28-02-07 4° PAGINA (Page 1)
Transcript
28-02-07 4° PAGINA (Page 1)
ANNO XII NUMERO 57 - PAG 4 IL FOGLIO QUOTIDIANO GIOVEDÌ 8 MARZO 2007 Maternità come malattia: storia di Britney raccontata da un idiota, il Giornalista Collettivo Al direttore - Le norme antiviolenza contro gli ultras negli stadi non hanno incontrato il favore degli interessati: divieto di portare armi pesanti e automatiche sopra i 20 mm. negli spalti, niente lanciafiamme, bombe al napalm neanche a parlarne, scimitarre e lance solo se sterilizzate da qualunque veleno. In più obbligatoria la cravatta e il doppio petto scuro. Domani si cerca di trovare un punto di incontro. Gianni Boncompagni Al direttore - Afghanistan, Bertolaso, tutto un discaricabarile. Maurizio Crippa Al direttore - Il Corriere della Sera, nel raccontare la caduta della povera e disperata Britney Spears, riporta il parere degli esperti che spiegano che “l’inizio della fine è stata la maternità”. Già questo dà il voltastomaco. Ma il Corriere aggiunge sibillino che la maternità per lei è stata “un incidente, più che una scelta che lei, protestante di ferro, repubblicana e antiabortista ha pagata amaramente”. Che schifo. Alessio Gastaldello, via web Alta Società Confirmé: Ségolène furieuse. Très en colère avec la gauche italienne. “Après ma dégringolade dans les sondages, les Ds et Margherita m’ont complètement lâchée” – se plaint-elle avec son entourage. “Les belles dames de la gauche, qui me harcelaient en novembre toutes les demi heures, ne m’appellent plus”. Ingrata Italia. Che schifo è troppo. Perché chi ha scritto quelle cose non sa quello che dice. In quel testo parla un ibrido di mostruosità ideologiche di cui è responsabile il Giornalista Collettivo, psicoanalista dei miei stivali. Al direttore - Ci spiegano che le “maggioranze variabili” fanno parte di un bipolarismo maturo, in cui maggioranza e opposizione votano in modo “bipartisan” su alcuni temi. Ma le cose stanno davvero così? Nelle democrazie in cui sono frequenti le votazioni bi- partisan – Stati Uniti e Gran Bretagna – non esiste commistione tra potere esecutivo e legislativo. Entrambi ricevono il mandato direttamente dagli elettori e rimangono in carica fino alla loro scadenza naturale. Ecco perché, non essendo in gioco la caduta del premier o del presidente, se arriva alle Camere una legge gradita nell’opposizione, capita che alcuni suoi deputati la votino; e, viceversa, se arriva una legge sgradita nella maggioranza, capita che alcuni suoi deputati non la votino. L’essere indotti a valutare nel merito e non per appartenenza toglie potere di ricatto alle ali estreme. In Italia il governo è legittimato dalla maggioranza che gli concede la fiducia, cioè da un patto politico tra partiti che nasce in Parlamento. Le opposizioni possono aggiungere il loro voto, se lo ritengono, ma la maggioranza dev’essere autosufficiente, altrimenti viene a mancare il patto e una nuova maggioranza deve dar vita a un nuovo governo. Dicesi parlamentarismo. E’ l’aberrazione della “fiducia”, più che il sistema elettorale, la fonte dell’instabilità, perché crea quella commistione tra poteri assente nel presidenzialismo o nel premierato, che si fondano sull’equilibrio tra poteri separati, entrambi stabili e forti. Governo e Parlamento devono avere la certezza di terminare il mandato, così da sottrarsi dalle mani dei partiti e potersi concentrare sul loro lavoro invece che sulle tattiche per rimanere in sella. Le opposizioni, invece di manovrare o illudersi della spallata, avrebbero il tempo di rielaborare la loro linea politica. Federico Punzi, via web Caldarola spiega perché vuole fare il socialista e non l’ex comunista Al direttore - Seguendo il suo invito di ieri mi sono