Teca tematica - Biblioteca Nazionale di Napoli

Transcript

Teca tematica - Biblioteca Nazionale di Napoli
Il popolo Kurdo. Storia di una diaspora sconosciuta
Autore: Anna Marconi
Editore: Edizioni Cultura della Pace, Fiesole (Fi)
Anno: 2001
Data inserimento: 01/07/2016
Gruppo: Memorie dei luoghi attraversati da donne
Principale obiettivo del testo è di mettere in luce aspetti finora poco noti e non adeguatamente approfonditi della
storia del Kurdistan e del popolo kurdo, occultati sotto la spessa coltre di silenzio imposta nel XX secolo da
Turchia, Iran, Iraq e Siria e dagli stati che di questa colonizzazione sono responsabili (i vincitori della prima guerra
mondiale, per primi la Gran Bretagna e la Francia).
Tutti sono stati concordi nel negare l’identità e l’esistenza stessa di milioni di esseri umani, discendenti delle genti
che dalla preistoria hanno popolato l’attuale territorio del Kurdistan; i primi per eliminarne l’indesiderata e
ingombrante presenza, i secondi per cancellare l’infamia di quella scellerata spartizione, imposta sulla base di
meri interessi economici, politici e strategici.
Il libro narra la storia del Kurdistan a partire dalla descrizione dei più importanti siti archeologici; delle arcaiche
religioni native; delle grandi confederazioni tribali e delle origini delle antiche aristocrazie kurde; delle imponenti
migrazioni del passato, che hanno più volte indotto gli antenati dei kurdi a dilagare all’esterno dei confini
etnico-geografici del loro territorio, a popolare vaste aree, a fondare nuovi imperi; delle radici culturali di questo
popolo, sulle quali si basa la straordinaria forza della sua identità che sopravvive fino ai nostri giorni nonostante
drammatici secoli di negazione e di tentato genocidio; del tentativo operato dagli storici kurdi della diaspora di
ricostruire la loro storia e il loro patrimonio culturale, del quale i popoli conquistatori si sono sistematicamente
appropriati.
Dalla fine degli anni 70, parallelamente alla sua attività di insegnante, Anna Marconi si impegna come volontaria in
diverse associazioni, in progetti di solidarietà e cooperazione per il Sudafrica, il Cile, il Mozambico, gli immigrati
extracomunitari. Dal 1993 lavora nell’associazione “Un Ponte per” dove si occupa di gemellaggi tra scuole italiane
e irachene fino all’estate del 1994, quando, dopo un primo viaggio in Kurdistan, apre all’interno dell’associazione
la Campagna di solidarietà con il popolo kurdo “Un Ponte per... Diyarbakir”, della quale è responsabile nazionale e
nella quale svolge una intensa attività politica e organizza, tra l’altro, più di dieci delegazioni in Kurdistan; cinque
cicli nazionali di concerti di musica kurda, l’iniziativa “Palermo per i kurdi” con il patrocinio della Provincia e del
Comune di Palermo, che in questa occasione conferisce la cittadinanza onoraria alla deputata kurda Leyla Zana e
al sociologo turco Ismail Besikci. Dal 2000 partecipa alla campagna internazionale contro la costruzione della diga
di Ilisu e lavora nella realizzazione di due progetti: il Corso sulla storia e la cultura del popolo kurdo, con il
contributo del Ministero degli Affari Esteri, e il progetto “Casa delle donne e dei bambini” a Dogubayazit.
(dalla quarta di copertina)
foto da : http://www.retekurdistan.it/ [1]
Ad Hakkari, dove la guida Lonely Planet consigliava di fare trekking, i corpi di due guerriglieri uccisi in un
violentissimo scontro vengono trascinati per l’intera giornata nelle strade della città, legati per il collo a macchine
militari. Sirnak, regno incontrastato delle ‘guardie di villaggio’, kurdi collaborazionisti per scelta o per forza, è una
città blindata, popolata di fantasmi muti ed impietriti, in un deserto di desolazione. Ad Akarsu, paese natale di Musa
Anter, il sindaco ex partigiano amato dalla sua gente è tenuto come ostaggio dai militari turchi. I bambini di strada
riempiono le città kurde; sono orfani. Ci dicono che a Diyarbakir le ronde militari notturne li inseguono e li uccidono.
