Mandato elettorale con diritto di revoca

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Mandato elettorale con diritto di revoca
MANDATO ELETTORALE E DIRITTO DI REVOCA
Una proposta di riforma elettorale per una vera democrazia
di Ernesto Screpanti
In questa nota propongo un modello di riforma elettorale capace di realizzare un
sistema democratico ispirato ai seguenti principi:
1. I deputati sono i mandatari degli elettori e rispondono ad essi sulla realizzazione dei programmi per i quali sono stati eletti
2. Gli elettori esercitano un controllo continuo sui deputati e possono revocare il
mandato in qualsiasi momento
Presento un modello molto semplificato. Ad esempio ignoro il problema
dell’identificazione dei collegi e quello dei resti, per dirne solo due di una certa
importanza. Lo scopo che mi propongo è mostrare che le moderne tecnologie
dell’informazione e della comunicazione rendono possibile realizzare un sistema
elettorale che soddisfa le condizioni di una vera democrazia, una partecipazione
continua dei cittadini al processo politico, un uso dei programmi come documenti che
definiscono dei mandati formali, un dialogo permanente tra gli elettori e i loro
deputati, un’elevata capacità di controllo dei primi sui secondi.
1. Il voto elettronico e la costituzione del rapporto di mandato
In vista della campagna elettorale ogni partito presenta una lista di candidati. I partiti
e i singoli candidati hanno dei blog, nei quali espongono i programmi. I candidati
possono presentare le proprie personali aggiunte al programma del partito di cui fanno parte. Tutti gli elettori avanzeranno critiche e suggerimenti e i programmi saranno
modificati nel corso del dibattito. Un mese prima delle elezioni i programmi definitivi
vengono depositati in un ufficio comunale e pubblicati. Da quel momento costituiscono i mandati formali per i quali si chiede la delega degli elettori.
Il voto è elettronico. È esercitato in un seggio elettorale pubblico. Per evitare brogli informatici può essere accompagnato da un voto cartaceo, ad esempio una scheda
rilasciata dal computer con cui si vota e depositata dall’elettore in un’urna. Ogni elettore ha una tessera elettorale magnetica, che inserisce nel computer del seggio elettorale al momento del voto. Prima di votare sceglie un nickname e una password personali in modo che non sia possibile associare il suo voto alla sua identità anagrafica.
L’elettore può votare solo per un partito ed esprimere una preferenza per un candidato
della sua lista. Ogni candidato si presenta in un solo collegio.
Si consideri un collegio elettorale in cui sono presenti n elettori e vengono eletti x
deputati. Sarà eletto il candidato che riceve almeno q=n/x voti. Poniamo che la lista
Lp del partito P riceva mp voti. Risulteranno eletti zp=mp/q dei suoi candidati.
Siano:
Mp l’insieme degli elettori del partito
Fi l’insieme degli elettori che hanno dato la preferenza al deputato Di (i=1,…, zp)
M-i =Mp — Fi l’insieme degli altri elettori del partito
mp il numero degli elementi di Mp
fi il numero degli elementi di Fi
m-i il numero degli elementi di M-i
Il deputato Di sarà stato eletto da un insieme di elettori Ei così concepito:
Ei=Fi, se fi≥q
Ei=FiUM-i, se fi<q
Ogni elettore appartenente a Fi ha inciso sull’elezione di Di con un voto che vale
1. Invece ognuno di quelli appartenenti a M-i ha inciso sull’elezione di Di con un voto
che vale (q-fi)/(mp-fi). Ovviamente, se Fi è vuoto, sarà Ei=M-i=Mp. Cioè il deputato
che non ha ricevuto nessuna preferenza avrà un insieme di elettori composto di tutti
quelli che hanno votato per il suo partito. Ognuno di essi avrà inciso sulla sua elezione con un voto che vale q/mp=1/zp.
Facciamo un esempio. Prendiamo un collegio in cui ci sono n=1.000.000 di elettori e vengono eletti 10 deputati. Per essere eletti bisogna ottenere almeno q=100.000
voti. Il partito P ottiene 300.000 voti ed avrà tre deputati, D1, D2 e D3. Poniamo che il
deputato D1 abbia ricevuto 120.000 preferenze, D2 ne abbia ricevute 80.000 e D3 non
ne abbia ricevuta nessuna. Gli elettori di D1 sono quei 120.000 che lo hanno preferito.
Quelli di D2 sono quegli 80.000 che lo hanno preferito più, in subordine, tutti gli altri
che hanno votato per il suo partito. Quelli di D3 saranno tutti coloro che hanno votato
per il suo partito.
