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«Ridatemi il mio sogno»: ma Tamberi, migliore atleta azzurro, s’infortuna alla caviglia e perde le Olimpiadi nel giorno del record italiano P. 23 Fondata da Antonio Gramsci nel 1924 Questo giornale ha rinunciato al finanziamento pubblico l €1,40 Anno 93 n. 194 Domenica, 17 Luglio 2016 unita.tv Non vogliamo i Colonnelli l Golpe fallito e la Turchia è di Erdogan grazie all’appello alla resistenza dagli odiati social l Duecento morti. Militari e giudici golpisti agli arresti o in esilio. Il Sultano attacca gli Usa P. 0 e 0 La domenica Nizza, rabbia dei parenti: difficile accedere a ospedali e obitori P. 6-7 di Walter Veltroni La lunga notte di Istanbul Lucia Annunziata I La guerra di ogni giorno y(7HD9B7*KKMKKT( +.!"!_!#!_ R icordo perfettamente l’undici settembre. Ero in una riunione della giunta del comune di Roma. Un mio collaboratore portò un dispaccio Ansa nel quale si parlava di un aereo che si era abbattuto sulle torri gemelle. Era il primo. Sospendemmo i lavori e ci spostammo nel mio ufficio per seguire gli eventi. Lì vivemmo, in diretta tv, l’impatto del secondo apparecchio, poi l’attacco al Pentagono, lì vedemmo crollare le torri. Ci interrogavamo , davvero attoniti, sul senso di un attacco che sembrava poter essere l’ultimo. Durante il secondo conflitto mondiale i giapponesi avevano attaccato a Pearl Harbour, non avevano certo pensato di arrivare a minacciare la Casa Bianca o di colpire New York. Il nuovo millennio cominciava così. Chi è stato al memorial del Ground Zero ha rivissuto quei momenti, attraverso le voci registrate, nelle segreterie telefoniche dei familiari, dalle persone intrappolate nelle torri, attraverso la visione degli oggetti delle vittime e dei soccorritori. Per organizzare quell’attacco Al Qaeda aveva allestito una macchina eccezionale, aveva mandato i suoi uomini a imparare a guidare un aereo, ne aveva scelti diciannove pronti a morire nell’azione, aveva preso il controllo, per dirottarli, di quattro apparecchi . Una struttura impressionante per capacità di pianificazione ed organizzazione. Dopo quell’attacco, che sembrava il preludio alla guerra totale ci furono alcuni altri episodi drammatici, come gli attentati del 2005 ai treni di Madrid e di Londra. Ma, in verità, l’organizzazione di Bin Laden si inabissò, fino alla fine del suo leader. Mi sono sempre chiesto perché una struttura capace di organizzare l’attacco dell’undici settembre, quasi tremila morti, poi si limitasse ad offensive sporadiche e limitate. Una domanda a cui non ho ancora risposta. Però guardo il mondo, quindici anni dopo, e mi sembra che, in fondo, buona parte del disegno di destabilizzazione dell’Occidente sia andato avanti e, purtroppo, stia realizzandosi. Segue a pag 6 L’Isis rivendica Dubbi degli inquirenti Mancano ancora 20 italiani A quasi tre giorni dall’attentato, ancora molti dispersi, anche fra i nostri connazionali. I parenti lamentano un marasma disumano, fra poche informazioni, confusione e regole ferree che impediscono le ricerche: «Siamo stati lasciati soli». FOTO: ANSA Staino Andria, il dolore e la rabbia «Noi periferia d’Italia» La dura omelia del vescovo ai funerali di 13 delle vittime dello scontro fra i treni Dolore, rabbia, voglia di giustizia nel palazzetto dello sport di Andria gremito di migliaia di persone che, malgrado la pioggia battente, hanno partecipato ieri ai funerali di 13 delle 23 vittime del disastro ferroviario di martedì. Con loro anche il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che nel giro di tre giorni è tornato due volte in Puglia per stare vicino ai parenti delle vittime. Nell’omelia il vescovo di Andria, mons. Luigi Mansi, ha parlato di «coscienze addormentate da prassi come quelle dell’economia in cui non si pensa alla vita delle persone ma alla convenienza e all’interesse, senza scrupoli e con piccole e grandi inadempienze del proprio dovere». Un atto di accusa che il vescovo ha rivolto in generale a chi «per troppi anni ha considerato queste terre come le periferie dell’Italia». P. 10 l Presidente Erdogan ha vinto alla fine anche questa battaglia. Si è trattato di un coup militare «minoritario e male organizzato», dicono gli osservatori ora che è finito. Ma nella lunga notte di Istanbul hanno tremato le maggiori potenze del mondo, Occidentali e Mediorientali insieme, per una volta. E anche ora che la vittoria del Presidente è assicurata, il battito di cuore di queste potenze non è tornato regolare. Erdogan esce infatti da questo attacco più forte di prima, pronto a fare tutte le riforme costituzionali per una Presidenza sempre più forte, con controllo maggiore anche sull’esercito. Un potere che non rassicura in realtà nessuno dei protagonisti mondiali e che può portare a un nuovo avvitamento della questione Mediorientale. Alle luci dell’alba il tentativo di far cadere il Sultano si è rivelato dunque un piano minoritario «non professionale, disorganizzato», secondo un ottimo analista della Turchia, Ömer TaşpŒnar del Brookings Center on 21st Century Security and Intelligence, «fatto da ufficiali di medio rango, non appoggiati dagli alti comandi dell’esercito». Errori su errori dei cospiratori hanno punteggiato la notte del braccio di ferro, segnata da una marcata assenza del modus operandi dei golpe militari, che puntano a una immediata centralizzazione e controllo di tutti i centri di potere, continua l’analista del Brookings. Segue a pag. 14 Swg: il Sud è una polveriera che vuole cambiare Il sondaggio per l’Unità. Intervista a Viesti: può essere il traino del Paese P. 8-9 Doppi incarichi Tredicine, staff Per Raggi avvio pieno di spine Il presidente Sergio Mattarella abbraccia i parenti delle vittime Il Pd attacca sul caso Minenna e sui camion-bar riammessi in centro Chiude “Lo straniero” di Fofi. Una riflessione su cosa resta (e resiste) delle riviste letterarie P. 16 P. 11