fatto passare il malumore. Anche quello verso Polito. Il suo giornale ha ospitato con grande liberalità i miei articoli. Mi fanno incazzare, però, quegli ex comunisti che fanno l’analisi del sangue ad altri ex comunisti per verificare se abbiano raggiunto la purezza, ovviamente definita da quel che ora loro pensano. Non se ne può più. Io sono fra quelli che, pur venendo dall’esperienza socialista della Sgs del Psiup – Segreteria nazionale con Rostagno, Bobbio e Marcenaro – sono stato felice negli anni in cui successivamente ho militato nel Pci. Dalla Bolognina in poi penso che fuoriuscita dal Pci, per me, vuol dire lavorare per creare una forza socialista moderna, laica e liberale. A Bertinoro ci siamo incontrati con ex dirigenti del Psi ma soprattutto con club socialisti autonomi, con club liberalsocialisti, con club repubblicani. Il Partito democratico non sarà il mio partito. E’ una confusa e litigiosa somma di nomenclatura e di partiti personali. Comunque si farà e sarà un partito del centro-sinistra. Un partito a me estraneo, non un partito nemico. Il grande vantaggio del Pd è che finalmente scioglie il vincolo occulto fra ex comunisti. Non ci tiene più assieme il passato. Non c’è nessuna ragione perché ci tenga assieme un futuro non condiviso. Insisto su questo punto. Gli ex comunisti come aggregazione politica non esistono più. Io credo che ci sia spazio e necessità per una forza socialista. Credo che provare a unire sia un dovere. Credo che discutere con chi (Bertinotti compreso) vuole ripensare la sinistra può essere culturalmente e politicamente utile. A Bertinotti chiedo la stessa cosa che ho chiesto a Fassino, la scelta di campo nella socialdemocrazia europea. L’attuale bipolarismo mi appare una camicia di forza. Da tempo sostengo che bi- sogna civilizzare la politica italiana attraverso il reciproco riconoscimento fra forze che militano nel centro-destra e forze che militano nel centro-sinistra. Una fantasiosa forza socialista può essere utile al centro-sinistra perché può rappresentare la rottura di schemi fondati su leadership eterne ed eternamente ondivaghe. Rispetto al centrodestra questa forza afferma la necessità di una saggia contrapposizione e la possibilità di virtuose convergenze sulla politica estera e sulle riforme di sistema. L’idea che a sinistra ci si rincorra, con spogliarelli continui e pentitismi senza revisionismo, per definirsi più nuovi di ieri essendo in campo gli stessi protagonisti, mi pare folle. Il nuovo è una nuova proposta politica e una nuova classe dirigente. Non è l’incontro bonsai fra ex Pci ed ex Dc guidati da vecchi ragazzi che hanno attraversato e negato tutte le stagioni. Io non sono un leader. Sono fondamentalmen- te un cronista che ha la possibilità di guardare più da vicino la politica. Non vedo superiorità antropologiche di una parte rispetto a un’altra. Vedo gente brava nell’uno e nell’altro campo, vedo affaristi nell’uno e nell’altro campo. Perciò credo che il tema identitario sia una sfida moderna, perché ci aiuta a superare la mortale ghigliottina fra scelte attorno a leadership. Il socialismo ha avuto mille vite. Spero che ne abbia ancora una in Italia. Fassino e D’Alema vanno “oltre”. Tanti cari auguri. Polito considera elefanti tutti i non democrats. Faccia pure. Gli elefanti sono animali pazienti e capaci di avventurarsi in lunghi e faticosi percorsi, io ci provo senza l’ansia del predicatore che vuole convertire altri. Non vedo infedeli di fronte a me. Vedo gente che la pensa diversamente. Ma in generale per carattere non porgo l’altra guancia. Peppino Caldarola Al direttore - Ho appena letto l’articolo sulle imminenti elezioni in Ulster. Mi capita di vivere a Belfast, al momento. Sembra un