OPERAZIONE JERICHO

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OPERAZIONE JERICHO
OPERAZIONE JERICHO
L'eroica missione compiuta da tre formazioni di cacciabombardieri Mosquito della
RAF che nel febbraio 1944 portò alla liberazione di 258 maquis prigionieri della
Gestapo.
Nel febbraio 1944 una formazione di 19 cacciabombardieri De
Havilland Mosquito Mk VI lasciò l'Inghilterra per una
missione speciale, il cui obiettivo consisteva nell'aprire un
varco tra le mura della fortezza-prigione di Amiens, nel nord
della Francia, e consentire la fuga di 717 uomini, tra
prigionieri politici e partigiani francesi.
120 tra questi erano condannati all'esecuzione per aver preso
parte alla lotta contro l'occupazione nazista.
La missione venne sollecitata dai vertici della resistenza
francese, come ultimo disperato tentativo per salvare i
compatrioti da morte sicura per mano della Gestapo.
Londra nutriva però non pochi dubbi sulla possibilità di far
eseguire un'incursione con bombardamento di precisione dalla RAF, e con l'inevitabile pericolo di
uccidere anche chi doveva essere salvato.
Compito dei bimotori De Havilland Mosquito era colpire le mura esterne del carcere, aprire almeno
un grosso varco e demolire alcuni edifici interni occupati dalla guarnigione tedesca. Era assai
evidente l'esigenza di effettuare un bombardamento di estrema precisione e da quota molto bassa.
Anche il minimo errore avrebbe comportato il fallimento della missione ed una drammatica
carneficina per i patrioti francesi.
Era necessario compiere un avvicinamento raso terra a pochi metri dal suolo, sganciare su punti ben
definiti della struttura carceraria e quindi cabrare bruscamente per superare le mura della prigione
alte circa 7 metri.
Di fondamentale importanza il tempismo nella sequenza di intervento dei vari Mosquito, nelle fasi
di attacco, sganciamento e protezione: la missione non avrebbe
potuto essere ripetuta.
All'operazione, battezzata con biblica fiducia “Jericho”, avrebbero
partecipato tre formazioni di cacciabombardieri britannici tra i più
collaudati per maneggevolezza, velocità e versatilità operativa,
ciascuno dotato di due bombe dirompenti da 227 kg. con spolette
a scoppio ritardato di undici secondi ed equipaggiati con i
migliori piloti dei 21st, 464th e 487th Squadron.
Dopo rinvii dovuti alle pessime condizioni meteorologiche,
finalmente la mattina del 18 febbraio un messaggio in codice
morse “colpire ora o mai più, le esecuzioni sono imminenti”
venne fatto pervenire dai comandi della Resistenza al 140th Wing
del 2nd Tactical Air Force ed immediatamente gli equipaggi
vennero convocati per un ultimo briefing.
Per due ore i piloti studiarono un modello in scala della prigione e
dei suoi dintorni, calcolando angoli, quote, ostacoli, postazioni
conosciute di cannoni e rotte “egress green” (vie di fuga).
Le prime due squadriglie d'attacco aveva l'esplicita istruzione di rientrare immediatamente dopo
aver effettuato il bombardamento.
La prima comprendeva due pattuglie di tre velivoli del 487th Squadron neozelandese seguite dalle
due del 464th Sq. australiano, mentre gli aerei del 21st Sq. erano tenuti di scorta per ovviare ad
eventuali deficienze nell'azione di bombardamento.
La pianificazione della missione aerea era sotto la responsabilità
del Capitano Percy Charles Pickard, pilota di grande esperienza,
coraggio e tenacia, mentre il programma di rotta venne affidato al
suo navigatore ed inseparabile amico Flight Lieutenant J. A.
“Bill” Broadley.
Il “Mossie” da ricognizione fotografica DZ 414 Orange del Photo
Reconnaissance Unit, pilotato da Tony Wickham, doveva seguire
la seconda ondata, mentre Pickard avrebbe sorvolato l'area della
prigione per decidere se il 21st Squadron del terzo gruppo sarebbe
dovuto intervenire.
I caccia di scorta, una dozzina di Hawker Typhoon del 174th, 198th e 245th Squadron della RAF,
avevano l'istruzione di prevenire ogni possibile interferenza da parte della Luftwaffe.
I neozelandesi dovevano aprire due varchi nel muro perimetrale esterno, mentre gli australiani
avrebbero colpito l'edificio principale del complesso annientandone la guarnigione tedesca; solo un
massimo di tre minuti poteva intercorrere fra queste due incursioni.
Gli equipaggi raggiunsero i rispettivi aerei nelle zone di decentramento alle 10:30.
I 19 Mosquito si trovavano all'estremità della pista principale della base di Hunsdon
(Hertfordshire), pronti per il decollo programmato per le 11:00.
Il vero e proprio raid sopra la prigione era previsto esattamente
per le 12 e 3 minuti, ora di mensa.