Il comandante della Jandarma di Idil, con baffi stile Lupo Grigio, occhiali a specchio, t-shirt e kalashnikov,
impedisce brutalmente alla gente di assistere ai funerali blindati di un contadino assassinato dai suoi uomini. Nel
cimitero di Diyarbakir, cantando gli inni partigiani ed alzando i pugni al cielo, le madri onorano i figli assassinati a
bastonate dalle guardie nella famigerata prigione della città. Nel ‘triangolo della morte’, tra Bingol, Dicle, Mani,
Lice e Kulp, i kurdi sopravvivono nel terrore come in campi di concentramento; a Lice l’intera popolazione
maschile è sequestrata e torturata a lungo: devono accettare di divenire collaborazionisti. A Dersim la gente
atterrita tace, ma parlano i bambini e i vecchi, che non hanno nulla da perdere: narrano di villaggi distrutti, lutti,
http://www.bnnonline.it/index.php?it/136/teca-tematica/show/20/420
1/3
deportazioni, dell’embargo alimentare, della fame; la piccola Serap ci racconta del padre assassinato. A nord di
Lice siamo costretti ad assistere ad un bombardamento sulla montagna; chiediamo: «perché?». I militari
rispondono: «lassù è pieno di animali». Nel museo di Van un’intera parete è coperta da libri e foto storielle del
‘genocidio dei turchi fatto dagli armeni’. Ad un posto di blocco sulla strada tra Van e Hakkari un ufficiale
impomatato ci informa che «qui c’è un piccolo problema di terrorismo, i terroristi sono tutti armeni e i militari sono
là per difendere i kurdi». In un alterco, tre uomini si insultano dandosi dell’armeno, che per i turchi equivale a
traditore. A Cukurca le pareti della scuola elementare sono ricoperte da immagini di Ataturk in tutte le pose e delle
sue massime storiche («sono fiero di essere turco», «una sola patria...»). Un quaderno: la copertina è la faccia di
Ataturk disegnata con le sue massime storiche. A Diyarbakir la polizia ci trascina per forza all’aeroporto; con
insulti, sputi e calci (alle donne) siamo cacciati dal Kurdistan. A Yuksekova, la capitale dei narcotrafficanti turchi,
una moltitudine di profughi dalle province di Hakkari e Cukurca sopravvive nelle strade, nella neve alta dei primi di
aprile; con i fondi a loro destinati lo stato ha costruito due grandi campi per le guardie di villaggio, i collaborazionisti;
chiediamo di visitarli ma non si può, è una zona che i militari non controllano. Noi partiamo cantando bella ciao,
canzone della guerriglia kurda. Il sindaco kurdo di Cukurca ci spiega che «qui tutti sono uguali, cittadini del mondo;
non esiste un problema kurdo in Turchia; il problema è la democrazia incompleta perché il popolo, soprattutto i
kurdi, non la vogliono, ma lo stato sta lavorando per imporla dall’alto». Da anni nel centro di Istanbul, ogni sabato
a mezzogiorno, c’è il sit-in delle madri di Galatasaray: centinaia di donne e uomini innalzano le foto dei loro cari
scomparsi e ne raccontano le storie. Nello squallido albergo di Hakkari numerosi profughi dal Kurdistan-Irak
sopravvivono da mesi in attesa di essere trasferiti dai turchi a Istanbul e da lì all’Europa; tutti hanno attraversato a
piedi il confine. Un ragazzo ci consegna delle fotografie: sono le immagini di gente massacrata durante l’attacco a
un villaggio. A Hasankeyf un uomo ci apostrofa con rabbia: «l’Europa finanzierà la diga di Ilisu? Noi saremo
cacciati in massa!».
(da: Flash dalla terra dei kurdi, p.7-8)
Nel 1991, il parlamento turco approva una legge che permette la pubblicazione in lingua kurda, addossando
all’editore tutta la responsabilità per ogni articolo pubblicato. Nel 1992 esce il primo numero del settimanale kurdo
«Welat»; l’editore è subito messo sotto processo a causa di due articoli: uno sul massacro compiuto nella città di
Sivas, dove corpi speciali islamici incendiarono un albergo durante un evento culturale della comunità alevi e
furono arsi vivi trentasette intellettuali, e un secondo che denuncia l’addestramento, da parte della polizia speciale
tedesca, dei famigerati corpi speciali turchi, gli Special teams. Nel processo l’editore, che si difende parlando
kurdo, è condannato a 7 anni di prigione e la sua lingua è dichiarata “incomprensibile”. Il giornale viene chiuso.
