Lo Cicero ML_tesi Phd 2010

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Lo Cicero ML_tesi Phd 2010
DOTTORATO DI RICERCA
in
Storia e Didattica delle Matematiche, della Fisica e della Chimica
XXI Ciclo
Consorzio tra le Università di Palermo, Bologna, Catania, Napoli “Federico II”, Pavia, Bratislava,
Slovacchia), Nitra (Slovacchia), Alicante (Spagna),
CIRE (Centro Interdipartimentale Ricerche Educative, Università di Palermo)
Sede Amministrativa: Università Di Palermo
_____________________________________________________________
TESI
Insegnamento/apprendimento del concetto di funzione
e delle sue rappresentazioni epistemologiche e semiotiche.
Maria Lucia Lo Cicero
Settore scientifico disciplinare MAT/04
Coordinatore e Tutor:
Prof. Filippo Spagnolo
____________________________________________________________
Febbraio 2010
INDICE
INTRODUZIONE
Inquadramento generale della problematica
Oggetto della ricerca
Struttura della tesi
Introduction (english version)
CAPITOLO I
Quadro di riferimento teorico
Il triangolo: insegnante, allievo, sapere
Errori, ostacoli, concezioni
Analisi epistemologica
Il contratto didattico
Oggetti matematici e paradosso semiotico
Teoria dei Registri di Rappresentazione semiotica di Duval
L’approccio socioculturale di Vygotskij
Mediazione semiotica nella didattica della matematica: artefatti e segni nella
tradizione di Vygotskij
Strumenti MBL
Uso del sensore di moto in didattica della matematica Strumenti MBL
Modellizzazione di fenomeni reali
Studio di grafici
Il cognitivismo e l’Embodiment della mente
Gesti e linguaggio
Neuroni Specchio
Metodologia di ricerca
Teoria delle Situazioni Didattiche
APC-space and Semiotic Bundles
Analisi statistica implicativa
CAPITOLO II
Analisi storico-epistemologica e didattica del concetto di funzione
Analisi epistemologica del concetto di funzione
Analisi storica del concetto di funzione
Analisi delle concezioni e delle metafore concettuali legate a tale concetto
Concezioni del concetto di funzione
Metafore concettuali attinenti al concetto di funzione
Analisi didattica del concetto di funzione
Analisi didattica
Il concetto di relazione e di funzione nei curricula scolastici in Italia
Analisi delle competenze relative al concetto di funzione
Analisi didattica dell’utilizzo degli strumenti MBL come strumenti di mediazione
semiotica
Analisi didattica dell’utilizzo dei software Geogebra ed Excel come strumenti di
mediazione semiotica
CAPITOLO III
Domande di ricerca
Indagine sperimentale
Prima fase sperimentale
Seconda fase sperimentale
CAPITOLO IV
Analisi qualitativa delle sperimentazioni
Sperimentazione 4° classe Scuola Primaria,Perez
Sperimentazione 3° classe Liceo Scientifico, San Giuseppe Jato; 4° Liceo Classico,
Scaduto
Sperimentazione 3° - 4 ° Liceo Classico, Mandralisca
Funzioni lineari e quadratiche con il sensore di posizione
Il problema del cilindro
Legge di Boyle
CAPITOLO V
Analisi dei test
Analisi test, prima fase sperimentale
Item 1: Lettura e scrittura di punti sul piano cartesiano
Item 2: Scrittura di punti sul piano cartesiano giorni – temperature
Item 3: Comprensione di un grafico cartesiano discreto giorni –euro
Analisi statistica implicativa dell’item n.3
Item 4: Comprensione di grafici cinematici (per la Scuola Primaria)
Item 4: Comprensione di grafici cinematici (per la Scuola Secondaria)
Item 5: Confronto pendenze, Scuola Primaria
Analisi test, seconda fase sperimentale
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
Introduzione
Inquadramento generale della problematica
Obiettivo primario del progetto di ricerca è stato quello di occuparsi di alcuni
aspetti del processo di insegnamento/apprendimento del concetto di funzione nella
Scuola Secondaria Superiore, con studenti di 16-17 anni, attraverso un approccio
storico-epistemologico al concetto matematico trattato e un'analisi semiotica connessa
alla progettazione didattica relativa allo stesso.
Questo tema di ricerca è oggi, così come in passato, oggetto di studio di grande
interesse per la ricerca in Didattica. Parecchi sono gli autori che negli ultimi vent’anni
se ne sono occupati, analizzandolo da diverse prospettive e proponendo differenti
approcci. Le ragioni di tanto interesse risiedono nel fatto che il concetto di funzione è
uno dei concetti cardine in Matematica; ma ha anche molteplici applicazioni nelle
Scienze sperimentali, come strumento di modellizzazione di fenomeni reali, spendibili
nella vita reale.
Sul concetto di funzione troviamo una trattazione negli Elements1 de
mathematique di Bourbaki (1939), il cui IV volume è dedicato alle Funzioni di una
variabile reale. Quest’opera si prefiggeva l'obiettivo di classificare la matematica e
riscriverla in forma assiomatica in modo rigoroso e il più possibile semplice, nel
tentativo di dare un contenuto semantico all'attività dei matematici. Questo venne fatto
appoggiandosi sul concetto di struttura,2, la cui base semantica è la teoria degli insiemi.
La struttura, infatti, rappresenta una classe d'equivalenza su un insieme di sistemi di
assiomi e diventa uno strumento per il matematico che gli consente, una volta trovate
delle relazioni soddisfacenti agli assiomi di una struttura conosciuta, di disporre di un
arsenale di teoremi generali relativi alle strutture di quel tipo. Con la nozione di struttura
si viene a dare corpo alle ricerche sui sistemi formali propri della logica ed alle
successive ricerche sulla teoria dei modelli. Va dato merito ai matematici di Bourbaki di
1
Il termine "Elementi" si riferisce al titolo del lavoro di Euclide che significa "parti fondamentali" sulle
quali si costituiscono le parti più specifiche.
2
Sotto lo pseudonimo di "Bourbaki" si celano un gruppo di matematici francesi che negli anni 30 operano
una
classificazione strutturalista dei linguaggi matematici secondo le: a) strutture algebriche; b) strutture
d'ordine; c) strutture topologiche.
avere operato la prima grande classificazione delle matematiche dopo Euclide che abbia
avuto un assetto abbastanza organico. Il metodo assiomatico divenne, così, il pilastro
della matematica moderna, sulla base semantica della teoria degli insiemi. (Spagnolo et
al., 1998).
Anche la didattica risentì della paradigma bourbakista, nonostante lo scopo del
gruppo Bourbaki era quello di dare un solido fondamento alle matematiche, senza
alcuna finalità didattica o applicativa. I programmi ministeriali vennero rivisti sotto il
punto di vista della teoria degli insiemi e del metodo assiomatico, con un diffuso
utilizzo del linguaggio simbolico. Ma bisogna prendere atto del fatto che questo portò, e
porta tutt’oggi, a risultati prevalentemente fallimentari.
In particolare, la definizione del concetto di funzione in termini insiemistici
spesso non viene interiorizzata, non se ne comprende il significato nella sua interezza.
La difficoltà nella comprensione di questo concetto è anche dovuta al fatto che il
“significato” di un oggetto è intimamente legato ai problemi affrontati ed alle attività
realizzate dagli esseri umani, non potendosi ridurre il significato dell’oggetto
matematico alla sua mera definizione matematica (D’Amore, Godino, 2006).
La maggior parte delle attività in cui gli studenti si trovano ad operare con le
funzioni risultano lontane dalla definizione formale di tale concetto ed esse rendono non
esplicito e quasi superfluo il significato della sua definizione. Infatti, gli studenti non
necessariamente usano la definizione quando decidono se un dato oggetto matematico è
un esempio o non è un esempio del concetto di funzione. Nella maggior parte dei casi
loro decidono in base a quello che Vinner e Dreyfus, nel 1989, indicavano come
concetto immagine, ma che, in un’accezione specifica, preferiamo indicare come
concezione (Spagnolo, 1998). Questi studiosi hanno individuato 6 diverse categorie di
concepire la funzione: Corrispondenza, Relazione di Dipendenza, Regola, Operazione,
Formula e Rappresentazione.
Per quanto riguarda l’ultima categoria si può far rifermento al paradosso
cognitivo di cui parla Duval (1993): “…da una parte, l’apprendimento degli oggetti
matematici non può che essere un apprendimento concettuale e, d’altra parte, è solo per
mezzo di rappresentazioni semiotiche che è possibile un’attività su degli oggetti
matematici…” (in D’Amore, 2000).
