Grand Hotel: dove si respira la storia

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Grand Hotel: dove si respira la storia
1 2013 Il magazine per i clienti della Schindler Ascensori SA
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Grand Hotel:
dove si respira la storia
Albergatori svizzeri pionieri dell’edilizia ferroviaria
Lo Schindler 3400 – la rivoluzione sul tetto
Circumnavigazione con il Solar Impulse: decollo nel 2015
Schindler Award: Schützenmatte di Berna 13 anni dopo
Contenuto
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Viva il Grand Hotel
150 anni di storia dell’industria alberghiera svizzera
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Orlim Vargas – l’ultimo liftboy d’Europa
«Il Grand Hotel svizzero non esiste»
Intervista con Jürg Schmid,
direttore di Svizzera Turismo
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«Villa Castagnola» a Lugano
Un’oasi rilassante del buon gusto
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«Beau-Rivage Palace» a Lausanne-Ouchy
Aperto tutti i giorni da 152 anni
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«Victoria-Jungfrau» a Interlaken
Da anni al top tra gli hotel wellness
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Alberghieri pionieri della ferrovia
Di treno in treno fino alle vette del gusto
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Schindler 3400 – la rivoluzione sul tetto
Intervista con Bertrand Piccard e André Borschberg
Nel 2015 Solar Impulse vola intorno al globo
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Università di San Gallo: nuova impronta sulla skyline
Schindler Award 2012
Lo Schützenmatte nell’anno 2025
Immagine di copertina
Il «Beau-Rivage Palace» in riva al Lago Lemano –
difficile immaginarsi un’ubicazione
migliore per un Grand Hotel.
Impressum
Editore Schindler Ascensori SA, Marketing & Comunicazione, CH-6030 Ebikon Redazione Beat Baumgartner Indirizzo della redazione next floor,
Zugerstrasse 13, CH-6030 Ebikon, [email protected] Amministrazione indirizzi [email protected] Impaginazione aformat.ch
Immagine in copertina Credit: «Beau-Rivage Palace» Litho click it AG Stampa Multicolor Print AG Tiratura 32 000 copie Edizione appare due volte all’anno
in lingua tedesca, francese e italiana Copyright Schindler Ascensori SA, riproduzione su richiesta e con indicazione della fonte www.schindler.ch
Editoriale
Stile
Care lettrici, cari lettori,
stile, design, qualità e architettura di alto livello sono tutti concetti associabili ai Grand Hotel.
Tra il 1850 e il 1910, quando il turismo in Europa divenne un fenomeno di massa, questi
alberghi di lusso iniziarono a sorgere ovunque, in particolare anche in Svizzera. Erano i primi
alberghi a offrire quel comfort di cui i comuni mortali al tempo non potevano che sognare:
acqua corrente calda e fredda nelle camere, luce elettrica, riscaldamento centralizzato,
telefono e naturalmente anche ascensori.
Questi ultimi sono rimasti fino a oggi un importante elemento architettonico dei Grand
Hotel. Sono per lo più impianti di alta gamma realizzati su misura e molto spesso, per lo
meno in Svizzera, forniti dalla nostra azienda.
Grazie a questi ascensori, nei Grand Hotel si garantì per la prima volta una mobilità
totalmente priva di barriere a vantaggio soprattutto delle persone anziane o a mobilità
ridotta. Tuttavia, ancora oggi, il concetto di «access for all» non è ben radicato nella mente
di ogni persona. Per questo motivo il gruppo Schindler ha indetto con successo per la
quinta volta il concorso internazionale di architettura «Schindler Award» sensibilizzando gli
studenti sui temi «edilizia senza barriere» e «accessibilità degli edifici». Il concorso, che aveva
per oggetto la rivalutazione dello «Schützenmatte», il quartiere limitrofo al centro storico
di Berna, ha dimostrato che iniziative come queste possono offrire degli spunti su cui
lavorare non solo alle università ma anche alla politica.
C’è un tipo di edificio, tuttavia, che da sempre resiste all’eliminazione delle barriere
architettoniche. Sono i palazzi storici i cui involucri non possono essere modificati in virtù
della tutela dei paesaggi. L’installazione di un ascensore richiede normalmente la costruzione
di un torrino con conseguente modifica del suo profilo, un intervento per niente o solo
difficilmente attuabile negli edifici storici. La soluzione ideale in questi casi è lo Schindler 3400
per la cui installazione è sufficiente un muro portante senza l’aggiunta di alcuna struttura
sul tetto. Per saperne di più leggete questo numero di next floor. Lasciatevi sorprendere,
ispirare e convincere.
Rainer Roten
CEO Schindler Svizzera
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Tema
Gli albergatori sono stati i veri promotori del turismo 150 anni fa. Con i suoi leggendari
Grand Hotel, la Svizzera ha introdotto nuovi standard; ancora oggi gli sfarzosi edifici
affascinano per gli ambienti sontuosi e la sopraffina qualità del servizio, dimostrando che
si può rimanere al passo coi tempi senza piegarsi ad ogni nuova tendenza.
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Il Nationalquai di fronte al Grand Hotel
«Palace» di Lucerna: da oltre un secolo un
luogo d’elezione per passeggiate e relax.
Lunga vita al Grand Hotel
TEsTo Christoph Zurfluh foto Albert Zimmermann
U
n tiepido sole primaverile fa danzare le luci riflesse sul Lago dei Quattro Cantoni, sciogliendo
la neve sulle vette dei monti che circondano Lucerna.
Coppie di innamorati passeggiano lungo la sponda,
un allegro gruppetto di abitanti locali gioca davanti al
Casino Pétanque e turisti giapponesi fotografano
­anzitutto se stessi, poi il panorama pittoresco e infine
il maestoso hotel alle loro spalle:
il «Palace».
«Posso aiutarla con il bagaglio?»,
chiede il portiere gentilmente.
­Faccio il mio ingresso in un universo alberghiero degno non solo
di una qualifica a cinque stelle, ma
in cui aleggia uno spirito davvero
unico: quello della storia. Seguendo
un lungo corridoio si oltrepassa
lo ­Jasper, il noto ristorante dell’albergo che pur vantando stelle
­Michelin e punti GaultMillau, celebra una cucina informale ai massimi livelli, per giungere infine nel
cuore dell’edificio: l’enorme hall in
stile Liberty con le sue colonne di
marmo rosso e il pavimento originale a lastre di fine secolo. Qui è stata scritta la storia
degli alberghi, e, come ospiti, ne si diviene parte –
­ancora oggi.
Al tempo, uno degli alberghi più eleganti del mondo
«Benvenuto», dice Catherine Hunziker, che da
quest’anno gestisce lo storico Grand Hotel insieme al
marito Raymond. Ed è proprio così che mi sento:
­davvero benvenuto. E la stessa sensazione devono
averla provata anche gli ospiti di un secolo fa, poiché
l’ultimo edificio della Quaipromenade di Lucerna un
tempo era il primo: quando il «Palace» fu inaugurato
nel 1906, tra timpani e squilli di trombe, era uno degli
alberghi più eleganti del mondo. Per 350 letti c’erano
ben 120 bagni e toilette che facevano rodere d’invidia
la concorrenza: nell’adiacente «National» su 450 letti
ce n’erano solo 79, e perfino allo «Schweizerhof»
gli ospiti dovevano accontentarsi di 70 bagni su 400
letti. I direttori di queste due prestigiose strutture
­lucernesi si ripromisero che in futuro avrebbero dato
del filo da torcere al «Bucher».
Il re degli albergatori
Il «Bucher» veniva dalla vicina
Kerns ed era soldato, visionario e
pioniere alberghiero al pari dei
­leggendari albergatori Johannes
Badrutt e Alexander Seiler. Oppure
di César Ritz, che un tempo il re
Edoardo II d’Inghilterra si dice
­abbia acclamato non solo come
l’albergatore dei re, ma anche
come re degli albergatori. Eppure
Franz Josef Bucher era più che
­altro un imprenditore. Insieme al
partner commerciale Robert Durrer
di Sarnen fondò un impero alberghiero che dalla natia Engelberg si
estese passando per la vicina
Italia fino al lontano Egitto, arrivando a contare ben
dieci alberghi di lusso, che battezzò di preferenza con
il nome di «Palace». Il «Palace» di Lucerna era il suo
­secondo albergo in loco, e già uno di troppo per la
concorrenza, che cessò subito la collaborazione con il
disinvolto obvaldese.
Franz Josef Bucher aveva speso quasi 900 000 franchi –
ben 270 franchi per metro quadrato di terreno paludoso – per il sito con vista sul lago. La costruzione
­costò altri 4 milioni: c’era davvero motivo di aspettarsi
qualcosa di grandioso. Il «Palace Luzern» divenne uno
degli ultimi Grand Hotel della Svizzera, che dalla metà
del XIX secolo iniziarono a sorgere un po’ ovunque
nelle località più belle: direttamente sul lago, come i c
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Tema
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Al tempo dell’inaugurazione avvenuta nel 1906,
il «Palace Luzern» era uno degli alberghi più eleganti
del mondo. Negli ultimi decenni è stato adattato
­costantemente alle mutate esigenze del settore
­alberghiero di fascia alta.
c celebri alberghi di Lucerna, Montreux e Lugano,
in posizione sopraelevata e tra i monti, ad esempio sul
Rigi. Gli albergatori sono stati i veri promotori del
­turismo svizzero, e i leggendari Grand Hotel hanno
mostrato al mondo la quintessenza dell’ospitalità.
Ospitalità con passione e grande qualità del servizio
«A tutt’oggi ciò non è cambiato», afferma il direttore
del «Palace» Raymond Hunziker. «Chi gestisce un
­albergo di questo tipo deve anzitutto saper offrire
ospitalità. Possiamo distinguerci solo per la qualità
del ­servizio.» Anche l’eccezionale infrastruttura
­storica ha i suoi difetti: il mantenimento degli stabili
è costoso e le procedure
spesso non ­rispondono ai
requisiti ­moderni; in più,
ad ogni nuovo intervento
si rischia di intaccare ciò
che rende tutto così affascinante: la sua stessa
storia. «Non ha senso
­inseguire ogni nuova
­tendenza», dichiara
­convinto Hunziker (37).
«Ma dobbiamo pur
­sempre rimanere al passo
coi tempi.» E in questo senso è il concetto di
«swissness» a fare la differenza, che è molto di più di
semplice musica di fisarmonica e fonduta: «I nostri
valori chiave sicurezza, affidabilità e puntualità sono
sempre in primo piano.»