Dopo 6 mesi esce «Welat mi»; nuovo processo, condanna dell’editore, chiusura del giornale. Nel 1996 nasce
«Azadiya Welat», con ampi spazi destinati alla politica e, soprattutto, alla cultura. «È questa la grande battaglia che
il giornale porta avanti - dice Faruk - contro la feroce assimilazione e lo sradicamento del creare arte, pensare,
parlare, scrivere nel nostro idioma, per diffondere la conoscenza e l’uso moderno e quotidiano del kurdo,
ricostruirne la dignità letteraria dopo lo spietato genocidio culturale subito, ricreare l’unità all’interno dei tre
principali dialetti, kurmanji, zazaki e sorani, che le divisioni del Kurdistan e le storielle persecuzioni hanno
progressivamente differenziato. Il cammino è difficilissimo. Lo stato turco usa infinite armi contro i giornali, dalla
chiusura alle confische dei numeri spediti in Kurdistan, dalle minacce e le sanzioni contro distributori e rivenditori
alle persecuzioni contro chi acquista il giornale». Dulcis in fundo: l’esistenza di «Azadiya Welat» è molto
propagandata all’estero dal governo turco come importante segno di democrazia e pluralismo, mentre i redattori
sono arrestati ed accusati di terrorismo, ed ogni possibile strategia è adottata per rendere impossibile la vita del
giornale.
(da: Flash dalla terra dei kurdi, p. 15-16)
_________
Link al catalogo online della Biblioteca Nazionale di Napoli [2]
_________
Collegamenti
Curdi, storia di un popolo al confine [3] , “Corriere della sera”, 14 ottobre 2014
Un popolo massacrato in nome di Allah. La tragedia dimenticata degli hazidì [4] , L'Espresso, 08 agosto
2014
Matteo Pasi, [5] La questione curda [6] , (file PDF del 06.03.2012)
Alevi Comunità linghistiche [7]
Questione-armena e le altre minoranze [8]
http://www.bnnonline.it/index.php?it/136/teca-tematica/show/20/420
2/3
Turchia: Aleviti, memorie di una minoranza dimenticata [9]
Collegamenti
- [1] http://www.retekurdistan.it/2016/02/le-donne-curde-inizieranno-le-celebrazioni-per-l8-marzo-a-silopi/
- [2] http://opac.bnnonline.it/SebinaOpacBNN/Opac?action=search&thNomeDocumento=NAPCFI0532097T
- [3] http://www.corriere.it/esteri/14_ottobre_14/curdi-storia-un-popolo-confine-97026fe8-5375-11e4-a6fc-251c9a76aa3c.shtml
- [4] http://espresso.repubblica.it/internazionale/2014/08/08/news/un-popolo-massacrato-nel-nome-di-allah-la-tragedia-dimenticata-degli-hazidi-1
.176514
- [5] http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=4&ved=0CDMQFjAD&url=http://www.associazionepereira.it/wp-content/u
ploads/Kurdistan.-Cenni-storici-e-contesto-internazionale1.pdf&ei=Yf1VVan6JsPjU_3wgOgK&usg=AFQjCNG_IziY-6ZE4ukrX0ijXjX3ZzOhKA&b
vm=bv.93564037,d.d24
- [6] http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=4&ved=0CDMQFjAD&url=http://www.associazionepereira.it/wp-content/u
ploads/Kurdistan.-Cenni-storici-e-contesto-internazionale1.pdf&ei=Yf1VVan6JsPjU_3wgOgK&usg=AFQjCNG_IziY-6ZE4ukrX0ijXjX3ZzOhKA&b
vm=bv.93564037,d.d24
- [7] https://books.google.it/books?id=kcxVCwAAQBAJ&pg=PT39&dq=comunit%C3%A0+alevi&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwi7y4Szjq3QAhXF1h
QKHQkBBq4Q6AEIHTAA#v=onepage&q=comunit%C3%A0%20alevi&f=false
- [8] http://www.rivistastudio.com/standard/la-questione-armena-e-le-altre-minoranze-che-succede-in-turchia/
- [9] http://www.eastjournal.net/archives/47601
http://www.bnnonline.it/index.php?it/136/teca-tematica/show/20/420
Powered by TCPDF (www.tcpdf.org)
3/3