ri e poi alle Medie, quelle appun

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ri e poi alle Medie, quelle appun
blow up
ri e poi alle Medie, quelle appunto più popolari, non possono che
essere quadretti ingenui e accattivanti. Ma la sua produzione non si
ferma lì; sa comporre altro. Strutturalmente rivoluzionò le forme
metriche e linguistiche, scardinando la struttura ritmica tradizionale
del verso e attingendo ampiamente
al lessico del parlato e ai tecnicismi,
facendo ampio uso di onomatopee.
E i temi? Sovrasta tutti quello della morte, meno della morte paterna, ampiamente di quella materna
che gli ha tolto un amore spirituale
e fisico esacerbato
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch’io torni com’era…
sentivo mia madre… poi nulla…
sul far della sera.
(La mia sera)
La privazione tragica del padre ricorre come dramma meccanico,
con poco spazio. Più spazio è il dolore indotto: il suo, ma soprattutto
quello della madre adorata, verso la
quale c’è probabilmente un complesso edipico risolto male e, in seguito, riverberato sulle sorelle Mariù e soprattutto Ida.
Può un poeta dell’Ottocento scrivere migliaia di poesie, ma neppure
una d’amore? È strano? Non tanto,
anzi è la norma. Quando noi parliamo di poesia, spesso intendiamo
poesia d’amore. Eppure dopo l’ubriacatura amorosa del Settecento,
dove Arcadia e Accademia sfornano
migliaia di composizioni amorose,
ma falsificando tutti i sentimenti
veri (è solo un teatrino fasullo, parole eleganti, nulla nella sostanza:
“tutte quelle smancerie” dirà Mozart a Salieri che si vantava d’essere
italiano e quindi di conoscere cosa fosse amore) e relegandolo appunto in un’Arcadia inventata, fatta di cartapesta, ogni espressione e
a tu per tu con avis | dicembre 2012
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