Alle quattro precise nella piccola e accogliente area
Spa ad attendere gli ospiti c’è un bel massaggio: un
valido esempio di quella cultura da sempre celebrata
nei Grand Hotel. E mentre gradualmente mi lascio alle
spalle il tran tran quotidiano per sprofondare in uno
stato di appagante relax, i miei pensieri si perdono nel
nulla, per far ritorno soltanto quando esco sul balconcino della mia camera enorme, che dà sulla passeggiata del lungolago di Lucerna, sentendomi un po’
come il Papa a Pasqua. Sotto di me la gente passeggia, mentre gli ultimi raggi di sole illuminano suggesti-
vamente le superbe facciate dell’albergo. Incredibile
con quale aurea di prestigio la Svizzera alberghiera si
presentasse al mondo cent’anni fa.
Il rovescio della medaglia
Tuttavia, il boom dell’edilizia alberghiera ebbe anche un
risvolto negativo. Ad esempio nella località di Maloja,
dove con il «Maloja Palace» a partire dal 1884 è stato
realizzato uno dei più deliranti progetti della Belle Epoque in Svizzera. La sfarzosa struttura con 350 camere è
stata finanziata in misura determinante dal conte belga
Camille Frédéric Maximilian de Renesse. Con il patrimonio della sua ricca consorte e grazie a ingenti crediti
bancari volle costruirsi il
proprio monumento in
­Engadina. Il maggiore momento di gloria della breve
storia del «Maloja Palace»
rimase la serata di gala
dell’agosto 1887, in cui la
sala da pranzo venne inondata per consentire ai
­camerieri di servire gli illustri ospiti su autentiche
gondole veneziane.
Spirito giovanile
Il «Palace Luzern» è stato a sua volta già inondato,
però non intenzionalmente, ma da un’alluvione. In quei
giorni, la cucina si trovava mezzo metro sott’acqua e
la posizione privilegiata sul lago si trasformò in una
catastrofe. Al momento, comunque, non si corre
­alcun pericolo in questo senso: il sole trasforma il cielo
sopra al Pilatus in un mare di fiamme e fuori sul lago
qualche barca dondola pigramente. L’atmosfera nel
ristorante Jasper è rilassata e corrisponde proprio al
desiderio della nuova coppia di direttori: divenire una
struttura che pur non rinnegando la propria storia
di Grand Hotel signorile, desidera combattere una
sorta di «fobia del contatto». Cos’aveva detto ancora
Raymond Hunziker a proposito? «Si deve percepire il
nostro spirito giovanile.» E si sente. Senza dubbio. n
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Tema
L’ultimo liftboy d’Europa
Dopo gli studi di biologia nel suo paese d’origine, l’Ecuador, le vie dell’amore l’hanno
portato in Svizzera. Oggi Orlim Vargas è l’ultimo liftboy d’Europa nel leggendario albergo
«Les Trois Rois» di Basilea. Ha sempre tempo per due chiacchiere al volo ed è attento a
captare l’umore degli ospiti che accompagna negli spostamenti in ascensore.
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Facts & Figures
1681 L a locanda «Zu den Drei Königen» viene citata per la
prima volta come alloggio per commercianti e naviganti.
1841 Il mastro sarto Johann Jakob Senn acquista l’albergo,
che nel frattempo consta di più edifici, e lo fa ­demolire
interamente. L’hotel è ricostruito secondo i progetti
dell’architetto basilese Amadeus Merian; la facciata e i
profili sono a tutt’oggi rilevanti.
1936Per la prima volta l’hotel non è gestito dal proprietario,
bensì da direttori propri.
2005 / 06L’hotel viene ristrutturato secondo i criteri della tutela
dei monumenti e ricostruito con l’aspetto originale del
1844.
Ascensori
3 ascensori per persone in versione speciale gestiti dal liftboy Orlim
Vargas. Le cabine sono rivestite in legno, i moduli di
­comando in ottone, i piani presentano raffigurazioni
­nostalgiche.
3 ascensori
per persone Schindler 5400 per il personale alberghiero.
1 ascensore per persone in versione speciale, destinato ai disabili
con accompagnatore. L’ascensore collega l’area interna
ed esterna dell’hotel.
1 piccolo montacarichi per uso cucina.
Testo Christian Schreiber foto Albert Zimmermann
O
rlim Oldemar Zurita Vargas si aggiusta per bene i guanti bianchi
sulle mani, mentre lancia uno sguardo al suo panciotto rosso e
alle scarpe nere lucidate. L’uniforme calza a pennello. E così deve
essere, visto che Orlim Vargas (37) lavora nel prestigioso albergo
«Les Trois Rois» a Basilea, con una funzione molto speciale: è l’ultimo
liftboy d’Europa. E non lo afferma con leggerezza.
L’ecuadoriano di nascita è molto onesto e non lo sbandiererebbe
mai ai quattro venti solo per farsene un vanto. Alcuni conoscenti lo
avevano invitato a indagare in quali altri luoghi vi fosse un impiegato d’albergo con una mansione analoga alla sua. Pertanto si è informato presso associazioni di categoria degli albergatori, organizzazioni turistiche ed enti vari. E in tutt’Europa la risposta è stata
sempre la stessa: «Questa professione non esiste più.» Anche la
­Federazione svizzera del turismo (FST), interpellata in proposito, non
è a conoscenza di nessun altro liftboy. L’uniforme è a posto. Orlim
Vargas preme il pulsante. Terzo piano, 20 secondi. 20 secondi sono
un nonnulla, ma per chi se sta in silenzio in ascensore sono un’eternità. «Ecco perché cerco sempre di avviare una conversazione»,
spiega Orlim Vargas (37), chiedendo, ad esempio, se gli ospiti sono
soddisfatti dell’albergo o se hanno già avuto il tempo di fare un giro
per Basilea. È sempre pronto a descrivere i luoghi da visitare e a
­fornire un breve ed interessante excursus sulla celebre cattedrale di
Basilea. Perlopiù sono tutti felici di scambiare due parole, una
volta rotto il ghiaccio. c
Il «Les Trois Rois» oggi, dopo la ristrutturazione
totale: ha riacquisito l’aspetto originario dell’epoca
della sua fondazione nel 1844.
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Tema
Il liftboy Orlim Vargas
è sempre a disposizione
degli ospiti.
Ma naturalmente non mancano le eccezioni: gli ospiti di cattivo
umore, che hanno alle spalle un viaggio lungo e faticoso o i più
scontrosi, restii a qualsiasi approccio verbale. Ma Orlim Vargas ha un
vero e proprio fiuto per gli individui, ed è attento a carpire subito
l’umore degli altri. I colleghi dell’albergo gli attribuiscono doti
­telepatiche, dono che Vargas fa risalire a suo nonno che era uno
sciamano. «Mi basta guardare gli ospiti negli occhi per capire la loro
situazione.»
Ma si sente competente anche per faccende molto più pratiche:
­alcuni, ad esempio, giungono in albergo con idee ben precise, vogliono altri due biglietti del concerto tanto ambito per la serata o un
biglietto aereo per il dopodomani. Altri sono lieti di ricevere suggerimenti, ringraziano per il consiglio di non perdere il nuovo pezzo teatrale o di trascorrere la serata in albergo sulle note di un pianoforte.
In tal modo, gli ospiti capiscono ben presto che il suo lavoro quotidiano non consiste nel premere semplicemente dei pulsanti e fare
qualche chiacchiera al volo.
In più, anche l’ascensore deve essere pulito. Lucidato a specchio.
Per questo Vargas tiene in un ripostiglio al piano terra tutti gli attrezzi
di pulizia. Nei momenti di calma, prende secchio e straccio, spruzza
il detergente sulla porta a specchio dell’ascensore e rimuove meticolosamente tutte le ditate. Eppure l’aspetto esteriore non può inganc
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nare, il suo ascensore ha anche una vita interiore tutta sua: sporcizia
dalla strada, pelucchi, cartine, capelli. Se c’è poco tempo, Orlim
­Vargas lavora di scopa.
Dieci anni fa ha conosciuto in patria un’insegnante di matematica
svizzera, giunta in Ecuador per una vacanza. Oggi sono sposati con
tre figli. Appena arrivato in Svizzera, Vargas ha iniziato a lavorare
come lavapiatti. Tuttavia i responsabili dell’albergo si sono subito
resi conto che valeva molto di più; dopotutto aveva studiato biologia in Ecuador. Questo bagaglio culturale gli torna utile anche qui:
più volte a settimana svolge infatti delle visite guidate al giardino
botanico di Basilea. Come guida per un tour operator di tanto in
tanto accompagna dei turisti in Ecuador e mostra loro il suo paese
d’origine.
In queste occasioni fa visita alla sua famiglia e racconta della sua
vita emozionante. Infine ha avviato una carriera come illustratore.
La famiglia di Vargas discendeva da un ceppo indios non ancora
­civilizzato ai tempi della sua infanzia. «Vivevamo di baratto e non
avevamo neppure di che vestirci.» Ma lui ha avuto l’opportunità di
studiare e di erudirsi. Ora sta programmando con la famiglia il primo
viaggio nel suo paese natale, della durata di tre mesi. «Ci addentreremo nella foresta vergine e mostrerò loro come nutrirsi e come
­sopravvivere in questi luoghi.» n
Esperienze impagabili
«Il Grand Hotel svizzero non esiste», afferma Jürg Schmid,
direttore di Svizzera Turismo. «Ma la tradizione svizzera
dei Grand Hotel sì, e risale agli albori del turismo alpino.»
Jürg Schmid, cosa rende i Grand Hotel svizzeri così particolari? In nessun altro luogo la storia alberghiera è così
­palpabile: in ogni ambiente si respira lo spirito pionieristico che ha animato gli albergatori agli albori.
Da allora è trascorso più di un secolo. Cos’è cambiato nel frattempo?
Non molto. I Grand Hotel sono tuttora sinonimo di
passione per l’ospitalità, per un servizio personalizzato e per la soddisfazione reciproca del soggiorno.
E naturalmente l’infrastruttura dei Grand Hotel svizzeri corrisponde ancora oggi al livello della ricettività
alberghiera di fascia alta. Ciò che è cambiato è la provenienza degli ospiti: 150 anni fa erano soprattutto
britannici, mentre oggi molti vengono anche dall’Asia, dagli Stati del Golfo, dalla Russia e dagli USA.
Ci svela qualcuno dei suoi preferiti?
