1 PRONUNCIA N. 16/13 Il Giurì, composto dai Signori Prof. Avv

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1 PRONUNCIA N. 16/13 Il Giurì, composto dai Signori Prof. Avv
PRONUNCIA N. 16/13
Il Giurì, composto dai Signori
Prof. Avv. Paolo Spada
Prof Avv. Fernando Leonini
Prof. Avv. Marco S. Spolidoro
Prof. Liborio Termine
Presidente
Relatore
in data 26 febbraio 2013 ha pronunciato la seguente decisione nella vertenza promossa da
Glaxosmithkline Consumer Healthcare S.p.A. unipersonale
contro
Gaba Vebas S.r.l.
e nei confronti di
Mediaset S.p.A., Publitalia ’80 S.p.A.
Svolgimento del procedimento
1.- Con istanza depositata il 7 febbraio 2013 la GLAXOSMITHKLINE CONSUMER HEALTHCARE
S.P.A UNIPERSONALE (d’ora in poi semplicemente “Glaxo”) chiedeva l’intervento del Giurì contro
la GABA VEBAS S.R.L. (d’ora in poi semplicemente “Gaba”) - e nei confronti di MEDIASET S.P.A. e
PUBLITALIA ’80 S.P.A. - in relazione alla pubblicità televisiva riguardante il dentifricio “Elmex
Sensitive Professional” trasmessa su Canale 5 nel mese di gennaio 2013. Secondo la
ricorrente, nello spot in questione appariva come protagonista un soggetto in camice bianco che richiamava la figura di un farmacista o di un medico - il quale, operando in un ambiente
assimilabile ad una moderna farmacia, sottoponeva dapprima due consumatori ad un test per
verificare direttamente i benefici del prodotto, illustrandone poi - in termini essenzialmente
scientifici - il meccanismo di azione.
Glaxo sosteneva che il telecomunicato in questione violasse l’art. 2 C.A. a causa
dell’impiego di un protagonista in camice bianco, che appariva al consumatore come un
operatore sanitario, mentre la giurisprudenza del Giurì da sempre censurava come
ingannevole la condotta degli inserzionisti che utilizzano nella comunicazione commerciale dei
protagonisti (o, comunque, un’iconografia) riconducibili all’ambito medico-farmaceutico al fine
di promuovere prodotti che, invece, non sono dei medicinali. Secondo Glaxo, inoltre, il
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messaggio in questione violava anche l’art. 25 C.A. – riguardante la pubblicità di medicinali e
trattamenti curativi – nella parte in cui non consente di avvalersi di “raccomandazioni di
scienziati, di operatori sanitari o di persone largamente note al pubblico”. La ricorrente
ricordava a riguardo anche che il Ministero della Salute – in applicazione della normativa sulla
pubblicità dei prodotti medicali – aveva sottolineato a sua volta che queste forme di pubblicità
non potessero mai “comprendere una raccomandazione di scienziati, di operatori sanitari o di
persone largamente note al pubblico” giacché “tali forme di raccomandazioni qualificherebbero
in maniera più incisiva un prodotto”.
Per queste ragioni la ricorrente chiedeva che il messaggio in questione fosse dichiarato
in contrasto con gli artt. 2 e 25 del Codice di Autodisciplina della comunicazione commerciale e
che, per l’effetto, il Giurì ne disponesse l’immediata cessazione.
2.- La resistente GABA VEBAS S.r.l. (in seguito "GABA") si costituiva nel procedimento
depositando una memoria in cui – dopo aver definito il prodotto promosso come un
dispositivo medico di Classe IIA, dunque destinato alla vendita al pubblico – spiegava che si
trattava di un dentifricio basato su un complesso attivo costituito dall’aminoacido “arginina” e
da carbonato di calcio, tecnologia indicata nello spot con la denominazione registrata “ProArgin”. Segnalava inoltre GABA che la pubblicità in questione, in diverse versioni linguistiche,
era stata diffusa in alcuni paesi europei (Francia, Germania, Svizzera, Austria, Belgio, Olanda e
Lussemburgo) senza che vi fossero state contestazioni, tanto che in Francia il filmato
promozionale aveva ottenuto una valutazione preventiva favorevole da parte dell'organismo
autodisciplinare ARPP (Autorité de Régulation Professionelle de la Publicité). Segnalava GABA
che la pubblicità in questione era stata previamente sottoposta al vaglio del Ministero della
Salute, Direzione Generale dei Farmaci e Dispositivi Medici, secondo quanto prevede la legge,
ottenendo parere favorevole alla sola condizione che dal messaggio – rispetto alla versione
originale – fosse escluso il pay-off di linea "Da Elmex. La marca di dentifrici più raccomandata
dai dentisti italiani" e, dunque, senza che l’ente pubblico sollevasse alcuna contestazione sulla
presenza nel contesto dello spot del personaggio in camice bianco.
