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36 Semi di Luce Racconti di Ibiza IVO v posit creat (vivo – positivo – creativo) 36 Semi di Luce © Ivo Hristov Tutti diritti riservati 1 Racconti di Ibiza Autore: Vivo [email protected] Titolo originale spagnolo: “Semillas de luz – 36 cuentos de Ibiza” Traduzione dallo spagnolo: Valentina Maffezzoni [email protected] 2 Indice Prefazione dell’autore: Racconti di Ibiza .............................................................7 Prologo del compositore........................15 Racconti 1 Il seme della salvezza......................19 2 Cala Salada......................................24 3 Amore...............................................27 4 L’uccellino più bello........................29 5 Girello...............................................31 6 Arcangelo Michele...........................34 7 Il pastore..........................................37 8 Llanta Presta e Candil Pendil........41 9 Benirràs............................................45 10 Torta di carote.................................48 11 Una grande ferita scompare ma una parola maligna non si dimentica....50 12 I denti bianchi e belli.......................52 13 I castelli............................................54 14 Valore...............................................58 15 Lui mi riconoscerà...........................64 3 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 La saggezza del fannullone.............66 La formica........................................68 Han Kubrat......................................73 Comunione.......................................76 L’uccellino e il letame.....................78 Non fa niente, figlio mio..................79 Ah, figlia mia....................................84 Il meccanico.....................................86 L’asino e il bue.................................89 Sa Talaia de Sant Josep..................91 Il perdono.........................................93 Banca La Caixa...............................95 Chi è il mio prossimo.......................98 Las Dalias.......................................100 Guchi..............................................104 Tre anni, tre candeline nei miei occhi .........................................................108 Dolci (Morenas).............................111 Tu non diventerai mai una persona .........................................................113 Gli anziani sono saggi e dobbiamo rispettarli........................................117 I semi di girasole............................121 4 36 Il pappagallo grigio.......................123 5 6 Racconti di IBIZA Ringrazio di cuore tutte le persone che mi hanno aiutato, e anche quelle che mi hanno ostacolato, per l’esistenza di questo libro. NELLA QUINTA DIMENSIONE C’E’ SOLO UNA LEGGE: SIAMO TUTTI UNO, INSIEME SIAMO UNO, UNITI COME UNO. EIVISSA 03.01.2012 vIVO positIVO creatIVO – UN ESERE LIBERO tre volte WWW.MANUART.ORG L’AUTORE SI SCUSA SE, PER CASO, NOMI E SITUAZIONI SOMIGLIANO ALLA REALTA’. TUTTO I RACCONTI SONO UNA COLLEZIONE CHE L’AUTORE HA COMPRATO 7 FACENDO L’ELEMOSINA AI POVERI NELLE CITTA’ NEL CORSO DELLA SUA VITA. TUTTE LE STORIE SONO STATE RACCONTATE DA PERSONE INCONTRATE DALL’AUTORE PER LE STRADE D’EUROPA, PER LE QUALI HA VIAGGIATO IN CERCA DEL PROPRIO CAMMINO, DELLA VERITA’ E DELLA VITA. Per quello che mi riguarda, ho trovato quello che cercavo e mi auguro che ognuno lo trovi quando arrivi il Momento. Per me, la verità della vita è che NOI SIAMO UNA FAMIGLIA, non dobbiamo dimenticarci che tutti gli esseri sono nostri fratelli e sorelle, così come gli animali, insetti, piante, alberi… tutte le creature fanno parte di una grande famiglia. Per questo il mondo continua a soffrire, perché non sa che, se danneggia 8 qualcosa, in realtà danneggia la propria famiglia. Parlo di vera non-violenza, perché abbiamo tutti una sola radice; alla fine non conta se discendiamo dalla scimmia o da Adamo ed Eva, questo non ha importanza, ciò che conta è che SIAMO UNA FAMIGLIA e abbiamo una radice e questa realtà è talmente grande che nessuno la può cambiare. Io sono la voce di questa Famiglia. IL PARADISO E’ DENTRO DI TE, SE LO SCOPRI, SI PROIETTERA’ INTORNO A TE. SE IN QUESTA VITA VUOI AVERE QUALCOSA CHE NON HAI MAI AVUTO, DEVI FARE QUALCOSA CHE NON HAI MAI FATTO. SE DAVVERO VUOI QUALCOSA IN QUESTA VITA, TROVERAI IL 9 MODO DI OTTENERLO, E SE NON LO VUOI, TROVERAI MILLE SCUSE, RAGIONI E GIUSTIFICAZIONI PER NON FARLO. SE UN PROBLEMA HA SOLUZIONE, NON BISOGNA SOFFRIRE, BISOGNA RISOLVERLO. SE UN PROBLEMA NON HA SOLUZIONE NON BISOGNA SOFFRIRE, BISOGNA DIMENTICARLO. GRAZIE A LUI, IO SONO VIVO CHI E’ LUI? SCOPRILO DA TE LA TUA REALTA’ DIPENDE SOLO DA TE E DALLE TUE DECISIONI. IO NON SONO VENUTO AL MONDO PER RACCOGLIERE DISCEPOLI; SONO VENUTO PER SVEGLIARE MAESTRI. 10 PORTIAMO IL SEME DELLA VITA DENTRO DI NOI. L’UNICA COSA CHE DOBBIAMO FARE ADESSO E’ DARGLI L’OPORTUNITA’ DI RICEVERE LUCE E DI CRESCERE FINCHE’ DARA’ I SUOI FRUTTI. L’ALBERO DELLA VITA CRESCERA’ IN OGNUNO DI NOI SE LO UNTRIAMO CON COSCIENZA; COSI’ FACENDO POTREMO NUTRIRCI DELLE ESPERIENZE, LIBERI DA RELIGIONI, DOGMI E FILOSOFIE, ESSENDO SEMPLICI TESTIMONI DELLA REALTA’ DELLA VITA. LE NAZIONALITA’ E LE RELIGIONI SEPARANO GLI ESSERI UMANI; PER QUESTO MOTIVO CONTINUANO AD ESSERCI LE GUERRE. CI SIAMO DIMENTICATI DI ESSERE UNA FAMIGLIA. CHI E’ CHE 11 VUOLE FARE DEL MALE AL PROPRIO FRATELLO O ALLA PROPRIA SORELLA? CIO’ CHE UNISCE LA GENTE E’ L’ARIA CHE RESPIRANO QUANDO STANNO INSIEME: L’ARIA DI UNA PERSONA ESCE DAI SUOI POLMONI E, QUANDO L’ALTRO LA RESPIRA, RAGGIUNGE IL SUO SANGUE E, QUANDO ESCE DALLA SUA BOCCA E DAL SUO NASO, ARRIVA POI NEI POLMONI DI QUALCUN ALTRO E COSI’ PASSA DA TUTTI. L’ARIA NON SI VEDE, MA E’ UNA REALTA’. NONOSTANTE NON SI POSSA TOCCARE NE’ PRENDERE, SENZ’ ARIA LA NOSTRA VITA DURA SOLO QUALCHE MINUTO. IL PASSATO ESISTE SOLO NELLA TESTA; VA RICONOSCIUTO, ANALIZZATO E LIBERATO. LE PREOC12 CUPAZIONI DEL FUTURO SPARIRANNO NEL MOMENTO IN CUI LIBEREREMO IL PASSATO E LA VITA INIZIERA’ A FLUIRE NEL PRESENTE, CHE E’ DOVE APPARTIENE DAVVERO. SENTIRE, OSSERVARE A BOCCA APERTA ED ASCOLTARE IL PRESENTE. LA CHIAVE E’ L’ARMONIA 13 14 Prologo del compositore La vita si riflette in racconti, l’amore si riflette in poemi. Ricchezze qua e là da molte fonti che danno molti semi e trattan molti temi. Ha fatto una bella collezione l’amico conosciuto come “Vivo”, ci mostra vari luoghi e persone, un uomo creativo con cuore positivo. Ibiza è un’isola d’artisti, che danno molte storie e canzoni. Se tre o quattro prodi restan tristi, se non li abbandoni, tu crei soluzioni. La voce della gente può mostrare saggezza ed età d’un mondo colto. Adesso devo io ascoltare. Così imparo molto se taccio ed ascolto. Gereon Janzing www.gereon.es 15 16 Ed ecco i racconti… 17 18 1. Il seme della salvezza Un Essere Illuminato chiamato Alfredo era venuto a vivere per qualche tempo a Ibiza e durante la sua permanenza a Dalt Vila conobbe una ragazza chiamata Cara. Vedendo che anche lei aveva abbastanza luce nel proprio cuore, decise di regalarle un seme molto speciale che aveva conservato, dicendole: “Guarda, se semini questo seme, spunterà un albero alto nove metri e i suoi frutti saranno enormi, come palloni da calcio. Se gli esseri umani lo mangeranno, si salveranno e il mondo avrà l’immortalità, la salute, l’armonia e il paradiso assoluto”. Cara fu molto felice di sentirlo, era contentissima del regalo che Alfredo le aveva appena fatto. Con gratitudine, prese cautamente il seme e andò a Sant Rafel per mostrarlo ai suoi amici. “Adesso che abbiamo il seme, interrandolo spunterà un albero alto 19 nove metri, con frutti grandi come palloni, e se gli esseri umani lo mangeranno si salveranno e otterranno la pace nel mondo, l’immortalità, la salute e il paradiso assoluto…”, disse loro molto felice. Sentendo questo, anche gli abitanti di Sant Rafel si rallegrarono e, prendendo il seme, dissero: “Ora andiamo ad annunciare ai vicini di Santa Eulària che abbiamo il seme della salvezza”, e così fecero. La gente di Santa Eulària allora propose: “Andiamo a dirlo a tutti gli abitanti di Sant Carles”. Dopo poco tempo la notizia si diffuse anche a Sant Joan e Sant Vicent e presto fu informata tutta l’isola. Finché tutti a Ibiza seppero che esisteva un seme capace di trasformarsi in un albero alto nove metri con frutti grandi come palloni da calcio. Meravigliati per quel magico potere del seme di portare pace e armonia nel mondo e dare l’immortalità, fu deciso che alcuni abitanti partissero come 20 messaggeri per Maiorca, per Formentera e per Minorca, portando a turno il seme, affinché tutte le Baleari lo vedessero. Dopo aver completato la missione e aver diffuso la notizia in tutte le isole, continuarono lungo la Penisola Iberica, dopodiché la notizia viaggiò per tutto il mondo e per tutti gli angoli del Pianeta e poi il seme viaggiò in tutto il mondo, e in tutti gli angoli del Pianeta si parlò di quel paradiso possibile che sarebbe potuto sorgere se un giorno fosse stato seminato il seme, facendo spuntare il mitico albero di nove metri che dava i frutti della Salvezza. Se ne parlò tanto, che alcune persone iniziarono a scrivere la storia del seme e poco dopo fu dichiarato sacro, nessuno poteva toccarlo ed era costantemente vigilato, in un tempio che era stato costruito per adorarlo. Così iniziarono a celebrare culti e riti intorno al seme – o ad immagini e riproduzioni di questo, giacché presto i 21 fedeli vollero averne una per ogni tempio –. In questo modo si creò una vera e propria religione intorno a un seme mai seminato; finché un giorno si accorsero di avere perso il seme originale. Nessuno lo aveva interrato, ne avevano solo parlato, ma preferirono ignorare questa realtà e continuare ad adorare immagini del seme della salvezza e a scrivere leggende. E’ per questo motivo che il mondo è ancora così. Questo seme perduto si nasconde dentro al nostro cuore, in attesa di essere seminato… Per trovare il Paradiso in terra, basta che ognuno di noi guardi dentro se stesso: continui a camminare con un seme in mano, parlando di cosa accadrà se lo semini, oppure l’hai seminato, innaffiandolo ogni giorno? Basta parlare! Applica per primo la tua teoria, portala alla pratica nella tua vita e, se funziona e spuntano i frutti del Paradiso, potrai nutrire tutti intorno a te con i frutti delle 22 tue parole, invece di girare con libri che raccontano che se seminerai questo seme… 23 2. Cala Salada Un giorno, un ragazzo di nome Tom andò a Cala Salada a fare un giro in barca col suo amico Vasilio. Questi voleva insegnargli a navigare e, quando montarono sulla barchetta, gli affidò i remi. Tom, che non sapeva da dove cominciare, iniziò per prima cosa a remare solo col remo sinistro e la barca iniziò a girare verso sinistra senza fermarsi; poi remò col remo destro e la barca iniziò a girare verso destra. Vasilio guardò Tom e gli disse, divertito: Dunque, come vedi, così non funziona… ti viene in mente come potremmo fare per avanzare in una sola direzione, senza girare in tondo?”