L’elenco dei Grand Hotel prestigiosi, dislocati
in tutta la Svizzera, è lungo. E ciononostante
alcuni si distinguono: il Badrutt’s Palace di
St. Moritz, il Mont Cervin Palace di Zermatt,
il Grandhotel Giessbach di Brienz, il VictoriaJungfrau Grand Hotel & Spa di Interlaken,
il Lausanne Palace & Spa e il Grand Hotel
Les Trois Rois di Basilea. n
Che differenza c’è tra il Grand Hotel storico e il moderno albergo di lusso?
Il fascino e la magia! E l’atmosfera generale che rievoca agli ospiti i tempi passati. Ma anche il fatto che
l’albergo, con la sua secolare tradizione, resti intatto
nella sua impeccabilità ricettiva.
Non si paga soprattutto per l’ambiente nostalgico?
Assolutamente no. Ma l’esperienza di un autentico
Grand Hotel è davvero qualcosa di prezioso, che lascia impressioni che durano nel tempo. I Grand Hotel
trasmettono un senso di continuità in un’epoca frenetica come la nostra. E questo non ha prezzo.
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Tema
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Da 22 anni Ivan Zorloni dirige
l’albergo sempre con la stessa,
immutata passione del primo giorno.
Ci sono alberghi che sono in realtà molto di più: la «Villa Castagnola»
di Lugano potrebbe quasi essere scambiata per una galleria d’arte privata,
dove si può anche mangiare e pernottare splendidamente. Con un unico
neo: non si vorrebbe più ripartire…
Un’oasi del buon gusto
Testo Matthias Mächler foto Albert Zimmermann
I
Solo camere con vista sul
lago: «Villa Castagnola»
negli ultimi anni ha ridotto
costantemente il numero
delle camere da 110 a 78,
modernizzandole con cura
ed eleganza.
nnumerevoli dipinti, sculture e antichi arazzi decorano la villa di 150 anni, ma l’opera più mirabile
è quella della natura: dall’atrio centrale la vista si
­diparte, tra esili palme, verso il prato del parco
dell’hotel fluttuando sotto un cielo azzurro intenso
fino al Lago di Lugano, dove rimane sospesa all’altezza del San Salvatore, il possente «pan di zucchero
di Lugano». Che albergo!
Come una seconda casa
«In realtà non volevamo nemmeno essere un albergo», spiega il direttore Ivan Zorloni, sorridendo
compiaciuto. «Vogliamo che la Villa sia piuttosto vista
come una seconda casa per i nostri ospiti.» Ciò che
­altrove suonerebbe come semplice retorica di marketing, descrive invece appieno l’essenza di «Villa Castagnola». Per il riposo e l’intimità non vi è solo la
camera: si può anche sognare a occhi aperti nella sala
azzurra in un cantuccio davanti al camino crepitante
oppure godersi il sole in un angolo tranquillo del
parco. Nulla stona in questo quadro idilliaco, né insinua il dubbio di un artefatto ad hoc; ovunque regna
un’atmosfera di autenticità e di accogliente eleganza.
E tutto ciò si deve in gran parte alla personalità del
­direttore.
Ivan Zorloni è di una specie rara: sempre presente ma
discreto, in grado di coinvolgere gli ospiti in una conversazione con grande disinvoltura, come se ci si conoscesse da sempre, con un perfetto equilibrio di savoir-faire, humour e confidenza. Perché Ivan Zorloni
ama gli uomini e i loro modi di essere, e ama confrontarsi con loro almeno quanto l’hotel, che appartiene
alla famiglia di sua moglie. Ancora oggi, dopo 22 anni,
lo gestisce con la stessa passione del suo primo giorno
alla direzione della Villa.
Una vera fortuna per gli ospiti, che i proprietari di
«Villa Castagnola» non la vedano solo come un investimento, ma anche e soprattutto come un oggetto di
passione. «Se avessimo messo l’efficienza al primo
­posto, oggi avremmo lo stesso numero di camere di
22 anni fa», dichiara Ivan Zorloni. La famiglia ha invece
deciso di offrire solo camere con vista sul lago, tutte
con balcone, con uno squisito fascino mediterraneo e
un mobilio personalizzato. A tal fine, le camere sono
state costantemente ridotte da 110 a 78, celando dietro alla raffinata tappezzeria i più avanzati ritrovati tecnologici. Sul letto vi sono due diversi cuscini a disposizione e la biancheria profuma di legno di sandalo.
E non sono solo dettagli come questi a rendere «Villa
Castagnola» l’unico hotel a cinque stelle superior di c
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Tema
Facts & Figures
Un gioiello di «Villa Castagnola»: il nuovo
­elegante ascensore in vetro Schindler, installato
nel 2012, che porta dall’atrio direttamente
alle camere dell’albergo.
Tipo Versione speciale con vano in vetro
Velocità 1 m/s
Fermate 7
Portata 1125 kg
Un raffinato accostamento
di passato e presente:
il nuovo ascensore in vetro
nell’atrio dell’albergo.
derno contrasto rispetto alla villa centenaria. Gli interni puristici consentono non solo di porre in grande
risalto l’esposizione di Yoshiyuki Miura (fino al
31 agosto 2013), ma anche la vista sul San Salvatore.
Ed è così suggestiva che il capo cameriere Andreas
Keller scatta quasi ogni giorno una foto con l’iPhone,
sebbene lavori presso l’«Artè» dal 2002, anno della
sua inaugurazione.
Astro nel firmamento gastronomico di Lugano
­Lugano, nonché membro del ristretto gruppo
degli «Small Luxury Hotels of the World». Dell’opera
d’arte nel suo insieme fanno parte anche i due ristoranti, tanto diversi quanto i loro rispettivi chef: da un
lato, nell’opulento «Le Relais», appena rinnovato e
dalla calda atmosfera meridionale, regna il perfezionista italiano Christian Bertogna, le cui reinterpretazioni
della cucina mediterranea gli sono valse 14 punti
GaultMillau; dall’altro, nel ristorante «Artè», agli ospiti
è riservata tutt’altra atmosfera.
L’«Artè» è infatti alloggiato in una struttura direttamente sull’acqua e, con il suo design, crea un mo-
c
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Per lo chef Frank Oerthle non sono tanto i giochi di
luce, quanto le mostre temporanee ad ispirarlo per le
sue creazioni a base di pesce e relative guarniture.
­Eppure a questo tedesco d’origine le idee migliori
vengono in mente quando inforca la bici e ammira il
Monte Brè alle spalle dell’albergo: «Gli ormoni della
felicità sono per me il fattore fondamentale per la
crea­tività.» Frank Oerthle è stato premiato nel 2009
come cuoco ticinese GaultMillau emergente dell’anno
e, con 16 punti e una stella Michelin, dal 2010 rappresenta l’astro nel firmamento gastronomico di
­Lugano. Questo successo non lo deve solo alle sue
uscite in bicicletta, dichiara compiaciuto, ma anche
agli ingredienti, tutti selezionatissimi, che gli vengono
consegnati spesso appositamente in città.
Tutto ciò fa sì che «Villa Castagnola» venga percepita
quasi come un regalo, sebbene il prezzo di una camera non sia certo a buon mercato. Ma la contropartita è molto più di un letto confortevole: è la possibilità di immergersi in un’atmosfera di buon gusto,
elegante e informale allo stesso tempo, che spesso
nemmeno un albergo di lusso riesce ad offrire. E a
turbare la perfetta atmosfera è solo il pensiero che
prima o poi si dovrà ripartire. n
Tema
Aperto tutti i giorni
da 152 anni
I turisti vi alloggiano senza chiederselo due volte, gli studenti delle
scuole alberghiere lo venerano e i fan su Facebook ne lodano le
promozioni: il «Beau-Rivage Palace» di Losanna sa abbattere la paura
di varcarne la soglia come quasi nessun altro albergo a cinque stelle.
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Tema
E, come se facesse parte da
sempre del «Beau-Rivage Palace»,
l’elegante ascensore in vetro di
Schindler nella tromba delle scale.
non alloggiano all’albergo sono imbarazzate dal dover attraversare la hall di un albergo a cinque stelle.»
Naturalmente, anche la magnifica posizione sul lago
gioca un ruolo fondamentale, così come la vicinanza
al Museo Olimpico. Inoltre il «Beau-Rivage Palace»
di Losanna deve contendersi la clientela di fascia alta
solo con l’Hotel Palace più in alto, nel centro città.
E malgrado ciò, al Beau-Rivage sembra regnare uno
spirito particolare.
Annina Hart-Hönig racconta della svolta decisa dal
­direttore François Dussart nel 2003. All’insegna
del motto «Tradizione in movimento», Dussart ha
­sottoposto l’albergo ad un oculato ringiovanimento,
facendo rinnovare la hall, trasformando l’obsoleto
­ristorante «Rotonde» in una luminosa sala colazioni,
­eliminando i tramezzi e rimuovendo i vecchi dipinti sui
soffitti. Pacati elementi di modernità si accostano
oggi in modo discreto ai decori storici, senza minarne
il fascino. Al contrario: i magnifici pavimenti in
marmo, le sfarzose lampade in Art déco e le favolose
lavorazioni del legno acquistano un fascino tutto
nuovo.
I giusti collegamenti da 120 anni
Testo Matthias Mächler foto Albert Zimmermann
I
l settore alberghiero svizzero di lusso non se la passa
bene: i tempi d’oro sono finiti, il franco è caro e la
concorrenza agguerrita. Gli ospiti non affluiscono più
in massa come una volta. Ecco perché gli alberghi a
cinque stelle hanno deciso di aprirsi al grande pubblico, rivolgersi a nuovi segmenti, per sfruttare al massimo i loro letti e i tavoli dei loro raffinati ristoranti,
terrazze e bar. La cosa spesso risulta difficoltosa, ma
sicuramente non per il celebre «Beau-Rivage Palace»
di Losanna-Ouchy. Non appena il sole si fa più caldo,
i passanti si affollano sotto al portico davanti al Café
Beau-Rivage; la brasserie informale, ma molto curata,
rappresenta uno dei punti di ritrovo più amati della
città. Accanto all’albergo, da un anno ha inoltre
aperto il «BAR»: i suoi interni cosmopoliti, il luccicante
bancone in onice e l’atmosfera raffinata gli consentono di tener testa ai locali di tendenza di Zurigo, Londra o New York. Dal Sushi Bar alla terrazza della hall,
fino al ristorante gourmet di Anne-Sophie Pic insignito con due stelle Michelin: il «Beau-Rivage Palace»
non fatica certo a riempire i propri tavoli.