È stato rilevato, nell’ambito di questa ricerca, mediante interviste orali, che
spesso gli studenti si trovano ad affrontare lo “studio di funzioni” senza aver chiaro il
significato di tale concetto, in termini di corrispondenza, di esistenza e unicità,
applicando meccanicamente un metodo trasmesso dall’insegnante. Questo dato svuota
di significato anche l’apprendimento del concetto di limite che ha motivo di esistere
solo mediante il teorema di esistenza e unicità del limite, ovviamente, non applicabile a
relazioni non funzionali. Dalla somministrazione di un test sul concetto di funzione a
studenti di primo anno di università è emerso che la maggior parte di loro l’anno
precedente aveva affrontato a Scuola Secondaria Superiore lo studio di funzione, ma
aveva difficoltà nel definire tale concetto e nel riconoscere se alcuni oggetti matematici
fossero funzioni o meno.
Significativo, infine, è osservare che nella maggior parte dei casi gli studenti
operano nell’ambito delle geometria analitica, della goniometria o di funzioni
logaritmiche ed esponenziali senza sapere che gli oggetti con cui lavorano
quotidianamente sono funzioni e senza conoscere il significato di tale concetto,
perdendo l’opportunità di maturarne il pieno apprendimento nel corso della loro carriera
scolastica.
Oggetto della ricerca
Il motivo del fallimento della prospettiva bourbakista in didattica può essere
attribuito al fatto che l’opera di Bourbaki definisce i concetti utilizzando una struttura
sintattica e semantica che, ad oggi e dal punto di vista della matematica pura, è frutto
dell’ultimo stadio evolutivo del pensiero matematico. Se ci poniamo nella prospettiva
del possibile parallelismo tra sviluppo cognitivo ed evoluzione storica del concetto
stesso (Piaget & Garcia, 1985) e guardiamo alla storia dei concetti matematici è
evidente che nessun concetto matematico nasce nella mente dell’uomo nella sua veste
formale, ma questo rappresenta solo l’ultimo stadio di evoluzione del concetto stesso.
Se trasportiamo questi ragionamenti nello specifico del concetto di funzione, da
un’analisi storica globale ricaviamo che tale concetto trova le sue origini storiche e
contestuali in ambito cinematico; che le prime relazioni funzionali sono state
rappresentate in forma tabulare, ad esse sono seguite le rappresentazione geometriche,
poi quelle analitiche, ed, infine, vi è stata la formalizzazione del concetto in termini
insiemistici. Tali osservazioni portano a formulare una prima ipotesi secondo cui un
percorso didattico che favorisca la trasposizione didattica (Chevallard, 1985) del
concetto di funzione possa prevedere un approccio di tipo grafico-cinematico,
l’introduzione
delle
rappresentazioni
semiotiche
della
funzione
che
rispetti
l’introduzione storica di esse, l’istituzionalizzazione delle conoscenze (Chevallard,
1992) e un feedback applicativo che assicuri l’interiorizzazione del significato del
concetto stesso, anche in modellizzazioni di fenomeni reali, con trattamenti e
conversioni delle varie funzioni introdotte in diversi contesti.
Sono state individuate alcune competenze chiave per l’apprendimento del
concetto di funzione. Alcune di esse, estrapolate dalla definizione formale enunciata da
Bourbaki nel 1939, riguardano le proprietà strutturali di tale concetto e i relativi
processi di creazione di significati (Radford, 2006); altre, sulla base della Teoria dei
Registri di Rappresentazione Semiotica di Duval (2006), si riferiscono alle abilità
riguardanti comprensione, produzione, trattamenti e conversioni di rappresentazioni
semiotiche di tale concetto; infine, in una prospettiva di educazione matematica per la
formazione culturale del cittadino, è stata tenuta in considerazione la modellizzazione di
fenomeni realistici mediante l’utilizzo di funzioni matematiche.
Facendo riferimento alla teoria cognitiva dell’Embodiment della mente, inserita
nel quadro teorico del presente lavoro di ricerca, secondo cui “gli essere umani
concettualizzano i concetti astratti in termini concreti, utilizzando idee e modelli di
ragionamento fondati sul sistema senso-motorio” (Lakoff & Núñez, 2005, p.27).
Tenendo presente ciò è ragionevole pensare che l’approccio iniziale possa basarsi su
attività senso-motorie.
L’anello di giunzione tra un approccio grafico-cinematico e attività sensomotorie può essere ritrovato nell’utilizzo del sensore di posizione, strumento del
laboratorio di Fisica che, interfacciato con un computer, rileva istante dopo istante,
tramite l’emissione e la ricezione di ultrasuoni, le distanze dei corpi di fronte ad esso e
trasmette le misurazioni al computer che facendo uso di un opportuno software (Data
Logger3) visualizza in tempo reale i dati in tabelle ed in grafico Cartesiano e permette di
compiere l’analisi dei dati (Thorton & Sokoloff, 1990).
Tale strumento di mediazione semiotica (Bartolini Bussi & Mariotti, 2008) è
stato adoperato per lo studio di rappresentazioni grafiche e tabulari di moti rettilinei
prodotti dal corpo di studenti presenti in aula.
Il presente lavoro ha preso spunto da ricerche che, basandosi sull’approccio
dell’embodied cognition, propongono l’introduzione al concetto di funzione mediante lo
studio di grafici cinematici ottenuti con un sensore di posizione (Arzarello, Pezzi &
Robutti, 2003; Arzarello & Robutti, 2004; Robutti, 2005; Ferrara & Savioli, 2007). Essi
hanno costituito il punto di partenza per questa ricerca, ma nella presente si è voluto
andare oltre, compiendo un’analisi delle potenzialità del sensore di posizione in
relazione alle competenze che si volevano sviluppare, contestualizzate in ambito
cinematico. Per ogni aspetto cardine del concetto di funzione e i relativi ostacoli sono
state scelte, proposte ed analizzate attività didattiche svolte sotto la guida
dell’insegnante, che costituissero un percorso unitario. È stata privilegiata la
componente previsionale, con la quale si intendeva esplicitare le conoscenze pregresse
degli allievi, l’analisi dei risultati ottenuti, la loro condivisione e formalizzazione. Sono
state proposte attività di previsione ed interpretazione di grafici per comprendere la
corrispondenza di valori ed intervalli della variabile dipendente ed indipendente, per
capire che tutti i valori del dominio hanno un’immagine nel codominio e che questo
valore è unico, per studiare la pendenza di un grafico, ecc… L’introduzione allo studio
della rappresentazione analitica è avvenuta mediante il fit dei dati di grafici di tipo
lineare e quadratico, ottenuti dal moto di un carrello su una guida orizzontale ed
obliqua. Per compiere conversioni nei vari registri semiotici ci si è avvalsi anche
dell’uso di un foglio elettronico, del software GeoGebra, di carta e penna. Per
esplicitare la differenza tra dipendenza lineare e quadratica è stato proposto il problema
dei sacchi di Galileo; mentre, per chiarire la differenza tra diretta e inversa
proporzionalità è stata studiata la legge di Boyle mediante il sensore di pressione,
introducendo in tal modo la funzione di tipo inverso. La necessità di eliminare la
componente oscillatoria del moto di un corpo umano dinanzi al sensore per ottenere una
3
In questo lavoro di ricerca sono stati utilizzati strumenti e Data Logger della Venier Software &
Technologies. Allo stesso modo si sarebbero potuti utilizzare strumenti e software di alter compagnie
ugualmente valide.
funzione lineare è stata sfruttata per introdurre funzioni di tipo sinusoidale; mentre, si è
fatto cenno alle funzioni esponenziali mediante lo studio di fenomeni di riscaldamento e
raffreddamento con il sensore di temperatura. L’apprendimento del concetto di funzione
e delle sue rappresentazioni è stato rinforzato mediante esercizi in contesto matematico
e mediante lo svolgimento di item riguardanti la modellizzazione di fenomeni reali.
La metodologia di ricerca fa riferimento alla Teoria delle Situazioni Didattiche e
all’Epistemologia Sperimentale delle Matematiche (Brousseau, 1997; Spagnolo et al.,
2009), in particolare, per quanto attiene all'analisi storico-epistemologica e didattica dei
concetti e degli ostacoli all’apprendimento, alla struttura della ricerca, al riferimento ad
alcuni aspetti dell’attività didattica riguardanti l’apprendimento indotto dal conflitto
cognitivo prodotto per mezzo del milieu, alla formalizzazione del pensiero e
istituzionalizzazione del sapere. L’attività didattica è stata audio-video registrata ed
analizzata qualitativamente facendo riferimento all’APC-space and Semiotic Bundles
(Arzarello & Robutti, 2008), congruo al quadro teorico del presente lavoro di ricerca. Il
processo di insegnamento/apprendimento è stato anche valutato mediante il confronto
tra i risultati del pre-test e del post-test, analizzati con la Statistica Implicativa (Gras et
al., 2008).
