clima: la tecnologia non basta, ci vuole la politica.

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ARTICOLO - ottobre 2016
CLIMA: LA TECNOLOGIA NON BASTA, CI
VUOLE LA POLITICA.
di Fulvio Fagiani
Le rinnovabili si sono diffuse e crescono a ritmi inimmaginabili fino a
pochi anni fa. Ma anche con i miglioramenti tecnologici e le riduzioni
di costo previste, senza decisioni politiche non rispetteremo gli
obiettivi della conferenza di Parigi.
Riassunto – Sul cammino degli obiettivi fissati alla conferenza di Parigi del 2015, ci
sono numerose buone notizie. Le fonti rinnovabili rappresentano indubitabilmente il
futuro delle fonti energetiche, avendo superato già le fonti fossili negli investimenti
energetici ed avendo davanti ancora ampi spazi di miglioramento. Ma i progressi fin
qui fatti non sono ancora sufficienti perché le tendenze delle emissioni di gas serra
sono ancora ben superiori a quanto dovrebbero essere per rispettare l’obiettivo del
contenimento del riscaldamento globale sotto i 2°C. I numeri ci dicono che non
bastano le tecnologie, c’è bisogno di scelte politiche coraggiose.
In tanti abbiamo salutato l’esito della Conferenza di Parigi come un primo grande passo in
avanti delle trattative internazionali sul clima. Per la prima volta 195 Paesi hanno concordato
su un obiettivo, contenere il riscaldamento climatico ben sotto i 2 °C, e su un insieme di
impegni ed un processo di verifica che dovrebbero permetterci di conseguirlo.
Ad oggi l’impegno, sottoscritto a Parigi da 195 paesi, è stato ratificato da 61, tra cui USA e
Cina, che rappresentano il 48% delle emissioni globali. Il progresso delle ratifiche può
essere
seguito
all’indirizzo
http://cait.wri.org/indc/#/ratification?utm_campaign=wridigest&utm_source=wridigest-201609-07&utm_medium=em.
Spesso veniamo raggiunti da notizie positive che sembrano farci vedere spianata la strada
che ci porterà fin là. Per esempio a dicembre due distinte elaborazioni1,2 hanno segnalato
che le emissioni di anidride carbonica sono rimaste stabili nel periodo 2014/2015: la grande
corsa verso l’irreparabile si sarebbe dunque fermata.
I dati sono talvolta complicati e vanno guardati in profondità.
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Le emissioni. Se consideriamo il complesso dei gas serra, non solo l’anidride carbonica
emessa a seguito della combustione dei fossili, il totale dei gas serra nel 2015 è purtroppo
aumentato3. Hanno contribuito l'ossido di azoto e soprattutto il metano, forse a causa delle
nuove tecnologie di estrazione di petrolio e gas naturale, il cosiddetto fracking o fratturazione
idraulica.
Le tecnologie. Buone notizie vengono invece da come si sta sviluppando il sistema
energetico globale4. Il 2015 è stato infatti l’anno in cui gli investimenti nelle fonti rinnovabili
hanno superato quelli nei combustibili tradizionali e la capacità di produzione energetica
aggiunta al sistema è stata coperta per il 53%, quindi oltre la metà, dalle stesse rinnovabili.
Il sistema globale ha quindi svoltato, orientandosi a favore delle tecnologie che non
emettono gas serra. Ciò è avvenuto nel mezzo di una contingenza sfavorevole, i bassi prezzi
dei combustibili fossili, in particolare petrolio e gas. Ci si sarebbe aspettato che i bassi prezzi
avrebbero scoraggiato ad investire nelle rinnovabili, è successo il contrario.
La tendenza è quindi segnata. Però, ad oggi, le rinnovabili contribuiscono solo al 10% della
produzione di energia. La strada è ancora lunga.
Qualche altra buona notizia viene dalla distribuzione geografica degli investimenti e della
nuova capacità di produzione, che si è spostata dai paesi sviluppati ai paesi in via di
sviluppo, tra i quali brillano la Cina, protagonista assoluta, seguita da India, Brasile,
Sudafrica, Messico, Cile, Marocco, Uruguay, Filippine, Pakistan e Honduras.
Il lato meno buono della notizia è che gli investimenti assoluti sono calati dell’8% nei paesi
sviluppati, con l’Europa in declino del 21% rispetto all’anno precedente.
Le previsioni. Se questo è l’oggi, le previsioni riportano prolungano le tendenze delineate.
