Sempre più giovani all`estero per lavoro «In Italia non ci rispondono
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Sempre più giovani all`estero per lavoro «In Italia non ci rispondono
26 Città L’ECO DI BERGAMO SABATO 27 LUGLIO 2013 a Sempre più giovani all’estero per lavoro «In Italia non ci rispondono nemmeno» In un anno aumento del 30%. Curriculum anche ai circoli dell’Ente bergamaschi nel mondo Valeria Russo, 25 anni, da Treviglio a Parigi: assunta a tempo indeterminato dalla Disneyland GIADA FRANA a Sono sempre più i giovani italiani che decidono di emigrare all’estero, come dimostrano i dati diffusi recentemente dall’Aire, l’Anagrafe della popolazione italiana residente all’estero: si è infatti passati dai 60.635 emigranti del 2011 ai 78.941 del 2012, registrando quindi un aumento del 30%. In particolar modo, la fascia dei più giovani, dai 20 ai 40 anni, è cresciuta in un solo anno del 28,3% e la regione da cui maggiormente parte la cosiddetta «fuga di talenti» è proprio la Lombardia: ben 13.156 lombardi hanno trasferito la propria residenza all’estero nel 2012, seguiti dai veneti (7.456), piemontesi (6.134) e laziali (5.952). Destinazione Europa le rarissime risposte erano sempre stage, non pagati, di un anno e senza nessuna prospettiva di assunzione». Qui Zurigo A «Il doppio del reddito per la stessa mansione» Quella paga da fame Tra i colloqui sostenuti durante la ricerca del lavoro, due quelli rimasti particolarmente impressi a Valeria. Il primo con un’agenzia di risorse umane di Milano, la quale nell’annuncio diceva di ricercare una stagista per le risorse umane, per cui era previsto un rimborso spese, mentre in realtà la posizione era di segretaria, con una paga di 150 euro al mese dopo i primi tre mesi di prova. «Spesso mi sono chiesta se non si vergognino a fare certe proposte - prosegue Valeria -. Un’altra volta, un’azienda mi ha fatto tornare sette volte per i colloqui di selezione, per un posto di stagista a 500 euro al mese. Dopo avermi letteralmente detto che avrebbero dovuto trovarmi una scrivania, silenzio totale. Tre settimane dopo e in seguito a numerose chiamate da parte mia, ricevo una mail: "Siamo spiacenti ma per quanto il suo profilo sia interessante, al momento non ci interessa"». E così eccola in Francia, a Disneyland Paris. All’inizio lavora nell’ambito dell’attrazione, vestita da cowboy, con il ruolo di intrattenere i visitatori, assicurandosi il loro divertimento e la loro sicurezza; dopo soli tre mesi viene spostata in un gruppo di lavoro che si occupa degli effetti speciali del parco di divertimenti e dopo sette mesi all’ufficio che si occupa degli abbonamenti. Le destinazioni? L’Europa per il 62,4% degli emigrati (Germania in primis, poi Svizzera, Gran Bretagna e Francia) seguita da America e Asia-Africa-Oceania. Il fenomeno in crescita trova conferma anche dall’Ente bergamaschi nel mondo, i cui circoli continuano a ricevere curriculum dai giovani della nostra città in cerca di fortuna all’estero. Abbiamo raccolto qualche storia di alcuni giovani che, per motivi diversi, hanno cercato la loro strada all’estero. Tra questi Valeria Russo, 25 anni, di Treviglio, da due anni castmember nel parco di divertimenti di Disneyland Paris con un contratto a tempo indeterminato. Un’opportunità nata quasi per caso, mandando il curriculum a uno dei tanti annunci di lavoro, nella speranza, Valeria Russo Una scelta definitiva questa volta, di non Recentemente ha sotrovare il solito muro di silenzio. «Dopo soli tre giorni stenuto un altro colloquio per - racconta Valeria, diploma di li- un lavoro negli uffici che si occeo linguistico e laurea in Scien- cupano della comunicazione, ze della comunicazione all’Uni- sempre a Disneyland Paris. «Le versità di Bergamo - ho ricevu- posizioni all’interno dell’aziento una mail in cui mi ringrazia- da sono più di 10 mila - spiega vano per la candidatura e mi co- Valeria -: ho già buone possibimunicavano che al momento lità di essere presa nell’ufficio erano al completo. Mai più mi marketing». Trentacinque ore di lavoro sarei aspettata una telefonata nel giro di una settimana: ho so- settimanali, per uno stipendio di stenuto prima un colloquio te- circa 1.100 euro, senza contare lefonico in italiano, francese e gli aiuti finanziari dall’azienda, inglese, poi sono dovuta andare alloggio compreso: «Non è cera Roma a svolgere lo stesso col- to il lavoro della mia vita, ma inloquio di persona. Il giorno stes- tanto è un contratto a tempo inso mi hanno fatto firmare un determinato che in Italia ora ci contratto di lavoro a tempo in- sogniamo. Non è il paese dei balocchi, ma prendo uno stipendio determinato». sufficiente a sostenermi e diverImpieghi saltuari tirmi. All’inizio pensavo di torPrima di iniziare l’esperienza la- nare in Italia ma quando sento vorativa in Francia, Valeria svol- le mie amiche, che si lamentano ge qualche lavoro saltuario co- sul fatto che pur essendo laureame cameriera e commessa. Do- te non riescono a trovare nempo la laurea, comincia a spedire meno il lavoretto più banale e vicentinaia