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PASSATO E PRESENTE DEI CONCORDATI *
José T. MARTÍN DE AGAR
Pontificia Università della Santa Croce
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Un pontificato di apertura e di presenza in campo internazionale
Attività concordataria, basi e significato
Brevi cenni storici sull’evoluzione dell’istituto
Le discussioni sulla natura giuridica dei concordati
Le recenti problematiche sui concordati
Profili tecnici dell’istituto concordatario
a) Soggetti
b) Elaborazione
c) Forma
d) Contenuto
e) Le clausole concordatarie
f) Interpretazione
g) Efficacia ed esecuzione
h) Estinzione
i) Effetti dell’estinzione dei concordati
7. Panoramica dei concordati tra due secoli
8. Le analisi della dottrina
1. Un pontificato di apertura e di presenza in campo internazionale
Se si volesse indicare il tratto caratteristico del pontificato di Giovanni
Paolo II, penso che questo sarebbe riscontrabile nell’apertura schietta,
fiduciosa verso le più svariate realtà umane. Con sollecitudine veramente
apostolica egli continua a cercare il dialogo con tutti, nel desiderio di portare
ovunque il messaggio evangelico, mosso dalla viva coscienza dell’universalità
del mistero di Cristo e dalla speranza che ogni uomo possa incontrarlo e
aprirsi a Lui senza timore.
In questo panorama trovano il loro posto anche i rapporti internazionali. È
ovvio che la presenza della Chiesa nel mondo non si può ridurre alle relazioni
internazionali, diplomatiche o giuridiche, che sono piuttosto un mezzo per
* In «Ius Ecclesiae» XII (2000) 613-660.
J.T. Martín de Agar
2
rendere possibile l’annuncio e la pastorale. È anche vero però che la
presenza della Chiesa nei fori internazionali ha conosciuto in questi anni un
notevole sviluppo. È ormai un luogo comune segnalare l’incremento degli
Stati che mantengono rapporti stabili con la Santa Sede 1 ; uno sviluppo
peraltro corrispondente al rilievo ed influsso che il diritto internazionale sta
attualmente attingendo, specie in tema di accordi multilaterali e nell’ambito
delle organizzazioni internazionali.
2. Attività concordataria, basi e significato
Frutto naturale di questi rapporti, stabiliti nel desiderio di una migliore
intesa fra la Chiesa e le autorità civili, sono gli accordi concordatari, il cui
numero e varietà sono vistosamente cresciuti in questo pontificato, tanto da
attirare di nuovo maggiore attenzione da parte della dottrina.
Sono più di ottanta gli accordi siglati dall’inizio del pontificato, ma questo
numero sembra destinato a crescere, date le negoziazioni in corso con diversi
governi in quasi tutte le regioni del mondo.
Al
di
là
di
qualsiasi
analisi
congiunturale
della
presente
attività
concordataria, è opportuno ricordare che i concordati hanno per la Chiesa un
significato di libertà, garantita da precise norme valide sia nell’ordine interno
degli Stati che in quello internazionale (cf. DH 13). Con questo voglio
mettere in risalto quello che, a mio parere, è una premessa ermeneutica
necessaria, che può ben spiegare sia la sopravvivenza che il carattere
strumentale dei concordati attraverso differenti epoche e sistemi di rapporti
tra la Chiesa e lo Stato, nonché il mutevole succedersi delle materie oggetto
degli accordi stessi.
Quello che la Chiesa cerca di ottenere con il concordato è uno statuto
giuridico che garantisca al meglio la sua libertà di essere presente e di
svolgere la sua missione, all’interno delle circostanze concrete di un
determinato
paese.
Altre
considerazioni
sul
significato
dell’attività
concordataria di una certa epoca o con uno Stato, dovrebbero tener conto di
questa intenzionalità; anche perché se c’è una materia in cui realtà pratica e
discussione teorica si sono trovate spesso non corrispondenti, questa è senza
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Vid. AA.VV., J.-B. D’ONORIO (dir.), La Diplomatie de Jean Paul II, Paris 2000.
Passato e presente dei concordati
dubbio
la
concordataria.
3
Con
ciò
non
si
vuole
affermare
-sarebbe
ugualmente irreale- che essa sia vissuta in maniera dal tutto indipendente da
dottrine e principi, solo che spesso in campo concordatario è stata
l’esperienza a smentire e superare le impostazioni e le previsioni della
dottrina.
3. Brevi cenni storici sull’evoluzione dell’istituto
Nella storia dei rapporti tra la Chiesa e le autorità civili, i concordati hanno
svolto e svolgono tuttora un ruolo di spiccata importanza, al punto da
rappresentare l’esempio classico di accordo tra Stato e confessioni. La loro
origine si fa risalire alla Concordia di Worms (1122) tra l’imperatore Enrico V
e papa Callisto II, con la quale si tentò di porre fine alla lotta delle
investiture.
Da allora Chiesa e Stato hanno utilizzato spesso la via del patto formale,
sia per risolvere specifiche controversie, sia per definire lo statuto giuridico
della Chiesa nell’ordine civile, oppure per regolare insieme determinate
materie d’interesse comune, dando stabilità e certezza ai loro rapporti 2 .
I presupposti giuridici sui quali i concordati trovano il loro fondamento, si
possono riassumere nel fatto che la Chiesa ha sempre rivendicato la libertà
per portare avanti autonomamente la sua missione religiosa, senza mai
riconoscersi in ciò sottoposta ad una autorità superiore; che essa presenta
una organizzazione giuridica unitaria e universale, al vertice della quale si
trova il Romano Pontefice (la Sede Apostolica) che rappresenta la Chiesa nel
suo insieme e in ogni paese; e che, sin dall’antichità, la Santa Sede ha quasi
sempre goduto di indipendenza e sovranità politica, anche territoriale,
benché oggi questa sia alquanto simbolica (Stato Città del Vaticano) 3 .
2
Sui mutamenti storici dei fini strumentali dei concordati e i relativi risvolti dogmatici,
vid. M. CONDORELLI, Concordati e libertà della Chiesa, in «IDE», (1968) P. I, p. 226-261. Per
una interpretazione del sistema pattizio in rapporto all’evoluzione politica, vid. A. DE LA
HERA, Factor religioso y transformación de las instituciones políticas en los Estados
concordatarios, in «ADEE» (1996) p. 163-202; CARDIA, Stato e confessioni religiose,
Bologna 1988.
3
Cf. P. LOMBARDÍA, Fuentes del Derecho eclesiástico español, in AA.VV. «Derecho
eclesiástico del Estado español», Pamplona 1980, p. 183-185; J.A. SOUTO, Derecho
Eclesiástico del Estado, 2ª ed., Madrid 1993, p. 173-174. Come si è più volte sottolineato,
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Ciò ha fatto sì che dal momento in cui le relazioni internazionali tra gli
Stati moderni iniziarono a consolidarsi 4 , la Santa Sede sia stata presente
attuando come soggetto indipendente, non solo in quanto sovrana di un
territorio ma, soprattutto, come rappresentante dell’interesse religioso dei
cattolici sparsi nei diversi Stati e come sostenitrice di principi di convivenza di
riconosciuta valenza morale, avendo piena personalità internazionale ed
esercitando i relativi diritti 5 , i più significativi dei quali sono lo ius legationis e
lo ius contrahendi 6 .
Dal punto di vista giuridico gli accordi tra la Santa Sede e uno Stato
nascono secondo le stesse basi e procedure formali degli accordi diplomatici
fra Stati, e sono retti dallo stesso principio contrattuale pacta sunt servanda.
Essi hanno però delle caratteristiche particolari, come si vedrà in seguito.
In quanto strumento di rapporti giuridici il concordato serve a risolvere, di
comune accordo, le questioni pratiche (problematiche o meno) sorte tra le
parti, con relativa indipendenza delle convergenze o divergenze ideologiche o
dottrinali. Certamente il loro contenuto non può contraddire i principi sia
costituzionali che di dottrina cattolica; ma i concordati non si fondano,
anche durante la ‘questione romana’ (1870-1929) la Santa Sede ha continuato a vedere
riconosciuta la sua attività diplomatica.
4
Sulla presenza della Chiesa nei rapporti fra i popoli nell’antichità e nel medioevo ed il
suo contributo alla formazione dei principi del diritto internazionale, vid. G. BALLADORE
PALLIERI - G. VISMARA, Acta Pontificia Juris Gentium usque ad annum MCCCIV, Milano 1946.
5
Operando come ‘Potenza’ indipendente, cioè ponendo direttamente atti rilevanti
nell’ordinamento internazionale. Cf. Y. DE LA BRIÉRE, L’Organisation Internationale du monde
contemporain et la Papauté Souveraine, 2me Série, Paris 1927, p. 70; S. FERLITO, L’attività
internazionale della Santa Sede, Milano 1988; G. MORÁN, Contribución al estudio del
derecho eclesiástico internacional, in «ADEE» (1991) p. 69-72; J.J. RUDA SANTOLARIA, Los
Sujetos de Derecho Internacional. El Caso de la Iglesia Católica y del Estado de la Ciudad
del Vaticano, Lima 1995, p. 75-217; V. BUONOMO, Considerazioni sul rapporto Santa
Sede-Comunità internazionale alla luce del diritto e della prassi internazionale, in «Ius
Ecclesiae» (1996) p. 6-18; C. ESPALIÚ, La personalidad jurídica internacional de la Santa
Sede a fines del siglo XX, in AA.VV. «Europa de las Regiones y humanismo cristiano»,
Córdoba 1999, p. 221-246; G. DALLA TORRE, La città sul monte, Roma 1996, p. 196-202.
6
Cf. A. MARESCA, Teoria e tecnica del diritto diplomatico, Milano 1986, p. 55 e 128; P.C.
KENT-J.F. POLLARD (ed.), Papal Diplomacy in the Modern Age, Westport, Connecticut, London
1994; R.A. GRAHAM, Vatican Diplomacy. A Study of Church and State on the International
Plane, Princeton 1959.
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Passato e presente dei concordati
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tantomeno oggi, sulla base di una intesa di principio (religiosa o politica) tra
i soggetti. La Chiesa cerca negli accordi con lo Stato di assicurare
giuridicamente la sua libertà di azione; è quindi in rapporto a questa che si
deve valutare la loro convenienza e utilità 7 .
È ormai solito usare il termine concordato in senso lato, comprendente “le
convenzioni stipulate dalla Sede Apostolica con le nazioni o con le altre
società politiche” 8 , anche se in senso stretto si definisce concordato il patto
generale e solenne, nel quale vengono considerate complessivamente le
questioni di interesse comune tra le parti; altri accordi più limitati (per
materia o per solennità) ricevono nomi differenti quali Accordo, modus
vivendi, protocollo, scambio di note, ecc 9 . Ma sia gli uni che gli altri hanno la
caratteristica giuridica comune di costituire un patto formale, concluso per
via diplomatica e retto dalle norme internazionali relative ai trattati; per cui,
nonostante le differenze che esistono fra i vari tipi di accordo, sotto il nome
di concordato si possono comprendere tutti 10 . Difatti, negli Acta Apostolicae
Sedis viene di regola adoperato il termine generico Conventio, tradotto poi
come Accordo, Vertrag, Accord, Acuerdo, Agreement 11 .
Non entrano invece nella categoria dei concordati gli accordi di livello
inferiore, siglati tra la gerarchia ecclesiastica in una nazione e le autorità
7
Interessate in merito la documentazione studiata da R. ASTORRI, Stato e Chiesa tra
“tentazione separatista” e opzione concordataria, in «Panorami», 5 (1993), p. 195-217.
8
CIC c. 3. Il CCEO c. 4 parla di “convenzioni stipulate oppure approvate dalla Santa
Sede” poiché, secondo il c. 98, il Patriarca di una Chiesa orientale puó stipulare convenzioni
con le autorità civili con il previo consenso e la successiva approvazione del Romano
Pontefice; anche se ciò non significa che le si possa qualificare di accordi internazionali,
l’intervento pontificio le può mettere al di sopra del diritto comune.
9
Di fatti, il c. 365 § 1, 2º distingue tra “concordati e le altre convenzioni similari”. Circa
i vari tipi di documenti diplomatici, vid. M. TOSCANO, Storia dei trattati e politica
internazionale. (I Parte generale), 2ª ed., Torino 1963, p. 25-34.
10
Cf. L. SCHÖPPE, Konkordate seit 1800, Frankfurt-Berlin 1964, p. XXI; J. LISTL,
Konkordate und Kirchenverträge, in ID. «Kirche im freiheitlichen Staat», Berlin 1996, p.
469-493. La ridotta portata o la semplicità formale rende talvolta difficile la qualifica di
alcuni accordi: cf. G. BARBERINI, Stati socialisti e confessioni religiose, Milano 1973, p. 133135.
11
Non viene invece adoperato il termine trattato (treaty, tratado. ecc.) tranne che
per quello Lateranense diverso dall’omonimo concordato.
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civili di essa, seppure anche questi costituiscono impegni reciproci da
rispettare 12 .
Nella storia i concordati hanno subito una evoluzione che è andata di pari
passo con i cambiamenti sociali e politici, con l’ecclesiologia e le dottrine sui
rapporti tra Chiesa e comunità politica, e con lo sviluppo delle istituzioni
giuridiche, specie quelle del diritto internazionale, e dei concetti sottostanti
come quelli di sovranità, soggettività e trattato 13 . Questa evoluzione ha
segnato sia la forma, che la natura e il contenuto dei concordati. Difatti, i
concordati come oggi li conosciamo risalgono all’inizio del secolo XIX, ma
anche da allora ad oggi c’è stata una significativa evoluzione 14 .
Mentre era in piedi l’idea di cristianità, i patti tra il Romano Pontefice e
l’Imperatore o i principi esprimevano più che altro la pacificazione in seguito
ad una situazione di conflitto, talvolta creatasi fra la Santa Sede e la
gerarchia locale, le cui libertà e privilegi interessavano anche il sovrano
temporale 15 . Non era invece necessario definire in generale la posizione della
Chiesa nell’ordinamento civile; per la stessa ragione l’accordo consisteva in
concessioni reciproche, spesso sotto forma di privilegio pontificio, con il quale
la Chiesa, mentre riusciva a salvare la sua libertà in sede di principio,
tollerava nella pratica determinate pretese d’intervento dei sovrani nelle cose
ecclesiastiche.
La spinta sempre più forte del giurisdizionalismo statale, soprattutto dopo
la Rivoluzione francese, che mise in discussione la sopravvivenza della Chiesa
come istituzione originaria e autonoma, rese necessario il ricorso al concetto
di società perfetta. Su questo piano il concordato appare come patto tra le
autorità sovrane di due società (politica e religiosa) che, teoricamente
almeno, si incontrano su un piano di parità, al fine di regolare stabilmente i
loro rapporti su materie di comune o concorrente interesse; prime tra queste
12
Vid. per le Chiese orientali CCEO c. 4.
13
Cf. M. PANEBIANCO, Trattato (diritto Intermedio), in «Enciclopedia del Diritto», Vol.
44, Milano 1992, p. 1359-1363.
14
Vid. G. CATALANO, Sulle vicende dell’istituto concordatario nell’età contemporanea,
in «Il Diritto Ecclesiastico», (1992) P. I, p. 3-33.
15
Cf. P.A. D’AVACK, Trattato di diritto ecclesiastico italiano, Parte generale, 2ª ed.
Milano 1978, p. 185.
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Passato e presente dei concordati
7
lo statuto e libertà di azione della Chiesa nella società civile 16 . Si può
situare nel concordato napoleonico del 1801 l’inizio dei concordati moderni,
benché da allora siano intervenuti rilevanti mutamenti: nei presupposti
dottrinali e tecnici, di contenuto e di prassi 17 .
Difatti, si può distinguere tra: i concordati europei del s. XIX e quelli con le
repubbliche americane che avevano da poco acquistato la loro indipendenza;
anche quelli celebrati in seguito ai mutamenti causati dalla prima guerra
mondiale rivestono caratteri propri 18 ; nella seconda metà del nostro secolo,
quelli precedenti e susseguenti il Concilio Vaticano II; nei nostri giorni
attirano l’interesse degli studiosi gli accordi con le nazioni europee del ex
blocco sovietico e quelli riguardanti aree geografiche inedite in materia:
l’Oriente Medio, Asia e l’Africa.
4. Le discussioni sulla natura giuridica dei concordati
Nella storia si è discusso, talvolta a margine della realtà pratica, sulla
natura giuridica dei concordati; oggi però è generalmente acquisito che
questi sono accordi bilaterali, sorti nell’ambito del diritto internazionale
pubblico 19 , che impegnano giuridicamente le parti, in forza del principio del
rispetto dei patti 20 .
Tuttavia può essere utile ricordare, seppur brevemente, la polemica sorta
nel s. XVIII 21 e protrattasi fino alla metà del ‘900. Essa riflette una
16
Cf. R. MINNERATH, L’Église et les États concordataires, Paris 1983, p. 21-23, .
17
Cf. P. LOMBARDÍA, Síntesis histórica, in AA.VV. «Derecho eclesiástico…», cit., p. 82-
90; A. MOTILLA, Los Acuerdos entre el Estado y las Confesiones religiosas en el derecho
español, Barcelona 1985, p. 67 e 78-82.