In questa maniera ogni deputato sarà associato all’insieme dei suoi elettori, la lista dei quali gli verrà comunicata al termine delle elezioni. Verranno comunicati i
nickname degli elettori, non le loro identità anagrafiche. Poiché l’insieme degli elettori di un deputato è composto da quelli che gli hanno dato la preferenza più, eventualmente, gli altri che hanno votato per il suo partito, ogni elettore saprà qual è il suo
o i suoi deputati. Ogni deputato ha un blog ufficialmente riconosciuto cui possono
accedere con diritto di revoca solo i suoi elettori. Ogni elettore può accedere con
diritto di revoca solo ai blog del suo o dei suoi deputati.
Diventa possibile uno stretto controllo sui deputati-mandatari da parte dei loro
elettori-mandanti. Questi possono interloquire con essi attraverso i loro blog, ognuno
dei quali è un forum elettronico in cui i mandanti dialogano tra di loro e con i propri
deputati. Gli elettori possono avanzare suggerimenti e critiche.
Ogni deputato effettua scelte politiche in piena autonomia, ma resta responsabile
verso i suoi elettori per il perseguimento degli obiettivi definiti dal programmamandato. Può accadere che alcuni elettori siano insoddisfatti del comportamento del
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proprio deputato e non riescano a farlo cambiare con le critiche e i suggerimenti.
Allora in qualsiasi momento si può avviare un procedimento di revoca della delega.
Un certo numero φ<q di elettori del deputato Di può chiedere la verifica del mandato.
Si avvierà un dibattito nel blog di quel deputato e in quello del suo partito. Dopo un
certo numero di giorni, gli elettori di Di saranno chiamati a confermare il mandato
elettorale con un voto elettronico. Voteranno in un seggio costituito in una sede
comunale del collegio elettorale.
Si pone un problema riguardo alle modalità del controllo di quei deputati per cui
fi<q, quelli cioè che hanno ricevuto un numero di preferenze inferiore al numero di
voti necessari per essere eletti. Una parte dei loro elettori, m-i =mp -fi, è costituita da
tutti gli altri elettori del partito. Ci sono due modi per affrontare questo problema, uno
semplice e uno più complicato ma più diretto.
2. Delega parziale al partito
Nella soluzione più semplice si assume che gli elettori che non hanno espresso preferenze per un deputato abbiano delegato il partito a esercitare il controllo. I mandanti
del deputato Di sono coloro che gli hanno dato la preferenza e, per la quota q-fi, gli
altri elettori del partito. Quando si voterà per la revoca del mandato gli elettori che
hanno espresso la preferenza per Di voteranno con fi voti. Un organo di partito (che
può essere la segreteria o la direzione o il comitato centrale o il congresso) voterà con
q-fi voti.
Mettiamo che sia stabilito φ=q/10. Allora se 10.000 elettori di D1 chiedono la
verifica del mandato, i suoi 120.000 mandanti saranno richiamati a votare. Se
60.000+1 gli tolgono la delega, D1 decadrà dal mandato. Nel caso del deputato D2, i
suoi 80.000 mandanti diretti voteranno personalmente per la revoca, il partito voterà
con 20.000 voti. Il deputato decadrà se riceve 50.000 voti di revoca più 1. Nel caso
del deputato D3, la revoca sarà decisa dal 50%+1 dei membri dell’organo di partito.
3. Nessuna delega al partito
Se si assume che gli elettori non abbiano demandato i propri diritti di controllo al
partito, allora nell’elezione di revoca voteranno tutti gli elettori appartenenti a Fi e, se
fi<q, tutti gli altri elettori del partito di Di. In questa votazione ogni elettore che aveva
espresso preferenza per il deputato Di avrà un voto che vale 1, mentre ognuno di
quelli che avevano votato per il suo partito ma non avevano espresso preferenza per
Di avrà un voto che vale (q-fi)/(mp-fi).
Nel caso del deputato D1 non cambierà nulla rispetto all’esempio precedente,
perché i suoi elettori diretti sono in numero superiore a q. E saranno loro a votare per
la revoca.
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Se la verifica viene chiesta per il deputato D2, dovrà essere proposta da 8.000
degli elettori che gli hanno dato la preferenza, più 22.000= φ220.000 degli altri
elettori del suo partito. Voteranno tutti gli elettori del partito. Gli 80.000 che hanno
dato la preferenza a D2 voteranno con un voto che vale 1, gli altri con un voto che
vale 20.000/220.000=0,090909. Se 40.000 degli elettori che gli avevano dato la
preferenza, più 110.000=10.000/0,090909 degli altri elettori del partito, più 1, gli
tolgono la delega, il deputato D2 decadrà dal mandato. Ma decadrà anche se, ad
esempio, la delega gli viene tolta da 30.000 degli elettori che gli avevano dato la
preferenza, più 220.000=20.000/0,090909 degli altri elettori del partito, più 1; oppure
se la delega gli viene tolta da 35.000 degli elettori che gli avevano dato la preferenza,
più 165.000=15.000/0,090909 degli altri elettori, più 1.