Un spirito molto particolare
«Da noi la cravatta non è d’obbligo. Ed è certamente
un vantaggio non dover passare dalla hall per raggiungere i ristoranti e i bar, ma potervi accedere direttamente dal lungolago», spiega Annina Hart-Hönig
dell’Hotel «Beau-Rivage Palace». «Molte persone che
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Tuttavia, cosa sarebbe una cornice perfetta senza i
protagonisti giusti? Il fatto che il direttore abbia
­potuto attingere a piene mani per la scelta del proprio
personale non si deve soltanto al buon nome dell’albergo, alle teste coronate che vi hanno alloggiato o
alle star come Phil Collins che lo hanno scelto come
cornice per il proprio matrimonio, ma anche al fatto
che il «Beau-Rivage Palace» collabora da sempre con
la più antica scuola alberghiera specializzata del
mondo, l’«Ecole hôtelière de Lausanne», fondata nel
1893 dall’allora direttore del Beau-Rivage Jacques
Tschumi. L’albergo rappresenta un esempio per gli
studenti di tutto il mondo e chiunque di loro farebbe
di tutto pur di ottenere un posto qui; nel contempo,
anche il «Beau-Rivage Palace» approfitta a sua volta
della scuola e del patrimonio di conoscenze trasmesso. I moderni canali di comunicazione come
­Facebook vengono usati attivamente: così gli utenti
che seguono il «Beau-Rivage Palace» approfittano
giorno dopo giorno di promozioni speciali. È anche
grazie a simili «contentini», secondo Annina HartHönig, che gli alberghi a cinque stelle rimangono ben
frequentati.
Ma l’aspetto così giovane e vitale del venerando
Grand Hotel si deve anche ad un altro motivo: dalla
sua apertura nel 1861, l’albergo ha sempre saputo
adeguarsi, nella buona e cattiva sorte, alle nuove
­situazioni – senza mai chiudere per un solo giorno in
152 anni. n
Rendere possibile
l’impossibile
I lettori di «Bilanz» l’hanno eletta nel 2012 a miglior
concierge della Svizzera: Sylvie Gonin, con la
sua chioma rossa, è ormai il simbolo della hall del
«Beau-Rivage Palace» di Losanna-Ouchy.
Elementi discreti e moderni (sotto)
si accostano ai decori storici rinnovati,
senza offuscarne il fascino.
Sylvie Gonin, a cosa deve l’onore di essere stata
eletta miglior concierge della Svizzera?
Naturalmente cerco di svolgere il mio lavoro nel
­migliore dei modi, ma senza i miei collaboratori non
ce la farei. Ultimamente ho la sensazione che questo
riconoscimento rispecchi l’immagine che gli ospiti
hanno dell’albergo nel suo complesso.
E in cosa consiste per lei un buon concierge?
È importante avere una buona capacità d’imme­
desimazione ed un’intelligenza viva: bisogna saper
improvvisare senza perdere mai la calma. Per un
concierge, l’eccezione è la regola: occorre accontentare, e perfino rendere possibile ciò che è
­apparentemente impossibile.
Cosa prevedono le mansioni di un concierge?
Il concierge è il responsabile della hall; dirige la
­reception, i parcheggiatori e i facchini. E si è sempre
in prima fila se un ospite ha un problema o una
­richiesta particolare.
E come cambierà la sua professione nel tempo?
Fino a non molto tempo fa non esistevano
­nemmeno i cellulari, oggi i nostri ospiti ci inviano
le richieste via mail dal campo da golf. E malgrado
tutto il contatto personale sarà ancora più importante in futuro: tra dieci anni sarà un vero lusso
­poter comunicare i propri desideri a un altro essere
umano anziché ad una macchina.
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17
Tema
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Appuntamento nel
«miglior hotel wellness d’Europa»
Come può un hotel wellness rimanere sempre sulla cresta dell’onda della propria categoria
nel corso degli anni? Lo abbiamo provato in prima persona, trascorrendo una giornata di puro
relax al «Victoria-Jungfrau Grand Hotels & Spa» di Interlaken.
Le piscine del
«Victoria-Jungfrau»,
una delle perle
dell’area Spa.
Testo Stefan Doppmann foto Albert Zimmermann
«I piedi scivolano ancora un po’ incerti nella bacinella d’acqua
calda già pronta, dopodiché mani esperte si mettono abilmente
all’opera. Impastano, premono, accarezzano... e io percepisco la
tensione allentarsi gradualmente in tutto il corpo. Una luce filtrata illumina in modo indiretto il soffitto della tonalità cromatica
indicata per l’inizio del rituale: il trattamento benessere ai piedi è
l’introduzione al rilassante massaggio balinese.»
I
l «Victoria-Jungfrau Grand Hotel & Spa» di Interlaken è una
­struttura che sa distinguersi nel vero senso della parola: il riconoscimento come «miglior hotel wellness d’Europa» nel GEO Saison
Ranking 2013 è la più recente di un’infinita serie di premi e onorificenze. E dunque cosa serve per mantenersi sempre al top della
­categoria benessere come il «Victoria-Jungfrau»?
L’offerta giusta
«Grazie ai nostri trattamenti esclusivi ci distinguiamo dagli altri hotel
wellness e, nel contempo, siamo in grado di fornire una risposta
personalizzata per ogni esigenza dei nostri ospiti», spiega la direttrice della Spa Theresa Brandl. Questa aspirazione all’esclusività ha
imposto investimenti cospicui: l’area Spa di 5500 metri quadrati è
stata costruita nel 1991 e ampliata undici anni fa a fronte di un
­costo di 17 milioni di franchi. Oggi offre 21 cabine per trattamenti,
un’area piscine con varie vasche da nuoto, idromassaggio e di acqua salata, bagno turco, diverse saune, un centro fitness e campi da
tennis. Nel 2009 si è inoltre aggiunta l’esclusiva Sensai Select Spa,
che celebra la tradizionale cultura giapponese del bagno. E da dove
giungono le idee per questi nuovi investimenti? «Eseguiamo sondaggi tra i nostri ospiti e visitiamo fiere specializzate per individuare c
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19
Tema
Il «Victoria-Jungfrau» incarna
come nessun altro Grand Hotel
la storia del turismo svizzero.
tempestivamente le ultimissime tendenze. Anche i nostri collaboratori contribuiscono a fornire spunti preziosi», spiega Theresa
Brandl. Le antenne sono sempre attente a carpire nuovi trend, se
non a introdurli per primi sul mercato.
c
«Ora, in posizione supina, spirito e corpo si allontanano sempre di
più dalla frenesia quotidiana. Il massaggio craniale offusca il senso
del tempo: la stanza si riempie di suoni sferici e l’esperienza assume una nuova dimensione che diffonde armonia tutt’attorno.»
L’ambiente raffinato
Il «Victoria-Jungfrau Grand Hotel», che offre la cornice per la Spa,
­incarna come pochi altri alberghi lo spirito della storia del turismo
svizzero. Poco meno di 150 anni fa, nel 1865 l’albergatore Eduard
Ruchti inaugurò l’Hotel Victoria appena costruito. Da allora, i più
­ricchi e belli del mondo giungono sulle rive del Lago di Brienz per
partire alla scoperta della regione della Jungfrau. Il valore storico
delle origini si fonde con lo sfarzo della Belle Epoque e il lusso dei
dettagli moderni, creando un’atmosfera unica. I lampadari di cristallo
nel salone Napoleon III risplendono come ai tempi dell’Imperatore e
il luccicante carrello per carni era senz’altro già in uso prima della
Prima Guerra mondiale.
Amorevolmente curata e conservata, senza lesinare ingenti spese,
ogni angolo di questa struttura è pervaso da un’aura di storia e
­autenticità. Nel contempo, la presenza della moderna Spa dimostra
che il settore alberghiero svizzero di lusso è rimasto al passo coi
tempi nel corso della sua evoluzione; anzi, la maggiore attrattiva per
gli ospiti risiede proprio in questo accostamento di passato prestigioso e stile di vita contemporaneo.
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«Le gambe e le braccia sono infinitamente pesanti, per poi venire
d’un tratto attraversate da una vampa di calore. E ancora. E ancora una volta. Solo dopo alcuni passaggi realizzo che è la conseguenza dello sfregamento di calde pietre laviche su braccia,
gambe e schiena: davanti ai miei occhi chiusi, ad ogni passata
corrisponde un lampo di luce colorata. Il profumo degli oli eterici
penetra in profondità nella mente.»
Il servizio perfetto
Chi sceglie un albergo a cinque stelle ha grandi aspettative.
«E il nostro obiettivo primario è quello di soddisfarle», sottolinea
Theresa Brandl. E ciò risulta possibile solo con i collaboratori
più preparati e motivati, che siano inoltre orgogliosi del prestigioso
servizio svolto. Ecco perché la direttrice della Spa sostiene la
­sinergia nel team. «Se si parte dal presupposto di esternare stima
nei confronti degli ospiti, ecco quindi che anche i collaboratori
­devono essere trattati allo stesso modo», questo è il suo credo.
In quest’ottica rientrano, oltre a una spiccata cultura del feedback,
un buon trattamento e interessanti iniziative di perfezionamento.
«Dopo il massaggio, si passa nella sala relax, da cui la vista attraverso la finestra panoramica spazia sul ripido bosco antistante.
Lentamente riacquisto la percezione del mondo esterno… Incredibile che il trattamento sia durato solo un’ora e mezzo, ma il
tempo non ha significato, conta solo starsene sdraiati a rilassarsi.
Una bella doccia calda precede l’ingresso nell’area piscine: bagno
turco, vasca da nuoto e idromassaggio concludono poi la giornata all’insegna del benessere.» n
L’elegante ascensore in vetro di
Schindler nella hall del Grand Hotel.
Sodalizio pluriennale
Schindler e il «Victoria-Jungfrau Grand Hotel & Spa» di Interlaken
sono uniti da una collaborazione pluridecennale. Schindler ha
­infatti installato presso la struttura a cinque stelle dodici ascensori
per persone, sei ascensori di servizio e un montacarichi. L’integrazione di ascensori personalizzati in base ai desideri dei clienti
­nell’edificio sotto tutela artistica ha richiesto una grande sensibilità
costruttiva e risponde, dal punto di vista dei materiali e dell’estetica, ai massimi requisiti.
Ad ogni esigenza di wellness,
una risposta personalizzata.
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Tema
Di treno in treno
fino alle vette del gusto
Gli albergatori non furono soltanto i veri motori del turismo svizzero, ma anche dell’edilizia
ferroviaria: gli alberghi, che sorgevano spesso in spettacolari posizioni panoramiche, dovevano
essere ben raggiungibili per la clientela abituata, anche e soprattutto, alla comodità.