18
Cf. C. CARDIA, Stato e confessioni religiose, Bologna 1988, p. 59-66.
19
R. NAVARRO VALLS, Convergencia concordataria e internacionalista en el “accord-
normatif”, in «Ius Canonicum» (1965) p. 141-142.
20
Come afferma H. WAGNON, “ce point fut âprement contesté autrefois, il ne l’est plus
sérieusement de nos jours” (L’institution concordataire, in AA.VV. «La institución
concordataria en la actualidad», Salamanca 1971, p. 13).
21
Prima, secondo D’AVACK, era chiaro che si trattava di privilegi pontifici (Trattato di
diritto..., cit., p. 188-192), lo segue J.M. GONZÁLEZ DEL VALLE, Derecho eclesiástico español,
4ª ed., Oviedo 1997, p. 49.
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J.T. Martín de Agar
8
incomunicabilità tra i due ordini, canonico e civile, che si andavano
separando e opponendo 22 :
a) La teoria legale o giurisdizionalista (Legaltheorie), di origine civile
(Germania e Italia), parte dal dogma liberale che vede lo Stato come unica,
sovrana fonte del diritto; di conseguenza il concordato non ha forza se non in
quanto diventa legge dello Stato; come patto non avrebbe per lo Stato altro
valore che quello di un impegno morale o al più di un accordo di diritto
pubblico interno 23 , poiché la Chiesa (nazionale) viene considerata alla
stregua di una associazione di cittadini, di cui il concordato sarebbe lo statuto
ad essa riconosciuto dallo Stato.
b) La teoria curiale o dei privilegi (Privilegientheorie), rappresenta la
visione opposta: il concordato è una legge ecclesiastica particolare (un
privilegio appunto). Sottostante a questa visione troviamo la teoria della
potestas directa in spiritualibus e indirecta in temporalibus; cioè della
superiorità ratione finis della Chiesa sullo Stato, della quale il concordato
sarebbe la concreta e talvolta imperfetta applicazione per una certa nazione.
In tale contesto poi, non si può risolvere il problema della plenitudo
potestatis del Romano Pontefice, che non consentirebbe deroghe o limitazioni
dei diritti e poteri della Chiesa e della Sede Apostolica (semmai tolleranza di
situazioni di fatto). Quindi il concordato sarebbe per la Santa Sede un
impegno morale, di fedeltà, ma non strettamente giuridico, anche per il fatto
che quanto la Chiesa ottiene con il patto è qualcosa che di per sé le
spetterebbe per principio 24 .
22
Sulle diverse dottrine vid. F. RUFFINI, Relazioni tra Stato e Chiesa, Bologna 1974, p.
185-188; M. CASTELLANO, Lectionis iuris concordatarii comparati, ed. altera, Romae 1954, p.
28-45; A. MOTILLA, Los Acuerdos entre…, cit., p. 109-124; G. CATALANO, Problematica
giuridica dei Concordati, Milano 1963, p. 8, nota 24; L. SCHÖPPE, Konkordate seit..., cit. p.
XXIV.
23
Cf. G. CATALANO, Problematica giuridica... cit., p. 128-129.
24
Da qui la visione dei concordati come male minore (historia concordatorum,
historia dolorum) che spesso si riscontra tra i cultori dello ius publicum ecclesiasticum.
Logicamente all’interno di queste due posizioni estreme c’era diversità di sfumature e
posizioni eclettiche: a seconda che si tratti di uno Stato cattolico o meno; oppure
distinguendo fra le clausole riguardanti materie spirituali che sono di esclusiva competenza
ecclesiastica (nelle quali dunque non può darsi altro che il privilegio o la delega) e quelle
riguardanti materie temporali che rappresentano veri e propri impegni per entrambe le
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Passato e presente dei concordati
9
c) Dalla fine del secolo XIX, non senza fatica, divenne sempre più
comunemente accolta la teoria contrattuale, ovvero che i concordati
appartengono
alla
categoria
delle
convenzioni
giuridiche
bilaterali
(Vertragstheorie), nelle quali la Santa Sede (Chiesa cattolica) e lo Stato
esercitano coordinatamente la loro potestà di soggetti sovrani, ciascuno nel
proprio ordine. Convenzioni che impegnano parimenti entrambe le parti,
anche sul piano internazionale nel quale nascono 25 .
Il secolo XX ha contemplato l’esaurirsi della polemica sulla natura giuridica
dei concordati, che si è risolta nella direzione internazionalista. Dal lato
canonico il superamento, anche a livello magisteriale, delle principali tesi
dello Ius Publicum, ha finito per tagliare quel nodo gordiano dinanzi al quale
si erano spesso fermati i cultori di questa disciplina. Un ostacolo che si può
riassumere nei due postulati visti come incompatibili con l’accettazione a
pieno del modello concordatario, cioè quello della superiorità ratione finis
della società ecclesiastica e quello della irrinunciabile plenitudo potestatis del
Romano Pontefice. Simili anche se contrapposte obiezioni di principio
(fondate su un concetto rigido e assoluto di sovranità) ha dovuto superare la
dottrina civilista, che si è sempre più richiamata alle categorie del diritto
internazionale.
Attualmente, per quanto riguarda la Chiesa, il c. 362, nell’affermare che lo
ius legationis spetta al Romano Pontefice, riconosce che egli lo esercita, nei
confronti dei governi civili, “nel rispetto delle norme di diritto internazionale”.
Lo stesso si potrebbe dire dello ius tractandi, di cui partecipano i legati sotto
le regole del diritto internazionale (c. 365 § 1, 2º). Difatti nei recenti accordi
è
oramai
consueto
un
riferimento
preliminare
ai
principi
del
diritto
parti. Vid. F. CAVAGNIS, Institutiones Iuris Publici Ecclesiastici, Vol I, 3ª ed., Desclée, Roma
s/d, p. 395-425; F.X. WERNZ, Ius Decretalium, T. I, 3ª ed, Prati 1913, p. 237-257; E.F.
REGATILLO, Concordatos, Santander 1933, p. 40-44, 56-74; F.M. CAPPELLO, Summa Iuris
Publici Ecclesiastici, 4ª ed., Roma 1936, p. 430-431, 473-475; A. OTTAVIANI, Institutiones
Iuris Publici Ecclesiastici, vol. II, Typ. Pol. Vat. 1960, p. 254, 267, 299-319. Cf. M.
CONDORELLI, Concordati e libertà..., cit., p. 232-237.
25
Cf. L. PÉREZ MIER, Iglesia y Estado nuevo, Madrid 1940, p. 49-62; A PIOLA, Stato e
Chiesa dopo il Concilio, Milano 1968, p. 17-59; G. CATALANO, Problematica giuridica... cit.,
p. 127 s; R. MINNERATH, L’Église et les..., cit., p. 29-32; J.-B. D’ONORIO, Les concordats et
les
conventions
postconciliaires,
in
AA.VV.,
«Le
Saint-Siège
internationales» (a cura di J.-B. d’Onorio), Paris 1989, p. 195-198.
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dans
les
relations
J.T. Martín de Agar
10
internazionale 26 . Nessuna riserva o appello, quindi, ad una supremazia o
ad una irrinunciabile plenitudo della potestà ecclesiastica 27 .
Non c’è dubbio che i concordati presentano delle caratteristiche peculiari 28 ,
dato che:
- la Santa Sede ha una soggettività particolare, ben definita e diversa
dagli altri soggetti di diritto internazionale in quanto fondata nella sua natura
di autorità spirituale 29 , ma dal punto di vista giuridico ugualmente piena e
universalmente riconosciuta di diritto e di fatto 30 ;
- le materie e gli interessi in gioco sono anche particolari, a confronto
con quelli di altri trattati; d’altronde il sempre più frequente richiamo ai diritti
26
I richiami dei Pontefici ai principi di ordine internazionale, quali la bilateralità degli
impegni e del rispetto dei patti, sono comunque di più antica data; vid. Pio IX, Alloc.
consist. 1.XI.1850 (Acta, I, 2, 185); Leone XIII, Enc. Au milieu 16.II.1892: ASS 24 (18911892) 527; Pio X, Enc. Vehementer Nos 11.II.1906, n. 5: ASS 39 (1906) 6-7; Benedetto
XV, Alloc. consist. In hac quidem 21.XI.1921: AAS 13 (1921) 521; Pio XI, Enc. Mit
Bennender 14.III.1937: AAS 29 (1937) 146; Pio XII, Alloc. 6.XII.1953 ai giuristi cattolici:
AAS 45 (1953) 802.
27
cf. G. SARACENI, “Ius publicum ecclesiasticum externum” e prospettive conciliari, in
«Il Diritto Ecclesiastico» (1970) P. I, p. 43-45.
28
Y
Da qui appunto il nome di concordati che li distingue specificamente; cf. J. GIMÉNEZ
MARTÍNEZ DE CARVAJAL, Los concordatos en la actualidad, in AA.VV. «Derecho canónico»,
Vol. II, Pamplona 1974, p. 356-357.
29
Per
quanto
importante
possa
ritenersi
la
sua
sovranità
territoriale,
oggi
materializzata in quella dello Stato della Città del Vaticano, sembra altrettanto chiaro il
rapporto strumentale di essa con l’indipendenza e libertà della Sede Apostolica; cf. Y. DE LA
BRIÉRE, L’Organisation Internationale..., cit., 1re Série, Paris 1924, p. 201-234.
30
Anche in dottrina la personalità internazionale della Sede Apostolica viene
generalmente
e
pacificamente
affermata,
con
dovizia
di
argomenti,
da
parte
di
internazionalisti ed ecclesiasticisti, anche se non mancano ragguardevoli eccezioni. Vid. M.
GIULIANO - T. SCOVAZZI - T. TREVES, Diritto internazionale. Parte generale, Milano 1991, p.
156-158; P.A. D’AVACK, Trattato di diritto ecclesiastico…, cit., p. 203; A. MOTILLA, Los
Acuerdos entre…, cit., p. 139-142; A. MARESCA, Dizionario giuridico diplomatico, Milano
1991, «Santa Sede», p. 512-513. Alcune posizioni negative più recenti sembrano avere
motivazioni ideologiche, miranti non tanto la personalità quanto la presenza della Santa
Sede nei fori internazionali; cf. A.M. VEGA GUTIÉRREZ, El status jurídico de la Santa Sede en
la ONU: a propósito de las últimas conferencias internacionles, in «ADEE» (1998) p. 363429.
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Passato e presente dei concordati
11
umani (nel caso la libertà religiosa) costituisce l’humus comune a tutta
l’attività contrattuale internazionale.
- le due parti esercitano le loro relative potestà sugli stessi soggetti e
nello stesso territorio; potestà che, per quanto specifiche in linea di principio,
sono in pratica impossibili da separare nettamente a livello di competenza e
di applicabilità dei rispettivi ordinamenti. Ciò accade anche nei rapporti tra
ordinamenti statali, ma acquista qui una rilevanza del tutto particolare, dal
momento che la Chiesa porta con se un ordinamento proprio destinato ad
essere vissuto da persone ed enti che agiscono anche nel diritto civile.
- la Santa Sede da parte sua non accetta in linea di massima l’arbitrato
né il ricorso ai tribunali internazionali, come via per risolvere le eventuali
controversie sorte sull’interpretazione o applicazione di un patto in cui lei è
parte, preferendo la soluzione negoziata di esse 31 .
Queste peculiarità sia del soggetto (la Chiesa) che dell’oggetto (il
concordato) hanno reso problematica, soprattutto in passato, la qualifica di
“accordi internazionali” per i concordati, anche per lo statalismo presente
nella dogmatica internazionalista. Per cui essi talvolta venivano collocati in
un ordinamento particolare (concordatario, inter-ordinamentale) esterno e
superiore alle parti, ma sempre teoricamente parallelo, intermedio o
comunque distinto da quello internazionale 32 . In realtà venivano poi
31
Cf. C. ESPALIÚ, La personalidad jurídica…, cit., p. 236-237. Per poter ricorrere alla
via giurisdizionale si richiede comunque l’accettazione espressa delle parti, sia in una
specifica clausola del trattato, sia per accordo successivo. D’altro canto è nota l’attività di
mediazione svolta dalla Santa Sede in varie controversie fra Stati.
32
Vid. le diverse proposte a riguardo in G. CATALANO, La natura giuridica dei
concordati nella moderna dottrina, in AA.VV. «La institución concordataria en la
actualidad», Salamanca 1971, p. 35; egli stesso proponeva un “diritto internazionalconcordatario”: Problematica giuridica... cit., p. 162. Cf. S. ROMANO, Corso di diritto
internazionale, Padova 1926, p. 38; M. FALCO, Corso di Diritto Ecclesiastico, Padova 1930,
p. 55-56; G. CASUSCELLI, Concordati, intese e pluralismo confessionale, Milano 1974, p. 6774; A.C. JEMOLO, Lezioni di diritto ecclesiastico, 5ª ed., Milano 1979, p. 45 s. Come osserva
GONZÁLEZ DEL VALLE (Derecho eclesiástico español, 4ª ed. Oviedo 1997, p. 50-51), lo stesso
Wagnon
dopo
aver
dimostrato
nella
sua
famosa
monografía Concordats
e
Droit
international (Gembloux 1935) il parallelismo tecnico tra concordati e trattati, concludeva
ancora qualificando i primi “quasi trattati” (p. 108-110); soltanto dopo il Concilio Vaticano
II affermò decisamente la loro natura di trattati (L’institution concordataire, in AA.VV. «La
btcafg
J.T. Martín de Agar
12
adoperati per entrambi gli stessi concetti, e i medesimi sviluppi dottrinali,
tecnici e pratici, il che ha reso sempre più sottile la distinzione tra i due
ordinamenti 33 , e oggi i concordati vengono considerati per lo più come
accordi rientranti nelle categorie del diritto internazionale, retti dai principi e
dalle
regole
proprie
dei
trattati 34 ,
benché
con
delle
caratteristiche
peculiari 35 . D’altronde sono sempre più numerosi e svariati i soggetti di
natura non statale 36 , che agiscono nell’ordine internazionale instaurando
rapporti giuridici con gli altri e partecipando a Convenzioni e Conferenze
internazionali.
5. Le recenti problematiche sui concordati
Attorno al Concilio Vaticano II si è sviluppata anche una discussione, più
dottrinale e profonda, circa l’opportunità o addirittura la compatibilità della
via concordataria nei rapporti tra la Chiesa e le autorità civili. In sostanza, il
tradizionale
sistema
concordatario
è
stato
messo
a
confronto
con
l’ecclesiologia conciliare e si sono rilevati spunti che, per alcuni, sarebbero
l’indizio che la prassi concordataria sarebbe da superare 37 .
institución concordataria… », cit., p. 14-15).
33
Si vedano in proposito le ironiche considerazioni di J.M. GONZÁLEZ DEL VALLE, nel
passo sopra citato. Un nuovo concetto di “ordinamento concordatario” è stato più di recente
proposto da P. LILLO, Concordato «accordi» e «intese», Milano 1990, p. 60-75.
34
H. WAGNON, L’institution concordataire, cit., p. 13-14; G. LAJOLO, I Concordati
moderni, Brescia 1968, p. 198-199, 213-216, 491. Si vedano anche quelli citati in G.
CATALANO, La natura giuridica dei..., cit, p. 31, nota 9; J. LISTL, Desarrollo y significación de
los concordatos y acuerdos eclesiásticos en el derecho eclesiástico de la RFA, in
«Constitución y Acuerdos Iglesia-Estado. Actas del II Simposio Hispano-Alemán», Madrid
1988, p. 50.
35
P. LOMBARDÍA, Fuentes del Derecho eclesiástico español, in AA.VV. «Derecho
eclesiástico…», cit., p. 185-186.
36
Organizzazioni internazionali soprattutto, ma anche popoli, governi in esilio e anche
multinazionali. Difatti l’esclusività dei criteri del territorio, popolo e sovranità per definire i
soggetti si può ritenere da tempo superata; cf. Y. DE LA BRIÉRE, L’Organisation
Internationale..., cit., 2me Série, Paris 1927, p. 65-71.
37
Seguiamo per questo tema J. GIMÉNEZ Y MARTÍNEZ DE CARVAJAL, Los concordatos
en..., cit., p. 378-390; cf. ID., Temática general de la revisión del concordato español, in
AA.VV. «La institución concordataria en la actualidad», Salamanca 1971, p. 478-485. Vid. J.
SALAZAR,
El
Concilio
Vaticano
II
y
los
concordatos,
in
AA.VV.
