Interventi del 4 dicembre 2011

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Interventi del 4 dicembre 2011
Parlamento della Padania – Vicenza, 4 dicembre 2011.
Marco Reguzzoni
Grazie presidente! Grazie amici! Quali sono i compiti della commissione Attività produttive di
questo Parlamento?
Deve riflettere e deve indicare qual è la strada da intraprendere affinché la parte produttiva del
Paese, quella che ha sempre pagato i conti, che è fatta dal complesso delle aziende - quindi
imprenditori e lavoratori - possa iniziare a ripartire. Questo deve fare la commissione,
confrontandosi a 360 gradi con tutti coloro che vivono e lavorano in Padania. Noi non abbiamo
aziende della Lega, abbiamo aziende situate in Padania. Non ci interessano le aziende che stanno in
Cina, non ci interessano le aziende che stanno in India, ci interessano le nostre aziende, quelle che
danno lavoro qui sul nostro territorio e che, purtroppo, fanno sempre più fatica ad andare avanti.
I responsabili di questa difficile situazione sono tanti ma, tra i principali, c’è sicuramente il sistema
bancario. Un sistema che ha messo davvero in crisi l’artigiano che lavora perché le banche hanno
visto bene di cambiare le regole del “gioco” e così, dall’oggi al domani il fido di quell’artigiano che è sempre stato di 100.000 euro – è improvvisamente diventato di 50.000 euro. Il vero motivo di
questo cambiamento? Che le banche hanno bisogno di reperire i soldi per coprire i disastri
finanziari che loro stesse hanno creato.
La responsabilità di questa classe dirigente è immensa e ora, oltre il danno la beffa: hanno affidato il
ministero dello Sviluppo economico a uno dei soliti noti, a colui che amministrava la banca più
importante! Persona sicuramente capace, ma che rappresenta quello stesso sistema bancario che ci
ha messo in ginocchio e che rischia di portarci a fondo.
Ho apprezzato molto l’intervento del segretario Gobbo e vorrei ricordare che in Padania la cultura
di tutte le nostre regioni è accomunata da un leit motiv: il lavoro che ci rende liberi. Una cultura che
in altre parti del Paese non hanno e anche questo è giusto dirlo!
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Questa cultura, in questo momento è stata attaccata, è stata messa in difficoltà perché le banche,
anziché prestare i soldi a chi alza la saracinesca tutte le mattine, fanno grandi operazioni finanziarie
per coprire i buchi che loro stesse hanno creato. Si tratta di un sistema pazzesco, infernale che
coinvolge anche Agenzia delle Entrate ed Equitalia. Il sistema delle ganasce fiscali, ad esempio,
colpisce chi ha dichiarato il proprio reddito e paga, mentre non colpisce quelli che evadono il cento
per cento o che non hanno mai pagato niente.
Ma non solo. Nel nostro Paese l’energia ci costa più di quanto in tutto il resto d’Europa e, come
pensiamo di poter competere con le altre potenze straniere in questo modo? Purtroppo non
possiamo farlo. Ma noi non abbiamo paura di nessuno, le nostre aziende e i nostri lavoratori hanno
una professionalità che non è seconda a nessuno nel mondo e lo abbiamo dimostrato non una, ma
mille volte. Però, se devi competere con le mani legate dietro la schiena, come è possibile vincere?
Ci rendiamo conto che abbiamo fatto l’Europa, da vent’anni c’è il mercato comune, da diversi anni
abbiamo l’euro, ma non siamo riusciti a fare una legge secondo la quale se un prodotto è fatto in
Cina sull’etichetta deve esserci scritto che è fatto in Cina e non C.E. come scrivono loro!!!. Quando
comprate oggetti con il marchio C.E. scritto in modo identico al marchio della Comunità Europea,
non significa che durante la produzione siano state rispettate le regole imposte dalla Comunità
Europea, ma significa China Export! Abbiamo un’Europa che non è neanche capace di farsi
rispettare agli occhi del mondo, ebbene però, a questo punto, è necessario sottoporre a un’attenta
riflessione tutti coloro che lavorano nel nostro Paese: cosa volete che facciamo? Cosa deve fare il
Parlamento della Padania che rappresenta i vostri interessi?