Un primo studio5 si proietta fino al 2025 nella valutazione del potenziale di riduzione dei costi
delle principali tecnologie di sfruttamento delle fonti rinnovabili, stimando che il fotovoltaico
su larga scala, destinato cioè alla produzione industriale di energia elettrica, potrà abbattere
i costi attuali del 59%, il solare a concentrazione del 43%, l’eolico on-shore, cioè a terra, del
26%, l’eolico off-shore, cioè in mare, del 35%.
La spinta alla riduzione verrà da economie di scala, miglioramenti tecnologici, catene di
fornitura più efficienti, minimizzazione dei costi di transazione legati alle procedure pubbliche
di autorizzazione ed amministrative.
Un insieme di fattori che chiama in causa politiche pubbliche, soprattutto relativamente ai
costi di transazione, e ottimizzazioni lungo la filiera industriale, in particolare con la diffusione
delle pratiche migliori.
Un altro rapporto6 allunga le sue previsioni al 2040, concentrandosi sulle percentuali di
copertura della produzione di energia con fonti rinnovabili.
Globalmente al 2040 il fabbisogno verrà coperto al 60% dalle rinnovabili, grazie al fatto che
la crescita della capacità di produzione verrà da rinnovabili per il 64%, che si accaparreranno
il 60% della massa degli investimenti.
Questa spinta verrà da abbattimenti dei costi degli impianti industriali fotovoltaici del 60% e
del 40% nel caso dell’eolico on-shore: come si vede un prolungamento della tendenza che
lo studio precedentemente citato immaginava nel prossimo decennio 2015/2025.
Le buone notizie non possono nascondere le cattive: il carbone, la fonte più inquinante e
causa delle maggiori emissioni climalteranti, non sparirà. A fronte di un rallentamento della
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costruzione di nuove centrali in Cina, India ed altri paesi del Sud e del Medio Oriente
investiranno ancora in questa tecnologia, con un effetto compensativo, tanto che la quota
del carbone nel mix energetico non varierà. Così le buone, anche se non straordinarie,
prestazioni dell’Europa che ricaverà dalle rinnovabili il 70% della propria energia, non verrà
emulato dall’Asia che, malgrado grandi investimenti, si assesterà al 38%.
Molto meglio il Medio Oriente e l’Africa, che porteranno questa percentuale di copertura al
55%.
In sintesi il picco globale delle emissioni verrà toccato solo nel 2027 e nel 2040 le emissioni
totali saranno comunque superiori al livello attuale del 5%.
L’Italia. Qualche dato anche sull’Italia7, per ricordare che il nostro Paese è stato uno dei
protagonisti della corsa al fotovoltaico, risultando nel 2011 il secondo al mondo per capacità
installata. La fine della generosa incentivazione e alcune discutibili decisioni legislative,
hanno quasi fermato il mercato. Se nel 2012 erano stati realizzati 120.000 nuovi impianti
fotovoltaici, questo numero è sceso nel 2014 a 772. In termini di capacità fotovoltaica
installata, nel 2015 è stata di 890MW, un dodicesimo di quanto avvenuto nel 2011.
Non vanno molto meglio le cose nell’eolico e nelle biomasse.
Né possiamo sperare nei prossimi anni, perché queste modeste crescite continueranno fino
al 2020.
Potremmo forse consolarci con i miglioramenti dell’efficienza energetica, testimoniati dalla
contrazione della domanda di energia. In realtà valutazioni più accurate8 mostrano che è
attribuibile solo in minima parte ad un efficientamento nei consumi finali, essendo dovuta
soprattutto agli effetti della crisi economica.
Discussione. Questi numeri possono dire poco se non si ricorda che gli scenari che
mantengono aperta la possibilità di rispettare l’obiettivo di arrestare il riscaldamento globale
alla soglia dei 2°C, richiedono, nelle previsioni ottimistiche, che al 2050 il livello globale delle
emissioni scenda dell’80% rispetto ad oggi, mentre altri climatologi ritengono che al 2050 il
mondo debba essere completamente decarbonizzato.
I diversi andamenti nelle aree geografiche segnalano bene dove sta il problema: i paesi
poveri che, anche sull’esempio cinese, vorranno pervenire a migliori standard di vita,
faranno ancora affidamento, in prevalenza, sulle fonti fossili.
E tuttavia neanche i paesi del primo mondo, Stati Uniti ed Europa, non possono dirsi un
buon modello da seguire, se è vero che da qui al 2040 faranno ancora investimenti
consistenti nei fossili.
Un utile esercizio è guardare i dati forniti con la logica del bicchiere mezzo vuoto: la buona
notizia che nel 2015 il 53% della capacità di produzione aggiunta viene dalle rinnovabili, ha
come contraltare che il 47% è ancora proveniente dai fossili.