Uno dei tanti capolavori dei pionieri dell’edilizia ferroviaria in Svizzera: la ferrovia del Bürgenstock, attorno al 1900.
22
Sul Bürgenstock, sul Sonnenberg presso Lucerna o sullo
­Stanserhorn (da sin.): sempre più
spesso, i Grand Hotel furono
resi accessibili tramite funicolari costruite appositamente a tal fine.
Sul Bürgenstock è stato realizzato
inoltre il più lungo ­ascensore
­esterno aperto d’Europa, l’Hammetschwand Lift.
Testo Christoph Zurfluh foto Keystone e privato
I
passeggeri fanno appena in tempo ad allacciarsi le
cinture, che già le porte si chiudono silenziosamente.
Gli altoparlanti trasmettono alcune cortesi informazioni, e poi via, su per la montagna. Le poltroncine
della futuristica cabina argentata si reclinano delicatamente per evitare che i passeggeri rivolti verso valle
ruzzolino giù; il viaggio sulla tratta monobinario di
500 metri circa, con una vertiginosa pendenza massima del 52%, dura due minuti buoni.
Il «Tschuggen Express» di Arosa assomiglia più a un
ottovolante che a una ferrovia di montagna, ma il suo
scopo non è quello di intrattenere i 12 passeggeri,
ma di trasportarli al comprensorio sciistico ed escursionistico situato 150 metri più in alto. Il «Tschuggen
Express» è un impianto di risalita d’albergo di tipo
classico, anche se al momento dell’inaugurazione
­avvenuta nel 2009 costituiva una novità mondiale:
quale altro albergo trasporta i propri ospiti nel paradiso del tempo libero a bordo di un esclusivo
«Roller Coaster» di 7 milioni di franchi?
Di certo non è nuova invece l’idea di trasportare a
­destinazione gli ospiti nel modo più comodo possibile, sia che si tratti di partire dall’albergo alla volta di
un luogo da visitare o, più di frequente, per percorrere l’ultimo tratto di strada per rientrare. E anche la
confortevole mobilità all’interno degli alberghi costituiva già per i pionieri del settore alberghiero svizzero
una priorità: i Grand Hotel furono i primi in Svizzera
ad integrare nei propri edifici eleganti ascensori, già
all’epoca perlopiù di marchio Schindler. Gli albergatori svizzeri lo avevano capito ben presto: un buon albergo ha successo solo se è anche comodamente raggiungibile – ecco perché hanno costruito le ferrovie.
Il boom alberghiero come scintilla iniziale
La storia dell’edilizia ferroviaria risale quindi di conseguenza al tempo del primo grande boom alberghiero,
ossia al XIX secolo. In quegli anni, infatti, il timore
delle possenti montagne e delle valli inaccessibili cedette gradualmente il posto alla curiosità e i primi turisti iniziarono così ad affluire sulle Alpi svizzere. Alla
metà del XIX secolo si verificò inoltre un fenomeno
decisivo: i viaggi persero la propria aura di esclusività.
Sempre più spesso, individui di vari ceti sociali si ritrovarono a battere gli stessi percorsi. Un segno tangibile
di questa rivoluzione furono i primi viaggi di gruppo
organizzati dal pioniere inglese del turismo Thomas
Cook, che nel 1855 condusse per la prima volta una
comitiva dall’Inghilterra sul continente. La Svizzera
­divenne così un punto di ritrovo privilegiato in Europa
e si affermò come uno dei primi paesi più impegnati
sul fronte turistico.
All’epoca non si dovevano nemmeno cercare gli
ospiti, vista la domanda enorme, ma era pur sempre
necessario offrire loro trasporto e alloggio. Sorsero
quindi ovunque alberghi, talvolta di dubbia qualità
(nel 1912 si contavano già 211 000 posti letto, e
274 000 del 2009). Le strade e i passi alpini furono al
tempo stesso ampliati, i laghi popolati da battelli a
­vapore e le linee ferroviarie sorsero dal nulla, all’inizio
in modo tanto fulmineo quanto caotico. Ma i centri
turistici continuarono ad essere progettati in maniera
coerente.
La ferrovia diventa cremagliera per scalare le vette
L’invenzione della ruota dentata consentì infine alle
ferrovie di sfidare le vette, rendendo improvvisamente
gli alberghi con panorama mozzafiato ben accessibili
oppure offrendo lo spunto per la loro costruzione. Nel
1871, ad esempio, fu inaugurata la prima ferrovia a
cremagliera sulla terraferma europea, da Vitznau a
Rigi Staffel. Quattro anni dopo, faceva la spola tra Rigi
Kaltbad e Scheidegg la prima ferrovia, oggi non più
esistente, a servizio esclusivo dell’albergo, che all’epoca era la linea ferroviaria più elevata d’Europa. Nel
giro di breve tempo, nacquero tutte le attuali ferrovie c
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23
Tema
Anche il «Tschuggen Express»,
­inaugurato nel 2009, è un classico
­impianto di risalita d’albergo.
Foto: Tschuggen Hotel Group.
di montagna nei pressi dei rinomati comprensori
turistici, tra cui anzitutto la più ripida ferrovia a cremagliera del mondo sul Pilatus (anch’essa votata a un
albergo) e, come coronamento dell’edilizia ferroviaria
svizzera d’alta quota, quella in direzione della vetta
della Jungfrau.
Un notevole contributo allo sfruttamento delle montagne fu dato anche dalla funicolare. Dei quasi sessanta impianti realizzati in Svizzera, la maggior parte
sorse tra il 1883 e il 1914,
di cui una decina come impianti esclusivi per alberghi. Il che, come già spiegato, non fu un caso: gli
albergatori furono il polo
trainante durante il boom
del turismo svizzero, anche se naturalmente non
tutti i progetti sono riconducibili alla loro iniziativa.
Uno dei pionieri dell’ediliI pionieri dell’edilizia ferroviaria
zia ferroviaria di quel
Franz Josef Bucher-Durrer
(1834–1906) e Josef Durrertempo fu l’albergatore
Gasser (1841–1919).
obvaldese Franz Josef Bucher (1834 – 1906) che insieme al suo partner commerciale Robert Durrer
(1841–1919) di Sarnen fondò un enorme impero
­alberghiero, dotando i propri alberghi, laddove necessario, di mezzi di trasporto tecnologici. I due fecero
costruire così le reti per tram a Lugano, Genova e
Stansstad, nonché numerose funicolari, tra cui quella
sullo Stanserhorn, per le cascate Reichenbach, sul
Mont Pèlerin e in direzione del San Salvatore e di
Braunwald. L’energia che le alimentava proveniva
perlopiù da centrali elettriche di proprietà. Il grande
complesso alberghiero sul Bürgenstock, sopra al Lago
c
Hotel Giessbach –
la più antica funicolare
della Svizzera.
Foto: BAK / Thomas Batschelet,
www.seilbahninventar.ch
24
dei Quattro Cantoni, fu collegato da Franz Josef Bucher
da una strada e una ferrovia privata. Anche la celebre
attrazione panoramica Hammetschwand Lift, il più
alto ascensore esterno aperto d’Europa, con una lunghezza della tratta di 152,8 metri, ne fa parte.
Franz Josef Bucher sarà anche stato il più pazzo tra gli
albergatori attivi nell’edilizia ferroviaria, ma di sicuro
non fu l’unico. Già nel 1879 sorse ad esempio una
­funicolare, oggi la più elevata ancora in funzione della
Svizzera, per il Grand Hotel Giessbach dalla stazione
dei battelli sul Lago di Brienz. A partire dal 1884 anche
gli ospiti del leggendario Hotel Gütsch di Lucerna
­poterono usufruire di una ferrovia per raggiungere
comodamente il loro albergo al settimo cielo. La
prima ferrovia elettrica della Svizzera, inaugurata nel
1888, tra il Grand Hotel di Vevey e il Castello di Chillon
aveva un fine esclusivamente turistico e collegava
tutti gli alberghi affacciati sul lago. Nel 1895 l’Hotel
Waldhaus Dolder a Zurigo venne dotato di una funicolare a partire da Römerplatz, e poco dopo seguì il
collegamento con tram al Grand Hotel Dolder. Nel
1899 a Zermatt fu costruita la linea ferroviaria più alta
della Svizzera, per l’uso esclusivo del Grand Hotel sul
Riffelalp. E dal 1913 la funicolare collega il paese di
St. Moritz all’hotel termale Chantarella.
Mobilità e innovazione
Da 150 anni le ferrovie consentono agli ospiti degli
­alberghi di spostarsi, perché esse tradizionalmente
non sono solo mezzi di trasporto, ma una vera e propria parte integrante dell’esperienza alberghiera.
Quando la piccola funicolare di Schindler trasporta gli
ospiti fino all’Art déco Hotel Montana, sopra Lucerna,
nella cabina aleggia un’atmosfera nostalgica. Quando
la funicolare più ripida d’Europa ha scalato, dente
dopo dente, il Pilatus, ciò è valso un paio di stelle sia
al Grand Hotel sulla vetta che al viaggio stesso. E
quando il «Tschuggen Express» scivola alla velocità di
quattro metri al secondo in direzione dei monti di
Arosa, ­appare evidente la vena innovativa degli albergatori svizzeri. Oggi come allora. n
Innovazione
Rivoluzione
sul tetto
È arrivato il nuovo Schindler 3400, l’ascensore senza
struttura sul tetto per l’extracorsa, che consente a
progettisti, architetti e committenti nuove opzioni per
rendere accessibili i condomini.
Facts & Figures
Carico utile
Velocità
Testo Reto Westermann foto Alex kreuzer
C
ompatto, cubico, slanciato – l’approccio architettonico contemporaneo non ha bisogno di fronzoli. Tanto più quindi la struttura sul tetto nei vani degli ascensori, perlopiù indispensabile, rovina
l’aspetto dei condomini moderni. E non di rado anche i vicini si irritano di fronte ad un nuovo progetto edilizio, in quanto pregiudica
loro la vista: un problema destinato ad essere vieppiù discusso in
­futuro di fronte alle costruzioni sempre più fitte dei quartieri in Svizzera. In quest’ottica, la struttura sul tetto per l’extracorsa dell’ascensore svolge una funzione davvero importante: garantire la sicurezza
del tecnico di manutenzione durante i lavori sul tetto della cabina.