I risultati ottenuti da questa ricerca mostrano che l’uso dei sensori on-line induce
i processi di acquisizione e creazione di significati del concetto di funzione e delle sue
rappresentazioni. Questi processi sono stati rafforzati mediante la risoluzione di
problemi, diversamente contestualizzati, in cui si richiedeva l’applicazione di
competenze legate a tale concetto. Lo studio e la conversione delle rappresentazioni di
funzioni mediante diversi artefatti hanno portato gli allievi ad un apprendimento
completo di tale concetto, che, come è emerso dai risultati dei test, hanno raggiunto vari
livelli di formalizzazione e capacità di applicazione.
Introduction
Problem overview
Primary objective of the research project has been that to deal with some aspects
of the teaching/learning process of the concept of function in the Superior Secondary
School, with 16-17 year-old students, through a historical- epistemological approach to
the mathematical concept examined and a semiotics analysis connected to the didactic
planning related to itself.
This topic of research is today, as before, object of study of great interest for the
research in Didactics. Quite a lot authors occupied of it in the last twenty years,
analyzing it from different perspectives and proposing different approaches. The
reasons for so much interest reside in the fact that the concept of function is a
cornerstone of Mathematics; but it also has manifold applications in the experimental
Sciences as tool of modelling of real phenomenons, spendable in the real life. About it
we find a treatment in the Elements4 de mathematique of Bourbaki (1939), which IV
volume is dedicated to the Functions of a real variable. Purpose of this work was to
classify the mathematics and to rewrite it in axiomatic form, in rigorous way and the
more simple possible, in the attempt to give a semantic content to the activity of the
mathematicians. This was done supporting itself on the concept of structure,5 which
semantic base is the theory of the sets.
The structure, in fact, represents a class of equivalence on a set of systems of
axioms and becomes a tool for the mathematician that, once he found some satisfactory
relationships to the axioms of a known structure, allows him to have an arsenal of
general theorems related to that kind of structures. The notion of structure gives
substance to the researches on the typical formal systems of the logic and to the
following researches on the theory of the models.
4
The term "Elements" refers to the title of Euclid’s work and it means "fondamental parts" upon wich
are constituted more specifics parts.
5
Behind the pseudonym "Bourbaki" is hidden a group of french mathematicians who, in last 30 years,
work on a structuralist classification of mathematical languages according to: a) algebraic structures; b)
structures of order; c) topological structures.
Worth must be given to the mathematicians of Bourbaki, who operated the first
great classification of the mathematics after Euclid that has had an enough organic order
. The axiomatic method became, so, the pillar of the modern mathematics, on the
semantic base of the theory of the sets.
Also the didactics be affected by Bourbakist paradigm, despite the purpose of
the Bourbaki‘s group was to give a solid base to the mathematics, without any didactic
or enforcement finality. The ministerial programs were reviewed from the point of view
of the sets theory and the axiomatic method, with a diffused use of the symbolic
language. But it is necessary recognize that it brought, still now, to predominantly
unsuccessful results.
Particularly, the definition of the concept of function in set theory terms often
doesn't come intenalized, the meaning is not understandable in its entirety. The
difficulty in the comprehension of this concept is also due to the fact that the “meaning”
of an object is intimately tied to the faced problems and to the activities realized by the
human beings, not being able to reduce the meaning of the mathematical object to its
mere mathematical definition (D’Amore, Godino, 2006).
This involves that the students not necessarily use the definition when they
decide if a certain mathematical object is an example or it is not an example of the
concept. In the most of cases they decide according to own personal conception. In
1989 Vinner and Dreyfus have individualized 6 different categories to conceive the
function: Correspondence, Report of Dependence, Rule, Operation, Formula and
Representation.
About the last category we point out to the fact that the function, as
mathematical object, is accessible only through its semiotic representations, but the risk
is that the concept could be identified with one of its semiotic representations (Duval,
2006) .
The major part of the activities in which the students work with the functions
results distant from the formal definition of such concept and makes the meaning of its
definition no explicit and almost superfluous. In fact, not the students necessarily use
the definition when they decide if a certain mathematical object is an example or it is
not an example of the concept of function. In the most of cases they decide on the basis
of what Vinner and Dreyfus, in 1989, indicated as concept image, but that, in a less
specific meaning, we prefer indicate as conception (Spagnolo, 1998). These researchers
have individualized 6 different categories of definition of a function: Correspondence,
Relationship of Dependence, Rule, Operation, Formula and Representation.
With regard to the last category we can make reference to the cognitive paradox which
Duval talked about (1993): “… on the one hand, the learning of the mathematical
objects must be a conceptual learning and, on the other hand, it is only through semiotic
representations that an activity is possible on the mathematical objects…” (in D’Amore,
2000).
In this research it has been in relief, through oral interviews, that the students
often face the “study of functions” without having clear the meaning of such concept, in
terms of correspondence, of existence and uniqueness, applying mechanically a method
transmitted from the teacher. This datum also deprives of meaning the learning of the
concept of limit that has raison d'etre only through the theorem of existence and the
uniqueness of the limit, obviously, not applicable to non functional relationships. From
the administration of test over the concept of function to students of first year of
university it has emerged that the most of them in the preceding year had faced to
Superior Secondary School the study of function, but they had difficulty to define such
concept and to recognize if some mathematical effects were functions or not.
Meaningful it is to observe then that in the most of the cases the students work
within the analytical geometry, the trigonometry or logarithmic and exponential
functions without knowing that the objects with which they daily work are functions
and without knowing the meaning of such concept, losing the opportunity to realize the
full learning of it during own school career.
Research object
The reason of the failure of the Bourbakist perspective in didactics can be
attributed to the fact that the work of Bourbaki defines the concepts using a syntactic
and semantics structure that, until today and from the point of view of the pure
mathematics, it derives from the last evolutionary stadium of the mathematical thought.
If we set in the perspective of the possible parallelism among cognitive development
and historical evolution of the concept itself (Piaget & Garsia, 1985) and we look at the
history of the mathematical concepts it is evident that any mathematical concept comes
up in the mind of the man in its formal guise, but this represents only the last stadium of
evolution of the same concept itself. If we transport this reasoning in the specific
concept of function, from a summary historical analysis we draw that such concept
finds its historical and contextual origins in Kinematics field; that the first functional
relationships are been represented in tabular form, then the representation geometric,
then those analytical and, finally, the formalization of the concept in set language. Such
observations bring to formulate a first hypothesis according to which a didactic run that
helps the learning of the concept of function can foresee an graphic-Kinematics
approach, the introduction of the semiotic representations of the function that respects
the historical introduction of them, the formalization of the concept and an application
feedback that assures the internalization of the meaning of the concept itself.
Some key competences are been individualized for the learning of the concept of
function. Some of them, extrapolated by the formal definition enunciated by Bourbaki
in 1939, concern the structural ownerships of such concept and the relative processes of
creation of meanings (Radford, 2006); others, on the base of the Theory of the Registers
of Semiotic Representation of Duval (2006), refer to the abilities about understanding,
production, treatments and conversions of semiotic representations of such concept;
finally, in a perspective of mathematical education for the cultural formation of the
citizen, it has taken into consideration the modeling of realistic phenomenons through
the use of mathematical functions.
In the perspective of the cognitive theory of the Embodiment of the mind,
inserted in the theoretical picture of the present research work, according to which “the
human being conceptualizes the abstract concepts in concrete terms, using ideas and
models of reasoning founded upon the sense-motor system.” Keeping it in mind, it is
reasonable to think that the initial approach can found on sense-motor activity.
The ring of junction among an approach graphic-Kinematics and sense-motor
activity can be found in the use of the sensor of position, tool of the laboratory of
Physics that, interfaced with a computer, notices instant after instant, through the
emissione and the reception of ultrasounds, the distances of the bodies in front of it and
it transmits the measurements to the computer, which using an appropriate software
(Data Logger) it visualizes in real time the data in charts and in graphic Cartesian and it
allows to complete the analysis of the data (Thorton & Sokoloff, 1990).
Such tool of semiotic mediation (Bartolini Bussi & Mariotti, 2008) has been
used for the study of graphic and tabular representations of rectilinear motions produced
by the body of attended students in the classroom.
The present work has drawn on researches that, basing on the approach of the
embodied cognition, propose the introduction to the concept of function through the
study of Kinematics graphics obtained with a sensor of position (Arzarello, Pieces &
Robutti, 2003; Arzarello & Robutti, 2004; Robutti, 2005; Ferrara & Savioli, 2007).
They has constituted the starting point for this research, but in this one we wanted to go
beyond, completing an analysis of the potentialities of the sensor of position in
relationship to the competences that we wanted to develop, in Kinematics field context.
