ELISABETTA REGINA D`INGHILTERRA Dramma in due

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ELISABETTA REGINA D`INGHILTERRA Dramma in due
ELISABETTA REGINA D’INGHILTERRA
Dramma in due atti di Giovanni Schmidt
Musica di Gioacchino Rossini
Napoli
TEATRO
SAN CARLO
11 dicembre 1991
Celebrazioni
Internazionali
del Bicentenario
della nascita
di Gioacchino Rossini
Elisabetta, Regina d’Inghilterra
Leicester, Generale delle armi
Matilde, sua segreta moglie
Enrico, fratello di Matilde
Norfolk, grande del Regno
Guglielmo, capitano delle guardie reali
Anna Caterina Antonacci
Chris Merrit
Sumi Jo
Serenella Pasqualini
Rockwell Blake
Enrico Facini
Maestro concertatore e direttore Alberto Zedda
Maestro del coro Giacomo Maggiore
Scene e costumi Enrico Job
Regia Enrico Job
Attrezzeria di scena:
il trono
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“Era brutta e vendicativa, ma Enrico Job la mette in scena bellissima e generosissima.
Non poteva fare altrimenti dato che la ‘regina vergine’ nell’Elisabetta regina d’Inghilterra di Rossini è impersonata da Caterina Antonacci: si tratta di una giovane cantante
la cui bellezza non può essere mortificata da un trucco che riproduca la bruttezza
della sovrana inglese… Su questa splendida figura di regina, Job ha concentrato lo
spettacolo… Job approfitta del fatto che Rossini è, anche nelle opere tragiche, un raccontatore di favole, prive di realismo; ha conservato nelle scenografie l’ambientazione elisabettiana, ma più per accenni che con una minuziosa ricostruzione: si è regolato pensando che nella Napoli del 1815 non si aveva idea di come rappresentare l’Inghilterra all’epoca di Elisabetta e che quindi è lecita qualche libertà, anche se oggi si
è ben più consapevoli e documentati. Ha però accentuato il tono austero e cupo della
corte mettendo in risalto la solitudine di Elisabetta: è l’unica donna in una reggia frequentata da soli uomini, la sua splendida femminilità è isolata, forse segretamente
schernita, malgrado l’autorità regale. Naturalmente Job si attiene alla convenzione
operistica: la generosità sovrana è un tratto stereotipo, in questo genere d’opera…”
(Claudio Casini, Tra Elisabetta e Caterina, la Repubblica, 8 dicembre 1991).
“Un’eroina romantica – spiega Enrico Job – che vive la sua regalità come dannazione. Elisabetta regina d’Inghilterra è il dramma lagrimevole di una sovrana costretta a
vivere in una corte che spesso gli è ostile e non lascia nulla al privato… L’Opera racconta dell’amore di Elisabetta per Leicester. La regina scopre poi che l’uomo è segretamente sposato con una scozzese e che la donna, travestita da uomo, è infiltrata tra
i suoi paggi.All’epoca di Rossini Elisabetta I era un personaggio poco conosciuto e
un po’ mitizzato. Siamo in piena restaurazione e la concezione piramidale della
società con al vertice il re è sottolineata dalla struttura della scena, che ha anche però
i colori romantici della passione, rosso e nero. Prevalentemente neri sono gli oltre trecento costumi, tutti, tranne quello bianco della regina. L’impianto scenico rappresenta il luogo mentale da dove la regina sul trono, al centro dell’azione, irradia il proprio
potere assoluto. Lo spazio dove si svolge un’azione teatrale è fondamento e struttura
“She was ugly and vindictive, but Enrico Job portrays her as beautiful and generous. He
could not do otherwise, given that the ‘virgin queen’ of Rossini’s Elisabetta regina
d’Inghilterra is played by Caterina Antonacci: a young singer whose beauty cannot be
mortified by any makeup applied to reproduce the ugliness of the English sovereign... Job
has concentrated the production upon this splendid figure of the Queen... He has profited
from the fact that Rossini is primarily, even in his tragic operas, a teller of fairy tales,
devoid of realism. In his set design he has preserved the Elizabethan setting, but it is
suggested, rather than painstakingly reconstructed. He has proceeded upon the hypothesis
that there did not exist, in the Naples of 1815, any very precise idea of how to represent
the England of the Elizabethan period, and so a few liberties may be taken, even if
nowadays there is much more information available to us. He has, however, stressed the
court’s austere, dark tone, highlighting Elizabeth’s solitude. She is the only woman in a
palace frequented only by men. She is isolated in her splendid femininity, and perhaps
secretly despised, notwithstanding her royal authority. Of course, Job follows the operatic
convention: the generosity of the sovereign is a stereotype of this kind of opera...”
(Claudio Casini, Tra Elisabetta e Caterina, la Repubblica, 8 December 1991).