«La
institución
concordataria…», cit., p 47-102; A. DE LA HERA, El futuro del sistema concordatario, in «Ius
btcafg
Passato e presente dei concordati
13
Gli argomenti sono svariati e di portata diversa, dato che la questione è
stata affrontata da varie prospettive: teologica, canonistica, ecclesiasticistica,
che si possono distinguere a seconda che il punto di riferimento sia un
concetto di Chiesa oppure quello di Stato, ma che in pratica si intrecciano,
spesso in rapporto alle concrete circostanze di una data nazione 38 :
Per alcuni la riflessione della Chiesa sulla sua propria natura di comunità
spirituale, decisamente diversa dalla società politica ormai secolarizzata,
nonché sui rapporti fra entrambe, fondati sulla reciproca indipendenza e
autonomia nei rispettivi ambiti, farebbe sì che la loro eterogeneità impedisca
di pensare a comuni impegni giuridici; i loro interessi, finalità e mezzi sono
talmente distinti e paralleli che non ci sarebbe un piano né punti d’incontro
che possano sostentare accordi fra i vertici: altrimenti si tornerebbe alla
cosiddetta era costantiniana, ormai superata, caratterizzata da confusione,
clericalismi e compromessi non più ammissibili 39 .
Dietro analisi di questo tipo si scopre talvolta una lettura parziale della
riflessione ecclesiologica conciliare (che rispecchia le spinte antigiuridiche
destatesi all’epoca), o perlomeno una accentuata visione spirituale che vede
in qualsiasi forma di collaborazione istituzionale fra Stato e Chiesa un
pericolo per la libertà profetica della comunità ecclesiale o per la laicità dello
Stato 40 . Ora, la Chiesa non è solo comunità di vincoli spirituali ma anche
Canonicum» (1971) p. 5-21; G. CASUSCELLI, Concordati, intese… cit., p. 13-20.
38
Vid. S. BERLINGÒ - G. CASUSCELLI (a cura di), Stato democratico e regime pattizio,
Milano 1977; M. TEDESCHI, Revisione del concordato e inscindibilità dei Patti lateranensi, in
ID., Saggi di diritto ecclesiatico, Torino s.d., p. 155 s.; M. CONDORELLI, Concordati e libertà
della Chiesa, in «IDE» (1968) P. I, p. 226-287; anche la bilbiografia citata da P. LOMBARDÍA,
Fuentes del Derecho eclesiástico español, in AA.VV. «Derecho eclesiástico…», cit., p. 185186, nota 15.
39
Cf. P.A. D’AVACK, Rilievi preliminari sulla riforma del concordato lateranense, in
AA.VV. «Studi per la revisione del concordato», Padova 1970, p. 9-15; J.M. SETIÉN,
Eclesiología subyacente a la teoría concordataria, in AA.VV. «Concordato y sociedad
pluralista»
Sígueme,
Salamanca
1972,
p.
19-49;
P. COLELLA,
La
libertà religiosa
nell’ordinamento canonico, 2ª ed., Napoli 1984, p. 166-198; G. CAPUTO, La funzione del
sistema pattizio nella storia, in «ADEE» (1988) p 39-45.
40
Si vedano in merito le precisazioni di L. MUSELLI, Chiesa cattolica e comunità
politica, Padova 1975, p. 68-70. Cf. J. PRADO, Concordato o régimen estatal de libertad
religiosa?, in «Sal Terrae» (1975) p. 48-51.
btcafg
J.T. Martín de Agar
14
società visibile e organizzata gerarchicamente, che nel suo pellegrinaggio e
per il compimento della sua missione religiosa tra gli uomini, ha anche
bisogno dei mezzi terreni (LG 8, GS 44) tra i quali il diritto, quale garanzia
appunto di libertà e autonomia nei rapporti con le altre società umane 41 .
Tuttavia non v’è dubbio che tale libertà e autonomia non sarebbero più
riducibili a quelle della gerarchia, essendo ormai acquisito che la libertas
Ecclesiae include la partecipazione di tutti i fedeli alla missione della
Chiesa 42 .
Inoltre per stabilire questi rapporti la Chiesa ha sempre adoperato “una
configurazione giuridica analoga a quella delle unità giuridiche superiori”, al
fine di poter essere riconosciuta e inquadrata in un ambito giuridico comune
ai soggetti di fronte ai quali si pone. Per quanto riguarda il nostro tema, va
pure detto che la personalità internazionale non appartiene né definisce
l’essere della Chiesa cattolica, è però una veste giuridica congruente con
esso, attualmente operativa, strumentale per l’adempimento della sua
missione, né più né meno 43 . I concordati sono a loro volta conseguenza di
tale figura giuridica. Che poi essi abbiano la qualifica giuridica di accordi
internazionali è un fatto che non intende esprimere tutta la loro specifica
natura. L’ecclesiologia conciliare chiede che i mezzi tecnici del diritto,
adoperati per esprimere e tutelare la dimensione giuridica della Chiesa, non
41
Si scorge anche la confusione, o meglio l’assorbimento, della società civile nello
Stato, tipica del dispotismo liberale, con la conseguente pretesa di tradurre la pur legittima
laicità statale in laicità sociale, prona a ridurre al minimo la presenza istituzionale della
religione in campo civile, ignorante dell’unità della persona e della sua dimensione religiosa
(cf. J.T. MARTÍN DE AGAR, Libertà religiosa, uguaglianza e laicità, in «Ius Ecclesiae» VII
(1995) p. 199-215).
42
Cf. J.T. MARTÍN DE AGAR, Il diritto alla libertà nell’ambito temporale, in «Lex Nova
(Fidelium Iura)» I (1991), p. 140-145.
43
J. GIMÉNEZ Y MARTÍNEZ DE CARVAJAL, Los concordatos en…, cit. p. 353; J. HERVADA,
Diritto costituzionale canonico, Milano 1989, p. 48 e s. Cf. P. LOMBARDÍA, Lecciones de
derecho canónico, Madrid 1991, 78-80; G. BARBERINI, Chiesa e Santa Sede nell’ordinamento
internazionale, Torino 1996, p. 1-53; B. BERTAGNA, Santa Sede ed Organizzazioni
Internazional in «Mon. Ecc.» (1981) p. 102-159; J. MANZANARES, La Iglesia ante los
organismos internacionales, in REDC (1995) p. 191-215.
btcafg
Passato e presente dei concordati
15
mettano in ombra la sua natura misterica, ma non che debbano essere
abbandonati in partenza 44 .
Altri considerano che ormai non ci siano più i presupposti socio-giuridici
che in altri tempi servivano di base ai concordati: la confessionalità dello
Stato, la Chiesa come società perfetta simile (e superiore) allo Stato; quasi
che la crisi di certe tesi del Diritto Pubblico Ecclesiastico dovesse trascinare
con se anche l’istituto concordatario 45 , oppure che l’ideale di Stato
democratico e laico escludesse di per sé qualsiasi rapporto di collaborazione
con le confessioni. Bisogna tuttavia tenere conto che tali presupposti non
sono gli unici su cui può nascere un accordo fra Stato e Chiesa, anzi già
prima del Concilio prassi concordataria e scolastica giuspubblicista erano
spesso divergenti 46 .
A quanto appena detto sulla figura giuridica della Chiesa, si può
aggiungere che per questa, dal punto di vista sostanziale, oggi sono i principi
di libertà religiosa, di reciproca e relativa indipendenza e autonomia (che
riassume la legittima laicità dello Stato e viene talvolta espressa in termini di
sovranità) e di cooperazione al bene dell’uomo e della società, a reggere i
rapporti fra Chiesa e comunità politica e a rendere auspicabili gli accordi con
le confessioni 47 . Inoltre, esistono da tempo convenzioni con paesi non certo
44
Che la Chiesa non possa e non debba agire alla stregua di uno Stato in campo
internazionale, non vuol dire che non possa godere della stessa soggettività in tale ambito;
come il fatto che essa non possa né debba usare dei suoi beni per gli stessi fini e con gli
stessi modi degli altri proprietari, non vuol dire che non abbia capacità patrimoniale.
45
Cf. J. MALDONADO Y FERNÁNDEZ DEL TORCO, Reflexiones sobre la cuestión actual de los
concordatos en su prespectiva jurídica, in AA.VV. «Lex Ecclesiae. Estudios en Honor del
Prof. Dr. Marcelino Cabreros de Anta», Salamanca 1972, p. 589-592. Certamente tale crisi
ha avuto ripercusioni su determinati concordati nella misura in cui poggiavano su dei
principi ormai superati.
46
Come osserva CATALANO, “la Santa Sede non ha atteso i deliberati del Vaticano II
per accorgersi che la sua potestas indirecta in temporalibus sopravviveva soltanto nei
manuali” (Sulle vicende dell’istituto concordatario nell’età contemporanea, in «IDE» (1992)
P. I, p. 30).
47
Tuttavia non mancarono autori che vedevano come incompatibili libertà religiosa e
sistema concordatario, giudicando questo solo come strumento di ricorso al braccio secolare
(confessionale) per imporre l’adempimento di doveri religiosi. Cf. J.M. DÍEZ-ALEGRÍA, El
problema del concordato desde el punto de vista de la libertad religiosa, in AA.VV.
«Concordato y sociedad pluralista» cit., p. 15-18. Sull’evoluzione dei principi di ispirzione
btcafg
J.T. Martín de Agar
confessionali
16
o
a
maggioranza
cattolica,
addirittura
comunisti
o
a
maggioranza musulmana 48 , non basati dunque su quei presupposti.
Per altri, il problema riguarderebbe piuttosto l’utilità dei concordati. Posto
che ormai la maggioranza degli Stati autonomamente riconoscono e
garantiscono la libertà religiosa e la dovuta indipendenza e autonomia
giuridica delle confessioni, gli accordi avrebbero una giustificazione ristretta
ai casi in cui tale autonoma garanzia non ci sia 49 . A mio avviso c’è un certo
idealismo in questa visione. Senza ignorare che in molti Stati non
concordatari, la Chiesa e le altre confessioni godono di sufficiente libertà, ciò
non toglie che essa possa essere ulteriormente garantita, in modo più
confacente alla fisionomia specifica del cattolicesimo, attraverso formali
accordi istituzionali 50 . Anche i diritti umani sono garantiti nelle Costituzioni
nazionali, e tuttavia la loro tutela a mezzo di convenzioni internazionali è
sempre più in auge.
Il fatto poi che il Concilio Vaticano II non faccia riferimento esplicito ai
concordati fu ritenuto da alcuni la controprova del fatto che essi non siano
più utili. Certamente si può affermare che l’impostazione conciliare non
considera il concordato come strumento necessario o ideale della pur
dei concordati pre e post-conciliari, vid. C.M. MENDONÇA, El Derecho Público Eclesiástico en
los Concordatos de la Santa Sede de 1954 a 1994, Tesi dottorale nel Pontificio Ateneo della
Santa Croce, Roma 1997; S. FERRARI, L’Accordo Fondamentale tra S. Sede e Israele e le
convenzioni post-conciliari tra Chiesa e Stati, in AA.VV «Winfried Schulz in memoriam», T.
I, Frankfurt 1999, p. 250-257.
48
Si vedano al riguardo le riflessioni di A. DE LA HERA, El pluralismo y el futuro del
sistema concordatario, in «Il Diritto Ecclesiastico», (1970) P. I, p. 9-12, anche in AA.VV,
«La Chiesa dopo il Concilio» I, Milano 1972. p. 411-431; A. PRIETO PRIETO, Problemática
contemporánea de la institución concordataria, in AA.VV. «La institución concordataria en la
actualidad», Salamanca 1971, p. 162-164.
49
Cf. M. CONDORELLI, Concordati e libertà..., cit., p. 285-287; J. MALDONADO Y
FERNÁNDEZ DEL TORCO, Reflexiones sobre la…, cit., p. 599.
50
“Dejar esta tarea de regulación concreta únicamente a una positivación jurídica
estatal es cerrar los ojos a las deficiencias de la realidad política” (A. PRIETO PRIETO,
Problemática contemporánea de..., cit., p. 166); cf. J.M. DÍAZ MORENO, Derecho canónico,
Madrid 1991, p. 438-439. Si tenga anche conto che mentre le libertà individuali vengono
generalmente riconosciute, quelle collettive stentano ancora a raggiungere una tutela
simile.
btcafg
Passato e presente dei concordati
17
auspicata cooperazione con la comunità politica 51 ; ma non si può
desumere dal silenzio conciliare il rifiuto o decadimento degli accordi
concordatari, visto che durante e dopo il periodo sinodale sono state siglate
non poche convenzioni del genere, tese appunto a delineare i concreti profili
di detta cooperazione 52 .
Talvolta si sospetta che con i concordati la Chiesa cerchi ancora dei
privilegi o affermazioni esclusive; tuttavia non bisogna confondere la ricerca
di uno statuto civile specifico, adeguato alla natura della Chiesa, con il
privilegio recante discriminazioni per le altre confessioni 53 . Se in passato ciò
è talvolta accaduto e si sono venute a creare situazioni non evangeliche a
motivo di alcuni concordati, ciò non si deve addebitare allo strumento,
semmai al contenuto di esso o ai presupposti da cui prendeva spunto54 . Oggi
sia gli uni che gli altri sono mutati: non la cura religionis segna ormai il piano
51
Già Pio XII aveva ridimensionato l’importanza dei concordati anche negli schemi del
diritto pubblico ecclesiastico: Disc. ai giuristi cattolici, 6.XII.1953: AAS (1953) 794-802. Cf.
O. GIACCHI, Premesse canonistiche, in O. FUMAGALLI CARULLI, «Società civile e società
religiosa di fronte al Concordato», Milano 1983, p. 76-79; L. MUSELLI, Chiesa cattolica e...
cit., p. 132-134.
52
“D’altronde -osserva SARACENI-, mai, in nessun testo solenne magisteriale, è dato
riscontrare il termine concordato” (intervento al Convengo “La politica concordataria
dell’ultimo ventennio: il caso italiano”, in AA.VV. «Interventi ed atti di un convegno»,
Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Camerino, Jovene 1977, p. 16). Cf. G. CATALANO,
La natura giuridica dei..., cit., p. 29; ID, El concordato colombiano de 1974 e i principi del
Concilio Vaticano II, «Ius Canonicum» (1975) p. 261-277.
53
“Todos los ciudadanos han de ser iguales en libertad religiosa; pero esta puede
reconocerse a cada grupo religioso a través de fórmulas diferentes. La propia estructura de
los grupos religiosos mismos determinará la elección de la fórmula mejor, y no hay
entonces inconveniente para que en el sistema pluralista perviva el concordato con al
Iglesia católica” (A. DE LA HERA, El pluralismo y el futuro del sistema concordatario, in «Il
Diritto Ecclesiastico», (1970) P. I, p. 20); cf. J.A. SOUTO, Derecho Eclesiástico…, cit., p. 6668. Esempio di sistema pluralista nella parità è la Germania: vid. A.M. ROUCO VARELA, Los
tratados de las Iglesias protestantes con los Estados, in AA.VV. «La institución
concordataria en la actualidad», Salamanca 1971, 105-133; A. HOLLERBACH, El sistema de
concordatos y convenios eclesiásticos, in AA.VV., «Constitución y relaciones Iglesia-Estado
en la actualidad», Salamanca 1978, p. 179-192.
54
btcafg
Cf. J. SALAZAR, El Concilio Vaticano II..., cit., p. 92-96.
J.T. Martín de Agar
18
delle relazioni tra lo Stato e le confessioni, ma la cura libertatis religiosae,
di tutti i cittadini e di tutte le confessioni 55 .
In questo contesto lo scopo dei concordati non sarebbe più la tutela
privilegiata della verità cattolica da parte dello Stato, ma quella della libertà
e identità religiosa dei cattolici e della Chiesa, alla quale viene così
“assicurato il libero esercizio della sua spirituale e morale missione, mediante
eque, leali e stabili delimitazioni delle rispettive competenze” 56 , senza perciò
negare la stessa libertà agli altri.
Si può affermare che a partire del Concilio Vaticano II quelli che vengono
ridefiniti sono i principi che ispirano i rapporti tra la Chiesa e la comunità
politica; che adesso si concretizzano nella libertà religiosa, la reciproca
autonomia
e
indipendenza
(legittima
laicità),
la
possibilità
di
una
cooperazione, nel rispetto di questi principi, in favore della persona e della
società.
E ciò, per quanto riguarda il nostro argomento, ha portato conseguenze di
rilievo, anche qui non sempre quelle previste da certa dottrina. La continuità
vitale dell’istituto concordatario, non significa ovviamente la conferma della
analisi precedente, ma vorrei limitarmi a constatare che si assiste dopo il
Vaticano II al riconoscimento sempre più esplicito ed effettivo che l’attività
internazionale della Santa Sede segue le norme del diritto internazionale. A
parte la espressa remissione del c. 362, negli stessi concordati sono sempre
più abbondanti i riferimenti a tale ordinamento. A mio avviso si è verificata
una coincidenza più trasparente fra dottrina e prassi della Chiesa, il che oltre
a poter essere qualificato come una crescita di credibilità, si può dire che
semplicemente rende più agevole e realistica la ricerca di un buon
intendimento fra le autorità civili e la Santa Sede in materie riguardanti la
presenza e l’attività della Chiesa in un dato territorio, anche per la maggiore
consapevolezza del contributo positivo che essa può apportare alla vita
sociale.
55
Cf. L. MUSELLI, Chiesa cattolica e... cit., p. 72-77; G. CASUSCELLI, Concordati,
intese… cit., p. 93-95.
56
btcafg
PAOLO VI, Discorso 19 gennaio 1970: AAS (1970) 110.
