
DOVE VAI, O SIGNORE ?
(Quo vadis , Domine ?)
Secondo la leggenda, S. Pietro stava fuggendo da Roma per non essere perseguitato,
quando sulla via Appia ebbe l’apparizione di Cristo al quale stupito rivolse la famosa
domanda. La risposta del Signore fu: Romam iterum crucifigi “ A Roma per essere
di nuovo crocefisso” allora Pietro, comprendendo il significato delle parole del
Maestro ritornò a Roma dove ( 67 ca.) subì il martirio. Lo scrittore polacco
Sienkievicz ha titolato “Quo Vadis” un romanzo sulla vita dei primi cristiani
E’, E’, E’
(Est, est, est)
E’ nota la leggenda del vescovo tedesco Fugger ( ?) che viaggiava in Italia preceduto
da un servitore incaricato di assaggiare il vino di tutte le osterie dalle quali passava
segnalando poi con la parola EST (C’è) scritta sulla porta, quelle in cui l’avesse
trovato di buona qualità. Giunto a Montefiascone, paese in provincia di Viterbo sito
sopra il lago di Bolsena, l’assaggiatore trovò un vino tanto buono che scrisse tre
volte Est. Il vescovo giunse, lesse e bevve tanto che ne morì. Venne sepolto in
Montefiascone e la sua tomba, con la misteriosa iscrizione, è ancora visibile nel
tempio romanico di S. Flaviano
EPPUR SI MUOVE !
La frase sarebbe stata pronunciata da Galileo Galilei subito dopo l’abiura delle sue
teorie scientifiche davanti al tribunale della Santa Inquisizione, (1633) in riferimento
al moto della terra su se stessa e intorno al sole. Galileo, oggi considerato l’iniziatore
del moderno metodo sperimentale fu infatti sostenitore del sistema eliocentrico
copernicano entrando in contrasto con la chiesa che sosteneva la centralità terrestre.
E’ UNA RIVOLTA ? NO SIRE E’ UNA RIVOLUZIONE
(C’est une rivolte ? Non, Sire, c’est une révolution )
Lo scambio di battute è fatto risalire al dialogo fra il re di Francia Luigi XVI ed il
duca di Lianncourt, alla notizia della presa della Bastiglia da parte dei cittadini
rivoltosi
EUREKA !
Gerone II di Siracusa pose un quesito ad Archimede su come stabilire, con certezza,
in che misura la sua corona fosse d’oro. Lo scienziato, dopo una lunga meditazione,
mentre si trovava in bagno risolse il problema e scoprì la legge fondamentale
dell’idrostatica , che poi da lui prese il nome, secondo la quale un corpo, immerso in
liquido, riceve dal basso verso l’alto una spinta, uguale in grandezza, al peso del
liquido spostato. Archimede, entusiasta per la scoperta, uscì dalla vasca e si mise a
girare nudo per Siracusa gridando con gioia
EUREKA ! (Ho trovato!)
L’esclamazione è rimasta ad indicare la gioia di una scoperta
FACCIO GUERRA AI VIVI, NON AI MORTI
Questa fu la risposta dell’imperatore Carlo V a quanti gli consigliavano di impiccare
il cadavere di Lutero onde ottenerne vantaggi con il Papato.
FINO A QUANDO CATILINA…
(Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra ?)
Le parole costituiscono l’incipit della prima delle orazioni Catilinarie pronunciate da
Marco Tullio Cicerone nel senato romano nell’anno 63 a.C. , per denunciare Carlina
accusato d’aver complottato contro Roma e aver tentato di far uccidere anche
Cicerone.
Nel linguaggio comune l’espressione è ripetuta per smascherare l’ipocrisia di
qualcuno
GODIAMOCI IL PAPATO POICHE’ DIO CE LO HA DATO
Frase attribuita a Leone X al momento dell’elezione alla soglia di Pietro. Giovanni
de’ Medici (Firenze, 1475-Roma, 1521) fu papa dal 1513 al 1521. Figlio di Lorenzo
il Magnifico fu grande mecenate, alleato dei francesi nei primi anni del suo
pontificato appoggiò l’elezione imperiale di Calo V secondandone poi la politica. Fu
lo scomunicatore di Lutero
GUAI AI VINTI !
(Vae victis)
Secondo Tito Livio le parole sarebbero state pronunciate da Brenno, capo dei galli
senoni dopo aver sconfitto l’esercito romano sul fiume Allia (390 a.C.) ed aver
saccheggiato Roma. Avendo imposto ai romani un oneroso contributo e lamentandosi
questi che le bilance erano alterate, Brenno gettò anche la sua spada sul contrappeso
pronunciando la storica frase a significare che il diritto, senza la forza, non vale nulla
GUARDA, O BARBARA TERRA, IL MIO POSTERIORE IGNUDO !