For every cornerstone aspect of the concept of function and the relative obstacles we
selected, proposed and analyzed didactic activities performed under the guide of the
teacher, that constituted an unitary course. The prediction component has been
privileged, with which it was intention to make explicit the pre-existent knowledge of
the students, the analysis of the gotten results, their sharing and formalization. Activities
of forecast and interpretation of graphs have been proposed for understanding the
correspondence of values and intervals of the dependent and independent variable, to
make clear that all the values of the domain have an image in the codomain and that this
value is unique, to study the inclination of a graph, etc. The introduction to the study of
the analytical representation happened through the fit of the data of linear and quadratic
graph types, gotten by the motion of a cart on a horizontal and oblique guide rail. To
complete conversions in the various semiotic registers there has used also some use of a
spreadsheet, of the software GeoGebra, of paper and pen. In order to make explicit the
difference among linear and quadratic dependence the problem of the sacks of Galileo
has been proposed; while, to clarify the difference among direct and inverse
proportionality the law of Boyle has been studied through the sensor of pressure,
introducing in such way the inverse type function. The necessity to eliminate the
oscillatory component of the motion of a human body in front of the sensor to get a
linear function has been exploited to introduce sine type functions; while, exponential
functions were mentioned through the study of phenomenons of heating and cooling
with the sensor of temperature. The learning of the concept of function and its
representations has been strengthened through exercises in mathematical context and
through the carrying out of item concerning the modeling of real phenomenons.
The methodology of research refers to the Theory of the Didactic Situations and
the Experimental Epistemology of the Mathematics (Brousseau, 1997; Spagnolo et al.,
1998), particularly, for which concerns to the historical-epistemologic analysis and
didactics of the concepts and the obstacles for the learning, to the structure of the
research, to the reference to some aspects of the didactic activity regarding the learning
induced by the cognitive conflict produced through the milieu, to the formalization of
the thought and institutionalization of the knowledge. Didactic activity has been audiovideo recorded and qualitatively analyzed making reference to the APC-space and
Semiotic Bundles (Arzarello & Robutti, 2008), congruous to the theoretical picture of
the present research work.
The teaching/learning process has also been valued through the comparison
among the results of the pre-test and the post-test, analyzed with the Implicative
Statistic (Gras et to the., 2008).
The results obtained by this research show that the use of the on-line sensors
induces the processes of acquisition and creation of meanings of the concept of function
and its representations. These processes have been strengthened through the resolution
of problems, in different context, in which was required the application of competences
connected to such concept. The study and the conversion of the representations of
functions through different artefacts brought the students to a complete learning of such
concept, that have reached various levels of formalization and ability of application, as
emerged from the results of the tests.
CAPITOLO 1
Quadro di riferimento teorico
Didattica della Matematica
Una scienza che si interessa alla produzione e
comunicazione delle conoscenze matematiche, ed in
che cosa questa produzione e questa comunicazione
hanno di specifico
G. Brousseau
Il lavoro di ricerca descritto nella presente tesi fa riferimento al quadro teorico
descritto di seguito, che risulta contenere alcuni aspetti teorici della Didattica della
Matematica o attinenti ad essa. Vista la complessità dell’argomento trattato è stato
necessario connettere più teorie e tenere in considerazione più aspetti didattici, pur
rimanendo coscienti del fatto che una teoria non soltanto fornisce le lenti di
osservazione, ma l’osservazione è anche dipendente dalla teoria, supportando
ulteriormente il suo sviluppo; quindi, nella pratica della ricerca, c’è un rapporto
dialettico tra la teoria e osservazione (Prediger, Bikner-Ahsbahs & Arzarello, 2008). La
scelta del quadro teorico è stato frutto di osservazioni personali ed è stato sviluppato, in
parte, in parallelo al lavoro di ricerca, in relazione allo stesso.
Il triangolo: insegnante, allievo, sapere
La situazione di insegnamento/apprendimento è
stata modellizzata da Chevallard con un
triangolo
i
cui
vertici
sono:
l’allievo,
l’insegnante e il sapere (Chevallard e Joshua,
1982 in D’Amore, 1999), come di fianco
Gli autori D’Amore e Fandiño (2002; in Sbaragli, 2004) gli autori hanno
commentato le relazioni tra le coppie di poli:
• insegnante-allievo che è talvolta riassunto nel verbo “animare” (termine che
si collega alla motivazione, all’interesse, ...)
• allievo-sapere, caratterizzato dal verbo “apprendere”, dove l’attività che
domina è l’implicazione che consente un accesso ad un “sapere personale”
che verrà istituzionalizzato dall’insegnante incentivando la costruzione della
conoscenza. In questo lato si trovano le immagini che ha lo studente di
scuola, di cultura, … il suo rapporto personale specifico con la matematica e,
più in generale, con l’istituzionalizzazione del sapere che dipende molto
dall’età, dalle esperienze pregresse, dalla famiglia, dal tipo di società in cui
l’allievo vive.
• insegnante-sapere dove il verbo che domina è “insegnare” e le attività
caratterizzanti sono: l’istituzionalizzazione delle conoscenze (Chevallard,
1992) e la trasposizione didattica (Chevallard, 1985)
L’istituzionalizzazione delle conoscenze rappresenta un processo complementare
alla devoluzione e all’implicazione, che avviene quando l’insegnante riconosce come
sapere legittimo e spendibile nel contesto scuola il sapere acquisito con l’impegno
personale dell’alunno, una volta che si sono verificate la devoluzione e l’implicazione
dell’allievo.
Il processo di adattamento della conoscenza matematica in conoscenza per
essere insegnata viene espresso da Chevallard tramite il concetto di trasposizione
didattica. Il primo passo consiste nel passaggio dal sapere matematico al sapere da
insegnare, che necessita la ricontestualizzazione del concetto in esame, dal contesto
matematico al contesto curricolare. Successivamente all’introduzione del concetto,
questo viene acquisito dall’allievo ed entra a far parte delle sue conoscenze e
competenze (Chevallard, 1985 in D’Amore, 1999). L’insegnante deve perciò operare
una trasposizione dal sapere (che sorge dalla ricerca) al sapere insegnato (quello della
pratica in aula);33 in realtà, il passaggio è molto più complesso perché va dal sapere
(quello degli esperti della disciplina che strutturano e organizzano tale sapere) al sapere
da insegnare (quello deciso dalle istituzioni) al sapere insegnato (quello che
l’insegnante sceglie come oggetto specifico del suo intervento didattico).
Il passaggio tra sapere e sapere da insegnare, è filtrato dalle scelte
epistemologiche dell’insegnante che dipendono dalle sue convinzioni, dalle sue
“filosofie implicite”, dall’idea che ha di trasposizione didattica, dall’influenza della
noosfera6, Su tutto il triangolo pesa poi la noosfera con le sue attese, le sue pressioni, le
sue scelte a monte.
Si precisa che il triangolo di Chevallard è stato rivisto, ampliato, modificato da
diversi autori (Brousseau, 1997; Qui si è preferito considerarlo nella sua accezione
originale esemplificata.
Errori, ostacoli, concezioni
In ambito matematico solitamente l’errore viene visto come sintomo di
imprecisione, ma questa concezione si rivela inadatta per l’analisi dell’apprendimento.
Ad essa va aggiunta la nozione di ostacolo epistemologico, messa appunto da Bachelard
(1975): «Un fatto mal pensato … per
l’epistemologo è un ostacolo, un contro-
pensiero». La nozione di ostacolo epistemologico viene mutata nel contesto della
comunicazione delle matematiche da Brousseau per cercare di dare un ruolo positivo
allo nozione di «errore»: gli errori saranno evidenziatori di ostacoli.
D’Amore (1999, pagg. 209-218) definisce ostacolo: «Un ostacolo è un’idea che,
al momento della formazione di un concetto, è stata efficace per affrontare dei problemi
(anche solo cognitivi) precedenti, ma che si rivela fallimentare quando si tenta di
applicarla ad un problema nuovo. Visto il successo ottenuto (anzi: a maggior ragione a
causa di questo), si tende a conservare l’idea già acquisita e comprovata e, nonostante
il fallimento, si cerca di salvarla; ma questo fatto finisce con l’essere una barriera
verso successivi apprendimenti».