. Tom ci pensò un momento e allora gli venne in mente che, remando con i due remi allo stesso tempo, la barca avrebbe iniziato a muoversi dritto in una direzione. Vasilio annuì e gli chiese cosa intendesse fare affinché la barca girasse 24 dove lui voleva, quando fosse necessario. Tom gli rispose allora che, usando di più uno dei due remi per navigare nella direzione desiderata, la barca avrebbe potuto girare. Allora Vasilio, notando che Tom aveva appreso i fondamenti della navigazione, gli spiegò che la vita è come una barca: “Nel momento in cui iniziamo a cercare solo la vita materiale e i soldi, iniziamo a girare, come in un cerchio magico, in una direzione – spiegava – e quando iniziamo a cercare solo cammini spirituali, facciamo cerchi verso l’altra direzione… ma, con uno solo dei due metodi, non arriviamo da nessuna parte. Possiamo raggiungere qualcosa solo quando iniziamo a muoverci allo stesso tempo verso il materiale e lo spirituale. Allo stesso modo, quando vogliamo girare, usiamo le leve materiali o spirituali a seconda di dove vogliamo dirigerci”. Allora Tom guardò Vasilio e gli chiese: “E cosa 25 succede se ho un catamarano, senza remi e che si muove con il vento?”. Vasilio gli rispose che, per quanto fosse una barca molto grossa e la muovessero venti poderosi, per guidarla funzionavano gli stessi principi: erano sufficienti un timone e una buona bussola per orientarsi. Molta gente vive con lo spirito in cielo e con i piedi affondati nel fango; se sei spiritualmente molto elevato ma non ti curi degli aspetti materiali della tua stessa vita (il tuo corpo, la tua situazione economica…) non potrai avanzare e finisci come quelli che sono troppo materialisti e non tengono conto dello spirito. 26 3. Amore Conobbi una bambina che, a soli tre anni di età, sapeva leggere l’intera Bibbia senza errori, nonostante sia molto difficile alla sua età. Faceva così: prendeva la Bibbia con le due mani e piano piano la baciava. Poi, aprendola e girando la prima pagina, iniziava a leggere: “Dio ama mio fratello”, quindi passava alla pagina successiva e diceva: “Dio ama mia sorella”. Girava pagina e diceva: “Dio ama mia madre” e alla pagina seguente: “Dio ama mio padre” e proseguiva girando i fogli: “Dio ama mio cugino, Dio ama mia cugina. Dio ti ama, Dio mi ama…”, così continuava pagina dopo pagina, “Dio ama… Dio ama… Dio ama…” e così via fino all’ultima pagina. E questa bimba di soli tre anni aveva proprio ragione: in tutta la Bibbia, la cosa più importante è che Dio ama, il messaggio di AMORE. E’ molto facile 27 amare chi ti ama, ma noi siamo qui per imparare ad amare anche i nostri nemici. Grazie a questa bambina io ho imparato a leggere meglio la Bibbia… Dio ama… 28 4. L’uccellino più bello Un giorno, nel paese di Sant Llorenç, a Ibiza, una pappagallina si avvicinò a un corvo femmina e le chiese: “Corvo, posso chiederti un favore?”. Il corvo rispose: “Ma certo, dimmi, come posso aiutarti?”. Allora la pappagallina disse: “Domani devo costruire un nuovo nido, più grande, perché mio figlio sta crescendo e in quello vecchio non c’è posto. Mi chiedevo se, quando andrai all’asilo per gli uccellini a dare il cibo al tuo piccolo, tu ne possa dare un poco anche al mio”. Bene – rispose il corvo femmina – ma come riconoscerò il tuo pappagallino? Ci sono molti uccellini nell’asilo”. “Oh, – rispose la pappagallina – è molto semplice, quando entri nell’asilo, cerca semplicemente il più bello e, quando lo trovi, avrai trovato mio figlio e a lui darai questo chicco di mais”. “Molto bene” rispose il corvo femmina e pren29 dendo il chicco di mais se ne andò a lavorare. La sera del giorno seguente, quando la pappagallina andò a prendere suo figlio all’asilo, lo trovò in lacrime e gli chiese cos’avesse. Il pappagallino rispose di non aver mangiato nulla per tutto il giorno e di sentirsi triste perché pensava che la sua mamma si fosse dimenticata di lui. La pappagallina si arrabbiò molto e cercò il corvo per chiederle come mai non avesse dato il chicco di mais al pappagallino. Il corvo disse: “Ma io gliel’ho dato!”. Allora la pappagallina rimbeccò: “A chi l’hai dato?” e il corvo rispose: “A colui che tu mi hai indicato, l’uccellino più bello che avessi trovato nell’asilo… Quando sono entrata ho osservato tutti gli uccellini e non ne ho trovato nessuno più bello del mio, così l’ho dato a lui…”. 30 5. Girello In Plaza del Parque, nella città di Ibiza, una madre, Nobuko, portava ogni giorno suo figlio Go-Shin a passeggiare. Nobuko lo aveva sempre lasciato correre in un girello, perché il bimbo non sapeva ancora camminare e se fosse andato per conto suo sarebbe potuto cadere. Col tempo, Go-Shin iniziò a crescere, e poco a poco imparò a camminare, finché un giorno volle uscire dal girello e andare a giocare coi suoi amici. Sentì subito una voglia enorme di correre ed essere libero, non più limitato dall’attrezzo, del quale non aveva già più bisogno. Sua madre, notando che Go-Shin cercava di uscire dal girello, si spaventò e lo obbligò a rientrarci, ma il bimbo riprovò a uscire e, ogni volta che Nobuko ripiovava a metterlo nel girello, Go-Shin scappava. Sua madre non si azzardava a lasciarlo camminare da solo; aveva 31 paura che si perdesse o che cadesse, facendosi del male. Non capiva che suo figlio aveva bisogno di liberarsi per crescere e vivere la propria vita: tutti ne abbiamo bisogno, fu così che Go-Shin disobbedì a sua madre per la prima volta. Allo stesso modo, le droghe sono come un girello: le usiamo finché non impariamo a camminare spiritualmente, ma, se poi continuiamo ad utilizzarle, ci limitano. (Nonostante non siano in molti ad avere bisogno di un “girello” come le droghe per iniziare il proprio cammino spirituale, è comunque molto più utile scegliere un libro, un guru, una scuola, una pratica di meditazione o una religione…) Ma qualunque sia questo appoggio iniziale, arriva un momento nelle nostre vite in cui abbiamo bisogno di “uscire dal girello” ed essere liberi. Nel momento in cui iniziamo ad essere liberi, 32 l’assuefazione agisce su di noi come una madre possessiva: non vuole lasciarci andare e allora diventiamo dipendenti dalla sostanza. Tuttavia, non abbiamo motivo di essere prigionieri dell’assuefazione e, se davvero desideriamo essere liberi, finiamo per vincere la guerra e uscirne. Se, anziché liberarci, preferiamo evitare lo sforzo di uscire dal girello, restiamo disabili per tutta la vita. Quello che ci accadrà dipende solo dalle nostre decisioni. Tutto ciò su cui ti appoggi nella vita è come questo girello: se vuoi essere libero, devi uscirne, allora andrai incontro ad una vita nuova illimitata, piena di soddisfazione, gratitudine, allegria e luce. 33 6. Arcangelo Michele Un giorno, Dio chiamò il suo Arcangelo Michele e gli disse: “Ho una missione per te: scendi sulla Terra e, quando tra le Baleari trovi l’Isola di Ibiza, all’indirizzo Via Punica 1, fai visita a una donna che sta per morire. Voglio che tu prenda la sua anima e la porti qui da me”. Michele, senza perdere tempo, scese in Terra e trovò subito l’indirizzo, ma arrivando dalla donna moribonda, udì delle grida di bambini per strada. Guardò dalla finestra e si rese conto che erano i figli. Allora si accorse che la casa gli sembrava familiare, perché già l’anno precedente vi aveva fatto visita per prendere l’anima del marito di quella donna. All’improvviso, l’Arcangelo Michele si sentì male; gli venne in mente che, se adesso avesse preso l’anima della donna, i tre bambini sarebbero rimasti soli, ed essendo così piccoli – di due, 34 quattro e sei anni d’età – non sarebbero potuti sopravvivere nel mondo. L’Arcangelo Michele iniziò a pensare che magari Dio si fosse sbagliato o magari di non aver capito bene l’indirizzo e la strada, gli vennero dei dubbi e allora decise di tornare in cielo per chiedere a Dio cosa fare. Quando si trovò di fronte ai piedi di Dio, questi si alzò e gli disse: “Vai nell’Oceano Indiano e infilati nella fossa più profonda. Quando arriverai di sotto troverai una grotta lunga tre chilometri; in fondo alla grotta c’è una grossa pietra che pesa sette tonnellate: prendila e portamela immediatamente qui”. L’Arcangelo Michele, molto umile, volò nella direzione indicata e quando trovò la fossa più profonda entrò sott’acqua. Nella grotta lunga tre chilometri trovò la pietra di sette tonnellate, la prese ed iniziò a volare, sudando dalla fatica mentre rientrava a casa da Dio. Una volta arrivato, posò cautamente la 35 pietra davanti ai piedi di Dio. Lui lo guardò e gli disse: “Adesso rompila a metà”. L’Angelo la ruppe e vide che, giusto al centro, in un buchetto, si muoveva un vermicello. “Allora Dio gli disse: “Io sono onnipotente, sono l’Alfa e l’Omega, sono il principio e la fine, il Dio dell’Universo. Se so quello che succede a un verme dentro una pietra nelle profondità del mare e nella grotta più recondita, allora so anche cosa accadrà a questi bambini quando avrai preso l’anima della madre; per questo ti chiedo di tornare a prendere l’anima di quella donna, perché ne ho bisogno qui con me”. 36 7. Il pastore C’era una volta, a Santa Gertrudis, un bambino povero di nome José, che portava a pascolare le pecore di suo padre, andato in cielo l’anno precedente. Sua madre era molto malata ed aveva bisogno di soldi per pagare l’Ospedale di Can Misses, ma siccome non aveva un numero di Sicurezza Sociale, le toccava pagare per poter restare in vita. José lavorava ogni giorno con le pecore per cercare di raccogliere i soldi, ma il tempo passava in fretta e la madre era ogni giorno più malata. Vedendola così, un suo amico, Manolo, che portava le capre a pascolare, gli disse: “Perché non vai sulla montagna di Akoo e chiedi agli hippie che ti prestino i soldi per salvare tua madre? Poi, quando avrai risparmiato, li restituirai e la cosa sarà fatta…”. José fu felice di sapere che c’era una via d’uscita per la sua situazione e 37 andò correndo verso la montagna di Akoo in cerca della comunità. Si presentò un martedì notte e gli hippie erano impegnati in un raduno di talking stick – raduno durante il quale si fa passare in cerchio una bacchetta e chi la riceve ha diritto di dire quello che vuole senza essere interrotto. Quando questi ha finito di parlare passa la bacchetta al proprio vicino; in questo modo tutti condividono il loro pensiero senza interrompersi l’un l’altro –. Erano tutti seduti in cerchio e al centro c’era un gran focolare. José aveva solo 12 anni, ma sapeva già molto della vita e nonostante avessero un aspetto tribale, molto diverso, non ebbe timore di avvicinarsi a loro. Salutò il gruppo, chiese di Akoo e si sedette in cerchio con tutta la famiglia spirituale di hippie. Akoo osservò per un momento il suo viso triste e allo stesso tempo pieno di speranza e gli chiese: “Cos’è che cerchi, José, che ti succede… 38 Cosa ti serve?”