( Aspice nudatas barbara terra nates !)
Secondo antica tradizione la frase venne pronunciata da Antonio Campano, vescovo
di Crotone e famoso umanista del sec. XV, quando al ritorno della dieta di Ratisbona,
ancora scandalizzato dall’ignoranza quasi generale nella Germania del tempo, giunto
al confine sulle Alpi, voltò le sue terga alla terra che lasciava salutandola con gesto
eloquente e poco episcopale
HAI VINTO O GALILEO !
(Vicisti Galilaee !)
Parole pronunciate sul letto di morte da Giuliano l’Apostata.
Giuliano Flavio Claudio ( 331-363) fu nominato imperatore romano nel 361. Venne
chiamato l’Apostata per aver rinnegato (351) il crisitianesimo e restaurato il culto
pagano, alla fine dei suoi giorni con questa affermazione espresse l’inutilità della sua
azione in campo religioso
HO AMATO LA GIUSTIZIA E HO ODIATO L’INGIUSTIZIA E PER
QUESTO MUOIO IN ESILIO !
La frase fu pronunciata da Gregorio VII, a Salerno, nel 1805 poco prima di morire. Il
pontefice infatti si trovava dal 1804 nella città campana dopo esser fuggito da Roma
l’anno prima sotto l’incalzare dell’imperatore Enrico IV che gli aveva contrapposto
come antipapa Guiberto, arcivescovo di Ravenna col nome di Clemente III
INGRATA PATRIA, NON AVRAI LE MIE OSSA
(Ingrata patria ne hossa quidam mea habes)
L’esclamazione, poi riportata sulla sua pietra tombale, è attribuita a Scipione
l’Africano che la pronunciò come aperta denuncia per il suo volontario esilio. E’
passata nel tempo ad indicare la reazione di un grande personaggio che dopo aver
speso per la propria patria ogni energia non è ricambiato nemmeno con la gratitudine
IN QUESTO SEGNO VINCERAI
( In hoc signo vinces)
Alla vigilia dello scontro conclusivo per la conquista dell’impero tra Massenzio e
Costantino, uno eletto imperatore a Roma e l’altro dall’esercito, a Costantino che
parteggiava per i Cristiani, apparve nel cielo una croce su cui erano scritte a lettere di
fuoco le parole sopraddette. Costantino ordinò che sulle insegne delle sue legioni
fosse apposta una croce e nella battaglia di Ponte Milvio (312) sconfisse il nemico
MENTRE A ROMA SI DISCUTE, SAGUNTO VIENE ESPUGNATA
(Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur)
Sagunto era la città della Spagna Terragonese al di là dell’Ebro, alleata dei Romani,
(fino al 1877 Murviedro) coll’assedio della quale Annibale iniziò la seconda guerra
punica. Venne espugnata dal condottiero cartaginese, dopo otto mesi di disperata
resistenza, nel 219 a.C. che vi stabilì un presidio e ripresa dai Romani nel 214.
La frase, che sta ad indicare l’inadeguatezza dell’inutile disquisire politico di fronte
alla necessità dell’azione viene ricordata da Sallustio
IL MONDO VUOLE ESSERE INGANNATO; DUNQUE INGANNIAMOLO !
(Mundus ( o Populus) vult decipi; ergo decipiatur !)
La frase viene attribuita al cardinale Carlo Carafa, ma probabilmente ha origini molto
più antiche. Il Carafa (Napoli, 1517- Roma, 1566) dopo l’elezione dello zio Pietro al
trono pontificio (Paolo IV) venne creato cardinale. Caduto in disgrazia al nuovo papa
Pio IV fu condannato a morte e giustiziato
MUOIO GRAZIE ALL’AIUTO DI TROPPI MEDICI
La frase venne pronunciata da Alessandro Magno re di Macedonia, quando,
stremato dalla febbre, a 33 anni morì a Babilonia mentre era impegnato nel tentativo
di fondere l’elemento greco e quello orientale in un impero universale.