3.- Entrando nel merito delle contestazioni, GABA segnalava poi che l’uomo in camice
bianco non poteva considerarsi il “protagonista” del filmato, comparendo solo nelle prime due
inquadrature, tanto che - quando il filmato passa a enunciare le caratteristiche del prodotto,
attraverso disegni animati - la voce dell'uomo in camice bianco viene sostituita da una voce
fuori campo chiaramente diversa. Aggiungeva inoltre la resistente che il personaggio in
questione non appare un farmacista, bensì un portavoce dell'azienda, come risulterebbe alla
presenza evidente sul camice del logo "Elmex Sensitive Professional" in colore verde in luogo
del caratteristico simbolo metallico dell’ordine dei farmacisti. GABA negava poi anche che
l'ambientazione del filmato fosse assimilabile ad una moderna farmacia, richiamando
quell’ambiente semmai un locale commerciale (come il corner di un supermercato, di un
centro benessere o di una profumeria). E questo per il fatto che – trattandosi di immagine
sfocata - non era possibile identificare i prodotti in mostra come medicinali, non si vedeva
nessuna affissione o materiale da esposizione tipico di una farmacia e comparivano invece un
tavolino e due sedie, dunque arredi che non si trovano in farmacia.
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4.- In punto di applicazione delle norme invocate dal ricorrente al caso concreto, GABA
segnalava invece che nessuna delle condizioni citate nell’art. 25 C.A. e/o nell’art. 2 C.A.
sarebbe in realtà verificata dal messaggio pubblicitario de quo, per le seguenti ragioni:
a) il prodotto Elmex Sensitive Professional non è un medicinale né un trattamento
curativo, ma solo un dispositivo medico;
b) lo spot non contiene raccomandazioni o consigli d’acquisto provenienti dal
personaggio in camice bianco;
c) il personaggio in camice bianco non appare come uno scienziato, né come un
operatore sanitario, né come una persona largamente nota al pubblico, ma rappresenta solo
un tecnico dell'azienda;
d) non vi è alcun profilo di "improprietà" od "ingannevolezza" nell'uso del personaggio
in camice bianco, né per la fonte né per il contenuto delle sue affermazioni;
e) il messaggio si limita ad illustrare in modo veritiero la natura e le caratteristiche
prestazionali del prodotto;
f) l’uso dell’indicazione “professional”, di per sé, non può assumere rilevanza ai fini di
una valutazione di illiceità ai sensi dell’art 25 o 2 C.A.
g) i principi elaborati dalla giurisprudenza del Giurì con riferimento ai prodotti
cosmetici (v. la decisione 378/98, citata nel ricorso) – in relazione ai quali non si può
pubblicizzare alcun effetto medicale – non dovrebbero mai poter valere per un dispositivo
medico quale è il prodotto promosso;
Per tutte queste ragioni la resistente chiedeva al Giurì di dichiarare che la pubblicità
denunciata non era in contrasto con gli artt. 2 e 25 del Codice.
5.- All’udienza di discussione sono presenti:
- per Glaxo l’avvocato Sonia Selletti (difensore) e le dottoresse Letizia Marinosci e
Vittoria Michielotto;
- per Gaba gli avvocati Alfio Rapisardi, Carlo Ginevra, Carlo Polizzi (difensori) e Enrico
De Toma;
- per il Comitato di Controllo l’avvocato Carlo Orlandi.
La ricorrente sosteneva l’irrilevanza della decisione francese, sottolineando
l’autonomia dei diversi ordinamenti autodisciplinari. Quanto al merito del ricorso, segnalava
che il doc. 4 di parte resistente (specificamente nella parte riferita ai photo-board francesi) in
realtà confermava che lo spot era ambientato in una farmacia. Proseguiva la ricorrente
affermando che il soggetto in camice bianco è la figura centrale del messaggio e che – in
farmacia – solo il farmacista può indossare il camice bianco, con la conseguenza che il
consumatore decodificava la figura come un farmacista nonostante il distintivo che portava al
camice fosse in qualche misura differente da quello dei farmacisti. Aggiungeva infine la
ricorrente che l’autorizzazione ministeriale non sarebbe stata mai concessa se la resistente
avesse comunicato al Ministero che la scena si svolgeva in una farmacia, con la conseguenza
che quella autorizzazione doveva considerarsi irrilevante ai fini della decisione del Giurì.