Passato e presente dei concordati
19
Mettendo a confronto i brani introduttivi dei concordati del passato e di
quelli più recenti, si osserva come essi siano in ogni caso espressione di
diverse impostazioni (di principio e congiunturali) dei rapporti Chiesa-Stato.
Il che vuol dire che i concordati, come le altre istituzioni giuridiche, mentre
riflettono necessariamente le impostazioni e i principi di ogni epoca, evolvono
anche per meglio adeguarsi alle nuove acquisizioni dottrinali e situazioni di
fatto 57 .
Dal punto di vista del diritto ecclesiastico statale, la via concordataria dei
rapporti Stato-Chiesa viene vagliata in relazione ai principi che si ritiene
devono definire l’atteggiamento di uno Stato democratico riguardo alla
religione e alle sue manifestazioni sociali; in particolare la libertà religiosa,
l’uguaglianza e la laicità.
Le conclusioni di tale confronto dipendono dal significato che ai detti
principi venga attribuito, sia teoricamente che sulla traccia dei testi
costituzionali e dell’esperienza storica. Logicamente in questo processo
ermeneutico, oltre alle argomentazioni giuridiche, influiscono i criteri filosofici
o ideologici.
Da parte mia condivido l’idea che il concetto di sovranità vada stabilito, tra
l’altro, in corrispondenza alle esigenze dei diritti della persona. Proclamare i
diritti dell’uomo e sostenere un concetto di sovranità (esterna e interna)
propria dello Stato assoluto liberale, equivarrebbe a sostenere che tali diritti
sono in realtà concessioni del potere.
Se poi la laicità si intende come garanzia di libertà, di diversità di iniziativa
sociale, e quindi interpretata prima di tutto come incompetenza e non come
una riedizione del giurisdizionalismo (oppure di pretestuoso uniformismo), il
ricorso agli accordi con le confessioni non soltanto appare compatibile con
essa, ma può ben costituire una sua adeguata realizzazione.
Difatti si diffonde oggi nel diritto ecclesiastico la tendenza a definire i
rapporti Stato-confessioni sulla base di accordi bilaterali di diverso livello; e
57
C.
CORRAL
Salvador,
Tranformatio
syistematis
concordatarii
in
regimen
concordatarium..., in «Periodica» (1988) p. 181-193; R. MINNERATH, L’Église et les..., cit., p.
39-63; ID. La libertà religiosa tra norme costituzionali e norme concordatarie, in «QDPE»
(1999/1) p. 87-96; A. DE LA HERA, Factor religioso y…, cit., p. 180.
btcafg
J.T. Martín de Agar
ciò
sia
in
20
risposta
a
specifiche
previsioni
costituzionali
che
come
conseguenza di una migliore comprensione del ruolo dello Stato nei confronti
della religione 58 . Ai paesi centro europei di consolidata tradizione pattizia
(Germania, Austria, Svizzera), si sono di recente aggiunti l’Italia, la Spagna,
la Polonia, la Colombia, l’Ungheria; e tale sembra essere la via che si
prospetta
in
altri
paesi.
E
questo, insieme
all’allargarsi della tutela
internazionale dei diritti umani, porta ad una maggiore attenzione alle fonti di
origine pattizia del diritto ecclesiastico 59 .
6. Profili tecnici dell’istituto concordatario
Data la natura di patto internazionale del concordato, la sua struttura
tecnica ricalca per lo più quella generale dei trattati fra Stati.
Si devono quindi tenere in conto i principi e le norme proprie del diritto
internazionale, segnatamente quelle riguardanti i trattati 60 , ove i principi di
ordine pubblico ovvero di ius cogens 61 delineano la cornice entro la quale è
la volontà delle parti a fare legge fra di loro, una volta che si accordano su
58
Vid. R. BOTTA, Manuale di Diritto Ecclesiastico, Torino 1994, p. 12-25; A. VITALE,
Corso di diritto ecclesiastico, 8ª ed., Milano 1996, p. 129s.
59
Vid. L. SPINELLI, Diritto ecclesiastico, 2ª ed., Torino 1987, p. 169-190; I.C. IBAN,
Sistema de fuentes del derecho eclesiástico, in I.C. IBAN - L. PRIETO SANCHIS - A. MOTILLA,
«Curso de Derecho Eclesiástico», Universidad Complutense, Madrid 1991, p. 147-150; C.
CARDIA, Manuale di diritto ecclesiastico, Bologna 1996, p. 200-247; J.M. GONZÁLEZ DEL VALLE,
Derecho eclesiástico español, 4ª ed., Oviedo 1997, p. 80-94; M.D. GARCÍA HERVÁS, Fuentes
del derecho eclesiástico español (II). Fuentes de carácter pacticio, in AA.VV. «Manual de
Derecho Eclesiástico del Estado», Colex, Madrid 1997, p. 105-114; F. FINOCCHIARO, Diritto
ecclesiastico, 6ª ed., Bologna 1997, p. 5-13, 115-117; A. GARCÍA GÁRATE, Fuentes del
Derecho Eclesiástico, in ISIDORO MARTÍN (coord.) «Curso de Derecho Eclesiástico del
Estado», Valencia 1997, p. 45-61.
60
Si veda per la materia M. GIULIANO - T. SCOVAZZI - T. TREVES, Diritto internazionale.
Parte generale, Milano 1991, p. 279-411; F. DURANTE, Trattato (Diritto vigente) in
«Enciclopedia del Diritto», vol. 44, Milano 1992, p. 1368-1392. Come noto la Santa Sede è
stata la prima a ratificare la Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati (1969); si vedano
a riguardo le considerazioni di S. FERLITO, L’attività internazionale…, cit., p. 110-124.
61
Specie quelle sui diritti umani (anche delle comunità e dei popoli), cf. V. BUONOMO,
I diritti umani nelle relazioni internazionali, Roma 1977, p. 31-33, 150-153; F.C. GARCÍA
MAGÁN, Derechos de los pueblos y naciones, Roma 1998.
btcafg
Passato e presente dei concordati
21
materie disponibili 62 . Né va dimenticato che, in campo internazionale,
politica e diritto si intrecciano in maniera del tutto particolare, essendo
quest’ultimo, qui più che altrove, strumento di quella che è l’arte del
possibile; strumento teso a formalizzare e a dare certezza giuridica ai
rapporti prammaticamente definiti dalle parti in via negoziata.
Ciò fa sì che la prassi abbia un ruolo più incisivo in ambito internazionale
che nel diritto interno, e che il diritto internazionale appaia più refrattario ad
assoggettarsi a schemi e concetti costruiti in sede dottrinale. Detto
brevemente, le parti di un accordo definiscono consensualmente i loro
rapporti su determinate materie, talvolta al di là delle categorie prefissate
dalla dottrina. Così accade, ad esempio, quando esse concordano nel ritenere
in vigore un patto anche dopo certi eventi che, stando alle costruzioni
teoriche, ne avrebbero determinato la scadenza.
Decisiva
è
quindi
in
materia
la
comune
volontà
pattizia,
la
cui
interpretazione ed esecuzione certamente è sottoposta alle consuetudini e ai
principi del diritto internazionale, ma sempre distinguendo tra le regole in sé
inderogabili e le dottrine tendenti a sistematizzare il diritto 63 .
Dal punto di vista tecnico, oggi si tende a dare più flessibilità e capacità di
adattamento ai sistemi concordatari: ricorrendo ad accordi specifici, oppure
completi ma di massima, che fanno da cornice e aprono a successivi accordi,
sia fra le stesse parti che di secondo livello, in cui le parti non sono già la
Santa Sede e lo Stato come tale, bensì le autorità inferiori: Conferenze
episcopali o Vescovi diocesani, Governo, organi della amministrazione statale
o enti territoriali dello Stato. Questi accordi di applicazione, chiamati ‘minori’
o intese, senza costituire in sé stessi trattati internazionali, impegnano le
parti secondo giustizia e, in quanto collegati ad un concordato, godono in
qualche modo della copertura di esso 64 .
62
Sullo ius cogens in materia di trattati cf. la Convenzione di Vienna sul diritto dei
trattati (1969), art. 53 e 64. Vid. G. DE SIMONE, L’affermarsi del Ius Cogens nel diritto e
nella prassi delle Organizzazioni Internazionali..., Città del Vaticano 1993; R. MAGNANI,
Nuove prospettive sui principi generali nel sistema delle fonti del diritto internazionale,
Roma 1997, p. 135-178.
63
Cf. R. MAGNANI, Nuove prospettive..., cit., p. 57-50 e 106-107.
64
Si veda in merito, M. ROCA, Naturaleza jurídica de los convenios eclesiásticos
btcafg
J.T. Martín de Agar
22
a) Soggetti
Le parti contraenti di un concordato sono lo Stato e la Chiesa; tuttavia
questa affermazione pur essendo in generale esatta, non è esente da una
certa problematicità almeno teorica, come si vedrà di seguito.
Per quel che riguarda la parte statale, è ormai pacifico che il soggetto che
si impegna nel concordato sia lo Stato medesimo, e non i suoi rappresentanti
in quanto persone.
Nelle monarchie assolute di un tempo, nella persona del Re veniva
personificata anche la nazione della quale era il rappresentante. Egli
esercitava
lo
ius
representationis
omnimodae 65 ,
per
cui
accettando
personalmente l’accordo impegnava se stesso ed anche il suo regno come
soggetto collettivo; ma oggi lo Stato costituzionale esplica la propria
soggettività, i poteri e le funzioni ad essa inerenti, attraverso un insieme di
organi distinti dalle persone fisiche che in un dato momento ne assolvono le
cariche. I governanti, infatti, agiscono a nome e in rappresentanza dello
Stato, non a nome e nell’esercizio di una potestà propria, personale.
L’esercizio delle prerogative inerenti alla soggettività internazionale dello
Stato, quindi dello ius tractandi, viene regolamentato costituzionalmente e di
solito richiede, oltre all’iniziativa del potere esecutivo, l’intervento di quello
legislativo. L’articolazione concreta di queste competenze dipende da quanto
disposto nella Costituzione. Ci sono poi Stati federali come la Germania, dove
i singoli Länder hanno capacità per concludere accordi con la Santa Sede e
con le altre confessioni di diritto pubblico, riguardanti materie di loro
competenza.
Da parte della Chiesa interviene nel diritto internazionale la Santa Sede a
nome del Romano Pontefice, così risulta anche dal diritto canonico 66 e dalla
menores, Pamplona 1993.
65
Cf. A. MARESCA, Dizionario…, cit., voce «omnimodae», p. 398-399.
66
Abbiamo visto che spetta al Romano Pontefice l’esercizio dello ius legationis e dello
ius tractandi. La Santa Sede è “la personnification juridique du ministère unique du Pape
que l’histoire n’a cessé de lui reconnaître” (J.-L. TAURAN, La doctrine pontificale des relations
internationales d’après les discours du pape Jean-Paul II au Corp diplomatique, in AA.VV.
«Le Saint-Siège dans…» cit., p. 83).
btcafg
Passato e presente dei concordati
23
prassi. Eventualmente potrebbe anche intervenire il Collegio episcopale in
quanto esso è anche soggetto della potestà suprema, si è solito citare il
Concilio di Costanza (1418) a questo proposito 67 .
Il problema che si è posto in dottrina è se la Santa Sede, agisca a nome
proprio
oppure
come
organo
rappresentante
la
Chiesa
universale
o
addirittura la Chiesa nazionale interessata, che sarebbero i soggetti a nome
dei quali la Sede Apostolica conclude gli accordi. Il problema riguarda la
peculiare costituzione della Chiesa, in forza della quale non solo la Chiesa
cattolica come tale ma anche la Sede Apostolica “sono persone morali in
forza della stessa disposizione divina” (c. 113) 68 .
Sembra da escludere che il soggetto parte di un concordato possa
considerarsi direttamente la Chiesa nazionale, dal momento che le Chiese
nazionali non godono come tali di personalità neppure nel diritto canonico, il
quale disconosce tale concetto.
Per quanto riguarda invece la relazione Santa Sede-Chiesa cattolica, alcuni
autori, come il d’Avack 69 , facendo leva sul fatto che la Santa Sede ha
sempre goduto di soggettività e sovranità proprie ed originarie, ritengono
che essa sia il soggetto che per proprio diritto conclude gli accordi con gli
Stati. Difatti i titoli e molte clausole dei concordati segnalano espressamente
la Santa Sede come il soggetto contraente.
Altri 70 , senza negare queste caratteristiche peculiari della costituzione
della Chiesa, né il fatto che nella prassi internazionale è il soggetto Santa
67
Anche il concordato del 1516 con la Francia fu approvato dal Concilio Lateranense
V sotto Leone X (MERCATI, Raccolta, I, p. 233-251). In passato anche i vescovi
concludevano accordi con i Prìncipi, che il Romano Pontefice ratificava o meno secondo i
casi; di recente si segnala l’accordo del 1950 fra l’episcopato e il governo nella Polonia, che
però si presentava come dichiarazione non come concordato.
68
Espressione, per alcuni non fortunata dal punto di vista formale, del fatto che la
loro soggettività è originaria, non derivante ne dipendente dal riconoscimento di un’altra
società o potestà.
69
P.A. D’AVACK, Trattato di diritto..., cit., p. 206-207; anche CATALANO, Problematica
giuridica... cit., p. 133 nota 12.
70
Ad es. J. GIMÉNEZ Y MARTÍNEZ DE CARVAJAL, Los concordatos en la actualidad, in
AA.VV. «Derecho canónico», Vol. II, Pamplona 1974, p. 360.
btcafg
J.T. Martín de Agar
Sede
che
24
viene
riconoscimento
riconosciuto
avviene
proprio
come
sulla
tale,
sottolineano
base
del
rapporto
che
tale
organico,
funzionale 71 , in virtù del quale la Santa Sede agisce come autorità suprema
della Chiesa 72 , della quale esercita la sovranità in quanto comunità dei fedeli
che sono allo stesso tempo cittadini delle diverse nazioni. Questa visione
inclusiva appare più consona con la realtà costituzionale della Chiesa rispetto
a quella dilemmatica sopra accennata; anche perché i diritti e doveri originati
da un accordo siglato dalla Sede Apostolica non riguardano solo questa, ma
in generale i fedeli e le istituzioni ecclesiali 73 . Difatti, è pure corrente parlare
di accordi fra la Chiesa cattolica e gli Stati. Anche in molte clausole
concordatarie viene indicata la Chiesa cattolica come soggetto 74 .
71
Cf. R. MINNERATH, L’Église et les..., cit., p. 74-81. Secondo BETTETINI la missione di
governo della Chiesa che svolge la Santa Sede, è “l’elemento che caratterizza la funzione
della diplomazia della Santa Sede nei confronti degli altri soggetti della Comunità
internazionale. Ed è logico pensare che è con un soggetto in siffatto modo qualificato che gli
Stati e le Organizzazioni internazionali vogliano addivenire a relazioni diplomatiche” (Sul
titolo giurdico di partecipazione della Santa Sede alle Organizzazioni e alle Conferenze
internazionali, in «Il Dir. Eccl.» (1996/3-4), p. 728). Si può scorgere qui un certo
parallelismo con il tema dei beni ecclesiastici: la Chiesa cattolica ha il diritto nativo di
acquistarli e gestirli (c. 1254), benché nessun bene concreto appartenga direttamente alla
Chiesa universale come ente, ma alla persona giuridica titolare (c. 1257 § 1), di tutti però si
può affermare che appartengono alla Chiesa.
72
und
Cf. H. WAGNON, L’institution concordataire, cit., p. 14 nota 3; J. LISTL, Konkordate
Kirchenverträge,
in
ID.
(cur.),
Die
Konkordate
und
Kirchenverträge
in
der
Bundesrepublik Deutschland, I, Berlino 1987, p. 6-7; C. CARDIA, Il governo della Chiesa
universale, Bologna 1993, p. 149; J.J. RUDA SANTOLARIA, La Iglesia Católica y el Estado
Vaticano como sujetos de Derecho Internacional, in «Archivum Historiae Pontificiae» (1997)
p. 301; C. ESPALIÚ, La personalidad jurídica…, cit., p. 241-244.
73
“De même que les traités internationaux ne lien pas deux gouvernements mais
deux États, de même un concordat ou une convention multilatérale engage, à proprement
parler, non pas uniquement la Saint-Siège mais toute l’Église” (J.-B. D’ONORIO, Le SaintSiège et le droit international, in AA.VV., «Le Saint-Siège dans…» cit., p. 18-19). Problema
ancora da approfondire rimane quello delle ripercussioni sul diritto canonico dei trattati
multilaterali siglati dalla Sede Apostolica.
74
Peraltro, come affermava lo stesso D’AVACK, la questione “è priva di ogni rilevanza
per la dogmatica ecclesiastica, giacché in sostanza per essa la S. Sede non è che il
subiectus in concreto di quei diritti stessi di cui la Chiesa è il subiectus in abstracto tanto
nell’ordine dei raporti interni, quanto nella sfera delle relazioni internazionali” (Chiesa, S.