giorno come un altro e non nel senso italo-preelettorale del termine. Sarà che il sole ha troneggiato su un cielo spick-and-span. Ciò che dice l’articolo è vero, ma non coglie una realtà ancora più preoccupante. Il vero attentatore di queste elezioni non è il machiavellico disinteresse di Bruxelles, piuttosto lo stanco e disincantato atteggiamento della gente. Tutti coloro che non si ingegnano certosini nelle università o nei circoli e nelle istituzioni partorite dal Belfast Agreement. Nessuno parla veramente di ciò che sta succedendo perché niente sembra succedere. Un’apertura tanto storica quanto ingessata, come quella dello Sinn Fein verso la PSNI, si guadagna uno spazio evidentemente risibile nella stampa, e forse nelle coscienze di qui. I giovani. Per molti di loro tutto ciò che è successo nel passato appartiene ai loro genitori, come le loro prime rughe. Il resto, il presente, è come deve essere, normale. I riferimenti al passato sono sminuiti, evitati o proibiti a seconda dell’interlocutore. Si viene da stranieri a Belfast pensando di capirci qualcosa, pensando di portare un sostegno. Se ne esce più confusi che mai. Qui è tutto latente. Ma certo poco ne uscirà da delle elezioni la cui faccia è quella dei Verdi – i cui manifesti primeggiano su tutti gli altri. Le vere dinamiche di questa strana democrazia si articolano e forse languiscono altrove, in modo molto più drammatico e vischioso di quanto sia immaginabile o auspicabile per un paese che continua a rincorrere la propria identità. Elisabetta Nardi, Belfast Dadullah, il talebano che ha importato le tecniche del jihad globale per intrappolarci nel “Vietnam afghano” (segue dalla prima pagina) Nell’emirato talebano si rischiavano frustate o la prigione se non ci si faceva crescere la barba, come quella del profeta Maometto. I talebani ne controllavano la lunghezza stringendola nel pugno chiuso. I peli dovevano misurare almeno un palmo, altrimenti si passavano sedici giorni in carcere, senza radersi, per raggiungere una misura appena accettabile. L’apartheid islamico nei confornti delle donne si toccava con mano sugli scassati pullman che attraversano in lungo e in largo l’Afghanistan. Salendo a bordo gli uomini dovevano prendere posto davanti, perché le ultime file, riservate alle signore, erano separate da un lurido telone che non permetteva di vedere oltre. Alla fermata di arrivo, senza voltarsi per sbirciare, bisognava aspettare che le donne uscissero da dietro il separè e scendessero per prime. Oggi a Herat, quartier generale di mezzo contingente italiano in Afghanistan, le donne, spesso col burqa, hanno cominciato timidamente a guidare da sole e a prendere lezioni per la patente. Nell’anarchia degli anni Novanta, la stra- tegia dei talebani, grazie al Corano e al moschetto, era servita a portare ordine e disciplina. Per le gole dal Pakistan a Kabul o lungo la strada verso Kandahar, tutta cunette e salti, si viaggiava anche di notte. Oggi no. Muzamel, un ragazzino di 14 anni, qualche anno fa diceva: “Da quando sono nato ho conosciuto soltanto la guerra, che non è ancora finita. L’unico pregio dei talebani è di avere riportato un minimo di legge e ordine”. Poi si dilungava nel descrivere l’ultima esecuzione cui aveva assistito. A Kandahar, la capitale spirituale dei talebani, dove il mullah Omar risiedeva lavorando nel maestoso palazzo del re di architettura ottocentesca, trasformato in caravanserraglio, aveva la sua “reggia” anche Osama bin Laden. Un compound di 16 palazzine circondato da un alto muro di cinta e filo spinato. Il massiccio cancello d’entrata aveva ai lati due alti pinnacoli lavorati a mano e dei giochi di mosaico verde, che si alternavano alle eloquenti scritte nere, in