. Allora José iniziò a piangere e gli raccontò della lotta per la vita di sua madre. Gli disse che aveva bisogno di cinquemila euro per salvarla e promise di risparmiare per restituirli se solo lo avessero aiutato. Allora Akoo propose di passare un cappello lungo tutto il cerchio affinché ognuno ci mettesse quello che poteva, la restante somma l’avrebbe aggiunta lui stesso. Finito il giro intorno al cerchio, il cappello era pieno di banconote e Akoo contò i soldi e aggiunse ciò che mancava per arrivare ai cinquemila euro; poi lo consegnò a José. Il bambino fu molto felice, era talmente emozionato che scoppiò di nuovo in lacrime, ma stavolta di felicità. Quando si calmò ringraziò tutti quanti, si tranquillizzò e iniziò a prepararsi una sigaretta. Estraendo dalla sua tasca un accendino, accese la sigaretta e iniziò a fumare. Vedendo questo, Akoo cambiò faccia e gli disse: “Per cortesia, José, 39 puoi restituirmi i soldi per contarli meglio? Ho l’impressione che questo o non sia sufficiente o sia più di quanto ti serva…”. José, molto felice, glielo restituì e Akoo, guardandolo negli occhi, mise nella sua borsa il cappello con i soldi. All’inizio José pensò che fosse uno scherzo e rise, ma dopo un po’, vedendo che Akoo non glielo restituiva né contava il contenuto, iniziò a preoccuparsi. “Akoo, che succede? – gli chiese –. Non me li lasci i soldi nel cappello?”. Ma Akoo rispose: “No. Al centro del cerchio c’è un focolare enorme e tu usi l’accendino per accenderti la sigaretta; tu José, non risparmierai mai per restituire ciò che ti abbiamo dato”. Ma dopo un po’, vedendo che José aveva capito la lezione, Akoo gli restituì i soldi e gli disse di andare ad aiutare sua madre. Da quel giorno, José imparò la lezione: evitare gli sprechi non è una promessa né un sacrificio, è un modo di vivere. 40 8. Llanta Presta e Candil Pendil A Sant Joan di Ibiza, c’era una madre di nome Josefa che aveva due figlie: Llanta Presta e Candil Pendil. Era vedova da molti anni per lei era difficile mantenere da sola le due figlie. Stavano già diventando grandi e aveva deciso di darle in sposa perché potessero cavarsela da sole e conoscere la felicità della famiglia. Le due giovani erano talmente diverse da non sembrare sorelle. Llanta Presta era sempre veloce e poco perfezionista. Per esempio, se lavava i piatti, li faceva di fretta e senza impegnarsi molto, li insaponava ed asciugava, a volte ne rompeva diversi oppure non li puliva bene, ma in soli dieci minuti finiva. Sua sorella Candil Pendil, invece, era lenta e perfezionista in tutto quello che faceva. Quando lavava i piatti, ci metteva mezza giornata per insaponarli uno ad uno, 41 lentamente, e l’altra metà del giorno per sciacquarli con l’acqua, sempre uno ad uno. Non ne aveva mai rotto nessuno e li rendeva sempre talmente puliti da farli sembrare nuovi. Fino a questo punto erano diverse le due figlie di Josefa… Poco prima della festa di San Giovanni (il santo del paese), la madre comprò due pezzi di meraviglioso tessuto affinché ciascuna delle figlie si cucisse un vestito per la sagra. Le feste attiravano gente e turisti da tutta l’isola e il paese si riempiva completamente; c’erano concerti e danze per tutto il giorno ed era una buona opportunità per trovare marito alle figlie. Fu così che Josefa le chiamò entrambe e disse loro: “Figlie mie, ecco qui del tessuto, con questo potrete cucirvi i vestiti per la festa, vediamo se così troverete marito”. Llanta Presta, come d’abitudine, prese immediatamente il tessuto e, senza prendere misure né preparare cartamo42 delli, iniziò a tagliare via dei pezzi. Poi cucì il vestito, come sempre faceva anche col resto: velocemente e senza badare troppo ai dettagli. Alla fine, il vestito mancava di simmetria, con una manica più lunga dell’altra e, in generale, con molti difetti di cucitura. Poiché non le piaceva, lo disfò e ricucì diverse volte, finché alla fine ottenne qualcosa che somigliava ad un vestito, benché ancora imperfetto. Intanto Candil Pendil osservava il tessuto, prendeva le misure, preparava un disegno, poi un altro e ci pensò su tre volte prima di tagliare. Poi, dopo parecchio tempo, quando finalmente si decise a tagliare via dei pezzi, iniziò a cucire con grande precisione e professionalità. Arrivò la sera, la sagra cominciò nella piazza del paese a Sant Joan e tutti quanti iniziarono ad uscire dalle loro case per unirsi alla festa. Llanta Presta, sentendo la musica, indossò il proprio vestito con le maniche 43 diverse e pieno di buchi (essendosi dimenticata di cucirne alcune parti), uscì per strada e si unì alle danze. Nonostante il vestito fosse stato fatto male, nessuno se ne accorse, perché c’erano talmente tante persone e tanta musica che nessuno badava ai dettagli. Intanto, Candil Pendil non aveva ancora finito di cucire il suo vestito; le mancava molto e non avrebbe fatto in tempo ad andare al ballo. Allora si avvicinò alla porta di casa e vide sua sorella Lanta Presta, che, col suo vestito cucito male ma finito, danzava con i ragazzi. Capendo il suo errore, generato dalla sua natura perfezionista, scoppiò in lacrime e pianse talmente forte che alcune persone presenti alla scena iniziarono a commentare: “Lanta Presta è al ballo e Candil Pendil in casa a piangere”. 44 9. Benirràs Ogni domenica, nella spiaggia di Benirràs, gli hippie si riunivano per suonare i loro tamburi al tramonto, godendo dell’estate piena e dell’armonia dei loro ritmi. Uno di loro, di nome Russ, era molto bravo a suonare il tamburo, faceva divertire le persone al suono dei suoi ritmi e tutti i turisti gli scattavano foto e giravano video. Una domenica, Russ accettò un pezzo di dolce da una ragazza che ne vendeva in spiaggia per guadagnarsi il pane. Nessuno sa se il dolce contenesse qualche allucinogeno o qualcosa che gli hippie fumavano, ma, dopo averlo mangiato, per un momento Russ perse coscienza e si ritrovò in un mondo parallelo, chissà dove, lui da solo e vide uno spirito che gli disse: “Vieni con me, voglio che tu veda cos’hai creato con la musica del tuo tamburo” e lo condusse in un pianeta 45 simile al nostro. A Russ piacque quello che vedeva da lontano e chiese allo spirito: “Chi ha creato questo pianeta?”. Lo spirito gli spiegò che, mentre lui suonava il suo tamburo, la musica si materializzava in quel mondo e che tutto quello che c’era lì non era altro che la sua musica materializzata. Russ fu molto felice di sentire questo e si avvicinò per vedere nel dettaglio il frutto della sua musica. Tuttavia, arrivando sul posto, non trovò quello che si era aspettato: quando iniziò a camminare per le strade di quel mondo parallelo, si rese conto che agli umani che lo abitavano mancavano parti di sé, come se fossero incompleti. Ad alcuni mancava un occhio, ad altri mancavano le orecchie, altri avevano solo una gamba… e vedendo questo si rattristò profondamente. “Perché a tutte queste creature manca qualcosa, perché sono tanto imperfette nei dettagli?”. Lo spirito rispose: 46 “Quando tu suonavi la tua musica col tamburo, lo facevi solo per il mondo, per la gente che ti vedeva ed ascoltava, affinché i turisti ti riprendessero con le videocamere e ti scattassero foto. Tu non facevi musica per l’amore universale, per questo il tuo lavoro è risultato imperfetto, nonostante alle persone piacesse quel che tu suonavi col tuo tamburo. In realtà creavi preziosi ritmi magici, è per questo che alla fine hai materializzato un mondo parallelo partendo dalla tua musica, per quanto imperfetto”. Realizzando questo, Russ si svegliò e si rese conto di trovarsi nuovamente a Benirràs. Si accorse che era stata solo una visione, ma si ricordava del messaggio, fu felice di quello che aveva visto e da allora suonò per l’amore universale. 47 10. Torta di carote Un giorno un coniglio entrò da Croissant Show a Ibiza e chiese all’orso che vendeva i dolci se avesse una torta di carote. L’orso gli disse che non l’aveva, allora il coniglio si rattristò e uscì dal Croissant Show. Il giorno seguente entrò di nuovo e chiese all’orso se avesse la torta di carote. L’orso gli rispose: “Coniglio, quante volte devo dirti che non ho la torta di carote?”. Il coniglio, triste, uscì dal Croissant Show e l’orso si mise a pensare. Dopo averci riflettuto un po’, decise di preparare una torta di carote per fare felice il coniglio e quando, il giorno seguente, questi entrò da Croissant Show chiedendo come ogni giorno, “Ciao orso, hai una torta di carote?”, l’orso gli rispose: “Sì coniglio, ho la torta di carote!”. Allora il coniglio lo guardò con un sorriso furbo e gli disse: “Quella 48 torta non è un gran che, vero?” e uscì dal negozio. 49 11. Una grande ferita scompare ma una parola maligna non si dimentica Ogni giorno, un contadino chiamato Pascal, che viveva vicino a Buscastell, andava nel bosco in cerca di legna. Un giorno, trovò un orso caduto in una trappola e decise di liberarlo. L’orso fu molto grato a Pascal per averlo aiutato e da quella volta divennero grandi amici. Ogni giorno Pascal camminava per il bosco con l’orso, li univa un grande amore e insieme si divertivano. Un giorno l’orso chiese a Pascal di dargli un bacio. Pascal gli rispose che lo amava molto, ma che aveva la bocca maleodorante e proprio non gli riusciva di baciarlo. Allora l’orso si rattristò e gli disse: “Prendi la tua ascia e dammi un bel colpo in mezzo alla fronte”. Allora Pascal si spaventò e gli disse: “Orso, 50 cosa mi stai chiedendo? Non posso farti del male, sei mio amico”. L’orso ripeté: “Per favore, dammi un colpo in testa; se non mi colpisci, ti morderò”. Pascal si spaventò, perché l’orso era davvero grande e anche piuttosto forte. Obbedendo, gli diede un colpo d’ascia secco in mezzo alla fronte; dalla testa dell’orso uscì molto sangue, poi l’animale se ne andò senza dire una parola e Pascal non lo vide più nel bosco. Ogni giorno usciva in cerca dell’orso, ma non lo trovava e iniziò a pensare di averlo ucciso. Fu triste per molto tempo, fino a che un bel giorno Pascal lo incontrò di nuovo. Pieno di allegria lo chiamò: “Ciao orso! Dove sei stato? Come stai? Mi sei mancato, ti amo molto amico mio… Che ne è stato della ferita che ti ho fatto? Pensavo che fossi morto, ero molto preoccupato… grazie al cielo sei ancora vivo”. Allora l’orso gli si avvicinò e gli disse: “Guarda la mia testa e vediamo se 51 trovi la ferita che mi hai fatto”. Pascal osservò da vicino e cercò a lungo tra i peli, ma non la trovò”. Nonostante fosse una ferita bella grande, puoi cercarla quanto vuoi ora, ma non la troverai, perché è scomparsa, e me ne ero perfino dimenticato… ma ciò che mi hai detto quello stesso giorno, che la mia bocca era maleodorante, è stata una ferita molto più grande, mi fa ancora male e continuo a ricordarla”. E con queste parole, l’orso tornò nel bosco e Pascal imparò che la lingua non ha ossa, ma che le ossa le può rompere. 