Sede e Città del Vaticano nel jus publicum ecclesiasticum, Fierenze 1936, p. 70 nota 87).
btcafg
Passato e presente dei concordati
25
Si ripropone oggi con nuovi argomenti la questione se i Vescovi possano
agire quali soggetti nei concordati, visto il ruolo crescente che ormai
svolgono le Conferenze episcopali nel dialogo con le autorità civili 75 . Dal
punto di vista del diritto internazionale è da escludersi che tali soggetti
possano concludere dei trattati, quindi neppure concordati nel senso tecnico
del termine. Tuttavia, dopo il Concilio Vaticano II è previsto dalla legislazione
canonica che l’episcopato locale venga informato e consultato nelle trattative
per nuovi accordi con le autorità civili 76 . Allo stesso tempo bisogna
riconoscere l’importanza crescente degli accordi tra l’episcopato di una
nazione e le autorità civili di essa, giuridicamente considerati come accordi di
diritto pubblico interno, in uno schema di partecipazione dei gruppi sociali
alle decisioni che li riguardano.
b) Elaborazione
In conformità con quanto sinora detto, l’elaborazione dei concordati segue
la stessa procedura dei trattati internazionali, nella quale si possono
distinguere le fasi seguenti:
Negoziato: di solito preceduto da incontri ufficiosi (che servono a verificare
la possibilità dell’intesa e a tracciare i punti principali di essa), in seguito le
parti nominano i rispettivi rappresentanti plenipotenziari che, verificati i loro
poteri, portano avanti il negoziato ufficiale, proponendo delle bozze e
discutendone le singole clausole.
Firma: arrivati all’accordo su un testo di concordato i plenipotenziari lo
firmano. In passato la firma perfezionava l’accordo che acquistava forza
impegnativa per entrambe le parti da quel momento, sempre che rientrasse
nel mandato dei rappresentanti. Adesso di regola si richiede la ratifica, senza
75
Cf. P. ERDÖ, Le conferenze episcopali nelle relazioni della Chiesa con lo Stato
moderno in «REDC» (1998) p. 255-263; G. FELICIANI, Gli episcopati nuovi protagonisti delle
relazioni tra la Chiesa e gli Stati, in «Periodica» (2000) p. 661-680.
76
CIC c. 365 § 2; Cost. Ap. Pastor Bonus, art. 46; M.P. Sollicitudo omnium
Ecclesiarum, art. X. Circa i delicati problemi di coordinamento tra gli organi della Sede
Apostolica e la gerarquia locale, vid. G. BARBERINI, Diplomazia pontificia, in «Enciclopedia
Giuridica», vol. 11, Roma 1989. È comunque un fatto che spesso l’intervento della
gerarchia locale nel negoziato dei concordati non è di mera acquiescenza ma veramente
attivo, di iniziativa e di proposta.
btcafg
J.T. Martín de Agar
26
la quale il testo del trattato non acquista forza vincolante. La firma però
segna la conclusione di un patto bilaterale e ne fissa il contenuto. Ci sono
inoltre accordi che non necessitano di ratifica, nei quali si indica l’entrata in
vigore dal momento della firma o in altra data in essi specificata.
Ratifica:
è
l’atto
unilaterale
mediante
il
quale
ogni
parte
accetta
formalmente il testo firmato dai suoi rappresentanti; per quanto riguarda la
Chiesa essa spetta al Romano Pontefice, il quale ha la potestà di prendere
l’impegno a nome della Chiesa 77 .
Per lo Stato la ratifica spetta normalmente al Capo dello Stato, il quale
però, negli Stati democratici, per procedere ad essa ha bisogno della previa
autorizzazione del Parlamento, titolare del potere legislativo, al quale spetta
approvare qualsiasi modifica dell’ordinamento interno della nazione 78 .
L’autorizzazione alla ratifica avviene di solito a mezzo di un’apposita legge.
La
decisione
del
Parlamento
può
essere
di
concedere
o
negare
l’autorizzazione 79 , ma non può modificare unilateralmente il testo firmato
dell’accordo, che è frutto di un negoziato bilaterale. Comunque si tratta di
una procedura che segue in ogni caso quanto disposto nella Costituzione
dello Stato interessato (può darsi, ad es. nei sistemi presidenziali, che
l’esecutivo abbia potere di concludere certi trattati anche normativi).
77
Ecco una formula di ratifica pontificia: Nos autem eandem conventionem, quam
diligenter inspeximus ac voluntati nostrae conformem invenimus, ratam habemus et
confirmamus.
In
quorum
fidem
sollemne
hoc
ratihabitionis
documentum
nostra
subscrptione munimus eique signum nostrum apponi iubemus. Datum Romae, apud
Sanctum Petrum, die... mensis...., anno..., pontificatus nostri...
78
Ad
es.
l’art.
94
della
Costituzione
spagnola
dice:
“1.
La
prestación
del
consentimiento del Estado para obligarse por medio de tratados o convenios requerirá la
previa autorización de las Cortes Generales, en los siguientes casos: ... e) Tratados o
convenios que supongan modificación o derogación de alguna ley o exijan medidas
legislativas para su ejecución”. Per la loro revoca o modifica si richiede la stessa procedura.
Vid. parimenti, per l’Italia, Cost. art. 72, 80; per la Colombia, Cost. art. 150, n. 16 e
185, 2; per la Polonia, Cost. art. 33.2.
79
Esempi di concordati mai ratificati in G. CATALANO, Problematica giuridica... cit., p.
148 nota 56. Anche il concordato colombiano del 1992, che modifica quello del 1973, non è
stato ratificato.
btcafg
Passato e presente dei concordati
27
Con l’autorizzazione del Parlamento il Capo dello Stato procede alla
ratifica. Il concordato acquista piena forza obbligante per le parti nell’atto
formale di scambio degli strumenti di ratifica con il quale le parti, tramite i
loro plenipotenziari, reciprocamente si notificano la accettazione del trattato.
Tale notifica può anche avvenire con atti separati e senza formalità. La presa
d’atto delle rispettive ratifiche segnala il momento in cui il patto diventa
vincolante fra le parti.
c) Forma
Attualmente i concordati si presentano di regola sotto la forma di un testo
unico, diviso in clausole o articoli numerati, sottoscritto da entrambe le parti,
come qualsiasi contratto bilaterale. Agli articoli precede il nome dell’accordo
(Concordato, Convenzione, Accordo, modus vivendi, Protocollo) e delle Parti.
Segue di solito anche una introduzione nella quale vengono sommariamente
spiegati i motivi (di fondo oppure congiunturali) che danno ragione degli
accordi raggiunti, e si fa menzione dei rappresentanti che sono intervenuti e
firmato a nome di ciascuna delle Parti.
In passato erano in uso altre forme: il duplice documento, ciascuno di essi
redatto da una delle parti, contemporaneamente o successivamente, nel
quale ogni parte si impegna nei confronti dell’altra; ciò permette a ciascuna
parte di affermare le proprie ragioni. Da parte della Chiesa si trattava di una
bolla pontificia e da parte dello Stato di un atto legislativo. Questa forma fu
impiegata per il concordato di Worms (1122) costituito da il privilegium
pontificis (Callisto II) e dal praeceptum imperatoris (Enrico V). Più di recente
questa formula viene anche usata quando per il documento unico bilaterale
sorge il problema della precedenza nelle firme (nel secolo scorso con gli Stati
non cattolici che non volevano far precedere la firma del Pontefice); ma ora
di solito entrambi i documenti hanno lo stesso contenuto; così l’accordo col
Marocco del 1983-84 è avvenuto tramite uno interscambio di lettere tra il Re
e il Romano Pontefice, entrambe di identico contenuto 80 , come avviene
peraltro con gli accordi conclusi tramite lo scambio di note diplomatiche.
Spesso si è anche usata la forma di bolla pontificia, che anche se appare
come un atto unilaterale in realtà è il risultato di un precedente negoziato.
80
btcafg
AAS 77 (1985) 712-715.
J.T. Martín de Agar
28
Forma tipica nel periodo del giurisdizionalismo monarchico. Nel Breve o
Costituzione del Pontefice, gli impegni politici presi dalla Santa Sede,
apparivano sul piano giuridico come privilegi o concessioni allo Stato: in
modo da evitare che venissero considerati come diritti riconosciuti allo Stato,
e di salvare la plenitudo potestatis del Romano Pontefice, dato che in teoria
rimaneva sempre in suo potere la revoca di tali concessioni. Anche di recente
si è usata questa forma 81 .
d) Contenuto
Poiché ogni concordato risponde a bisogni determinati, il loro contenuto
materiale varia secondo i casi. A volte si tratta di risolvere conflitti insorti nel
passato (libertà della Chiesa, incameramento di beni ecclesiastici, nomina dei
Vescovi, ecc.); altre volte si tratta di concordare in maniera più completa i
rapporti tra le parti: posizione, libertà e statuto giuridico della Chiesa, delle
circoscrizioni
e
degli
altri
enti
ecclesiastici;
la
nomina
alle
cariche
ecclesiastiche; lo statuto civile del clero e dei religiosi; il patrimonio della
Chiesa; riconoscimento civile del matrimonio canonico; assistenza religiosa;
scuole cattoliche e insegnamento della religione; attività assistenziale della
Chiesa, ecc 82 .
Se, in parte, le materie rimangono sostanzialmente le stesse, variano
invece le relative soluzioni, via via impostate in corrispondenza alla visione
che sia lo Stato che la Chiesa hanno dei loro rispettivi ruoli e dei principi che
devono ispirare i loro rapporti. In questa prospettiva ci sono poi argomenti
che tendono a uscire di scena, specie quelli rispondenti ad atteggiamenti di
giurisdizionalismo o privilegio: foro speciale, intervento statale nelle nomine
ecclesiastiche 83 , limitazioni allo stabilimento delle congregazioni religiose.
81
Ad es. nella Bolla Hispaniarum fidelitas (5.VIII.1953).
82
Come appunta GIMÉNEZ Y MARTÍNEZ DE CARVAJAL la classica nozione di “materie
miste” non sembra più utile a comprendere tutte le potenziali materie di accordo tra Stato e
Chiesa, in quanto “tutte le materie sono potenzialmente miste, giacché interessano -benché
sotto profili differenti- alla Chiesa e allo Stato”; a questo in quanto interessato a
regolamentare tutti i rapporti sociali esterni, e alla Chiesa in quanto interessata alla
ispirazione cristiana delle realtà temporali (Los concordatos en la actualidad, cit., p. 366).
Per uno studio tematico del contenuto dei concordati dopo il Concilio Vaticano II, vid. C.M.
MENDONÇA, El Derecho Público..., cit., p. 141-274.
83
btcafg
Vid. A. TALAMANCA, Le nomine episcopali nei concordati post-conciliari, in «QDPE»
Passato e presente dei concordati
29
Guadagnano attenzione viceversa nuovi argomenti e soluzioni riguardanti
l’aiuto finanziario alla Chiesa e alle istituzioni a scopo sociale, i beni culturali,
identità cattolica degli enti ecclesiastici e problemi etici.
Formalmente poi, i concordati (ed in generale gli accordi con le
confessioni) sorgono oggi sulla base del principio civile di libertà religiosa,
allo scopo di definire lo statuto di esse nei confronti dell’ordinamento statale,
e non più viceversa per riservare spazi di intervento dello Stato nella vita e
attività dei gruppi religiosi. Ciò spiega il fatto che essi contengano per lo più
“concessioni” in favore delle confessioni, dietro l’adempimento di certi
requisiti e condizioni.
Uno “squilibrio”, si potrebbe dire, ragionevole e necessario, dal momento
che, in pratica, si parte dal principio della prevalenza assoluta dell’ordine
statale e dell’irrilevanza teorica nei suoi confronti degli ordinamenti religiosi.
È su queste basi che si tratta poi di stabilire quando e come tali ordinamenti
possano acquisire valenza civile, proprio in base alle esigenze di libertà
effettiva a cui lo stesso ordinamento civile intende rispondere.
Insomma, che gli accordi includano per lo più diritti o facoltà in favore delle
confessioni, e doveri o impegni per lo Stato, proviene dal fatto che sono esse
ad avere bisogno di uno statuto civile, e non viceversa lo Stato a sentire più
il bisogno di una legittimità giuridico religiosa.
Inoltre la peculiarità dei soggetti e delle materie, che contraddistingue i
concordati, si riflette talvolta anche nel modo in cui gli argomenti vengono
affrontati, e cioè nel fatto che spesso la loro soluzione richiede il
raggiungimento negoziato di una normativa comune; il che ci rimanda allo
studio dei diversi tipi di causole concordatarie.
e) Le clausole concordatarie
Dal punto di vista giuridico le clausole di un concordato rispondono in
sintesi alle due principali categorie in cui la dottrina internazionale distingue i
trattati, cioè trattato-contratto (Vertrag, traité-contract) e trattato-legge o
(1999/1) p. 97-110.
btcafg
J.T. Martín de Agar
accordo
normativo
30
(Vereinbarung,
accord-normatif) 84 .
Un
medesimo
trattato include spesso clausole di entrambi i tipi: contrattuali e normative.
Sono contrattuali quelle clausole che stabiliscono diritti e obblighi reciproci
tra le parti, il cui adempimento richiede una certa prestazione di una di esse
in favore dell’altra: ad es. erogare una somma di denaro, esentare dal
servizio militare i chierici e i religiosi, non rivendicare una proprietà, ecc.
Insomma, sono quelle che stabiliscono un rapporto giuridico tra i contraenti,
dal quale emergono diritti e doveri soggettivi.
Le clausole normative invece esprimono la volontà delle parti di creare un
diritto oggettivo comune su una certa materia; contengono norme giuridiche
convenzionali destinate ad integrare ed armonizzare gli ordinamenti interni di
entrambe le parti, le quali si accordano non già su reciproche prestazioni ma
su una normativa comune, chiamata a vincolare i sudditi e gli organi pubblici
di entrambe.
Il concetto di accordo normativo si addice bene con la natura e la realtà dei
concordati, dal momento che in essi si cerca di definire in maniera stabile i
rapporti tra la Chiesa e lo Stato, il che richiede spesso la convergenza dei
loro ordinamenti su materie di comune interesse 85 . Si pensi, ad es. al tema
dell’efficacia civile del matrimonio canonico e delle decisioni ecclesiastiche sul
medesimo; oppure a quello della personalità civile degli enti ecclesiastici. La
dottrina canonica accolse con favore l’idea del concordato come legge
pattuita comune a Stato e Chiesa 86 . Tuttavia la presenza in un medesimo
concordato di clausole sia contrattuali che normative, e il fatto che anche le
prime possono generare rapporti giuridici stabili tra le parti, piuttosto che ad
affermare o negare la natura normativa dei concordati in generale, porta a
distinguere tra l’uno e l’altro tipo di clausole.
84
A partire soprattutto da H. TRIEPEL, Diritto internazionale e diritto interno, Torino
1913. Riguardo ai concordati vid. R. NAVARRO VALLS, Convergencia concordataria…, cit., p.
141-152; A. MOTILLA, Los Acuerdos entre…, cit., p. 117-131.
85
Già il WERNZ, sulla scia dei trattati clasici di Diritto Pubblico ecclesistico, includeva il
concordato tra le fonti giuridiche definendolo come “lex pontificia et civilis lata pro
particulari quadam republica” (Ius Decretalium, cit., p. 222; WERNZ - VIDAL, Ius Canonicum,
T. I, Roma 1938, p. 297).
86
btcafg
Si vedano gli autori citati da Navarro Valls e Motilla ubi supra.
Passato e presente dei concordati
31
Dal punto di vista tecnico, la distinzione è importante in rapporto
all’efficacia di ciascun tipo di clausola nell’ordine interno delle parti. Mentre
nell’ordine internazionale tutte le clausole di un concordato (una volta
perfezionato il medesimo) obbligano le parti a fare quanto sia necessario per
dar loro piena esecuzione, in quello interno si pone, per le clausole
normative, il problema di come e quando esse diventino obbliganti per i
sudditi e per gli organi pubblici delle parti. In pratica tuttavia, non di rado le
clausole contrattuali esigono anche loro la modifica dell’ordinamento interno
di una o di entrambe le parti, cioè l’emanazione di norme miranti a
soddisfare gli obblighi assunti 87 , e quindi anche qui si pone il problema della
loro efficacia ed attuazione, ed anche della loro considerazione come fonti
all’interno dell’ordinamento.
f) Interpretazione
Come per qualsiasi norma o contratto, l’applicazione dei concordati
richiede anch’essa la loro interpretazione (specie se si presentano dubbi sul
senso e portata delle loro clausole), al fine di stabilire quale sia stata la
volontà delle parti. Le regole e i tipi d’interpretazione dei concordati sono le
stesse che per qualsiasi atto giuridico (specie di natura bilaterale). Si suole
distinguere tra interpretazione dottrinale e autentica.
Quella dottrinale riguarda le regole tecniche dell’interpretazione, secondo
le quali si deve stare al senso corrente delle parole, entro il contesto
(semantico, circostanziale e sistematico) in cui vengono usate, al fine di
stabilire
l’intenzione
dei
contraenti
riguardo
l’oggetto
e
finalità
dell’accordo 88 ; ricorrendo se c’è bisogno ai passi paralleli (nello stesso o
negli altri concordati) e ai principi e consuetudini del diritto internazionale,
nonché alla dottrina.