NAVIGARE E’ NECESSARIO MENTRE NON LO E’ VIVERE
(Navigare nocesse est, vivere non est nocesse)
Queste parole furono rivolte da Pompeo ai suoi soldati che, col mare in burrasca,
esitavano ad imbarcarsi sulle navi con cui dovevano portare a Roma un carico di
grano necessario alla sopravvivenza della città. La frase è ricordata da Plutarco nelle
Vite parallele
NEI MIEI REGNI NON TRAMONTA MAI IL SOLE
La frase, attribuita a Carlo V imperatore (1519-56), in realtà forse non fu mai
pronunciata, ma il sovrano avrebbe potuto affermarla senza tema di smentita dato
che il suo impero si estendeva dall’Austria alla Germania, dalla Spagna all’Olanda,
fino alle colonie americane. Secondo Erodoto una frase analoga avrebbe pronunciato
il re persiano Serse sec. V a.C.
NESSUNO E’ PROFETA IN PATRIA
(Nemo propheta in patria)
L’espressione vuole indicare la difficoltà delle persone ad emergere in ambienti a
loro familiari. S ritiene invece che sia più facile far valere le proprie qualità e capacità
in ambienti esterni e poco conosciuti.
Il contesto e l’origine dell’affermazione è da far risalire ai Vangeli sinottici e alla
visita di Gesù a Nazareth, sua città natale, dove partecipa alla liturgia della sinagoga
ed applica a sé la profezia di Isaia riguardante il dono dello Spirito Santo
NON CON L’ORO MA COL FERRO SI DIFENDE LA PATRIA
Generale e uomo politico romano, (fine V secolo a.C. – 365 a.C.) censore nel 403,
sei volte tribuno militare con potestà consolare, dittatore nel 396 a.C., si segnalò nella
guerra contro gli Etruschi conquistando Veio e raddoppiando il domino territoriale di
Roma. In seguito ad una condanna andò in esilio ad Ardea (391). Secondo una
tradizione sarebbe tornato a Roma nel 390 dopo la presa di Roma da parte dei Galli
interrompendo le trattative di riscatto con la famosa frase citata.
NON AMAVO CESARE DI MENO, MA AMAVO ROMA DI PIU’
La storica frase pronunciata da Bruto dopo l’uccisione di Cesare e venne ripresa da
Shakespeare nella sua tragedia “ Giulio Cesare” atto III scena II. Marco Giunio
Bruto, figlio adottivo di Cesare, fu seguace dello stoicismo e capeggiò con Cassio la
congiura anticesariana (44). Sconfitto a Filippi da Ottaviano si uccise. Esecrato
come parricida, o esaltato come tirannicida divenne, nel tempo, ispiratore di
numerosi scrittori
NON CI SONO PIU’ PIRENEI
(Il n’y a plus de Pyrénées)
Il re di Francia Luigi XIV avrebbe, secondo la tradizione, pronunciato la frase in
seguito all’assunzione al trono di Spagna di suo nipote duca D’Angiò che poi divenne
Filippo V. Il re francese (1638-1715) detto il Re Sole succedette a soli cinque anni
al padre e solo alla morte del card. Mazarino (1661) assunse le redini del potere
circondandosi di ottimi collaboratori. Trasferita la corte a Versailles per meglio
coordinare l’azione di governo, si accanì contro giansenisti e protestanti. Per
imporre la sua egemonia, dal 1667 si impegnò in numerosi conflitti che se
allargarono i confini francesi, portarono al dissesto delle finanze.
NON HO TEMPO PER ESSERE STANCO !
Guglielmo I imperatore pronunciò la frase mentre si trovava colpito dalla malattia
che l’avrebbe portato alla morte. Fu re di Prussia (1861-88) e imperatore di
Germania (1871-1888). Poco rispettoso del regime parlamentare fu dominato dalla
personalità del suo cancelliere Von Bismark
NON POSSUMUS !
(Non possiamo)
Questa fu la risposta che Pio IX nel 1800 diede a Napoleone III che gli chiedeva di
cedere la Romane a Vittorio Emanuele. Pare però che la frase fosse affermazione
consuetudinaria della Chiesa per le richieste contrarie alle sue tradizioni
NON SCOMPIGLIARE I MIEI CERCHI !
(Noli turbare circolos meos)
Queste le parole che Archimede, impegnato a risolvere un problema ed a tracciare i
relativi segni sul terreno, rivolse ad un soldato che lo interpellava brutalmente durante
il saccheggio di Siracusa perpetrato dai Romani, comandati dal console Marcello, nel
212 a C. L’esclamazione è diventata nel tempo simbolo dello scienziato che riesce a
costruire attorno a sé un’isola di pace interiore anche in una situazione drammatica
NON TOCCARMI !