52 12. I denti belli e bianchi In Benimussa, vicino ad un luogo chiamato “13 lune” un giorno un maestro decise di mettere alla prova i suoi discepoli con un esame, per verificare se avessero imparato qualcosa dai suoi insegnamenti, così li portò a camminare nel bosco. Dopo diverse ore di cammino, il maestro fece apparire in mezzo al sentiero un cane morto da giorni e si appartò un poco, lasciando passare i propri discepoli, per osservare le loro reazioni. Quando passò il primo, disse: “Bleah, che cattivo odore questo cane morto”. Quando passò il secondo, disse: “Sì e ha anche perso tutto il pelo, che schifo…”. Il terzo aggiunse: “E non ha nemmeno gli occhi, se li sono mangiati le formiche, che cosa orribile…”, il quarto saltò su dicendo: “Ha perfino i vermi…”, e così ciascun discepolo continuò a commentare tutte le cose 53 disgustose che notava nel cane morto. Il maestro, passando dietro di loro, sorrise, si avvicinò per vedere meglio il cadavere e disse loro: “Avete trovato tutti gli aspetti negativi di questo cane morto, ma nessuno di voi ha notato i suoi bei denti bianchi…”. E così dicendo il maestro scomparve, dopo aver dato loro l’ultima lezione ed esame, lasciando ai suoi discepoli il compito di imparare a trovare il bello della vita. 54 13. I castelli (dedicato a Marzena) Un giorno, un uomo molto ricco e potente, sentendo ormai la vita scivolargli tra le dita, chiamò suo figlio e gli disse: “Figlio, prendi dai miei risparmi tutto il denaro che ti serve, poi percorri tutta l’isola di Ibiza, recati in ogni paese e costruisci castelli per te stesso, così quando arriveranno i tempi difficili, tu avrai un posto per nasconderti, stare al sicuro e vivere bene, senza alcuna preoccupazione”. Il figlio fu molto felice di ascoltare le parole del padre, così prese la carta di credito del padre e percorse tutta l’isola comprando terreni e costruendo “castelli” (ville di lusso con tanto di garage, piscine e grandi giardini). Quando Ibiza fu piena di castelli di sua proprietà, tornò da suo padre e gli riferì con orgoglio: “Padre, ho ascoltato il tuo consiglio e costruito case per tutta l’iso55 la; ti piacerebbero, così belle e lussuose, con piscine, garage e giardini… dei veri ‘castelli’! D’ora in poi avrò sempre un posto di mia proprietà…”. All’inizio, suo padre lo guardò, perplesso, poi sembrò capire e disse a suo figlio: “No figlio mio, mi hai frainteso… quello che desideravo tu facessi era di girare per i paesi di Ibiza, vestito di abiti comuni, visitare gli abitanti dei paesi e i contadini e aiutarli nelle loro necessità e diventare loro amico… Se avessi fatto così, ora tu avresti un posto dove stare, nelle loro case e in tempi difficili avresti trovato rifugio e aiuto e non saresti mai stato solo. Tuttavia ora, quando le cose si faranno difficili e i tuoi nemici ti staranno cercando, tu sarai sempre solo e tu potrai star certo che il primo posto in cui verranno a cercarti sarà in una delle tue lussuose ville… Sono triste che tu abbia speso il mio denaro senza saggezza, ma hai ancora tempo, puoi 56 lasciare le tue case alla gente povera, in questo modo rimedierai ai tuoi errori”. Il giovane, quando udì le parole del padre, pensò che fosse diventato pazzo, per via dell’età molto avanzata e non gli fece caso. Non comprese le parole di suo padre fino a quando non diventò anch’egli anziano e ripeté le stesse parole a suo figlio. 57 14. Valore Ad es Cubells c’era un uomo molto ricco che, sentendosi vecchio e sapendo che presto sarebbe morto, chiamò suo figlio e gli disse: “Presto morirò e tu sei il mio unico erede; sai che tutto ciò che possiedo sarà tuo… Ma se prima non mi dimostrerai di saperti guadagnare il pane con le tue forze, ti avverto che non avrai nemmeno un centesimo, perché tutti i miei soldi e la casa verranno destinati alla Caritas affinché vengano distribuiti tra la gente povera”. Il figlio si preoccupò molto, perché sapeva che suo padre non stava scherzando e corse da sua madre a raccontare l’accaduto. “Mamma, papà mi ha detto che, se non gli dimostro che so guadagnarmi i miei soldi, quando morirà lascerà tutto alla Caritas e ci lascerà in mezzo alla strada… Come facciamo, mamma? Io non ho mai lavorato…”. La madre, dopo averci 58 pensato un po’, gli disse: “Guarda, figliolo, ho un’idea: prendi cinquanta euro ed esci a divertirti con i tuoi amici. Non spenderli tutti; quando torni porta venti euro a tuo padre e digli che li hai guadagnati lavorando”. Il figlio sorrise, l’idea di sua madre gli sembrava geniale e, prendendo la banconota da cinquanta euro, uscì con i suoi amici. Una volta rientrato, entrò nella stanza del padre e gli diede i 20 euro, dicendogli che quel giorno aveva lavorato molto; ma con sua grande sorpresa, il padre prese la banconota e la gettò tra le fiamme del camino, dicendo: “Mi hai mentito, non hai lavorato affatto”. Il figlio si spaventò; non capiva come avesse fatto suo padre a capire la verità e andò da sua madre a raccontarle l’accaduto. La madre, sentendo la storia, sorrise. “Ma certo, figlio mio; – disse – tuo padre è molto intelligente, per questo motivo è 59 arrivato a fare tanti soldi. Ma ho un’altra idea: ti darò altri cinquanta euro e domani uscirai di nuovo con i tuoi amici, ma prima di tornare a casa è meglio che tu corra per un’ora, così rientrerai in casa stanco e sudato. Vedendoti così, tuo padre ti crederà quando gli dirai che hai lavorato”. Il figlio, contento, seguì il consiglio di sua madre e il giorno seguente, dopo essere uscito con gli amici, prima di rientrare in casa andò a correre fino a non poterne più. Affannato e sudato, ritornò nella stanza del padre portandogli i venti euro e dicendo: “Guarda, papà, oggi ho lavorato molto, sono molto stanco, prendi i soldi che ho guadagnato, io vado a dormire…”. Il padre, guardandolo direttamente negli occhi, prese la banconota e di nuovo la gettò nel fuoco dicendo: “Figlio mio, non hai lavorato affatto, ti conviene imparare presto a badare a te stesso, perché non mi resta molto da vivere e se non lo farai lascerò 60 tutto alla Caritas”. Il figlio si spaventò e corse a raccontare a sua madre quello che era accaduto, sempre più confuso. Come faceva suo padre a sapere che lui non aveva lavorato? La madre dopo averci pensato su gli disse: “Vedi, figlio mio, pare proprio che non riusciamo a ingannare tuo padre. La cosa migliore è che domani tu vada a bussare dai vicini per chiedere se hanno del lavoro per te, anche solo per piccole commissioni e pochi soldi… Così faremo felice tuo padre per quel poco che gli resta da vivere e non finiremo in mezzo alla strada; forza, figliolo, fai uno sforzo…”. Al figlio, che voleva solo uscire e divertirsi, l’idea non piacque per niente, ma non avendo alternativa, diede retta a sua madre e il giorno dopo visitò casa dopo casa in cerca di lavoro. Passò la giornata occupato in ogni tipo di faccende: tagliò legna, pulì bagni, cucinò… e ciascuno dei vicini gli pagò quello che 61 poteva: uno cinquanta centesimi, un altro trentacinque centesimi, un altro un euro… Alla fine della giornata aveva raccolto quasi nove euro in moneta. Molto stanco, ma anche molto soddisfatto di sé per aver guadagnato quei soldi con le proprie forze, tornò correndo da suo padre. “Guarda, padre, – gli disse fiero – oggi ho lavorato tutto il giorno e ho radunato quasi nove euro… Spero che tu sia felice come lo sono io”. Ma il padre, senza scomporsi, guardandolo negli occhi gli disse che non aveva lavorato e gettò le monete nel camino. Il figlio, assistendo alla scena, reagì subito, buttandosi disperato in mezzo al fuoco per recuperare le monete, senza preoccuparsi di scottarsi le mani. “Cosa ti succede, padre? – gli disse furioso – Sei impazzito? Perché getti i soldi tra le fiamme? Ho lavorato tutto il giorno e ho dolori dovunque, tutto per guadagnare queste quattro monete e ora tu le butti? 62 Com’è possibile?”. Allora il padre sorrise. “Figlio mio – disse soddisfatto – come sono felice, vedo che alla fine hai lavorato”. Il figlio era sempre più confuso: “Come fai a sapere che stavolta ho lavorato davvero?” gli chiese. “Le prime due volte, quando ho gettato i venti euro, non te ne sei curato, così ho capito che non avevi lavorato e ne ho la conferma adesso, che ti sei buttato in mezzo al fuoco per salvare le monetine perché te le sei sudate. Adesso sono sicuro che tu abbia lavorato davvero e che finalmente abbia capito quanto mi dispiacesse lasciarti tutto quello che avevo guadagnato in una vita, sapendo che tu lo avresti gettato tra le fiamme solo perché non conoscevi il valore dei soldi e quanto lavoro costa guadagnarli. Adesso so di potermene andare tranquillo ed essere sicuro che quello che ti lascio lo salverai dal fuoco e non lo spenderai senza pensare”. 63 15. Lui mi riconoscerà A Ibiza, nella chiesa di Remar, un diacono chiamato Pablo raccontava questa storia ai fedeli: “Un bambino andò a prendere suo padre, un minatore, alla fine del turno di lavoro, ma gli altri operai non lo lasciavano passare. ‘Come riconoscerai tuo padre? – gli dicevano –. Quando escono, i minatori hanno la faccia nera e sporca di fuliggine e indossano tutti gli stessi vestiti e il casco… è meglio che aspetti fuori’. Il bimbo rispose: ‘Quello che dite è vero, io non riconoscerò mio padre, ma lui sì che riconoscerà me e, quando mi vedrà, lo riconoscerò anch’io’”. Pablo terminò il suo racconto e rifletté a voce alta: “A volte penso di non poter vedere Dio, ma Lui mi vede sempre e 64 quando io capirò che Lui mi vede, anch’io Lo vedrò”. 65 16. La saggezza del fannullone A Sant Augustí, María e Juan avevano un solo figlio, chiamato José Humberto. José era un bel fannullone: gli piaceva passare la giornata a dormire, seduto all’ombra mentre sorseggiava qualcosa di fresco oppure andare a Cala de Bou per rilassarsi in spiaggia e non aiutava mai i suoi genitori in casa o in qualunque attività. Un giorno, María propose a Juan un piano per far sì che José si svegliasse un po’ e iniziasse ad aiutare. L’idea era di fargli credere che stessero discutendo per decidere chi avrebbe raccolto l’acqua dal pozzo quel giorno, e così fecero. Juan diceva: “Maria resta in casa, sei stanca, vado io a prendere l’acqua” e Maria rispondeva: “No, resta tu che sei più anziano, ci vado io…”. Juan rispose: “Ma no, ma no, ci vado io, sono più forte di te” allora Maria disse: 66 “Vado io, le mie gambe sono più forti, oltretutto a te fa male la schiena…”. E proseguirono così per un po’, discutendo davanti a José, con la speranza che alla fine dicesse: “Papà, mamma, non discutete: ci vado io, che sono più giovane e più forte”, ma l’idea non produsse i risultati sperati. Dopo un po’ José, ascoltando e assistendo alla scena, si alzò e disse a voce alta: “Basta, ho io la soluzione: oggi, mamma, ci andrai tu e domani ci andrà papà…”. 67 17. La formica Un giorno, in un “Doner Kebab” vicino al Parque de la Paz di Ibiza, due pittori, Blanco e Vivo, si sedettero a mangiare falafel e a chiacchierare un poco. Vivo chiese: “Blanco, sai com’è stato creato il Corano e da dove proviene la religione Musulmana?”