L’interpretazione autentica è quella compiuta dalle parti. Essa può essere
unilaterale (cioè fatta da una delle parti) oppure bilaterale (compiuta da
87
Per es. GIMÉNEZ Y MARTÍNEZ DE CARVAJAL, annovera tra le clausole contrattuali quella
in cui una parte si prende l’obbligo di legiferare in una certa maniera su una specifica
materia (Los concordatos en..., cit., p. 358). Cf. R. MAGNANI, Nuove prospettive..., cit., p.
47.
88
Cf. Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (1969), art. 31 e 32. Vid. N. DE
LUCA, Interpretazione sistematica e norme concordatarie, in «IDE» (1994) P. I, p. 24-48.
btcafg
J.T. Martín de Agar
32
entrambe). Quella unilaterale è più usuale in quanto ciascuna parte,
nell’adempiere
le
clausole
dell’accordo,
necessariamente
ne
fa
l’interpretazione. Essa è legittima, se fatta in buona fede, fin tanto che l’altra
parte non faccia obiezione, e ha valore soltanto nei confronti della parte che
la compie, mentre non è vincolante per l’altra, sebbene l’accettazione, pur
tacita, da parte di questa, la rende in certa misura vincolante anche per lei.
L’interpretazione bilaterale è quella compiuta d’accordo tra le parti, le quali
insieme stabiliscono il senso preciso e la portata delle clausole oggetto
d’interpretazione, con valore vincolante per entrambe. Essa si rende
necessaria
quando
una
delle
parti
manifesta
il
suo
disaccordo
con
l’interpretazione fatta dall’altra.
Oltre
ad
essere
questa
la
prassi
nell’interpretazione
dei
trattati
internazionali, gli stessi concordati contengono di solito una clausola in cui le
parti s’impegnano a ricorrere all’interpretazione bilaterale e amichevole,
qualora sorgano dubbi o dissensi sull’applicazione del concordato stesso.
Comunque, una proiezione in tema d’interpretazione autentica della dottrina
della superiorità della Chiesa, tipica dello ius publicum ecclesiasticum 89 , non
risponde ormai ai principi che ispirano i rapporti Chiesa-Stato, nemmeno
sarebbe compatibile con il principio di parità tra le parti di un trattato
internazionale. Né si contempla nella prassi concordataria -come detto- il
ricorso all’arbitrato o alle istanze internazionali di giustizia 90 .
g) Efficacia ed esecuzione
Una volta perfezionato il concordato, esso, in quanto patto internazionale
diventa vincolante per le parti, che quindi devono, in buona fede, dare piena
attuazione alle singole clausole ivi contenute 91 .
89
Cf. F. CAVAGNIS, Institutiones Iuris Publici..., cit., p. 399-400, 426; Ius Decretalium,
cit., p. 257-259; F.M. CAPPELLO, Summa Iuris Publici..., cit., p. 475-476; A. OTTAVIANI,
Institutiones Iuris Publici..., cit., p. 319.
90
Interessante il sistema di risoluzione dei conflitti delineato nell’accordo maltese del
1991, in cui si riconosce espressamente la competenza dei tribunali maltesi nelle
controversie in cui siano parte gli organi ecclesiastici e civili cui spetta attuare l’accordo.
91
btcafg
Cf. la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (1969), art. 26.
Passato e presente dei concordati
33
Tuttavia, sorge il problema, già accennato, delle clausole normative,
contenenti cioè norme giuridiche di origine pattizia, destinate ad integrare gli
ordinamenti interni delle parti, riguardo le materie prese in considerazione.
In sostanza ciò significa che per la Chiesa il concordato determina un diritto
particolare, parimenti per lo Stato il concordato diventa fonte del diritto
ecclesiastico riguardo alla Chiesa cattolica e ai fedeli della medesima,
nell’esercizio specifico della loro libertà religiosa 92 .
Il problema è la via per la quale le clausole normative acquistano valore
nell’ordinamento interno delle parti, una volta che si sono impegnate a
“coordinare” i loro ordinamenti, se cioè le clausole concordatarie diventino
immediatamente diritto interno dello Stato e della Chiesa, oppure ci sia
bisogno di un ulteriore atto legislativo che le incorpori nell’ordinamento.
Per la Chiesa il problema non riveste particolare difficoltà, in quanto la
Santa Sede esercita lo ius tractandi e contemporaneamente gode di potestà
legislativa per tutta la Chiesa; quindi gli impegni perfezionati in sede
concordataria diventano anche legge canonica particolare (per la nazione
interessata) dal momento stesso della entrata in vigore dell’accordo.
Per lo Stato invece, una volta ratificato il concordato si pone il problema se
per questo solo fatto, le regole di diritto in esso contenute si integrino
automaticamente nell’ordinamento statale, oppure tale integrazione richieda
l’ulteriore attività degli organi legislativi che devono emanare un’apposita
norma di esecuzione.
Nel diritto costituzionale si sono sviluppati due diversi sistemi e dottrine,
che riflettono differenti concezioni della sovranità statale e dei rapporti fra i
poteri.
Quello
dualista
vede
l’ordinamento
internazionale
come
non
direttamente collegato a quello interno, per cui un trattato debitamente
concluso impegna le parti ad attuarlo, ma non acquista efficacia entro
l’ordinamento delle medesime, se non dopo che sia stato recepito mediante
una norma formale di attuazione (che rinvia all’accordo oppure ne riproduce
il contenuto). E sarà questa specifica norma di applicazione a vincolare i
92
L’accordo col Venezuela (1964) finisce dando atto che esso, una volta ratificato,
“sarà la norma che, come lo prevede l’Art. 130 della Costituzione, regolerà le relazioni tra la
Chiesa e lo Stato”.
btcafg
J.T. Martín de Agar
34
sudditi e gli organi di attuazione della parte contraente. Il sistema monista
invece vede direttamente collegati l’ordine internazionale a quello interiore,
per cui una volta ratificato un trattato (con l’autorizzazione del Parlamento se
fosse necessaria), esso acquista immediatamente forza obbligante anche nel
diritto interno 93 . Si intende che l’autorizzazione alla ratifica funge anche da
norma di esecuzione.
Attualmente si tende a favorire la via monista, difatti la prassi della Santa
Sede ha mutato in questo senso, è non c’è più l’emanazione di un’apposita
bolla di esecuzione. Basta, come si è detto, la ratifica pontificia, cui segue di
solito, dopo lo scambio degli strumenti, la pubblicazione negli Acta
Apostolicae Sedis. Ci sono Stati che seguono la prassi dualista e altri,
soprattutto i paesi di cultura giuridica anglosassone, quella monista. In ogni
caso bisogna stare a quanto disposto nella Costituzione, la quale di solito
determina anche il rango dei trattati normativi nella gerarchia delle norme.
Collegato al tema dell’efficacia del concordato è quello della sua compiuta
attuazione. Come detto, le parti sono tenute a fare quanto sia necessario al
fine di dare piena attuazione agli impegni assunti in esso 94 . Talvolta le
clausole sono redatte in modo da consentire la loro immediata applicazione,
anche in deroga di precedenti norme contrarie 95 ; ma spesso la loro
93
Così ad es. la Costituzione della Polonia (art. 91) stabilisce che “il trattato
internazionale ratificato, dopo la pubblicazione sul Giornale delle Leggi della Repubblica di
Polonia, entra a far parte dell’ordinamento giuridico interno ed è direttamente applicabile, a
meno che la sua applicazione non dipenda dalla promulgazione di una legge”. Come spiega
d’Avack, “il concordato normativo si concreterebbe in una procedura speciale di vera e
propria produzione di diritto interno comune, il quale, come tale, non solo impegnerebbe le
parti contraenti, ma creerebbe anche direttamente diritti e obblighi corrispondenti per i loro
rispettivi sudditi... in forza e per effetto dell’accordo stesso” (P.A. D’AVACK, Trattato di
diritto..., cit., p. 210). Cf. M. GIULIANO - T. SCOVAZZI - T. TREVES, Diritto internazionale. Parte
generale, Milano 1991, p. 540-551.
94
Un obbligo talvolta espressamente definito nello stesso accordo, come accade nel
concordato Dominicano (1954), nel cui Art. 28 lo Stato si impegna a promulgare, entro sei
mesi dall’entrata in vigore, “le disposizioni di diritto interno che fossero necessarie per
l’esecuzione di questo Concordato”.
95
In questa materia sono le clausole derogatorie contenute nei concordati, come
quella dell’art. 30 del concordato colombiano del 1973, in forza della quale “sono derogate
tutte le disposizioni di leggi e di decreti che in qualsiasi maniera siano incompatibili con
questo Concordato”. Cf. P. LOMBARDÍA, Fuentes del Derecho eclesiástico español, in AA.VV.
btcafg
Passato e presente dei concordati
35
generalità o indeterminatezza richiede la successiva promulgazione di
norme (legali o amministrative) che determinino più precisamente il disposto
concordatario (soggetti, portata, modo o procedura, ecc.) al fine di renderlo
eseguibile. Queste norme di attuazione sono di per sé unilaterali, quindi
ciascuna
parte,
interpretando
la
norma
concordataria,
procede
legittimamente a diramare le disposizioni che ritiene opportune a tale scopo;
parimenti le può modificare. Tuttavia queste norme di esecuzione, benché
unilaterali, comportano una interpretazione autentica di norme pattizie, ciò le
situa sotto l’influsso del principio pacta sunt servanda 96 , divenendo dunque
auspicabile che nel loro processo di elaborazione (e di modifica) si tenga in
debito conto il parere dell’altra parte. È qui che si inserisce in pratica il
discorso sull’interpretazione bilaterale fatto precedentemente.
h) Estinzione
L’estinzione oppure la sospensione di un concordato può avvenire per le
stesse cause di qualsiasi contratto o trattato 97 . L’estinzione può non essere
totale, ma limitata a certe clausole o parti del medesimo. Si suole distinguere
tra le cause previste nello stesso concordato e le altre, infatti le parti
possono includere nell’accordo clausole riguardanti la sua cessazione.
Le cause previste possono essere: Il termine o spazio di tempo, al
decorrere del quale l’accordo: a) semplicemente cessa; b) si intende
tacitamente prorogato per un determinato lasso di tempo se nessuna delle
parti esprime la sua volontà in contrario 98 ; c) oppure le parti si impegnano a
procedere
alla
sua
revisione 99 .
La
clausola
risolutoria
o
condizione,
«Derecho eclesiástico…», cit., p. 189.
96
Cf. P. LOMBARDÍA - J. FORNÉS, Fuentes del Derecho eclesiástico español, in AA.VV.
«Derecho eclesiástico del Estado español», 4ª ed., Pamplona 1996, p. 93.
97
Cf. la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (1969), artt. 54s.
98
Ad. es., per la convenzione del 1957 con la Bolivia (Art. 20) si stabilisce una durata
iniziale di dieci anni, ma con tacito rinnovamento per successivi periodi decennali “a meno
che, sei mesi prima che termini il decennio, una delle Parti Contraenti dichiari all’altra la sua
volontà in contrario”.
99
Così avvenne per il concordato colombiano del 1973: prima della sua ratifica nel
1975, le parti si interscambiarono delle note nelle quali concordarono “fijar un término de
diez años contados a partir de la fecha de ratificación del Concordato, para determinar la
revisión y eventual modificación del mismo instrumento dentro de la armonía que debe
btcafg
J.T. Martín de Agar
36
verificatasi la quale il patto cessa di obbligare le parti. La denuncia
unilaterale consentita alle parti nello stesso accordo (altrimenti la denuncia
sarebbe illegittima) 100 . La denuncia può essere consentita in qualsiasi
momento dopo l’entrata in vigore dell’accordo, oppure soltanto dopo passato
un certo termine; essa di solito richiede il preavviso (di regola, sei mesi).
Tra le altre cause di estinzione del concordato la più frequente è il
consenso reciproco delle parti, che decidono ad un certo punto di sospendere
l’accordo, oppure di rivederlo 101 o sostituirlo con un nuovo patto 102 .
La violazione unilaterale e sostanziale del concordato può causare anche
l’estinzione del medesimo, nel senso che l’altra parte può reagire alla
violazione sia esigendo il rispetto dell’accordo che sospendendo a sua volta
l’applicazione del medesimo, oppure dichiarandolo estinto, secondo il
principio frangenti fidem, fides iam non est servanda, non c’è obbligo di
rispettare chi non rispetta i patti. La gravità della violazione viene misurata a
seconda
di
quanto
essa
intralci
il
raggiungimento
delle
finalità
del
concordato; la Chiesa di solito non risponde alla violazione con la denuncia,
limitandosi piuttosto a protestare ed esigere il pieno adempimento del
concordato violato.
Può anche provocare l’estinzione di un patto il drastico, imprevedibile
cambiamento delle circostanze nelle quali fu concluso, in modo tale da
rendere troppo oneroso per alcuna delle parti l’adempimento degli impegni. I
reinar entre la Iglesia Católica y el Estado Colombiano”.
100
Così l’Art. 23 del concordato con la Romania del 10 maggio 1927 stabiliva che “Les
deux parties contractantes se réservent la faculté de dénoncer le présent Concordat, avec
un préavis de six mois” (MERCATI, Raccolta, II, p. 51). Parimenti l’art. 12 della Convenzione
con El Salvador riserva alle parti la facoltà di denuncia con preavviso di un anno (AAS
(1968) p. 384).
101
Così l’Accordo di revisione del Concordato lateranense (1929) concluso tra la Santa
Sede e l’Italia nel 1984. Benché quest’ultimo deroga quasi la totalità delle clausole del
vecchio concordato, ragioni costituzionali hanno consigliato la via della revisione o modifica
(cf. Cost. Italiana., art. 7). Vid. G. CATALANO, Problematica giuridica... cit.; P.A. D’AVACK, I
rapporti fra Stato e Chiesa in Italia e la sorte del Concordato Lateranense, in AA.VV.
«Etudes de droit et d’histoire. Mélanges Mgr. H. Wagnon», Lovanio 1976, p. 145.
102
I 5 Accordi (1976 e 1979) con la Spagna hanno derogato il precedente Concordato
del 1953.
btcafg
Passato e presente dei concordati
37
trattati, infatti, rispondono a determinati parametri di situazione e di
congiuntura, quindi una forte modifica di esse potrebbe rendere impossibile,
ingiusto o pregiudiziale l’adempimento di un patto (o di una parte di esso);
per cui si intende che il principio del rispetto in buona fede dei patti (stare
pactis) vincoli le parti rebus sic stantibus, cioè mentre lo stato delle cose alla
base di un accordo non cambi in modo da renderne troppo oneroso
l’adempimento per alcuna delle parti.
Questa
clausola
presunta
o
principio
d’interpretazione
(rebus
sic
stantibus), oggi codificata 103 risponde in fondo a esigenze di giustizia
naturale (di ragionevolezza), in quanto a nessuno si può richiedere di
prevedere l’imprevedibile né di accettare un onere o danno oltre le sue
intenzioni e possibilità 104 . Certamente la sua applicazione deve rispondere
anche alla buona fede. La Chiesa può venire a trovarsi in particolari
circostanze, tali che un certo accordo diventi di ostacolo alla salvezza delle
anime, allora ha la possibilità di chiederne la modifica. Parimenti può
accadere agli Stati, ad esempio, un cambiamento costituzionale può talvolta
esigere la modifica di un patto, in quanto contrario alla nuova costituzione.
Logicamente, più che la scadenza tout-court del concordato, una soluzione
negoziata del problema sembra la più equa ed è quella seguita in pratica 105 .
Infine, il sostanziale cambiamento dei soggetti parti in un concordato può
anche provocarne l’estinzione. Questa causa, collegata in certo senso con la
precedente, è discussa nei diversi profili della sua applicazione a seconda di
cosa si intenda per mutamento di un soggetto. La storia è ricca di esempi.
Oggi non viene considerato motivo sufficiente il cambio delle persone dei
governanti (come poteva avvenire in passato con i privilegi pontifici concessi
a un re o a una dinastia), posto che le parti sono la Santa Sede e lo Stato,
non le persone fisiche che le governano.
103
Vid. Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (1969), art. 62.1.
104
Se ne è occupato ampiamente CATALANO in diversi capitoli della sua Problematica
giuridica... cit.
105
Difatti l’Accordo con l’Ungheria del 1997 prevede che “nel caso che una delle Parti
consideri che siano radicalmente mutate le circostanze nelle quali si è stipulato il presente
Accordo, così da ritenere necessario di modificarlo, si procederà al più presto ad opportune
trattative per aggiornarlo” (V. 3). Parimenti è previsto nell’Accordo castrense con l’Ecuador,
art. 12.
btcafg
J.T. Martín de Agar
38
Per la Santa Sede, data la sua stabile costituzione e soggettività, il
problema non si pone, anche perché essa non si basa su l’elemento
territoriale o meramente politico 106 .
Per lo Stato è oggi pacifico che il cambiamento di governo non fa decadere
i
trattati
precedenti.