di curriculum in giro sta la situazione lavorativa, ecoper l’Italia, concentrandosi so- nomica e politica italiana, penprattutto su Milano e dintorni. so che sia una scelta definitiva. «Cercavo un lavoro nel mio Ad un mio amico è stato detto campo di studi - spiega Valeria - "hai avuto coraggio ad andarte: marketing, pubblicità e comu- ne", lui ha risposto "mi chiedo nicazione; dopo qualche mese di come avete il coraggio di restaassoluto silenzio ho cominciato re". Mai risposta mi è sembrata ad allargare i miei orizzonti in ri- più giusta». ■ ©RIPRODUZIONE RISERVATA sorse umane e commercio. Ma A Francesco Previtali a «A Londra, da barista a manager di un pub» a Da barista a manager di un pub di Londra: è la storia di Marco Motta, 28 anni, di Calolziocorte. Marco, diploma di liceo scientifico a Lecco e laurea in Comunicazione di massa pubblica e istituzionale all’Università di Bergamo, da tre anni e mezzo si trova a Londra, dove lavora come manager del pub «Portobello Gold», insieme ad altri due ragazzi inglesi, per uno stipendio di 1.300 sterline al mese. «Ho sempre cercato di mantenermi durante gli studi - racconta Marco - lavorando principalmente come promoter e barista. Durante l’università ho vissuto per alcuni mesi a Salamanca per imparare lo spagnolo e a Madrid per svolgere un tirocinio». Terminata l’università, nell’aprile 2008, Marco comincia a cercare un lavoro nella comunicazione, pubblicità ed eventi, ricevendo da tutti la stessa risposta: «Non cerchia- Marco Motta mo nessuno per l’estate, si ripresenti a settembre». Nell’attesa decide di fare la stagione a Tarifa, nel sud della Spagna, lavorando come barista per sei mesi e dove gli propongono di gestire un locale per l’inverno. Marco declina l’offerta, deciso a tornare in Italia, con la convinzione di trovare un’occupazione. Ricomincia a mandare curriculum su curriculum. Viene preso con un contratto da stagista, come media planner in un’importante agenzia pubblicitaria a livello mondiale, con un’opportunità di contratto da 1.000 euro dopo tre mesi. Con un lavoro full time a 250 euro al mese, Marco torna a vivere con i suoi genitori e fa il pendolare: «Dopo i sei mesi mi han proposto un rinnovo da stagista per altri sei mesi. Visto che sapevo già svolgere lo stesso lavoro degli altri miei colleghi, assunti a tempo indeterminato, mi è sembrata una presa in giro». Parte così per Londra: gira la città con mappa, indirizzi e curriculum in mano, alla ricerca di lavoro e casa. Poi trova un posto in un pub/guest house a Portobello Road, dove è l’unico ragazzo straniero: «Ho cominciato come barista - ricorda -, mansione che con la scusa che ero straniero mi han fatto ricoprire per un po’. Ma ero onesto e il lavoro lo sapevo fare bene: mi sono stati riconosciuti i miei meriti e sono passato a supervisor prima e a manager poi. Non è il lavoro della mia vita, ma per ora sono contento. Anche i miei amici, ogni volta che ci sentiamo, mi dicono che faccio bene a restare qui e molti non vedono l’ora di andarsene dall’Italia». ■ G. Fr. «In Italia l’impressione è che ti stiano facendo il più grosso piacere del mondo assumendoti. Qui all’estero invece ti ringraziano e ti considerano veramente per ciò che sei». Francesco Previtali, 28 anni, di Ponte San Pietro, da dicembre 2010 sta svolgendo un dottorato in Svizzera, a Zurigo. Prima di iniziare questo dottorato Francesco, diploma di liceo scientifico e laurea in Ingegneria aeronautica al Politecnico di Milano, ha lavorato come supplier di Airbus ad Amburgo. «Dopo la laurea, avevo già in mente di andare all’estero a lavorare - racconta Francesco -. Ho sostenuto comunque dei colloqui anche in Italia, ma l’offerta all’estero era più promettente: il doppio dello stipendio per la stessa mansione. Così, a luglio del 2008 sono partito». Ad Amburgo all’inizio il contratto è di sei mesi di prova, poi scatta l’indeterminato. Francesco lavora lì per un anno e mezzo, occupandosi dei calcoli strutturali sulle riparazioni degli aerei che hanno subito incidenti. Poi arriva la proposta del dottorato a Zurigo, che Francesco accetta senza esitazioni: «Sto lavorando a un progetto sulle morphing wings, le ali adattive: le ali degli aerei che si adattano a seconda delle condizioni di volo. Poi ritornerò ad Amburgo: con un dottorato non vale la pena restare in Italia. Da noi chi potrebbe innovare viene quasi sempre trattato come quello che non sa niente; il dottorato viene poco preso in considerazione, sembra che siano altri anni persi in università, mentre all’estero acquisisci leadership tecnologica e conoscenze organizzative per essere in grado di ricoprire più ruoli. Inoltre per i giovani c’è un mercato più ampio di contratti a tempo indeterminato, preceduti da mesi di prova iniziali. Quasi tutte le persone che ho conosciuto sono state assunte in questo modo. Senza contare che il salario è negoziato con il datore di lavoro». Non come i suoi colleghi, rimasti in Italia, costretti ad accettare stage di 400 euro al mese, alla cui parola rinnovo si risponde, come al solito, con un «forse, chissà».