. Blanco rispose sorridendo che ciò che lui sapeva era che Allah aveva creato tutto tramite Maometto; ma Vivo disse che in realtà proveniva da qualcos’altro e non da Maometto. Blanco, dunque, si mostrò interessato all’argomento e gli chiese di raccontargli quello che sapeva. “Maometto camminava nel deserto, – raccontò allora Vivo – era mezzogiorno e faceva molto caldo. Mentre camminava sotto il sole cocente, d’improvviso vide una luce e sentì una voce che diceva: ‘Io sono Allah; vai alla Mecca e par68 la di me a tutta la gente’. Maometto, spaventato dalla visione di Dio, si mise in cammino verso la Mecca ma, quando entrò in città e iniziò a raccontare di avere visto Allah, la gente si adirò con lui, pensando che stesse mentendo e fu portato di fronte a un giudice. Il giudice lo fece punire con quarantanove bastonate sulla schiena nuda e, dopo averlo stato castigato per aver mentito, gli abitanti della città lo abandonarono nudo nel deserto, pensando che fosse pazzo e che per via del calore avesse visto Dio in preda alle allucinazioni. Maometto pianse tutta la notte, non capiva cosa fosse successo, né perché la gente non gli credesse, mentre lui diceva la verità. Al mattino, quando il sole iniziò ad uscire e a scaldare tutt’intorno, Maometto vide una formica che, caricando sulla schiena un chicco di grano, risaliva una piccola duna per portare il seme dentro a un buco. Si 69 sorprese nel vedere che, quando la formica raggiungeva la cima della piccola montagna, il seme non passava per il buco e rotolava all’indietro giù per la duna. Ogni volta che questo accadeva, la formica riscendeva umilmente il pendio e risaliva per riprovare a mettere il seme dentro il buco. Maometto, vedendo che la formica ripeteva gli stessi gesti una volta dopo l’altra, restò molto impressionato dalla sua grande costanza e iniziò a contare quante volte la formica ripeteva lo stesso percorso. Arrivò a contare fino a 180 e, al numero 181, infine il seme entrò nel buco. Questo episodio illuminò Maometto; si alzò battendosi la testa e gridando: ‘Allah, mio Dio, perdona la mia stupidità! Guarda questa formichina, la sua testa è tante volte più piccola della mia e quante volte lei ha tentato di mettere il chicco di grano nel buco, finché non ha raggiunto il suo obiettivo… Se non ci fosse riuscita, forse 70 l’avrebbe fatto fino alla morte e io, col mio testone, penso di essere intelligente… Io ho visto te, Allah, ho visto Dio e, solo per essere stato picchiato una volta, avevo già perso la speranza di parlare di te nella città della Mecca… quanto sono stato stupido!’ Colmo di allegria e illuminato da Allah, Maometto tornò alla Mecca a parlare di Dio. La gente, vedendolo, lo portò ancora in tribunale e di nuovo fu condannato a ricevere quarantanove bastonate sulla schiena nuda per poi essere lasciato di nuovo nel deserto; ma questa volta Maometto non si arrese, seguendo l’esempio della formica nel deserto. Ogni mattina, Maometto tornò e parlò di Allah e, di nuovo, fu picchiato. Questo accadde per quarantacinque giorni consecutivi. Il quarantacinquesimo giorno, il giudice disse alla gente: ‘Se quest’uomo torna ogni volta, dopo aver ricevuto quarantanove bastonate, o è 71 pazzo o insiste perché davvero ha visto Dio… Propongo di lasciarlo parlare’. Allora Maometto iniziò a parlare di Allah e la gente lo udì e iniziò a trascrivere le sue parole; così nacquero il Corano e la religione musulmana”. Blanco sorrise guardando Vivo e gli disse: “Non so se davvero sia andata così, ma mi piace la tua storia… Se un giorno scriverai un libro, dipingerò le illustrazioni dei tuoi racconti”. Vivo ricambiò il sorriso dicendo: “Ma certo, Blanco”. 72 18. Han Kubrat Un martedì, a Santa Gertrudis, sulla montagna di Akoo, si stava celebrando nel tempio un raduno di talking stick e la bacchetta, che dava la parola a chi la reggesse, passava di mano in mano. Arrivato il proprio turno, ognuno diceva qualcosa e quando la bacchetta arrivò in mano a Vivo, Steeve gli chiese di non dilungarsi molto nel parlare come faceva di solito. Allora Vivo propose che ognuno facesse un massaggio a chi si trovava alla propria sinistra, formando tra tutti un cerchio di massaggi; poi propose la stessa cosa, ma verso destra e quando terminarono, iniziò a raccontare la sua ultima storia. “Molti anni fa, in Bulgaria, c’era un re chiamato Han Kubrat, padre di cinque figli. Prima di morire li chiamò per dare loro gli ultimi consigli sulla vita e 73 insegnare loro a governare il regno di Bulgaria dopo la sua morte. Quando arrivarono, chiese al più piccolo che portasse una freccia e, quando questi si presentò con la freccia in mano, gli chiese di romperla. Il figlio la ruppe con grande facilità. ‘Molto bene’, disse Kubrat, ‘adesso porta un gruppo di cinquanta frecce e rompile come hai fatto con questa’. Allora il figlio portò il gruppo di 50 frecce, ma per quanto tentasse, non fu in grado di romperle. Kubrat lo guardò e gli chiese come mai non riuscisse. ‘Padre, una sola freccia si rompe facilmente, ma non è possibile romperne cinquanta in una volta, messe insieme sono molto forti’ rispose il figlio. Allora il padre disse: ‘Voi siete cinque fratelli; se governate insieme, nessuno potrà rompervi, ma se dividete il regno in cinque parti, se vi separate, i nemici vi spezzeranno uno a uno come se foste una sola, fragile, freccia’. Tuttavia, nonos74 tante i cinque figli capirono molto bene il messaggio del loro padre, dopo la sua morte separarono la Bulgaria in cinque piccoli regni e successivamente caddero uno a uno sotto la schiavitù di Bisanzio”. Dopo aver ascoltato questo racconto, tutti nel cerchio furono contenti perché avevano capito che, come una famiglia spirituale, insieme erano un tutt’uno. 75 19. Comunione Un giorno, nella chiesa di Sant Joan, il prete stava dando la prima comunione ai giovani credenti. Tra i presenti si trovava una bambina piccola di nome Sofia, che voleva anch’essa unirsi in comunione con Gesù Cristo. Quando si avvicinò per chiedere la comunione, il prete, sorpreso, si chinò alla sua altezza per spiegarle che a tre anni era troppo piccola, che doveva aspettare finché le fossero caduti i denti (vale a dire, quando avrebbe avuto almeno sette anni). Sentendo questo, Sofia si rattristò un poco, ma poi sorrise e uscì in fretta dalla chiesa. Dopo un po’ tornò, con la bocca piena di sangue, e felicissima disse al prete: “Guardi, Padre, adesso posso fare la comunione con Dio. Mi sono già caduti i denti!”. 76 Sofia desiderava talmente tanto unirsi col Signore che era uscita dalla chiesa per buttare giù tutti i denti con una pietra. Amava Gesù a tal punto da essere disposta a qualunque cosa per poter fare la comunione quello stesso giorno. 77 20. L’uccellino e il letame Un giorno d’inverno, ad Ibiza faceva talmente freddo, che la neve cadde e coprì tutto di bianco. Un uccellino si posò su un albero, ma faceva talmente freddo che si congelò, cadde al suolo e morì. Poco dopo passò una mucca e depositò un mucchio di letame, che cadde proprio sopra all’uccellino. Come un miracolo, grazie al calore del letame della mucca, l’uccellino tornò in vita. Tirando fuori la testa dal letame, iniziò a cinguettare senza fermarsi, felice di essersi salvato. Era contento di accorgersi che non tutti quelli che ti buttano addosso della spazzatura vogliono arrecarti danno, ma fece talmente tanto rumore e cinguettò tanto, che un gatto lo sentì e, prima che se ne rendesse conto, lo acchiappò e se lo mangiò. 78 21. Non fa niente, figlio mio Molto tempo fa, a Sant Josep, c’era una madre con un figlio piccolo, che curava con tutto il proprio amore affinché crescesse forte e sano. Un giorno, il bambino tornò a casa con un uovo e lo diede a sua madre. La donna lo prese e domandò: “Dove hai preso quest’uovo?”, il bambino rispose di averlo preso dalla casa dei vicini. La madre all’inizio si accigliò vedendo che suo figlio aveva rubato, ma poi pensò tra sé e sé che non aveva senso tentare di spiegargli che non avrebbe dovuto farlo, perché era ancora troppo piccolo per comprendere. “Non fa niente, piccolo mio – finì per dirgli – lo cucineremo insieme”. L’anno seguente il figlio portò a casa una gallina e con orgoglio la diede a sua madre, allora lei chiese: “Da dove arriva questa gallina?”. Il figlio rispose di averla presa dalla casa di un altro vicino. La madre, 79 come la volta precedente, per amore lo perdonò, pensando che, essendo ancora troppo piccolo, non valesse la pena di spiegargli nulla, perché più avanti la vita gli avrebbe insegnato che non si deve rubare ai vicini. E senza pensarci più, prese la gallina e la usò per farci una zuppa. Così passavano i mesi e ogni volta che suo figlio rubava qualcosa lei lo perdonava e gli diceva: “Non fa niente, figlio mio”. Lo considerava sempre troppo piccolo per poter capire di non dover rubare. Tuttavia, passarono gli anni e invece di rendersi conto di quello che faceva, il bambino rubava ogni volta oggetti più grandi, finendo per portare a casa pecore, vitelli, mucche, finché, diventato maggiorenne, i vicini si stancarono e lo portarono di fronte al Giudice di Ibiza. Fu palesemente condannato per molti crimini e furti e fu deciso che avrebbero giustiziato pubblicamente il ragazzo sulla for80 ca, in Vara de Rey, perché tutti imparassero la lezione. Prima di giustiziarlo, il boia gli chiese quale fosse il suo ultimo desiderio e il giovane disse che voleva dare un bacio a sua madre. In quel momento la madre vagava per Vara de Rey, disperata e in lacrime, gridando e strappandosi i capelli. Quando la chiamarono, si avvicinò porgendo a suo figlio la guancia per ricevere il bacio. Con grande sorpresa di tutti, il figlio si negò, dicendo: “No, mamma, non sulla guancia; voglio darti un bacio sulla lingua”. La madre si stranì per la richiesta e per di più si vergognava di tirare fuori la lingua, ma per amore decise di assecondare l’ultimo desiderio di suo figlio. A quel punto, il figlio le morse forte la lingua, fino a ritrovarsela in bocca; poi la sputò a terra. La madre, sanguinando e urlando di dolore, svenne. Assistendo a quella scena, tutte le persone in Vara de Rey iniziarono a 81 gridare: “Che figlio crudele! Guardate cos’ha fatto, ha mozzato la lingua alla sua stessa madre!”. Alcuni iniziarono a lanciargli delle pietre, chiedendo che fosse giustiziato due volte per la sua cattiveria. Il giudice, pensandoci un istante, chiese ordine e silenzio, poiché voleva sapere il perché dell’accaduto, e diede la parola al giovane. Allora lui iniziò a spiegare la storia a partire dal primo uovo rubato, la prima gallina, la prima pecora, vitello, mucca e riferendo che la madre gli aveva sempre risposto: “Non fa niente, figlio mio”, invece di educarlo. Per questo adesso sono diventato così, oggi morirò per colpa di mia madre – spiegò –, lei non mi ha mai insegnato che fosse sbagliato. Sarebbe stato meglio che mi avesse picchiato o spiegato o rotto una mano, qualunque cosa si rendesse necessaria perché io imparassi che ciò che stavo facendo era sbagliato. Se lei lo avesse fatto, oggi io 82 non sarei qui sulla forca, così le ho morso la lingua, perché non possa più dire: ‘non fa niente, figlio mio’”. Il giudice e la gente restarono in silenzio; allora il giudice ordinò: “Tirate giù il figlio e lasciatelo libero; invece prendete e giustiziate sua madre, che è l’unica persona colpevole”. 