(Noli me tangere )
Le parole, poi divenute di largo uso ad indicare una persona supponente e sussiegosa,
sono rivolte da Cristo Signore alla Maddalena. Il Cristo invita perentoriamente la
donna a non cercare verifiche assurde sul suo corpo e sulla sua resurrezione, non
essendo ancora asceso al Padre suo celeste e non essendo, seppure risorto, ancora
rivestito del proprio corpo fisico
NESSUN GIORNO SENZA UNA LINEA !
(Nulla dies sine linea)
La frase, riferitaci da Plinio, fu pronunciata da Apelle che per principio non lasciò
passare un giorno della sua vita senza dedicarsi alla sua arte.
Apelle, secondo gli antichi, fu il maggior pittore greco del suo tempo (sec. IV a. C.).
Tra le sue opere, tutte perdute, oltre ai ritratti erano celebri al suo tempo l’Afrodite
Anadiomene e La Calunnia
NON TEMETE QUI VI E’ GLORIA PER TUTTI
L’incitamento venne pronunciato dal re Vittorio Emanuele mentre infuriava la
battaglia di Palestro, in risposta ad alcuni zuavi francesi che lo invitavano ad uscire
dalla mischia. La battaglia, la seconda, dopo Montebello, della II Guerra
d’indipendenza fu combattuta il 30/31 maggio 1858 e vide l’esercito austriaco
sconfitto e costretto alla ritirata
NULLA E’ CAMBIATO, SALVO IL NOME DEL RE
Allorché Filippo re dei Macedoni si accingeva a marciare col suo esercito contro
l’Asia, cadde assassinato. Il giovane figlio Alessandro con grande forza d’animo e
carattere prese immediatamente in mano le redini del paese e con la frase sopraccitata
testimoniò ai suoi sudditi che avrebbe realizzato il sogno del padre e seguito senza
sbandamenti la sua politica
OBBEDISCO !
Questa fu la risposta del generale Giuseppe Garibaldi inviata con dispaccio del 9
agosto 1866 al generale Lamarmora che gli ordinava di ritirarsi dal Tirolo
O CESARE O NIENTE
(Aut Caesar aut nihil)
L’esclamazione diventò il motto di Cesare Borgia, il Valentino (1475-1507) figlio o
nipote di Rodrigo, il papa Alessandro VI. Abbandonata la carriera ecclesiastica, fu
nominato dal re di Francia Luigi XII duca di Valentinois ( italianizzato in Valentino).
Deciso a creare un forte stato in Italia centrale occupò gran parte della Romagna, ma
alla morte del padre, avversato dal nuovo pontefice, fu costretto all’esilio. Il motto
che con “Caesar” ricorda la grandezza dell’antico politico romano, indicava la
volontà del Valentino di essere grande anche a costo della vita
O CON QUESTO O SU QUESTO
(Haut hunc aut super hoc)
Con questa frase e consegnando loro lo scudo, le madri spartane salutavano i figli
che si avviavano alla guerra. Era un invito a comportarsi coraggiosamente ( chI
fugge per prima cosa abbandona lo scudo) e ritornare vittoriosi o morti, portati dai
compagni sullo scudo
ODINO PURCHE’ APPROVINO !
(Oderint dum probent)
Salace affermazione dell’imperatore Tiberio nei confronti degli autori degli
epigrammi che venivano pubblicati contro di lui. La frase viene attribuita da
Svetonio a Tiberio Caludio Nerone (42 a.C.-37 d.C.) , imperatore romano dal 14 d.C.
Valente generale, ottenne vittorie sui Parti e sottomise la Pannonia.
O PRENIDAMO SAN MARTINO
O FARANNO FARE A NOI S. MARTINO
Appena cessata la battaglia di Solforino (24 giugno 1858) momento culminante della
II Guerra d’indipendenza, che se ne scatena una sul colle di San Martino. I soldati di
Vittorio Emanuele tentano di occupare l’altura, ma gli austriaci oppongono una
resistenza determinata. Resosi conto della situazione Vittorio Emanuele incitò le
sue truppe ricordando l’antica tradizione secondo la quale l’11 novembre – San
Martino - scadevano i contratti d’affitto ed avvenivano i traslochi sloggiando dalla
propria casa
L’ORDINE REGNA A VARSAVIA
(Au moment où l’on écrivait la trnquillité regnait a Varsavie)
La frase è la risposta del ministro francese ad una interpellanza dei Deputati del suo
governo sui tumulti avvenuti a Varsavia e crudelmente repressi il 15 ed il 16 agosto
1831. L’espressione fu poi usata come didascalia ad una vignetta caricaturale di
Grandville e Forest raffigurante un soldato russo circondato da cadaveri di polacchi
OSERESTI TU UCCIDERE GAIO MARIO ?