Invece
sono
più
problematiche
le
mutazioni
costituzionali o di sistema politico e di sovranità, in quanto esse possono
comportare una trasformazione dello Stato stesso come soggetto.
Di solito i cambiamenti costituzionali, di forma di governo o anche di
sistema politico non vengono considerati causa sufficiente per considerare
estinti i trattati internazionali 107 ; se però a questi cambiamenti fosse di
ostacolo un trattato ormai in vigore, più che dichiararlo estinto si dovrà
procedere ad un suo adeguamento alle nuove circostanze (ad es. ad una
forma di Stato federale). Di questa persistenza dei concordati attraverso le
vicissitudini politiche degli Stati, si è solito fare menzione del concordato
napoleonico (1801), sopravvissuto al succedersi di forme imperiali e
repubblicane in Francia durante il XIXº secolo 108 . Attualmente sono in vigore
concordati con Stati la cui struttura politica è molto cambiata dal momento
della loro conclusione fino ad oggi, come quelli del 1929 con il Regno d’Italia,
l’austriaco del 1933 e quello con la Germania del terzo Reich dello stesso
anno 109 ; sempre sulla base della continuità del soggetto statale al di là dei
cambiamenti politici.
106
Tuttavia merita ancora citazione la denuncia del concordato del 1855, fatta
dall’Austria nel 1870, in seguito alla dichiarazione dogmatica dell’infallibilità pontificia
avvenuta nel 1870, ritenendo che era avvenuto un cambiamento dell’altra parte.
107
Nel senso che non si può invocare il diritto interno per giustificare l’inadempimento
di un trattato (vid. la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (1969), art. 27).
108
Cf. J. JULG, L’Église et les États. Histoire des concordats, Paris 1990, p. 161-168; J.
DENIS, Note sur una survivance du concordat napoleonien, in AA.VV. «La institución
concordataria en la actualidad», Salamanca 1971, p. 279-281.
109
Dopo la sconfitta tedesca nella seconda guerra mondiale si pose la questione della
permanenza di questo concordato. Sia la Santa Sede che la Repubblica Federale Tedesca
hanno considerato in vigore l’accordo, e lo stesso Tribunale costituzionale federale ribadì
questa
tesi
nella
nota
sentenza
del
26
marzo
1957
(in
Entscheidungen
des
Bundesverfassungsgerichts, Vol. 6, p. 309-367). Cf. Legge Fondamentale Art. 123.2. Per la
documentazione del caso vid. F. GIESE - F.A. HEYDTE (ed.), Der Konkordatsprozess, München
1957-1959; H. GROPPE, Das Reichskonkordat vom 20. Juli 1933, Köln 1956. Il problema
btcafg
Passato e presente dei concordati
39
Più chiara sembra l’estinzione dei concordati quando i mutamenti
riguardano l’identità stessa dello Stato contraente, per perdita della sua
sovranità. Anche quando uno Stato acquista l’indipendenza si intende che
non è più vincolato dai trattati in vigore quando faceva parte di un altro Stato
(secondo la regola res inter alios acta neque iuvat neque nocet), a meno che
il nuovo Stato non li ratifichi 110 . Controversa è invece la questione se si
applica il concordato al territorio che viene poi incorporato allo Stato
firmatario. Oggi la dottrina sostiene per lo più la tesi affermativa, dato che i
soggetti dei trattati sono gli Stati non i territori, ma pare che la Santa Sede
nella pratica abbia seguito la tesi di non estendere il concordato ai nuovi
territori senza un accordo almeno tacito con lo Stato. Si capisce che in
questa materia giocano importanti ragioni politiche di rispetto dei popoli, che
non consentono una prassi uniforme, dato che i cambiamenti territoriali
avvengono di solito come conseguenza di conflitti bellici 111 .
i) Effetti dell’estinzione dei concordati
Una volta estinto il concordato, fatti salvi ovviamente gli effetti già causati,
le parti non sono più tenute a continuare la sua applicazione e possono
regolamentare autonomamente le materie oggetto della convenzione. Il
problema che si pone è quello della sopravvivenza delle norme emanate in
applicazione del concordato. La risposta logica dipende dal processo seguito
per l’emanazione di tali norme di diritto interno, il che dipende a sua volta
viene riassunto e illustrato da G. CATALANO, Problematica giuridica... cit., p. 21-46; vid. et
W. AYMANS, Los acuerdos con los países de centroeuropa, in AA.VV. «La institución
concordataria en la actualidad», Salamanca 1971, p. 210-212.
110
Parliamo qui in termini generali; il problema tuttavia non è semplice, difatti la
recente Convenzione sulla successione fra Stati e il diritto dei trattati, è un ulteriore sforzo
di chiarificazione. Essa esclude dal principio res inter alios gli obblighi contrattuali
localizzabili, come accordi sui limiti di frontiera. Problema irrisolto, oggi ripresentatosi, è
quello delle proprietà all’estero (sedi di ambasciate per es.) di uno Stato che si divide.
111
Così è avvenuto per le provincie francesi di Alsazia e Lorena dove è ancora in
vigore il concordato con la Francia del 1801. Nel 1871 esse furono incorporate alla
Germania, la quale ottenne dalla Santa Sede, nel 1872, che detto concordato fosse
mantenuto. Dopo la prima guerra mondiale le due provincie tornarono alla Francia e questa
si accordò di nuovo con la Santa Sede perché il concordato rimanesse nonostante esso
fosse ormai estinto per il resto del territorio francese (vid. P.A. D’AVACK, Trattato di
diritto..., cit., p. 216-217).
btcafg
J.T. Martín de Agar
40
dalla Costituzione di ciascuna delle parti. Dove si segue il principio monista
tali norme derivano immediatamente la loro forza dal concordato, quindi si
devono ritenere derogate insieme al medesimo. Se invece sono state
emanate con atto legislativo unilaterale e distinto (benché in esecuzione
dell’accordo), il loro vigore deriva da questo atto e quindi l’estinzione del
concordato non provoca la loro deroga automatica, continuano a far parte
dell’ordinamento interno finché non siano abrogate dagli organi legislativi
competenti.
Per la Chiesa la semplice ratifica del concordato, e il conseguente scambio
degli strumenti, da origine ipso facto, come abbiamo visto, a un diritto
canonico particolare, per cui la cessazione del concordato comporterebbe la
loro deroga. Tuttavia il sistema canonico richiede che il diritto particolare
venga derogato in forma espressa dal legislatore competente (c. 20); ciò fa
sì che le opinioni sulla persistenza di tale diritto dopo l’estinzione del
concordato siano discordanti.
7. Panoramica dei concordati tra due secoli
Negli ultimi trenta anni 112 si è assistito alla revisione o rinnovo degli
accordi con diversi paesi di tradizione concordataria. Oltre al concordato con
la Colombia (1973-1975), sono stati firmati accordi con il Portogallo (1975),
la Spagna (1976 e 1979), Haiti (1984) e l’Italia (1984). Nuovi accordi si sono
conclusi con alcuni paesi dell’area latinoamericana come l’Accordo
internazionale con il Perù (1980) riguardante svariati argomenti, e gli accordi
per l’assistenza religiosa alle forze armate del Brasile (1989) e del Venezuela
(1994).
Una costante attività concordataria registrano l’Austria e la Germania, i cui
sistemi di Accordi ecclesiastici richiedono frequenti modifiche e
aggiornamenti, data l’importanza che per il diritto ecclesiastico di questi
paesi hanno l’erezione e modifiche delle circoscrizioni ecclesiastiche, le
materie scolastiche e la contribuzione economica statale 113 .
112
Vedi in proposito, J.-B. D’ONORIO, La diplomatie concordataire de Jean Paul II, in
AA.VV. La Diplomatie de Jean Paul II, Paris 2000, p. 251-301. Per i testi degli accordi vid.
José T. MARTÍN DE AGAR, Raccolta di concordati, Città del Vaticano 2000; ID., I concordati del
2000, Città del Vaticano 2001.
113
Vedi tra gli altri A. HOLLERBACH, Concordati e accordi concordatari in Germania sotto
il pontificato di Giovanni Paolo II, in «QDPE» (1999/1) p. 73-79; I. ZABALZA, Los
concordatos y contratos Iglesia-Estado en el derecho eclesiástico alemán, in «ADEE»
(1986) p. 333-349. L’ultimo accordo germanico di cui ho notizie è quello con il Saarland
btcafg
Passato e presente dei concordati
41
Ad essi si sono di recente aggiunti gli accordi con i nuovi Länder tornati a
far parte della Repubblica Federale Tedesca, in seguito alla riunificazione
della Germania; in un primo passo si è concordata la sistemazione delle
circoscrizioni ecclesiastiche nelle nuove regioni; in seguito sono stati firmati
degli accordi sulle varie questioni di interesse comune, sulla scia del sistema
tedesco di accordi confessionali 114 .
Nel loro insieme, questi accordi presentano le caratteristiche degli accordi
di portata generale, per cui oltre a ribadire la relativa vigenza degli accordi
pre-bellici, premettono la definizione dei principi basilari dei rapporti tra la
Chiesa e il Land (libertà religiosa, libertà e autonomia della Chiesa,
collaborazione reciproca), passando poi a statuire su una ampia rosa di
materie specifiche: insegnamento della religione e della teologia, istituti
cattolici di insegnamento, personalità e statuto civile dei vari enti
ecclesiastici, provvista di uffici, giorni festivi, assistenza religiosa nelle
istituzione pubbliche, rispetto del segreto ministeriale, beni di proprietà o di
uso ecclesiastico, cimiteri, finanziamento ed esenzioni fiscali, patrimonio
culturale, protezione dei dati anagrafici, mezzi di comunicazione.
Notevoli sviluppi del principio di cooperazione 115 possono essere
riscontrati in questi accordi: nella introduzione dell’obbligo della previa
consultazione della Chiesa sui progetti legislativi che direttamente la possano
riguardare 116 , nello stabilimento di concreti canali di comunicazione
permanente tra gerarchia locale e governo 117 , e nel il richiamo al principio di
parità confessionale 118 , che in un certo senso si ricollega al concetto di
nazione più favorita.
circa le scuole private in gestione della Chiesa cattolica: AAS (2202) 429-432.
114
Cf. K. HARTELT, Verträge zwischen der katholischen Kirche und des neuen
Bundesländern, in AA.VV. (a cura di R. PUZA - A.P. KUSTERMANN) «Neue Verträge zwischen
Kirche und Staat. Die Entwicklung in Deutschland und Polen», Freiburg Schweiz 1996, p.
57-77; E.-L. SOLTE, Gemeinsamen Angelegenheiten von Staat und Kirche in den
Staatkirchenverträgen der neuen Länder, ivi. p. 79-97; R. PUZA, Verträge zwischen Kirche
und Staat in den neuen Bundesländern, in «Theologische Quartalschrift» (1996) p. 177191; A. HOLLERBACH, Concordati e accordi…, ubi sup.
115
Sul tema, vid. R. ASTORRI, Storia e sistemi di rapporti tra Stato e Chiesa, in «ADEE»
(1998) p. 40-41.
116
Vid. ad es. l’art. 2.2 (e relativo Protocollo finale) del Accordo con Sassonia-Anhalt
(1998). Anche nell’Accordo del 1996 con lo Stato Libero di Sassonia (art. 2.2).
117
Talvolta, come nell’Accordo del 1996 con lo Stato Libero di Sassonia, viene istituito
dalle diocesi “un Ufficio Cattolico come Commissariato dei Vescovi presso la sede del
Governo di Stato” (art. 2.2).
118
Così nell’Accordo con la Turingia (1997): “Qualora in accordi con altre comunità
religiose comparabili lo Stato Libero di Turingia concedesse diritti e prestazioni che superino
il presente Accordo, le Parti contraenti esamineranno insieme se, a causa del principio di
btcafg
J.T. Martín de Agar
42
Abbastanza completo ed articolato risulta il sistema concordatario
disegnato nei recenti accordi stipulati con Malta (1988, 1989, 1991 e 1993).
Nel rispetto della libertà religiosa e della tradizione cattolica dell’Isola, essi
regolamentano i rapporti in materia patrimoniale, scolastica e matrimoniale.
Il quadro risultante appare di particolare interesse, sia per il contenuto, sia
per determinati spunti tecnici, come le commissioni miste per la risoluzione
degli eventuali problemi applicativi e il riconoscimento espresso di una certa
competenza dei tribunali civili 119 .
Una intensa attività pattizia registra il Centro-Est dell’Europa dopo il crollo
del comunismo sovietico. Con diversi percorsi e modalità hanno concluso
accordi con la Santa Sede: Polonia, Ungheria, Croazia 120 , Estonia, Lituania,
Lettonia e Slovacchia, e tutto lascia prevedere che a questi seguiranno altri,
e che in molti di questi paesi il sistema di accordi si estenderà alle altre
confessioni 121 . Oltre ai richiami alla libertà religiosa, la reciproca autonomia
e la cooperazione, non mancano, nei paesi di tradizione cattolica, riferimenti
al ruolo storico svolto dalla Chiesa nella configurazione morale, culturale e
sociale della nazione.
Con la Polonia è stato concluso nel 1993 un vero e proprio concordato,
l’unico a ricevere ufficialmente questo nome. In esso vengono considerati
una grande varietà di argomenti. Interessante è in primo luogo il lungo
preambolo, in cui si fa riferimento al ruolo svolto dal cattolicesimo e dalla
Chiesa nella storia (passata e recente) della nazione polacca e al significato
del pontificato di Giovanni Paolo II; ma è anche da notare il comune richiamo
delle Parti ai principi del diritto internazionale, ai diritti dell’uomo e al rispetto
della dignità della persona come fondamento della democrazia. Nel primo
articolo si definiscono i principi che reggono i rapporti tra Stato e Chiesa:
indipendenza
e
autonomia
nel
rispettivo
ordine
e,
su
questa
base,
collaborazione al servizio della persona e della società.
parità, siano necessarie modifiche del presente Accordo” (Protocollo finale in relazione
all’art. 31). Clausole simili appaiono negli accordi con Meclemburgo-Pomerania Anteriore
(del 1997, art. 23) e Sassonia-Anhalt (del 1998, art. 23).
119
Accordo del 1991 sui beni ecclesiastici, art. 19.
120
Vid. per questi tre paesi G. BARBERINI, I concordati di Giovanni Paolo II nell’Europa
centrale e orientale, in «QDPE» (1999/1) p. 49-71.
121
Da notare il richiamo alla parità delle confessioni contenuto nell’Accordo ungherese
del 1997, in cui si assicura a tutte le Chiese la possibilità di ricevere una percentuale
dell’IRPEF sulla base delle indicazioni dei singoli contribuenti (II. Art. 4, 1 e 2). Come spiega
P. ERDÖ, con ciò viene rettificata la Legge CXXVI/1996 riguardo alle scelte alternative
proposte ai cittadini (Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica d’Ungheria, in «Ius
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Passato e presente dei concordati
43
Altri paesi di questa area hanno seguito la via degli accordi tematici;
l’Ungheria,
ad
esempio,
parte
nel
1990
con
un
breve
Accordo
di
normalizzazione delle relazioni, in seguito all’approvazione della Legge
IV/1990 sulla libertà religiosa, di coscienza e sulle Chiese. In tale accordo si
ripristinavano in pienezza i rapporti diplomatici, si dichiaravano abrogate le
intese raggiunte con l’Atto del 1964 e si apriva la possibilità a successive
convenzioni.
Sono seguiti, infatti, due Accordi. Quello del 1994 riguarda l’assistenza
religiosa alle forze dell’ordine, mentre quello del 1997 affronta, divise per
sezioni, questioni di natura economica. Nella prima sezione si tratta del
finanziamento delle attività ecclesiali di servizio pubblico, soprattutto di
insegnamento e di salvaguardia del patrimonio culturale; nella seconda e
terza sezione si tratta della devoluzione e del risarcimento alle istituzioni
ecclesiastiche per gli immobili tolti in passato alla Chiesa, della possibilità per
i cittadini di destinare alle Chiese l’1% del loro IRPEF e di altre sovvenzioni
ed esenzioni fiscali.
Con la Croazia sono stati conclusi 4 Accordi (tre nel 1996, uno nel 1998)
circa gli stessi argomenti di quelli spagnoli del 1979: questioni giuridiche,
questioni culturali, assistenza alle forze armate e di polizia e questioni
economiche, anche con una sostanziale coincidenza in non pochi dei
provvedimenti addottati; per le questioni economiche invece si sono
prospettate soluzioni differenti. Anche con la Lituania è stato scelto il metodo
di accordi tematici; tre sono stati siglati nel maggio del 2000, riguardanti
rispettivamente gli affari giuridici, culturali-educativi e di assistenza alle forze
armate.
Un certo ritorno al sistema di accordo generale rappresentano quelli firmati
nel novembre 2000 con la Lettonia e la Slovacchia. Quello lettone in 33
articoli (ordinati in Parti e Sezioni tematiche) affronta gli stessi argomenti
degli accordi firmati separatamente in altri paesi. L’ampio Accordo-base con
la Slovacchia, oltre a regolamentare diverse materie (giuridiche, scolastiche,
assitenziali), apre la strada a successivi accordi, ad esempio sull’obiezione di
coscienza: difatti nel 2002 è stato concluso l’accordo per l’assistenza ai
Ecclesiae» (1998) p. 652-659).