Altezza corsa
Fermate
Accessi
Larghezza porta
Altezza porta
Altezza testata Profondità fossa
da 5 a 13 persone, da 400 a 1000 kg
1 m / s
max. 30 m
max. 14
laterali, frontali
750 – 900 mm
2000 mm (2100)
min. 2400 mm
da 1000 fino a 1150 mm
Nuovo principio di costruzione
Con l’introduzione sul mercato dello Schindler 3400 si è reso disponibile un modello di ascensore senza struttura sul tetto, in grado di
­rispondere ai desideri di progettisti, architetti e committenti, nonché
dei vicini di casa. Un’altezza dell’ultimo piano pari a 2,40 metri è già
sufficiente per l’installazione della nuova generazione di ascensori,
senza imporre una struttura sul tetto. Tale rinuncia risulta possibile
grazie ad un principio di costruzione di cabina e binari di guida diverso
dallo schema utilizzato in precedenza, e a un motore estremamente
compatto.
Negli ascensori classici la cabina si muove mediante una guida su
­ciascuna parete del vano di corsa. Il modello Schindler 3400 è invece
«appeso» a due binari di guida posti l’uno accanto all’altro e fissati
alla stessa parete del vano di corsa. Il motore estremamente compatto può essere invece collocato in alto nella ­testata, tra le due
guide; in tal modo, la cabina può muoversi passando davanti ad
esso fino alla posizione più elevata. E quasi tutti i lavori di manutenzione, una volta smontata la parete laterale, possono essere svolti
direttamente dalla cabina, preservando la sicurezza del personale
di servizio anche senza extracorsa.
Nuove possibilità di configurazione
L’eliminazione della struttura sul tetto comporta tanti vantaggi,
­finora offerti solo da ascensori idraulici notevolmente più lenti e
­indicati per altezze di trasporto inferiori: anzitutto, quello di non
compromettere l’architettura dell’edificio. In secondo luogo,
la soppressione di punti strutturalmente delicati poiché di fatto
­vengono meno le infiltrazioni indesiderate nel rivestimento del tetto
(dispersioni termiche). E infine, da oggi tutti i piani possono essere
raggiunti da un ascensore, perfino in case con tetti a falde o in
aree dove la legge sulle costruzioni non consente extracorse nella
zona del tetto.
«Un ascensore privo di extracorsa con una sola parete portante del
vano di corsa offre possibilità di configurazione del tutto nuove»,
spiega Nico Bittel, architetto e Product Manager di Schindler 3400.
Per il processo di progettazione, a parte le nuove prospettive nell’area del tetto, non cambia nulla: le sezioni trasversali sono dimensionate come in altri ascensori della stessa classe, per continuare a progettare le piante dei piani con le stesse modalità di sempre, prima di
optare in via definitiva per uno o l’altro modello di ascensore. n
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25
Sostenibilità
Bertrand Piccard (a sinistra)
e André Borschberg nell’hangar a Payerne.
Solar Impulse
prende nuovamente il volo
Schindler è uno dei partner principali di Solar Impulse, l’aereo a energia solare. A Payerne
i responsabili del progetto nonché piloti Bertrand Piccard e André Borschberg hanno
parlato dei successi finora ottenuti e delle prossime tappe del progetto Solar Impulse.
26
INTERVISTA Jean-Louis Emmenegger foto Albert Zimmermann
B
ertrand Piccard, André Borschberg, due anni fa avete volato
per la prima volta oltre i confini svizzeri fino a Bruxelles. E
nel 2012 avete affrontato il vostro primo volo intercontinentale
da Payerne a Ouarzazate, in Marocco, e ritorno. Qual è il vostro
bilancio?
Bertrand Piccard: Possiamo affermare che l’aereo Solar Impulse è più
efficiente e affidabile di quanto pensassimo inizialmente. Nella fase
iniziale del progetto è stato usato come prototipo per i voli di prova
in Svizzera, i quali servivano a dimostrare che si può volare sia di
giorno sia di notte affidandosi solo all’energia solare. Il velivolo tuttavia si è mostrato così efficiente da riuscire nel frattempo a volare
da un continente all’altro passando sopra la catena montuosa
dell’Atlante e il deserto.
André Borschberg: È importante capire che si tratta di un aereo assolutamente unico. Quanto più vola durante le ore diurne, tanta più
energia viene accumulata nelle batterie. Anche se si atterra intorno
alla mezzanotte, come è successo a Rabat, le batterie sono ancora
cariche. Il nostro Solar Impulse dunque è un esempio emblematico
di efficienza energetica! Anche per quanto riguarda la collaborazione
all’interno del team, non avremmo potuto sperare in un successo
maggiore.
l’energia nucleare. È fondamentale risparmiare tantissima energia, il
che è possibile grazie alle tecnologie pulite. Ed è su queste tecnologie che dobbiamo puntare senza alcuna riserva sebbene, spesso a
torto, vengano associate a uno standard di vita meno elevato e a una
riduzione del comfort e della mobilità. Solar Impulse è la prova che è
esattamente il contrario. Risparmiare energia è concretamente possibile!
Dunque non è un’utopia?
Bertrand Piccard: Assolutamente no! Se si utilizzassero le tecnologie
pulite seguendo il modello di Solar Impulse, si ridurrebbe il consumo
di energia del 50%. La metà del restante fabbisogno energetico,
ovvero il 25% della quantità totale, potrebbe essere coperto dalle
energie rinnovabili. Di questo sono convinto. Resterebbe dunque un
altro 25% di energia che potrebbe essere prodotto con le fonti
energetiche fossili.
Dunque un aereo di linea alimentato a energia solare non
è un progetto realistico?
André Borschberg: Non a breve termine. Pensi ai fratelli Wright. Dopo
che nel 1903 riuscirono a effettuare il primo volo della storia, dovet-
«Con Solar Impulse vogliamo far capire che il mondo deve ridurre la sua dipendenza dalle fonti di
­energia fossile. Le tecnologie pulite che utilizziamo nel nostro aereo possono essere impiegate anche nelle automobili, negli edifici
e nei sistemi di riscaldamento e illuminazione incrementando la loro efficienza.» Bertrand Piccard
Quali sfide avete dovuto affrontare durante i vostri ultimi voli?
Bertrand Piccard: Abbiamo avuto pochissimi problemi tecnici, in realtà
solo uno. Per motivi di sicurezza abbiamo deciso di sostituire un
pezzo. È stato il tempo a riservarci una brutta sorpresa. In alcuni momenti abbiamo dovuto contrastare un vento più forte di quanto ci
saremmo aspettati. Dovevamo essere in grado di volare con raffiche
di vento fino a 50 nodi.
André Borschberg: Durante il volo per Ouarzazate siamo dovuti tornare
indietro, perché il vento sopra i monti dell’Atlante era fortissimo.
Durante il viaggio Rabat-Madrid avevamo troppo vento alle spalle
che ha accelerato la corsa del nostro aereo in direzione di Madrid.
Non potendo atterrare prima della tarda sera, dopo il volo di linea,
abbiamo dovuto decelerare.
Solar Impulse vola senza cherosene perché i suoi motori
vengono alimentati dall’energia solare. Pensate che questa
sia l’energia del futuro?
Bertrand Piccard: L’energia solare è una delle fonti energetiche del domani. Ma non è sufficiente per sostituire le fonti di energia fossile e
tero passare altri 25 anni prima che Lindbergh riuscisse a sorvolare
l'Atlantico con il suo aereo. E ci vollero altri 25 anni prima di operare
dei voli transatlantici con circa 100 passeggeri. Quello che stiamo
­facendo oggi servirà a sviluppare un modo di volare più ecologico.
E se non iniziamo oggi, domani non saremo mai pronti. La nostra
tecnologia aerea ci consente di volare in tutto il mondo con un
­motore paragonabile per potenza quasi a quello di un motociclo.
Questa tecnologia può essere usata sicuramente anche su terra
dove permetterebbe di incrementare l'efficienza energetica.
Cosa si prova a volare con il Solar Impulse?
André Borschberg: La cosa più impressionante è poter volare tutto il
giorno e salire fino a 9000 metri di quota mentre le batterie continuano a caricarsi. Quanto più l’aereo vola durante il giorno, tanta
più energia immagazzina. Quando ho preso in mano il comando
del Solar Impulse per la prima volta, da una parte mi sono sentito
addosso una grande responsabilità. Per tanti anni l’intero team
avevamo lavorato duramente alla progettazione e alla costruzione
del velivolo. Dall’altra parte in quel momento ho provato una c
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27
Sostenibilità
Facts & Figures
Novembre 2003
Inizio progetto
di fattibilità dell’PFL (Losanna)
Dicembre 2009 Prima presentazione e primo decollo
Aprile 20101° volo di prova
7 e 8 luglio 20101° volo diurno e notturno (26 ore non stop)
13 maggio 2011 Volo per Bruxelles su invito dell’UE
15 giugno 2011 Atterraggio a Parigi come ospite speciale al Salone Internazionale
dell’Aeronautica e dello Spazio (Salon International de l’Aéronautique et de l’Espace in Bourget)
24 maggio – 21 guigno 20121° volo intercontinentale Payerne – Madrid – Rabat – Ouarzazate
29 guigno – 24 luglio 2012Volo di ritorno Ouarzazate – Rabat – Madrid – Tolosa – Payerne
2013 Volo continentale USA
Team 80 membri
Base Aerodromo Payerne (Vaud) e Dübendorf (Zurigo)
2003Studio
c
gioia indescrivibile. Erano sei anni che lo aspettavo. Lassù in alto
regnano una pace e un silenzio quasi totali. Si sente solo il lieve
­sibilo dei quattro motori.
creatività, che facciano sempre gli stessi errori imparando a malapena qualcosa da questi. Mi riferisco in particolare ai protagonisti
del mondo economico e finanziario.
Bertrand Piccard, lei è considerato un «pioniere» e come tale sta seguendo il modello di suo nonno e di suo padre che hanno
ugualmente segnato dei record storici. Come affronta tutto ciò?
Bertrand Piccard: Per essere pionieri ci vuole una certa predisposizione.
Personalmente ciò che mi interessa è cambiare le mentalità e miglio­
rare gli atteggiamenti. È necessario elaborare nuove soluzioni e
­metterle in pratica con il massimo impegno.
Allora è un pessimista?
Bertrand Piccard: Sì, soprattutto perché non riesco a trovare dei veri
progetti per sviluppare delle energie rinnovabili. E anche perché è
assurdo che si applichino dazi doganali sulle merci importate da
­paesi che diciamo di voler aiutare. In tutta franchezza, non possiamo affermare che l’umanità oggigiorno stia facendo grandi progressi. Tuttavia mi torna un po’ di ottimismo quando penso ai nostri
team di ingegneri. Questi esperti sprizzano creatività da ogni poro
e la mettono al servizio di Solar Impulse. Anche se il nostro è un
­progetto di natura tecnica, sta assumendo sempre più anche una
­dimensione umanistica. Grazie a questo progetto speriamo di promuovere l’innovazione anche in altri settori.