Il più grande generale romano (157-86 a.C.), prima dell’avvento di Giulio Cesare
redarguì con queste parole il soldato cimbro armato di spada che il Senato romano ed
i magistrati avevano inviato per sopprimerlo. La potenza della voce e dello sguardo
del condottiero fermarono il sicario ed il generale venne poi esiliato
O TEMPI, O COSTUMI !
( O tempora, o mores!)
La frase fu pronunciata da Marco Tullio Cicerone (106-43 a.C.) uomo politico,
scrittore e filosofo romano, in una delle sue Orazioni contro Catilina. Dopo la
sconfitta dei pompeiani a Farsalo si sottomise a Cesare ma alla morte di questi
avversò Antonio dai cui sicari venne ucciso presso Formia.
La frase viene oggi utilizzata per esprimere una certa avversione contro la modernità
e lo scemare dei valori etici fondamentali
PARIGI VAL BENE UNA MESSA !
(Paris vaut bien une messe)
La frase è attribuita ad Enrico di Navarra (1553-1610) divenuto re di Francia col
nome di Enrico IV. Capo degli ugonotti, sconfitta la lega cattolica, potè entrare a
Parigi solo dopo aver pubblicamente abiurato (1594) e pare che proprio in questa
occasione abbia pronunciato le parole citate. Da re riconobbe piena libertà di
coscienza e di culto ai protestanti ponendo fine alle guerre di religione con l’Editto di
Nantes (1598)
PORTI CESARE E LA FORTUNA DI CESARE !
(Caesarem vehis Caesarisque Fortunam)
La frase si riferisce ad un episodio della vita di Cesare narrato da vari autori. Mentre
Cesare, durante la guerra civile, si trovava a Durazzo aspettando un convoglio che
ritardava, decise di partire per Brindisi con una nave, travestito da schiavo. Quando
però il pilota Amiclate, date le cattive condizioni del tempo, decise di ritornare alla
riva Cesare, facendosi riconoscere, stimolò i marinai a continuare la rotta con piena
fiducia dato che trasportavano Cesare e la sua “fortuna”
POVERA ITALIA !
La frase entrata ormai nell’uso comune per commentare fatti e situazioni deprecabili,
venne pronunciata da Vittorio Emanuele in seguito all’armistizio di Villafranca fra
l’imperatore d’Austria e Napoleone III (11 luglio 1859). In base a questoaccordo (
che conclude la II Guerra d’Indipendenza) l’Austria cede la Lombardia a Napoleone (
che potrà poi cederla al Piemonte) mentre il Veneto resta all’Austria
PREFERIREI ESSERE IL PRIMO FRA COSTORO CHE IL SECONDO A
ROMA
Affermazione pronunciata da Giulio Cesare nel transitare accanto ad un villaggio di
Barbari e che viene ricordata da Plutarco nelle Vite Parallele
QUALE ARTISTA CON ME MUORE !
(Qualis artifex pereo)
L’espressione, divenuta stigmatizzazione della vanagloria e della sciocca lode di sé,
ci è tramandata da Svetonio nella Vita di Nerone. L’imperatore la pronunciò gemendo
quando, ormai vittima della rivolta ordinò di scavare una buca con le misure del suo
corpo che riempita d’acqua sarebbe servita per i lavacri del suo corpo
QUESTA NON HA OFFESO IL RE !
Storica affermazione che Thomas More pronunciò spingendo da parte la barba al
momento di posare la testa sul ceppo del carnefice. La frase è citata e riferita da
Francis Bacon nei suoi Apoftegmi. More ( 1478-1535), fu poeta, umanista, filosofo
e santo. Cancelliere di Enrico XVIII fu decapitato per aver rifiutato di aderire allo
scisma anglicano
QUESTI SONO I MIEI GIOIELLI
(Haec ornamenta mea sunt !)
Così, secondo Valerio Massimo, Cornelia madre dei Gracchi, mostrando i suoi figli,
rispose ad una matrona che le magnificava i suoi gioielli.