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44
cattolici nelle forze armate. Alla fine del 2001 è stato firmato un accordo
con la Slovenia e nel marzo 2002 uno con l’Albania.
A questi accordi più formali si devono aggiungere quelli stipulati con
l’Estonia a mezzo di Note diplomatiche del 23 dicembre 1998 e del 15
febbraio 1999. In esse si garantisce alla Chiesa e alle istituzioni cattoliche, la
libertà per svolgere le loro opere nel quadro della legislazione civile.
Costituisce una certa novità il fatto che sono riconosciuti gli effetti civili al
matrimonio celebrato in forma canonica, venendosi a profilare un sistema di
quelli chiamati in dottrina di tipo anglosassone.
Nell’area medio orientale speciale rilievo è stato dato nei media e nella
letteratura specialistica agli Accordi con Israele 122 ; quello Fondamentale del
1993, contestuale allo stabilimento di rapporti diplomatici, e quello del 1997
sulla personalità giuridica. Ha attirato anche particolare interesse il più breve
Accordo di base con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP)
siglato nel febbraio 2000 123 . L’importanza politica di questi accordi va oltre
alle considerazioni giuridiche, poiché essi hanno una specifica rilevanza sul
piano del dialogo interreligioso, oltre a definire lo statuto giuridico della
Chiesa e delle sue istituzioni in Terra Santa, ove la libertà religiosa rimane
insidiata da ragioni culturali, storiche e politiche. In entrambi i casi si parte
da uno specifico richiamo al diritto di libertà religiosa, come definito nella
Dichiarazione Universale di Diritti Umani dell’ONU.
Particolare attenzione meritano per la loro novità e per motivi particolari gli
accordi con certi paesi africani. È il caso dello scambio di Lettere tra il Re del
Marocco e il Romano Pontefice (1983-84) che disegna un modico spazio di
libertà per la Chiesa in un paese di confessione islamica. Interessanti anche
gli Accordi con la Costa d’Avorio (1992) riguardante la costituzione e
riconoscimento di una fondazione internazionale; con il Camerun (1989,
122
Vid. R. PALOMINO, El Acuerdo Fundamental entre la Santa Sede y el Estado de
Israel, in «El Olivo» (1998) p. 69-93.
123
AAS (2000) 853-861; anche nel«L’Osservatore Romano» 16.2.2000, p. 9, insieme
ad un commento di D.-M. A. JAEGER L’«Accordo di base tra la Santa Sede e l’OLP»; e in «IE»
(2000), pp. 260-269, con nota di D.-M. A. Jaeger. Breve presentazione, di P. FERRARI DA
PASSANO, L’Accordo tra la Santa Sede e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina,
in «La Civiltà Cattolica» (2000), pp. 364-371.
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Passato e presente dei concordati
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1995) sull’Istituto Cattolico di Yaoundé; e soprattutto l’Accordo quadro con
il Gabon (dicembre 1997), che apre rilevanti prospettive per l’area centro
meridionale africana 124 .
Il primo accordo con uno Stato asiatico è quello firmato col Kazakhstan il
24 settembre 1998. Esso ha particolare interesse dato che si tratta di un
paese a maggioranza musulmana appena uscito dal modello comunista, dove
la presenza del cattolicesimo è relativamente recente e ridotta. Si tratta
dunque di un accordo che disegna per la prima volta lo statuto civile della
Chiesa, piuttosto in prospettiva di futuri sviluppi, che in riferimento alla
storia.
Queste circostanze spiegano il diretto richiamo alle norme del diritto
internazionale e ai relativi principi di reciproco rispetto e di non ingerenza
negli affari interni. Su queste basi le parti si impegnano nel primo articolo al
rispetto della loro libertà nell’esercizio dei rispettivi diritti e poteri, come base
della cooperazione tra di loro.
Ne risulta garantito uno statuto di libertà per la Chiesa e per i suoi enti, i
quali si possono stabilire, ottenere la personalità civile, acquistare e gestire i
beni necessari e svolgere le loro attività, senza interferenze, entro il quadro
della legislazione civile. Vengono specificamente riconosciute le istituzioni
cattoliche con finalità educative e sociali (art. 8 e 9). È pure tutelata
l’assistenza religiosa ai fedeli ricoverati negli ospedali statali e ai carcerati
(art. 10).
Novità, per quanto riguarda la controparte e il contenuto, è l’Accordo di
Cooperazione con l’Organizzazione dell’Unità Africana (OAU-OUA), del 19
ottobre 2000, nel quale, riconoscendo il contributo della Chiesa alla causa de
la pace, della giustizia e della libertà in Africa, si profilano diversi possibili
canali di cooperazione in materie di comune interesse come l’educazione, la
salute o i diritti umani, anche sulla base di specifici accordi.
124
Vid. R. PALOMINO, L’Accordo-quadro del 1997 tra la Santa Sede e la Repubblica del
Gabon, in «QDPE» (1999/1) p. 81-86. A questo Accordo generale è seguito uno sulle scuole
cattoliche de 26 luglio 2001: AAS (2001) 839-844, vedi un mio commento su «Ius
Ecclesiae» (2002) p. 581-576.
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8. Le analisi della dottrina
Come si è accennato, l’abbondante attività concordataria durante il
pontificato di Giovanni Paolo II non ha lasciato indifferenti gli studiosi che, al
di là dei commenti specifici per l’uno o l’altro accordo, se ne sono interessati
nell’insieme, non certo per ripristinare vecchie questioni, ma per cercare le
ragioni di tanta attività, coglierne le novità ed inquadrarle nelle coordinate,
così vaste e fluide di quello che si potrebbe esprimere come l’andamento
della nostra società multiculturale.
Prima di tutto si deve segnalare la costatazione della vivacità dell’istituto
concordatario (Catalano, Iban, De la Hera, Astorri, Ferrari) che, come
segnalato, dopo il Concilio Vaticano II ha preso un incremento accelerato,
mentre proprio allora da non pochi, anche esperti, veniva pronosticato il
declino, per diverse ragioni 125 ; benché non mancassero coloro che già allora
non vedevano la ragione di tali prospettive, (Astorri cita Margiotta Broglio).
Un incremento che può in parte essere attribuito al prestigio internazionale
della Santa Sede e più concretamente del Papa attuale, ma che è anche in
rapporto con i mutamenti politici avvenuti nell’ultimo decennio del XXº
secolo, specie nei paesi del blocco sovietico.
Come sempre le analisi e le prospettive globali offrono spunti e spiegazioni
suggestive, che permettono di inquadrare tutto l’insieme svariato dei
concordati recenti in grandi linee di tendenza. Ma anche qui appare presto la
relatività di tali analisi, che necessariamente hanno una forte componente
congetturale e di accento. Basta segnalare che mentre non pochi studiosi
sottolineano la novità e forza con cui sembra affermarsi la preferenza per gli
accordi parziali o tematici, più flessibili e adattabili dei ‘vecchi’ solenni
concordati; altri autori (Astorri) invece sottolineano come al di là di tale
innegabile dato formale 126 , tecnico, sussiste sempre la preoccupazione della
Santa Sede per una definizione più completa possibile delle materie, visibile
anche nel fatto che in non pochi casi l’insieme degli accordi firmati, spesso
125
Tra di essi, segnala R. ASTORRI a D’Avack, Condorelli, De Luca (Gli accordi
concordatari durante il pontificato di Giovanni Paolo II. Verso un nuovo modello?, in
«QDPE» (1999/1) p. 24-25.)
126
Per CATALANO sarebbe solo “apparentemente formale, ma in realtà avente riflessi
sostanziali” (Sulle vicende… cit., p. 26).
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Passato e presente dei concordati
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nella stessa data, equivalgono ad un concordato e si presentano come un
intero sistema concordatario.
In questa linea è da notare che se, a parole, viene definito concordato solo
l’accordo con la Polonia, per l’ampiezza e diversità degli argomenti presi in
considerazione, meriterebbero pure tale qualifica gli accordi con i così detti
nuovi Länder tedeschi, chiamati “concordati regionali” da Hollerbach. Molti
altri accordi recenti presentano notevoli tratti di generalità.
Per quanto riguarda poi l’inquadramento di questa intensa attività
concordataria, alla quale stiamo assistendo, nell’andamento della realtà
socio-politica, ci sono stati diverse interessanti analisi, per lo più centrate
sull’Europa. Certo, si sa quanto sia problematico interpretare i dati della
storia; una difficoltà che cresce in misura proporzionale alla prossimità degli
eventi; e che diventa veramente rischiosa quando tale interpretazione si
proietta verso il futuro. Tuttavia non mancano spunti prospettici e valutazioni
dell’attualità concordataria che, per quanto possano essere provvisori, hanno
quanto meno il merito di sollevare problemi, porre degli interrogativi, tentare
di cogliere quale possa essere l’andamento delle cose.
In questa linea, Iban, studiando gli accordi dell’Europa mediterranea, si
pone la domanda se in realtà i concordati servano a risolvere i problemi, le
conclusioni che egli trae dalla esperienza sono complessivamente positive,
ma non manca di notare come spesso le norme concordatarie, non essendo
direttamente applicabili, si debbano richiamare ad altre successive norme di
applicazione “dando vita ad un processo concordatario senza fine” 127 ; se non
addirittura chiamando in causa un numero sterminato di commissioni, miste
o paritetiche. Quindi finisce per auspicare che davvero le clausole pattizie
servano a dare risposta immediata alle questioni. Un auspicio più che
condivisibile, sicuramente anche da parte delle diplomazie implicate nei
negoziati; ma che per altri versi significherebbe un certo ritorno ai concordati
chiusi e rigidi.
Dall’angolo visuale della travagliata storia della laicità, Gaudemet 128 rileva
come i problemi che questa pone oggi, o forse meglio che ad essa (come
127
I.C. IBAN, I concordati dell’Europa meridionale, in «QDPE» (1999/1) p. 44-45.
128
Laicità e concordato, in «QDPE» (1999/1) p. 127s.
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principio di Stato) si pongono oggi, siano di molto cambiati rispetto al
passato, “la «laicità» non è più «laicismo» belligerante”, per cui “a seguire la
storia della laicità e quella dei concordati non sembra proprio che l’una
escluda l’altro”
129 .
Difatti si è segnalato da diverse parti, come esempio,
l’Accordo Quadro col Gabon, paese dove il cristianesimo è ancor giovane e la
cui costituzione proclama la laicità come nota caratterizzante lo Stato,
compatibile con la costatazione che la Chiesa ha svolto e può svolgere un
importante ruolo di stabilità e di promozione sociale.
Sullo sfondo del processo di integrazione europea, cioè del percorso verso
la democrazia reale di quei paesi in cui (fino a poco fa) reale era invece il
socialismo, in vista dell’unificazione economica, sociale e politica, Cardia si
propone di “individuare quelle linee di tendenza ed evoluzione destinate a
modificare in profondità determinati settori normativi”, mediante una lettura
degli “elementi macro-normativi esistenti di cui si può ragionevolmente
prevedere il successivo sviluppo a livello interordinamentale”, specificamente
in tema di rapporti Chiesa-Stati 130 .
Dal fatto della generalizzazione della democrazia come forma di governo
civile, nonché della garanzia dei diritti umani anche a livello sovranazionale,
sta venendo fuori, sempre più forte, un diritto comune riguardo alla libertà
religiosa e delle confessioni, più ampio e garantistico delle concessioni
ottenute sul piano degli accordi con le confessioni, che col tempo
“appariranno
aggiuntive
e
ultronee
rispetto
alle
garanzie
fornite
dall’ordinamento comunitario”, per cui “le confessioni religiose non avranno
più bisogno di vedere fondati i propri diritti sulle pattuizioni interne, perché
tali diritti sono ormai stabilmente innestati e garantiti a livello costituzionale
e comunitario”. Cardia quindi intravede una svolta, per certi versi forse ormai
in atto, “per la quale, mentre un tempo il diritto comune era considerato
tradizionalmente restrittivo rispetto alle concessioni che le confessioni
potevano ottenere in sede di contrattazione bilaterale, oggi esso sembra
divenire -almeno per alcuni aspetti- più appetibile, cioè più favorevole e
liberale, rispetto ai diversi testi o accordi pattizi” 131 .
129
Ivi, p. 143 e 145.
130
C. CARDIA, Concordati e diritto comune, in «QDPE» (1999/1) 147s.
131
Ivi p. 149-151.
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Le linee di tendenza che fanno da premessa a tali previsioni sembrano
indiscutibili; e tuttavia proprio l’espandersi della democrazia e delle garanzie
dei diritti fondamentali, insieme all’affermarsi della diversità nei vari campi,
sta dando luogo ad un parallelo processo di espansione del sistema o modello
di accordi con le confessioni.
Sembra però chiaro che laddove il diritto comunitario protendesse a
definire in maniera uniforme, non già il contenuto essenziale della libertà
religiosa, ma anche le particolari esigenze da essa derivanti, e quindi lo
statuto giuridico delle confessioni religiose, allora verrebbe a porsi il
problema del futuro dell’attuale sistema pattizio.
In prospettiva eurocomunitaria una tale eventualità, cioè “che l’azione
comunitaria in materia di rapporti con le religioni possa rivelarsi necessaria
per raggiungere gli scopi della Comunità”, sembra a Margiotta Broglio 132
difficile da immaginare e comunque non sulla via pattizia; ma nell’ipotesi,
non dovrebbe essere esclusa a priori la possibilità di accordi con le
confessioni a livello comunitario, proprio perché il punto di partenza per non
pochi degli Stati membri è il sistema di concertazione.
Rimanendo più nel presente, pur senza isolarlo, Ferrari 133 tenta di
spiegare, e lo fa in maniera che ritengo plausibile, le ragioni di una tale
proliferazione di accordi concordatari. Egli ne scorge tre: la prima sta nello
scioglimento del blocco comunista, che ha ridato a molti Stati la loro
sovranità piena. Alcuni di essi vantano un passato di accordi confessionali ed
è logico che, ripristinata la loro libertà, abbiano cercato il ritorno al sistema
loro tradizionale. Ma bisogna tener conto di non pochi di essi che per prima
volta fanno tale opzione, una novità che sta per sino raggiungendo paesi
dell’Asia come il Kazakhstan.
In secondo luogo, appare chiaro che in buona parte l’incremento numerico
di accordi concordatari è dovuto al moltiplicarsi degli accordi parziali o
settoriali, per cui un sistema concordatario complessivo, può essere oggi
132
F. MARGIOTTA BROGLIO, L’evoluzione dei rapporti tra Chiesa e Stati durante il
pontificato di Giovanni Paolo II (tavola rotonda), in «QDPE» (1999/1), p. 19.
133
S. FERRARI, I concordati di Giovanni Paolo II: spunti (problematici) per una sintesi,
in «QDPE» (1999/1), p. 173s.
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composto da vari strumenti bilaterali, anziché di una sola solenne
convenzione come soleva avvenire prima; anche se gli accordi parziali non
erano sconosciuti.
La terza ragione risponde ad una scelta di fondo di non pochi Stati; ed è
quella della ricerca della concertazione nella produzione normativa, specie su
temi di spiccata sensibilità sociale: una via che in materia di rapporti con le
confessioni è tradizionale in Germania ed anche in Austria e prevista dalla
costituzione italiana del 1947, ma che di recente è stata intrapresa da molti
altri paesi, soprattutto europei (Spagna, Polonia, Ungheria ed in prospettiva
da
Croazia,
Portogallo),
ma
anche
latinoamericani
(Colombia,
Perú,
Argentina). Forse oggi si potrebbe ravvisare un più stretto parallelismo tra
normalizzazione democratica e accordi con le confessioni, che non fra
democrazia e separatismo 134 .
C’è poi chi teme che l’espansione del diritto pattizio finisca per creare delle
classi in campo di libertà religiosa o per comprimere le garanzie individuali in
favore di quelle confessionali. I rischi ci sono e si possono ricordare per
l’appunto situazioni discriminatorie del passato non lontano 135 . Tuttavia il
panorama odierno forse invita di più a chiedersi se i concordati non siano
piuttosto l’ago, grazie quale altre confessioni hanno avuto accesso al sistema
pattizio o perlomeno nei concreti vantaggi accordati ad una determinata
confessione 136 . Un contrasto poi fra diritti individuali e diritti delle
confessioni resta pure possibile, ma non si dimentichi che è stato necessario
il passaggio dalle libertà formali a quelle reali, per far capire che la
dimensione comunitaria è parte essenziale della libertà religiosa personale.
134
Si vedano in merito le conclusioni di P. CAVANA, sull’evoluzione del rapporto fra
laicità e sistema pattizio in Italia e Francia (Interpretazioni della laicità, Roma 1998, p.
419s).
135
S. FERRARI, I concordati di…, cit., p. 176, nota 9.
136
Cf. A. DE LA HERA, Factor religioso y…, cit., p. 200-201; P. CAVANA, Interpretazioni
della laicità, cit., p. 249-250.
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