83 22. Ah, figlia mia Un giorno, a Sant Antoni, una giovane disse a sua madre che aveva un nuovo capo al lavoro e che quella sera stessa sarebbe passato a prenderla a casa. Allora la madre si scandalizzò e iniziò a dire: “Ah, figlia mia, sai cosa succederà adesso? Il tuo capo arriverà con una macchina molto cara, ti offrirà la cena in un ristorante molto costoso, poi ti porterà in un hotel a cinque stelle e quando vi troverete in camera da letto si sdraierà su di te… E se lui farà questo, figlia mia, io ne morirò”. La figlia, ridendo, rispose: “Tranquilla mamma, non succederà nulla di tutto questo, te lo prometto”. In quel momento si udì l’auto del capo fermarsi davanti alla porta. La giovane salutò sua madre e andò via col capo. Dopo una settimana, la madre molto preoccupata non sapeva ancora nulla di sua figlia e quando finalmente 84 tornò a casa iniziò a chiederle: “Figlia mia cos’è accaduto?”. E la figlia: “Niente, mamma; come tu mi avevi predetto, siamo andati in un ristorante di lusso con un’auto molto costosa, poi, dopo cena, mi ha portato in un hotel a cinque stelle… ma quando eravamo in camera da letto e il capo ha voluto sdraiarsi su di me, mi sono stesa io su di lui perché morisse sua madre al posto della mia…”. 85 23. Il meccanico Alla fine dell’estate, Vivo, un pittore di body art a Ibiza, dovette superare il tagliando del suo furgone Renault Master. Siccome aveva una perdita di olio, la consegnò all’assistenza autorizzata Renault di Ibiza, Punic Auto SL. In azienda sono corretti e lavorano molto bene; per questo Vivo si rivolge sempre a loro. Questa volta chiese loro di fare la revisione pre-tagliando e che gli riparassero la perdita d’olio e il motore d’avviamento. Dopo una settimana il capofficina chiamò Vivo per dirgli che non avevano ancora potuto aggiustare lo starter del furgone, ma che tutto il resto era a posto. Vivo passò per Punic Auto per capire cosa stesse accadendo al suo furgone e vide che il capofficina si stava occupando del motore da giorni, senza risultato. Poco dopo gli si avvicinò un uomo in giacca e cravatta chiedendogli: 86 “Mi scusi, posso aiutarla?”. Il capofficina rispose sorridendo: “No, grazie… Sono il capo di questa officina e sono un esperto di meccanica. Non mi serve aiuto!”. L’uomo in giacca e cravatta se ne andò, ma poco dopo tornò e chiese ancora: “E’ sicuro che non le serva il mio aiuto?”. Il capofficina quasi gridando gli disse: “Ho detto di no; non ho bisogno del suo aiuto, sono un meccanico professionista!”. Il signore in giacca e cravatta se ne andò di nuovo e Vivo, vedendo l’accaduto, si avvicinò al capofficina per chiedergli quando avrebbe finalmente aggiustato il furgone. Era preoccupato perché di lì a poco avrebbe avuto l’appuntamento per rinnovare il tagliando e se il furgone non avesse funzionato, non sarebbe potuto andarci. In quel momento si avvicinò di nuovo l’uomo in giacca e cravatta e tornò a chiedere al capofficina se potesse aiutarlo. “Sì, grazie” rispose allora il meccanico. Il signore sem87 plicemente si avvicinò un minuto, toccò qualcosa e il motore del furgone partì immediatamente. Il capofficina, sorpreso, chiese: “Come ha fatto? Come l’ha sistemato? Io ho passato tre giorni a sudare lavorando sul furgone e ora lei ha semplicemente toccato due pezzi ed è già pronto… e mi considero un bravo meccanico…”. L’uomo in giacca e cravatta rispose allora: Sì, lei sarà pure un bravo meccanico e capofficina, ma io ho progettato questo furgone…”. Così anche noi, a volte, ci crediamo tanto intelligenti da non accettare l’aiuto di Chi ha progettato la nostra vita. 88 24. L’asino e il bue A Sant Rafel c’era un bue che lavorava molto. Ogni giorno, dall’alba al tramonto, doveva trascinare un pesante aratro. Spesso la notte tornava dal lavoro talmente stanco da non riuscire a dormire. Nella sua stessa stalla viveva un asino che non faceva praticamente nulla. Mangiava cibo fresco tutti i giorni e, di rado, il padrone lo usava per uscire col carro per andare ad acquistare cibo o fare una passeggiata in campagna. Una notte, il bue piangendo raccontò all’asino di condurre una vita molto triste e di avere bisogno di almeno un giorno per riposarsi completamente. “E’ molto semplice – gli disse allora l’asino – domani, quando il padrone viene a prenderti per andare a lavorare, fingi di essere malato, non muoverti e respira forte, così per un giorno ti lascerà riposare”. Il giorno dopo, quando il padrone 89 entrò e vide la scena, si disse: “Ecco, ogni giorno sfinisco di lavoro il bue e stai a vedere che adesso muore… Lascio che riposi per qualche giorno e porto con me l’asinello. E’ ugualmente forte e non fa altro che mangiare erba tutto il giorno”. Allora prese l’asinello e lo mise a lavorare la terra. Quando iniziò a soffrire e a stancarsi l’asino pensò: “Ecco, che testa d’asino la mia, come ho potuto essere tanto stupido da dare quel consiglio al bue? Adesso tocca a me lavorare… Ben mi sta adesso, soffrendo imparerò la lezione…”. 90 25. Sa Talaia de Sant Josep Una ragazza di nome Sara aveva sempre voluto essere discepola di un gran maestro di vita, ma non sapeva chi avrebbe potuto essere questo maestro. Lo cercò per molti anni e dopo aver visitato molti luoghi in giro per il mondo, finalmente un giorno lo trovò sulla cima della montagna di sa Talaia, il punto più alto dell’isola di Ibiza. Dopo aver parlato con lui ed essersi resa conto che era la persona che stava cercando, gli chiese di insegnarle i segreti della vita, ma il maestro le disse che se voleva essere sua discepola avrebbe dovuto lanciarsi di testa giù dalla montagna. Quando atterrò al suolo, il suo corpo si ruppe in mille pezzi. Allora il maestro scese e, toccando ogni parte con amore, ricompose il corpo della ragazza e la resuscitò, dicendole: “Ora sì che puoi essere mia discepola, perché hai gettato la tua vita 91 dalle rocce. Questa vita non aveva per te alcun valore e questo è il primo segreto. Ce ne sono molti altri, ma questo è il più difficile e tu lo hai già compreso. Ora che hai sacrificato la tua vita, puoi servire ad altre vite; solo così è possibile la risurrezione, questo è il secondo segreto. La vita ha valore quando rinunciamo ad essa per amore, questo è il terzo segreto. Gli altri li scoprirai da sola; più avanti lungo il tuo Cammino, incontrerai la Verità e accederai alla Vita”. 92 26. Il perdono A Sant Vicent, il capo di un’azienda aveva un lavoratore che gli doveva molti soldi, circa 150.000 euro e un giorno lo chiamò nel suo ufficio per parlare del debito. “Quando mi restituirai i soldi? – gli chiese –, me li devi da molto tempo; se non li riavrò al più presto ti farò sbattere in prigione e ti toglierò la moglie e i figli”. Allora il lavoratore s’inginocchiò e piangendo gli chiese perdono e gli promise che se lo avesse lasciato libero avrebbe fatto di tutto per restituirgli i 150.000 euro. Il capo si accorse che l’uomo davvero non poteva rendergli tutti quei soldi, provò pena per lui e lo perdonò. Uscendo dall’ufficio quello stesso giorno, camminando per strada, il lavoratore incontrò suo cugino, che gli doveva 600 euro, e appena lo vide gli corse incontro e lo afferrò per il collo dicendogli: “Se non mi restituisci i soldi 93 ti manderò in prigione!”. Nei giorni seguenti l’accaduto arrivò all’orecchio del suo capo, allora lo chiamò di nuovo. “Ascolta, – gli disse – io pensavo che fossi diverso, ma ho saputo che cattiva persona sei in realtà… Io ho avuto misericordia di te, ti ho condonato i 150.000 euro che ancora mi devi, ma tu non sei stato capace di perdonare il tuo stesso cugino, per soli 600 euro… lo volevi addirittura far finire in prigione! Ora ti farò condannare affinché tu impari”. Detto, fatto, il capo lo fece rinchiudere in prigione. Anche noi ogni giorno commettiamo migliaia di errori e Dio ci perdona tutto, come un capo pieno di misericordia. A differenza di Lui, noi a volte giudichiamo i nostri fratelli e non perdoniamo i loro piccoli errori. Ma se non perdoni non sarai perdonato, è una legge 94 spirituale. Perdonare significa dimenticare e iniziare ad amare. 95 27. Banca La Caixa Accadde che il direttore di un’azienda dovesse trasferirsi in un altro paese per tre anni e prima di partire chiamò i suoi tre impiegati per affidare loro lavoro e responsabilità. Al primo diede 5.000 euro, al secondo ne diede 2.000, al terzo 250 euro e al suo ritorno li riconvocò e chiese cosa avessero fatto con i soldi. Il primo rispose che con i 5.000 euro aveva avviato un’attività e adesso ne aveva 10.000. Il secondo gli disse che con i suoi 2.000 aveva fatto dei prestiti e adesso ne aveva 4.000. Il terzo lavoratore spiegò: “A me hai lasciato solo 250 euro e siccome non era sufficiente per aprire un’attività né per concedere prestiti, non volevo perderli, così ho conservato i soldi per quando saresti tornato…”. Sapeva che il suo capo era un uomo molto serio e sentiva nei suoi confronti un certo timore e rispetto, perché era 96 una persona che raccoglieva frutti anche dove non seminava. Per paura di perdere i soldi che gli erano stati affidati, li aveva seppelliti e adesso li teneva in mano per restituirli. Allora il capo, ascoltando la storia, si arrabbiò e gli disse: “Sei un pessimo lavoratore! Sapendo che io sono un capo serio, che raccoglie frutti anche dove non semina, perché non hai affidato i miei soldi alla banca La Caixa? Perlomeno avrebbero maturato degli interessi…”. E ordinò che gli fossero tolti i 250 euro e venissero dati al lavoratore che ne aveva 10.000, perché chi già possiede ottiene di più e a chi non ha nulla viene tolto anche ciò che non ha. 97 28. Chi è il mio prossimo Un giorno, il furgone di Vivo si ruppe, il motore non aveva potenza e lui non poteva usarlo per lavorare, né trasformarlo in un cinema mobile come avrebbe tanto voluto, né tantomeno farci il negozio gratis; ma non poteva neppure viverci, perché era fermo dal meccanico. Vivo si sentiva molto male, perché la sua vita era paralizzata come il motore del suo furgone. Non aveva un posto dove vivere e non poteva lavorare e avrebbe dovuto chiedere dei prestiti per la riparazione del furgone; a volte gli veniva voglia di lasciarsi morire di stenti. Vivo chiamò il suo amico Joel, che è meccanico, e gli spiegò la sua situazione, ma Joel si scusò dicendo che era impegnato con la chiesa e le riunioni cristiane e che non aveva tempo per aiutarlo. Poi Vivo chiamò il pastore Wilson della Chiesa Pentecostale e gli 98 chiese aiuto spiegandogli la situazione, ma anche il pastore si scusò dicendo che l’affitto della chiesa era molto caro e che era molto occupato a lavorare, per cui non avrebbe potuto aiutarlo. Poi Vivo entrò in un negozio di pietre e cristalli chiamato Terra Nova e chiese aiuto a Rafa e Andrea, due amici vegani – ovvero che non mangiano animali e non usano nessun derivato degli animali – a cui piacciono Om Namah Shivaya, Hare Krishna e tutte le religioni; erano persone sensibili e gentili. Anche loro erano occupati, ma amavano il loro amico Vivo e trovarono il tempo di aiutarlo con il furgone. Lo aiutarono anche a trovare un prestito per la riparazione, a sistemare la sua vita e i suoi problemi e molto altro; erano disposti a donare la loro vita per amore, perché Vivo stesse bene. Con il tempo Vivo diventò vegano e capì chi è il suo prossimo. 