Cornelia era figlia di Scipione l’Africano e madre di Tiberio Sempronio, eletto
tribuno della plebe (133), ucciso da Scipione Nasica e di Gaio Sempronio pure eletto
tribuno della plebe (123). Nel tentativo di riproporre la politica del fratello
maggiore, durante tumulti elettorali venne ucciso dal console Opimio
QUESTI SONO I NOSTRI TESORI
Secondo una leggenda ricordata da S. Ambrogio, si racconta che all’intimazione del
prefetto di consegnare tutti i tesori posseduti dalla chiesa cittadina, S. Lorenzo mostrò
una folla di inermi, di infermi e di poveri con l’aggiunta delle sopraccitate parole
QUI E’ RODI, ORA SALTA
(Hic Rhodus, hic salta)
La frase che si trova scritta per la prima volta in una favola di Esopo, era già ben
conosciuta precedentemente. La tradizione la riferisce ad uno sbruffone che
raccontava di aver compiuto in una gara a Rodi un gran salto. Giunto con la nave su
cui era imbarcato nelle vicinanze di Rodi fu ironicamente così apostrofato da un
marinaio
Nell’uso comune la frase è citata quando ci si trova nella necessità d’affrontare
importanti impegni
QUI SI FA L’ITALIA O SI MUORE !
Nello scritto di Cesare Abba che racconta le avventurose vicende della spedizione
dei Mille l’autore racconta che durante il combattimento di Calatafimi (15. V. 1860)
Nino Bixio timoroso per la grave situazione in cui i garibaldini si erano venuti a
trovare si avvicinò a Garibaldi e gli disse : Temo che da qui bisognerà ritirarsi!
ricevendo come risposta dal generale Ma che dite Bixio ? Qui si fa l’Italia o si
muore. L’autenticità della frase fu in seguito contestata da altri testimoni
RAGGIUNGERE IL LEVANTE ATTRAVERSO IL PONENTE
(Buscar el Levante por el Poniente)
La frase rappresentava il chiodo fisso che ispirava ogni pensiero di Cristoforo
Colombo (1451 ca – 1506) navigatore genovese. Era convinto della sfericità della
terra e sostenitore delle idee dell’astronomo fiorentino Paolo Toscanelli (1397-1402).
I suoi studi lo resero certo di poter raggiungere l’Oriente e quindi le Indie navigando
sempre verso Occidente. Trasferitosi in Spagna, con l’aiuto della regina Isabella potè
intraprendere l’agognato viaggio che lo porterà alla scoperta dell’America (1492)
RICEVI LA CORONA DUCALE DEL DOGATO DI VENEZIA
(Accipe coronam ducalem ducatum Venetiarum)
La frase è la formula con la quale a partire dal doge Riniero Zeno (1259) il Principe
nuovamente eletto riceveva dal consigliere più giovane la berretta dogale
SALOMONE, TI HO SUPERATO IN GRANDEZZA !
Nel 537 Giustiniano completò la chiesa di Santa Sofia che divenne centro della vita
religiosa di Costantinopoli. Tanto importante e dispendiosa fu la realizzazione che si
racconta che all fine dei lavori Giustiniano abbia proclamato la frase. L’immensa
cupola centrale della chiesa ha 32 metri di diametro e poggia su quattro solidi pilastri
disposti in modo di farne un quadrato nel centro della costruzione. Dopo la caduta di
Costantinopoli, Santa Sofia diventò una moschea ed oggi è un museo
SALVE O CESARE, COLORO CHE VANNO A MORIRE TI SALUTANO
(Ave Caesar, morituri te salutant)
Era la formula con cui i gladiatori si rivolgevano all’imperatore prima dei
combattimenti nel circo
SE ANCORA DOBBIAMO VINCERE COSI’ I ROMANI, SAREMO
PERDUTI
(Si denuo sic vincendi sunt Romani, peribimus)
Parole pronunciate da Pirro dopo la battaglia d’Ascoli.
Pirro fu re dell’Epiro ( 319-372 a.C.) vinse i romani ad Eraclea nel 280 e ad Ascoli di
Puglia (279). Queste vittorie costarono tante perdite al re che da esse nacque il detto
“Vittoria di Pirro” ad indicare un risultato che anche se utile, ha portato più danni
che vantaggi
SE VERRAI, CI TROVERAI
Questo messaggio fu inviato da Rolandino de’ Passeggeri a Federico Barbarossa
(1123-1190) che minacciava l’attacco alla città felsinea libero comune fin dal 1114.
La frase avvisava il Barbarossa che i bolognesi sarebbero stati pronti a rispondere con
le loro armi alla violenza dell’invasore. La risposta divenne poi il motto ricamato
sul gagliardetto donato da Bologna nel 1918 alla Brigata Bologna (39° e 40° regg.
Fanteria)
SE VOI SONERETE LE VOSTRE TROMBE NOI SONEREMO LE NOSTRE
CAMPANE !