Il tenente pilota N. M. Sparks ricorda che quando uscì all'aperto
per recarsi al proprio aereo il tempo era orribile: “cadeva la neve
e la visibilità era fortemente ridotta. Se fosse stata una missione
ordinaria, certamente sarebbe stata cancellata”...
Alle 11:00 in punto i Mosquito decollarono in rapida successione,
ma quattro di essi, appartenenti al 21st e al 464th Squadron,
dovettero invertire la rotta poco dopo e tornare alla base a causa
di alcune difficoltà di navigazione.
Traversata la Manica sul pelo delle onde e rasentando un tratto
della costa francese i bombardieri virarono nel punto stabilito a nord di Amiens e si diressero
sull'obiettivo.
Il tenente Sparks, che faceva parte della prima pattuglia di tre velivoli, ricorda che tre del 487th Sq.
si gettarono in picchiata lungo la strada che conduceva alla prigione, sfiorando i filari di pioppi ai
lati. Si abbassarono ancora e rallentando il più possibile per favorire la collimazione dei puntatori
sganciarono le loro bombe alla base del muro a nord, sfrecciando subito dopo verso l'alto a pieni
motori.
Alle 12:06, attraverso le esplosioni e le spesse cortine di fumo, le
due successive ondate del 464th Squadron riuscirono a piazzare
ben otto bombe da 500 lb sul muro orientale dalla quota di 30 e 20
metri, aumentando le devastazioni perimetrali.
Guardando sotto di sé, Pickard vide frotte di prigionieri uscire a
fiumi dagli squarci nelle mura e scappare lungo la strada e
attraverso i campi gelati; diede quindi ordine al 21st Squadron di
tornare alla base, mentre numerosi caccia tedeschi stavano ormai
per piombare dall'alto sui piloti britannici.
L'incursione infatti non si risolse senza perdite: i caccia Focke
Wulf 190 della Jagdgeschwader 26 apparvero sulla scena
sorprendendo il capitano Pickard e il tenente Broadley, che vennero attaccati ed abbattuti mentre
compivano l'ultimo volo sui resti fumanti del carcere-fortezza.
Tre Mosquito e due Typhoons furono dichiarati dispersi in azione e tre piloti vennero catturati.
Il Comandante Mc Ritchie, che guidava la seconda
squadriglia australiana, venne colpito dal fuoco contraereo
sulla via del ritorno e dovette compiere un violento
atterraggio di fortuna in un campo di mele ad oltre 300 km
orari, riuscendo miracolosamente a sopravvivere.
Ma il raid era riuscito: 258 prigionieri riuscirono a
dileguarsi. Purtroppo altri 102 rimasero uccisi nella fuga ed
altri vennero ricatturati più tardi.
Peraltro un grosso
ordigno aveva centrato in pieno il refettorio uccidendo una
cinquantina di soldati tedeschi.
La ferocia ed il disappunto con il quale la Gestapo reagì all'attacco confermarono che il colpo era
andato a segno. I tedeschi infatti si accanirono sui superstiti ed impedirono che i corpi dei
prigionieri e dei piloti inglesi caduti venissero sepolti.
Nonostante il divieto assoluto imposto dai nazisti, le mani pietose di alcuni contadini seppellirono
in segreto i poveri resti di Pickard e Broadley, piloti valorosi ed inseparabili, il cui destino, dopo
l'ultima missione operativa compiuta assieme, aveva deciso di riunirli nella morte.
Poco prima del frettoloso funerale una giovane donna staccò le ali della RAF e i gradi dalla giacca
di Pickard e, alla fine della guerra, come ultimo gesto di ringraziamento e solidarietà, li fece
recapitare alla vedova in Inghilterra.
Emanuela Susani
Nota dell'autrice:
Il De Havilland Mosquito viene considerato con eccellenza nella storia dell'aeronautica militare
moderna.
Bimotore, con due uomini di equipaggio, fu concepito come bombardiere leggero veloce e le sue
notevoli doti di agilità, unite alla considerevole robustezza della struttura in legno, ne favorirono
l'impiego multiruolo, consentendo significativi successi
anche come caccia notturno. Era dotato
di un
considerevole armamento di quattro mitragliatrici o
cannoncini concentrati nel muso.
Svolse inoltre ruoli di pathfinder, bombardamento tattico,
incursioni marittime e ricognizione fotografica. Era
peraltro anche esteticamente un gran bell'aereo.
Durante gran parte della guerra il Mosquito fu uno dei
cacciabombardieri più veloci in assoluto ed anche uno
dei più manovrabili. Si consideri che nei combattimenti
simulati riusciva a salire in quota più velocemente e virare più rapidamente di uno Spitfire.
Le sue ammirevoli prestazioni spinsero persino l'aviazione tedesca a tentarne un'imitazione: il
Focke Wulf AT 154 Moskito (che però non ottenne gli stessi risultati).
I nomignoli più conosciuti che gli vennero attribuiti furono “Mossie”, “The Wooden Wonder” e
“The Timber Terror”.
Bibliografia:
“And the walls came tumbling down” di Jack Fishman