99 29. Las Dalias Quando sappiamo che quello che abbiamo – sia quel che sia – è sufficiente per aprire un commercio – e non solo sufficiente, ma addirittura d’avanzo – siamo pronti per avviarlo senza preoccuparci di crediti o capitali. Molto tempo fa, a Ibiza, c’erano due hippie che vivevano per strada, emarginati; nessuno sapeva i loro veri nomi, ma tutti li conoscevano come i fratelli Naiki. La loro vita consisteva nel chiedere l’elemosina per comprare alcolici e sigarette e per nutrirsi riciclavano il cibo della spazzatura del supermercato Eroski. Così passarono gli anni, ogni giorno uguale agli altri, finché un giorno uno dei fratelli Naiki disse all’altro: “Sono stanco di questa vita; perché non smettiamo e apriamo un commercio?”. “Ottima idea – rispose suo fratello – ma come iniziamo se non possediamo un 100 capitale? Non possiamo nemmeno chiedere un credito alla banca… Ora come ora tutto quello che abbiamo sono 1 euro e 27 centesimi…” disse, estraendo le monete dalla tasca. “E’ sufficiente – affermò l’altro fratello, con sicurezza – se possiamo iniziare con ciò che abbiamo, possiamo ottenere anche quello che non abbiamo”. Quello stesso giorno andarono a passeggiare per i negozi cinesi, per farsi un’idea di quale tipo di commercio avrebbero potuto avviare. In uno di questi negozi trovarono l’offerta di tre paia di ciabattine sportive per un euro e, con grande felicità, le comprarono. Più avanti trovarono un pacchetto di fili colorati per 25 centesimi e comprarono anche quello. Poi per due centesimi comprarono un ago. Così, avendo speso tutti i soldi che avevano quel giorno senza comprare sigarette o alcolici, andarono ai portici del castello di Dalt Vila e cominciarono a cucire dei motivi 101 decorati sulle ciabattine cinesi. Quando terminarono, si fermarono a pensare a quale simbolo avrebbero potuto usare come firma, per creare un proprio marchio, e dopo un bel po’ finirono per cucire il famoso attuale simbolo di Naike (Nike), con la speranza di diventare un giorno una grande azienda. Il giorno seguente andarono al mercato di Las Dalias con le ciabattine sportive, per venderle a 3 euro al paio. Alla fine della giornata le avevano vendute tutte e avevano ricavato 9 euro, con cui il giorno successivo comprarono 27 paia di ciabattine cinesi e iniziarono di nuovo a cucire sotto i portici di Dalt Vila. Notando che la loro idea funzionava, altri hippie si unirono a loro e li aiutarono ad avviare l’azienda. Il sabato seguente di nuovo vendettero 27 paia di ciabattine per tre euro ciascuna e con quei soldi comprarono altre ciabattine nei negozi cinesi. Facevano questo ogni 102 settimana e il denaro si moltiplicava, finché in pochi mesi, i fratelli Naiki ne radunarono abbastanza per aprire una piccola fabbrica con 3 lavoratori. Tre mesi più tardi avevano già 27 lavoratori e 3 fabbriche di ciabattine; e dopo tre anni avevano fabbriche in giro per il mondo e un marchio conosciuto, quello che noi oggi conosciamo come Nike. Tuttavia, i fratelli non si dimenticarono mai dei loro primi passi a Las Dalias e dell’anima del posto: Juanito. Molti grandi marchi hanno iniziato grazie al mercato di Las Dalias, ma pochi di questi ricordano il loro passato. Il vero successo arriva quando otteniamo il risultato sperato senza togliere il potere a nessuno, collaborando con tutti e non dimenticando mai da dove siamo partiti. 103 30. Guchi Guchi era un giovane stilista di jeans che viveva a Dalt Vila, Calle Ignacio Riquer 14. I jeans che disegnava erano molto originali e li vendeva a un buon prezzo – 38 euro – mentre i marchi conosciuti come Rifle o Levi Strauss costavano il doppio. Nonostante i suoi prezzi fossero bassi, la qualità migliore e il modello più accattivante, nessuno comprava i suoi pantaloni perché il suo marchio non era noto. Così poco a poco iniziò a perdere la sua piccola azienda di pantaloni e tutto il denaro che vi aveva investito. Pensando di non avere altra soluzione, decise di mettere un annuncio sul Diario di Ibiza, cercando un socio per la sua azienda. Rispose all’annuncio un ragazzo molto giovane, di 23 anni, che gli propose di cedergli il 60% della sua impresa e permettergli di risollevarla e reinserirla nel mercato. Guchi, pen104 sando di non avere nulla da perdere, accettò la proposta. Già dal giorno successivo, il nuovo socio iniziò a girare per tutti i negozi di Ibiza, lasciando i jeans di Guchi in piccole quantità e con un prezzo di vendita al pubblico di 3.600 euro. Spiegava ai proprietari dei negozi che era una nuova tecnica di marketing e che il proprietario avrebbe potuto tenere per sé il 50% del prezzo al pubblico per ogni pantalone venduto, vale a dire 1.800 euro per ogni paio di jeans. Così facendo il giovane si assicurava che avrebbero raccomandato i suoi pantaloni piuttosto che quelli delle marche più note, perché avrebbero guadagnato molto di più con la marca Guchi. All’inizio tutti lo ignoravano e poi ridevano di lui. Tuttavia, dopo tre mesi, entrò in uno dei negozi un ragazzo, figlio di un milionario ibizenco, in cerca di un nuovo paio di pantaloni da indossare alla sua festa di compleanno e con la carta di credito 105 del padre in mano. La commessa del negozio gli consigliò i pantaloni Guchi, perché anche lei a sua volta avrebbe ricevuto il 50% del ricavo dal suo capo, pari a una commissione di 900 euro per ogni paio di pantaloni. Spiegò al ragazzo che Guchi era un nuovo marchio molto esclusivo e particolare, dal design unico, con modelli unici... e gli raccontò di tutto, finché il giovane con i soldi di papà scelse e comprò un paio di jeans Guchi per 3.600 euro. Il giorno dopo, alla sua festa di compleanno, quando i suoi amici videro i suoi strani pantaloni iniziarono a ridere di lui, chiedendogli in quale centro Caritas li avesse acquistati e lui, con orgoglio, mostrò loro lo scontrino da 3.600 euro del negozio di Ibiza e spiegò quello che gli aveva detto la commessa. “Questo non è un comune paio di pantaloni – disse ai suoi amici – è un capo di moda reso sacro dall’energia positiva e creativa, che porta fortuna e 106 salute perché durante la realizzazione sono stati incastonati dei cristalli speciali; per questo sono pantaloni tanto cari, perché sono solo per ricchi”. Allora, uno degli amici del ragazzo, il cui padre era molto più ricco, si vergognò al pensiero che i suoi pantaloni costassero solo 60 euro. Si sentiva tanto povero, che il giorno successivo andò a comprarsi i pantaloni di Guchi e lo stesso avvenne con tutti i giovani rampolli delle famiglie ricche di Ibiza. Un paio di mesi più tardi, Guchi diventò il marchio di lusso più conosciuto. Intanto, il giovane socio che aveva salvato l’azienda, era diventato uno dei più ricchi di Ibiza e rivendette la sua quota, corrispondente al 60% dell’azienda di Guchi, a un prezzo sufficiente per aprire una propria azienda: LOCO de IBIZA. 107 31. Tre anni, tre candeline nei miei occhi Per il terzo compleanno di Vivo, sua madre gli preparò una torta al cioccolato e suo padre mise 3 candeline, chiedendo al bambino di recitare una breve poesia. Tre annetti, Tre candeline, Illuminano i miei occhi. Ma Vivo non voleva farlo e, dispettoso e ribelle com’era, diceva solo: “Non voglio dirlo!”. Allora il padre si arrabbiò e lo sculacciò; poi tornò a domandargli: “Lo dirai ora?”. Vivo rispose, questa volta arrabbiato: “No che non lo dico!”. Allora il padre lo sculacciò più forte finché il bambino iniziò a piangere, poi gli chiese di nuovo: “Lo dirai ora?”. Allora Vivo comprese che non aveva 108 altra scelta e che non poteva competere fisicamente con suo padre; doveva obbedire. “Sì lo dirò – rispose quindi, ancora in lacrime – ma prima aspetta che mi calmi”. Quando si fu calmato un poco, con voce piagnucolante disse: “Tre annetti, Tre candeline, Illuminano i miei occhi”. Mentre sentiva la felicità di compiere i suoi primi tre anni, Vivo soffrì anche per i dolori delle botte e i problemi di suo padre. Dovettero passare 30 anni prima che Vivo potesse capire la situazione, anni di grande sofferenza ed emarginazione, finché fu in grado di perdonare suo padre e scoprire perché lo avevano sculacciato fin da quando era molto piccolo. Quando Vivo aveva tre anni, era così disobbediente e fuori controllo, che se suo padre non avesse ini109 ziato a sculacciarlo da allora, oggi non potrebbe essere qui a scrivere questo libro. Fare errori è molto umano, ma perdonare è Divino. Ama i tuoi genitori senza giudicarli e avrai una vita lunga e soddisfacente. 110 32. Dolci (Morenas) Da bambino, a Vivo piacevano molto i dolci della marca Morenas. All’età di due anni i suoi genitori gliene comprarono uno, perché erano talmente poveri da non potersi permettere di comprarne uno per ciascun anno. Vivo si rallegrò subito per aver ricevuto la sua “Morena” di cioccolato e arachidi e appena gliela diedero iniziò a mangiarla. I suoi genitori, vedendolo mangiare, gli chiesero di poterne avere un po’, ma Vivo rispose: “No, mio!”. Allora il padre si alzò e gli tolse la “Morena” dalle mani per mangiarla insieme alla madre davanti a Vivo. Il bambino, ritrovandosi all’improvviso senza il suo dolce, iniziò a piangere, ma loro continuarono a mangiare senza prestargli attenzione. Quando terminarono il dolce, chiesero a Vivo se gli era piaciuto guardarli mangiare senza riceverne nemmeno un 111 pezzetto e lui rispose di no. Poi suo padre gli chiese: “La prossima volta che riceverai un dolce e te lo chiederemo, lo condividerai?”. Vivo rispose: “Si!”. Allora il padre prese la bicicletta di famiglia e alcune bottiglie di vetro vuote, per restituirle al negozio, e con le monete che ottenne in cambio, comprò un’altra “Morena”. Quando arrivò a casa la diede a Vivo e lui con grande felicità di nuovo cominciò a mangiarla. Il padre e la madre gli chiesero di nuovo un po’ di dolce, ma stavolta Vivo si fermò un momento, pensò e disse: “Sì, mamma e papà, prendete e mangiatelo è buonissimo e molto dolce…”. Dopo quel giorno Vivo si accorse che non voleva essere egoista e durante tutta la vita divise quello che aveva con i suoi amici. 