Pier Capponi (Firenze 1446-96), a cui viene attribuita l’orgogliosa esclamazione, fu
gonfaloniere fiorentino ed esponente dell’opposizione antimedicea. Contrastò in ogni
modo, in Firenze, le pretese di Carlo VIII re di Francia in risposta alle cui pretese
pronunciò le celebri parole che coll’andar del tempo hanno assunto un significato di
contrapposizione tra la forza delle armi ( monarchia) e la forza della solidarietà fra
cittadini (repubblica) uniti ai rintocchi delle loro campane
S’E’ FATTA L’ITALIA, ORA BISOGNA FARE GLI ITALIANI
Massimo D’Azeglio Tapparelli (Torino 1798-1866) uomo politico, liberale moderato,
presidente del Consiglio (1849-52), ritiratosi dal governo per dissapori con Cavour,
esprimendo un suo schietto parere pronunciò una frase un po’ troppo dura per la
suscettibilità popolare Se vogliono fare l’Italia, bisognerà che pensino prima a fare
un po’ meno ignoranti gli italiani che fu resa pubblica nella forma abbreviata e meno
offensiva ora nota
SIANO COME SONO O NON SIANO AFFATTO !
(Sint ut sunt, aut non sint )
Così rispose nel 1773 il padre Lorenzo Ricci, ultimo generale dei Gesuiti, al papa
Clemente XIV che stava decretando la soppressione della Compagnia.
La congregazione di chierici regolari (Compagnia di Gesù) venne fondata nel 1534
da sant’Ignazio di Lodola per svolgere attività di apostolato nel quadro della
controriforma. Oltre ai voti di castità e povertà e obbedienza i gesuiti osservavano il
voto di assoluta obbedienza al papa. La Compagnia venne ricostituita nel 1814 per
opera di papa Pio VII
SIANO MINORI !
Parole pronunciate da Francesco d’Assisi e dalle quali venne il nome di minori ai
frati dell’Ordine da lui fondato. La parole “minore” ai tempi stava ad indicare i
“plebei, i proletari, i popolari” in confronto ai “maggiori”, i nobili i signori.
La stessa regola di S. Francesco ricorda poi “Veramente minori perché sottoposti a
tutti”
SOLDATI, 40 SECOLI VI GUARDANO
Esortazione pronunciata da Napoleone Bonaparte ai suoi soldati, indicando le
piramidi, al momento della Battagli d’Egitto. E’ ricordata dallo stesso Napoleone
nella sua opera Campagna d’Egitto e di Siria compilata nell’esilio di S. Elena
IL SOLO MODO DI VINCERE UNA GUERRA E’ DI EVITARLA
La famosa frase fu pronunciata da Gorge Catlett Marshall (1889-1959) capo di SM
dell’esercito statunitense, segretario di stato, elaboratore del programma di aiuti USA
per la ricostruzione europea dopo la seconda guerra mondiale, Premio Nobel per la
pace nel 1953. La frase sintetizza le finalità dell’opera diplomatica del politico
americano
GLI SPARTANI NON USANO CHIEDERE QUANTI SONO I NEMICI, MA
DOVE SONO
La frase attribuita da Plutarco ad Agide negli Apoftegmi è un’ulteriore testimonianza
del valore dei guerrieri della città di Sparta che trova espressione in numerose
testimonianze citate anche in questo testo
LO SPETTACOLO E’ FINITO !
(Acta est fabula)
Fu questa l’ultima frase pronunciata dall’imperatore Augusto sul letto di morte.
Normalmente erano però queste le parole conclusive delle rappresentazioni teatrali
messe in scena a Roma
TEMO I DANAI ANCHE QUANDO RECANO DONI
Come Danai, discendenti da Danao, re d’Argo erano considerati tutti i Greci. Danao,
figlio di Belo e figura mitologica, secondo la leggenda ebbe cinquanta figlie, le
Danaidi, cui ingiunse di uccidere i rispettivi mariti, figli di suo fratello Egizio. Solo
una, Ipermetra, non obbedì; le altre vennero condannate nell’Ade a riempire una botte
senza fondo. Da qui le parole fatte pronunciare da Virgilio a Lacoonte nell’ Eneide
quando tenta di convincere i troiani a non accogliere nelle mura il fatale cavallo. La
frase testimonierà poi una certa sfiducia che perdurò fino a tempi non lontani nei
confronti degli astutissimi mercanti greci
TIREMM INNANZ !
La frase venne pronunciata dal patriota Amatore Sciesa (1814-1851) che condannato
alla forca, mentre veniva condotto al patibolo, fu fatto transitare sotto casa colla
speranza di indurlo col pensiero della famiglia, a denunciare i complici in cambio
della vita. La risposta, testimonianza di rude e grande dignità segnò la sua fine
TRIESTE HA BISOGNO DI UN MARTIRE !