Secondo lei come deve essere un «pioniere» nel XXI secolo?
Bertrand Piccard: Un pioniere è una persona che ha una visione e
­un’idea e che è in grado di realizzarle senza lasciarsi guidare da certezze e convenzioni. Un pioniere non ha paura di migliorarsi, provare cose diverse, uscire dai binari e mettere in pratica un nuovo
modo di pensare. Queste capacità possono dare frutti in diversi
­settori.
Dove trova la motivazione per affrontare sfide sempre nuove?
Bertrand Piccard: Non sono mai soddisfatto dello stato delle cose. Per
me è naturale coltivare la mia curiosità e la mia voglia di sapere e
mettermi sempre in discussione. Mi dispiace profondamente che
­coloro che sono chiamati a prendere delle decisioni manchino di
28
Come si coordina un progetto talmente complesso?
André Borschberg: All’inizio c’è un’idea ma manca il team. Durante la
fase di sviluppo del progetto si trovano dei partner che credono
nel progetto come dei veri pionieri. Ci offrono un sostegno fondamentale in quanto convogliano nel progetto le tecnologie necessarie e tutto il loro know-how. Abbiamo cercato di sviluppare valori
utili e stimolanti nell’ambito di questa impresa. Quindi abbiamo
­dovuto risvegliare lo spirito pionieristico all’interno del team e inco-
Solar Impulse colpisce
per l’impressionante apertura
alare di 72 metri.
Solar Impulse e Schindler.
Due imprese,
un progetto visionario.
Attendono impazienti di partire per
un’avventura che li
porterà a circumna­
vigare il mondo:
i pionieri di Solar Impulse André Borsch­
berg (a sinistra) e
­Bertrand Piccard.
raggiare i suoi componenti a sperimentare e
­affrontare questa sfida senza alcuna garanzia di
successo. L’ingegnere deve essere in grado di
correre dei rischi. E noi dobbiamo poterlo supportare, sia che fallisca sia che abbia successo.
Per me sono tre i valori fondamentali: provare,
accettare il rischio di fallire senza se e senza ma,
e soprattutto imparare e migliorarsi.
Se Solar Impulse può volare è anche grazie ai vostri partner finanziari e tecnici, tra cui
Schindler. Che importanza hanno questi partner per voi?
André Borschberg: Con loro condividiamo il modo
di pensare. Abbiamo tanti valori in comune, il
loro sostegno è indispensabile per noi. «Siamo al
vostro fianco», ecco quanto ci promettono anche in caso di difficoltà come quelle che abbiamo dovuto affrontare lo scorso anno.
Durante un test si è rotto il longherone di un’ala. Di conseguenza
l’ultimazione del nuovo aereo è stata ritardata di sei mesi. Schindler
mette le sue competenze tecniche al nostro servizio in tanti campi,
anche in materia di affidabilità, risparmio energetico, materiali leggeri, elettronica e componenti. Inoltre possiamo usufruire di tutta
l’esperienza Schindler nell’ambito dei test.
Il contributo finanziario e tecnico offerto dai partner è
indispensabile per il successo di un progetto come Solar
Impulse. Il team di tecnici e le aziende partner collaborano a stretto contatto e in buona sintonia. Dal 2011
Schindler è uno dei «main partner» di Solar Impulse al
fianco di Solvay, Omega e Deutsche Bank. Il sostegno
offerto da Schindler tuttavia non è solo di natura finanziaria ma anche tecnologica. Due ingegneri Schindler
fanno infatti parte del team permanente di Solar Impulse. Le loro competenze vengono sfruttate in due ambiti, ovvero l’elettronica applicata e la struttura dei materiali (resistenza).
Da San Francisco a New York
Da San Francisco a New York, attraversando il continente nordamericano: è la nuova avventura affrontata
da Solar Impulse quest’anno nonché l’ultimo test prima
del giro del mondo previsto per il 2015. In qualità di
main partner di Solar Impulse, Schindler sostiene finanziariamente anche questo viaggio americano. L’aereo è
partito il 1° maggio da San Francisco con destinazione
Washington e New York, con due o tre soste intermedie.
Secondo Bertrand Piccard, l’obiettivo del volo non è
quello di stabilire nuovi record, ma di attirare l’attenzione
negli Stati Uniti sugli aerei a energia solare.
In cosa si differenzia il secondo aereo Solar dal primo?
André Borschberg: Il nostro primo aereo era un prototipo concepito
per i voli di prova. Il secondo invece sarà un «aereo di linea» con
­caratteristiche diverse. L’apertura alare sarà di 72 metri, ovvero
8 metri in più rispetto al primo modello. L’aereo tuttavia sarà più
leggero in proporzione e avrà un abitacolo molto più spazioso affinché il pilota possa percorrere lunghe tratte in massima comodità.
Le batterie saranno più efficienti, gli strati di carbonio più sottili e
l’elettronica più performante. Inoltre ci sarà un pilota automatico.
Per farla breve, il nostro aereo sarà equipaggiato al meglio per
­raggiungere il nostro grande obiettivo, ovvero il giro del mondo
nel 2015. n
next floor
29
Architettura Svizzera
Straordinario sia
l’involucro della
torre che la corte
interna del nuovo
edificio basso.
San Gallo ha un nuovo emblema architettonico direttamente
presso la stazione ferroviaria: lo straordinario edificio
dell’università, che oltre ad arricchire la fisionomia urbana
amplia anche l’offerta formativa.
Nuova impronta
sulla skyline di San Gallo
Testo Katrin Ambühl foto Albert Zimmermann
L
a voglia di sapere tra i giovani è molto grande, tanto che alcune
università oggi sono al limite delle loro capacità. Questo vale
­anche per l’Università di San Gallo (FHS) che fino a poco tempo fa
era distribuita in otto sedi. Una soluzione insoddisfacente non solo
per la complicata situazione degli affitti o gli spazi precari. «L’interdisciplinarietà è molto importante per noi, ma finora è stata pressoché
inattuabile», dichiara Sebastian Wörwag, rettore dell’Università di
San Gallo. Secondo la sua visione gli aspiranti economisti aziendali,
esperti in scienze infermieristiche e ingegneri industriali dovranno
poter ­seguire lezioni in comune, ad esempio di etica, e potersi così
incontrare e confrontare.
Ora questo suo progetto è diventato realtà. A fine gennaio le prime
facoltà si sono trasferite nel nuovo stabile. «Sono contento che tutti
i servizi e le facoltà saranno riuniti sotto un unico tetto», aggiunge
Sebastian Wörwag. Il nuovo complesso è composto da un edificio
alto 19,5 metri sviluppato in lunghezza e da una torre di 65 metri.
«La struttura è compatta e ben strutturata», spiega il rettore. Dal
2003 Sebastian Wörwag ha in mano le redini dell’Università di San
Gallo. In quell’anno fu indetto il concorso di architettura per il nuovo
edificio. La progettazione è iniziata dunque oltre dieci anni fa, un
fatto non raro quando si tratta di edifici pubblici. «Ma ne è valsa la
pena», sottolinea Sebastian Wörwag. Nel 2008 il progetto è c
30
Facts & Figures
CommittenzaUfficio
lavori pubblici del cantone di San Gallo,
City Parking St. Gallen AG,
Genio civile della città di San Gallo
ArchitettiGiuliani Hönger Architekten, Zurigo
Gestione ediliziab+p Baurealisation, Zurigo
Durata dei lavori di costruzionedal 2009 al 2012
Costocirca 132 milioni di franchi
Ascensori
Torre3 Schindler 5400 con sistema di controllo
delle chiamate di destinazione
Basamento
3 Schindler 5400
Garage sotterraneo
2 Schindler 5400
Montacarichi
1 Schindler 2600
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31
Architettura Svizzera
aggiunge alle torri della posta centrale, del municipio e del nuovo
tribunale amministrativo federale.
Da train station a brain station
Oltre che dell’aspetto esterno, il rettore è soddisfatto soprattutto
dello spazio offerto e della qualità degli interni. «La luce del sole
viene convogliata in maniera intelligente fino al piano terra
­mediante corti vetrate e lucernari che donano luminosità e brio
all’edificio», sottolinea Sebastian Wörwag. Le due corti vetrate sono
il fulcro del progetto architettonico. La torre è posizionata sul
­basamento in modo tale che su due lati si aprono due corti: una
esterna che dà luce agli ingressi e alla hall e una coperta che funge
da biblioteca.
2900 saranno gli studenti che in futuro animeranno i locali della
nuova università posta direttamente presso la stazione ferroviaria.
Il nuovo edificio è collegato direttamente ai binari al piano sotterraneo dell’università dove si trova anche l’accesso alla stazione.
«Con la nuova sede universitaria, la train station è diventata una
brain station», commenta Sebastian Wörwag. Il suo ufficio tra l’altro
non si trova all’ultimo ma al penultimo piano del grattacielo. Ma anche da qui, a ben 60 metri di altezza, il rettore può godersi la magnifica skyline di San Gallo, ora arricchita da un nuovo emblema. n
stato approvato dalla popolazione di San Gallo con l’82% di
voti favorevoli.
c
In anticipo sui tempi
L’elevato grado di accettazione è sorprendente considerando che
i grattacieli incontrano spesso resistenze. In Svizzera sono tornati in
auge solo di recente a causa della carenza di superfici e della crescente richiesta di edilizia ad alta densità. «Solo pochi dei progetti
presentati proponevano un grattacielo per la nuova FHS», afferma
Tobias Greiner, uno dei due project manager dello studio zurighese
Giuliani Hönger Architekten che ha vinto il concorso nel 2003. Una
proposta azzardata allora, aggiunge l’architetto, che ha richiesto
­coraggio anche da parte del committente, l’Ufficio lavori pubblici
del Cantone di San Gallo.
L’idea centrale si basa su due volumi diversi destinati anche a usi
­diversi: da una parte il basamento dell’intera struttura in cui si trovano le aule, l’aula magna, la biblioteca e la mensa e dall’altra parte
una torre da 18 piani per i locali dell’amministrazione. Nell’edificio
più basso si svolgono i corsi di studio e specializzazione, la torre
­invece ospita gli istituti e l’amministrazione. «Il giardino pensile
sull’edificio basso è una terrazza aperta a tutti che crea un passaggio tra i due edifici», spiega Tobias Greiner.