Siamo dunque ben lontani da quanto si dovrebbe fare: evidentemente l’urgenza di agire con
decisione non fa ancora parte delle convinzioni dei decisori politici ed economici, e
nemmeno dell’opinione pubblica.
Se qualcuno pensasse di incolpare per questo i ritardi tecnologici verrebbe smentito dai dati
forniti. La tecnologia ha fatto passi da gigante e la sua corsa è tutt’altro che finita.
Ma la tecnologia non basta.
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Ce lo ricordano in uno studio9 quattro ricercatori dell’università del Queensland, in Australia,
che hanno analizzato l’andamento storico di due distinti indicatori, nel periodo dal 1950 ad
oggi.
Uno è l’intensità energetica dell’economia, espressa dal rapporto tra quantità di energia
consumata e Prodotto Interno Lordo (il PIL), che, nel periodo considerato si è ridotto del
37%. In poche parole per produrre ricchezza serve oggi una quantità minore di energia.
Questa è la grandezza al centro delle analisi della totalità delle organizzazioni Internazionali,
che ne traggono auspici positivi per il futuro.
Migliorando ulteriormente questa tendenza alla diminuzione dell’intensità energetica,
sostengono, riusciremo a centrare gli obiettivi climatici.
I quattro ricercatori hanno analizzato un altro indicatore, il consumo energetico pro-capite,
espresso dal rapporto tra Energia consumata e popolazione, per scoprire che dal 1950 ad
oggi, è cresciuto del 130%.
Detto in parole povere: abbiamo migliorato la produttività dell’energia, ma nel frattempo ne
abbiamo consumata molta di più.
Già nel 1865, l’economista William Jevons descriveva questo effetto che, da allora, è noto
come paradosso di Jevons (o anche effetto rimbalzo): se aumenta la produttività di un
fattore, il suo consumo aumenta.
Se si proiettano queste tendenze al futuro, la conclusione è sconcertante. Entro il 2029
emetteremmo in atmosfera tutto il carbonio che ci possiamo permettere per rispettare
l’obiettivo dei 2°C (il cosiddetto budget di carbonio).
Se volessimo invece puntare all’obiettivo di 1,5°C, il budget l’avremmo consumato già al
2020.
Le conclusioni sono presto tratte. Non possiamo cullarci nell’illusione che lo sviluppo delle
tecnologie, da solo, ci porterà alla meta finale. Da sole le tecnologie e le economie di
mercato non sono in grado di guidare la transizione necessaria.
Piaccia o no, ci vuole la politica. Dobbiamo rallentare la crescita, farci carico della transizione
energetica dei paesi poveri che da soli non hanno le risorse finanziarie, le tecnologie e le
capacità umane per saltare la fase dei fossili, passando direttamente alle rinnovabili.
La transizione ad un nuovo sistema energetico può essere guidata solo dalle istituzioni
democratiche e da politiche pubbliche su scala nazionale ed internazionale, già oggi con
misure immediate, come la cancellazione delle previste nuove centrali a carbone,
l’abolizione dei sussidi ai fossili, che ammontano annualmente a 550 miliardi di dollari, e la
loro destinazione ad investimenti nelle tecnologie e nelle infrastrutture delle rinnovabili, e
l’adozione di una tassa globale sul carbonio emesso.
Come condizione sottostante a tutto questo, dobbiamo modificare radicalmente i nostri modi
di pensare ed agire, individuali e soprattutto collettivi, ed impegnarci in uno straordinario
sforzo culturale.
Fonti:
1. Global carbon budget 2015 - www.globalcarbonproject.org/carbonbudget
2. UNEP – The emissions gap report 2015
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3. NOAA – Far from turning a corner: global CO2 emissions still accelerating – 2016
http://insideclimatenews.org/news/19052016/global-co2-emissions-stillaccelerating-noaa-greenhouse-gas-index
4. UNEP – Global trends in renewable energy investment – 2016
http://fs-unep-centre.org/publications/global-trends-renewable-energy-investment2016
5. The power to change: solar and wind cost reduction potential to 2025 – 2016
www.irena.org/DocumentDownloads/Publications/IRENA_Power_to_Change_2016.
pdf
6. Bloomberg – New energy outlook 2016 – 2016
www.bloomberg.com/company/new-energy-outlook
7. Energy&strategy group – Renewable energy report 2016 – 2016
www.energystrategy.it/report/renewable-energy-report.html
8. Energy&strategy group – Energy efficiency report 2016 – 2016
www.energystrategy.it/report/eff.-energetica.html
9. Wagner, Ross, Foster, Hankamer – Trading off global fuel supply, CO2 emissions
and sustainable development - 2016
http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0149406
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