Brousseau (Brousseau, 1983, 1986; Ferreri & Spagnolo, 1994; Spagnolo, 1998)
ha classificato l’origine degli ostacoli come segue:
• L’ostacolo ontogenetico è legato all’allievo ed alla sua maturità. Ogni soggetto
che apprende sviluppa delle capacità e delle conoscenze che sono adatte alla sua età
6
La noosfera è una sorta di zona intermedia tra il sistema scolastico (e le scelte dell’insegnante) e
l’ambiente sociale più esteso (esterno alla scuola). In essa si articolano i rapporti tra i due sistemi, in un
tutto unico, con i loro conflitti. La noosfera si potrebbe pensare come «la cappa esterna che contiene tutte
le persone che nella società pensano ai contenuti ed ai metodi di insegnamento» (Godino, 1993).
mentale (che può essere diversa dell’età cronologica), ma per acquisire certi concetti, queste
capacità e conoscenze possono essere insufficienti e costituire quindi ostacoli di natura
ontogenetica; per esempio, l’allievo potrebbe avere limitazioni neurofisiologiche anche solo
dovute alla sua età cronologica (Spagnolo, 1998).
• L’ostacolo didattico dipende dalle scelte strategiche dell’insegnante. Ogni docente
sceglie un progetto, un curricolo, un metodo, interpreta in modo personale la trasposizione
didattica che rispetta le sue convinzioni sia scientifiche sia didattiche. Egli crede in quella
scelta e la propone alla classe perché la pensa efficace; ma quel che è efficace
effettivamente per qualche studente, potrebbe non esserlo per altri. Per questi ultimi, la
scelta di quel progetto potrebbe rivelarsi un ostacolo didattico (Spagnolo, 1998).
• L’ostacolo epistemologico dipende dalla natura stessa dell’argomento. Dipende
dalla natura stessa dell’argomento. Per esempio, quando nella storia dell’evoluzione di
un concetto matematico si individua una non continuità, una frattura, cambi radicali di
concezione, allora si suppone che quel concetto abbia al suo interno ostacoli di carattere
epistemologico, sia ad essere concepito, sia ad essere accettato dalla comunità dei
matematici, sia ad essere appreso (Spagnolo, 1998) (Spagnolo, 1998).
Analisi epistemologica
L’epistemologia è quella parte della filosofia che studia la conoscenza e in
particolare la scienza. Riferirsi all’analisi epistemologica vuol dire connettersi alla
sistematizzazione che è stata data all’interno dei linguaggi matematici. Tale
sistematizzazione non è unica, ma vengono scelti opportuni sistemi di assiomi e quindi
modellizzazioni. Però non è solo la scelta di una sistematizzazione che fornisce la
sicurezza dell’analisi epistemologica, ma è fondamentale tener presente tutte le possibili
sistematizzazioni e le rappresentazioni epistemologiche intese come rappresentazioni
dei percorsi conoscitivi di un particolare concetto matematico. Tutto ciò darà la
possibilità di analizzare i vari percorsi di insegnamento ed apprendimento a priori.
È da sottolineare che esiste una differenza tra analisi epistemologica ed analisi
storico-epistemologica. Quest’ultima, infatti, si differenzia da quella epistemologica
poiché cerca di ricostruire, attraverso l’indagine storica, i linguaggi della matematica.
Tale lavoro viene effettuato tramite due soluzioni:
•
attraverso percorsi che individuino la riorganizzazione della grammatica del
linguaggio. A proposito, si può pensare alle geometrie non euclidee o alla
preparazione della continuità di una funzione di variabile reale;
•
attraverso il recupero di significati dimenticati, come ad esempio gli
algoritmi che riguardano le 4 operazioni elementari.
Quindi, ripercorrere il profilo storico di una concezione matematica fino al ‘900
può avere due strade. Da un lato, se l’oggetto matematico è integrato stabilmente negli
elementi di Euclide interviene prima l’analisi sintattica del linguaggio per poi passare ad
interpretazioni successive del concetto nella storia. Dall’altro lato, se l’oggetto è stato
ispirato dagli elementi però non è integrato con essi, allora si cercherà di comprendere
come si sono evoluti i suoi significati fino a giungere alla riorganizzazione sintattica,
vale a dire come l’oggetto ha contribuito alla formazione di un nuovo linguaggio
matematico. (Spagnolo, 1998)
Il contratto didattico
Nel 1978 Guy Brousseau introduce il concetto di contratto didattico come causa
possibile del fallimento elettivo della matematica (allievi che hanno deficit
d’acquisizione di conoscenze, difficoltà di apprendimento o una pronunciata mancanza
di inclinazione nel dominio delle matematiche ma che riescono nelle altre discipline):
gli allievi risponderebbero di più a ciò che essi pensano che l’insegnante si attende da
loro, piuttosto che a ciò che esige la situazione che viene loro sottoposta.
L’autore dà la seguente definizione di contratto didattico: «in una situazione
d’insegnamento, preparata e realizzata da un insegnante, l’allievo ha generalmente come
compito di risolvere il problema (matematico) che gli è presentato, ma l’accesso a
questo compito si fa attraverso un’interpretazione delle domande poste, delle
informazioni fornite, degli obblighi imposti che sono costanti del modo d’insegnare del
maestro. Queste abitudini (specifiche) del maestro attese dall’allievo ed i
comportamenti dell’allievo attesi dal docente costituiscono il contratto didattico»
(Brousseau, 1980; in D’Amore, 1999).
Questa idea è stata riconosciuta da vari studiosi di tutto il mondo ed è entrata a
far parte del linguaggio condiviso dell’intera comunità internazionale fin dalla seconda
metà degli anni ‘80 (Brousseau 1980b, 1986, Brousseau e Pères, 1981; Chevallard,
1988; Sarrazy, 1995; Schubauer-Leoni, 1996). Ovviamente, con il passare degli anni,
l’idea originale di contratto didattico è stata più volte reinterpretata da vari Autori, a
volte, come dichiara Sarrazy (1995), con modalità ed approcci molto diversi tra loro. In
questi ultimi decenni, lo studio dei vari fenomeni di comportamento degli allievi da
questo punto di vista ha portato a grandi risultati, permettendo di interpretare e di
chiarire molti comportamenti considerati fino a poco tempo fa inspiegabili o legati al
disinteresse, all’ignoranza, o alla età immatura degli studenti (Baruk, 1985; Spagnolo,
1998; Polo, 1999; D’Amore, 1999). Questi studi hanno permesso di rivelare appunto
che i bambini ed i ragazzi hanno attese particolari, schemi generali, comportamenti che
nulla hanno a che fare con la matematica, ma che dipendono da motivazioni molto più
complesse ed interessanti derivanti dal contratto didattico instaurato in classe
(D’Amore, 1993b; D’Amore e Martini, 1997; D’Amore e Sandri, 1998). Per modificare
tali comportamenti lo studente deve essere in grado di provocare una rottura del
contratto didattico (Brousseau, 1988; Chevallard, 1988), facendosi carico personale
delle sue scelte. In effetti, rompendo il contratto didattico l’allievo produce una nuova
situazione che contrasta con tutte le sue attese, le sue abitudini, con tutte le clausole che
sono state messe in campo fino a quel momento nelle situazioni didattiche. Per far
questo, lo studente deve avere la forza di osare in prima persona, sfidando le supposte
clausole del contratto e questo può avvenire solo se l’insegnante ha creato le condizioni
favorevoli perché avvenga questa rottura. (Sbaragli, 2004)
Oggetti matematici e paradosso semiotico
Per definire un“oggetto matematico” si fa riferimento ad una generalizzazione
dell’idea di Blumer, espressa da Godino (Godino, 2002 in D’Amore, 2006): «Oggetto
matematico: tutto ciò che è indicato, segnalato, nominato quando si costruisce, si
comunica o si apprende matematica. L’idea è tratta da Blumer (1969, pag. 8): un
oggetto è “tutto quello che può essere indicato, tutto quel che può essere segnalato o al
quale possa farsi riferimento”.
Esistono diversi tipi di oggetti matematici di diversi livelli:
• “linguaggio” (termini, espressioni, notazioni, grafici, …) nei vari registri
(scritto, orale, gestuale, .…)
• “situazioni” (problemi, applicazioni extramatematiche, esercizi, …)
• “azioni” (operazioni, algoritmi, tecniche di calcolo, procedure, …)
• “concetti” (introdotti mediante definizioni o descrizioni) (retta, punto, numero,
media, funzione, …)
• “proprietà o attributi degli oggetti” (enunciati sui concetti, …)
• “argomentazioni” (per esempio, quel che si usa per validare o spiegare gli
enunciati, per deduzioni o di altro tipo, …).
Tra due oggetti matematici si stabilisce una funzione semiotica7 quando tra i due
si determina una dipendenza rappresentazionale o strumentale, cioè uno di essi si può
porre al posto dell’altro o uno è usato invece dell’altro» (D’Amore, Godino, 2006).