Poniamo infine che la verifica sia chiesta per il deputato D3. Potrà essere sollecitata da 30.000 degli elettori del suo partito. Tutti i 300.000 elettori verranno chiamati
a votare. Il deputato decadrà dal mandato se 150.000+1 di essi gli tolgono la delega.
4. Dominanza della preferenza
Entrambi i metodi di esercizio del diritto di revoca producono un interessante effetto
di dominanza della preferenza che merita di essere posto in luce. Si noti che, se la
delega di D2 viene tolta da meno di 30.000 degli elettori che gli hanno dato la
preferenza, la massa degli altri elettori del partito non è in grado di contribuire
alla revoca del mandato. Ad esempio se solo 24.000 degli elettori che l’hanno preferito votano per la revoca, sarebbe necessario un voto negativo di almeno altri
286.000=26.000/0,090909 per raggiungere il 50% di voti di revoca. Ma gli altri
elettori del partito sono solo 220.000. Quindi il mandato non sarà revocato. L’effetto
è tanto più forte quanto maggiore è il numero di preferenze ricevute da un candidato.
Nel caso del deputato le cui preferenze sono in numero non minore di q, ad esempio
D1, nessuno degli altri elettori del partito può contribuire alla revoca.
L’effetto di dominanza della preferenza ha senso. Gli elettori che danno una
preferenza scelgono un deputato personale con un voto che, proprio in quanto esprime una scelta specifica, deve avere sul controllo del deputato un peso maggiore di
quello degli elettori che non danno preferenze. Una conseguenza positiva dell’effetto
è che gli elettori che esprimono preferenze hanno più peso degli apparati di partito
nella scelta e nel controllo dei deputati.
Il partito conserva un notevole potere, giacché determina le liste elettorali. Questo
potere è ridotto, se le liste sono state formate con un sistema di primarie. Resta comunque il dominio basato sulla disciplina e il controllo dell’organizzazione, un
dominio che può essere usato per orientare le primarie. Ebbene gli elettori che esprimono preferenze potranno ribaltare l’ordinamento deciso dal partito o dalle primarie.
Inoltre il partito è in grado di influenzare i suoi iscritti ed elettori nel voto di revoca.
Tale influenza però avrebbe scarsi effetti per i deputati che hanno ottenuto molte
preferenze. Un’eventuale campagna di revoca del mandato lanciata dal partito per
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motivi di disciplina interna piuttosto che di rispetto del mandato potrebbe essere
inefficace per questi deputati.
I candidati sono in tal modo incentivati a ottenere molte preferenze e quindi a
sforzarsi di esprimere gli specifici bisogni e volontà degli elettori. Gli eletti che ottengono molte preferenze si rendono più autonomi dal partito e più dipendenti dai propri
mandanti. Si noti infine che, in virtù di tal effetto, gli elettori sono incentivati a esprimere preferenze. Infatti un elettore che non esprime una preferenza può esercitare il
diritto di revoca su tutti gli eletti del partito, però con un voto che pesa poco. Invece
quello che esprime una preferenza ha un’elevata influenza sul proprio deputato, e può
conservare anche una certa influenza su altri eletti del partito.
5. Pensierino finale
Della serie “cattivi pensieri”: Va da sé che questa proposta di riforma presuppone un
emendamento che abolisca l’articolo 67 della Costituzione italiana. Il quale stabilisce
che “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni
senza vincolo di mandato”.
La critica a quest’articolo l’aveva già avanzata Marx nel 1843. Se non c’è il
vincolo di mandato
“i deputati non sono dunque nella situazione di ‘mandatari’ […] La separazione dello Stato politico
dalla società civile si manifesta come separazione dei deputati dai loro mandanti. La società civile
delega semplicemente gli elementi della sua esistenza politica. La contraddizione appare duplice: 1)
formale: i delegati della società civile sono una società, e non stanno in rapporto, sotto forma di
‘istruzioni’, di mandato, coi loro committenti; essi sono formalmente commissionati, ma appena lo
sono realmente, essi non sono più commissionati; essi devono essere delegati e non lo sono; 2)
materiale: rispetto agli interessi. […] Qui ha luogo l’inverso: i delegati sono commissionati come
rappresentanti degli affari generali [della Nazione], ma rappresentano realmente affari particolari.”
Quali affari particolari? Quelli della “casta” e dei gruppi di potere che vi fanno
shopping.
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