112 33. Tu non diventerai mai una persona Un uomo ibizenco continuava a ripetere al figlio: “Figlio mio, tu non diventerai mai una persona”. Il figlio crebbe pieno di rabbia e furia, cercando sempre di dimostrare a suo padre che si sbagliava. Quando crebbe si trasferì a Madrid per studiare e da allora tagliò tutti i contatti con la propria famiglia. Terminati gli studi entrò in politica e con il tempo, arrampicandosi lentamente per la scala politica, divenne un rappresentante delle Baleari all’interno del Governo spagnolo. Un giorno, convocò suo padre per una visita a Madrid, e l’uomo iniziò a preoccuparsi, perché non aveva soldi per acquistare i biglietti aerei per Madrid. Era soltanto un povero contadino e possedeva solo 10 pecore. Non c’era molto che potesse fare, tuttavia, vendette tutte le sue pecore e con una parte dei 113 soldi pagò per sé una stanza d’albergo e un biglietto sul traghetto per Denia. Da Denia, un po’ camminando e un po’ facendo l’autostop, riuscì a raggiungere Madrid. Quando si trovò in piedi davanti all’ufficio del politico misterioso, bussò la porta, un po’ intimorito, chiedendosi come mai il rappresentante delle Baleari avesse convocato lui, un semplice contadino ibizenco. La porta si spalancò, lui entrò e il politico lo invitò a sedersi e gli chiese se avesse figli. L’uomo si spaventò; non si aspettava quella domanda ma decise di dire all’uomo la verità, che aveva un figlio, ma non sapeva dove fosse. Allora il politico gli disse: “Tu dicevi sempre a tuo figlio che non sarebbe mai diventato una persona.” Allora il timore del padre crebbe; come faceva a saperlo? Ma finalmente ammise: “Sì, glielo dicevo sempre”. Allora il figlio si alzò e disse: “Guardami, sono tuo figlio; come puoi 114 vedere adesso sono uno dei politici più importanti delle Baleari… E tu continuavi a ripetermi: ‘Figlio, tu non diventerai mai una persona’, ora puoi vedere coi tuoi occhi quanto ti sbagliavi.” Suo padre comprese, respirò a fondo e disse: “Figlio, ti dicevo che non saresti mai diventato una persona e posso dirti di nuovo che non sei diventato una persona… perché se fossi stato una persona, mi avresti spedito dei soldi, prenotato un volo e inviato qualcuno per accompagnarmi durante il viaggio, così sarei stato felice di farti visita, mio amato figlio. Invece mi hai spaventato, convocandomi senza rivelarmi chi tu fossi; io ho venduto tutto quello che avevo per riuscire a presentarmi qui e per cosa? Solo per costatare che non sei cambiato e che continui ad essere quello di sempre”. Detto questo l’uomo si alzò, si girò e si allontanò dall’ufficio del politico – il suo unico figlio – e con gli ultimi 115 soldi rimasti dalla vendita delle pecore, fece ritorno a Ibiza. 116 34. Gli anziani sono saggi e dobbiamo rispettarli Racconta la leggenda che, molti anni fa, una legge a Ibiza stabiliva che al compimento dei 60 anni di età le persone dovevano morire. Ogni figlio doveva uccidere il proprio padre e la propria madre quando avessero compiuto 60 anni; era una tradizione e un dovere, perché a partire da quell’età le persone erano considerate un grosso peso per la società, in quanto non lavoravano ma spendevano solo soldi. Fu così per secoli, finché un giorno un funzionario di governo che amava molto il proprio padre, non fu in grado di togliergli la vita. Per salvarlo lo nascose nella sua cantina, sapendo di rischiare la condanna a morte per aver infranto la legge. Il tempo passò e lui faceva visita in cantina a suo padre ogni giorno, portandogli cibo e passando il tempo con lui. Accadde così 117 che l’anno seguente ci fu una grande siccità che provocò una diffusa carestia. Di fronte alla scarsità di cibo, la gente si nutriva con i semi di grano destinati alla semina. Fu così che produssero una grande crisi: non erano rimasti altri semi di grano né per seminare né per fare il pane. Così il presidente ordinò ai maggiori funzionari del proprio governo di riflettere sulla situazione e trovare una soluzione; finché non avessero presentato un buon piano, ogni giorno sarebbe stato giustiziato un funzionario di governo. Il figlio, molto preoccupato, tornò a casa e raccontò al padre cosa stava accadendo. Suo padre sorrise e disse: “Figlio mio, quando il Governo ti chiamerà, di’ loro che la soluzione è molto semplice: devono cercare dentro i formicai; lì troveranno una quantità sufficiente di semi di grano per iniziare a seminare”. Il figlio, molto felice, riportò al Presidente l’idea di suo padre e 118 infatti, quando la misero in pratica, ottennero milioni di semi di grano pronti per la semina. Allora il Presidente gli chiese come gli fosse venuta un’idea tanto saggia e brillante. Il figlio chiese al Presidente: “Se vi racconto la verità, mi farete un favore?”. Il Presidente promise, così il funzionario gli confessò che aveva nascosto suo padre in cantina e che era stato lui a dirgli dove trovare i semi di grano. “Quindi quale favore vuoi chiedermi?” chiese poi il Presidente. “E’ molto semplice: non uccidete mio padre; lui ci ha salvato tutti”. Quando il Presidente lo ascoltò, si rese conto che gli anziani contribuivano molto nella società grazie a una qualità molto importante: la loro Saggezza. Quello stesso giorno, la legge fu abolita e nessun anziano fu più ucciso. Invece, fu ordinato di rispettarli, apprezzarli e ascoltarli. E per questo motivo, da quel giorno, tutti noi cediamo 119 loro i nostri posti a sedere sull’autobus e li aiutiamo ad attraversare la strada. 120 35. Il seme di girasole Quando Vivo si recò in visita da un lama Tibetano, chiamato Lama Ole Nydahl, che gli chiese: “Se ti dessi un seme di girasole, tu cosa ne faresti?”. Vivo rispose eccitato: “Lo pianterei subito così, quando maturasse e desse i semi, lo userei per nutrire i poveri”. Lama Ole Nydahl sorrise e disse: “Non cercare di fare il santo, questo è quello che direbbe chiunque, pur di apparire buono; tu sei molto pigro. Ora riflettici di nuovo: cosa faresti con il seme?”. Vivo ci pensò su e rispose che avrebbe preso tutti i semi del nuovo girasole, li avrebbe piantati e quando avesse avuto un grande campo di girasoli avrebbe venduto metà del raccolto e con l’altra metà avrebbe nutrito i poveri. Lama Ole Nydahl lo guardò divertito e gli chiese: “Perché ti interessa tanto nutrire i poveri? Da dove viene questa pazzia? Perché non riesci a 121 pensare a nient’altro?”. Vivo chiese: “Allora che cosa dovrei fare col seme di girasole?”. Il Lama gli rispose che sarebbe stato molto meglio dare un girasole ad ognuno dei suoi amici in segno di riconoscenza per il loro aiuto, e uno a ciascuno dei suoi nemici, per ottenere il loro perdono. “In quel momento – suggerì – di’ a tutti loro di piantare ogni seme e di coltivare grandi campi; racconta come hai fatto e come hai potuto ottenere così tanti girasoli da poter regalare loro. Poiché essi inizieranno con un intero girasole e non con un singolo seme, all’inizio avranno un intero campo di girasoli e la volta dopo avranno molti campi di girasoli. In questo modo potranno dare ai loro amici e nemici, non un solo girasole, ma interi campi di girasole. Così facendo, dopo nove anni, dovunque tu andrai in Terra, tutti, dovunque, ti regaleranno girasoli”. 122 36. Il pappagallo grigio Un giorno, un uomo entrò in negozio di animali di Ibiza perché voleva acquistare un uccellino da portare a casa con sé. Una volta in negozio, trovò 6 pappagalli di colori diversi: rosso, arancione, giallo, verde, blu e lilla. Divertito, li salutò tutti: “Ciao, buongiorno pappagalli piccoli e belli”. Con sua grande sorpresa, ogni pappagallo ripeté una parola, fino a scandire la frase completa in ordine; quello rosso disse: “Ciao”, il pappagallo arancione disse “buon”, quello giallo disse “giorno”, il pappagallo verde disse “pappagalli”, quello blu disse “piccoli” e quello lilla disse “e belli”. L’uomo era ancora sorpreso dalla coordinazione dei pappagallini colorati, quando, dal fondo del negozio, udì un pappagallo più grande e di colore grigio ripetere tutta la frase completa in una volta, da solo. L’uomo iniziò a doman123 darsi se il pappagallo grigio ripetesse quello che lui aveva detto o quello che i pappagallini avevano detto insieme. Questo lo portò a pensare che, allo stesso modo, ogni religione ripete una parte della Verità come un pappagallino e se tutte le religioni si unissero in Pace e Armonia, la frase completa – la Verità Assoluta – sarebbe vista e udita. L’uomo rimase così colpito da quest’idea, che in cuor suo sentì di dover acquistare il pappagallo grigio. Così, trasportandolo in una gabbia, uscì dal negozio e di colpo realizzò che la Verità arriva quando ne accettiamo ogni sfaccettatura in totale armonia, senza giudicare niente e nessuno, ma imparando ad ascoltare e riconoscere le diversità e risvegliando in noi stessi Amore Incondizionato e Universale, frutto dell’accettazione della realtà della Vita. Sulla via di casa, come una risposta alla sua ricerca della verità, l’uomo si rese conto che fumare e bere 124 alcolici non erano errori così gravi, ma casomai debolezze o dipendenze. Capì che il più grande errore che un uomo possa commettere è di non sapere chi sia. Riflettendoci su, realizzò che gli uomini non sanno chi siano e nemmeno lo vogliono sapere e che questa grossa lacuna è il più grande errore nelle loro vite e dà origine a tutto il resto: vizi, dipendenze, malattie, violenza, mancanza d’amore ed empatia… Mentre si avvicinava a casa insieme al pappagallo grigio, si chiese come avrebbe potuto aiutare gli uomini a ritrovare se stessi. Solo così avrebbero ottenuto il loro diritto di nascita: il diritto di vivere in abbondanza e gratitudine, creando felicità intorno a loro e illuminando ogni essere vivente intorno a lui con la luce dell’Amore seminando felicità nei cuori degli altri uomini. L’uomo iniziò a riflettere su tutte queste cose, finché si rese conto che lui stesso non era nulla, se non 125 il frutto dei suoi stessi pensieri e che il modo più semplice di vivere la sua vita come desiderava era quello di cambiare i suoi pensieri. Così facendo, la nostra vita dipende dalle nostre decisioni e nel Presente reale, il tempo e il dolore non esistono, perché per sentire freddo o dolore è necessario il tempo; di conseguenza, senza tempo non c’è dolore. L’uomo, continuando a camminare col suo pappagallo grigio, raggiunse l’illuminazione rendendosi conto che la Vita Eterna è nel presente, e mosso da pura Felicità aprì la gabbia e liberò il pappagallo. Il pappagallo volò libero tra le nubi, mentre l’uomo seguiva la sua ombra lungo il cammino. Quando L’animale scomparve e l’uomo non scorgeva più la sua ombra sulla strada, scoprì la verità: lui stesso era il LAMA GRIGIO. Seguendo la verità aveva avuto accesso alla Realtà della Vita e scrisse questo libro, così che il mondo potesse avere 36 126 Semi di Luce e seminandoli avrebbe trovato la Via della verità, con uno spirito non di sacrificio, ma di pietà. 127