Duval definisce rappresentazioni semiotiche “… rappresentazioni la cui
produzione non è possibile senza la mobilitazione di un sistema semiotico: così le
rappresentazioni semiotiche posso essere produzioni discorsive (in lingua naturale, in
lingua formale) o non discorsive (figure, grafici, schemi…). E questa produzione non
risponde unicamente o necessariamente ad una funzione di comunicazione: può anche
rispondere soltanto ad una funzione di oggettivizzazione (per sé stessi) o ad una
funzione di trattamento. (Duval, 1995, in D’Amore, 1999).
Le difficoltà di apprendimento di oggetti matematici vengono espresse nel
paradosso cognitivo del pensiero matematico, evidenziato da Duval: «(…) da una parte,
l’apprendimento degli oggetti matematici non può che essere un apprendimento
concettuale e, d’altra parte, è solo per mezzo di rappresentazioni semiotiche che è
possibile un’attività su degli oggetti matematici. Questo paradosso può costituire un
vero circolo vizioso per l’apprendimento. Come dei soggetti in fase di apprendimento
potrebbero non confondere gli oggetti matematici con le loro rappresentazioni
semiotiche se essi non possono che avere relazione con le sole rappresentazioni
semiotiche? L’impossibilità di un accesso diretto agli oggetti matematici, al di fuori di
ogni rappresentazione semiotica, rende la confusione quasi inevitabile. E, al contrario,
come possono essi acquisire la padronanza dei trattamenti matematici, necessariamente
legati alle rappresentazioni semiotiche, se non hanno già un apprendimento concettuale
degli oggetti rappresentati? » (Duval, 1993, p.38, in D’Amore 2005).
7
La semiotica è la scienza generale dei segni e dei linguaggi. Essa è strutturata in tre parti: sintassi
(studia le relazioni tra le espressioni), semantica (analizza le espressioni e i loro significati), pragmatica
(interpreta i segni, con riferimento, quindi, a chi usa il linguaggio. (Spagnolo , 1998, p. 22)
Il paradosso semiotico nella seguente domanda di ricerca di Radford: «come
possiamo giungere alla conoscenza di questi oggetti generali, dal momento che non
abbiamo accesso a questi oggetti se non attraverso rappresentazioni che ci facciamo di
essi?» (Radford, 2005 in D’Amore, 2006).
D’Amore (2005) sintetizza questo paradosso mediante il seguente schema:
D’Amore ritiene che in questo paradosso si possa nascondere una potenziale
causa di mancate devoluzioni8. Infatti, «secondo l’insegnante, secondo la noosfera9 e
secondo lo stesso studente, egli (studente) sta entrando in contatto con un “oggetto”
matematico ma, di fatto, e nessuno talvolta sembra rendersene conto, lo studente sta
entrando a contatto solo con una rappresentazione semiotica particolare di
quell’“oggetto”. Lo studente non ha, non può avere, accesso diretto all’“oggetto” e
l’insegnante e la noosfera confondono le due cose; lo studente è come bloccato, come
inibito: non può far null’altro che confondere “oggetto” e sua rappresentazione
semiotica perché non se ne rende conto, non lo sa. E quindi, di fronte ad un successivo
bisogno concettuale, che si manifesta per esempio con la necessità di modificare la
8
La devoluzione, secondo Brousseau (1997), consiste nel processo di responsabilizzazione attraverso il
quale l’insegnante ottiene che lo studente impegni la propria personale responsabilità nella risoluzione di
un problema che diventa allora problema dell’allievo
9
La noosfera è una sorta di zona intermedia tra il sistema scolastico (e le scelte dell’insegnante) e
l’ambiente sociale più esteso (esterno alla scuola). In essa si articolano i rapporti tra i due sistemi, in un
tutto unico, con i loro conflitti. La noosfera si potrebbe pensare come «la cappa esterna che contiene tutte
le persone che nella società pensano ai contenuti ed ai metodi di insegnamento» (Godino, 1993, in
Sbaragli, 2004).
rappresentazione semiotica di quello stesso “oggetto”, lo studente non ha mezzi critici
né culturali né cognitivi; l’insegnante e la noosfera non capiscono il perché ed accusano
lo studente, colpevolizzandolo di qualche cosa che egli non capisce. In realtà: in questa
fase paradossale, nessuno capisce più quel che sta accadendo in quanto ciascuno degli
attori di questa avventura ha una percezione diversa del problema.» (D’Amore, 2005,
p.3)
Teoria dei Registri di Rappresentazione semiotica di Duval
Come si è detto nel paragrafo precedente, l’acquisizione concettuale di un
oggetto passa necessariamente attraverso l’acquisizione di una o più rappresentazioni
semiotiche. Dunque, come dichiara Duval, non c’è noetica10 senza semiotica.
Tuttavia, il rischio che si corre, espresso dal paradosso semiotico di Duval, è
quello di identificare l’oggetto matematico con la sua rappresentazione. Questo porta al
mancato apprendimento del concetto.
Duval, nella sua Teoria dei Registri di Rappresentazione semiotica, dichiara che
la costruzione dei concetti matematici è strettamente dipendente dalla capacità di usare
più registri di rappresentazioni semiotiche di quei concetti, e di saper:
rappresentarli in un dato registro;
trattare tali rappresentazioni all’interno di uno stesso registro;
convertire tali rappresentazioni da un dato registro ad un altro.
L’approccio socioculturale di Vygotskij
Nel 1896, a Minsk, in Russia, nasce Vygotskij, studioso che ha rivestito un ruolo
importante nella psicologia dell’educazione. Tre sono gli aspetti principali della
riflessione teorica di Vygotskij (Wertsch in Cacciamani, 2004):
- L’uso dell’analisi genetica come metodo di studio della mente;
- L’idea che lo sviluppo psicologico sia legato all’utilizzo di strumenti e segni
che mediano (cioè organizzano e danno forma a) l’azione del soggetto sulla
realtà;
10
Per noetica si intende l’acquisizione concettuale di un oggetto
- L’idea che le funzioni psichiche superiori (l’attenzione volontaria, il pensiero,
la memoria logica ecc.) hanno origine grazie alle relazioni sociali che il
bambino instaura con gli altri.
La sua teoria, come quella di Piaget, si configura come una teoria di tipo
cognitivista, poiché si occupa di comprendere come la mente si genera, si sviluppa e
funziona11.
Vygotskij, confrontando gli animali e gli esseri umani, ha postulato due “linee”
per l’origine dell’attività mentale umana: la linea naturale (per le funzioni mentali
elementari) e la linea sociale/culturale (per le funzioni psichiche superiori). La natura
specifica dello sviluppo cognitivo umano è il prodotto dell’intreccio di queste due linee.
Ciò che pare interessante, specialmente quando si studia lo sviluppo durante l’età
scolare, e in particolare all’interno del contesto scolastico, è l’evoluzione dello
cognizione umana come effetto dell’interazione sociale e culturale. (Bartolini Bussi &
Mariotti, 2009).
Per quanto riguarda il ruolo degli strumenti e dei segni nello sviluppo cognitivo,
per Vygotskij uno degli aspetti fondamentali dello sviluppo è la crescente capacità dei
bambini di dirigere e controllare il proprio comportamento, una padronanza resa
possibili dall’emergere di nuove forme e funzioni psichiche e dall’uso di segni e
strumenti in questo processo (Steiner, Suberman, 1987, in Cacciamani, 2004). Vygotskij
opera un distinzione tra strumenti e segni (Vygotskij, 1978; Cole, 1995; in Cacciamani
2004): gli strumenti si configurano come mediatori rivolti “verso l’esterno”, come
mezzi per modificare aspetti dell’ambiente; mentre, i segni sono più orientati verso
l’interno, come mezzi ausiliari per organizzare meglio la propria attività mentale
orientata a risolvere un problema. L’uso dei segni nella soluzione di un compito
11
Le strutture cognitive, per Piaget, vengono modificate dal soggetto nel corso del suo sviluppo secondo
una sequenza non modificabile, in cui ciascun momento della sequenza è caratterizzato da un tipo di
intelligenza con caratteristiche qualitativamente diverse dagli altri. Piaget individua i seguenti periodi
dello sviluppo cognitivo: sensomotorio (0-2 anni), preoperatorio (2-7 anni), operatorio concreto (7-11
anni), operatorio formale (dopo gli undici anni).