“A romantic heroine”, explains Enrico Job, “who experiences her royalty as a
condemnation. Elisabetta regina d’Inghilterra is a tear-jerker, the story of a queen forced
to live in a court which is often hostile to her, leaving her no sphere of privacy...The opera
tells the story of Elizabeth’s love for Leicester.Then the Queen discovers that the man is
secretly married to a Scotswoman and that the woman, disguised as a man, has infiltrated
her pages. In Rossini’s day Elizabeth I was a little known and somewhat mythologized
figure.This was the heyday of the Restoration, and its pyramidal idea of society with the
king at the top is underlined by the structure of the set, which also however contains the
romantic colours of passion, red and black.There are over three-hundred costumes, and they
are mainly black - all but the Queen’s, which is white.The set design represents the mental
area from which the Queen, on her throne, at the centre of the action, radiates her absolute
power.The area where the theatrical action takes place is the basis and structure of any
Elisabetta Regina d’Inghilterra. Prospetto della scena
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di qualunque regia e la mia concezione scenografica dalle linee verticali e dure rivestite di un lussuoso rosso, intende strutturare un’idea ossessiva della regalità. La regina ne è il centro cui tutto converge. Ma l’ambiente, determinato da geometrie speculari, restituisce la sensazione di un luogo ostile, quasi pauroso, nel quale i sentimenti
di una donna infelice si fanno ancora più penosi” (Enrico Job, Avvolgendo di rosso e
nero i luoghi e i sentimenti di una donna infelice, Il Mattino, 11 dicembre 1991).
“Al centro dello spettacolo domina la sala del trono e i trecento e più costumi che affolleranno il palcoscenico saranno tutti giocati sul nero e rosso per alludere, con le scene,
all’atmosfera passionale e misteriosa che avvolge l’azione” (Paolo Gallarati, Napoli, per
Rossini arriva una regina al San Carlo, La Stampa, 11 dicembre 1991).
“Enrico Job che ha nelle sue mani scene,costumi e regia,ha inventato un trono incombente in tutto lo svolgimento dell’opera,sconfitto però dallo strapotere di Amore”(Erasmo Valente San Carlo in festa per Rossini e il bicentenario, l’Unità, 11 dicembre 1991.
“La scena dominata da un rosso cupo, che contrasta col nero dei costumi, è formata da forti elementi orizzontali e soprattutto verticali con il trono dorato al centro che esprimono bene la meccanicità e la solitudine del potere” (Marco Sarino,
Napoli s’inchina a Rossini, la Repubblica, 12 dicembre 1991).
“Regia, scene e costumi di Enrico Job. Un allestimento imponente che sottolinea,
in fondo, il dramma dell’isolamento di una regina amata-odiata come Elisabetta I.
Il suo trono è in cima a una scalinata, nessuna fiducia ispira tutto l’ambiente che la
circonda. Predomina la cifra cupa e patetica che nel secondo atto sfocia nella bella
scena del carcere” (Franco Chieco, E il San Carlo con amore celebra il suo Rossini, La
Gazzetta del Mezzogiorno, 13 dicembre 1991).
“Quanto alla parte visiva curata da Enrico Job, splendidi i costumi e grandiose le scene
con la scalinata del primo atto che converge verso il trono esaltando il ruolo centrale della
regina” (Alfredo Gasponi, E Gioacchino Rossini si copiò, Il Messaggero, 13 dicembre 1991).
“Job ha avvolto il palcoscenico in un arrogante rosso. Rosse le pareti, rossa la scalinata che si allunga verso l’alto come una piramide che ha al vertice il trono aureo.
Un rosso sprezzante, sul quale si stagliano il bianco della regina e il nero di dame
e nobili, sempre pronti a tramare congiure” (Erasmo Valente, Elisabetta in rossonero,
l’Unità, 13 dicembre 1991).
Le statue dei Re
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kingdom, and its vertical, harsh lines, decorated in a luxurious red, are intended to structure
an obsessive idea of royalty. The Queen is the centre, towards which everything else
converges. But the environment, formed by symmetrical geometrical shapes, recreates the
sensation of a hostile, almost frightening place, in which the feelings of an unhappy woman
become all the more pitiful” (Enrico Job, Avvolgendo di rosso e nero i luoghi e i
sentimenti di una donna infelice, Il Mattino, 11 December 1991).
“The centre of the production is dominated by the throne room, and the over threehundred costumes which crowd the stage are all conceived in black and red in order to
allude, in the scenes, to the passionate and mysterious atmosphere which surrounds the
action” (Paolo Gallarati, Napoli, Per Rossini arriva una regina al San Carlo, La
Stampa, 11 December 1991).
“The set is dominated by a sinister red, which contrasts with the black of the costumes,
and is made up of strong horizontal and above all vertical elements with the gilded
throne at the centre, fully expressing the mechanicality and solitude of power” (Marco
Sarino, Napoli s’inchina a Rossini, la Repubblica, 12 December 1991).
“The direction and set and costume design are all by Enrico Job.This is an impressive
production which basically underlines the dramatic isolation of a queen who is loved and
hated, as was Elizabeth I. Her throne is at the top of a stairway, and there is nothing
in the surrounding environment to inspire any confidence. What prevails is the dark
atmosphere of pathos which culminates in the beautiful prison scene of the second act”
(Franco Chieco, E il San Carlo con amore celebra il suo Rossini, La Gazzetta
del Mezzogiorno, 13 December 1991).
“As for the visual part conceived by Enrico Job, the costumes are splendid and the
scenery is grandiose, with the stairway in the first act converging on the throne,
exaggerating the central role of the Queen” (Alfredo Gasponi, E Gioacchino Rossini
si copiò, Il Messaggero, 13 December 1991).
“Job has covered the stage in an arrogant red. Red are the walls, and red is the stairway
which extends upwards like a pyramid, with the golden throne at the top. This is a
contemptuous red, against which stands out the white of the Queen and the black of the
ladies in waiting and the nobles, who are always ready to weave plots” (Erasmo Valente,
Elisabetta in rossonero, l’Unità, 13 December 1991).