arabo, inneggianti all’islam. La traduzione era semplice anche per i neofiti: “Allah Ak- bar”, Dio è grande. L’ospitalità concessa ad al Qaida, che si era trasformata in uno stato nello stato, segnò anche la rovina dei talebani. Dopo la disfatta del 2001, però, gli studenti guerrieri sembravano scomparsi, ma invece meditavano vendetta nel vicino PakiINNAMORATO FISSO DI MAURIZIO MILANI Sto raccogliendo le firme per abolire il famigerato Quagliodromo che c’è vicino a casa mia. Poi però mi dispiace per il titolare che perde il lavoro. Allora ho proposto ad Antenne 2 (Francia) di assumere questo uomo alle loro dipendenze. Chiaramente tenendo uguale il reddito che aveva prima, quando gestiva il tiro a segno delle quaglie. Sono circa 9.000 euro nette al mese. stan. Grazie ad alcuni ex generali dell’Isi, il servizio segreto dei militari pachistani, come Hameed Gul, ideologo dell’islam estremo, i talebani sono risorti nelle inaccessibili aree tribali al confine con il Pakistan. Non si sa se sono sopravvissuti alcuni mitici coAntenne 2 non mi ha ancora risposto. Sono passati 21 mesi. Adesso mi rivolgo alla Corte di giustizia europea. II parte dell’articolone Bello è il cartello che ho visto fuori da un negozio a Ginevra: “In questo locale non sono ammessi reclami”. Allora entro e chiedo al commesso: “Non sono ammessi reclami per la merce acquistata?”. Lui: “Anche! Ma non solo”. Bon! Per me siamo a posto così. III parte della rubrica Ormai l’atletica leggera e anche il nuoto hanno raggiunto dei record che non si possono più battere. L’unica è introdurre i milionesimi di secondo per cronometrare. mandanti della prima ora, come mullah Abdul Ahmadi, che usava la sua gamba artificiale come un calzino, la staccava e la riattaccava al moncherino con facilità e velocità impressionanti. Quella vera l’aveva persa combattendo i sovietici: “Metà della mia vita l’ho spesa in guerra e per questo sono convinto che chiunque tenti di invadere questo paese farà la fine dei soldati dell’Armata rossa, intrappolato nel Vietnam afghano”, sentenziava sulla prima linea a nord di Kabul. Oppure il mullah Rahman, il governatore di Kandahar, rimasto famoso per aver lanciato una sedia in testa a un inviato dell’Onu che gli chiedeva di rispettare la parità dei sessi. Dei vecchi leoni è sicuramente rimasto alla guida della shura militare, il consiglio di guerra dei talebani, il mullah Dadullah, anche lui reduce del jihad contro i sovietici. La fierezza e la mistica guerriera afghana, unita all’islam, ha portato ora ad alcune divisioni. Una fazione “nazionalista” non vede di buon occhio gli “stranieri” di al Qaida e delle organizzazioni terroristiche pachistane, che tanti guai hanno causato al vecchio emirato. L’ala maggioritaria ha stretto un patto con i fondamentalisti del vicino Pakistan, che li proteggono nelle aree tribali. In più sono di nuovo in ascesa gli esaltati di al Qaida e nelle ultime settimane la Nato ha segnalato l’arrivo nel sud del paese di centinaia di “volontari” del terrorismo globale provenienti da Asia centrale, medio oriente e nord Africa. Dadullah ha aperto le porte alle tecniche stragiste importate dall’Iraq puntando sull’arma dei terroristi suicidi. Una pratica sconosciuta nella lunga crisi afghana, che si è aggiunta all’utilizzo dei civili come scudi umani contro gli attacchi della Nato e alla decapitazione dei maestri delle scuole costruite dagli odiati occidentali e aperte alle bambine. Non a caso un sito Internet dei talebani, prima di essere oscurato, chiamava alle armi della guerra santa mostrando in copertina una grande croce cristiana che simboleggiava la presenza delle truppe internazionali, infilzava l’Afghanistan e lo faceva sanguinare. Fausto Biloslavo