Il giardino pensile è collocato all’altezza degli edifici circostanti
che sono prevalentemente in pietra arenaria della Savoia. Questo
aspetto è stato molto importante nella realizzazione della facciata
della nuova sede universitaria. «Eravamo consapevoli che un’architettura così imponente doveva avere un nesso con gli edifici limitrofi», spiega Tobias Greiner. Ecco perché gli architetti hanno scelto
per la facciata un calcestruzzo di colore simile alla pietra arenaria.
Il grattacielo lascia inoltre un impronta sulla skyline di San Gallo e si
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Grazie al sistema di controllo delle
chiamate di destinazione i tre ascensori
­installati nella torre dell’università lavorano
in modo estremamente efficiente.
Schindler Award
Il progetto vincente
degli studenti tedeschi
pone un grattacielo in
­posizione prominente tra
i due ponti sull’Aare.
«Enhance and Revitalize»:
Lo Schützenmatte nel 2025
Oltre 1000 studenti hanno partecipato allo «Schindler Award 2012» e hanno proposto una soluzione
per rendere lo Schützenmatte di Berna un quartiere accessibile a tutti. Il concorso è stato vinto da
tre studenti berlinesi. A 13 anni di distanza intraprendiamo un tour virtuale attraverso la city di Berna
sulle tracce del loro progetto.
Testo Hannes Tscherrig foto Andreas Gemperle / Albert Zimmermann / RAFFAEL WALDNER
S
opralluogo nello Schützenmatte di Berna nel 2025: «Dieci anni
fa qui non avremmo visto molto», spiega Joe Manser. L’architetto avanza tranquillamente sulla sedia a rotelle passando davanti
al caffè universitario e agli studenti seduti comodamente. L’edificio
universitario a forma di cubo accanto alla mensa, ultimato nell’estate 2024, si anima lentamente. Gli studenti affluiscono nelle aule.
Dalla terrazza davanti si può ammirare il nuovo volto di Berna.
Schindler Award, era molto più complicato», ci racconta mentre aspettiamo l’ascensore. Fino ad alcuni anni fa qui si trovava un parcheggio
isolato posto tra binari e strade che a volte veniva usato per le fiere
popolari. L’instancabile e combattivo promotore dell’edilizia senza
barriere riassume così: «Lo Schützenmatte di allora aveva tantissime
barriere architettoniche». Saliamo.
Divari superati in città
Ottimi collegamenti
Dieci metri sotto di noi fischiano i treni delle FFS diretti a Zurigo e
Berna. Lo «Schindler-Arch», un ponte futuristico in acciaio e vetro,
­collega il quartiere universitario allargato all’area dell’ex Schützen­
matte. Il nuovo albergo e centro congressi è diventato non solo
­l’elemento cardine di questa zona, ma con i suoi tredici piani funge
anche da punto di orientamento e riferimento per la città di Berna.
Tramite la rampa e gli ascensori si scende facilmente nella city anche in
sedia a rotelle, assicura Joe Manser. «Nel 2012, quando qui si tenne lo
Nel 2012 Mark Werren era urbanista. Oltre mille studenti iscritti allo
Schindler Award avevano presentato delle proposte per migliorare
l’accessibilità del centro di Berna. Come membro della giuria, Mark
Werren premiò il progetto che mirava a trasformare un deserto di
asfalto nell’attuale city di Berna. «La città di Berna ovviamente non è
riuscita a realizzare tutto», commenta alludendo al progetto berlinese «Enhance and revitalize» vincitore del concorso. «Alcune idee
erano troppo audaci per una capitale federale tormentata da una
politica di compromessi». c
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Schindler Award
Caratteri braille
e odori
L’area dello Schützenmatte attorno
alla Reithalle di Berna con cui gli
studenti del quinto Schindler Award
si sono dovuti confrontare.
INTERVISTA Eliane Kunz
Benjamin Saner e Roman Koch sono gli unici svizzeri a essere entrati nella top ten dello Schindler Award 2012 con il progetto «Joining». In tutti sono stati presentati 113 lavori.
Che cosa vi ha indotto a partecipare al concorso di
architettura?
Roman Koch: Per il lavoro di bachelor la scuola ci ha proposto due
progetti. Uno di questi era lo Schindler Award. La modalità del
concorso ci ha stuzzicati e volevamo dimostrare che potevamo
affrontare una tale sfida dopo quattro anni di studi di architettura
parallelo alla professione.
Benjamin Saner (a destra) e Roman Koch
hanno concluso il loro percorso di studio
in architettura parallelo alla professione
presso l’Università di scienze applicate di
Zurigo (ZHAW, corso di bachelor a
esaurimento della ex HSZ-T).
In cosa consisteva la sfida più grande secondo voi?
Benjamin Saner: Dovevamo concentrarci sulle sfaccettature più
diverse dell’accessibilità nello Schützenmatte di Berna, l’area
oggetto del concorso, restando entro spazi ristrettissimi. Temi
sociali come l’integrazione del centro di accoglienza per
tossicodipendenti nel progetto urbanistico facevano parte del
compito tanto quanto la soluzione del problema dei dislivelli
nella Martinshang. Questa varietà di temi ha reso il progetto
molto interessante ma anche molto laborioso.
Il vostro progetto è rientrato tra i dieci migliori. Cosa vi ha aiutato a ottenere questo successo?
Benjamin Saner: I nostri docenti ci hanno offerto un ottimo
supporto. Abbiamo ricevuto input preziosi sul tema «access
for all» che abbiamo iniziato a studiare in realtà solo perché
dovevamo partecipare allo Schindler Award.
E cosa avete imparato da questo concorso?
Roman Koch: Penso che la scoperta più importante è che
bisognerebbe allargare ancora di più gli orizzonti per quanto
riguarda il tema dell’accessibilità nell’architettura. Si potrebbero
fare tante nuove scoperte. Ci siamo ad esempio occupati dei
caratteri braille e abbiamo sviluppato soluzioni con piante
profumate. Anche le persone con disabilità visive devono potersi
trovare a loro agio negli spazi pubblici.
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Nel nuovo centro congressi, un ascensore ad alte prestazioni
porta Joe Manser dal campus universitario giù nella city. Porte
­nuovissime si affacciano sull’anima culturale di Berna. «A sinistra la
scena alternativa», sorride Joe Manser indicando la Reithalle.
Come per conferma, i graffiti del quasi quarantennale centro
­culturale risplendono al sole. «E a destra l’alta cultura più di stampo
borghese.»
c
un’unica istituzione culturale. Ma le cose sono andate diversamente
da come le avevano immaginate Christopher Ruhri, Thomas Buser
e Stefan Gant. Nella «House R» oggi, anno 2025, si banchetta
­comodamente con un’ottima vista sull’Aare. Al posto delle sale di
arte classica sono nati degli eleganti loft. «Allora i progettisti vedevano nello Schützenmatte un hot spot culturale», spiega Manser,
«ma questa parte del progetto non è stata realizzata.» L’idea «access
for all» invece è diventata realtà.
Un’idea parzialmente realizzata
Joe Manser indica il moderno edificio di vetro originariamente concepito per l’ampliamento del vicino museo d’arte. I vincitori dello
Schindler Award 2012 volevano collegare la Reithalle a nord, il
­vecchio museo d’arte a sud e la «House R» in mezzo dando vita a
Consegna del primo premio dello Schindler Award 2012 (da sinistra):
la moderatrice Mireille Jaton, il membro della giuria prof. Kees Christiaanse,
i vincitori Christopher Ruhri, Thomas Buser e Stefan Gant dell’Università
tecnica di Berlino (TU Berlino), il CEO di Schindler Jürgen Tinggren e i tutor
Christos Stremmenos e Bettina Bauerfeind.
«Access for all»
Accessibilità non vuol dire solo rampe e ascensori per sostituire le
scale. Altrettanto importanti sono quelli che a prima vista sembrano
dettagli. I comandi negli ascensori devono essere raggiungibili anche da seduti, l’ascensore deve essere a portata di mano. «Tutto è
stato risolto al meglio», commenta soddisfatto Joe Manser. Gli
ascensori nel centro congressi di Berna si riconoscono immediatamente e i comandi sono ben raggiungibili sia da persone in piedi che
sedute o non vedenti.
«Agli studenti di tutta Europa chiamati a confrontarsi con il problematico Schützenmatte nell’ambito dello Schindler Award, noi della
giuria chiedemmo che il nuovo quartiere urbano fosse accessibile a
tutti gli strati sociali», ricorda Mark Werren. Anche per questo
­motivo il Centro di accoglienza per tossicodipendenti (Drogen­
anlaufstelle) di Berna nel 2025 è integrato in un edificio per uffici
presso la stazione.
Emarginati al centro dell’attenzione
Una parte dell’edificio è riservata a chi soffre di dipendenze. «Il Centro di accoglienza è un porto sicuro per i tossicodipendenti», spiega
Joe Manser. In questo centro le persone ricevono consulenza, cure
e terapie mediche. Per questo è importante che sia posizionato
nel cuore della città. Chi lo desidera, può mantenere l’anonimato.
Accanto al centro, la vita procede normalmente. Il ristorante e il
­cortile interno sono accessibili a tutti. Diverse aziende hanno preso
in affitto gli uffici sopra il Centro di accoglienza. E quattro piani
­sopra la strada si trova uno dei più bei giardini pensili di Berna, un
punto di osservazione perfetto sulla caotica e frenetica vita urbana.
Nuove linee in Berna
Dirigendoci verso il ponte Lorraine attraversiamo la Schützenmatt­
strasse. Ai semafori per i pedoni nella city, la luce verde è accompagnata da una segnalazione acustica. Anche le persone non vedenti
o ipovedenti possono così attraversare la strada in tutta sicurezza.
Joe Manser indica una tacca impressa sul suolo. «Le strutture e i
contrasti aiutano le persone con disabilità visive a orientarsi.»
Dal giardino botanico ci giriamo a guardare la city di Berna.
­L’elegante «House R», l’hotel e il centro congressi, il ponte delle FFS,
il quartiere universitario ampliato con il collegamento allo Schützen­
matte, la Reithalle. Joe Manser sorride. «Ecco qui una vera skyline».
Dieci anni fa da qui si sarebbe visto molto meno. n
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Rubrik
Beetham Tower, Manchester
Noi vi mettiamo in moto.
A Caslano e nelle non immediate vicinanze.
Ogni giorno un miliardo di persone utilizza gli ascensori, le scale
mobili e le innovative soluzioni di mobilità Schindler. Al nostro
successo contribuiscono 45 000 collaboratori in tutti i continenti.
www.schindler.ch
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