A differenza di Piaget, Vygotskij inquadra lo sviluppo cognitivo nei seguenti quattro ambiti:
Lo sviluppo della specie (dominio filogenetico)
Lo sviluppo storico e culturale dell’umanità (dominio storico-culturale)
Lo sviluppo del singolo individuo (dominio ontogenetico)
Lo sviluppo del singolo processo psicologico (dominio microgenetico)
(Cacciamani, 2004)
Nell’ambito di questa tesi, l’aspetto della teoria di Vygotskij riguardante i quattro ambiti di sviluppo, così
come i periodi di sviluppo della teoria di Piaget, inseriti qui per completezza, occupano un ruolo
marginale poiché poco funzionali rispetto alla metodologia di ricerca adottata e al focus della ricerca.
possiede due importanti funzioni cognitive: la prima è quella di portare a termine il
compito, la seconda è quella di comunicare con i compagni che stanno collaborando alla
risoluzione del compito (Bartolini Bussi, 2009). Inoltre, strumenti e segni sono prodotti
di una cultura che caratterizza le attività e le interazioni sociali; a sua volta, l’interazione
sociale attraverso strumenti e segni si configura come il vero motore dello sviluppo.
Le funzioni psichiche superiori, frutto della trasformazione dei processi esterni,
si sviluppano attraverso la produzione l’interpretazione dei segni, nell’interazione
comunicativa. Per spiegare il legame cognitivo tra l’individuo e il suo l’ambiente
Vygotskij introduce l’idea di internalizzazione. Il processo di interiorizzazione viene
definito da Vygotskij come la ricostruzione interna, individuale, di un’operazione
esterna, generata da esperienze sociali condivise, in cui si ha la produzione e
l’interpretazione dei segni (Vygotskij in Bartolini Bussi & Mariotti, 2009).
Numerose furono le critiche al lavoro di Vygotskij, anche se alcune derivarono
da un’errata interpretazione del suo pensiero. Lave e Wenger commentarono così:
“l’apprendimento come internalizzazione è troppo facilmente interpretato come un
processo non problematico di assorbimento di ciò che viene dato, come una questione di
trasmissione e assimilazione” (Lave & Wenger, 1991, p 47). Nei suoi primi lavori,
inoltre, Vygotskij ha sottolineato il ruolo cruciale che occupa lo studente nel proprio
apprendimento, criticando l’idea di studente come una spugna che assorbe la nuova
conoscenza e la visione di insegnante come colui che infonde la conoscenza nella mente
dello studente. L’insegnante per Vygotskij ha un importante ruolo in classe che consiste
nel guidare e dirigere l’ambiente dello studente. Queste idee furono sviluppate
successivamente e culminarono nel concetto vygotskijano di zona di sviluppo
prossimale, introdotto nella sua opera Pensiero e Linguaggio (1934). (Radford, 2009)
Nonostante l’idea di Vygotskij di zona di sviluppo prossimale sia la più usata,
forse essa è la meno compresa. Spesso essa viene concepita come uno spazio in cui
l’insegnate trasmette la conoscenza all’allievo, altre volte come qualcosa intrinseco al
soggetto che apprende, ma entrambe queste idee sono estranee a Vygotskij. Egli
introduce l’idea di zona di sviluppo prossimale per spiegare il problema della relazione
tra istruzione e sviluppo. Ciò che distingue l’approccio di Vygotskij dagli altri approcci
socioculturali è l’idea che l’istruzione guida il corso dello sviluppo e che tale corso
dipende dal tipo di relazione che si viene a creare tra lo studente e il suo contesto. La
zona di sviluppo prossimale non è qualcosa di statico che appartiene ad un particolare
studente, ma, piuttosto, un sistema sociale complesso in moto, in cui lo studente
interagisce con altri studenti e con l’insegnante. (Radford, 2009).
Mediazione semiotica nella didattica della matematica: artefatti e segni nella
tradizione di Vygotskij
Le seguenti considerazioni sono tratte da un lavoro di Bartolini Bussi e Mariotti
(2009), omonimo al presente paragrafo, riguardante lo sviluppo di un quadro teorico
sulla mediazione12 semiotica in una prospettiva vygoskijana. Esso si basa sulla
considerazione che la costruzione e l’uso di artefatti offre, oltre ad un supporto pratico
per la risoluzione di problemi, anche un contributo a livello cognitivo.
Per artefatto nel linguaggio comune si intende “qualcosa prodotto dagli esseri
umani”. Norman (1993), ispirandosi al lavoro di Vygotskij, nel suo libro Le cose che ci
fanno intelligenti spiega la doppia natura di ciò che egli definisce artefatti cognitivi:
- l’aspetto pragmatico o esperienziale (cioè l’orientamento verso l’esterno che
consente di modificare l’ambiente circostante);
- l’aspetto riflessivo (cioè l’orientamento verso l’interno che permette ai soggetti
di sviluppare l’intelligenza).
Gli artefatti vengono trattati anche nell’approccio strumentale di Rabardel, in cui
egli definisce la differenza tra artefatto e strumento. Per artefatto intende l’oggetto
materiale o simbolico di per sé, mentre definisce strumento:
un’entità mista composta sia da componenti legate alle caratteristiche
dell’artefatto che da componenti soggettive (schemi d’uso). Questa entità
mista tiene conto dell’oggetto e ne descrive l'uso funzionale per il soggetto
(Rabardel & Samurcay, 2001)
Lo strumento, dunque, per Rabardel, dipende dalle caratteristiche dell’artefatto e
dagli schemi d’uso del soggetto, progressivamente elaborati nel corso dell’azione
determinata da un compito particolare, in relazione al contesto e all’esperienza
fenomenologia dell’utente. L’elaborazione e l’evoluzione degli strumenti è un processo
lungo e complesso che Rabardel denomina genesi strumentale. Essa è articolata in due
processi:
12
per mediazione si intende la potenzialità di incoraggiare la relazione tra gli allievi e il sapere
- strumentalizzazione, relativa alla comparsa e all’evoluzione delle diverse
componenti dell’artefatto, per esempio la progressiva ricognizione dei suoi potenziali e
dei suoi limiti;
- strumentazione, relativa alla comparsa e allo sviluppo degli schemi di uso.
I due processi sono orientati sia verso l’esterno che verso l’interno,
rispettivamente dal soggetto all’artefatto e viceversa, e costituiscono le due parti
inseparabili della genesi strumentale (Rabardel, 1995).
Rabardel ritiene che l’uso di strumenti dia origine ad una riorganizzazione delle
strutture cognitive (Rabardel & Samurçay, 2001) e che vi sia una relazione tra gli
schemi di uso individuali e gli schemi sociali, dovuta all’interazione sociale.
L’approccio di Rabardel si presta ad argomentazioni didattiche riguardanti lo
studio di fenomeni di insegnamento/apprendimento, ma, essendo un approccio
cognitivista, necessita di una rivisitazione in termini didattici. Di questo, in particolare,
si sono occupate Bartolini Bussi e Mariotti (2009), in una prospettiva vygotskijana.
Vygotskij fa una distinzione tra artefatti e segni; mentre i primi vengono
utilizzati dall’uomo per raggiungere uno scopo, i secondi supportano le attività mentali
nei processi di internalizzazione. L’analogia tra segni ed artefatti si basa sulla funzione
di mediazione che entrambi hanno nello svolgimento di un compito:
l’invenzione e l’utilizzo dei segni come mezzi ausiliari per la risoluzione di un
problema dato (ricordare, confrontare qualcosa, scegliere e così via), sono
analoghe all’invenzione e all’utilizzo di strumenti sotto il profilo psicologico. I
segni hanno funzione di strumento durante l’attività psicologica, analogamente
al ruolo di un utensile nel lavoro. (Vygotskij, 1978, p.52 in Bartolini Bussi &
Mariotti, 2009).
Nella letteratura successiva, per la maggior parte, i segni sono stati interpretati
come segni linguistici, per la grande importanza attribuita da Vygotskij al linguaggio;
anche se lui stesso ha fornito vari esempi di segni, di cui alcuni appartengono all’ambito
matematico:
si possono citare alcuni esempi di strumenti psicologici e dei loro complessi
sistemi, come segue: il linguaggio, vari sistemi di conteggio, tecniche
mnemoniche, sistemi simbolici algebrici, opere d’arte, scrittura, schemi,
diagrammi, mappe, disegni meccanici e tutti i tipi di segni convenzionali, ecc.
(Vygotskij, 1981, p. 137, in Bartolini Bussi & Mariotti, 2009).
Secondo Vygotskij durante lo svolgimento di un compito avviene l’uso sociale
di artefatti e si producono segni condivisi; dunque, vi è una relazione tra artefatto e
compito che può essere espressa da segni, che vengono detti situati in quanto dipendono
dalla soluzione del particolare compito, e sono esprimibili mediante gesti, disegni o
parole. Inoltre, in una prospettiva semiotica, si osserva che i segni mediano un certo
sapere, poiché essi costituiscono il mezzo rappresentativo di tale sapere, e sono frutto di
uno sviluppo culturale. Allora si deve ammettere anche una relazione tra artefatto e
conoscenza, espressa da segni culturalmente determinati.