Questo quanto sosteneva Guglielmo Oberdan (1858-1882), giovane triestino fuggito
a Roma per non servire nelle file dell’esercito austriaco. Saputo che l’imperatore
d’Austria Francesco Giuseppe doveva recarsi a Trieste, Oberdan parte da Roma
armato di due bombe. Tradito, viene catturato ed accusato di voler uccidere
l’imperatore. Processato, condannato a morte è giustiziato nonostante numerose
richieste di clemenza
TU, O CESARE, NON HAI AUTORITA’ SOPRA I GRAMMATICI
(Caesar non supra grammaticos)
La frase, attribuita a Marco Pompeo Marcello che quasi con queste parole rispose
all’imperatore Tiberio che voleva legittimizzare nel “vocabolario” latino una parola
non latina
TUTTE LE MIE SOSTANZE LE PORTO CON ME !
(Omnia mea mecum porto)
Fu questa la risposta data dal filosofo Stilpone a Demetrio Poliorcete quando questi
conquistò e saccheggiò Megara.
L’espressione è divenuta famosa ed usata ad indicare l’orgoglioso comportamento
del saggio che è riuscito a liberarsi da ogni legame con i beni esterni e dalle cose
terrene
TUTTO E’ PERDUTO FUORCHE’ L’ONORE
( Tout est perdu hors l’honneur )
La frase fu scritta, secondo tradizione, da Francesco I di Valois, re di Francia (14941547) alla madre Luisa di Savoia, dopo la battaglia di Pavia (1525) che gli costò la
sconfitta e la prigione. La contesa ebbe inizio come reazione francese all’elezione
imperiale di Carlo V e scatenò un lungo conflitto con gli Asburgo che si protrasse
fino al 1547 e si concluse con la pace di Crepy. In realtà lo scritto del monarca
francese è leggermente diverso : De toutes choses ne m’est demeuré que l’honneur et
la vie qui est sauve – Di tutto non mi è rimasto che l’onore e la vita che è salva
VARO, RENDIMI LE MIE LEGIONI
(Vare, legiones redde )
Lo storico Gaio Tranquillo Svetonio (70-140) attribuisce ad Ottaviano Augusto
(Roma 63 a.C. – 14 d.C.) primo imperatore romano, la frase che egli avrebbe urlato
alla notizia della sconfitta del generale Publio Quintilio Varo e del completo
annientamento di tre legioni romane da parte dei germani di Arminio nella selva di
Teutoburgo
VENNI, VIDI, VINSI
(Veni, vidi, vici)
Con queste stringatissime parole, Giulio Cesare annunciò al senato romano la sua
fulminea vittoria su Farnace II, re del Bosforo (97– 47 a.C.), figlio di Mitridate VI re
del Ponto, che avendo tentato di riconquistare il regno paterno, ormai ridotto a
provincia romana, fu rapidamente sconfitto da Cesare a Zela (47 a.C.)
La frase è ancora in uso ad indicare una rapida e fortunata azione
VILE, TU UCCIDI UN UOMO MORTO
Francesco Ferrucci, condottiero fiorentino (1489-1530) fu celebre per la sua eroica
difesa della Repubblica Fiorentina contro le armate imperiali. Partito da Pisa per
rompere l’assedio a Firenze, a Gavinana fu sopraffatto dagli imperiali e catturato da
Fabrizio Marmaldo che, dopo aver combattuto con i fiorentini, era passato dalla parte
francese. Fattolo condurre davanti a sé, ormai gravemente ferito, il Marmaldo finì il
Ferrucci con la sua spada dopo che questi aveva pronunciato la storica frase.
VOLERE E’ POTERE
L’affermazione attribuita a numerosi personaggi dell’antichità classica per indicare
sostanzialmente che quanti perseguono fortemente una cosa o un fine diminuiscono le
difficoltà di raggiungerla e in molti casi garantiscono la riuscita
VOLLI, SEMPRE VOLLI, FORTISSIMAMENTE VOLLI
Dopo il successo di Cleopatra , prima tragedia composta da Vittorio Alfieri (17491813) il letterato decise di meritare quel successo e si diede a studiare con la foga e
l’accanimento che resero proverbiale la sua forza di volontà di cui la frase è
testimonianza.
Tanto era il suo desiderio smodato di acquisire una cultura
eccezionale che la leggenda racconta che si facesse legare dal suo servitore alla sedia
della scrivania con l’ordine di slegarlo solo a determinate ore