La resistente replicava – da un lato - che i photo-board francesi si riferivano in realtà
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solo allo spot francese, mentre quello italiano non era evidentemente stato girato in una
farmacia e – dall’altro lato – che, comunque, la prova principale della liceità dello spot era
rappresentata dall’autorizzazione del Ministero alla sua diffusione, che era stata concessa sulla
base di norme del tutto analoghe a quelle invocate dalla ricorrente nel procedimento. La
resistente segnalava poi che la pubblicità che riguarda un dispositivo medico, quale è un
dentifricio, può di sicuro illustrarne in modo scientifico gli effetti a patto di non farlo in modo
suggestivo, ossia accreditando la falsa idea che il prodotto abbia capacità curative. Sempre
secondo la resistente, infine, in relazione a questa particolare categoria di prodotti non
potrebbe trovare applicazione il principio posto dall’art. 25 C.A. secondo cui non si possono
mai usare testimonial “scientifici” o “sanitari” per promuovere farmaci da banco o trattamenti
curativi.
Il Comitato di controllo si rimetteva alle decisioni del Collegio, non ravvisando evidenti
illeciti pubblicitari nel messaggio e segnalando che ben difficilmente una scena del genere di
quella oggetto dello spot potrebbe svolgersi in una farmacia.
6.- Esaurita la discussione il Presidente invitava le parti a ritirarsi, allo scopo di
consentire al Collegio di deliberare sull’istanza e – successivamente - pronunciava dinanzi alle
parti il dispositivo riportato in calce alla presente decisione.
Motivi
1. Quanto al divieto previsto dall’art. 25 C.A. nella parte in cui vieta tassativamente di
avvalersi di testimonial di un certo tipo nella pubblicità di farmaci da banco e trattamenti
curativi, il Giurì – anche sulla base di un esame della sua precedente giurisprudenza (63/93,
120/93, 104/94, 226/98 e 70/10) - ritiene che la norma in questione non esprima un principio
generale di correttezza della pubblicità, ma riguardi solo i messaggi che hanno specificamente
per oggetto farmaci da banco ovvero trattamenti curativi, non applicandosi dunque anche a
quelli che promuovono dispositivi medico chirurgici.
Per questa ragione – essendo indiscusso che l’oggetto dello spot contestato è un
dispositivo medico chirurgico e non un farmaco né un trattamento curativo – la norma
invocata dalla ricorrente non può essere applicata alla pubblicità oggetto del presente giudizio,
restando dunque applicabile al caso di specie solo il divieto generale in materia di inganno
pubblicitario previsto dall’art. 2 C.A..
2. A tal riguardo, tuttavia, né negli atti della ricorrente né durante la discussione è stata
mai sollevata alcuna specifica contestazione circa la veridicità delle informazioni sul prodotto
veicolate dal messaggio contestato, con la conseguenza che in realtà, per quanto l’art. 2 C.A.
sia stato citato negli atti della ricorrente, nessun profilo di ingannevolezza parrebbe mai essere
stato effettivamente censurato in questo procedimento.
Se poi anche si volesse sostenere che l’ingannevolezza del messaggio che è stata
“implicitamente” censurata dalla ricorrente in questa procedura consistesse nel fatto che il
soggetto con il camice bianco appare come un farmacista quando non lo è, resterebbe pur
sempre il fatto che - come ha rilevato anche il Comitato di Controllo - il contesto complessivo
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del messaggio in questione non contiene elementi sufficientemente univoci per ritenere che
un consumatore possa identificare nel personaggio in questione un farmacista piuttosto che
un ricercatore o un dipendente dell’azienda che commercializza il prodotto promosso; anzi,
alcuni elementi, per esempio gli arredi, inducono a pensare a un contesto ambientale diverso
dalla farmacia.
P.Q.M.
Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti, dichiara che il telecomunicato non è in
contrasto con gli artt. 2 e 25 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.
Milano, 26 febbraio 2013
f.to Il Relatore
Prof. Avv. Marco Saverio Spolidoro
f.to Il Presidente
Prof. Avv. Paolo Spada
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