Questo Parlamento è un organismo diverso dalla Lega, perché la Lega difende gli interessi nelle
istituzioni, mentre il Parlamento della Padania deve saper parlare a tutti indipendentemente dalle
ragioni politiche, ai commercianti, ad esempio, che sono vittime di un’assurda proposta di ridurre
addirittura a 300 euro l’uso del contante per l’interesse manifesto ed esplicito delle banche. Ebbene,
a loro cosa dobbiamo dire? Il Parlamento dovrebbe dire: “Basta! È ora di dire che se c’è una
manovra assurda, occorre che tutti abbiano coraggio. Deve essere chiaro che siamo arrivati ad un
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punto di non ritorno, come diceva giustamente Calderoli, come diceva giustamente il manifesto
fatto da Bossi: “Siamo arrivati al dunque”! Noi non possiamo più tollerare che una situazione del
genere vada avanti. Non possiamo più essere la mucca da mungere.
Se pensiamo alla gente che vive con una falsa pensione di invalidità, alla gente che ha un posto
pubblico creato apposta per dar loro uno stipendio, tutta questa gente ha un solo nome: parassiti! Lo
diceva già Gianfranco Miglio e lo accusavano di essere razzista, ma, in realtà, usava il termine
giusto, li chiamava con il loro nome… Questi sono parassiti che vivono sulle spalle di chi lavora o
di chi ha lavorato per tutta la vita. C’è un Paese e un interesse comune da portare avanti: difendere i
nostri posti di lavoro, la cultura del lavoro che fa parte del nostro DNA e che costituisce il futuro dei
nostri figli. Come farlo? Questo è il luogo giusto per dirlo.
Nel Parlamento della Padania devono essere rappresentati gli interessi di tutti. Gli Stati Generali
dovranno rappresentare gli interessi della nostra industria, del nostro artigianato, del nostro
commercio, attività nate molto prima dell’unità d’Italia, prima di qualsiasi tipo di organizzazione e
che hanno insegnato al mondo come si produce, come si commercia, settori che in questo momento
vivono una crisi senza precedenti.
Non è mai successo che nella lotta di affermazione dell’autonomia e dell’identità di un popolo non
si sia arrivati ad un momento in cui qualcuno dicesse: adesso basta! È successo in India, dove fecero
in modo pacifico la marcia del sale. Gandhi disse “No alla tassa sul sale” e mobilitò milioni di
indiani per dire basta a quel sistema. È successo anche da noi, quando i milanesi fecero lo sciopero
del tabacco e si rifiutarono di comprare i sigari. Successe anche durante la grande storia di
indipendenza di questi ultimi cinquecento anni, quella degli Stati Uniti d’America. Nel 1773
organizzarono il Tea Party e buttarono nella baia di Boston il the della Compagnia inglese delle
indie dicendo: “Noi non paghiamo le tasse se non ci ascoltate”.
Questo è il momento opportuno per far sentire la nostra voce e devono capirlo quelli che fanno
impresa, quelli che fanno economia, i commercianti, gli artigiani, gli industriali. Ma io intendo
quelli che fanno gli industriali veri, non quelli che frequentano i talk show televisivi e le cui aziende
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di italiano hanno solo la ragione sociale, mentre hanno la sede finanziaria in Lussemburgo e gli
stabilimenti produttivi in Cina.
Dobbiamo essere come i figli della libertà che buttarono il the nelle acque di Boston. Il loro capo si
chiamava Samuel Adams, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, e diceva: “Se tu sei un
imprenditore e vuoi difendere i tuoi interessi, ho pietà di te. Continua a leccare le mani di quelli che
ti consentono di lavorare e pagare e stai in silenzio. Non ti vogliamo. Ma se invece hai a cuore il
futuro dei tuoi figli e del tuo popolo, allora vieni con noi e fondiamo uno Stato libero, felice e
sovrano”.
Noi dobbiamo fare in modo che in queste Commissioni, non solo in quella per le Attività
produttive, siano presenti tutti coloro che rappresentano la Padania, vengano a confrontarsi tutti
coloro che vivono e lavorano in Padania. Analogamente a quanto successe negli Stati Uniti noi
possiamo essere figli della libertà. Noi abbiamo il nostro Samuel Adams, che è appena giunto sul
palco e che si chiama Umberto Bossi.
Ci sono tante analogie tra i fatti accaduti nel 1773 e quello che sta succedendo oggi, in primo luogo
un popolo utilizzato come una colonia, utile solo per pagare le tasse.
Anche allora, in Inghilterra, c’era un Re che si chiamava Giorgio…
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