Si vengono così a determinare due sistemi paralleli di segni, correlati da un
artefatto13:
La costruzione della relazione tra i due sistemi di segni da parte dell’allievo non
è né evidente né spontanea e diventa un cruciale scopo educativo che può essere
realizzato promuovendo l’evoluzione dei segni che esprimono la relazione tra
l’artefatto e i compiti, in segni che esprimono la relazione tra l’artefatto e il sapere.
Questa promozione avviene attraverso un utilizzo consapevole da parte del
docente del potenziale semiotico dell’artefatto, sia in termini di significati matematici
che in termini di significati personali:
l’insegnante utilizza l’artefatto come strumento di mediazione semiotica.
L’insegnante ha il ruolo di mediatore culturale nello sviluppo dei segni legati ad
attività con artefatti in segni matematici.
13
La figura è stata estrapolata da Bartolini Bussi & Mariotti (2009)
Per concludere, nell’utilizzo didattico di artefatti l’insegnante l’analisi attenta
dello strumento assume un ruolo fondamentale nella creazione dei significati.
L’affidarsi completamente al materiale strutturato porta a quello che Brousseau (1986)
chiama effetto Dienes: Più l’insegnante sarà
assicurato sulla riuscita da effetti
indipendenti dal suo investimento personale e più egli otterrà insuccessi.
Strumenti MBL
Gli strumenti MBL (Microcomputer Based Laboratory) furono prodotti alla fine
degli anni ’80 del secolo scorso dal progetto ‘‘Tools for Scientific Thinking’’ condotto
dal Centro per l?insegnamento della Matematica e della Scienza della Tufts University.
L’obiettivo centrale era quello di aiutare gli studenti a riconoscere la connessione tra il
mondo fisico e i principi fisici astratti presentati in classe (Krusberg 2007).
Tali strumenti sono dei sensori che, interfacciati con un computer, rilevano in
tempo reale, istante dopo istante, le misure di grandezze fisiche, che, facendo uso di un
opportuno software (Data Logger14), vengono visualizzate in tempo reale in tabelle e
grafici Cartesiani. (Thorton & Sokoloff, 1990). Inoltre, il software permette di
manipolare, analizzare e fittare i dati acquisiti, favorendo lo studio delle caratteristiche
dei fenomeni e delle relazioni analitiche tra le variabili in esame. Questo facilita la
comprensione di rappresentazioni astratte poiché i dati vengono rilevati e rappresentati
in tempo reale e gli studenti possono fare osservazioni sul fenomeno fisico e possono
interpretare, discutere ed analizzare i dati (Tinker 1996, Thornton 1997). Per tali ragioni
gli strumenti MBL possono facilitare la comprensione di rappresentazioni astratte di un
fenomeno fisico e renderne duraturo l’apprendimento (Bernhard, 2001).
In particolare, il sensore di
posizione permette agli studenti
di comprendere i concetti relativi
al moto dei corpi. Esso è un
generatore/ricevitore
14
di
brevi
In questo lavoro di ricerca sono stati utilizzati strumenti e Data Logger della Venier Software &
Technologies. Allo stesso modo si sarebbero potuti utilizzare strumenti e software di alter compagnie
ugualmente valide.
l’emissione
e
la
dell’impulso
riflesso
ricezione
da
un
oggetto o da una persona, posti di
fronte
ad
esso.
Essendo
la
velocità del suono in aria alla
temperatura ambiente, il tempo
misurato
viene
distanza
percorsa
tradotto
in
dall'onda
sonora. Il sensore di posizione
trasmette al computer le misure
della posizione del corpo di
fronte ad esso, con un intervallo
di tempo tra una misura e l’altra che dipende dalla scelta dello sperimentatore (di
default le misure vengono fatte ogni 0,05 secondi). Al computer i dati vengono
visualizzati sotto forma di tabelle e grafici Cartesiani, come di seguito:
Il poter lavorare sulla rappresentazione grafica collegata a delle esperienze sensoriali
quali il proprio moto, permette di comprendere la rappresentazione grafica in modo
completamente diverso da quello che si ottiene tracciando i grafici a partire da tabelle di
numeri o partendo da formule.
L’efficienza del sensore di posizione rispetto ai metodi tradizionali per aiutare gli
studenti a comprendere i concetti base della cinematica sono stati provati da molte
ricerche (Thornton & Sokoloff, 1990; Redish et al., 1997; Liljedahl, 2002; Arzarello &
Robutti, 2004; ecc…).
Uso del sensore di moto in didattica della matematica
In letteratura sono presenti alcuni lavori di ricerca che, basandosi sull’approccio
dell’embodied cognition (di cui si parlerà di seguito), propongono l’introduzione al
concetto di funzione mediante lo studio di grafici cinematici ottenuti con un sensore di
posizione. (Arzarello, Pezzi & Robutti, 2003; Arzarello & Robutti, 2004; Robutti, 2005;
Ferrara & Savioli, 2007; Radford, 2003). Lo scopo di questi lavori era analizzare i
processi cognitivi in cui vengono coinvolti gli studenti nella costruzione di significati di
oggetti matematici e, in modo specifico, delle loro dinamiche mentali mentre
interpretano le differenti rappresentazioni dei dati (tabelle e grafici), per capire il loro
significato riguardo all'esperimento concreto di moto (Arzarello & Robutti 2004).
Ferrara e Savioli (2007) si sono occupate di sviluppare ed analizzare attività
didattiche mediante l’utilizzo del sensore di posizione in una seconda classe della
Scuola Primaria, per osservare la comprensione di grafici cinematici spazio-tempo in
bambini di 7 anni che non avevano mai affrontato studi di questo tipo, come
comunemente avviene nel percorso educativo. I risultati ottenuti hanno mostrato che gli
studenti, dopo aver osservato il moto e la produzione contemporanea di grafici,
riuscivamo a comprendere che i tratti crescenti corrispondevano a moti di
allontanamento e che tratti decrescenti corrispondevano a moti di avvicinamento,
ovviamente, utilizzando una terminologia non formale.
Nel lavoro di ricerca di Radford (2003) agli studenti viene richiesto di
comparare le loro previsioni di grafici del moto di un cilindro su un piano inclinato, con
quello successivamente ottenuto mediante un sensore di posizione. Questa ricerca ha lo
scopo di studiare la produzione di significati sulla comprensione di grafici, analizzando
gesti e parole.
Modellizzazione di fenomeni reali
Un modello matematico è un modello costruito usando i linguaggi e gli
strumenti della matematica. Come tutti gli altri modelli usati nella scienza (linguaggio
naturale, schemi, linguaggio iconico) il suo scopo è quello di rappresentare il più
possibile fedelmente un determinato oggetto o fenomeno reale. Tutti i settori della
scienza fanno largo uso di modelli matematici per descrivere determinati aspetti del
mondo reale.
In letteratura sono presenti diverse definizioni del processo di modellizzazione
(Gilbert et al., 1998, in Fazio & Spagnolo, 2008). In questo lavoro di ricerca si è fatto
riferimento alla definizione di modellizzazione di un fenomeno reale fornita da Gilbert,
declinata dalle seguenti quattro fasi:
1.identificare le variabili che possono essere rilevate nella descrizione del
fenomeno;
2.dare una descrizione verbale e schematica del fenomeno;
3.determinare le relazioni esistenti tra le variabili;
4.esprimere tali relazioni attraverso equazioni e/o regole che diano al modello
un valore predittivo.
È importante a notare queste quattro fasi non debbano necessariamente essere
sviluppate tutte insieme per ogni livello di istruzione. Esse indicano la sequenza logica e
completa che un studente maturo dovrebbe compiere per imparare a modellizzare un
fenomeno osservato. All’insegnante è lasciato il compito di selezionare opportunamente
e misura il loro trattamento, adattandolo all'età di alunni e agli obiettivi pedagogici
fissati.
La costruzione di modelli può costituire può costituire attività pedagogiche
molto formative (Andaloro et al., 1991; Berry et al., 1986). Infatti, essa permette agli
studenti di vedere analogie e differenze tra fenomeni apparentemente differenti e a
comprendere in modo unitario il metodo scientifico per risolvere problemi del mondo
reale (Fazio & Spagnolo, 2008).
Il processo di modellizzazione può accresce e sviluppare teste pensanti che
utilizzano le loro conoscenze matematiche per se stessi e per gli sviluppi della società
(Burkhardt, 2006). Possono, inoltre, costituire un’occasione per comprendere che la
matematica è uno strumento per interpretare la vita reale (Lingefjärd, 2006).
Blum e Niss (1989) hanno definito cinque ragioni per cui il processo di
modellizzazione dovrebbe appartenere al curriculo, che possono essere sintetizzati con
la seguente terminologia scelta da Lingefjärd (2006): formativo, critico, pratico,
culturale e strumentale. Queste ragioni sono state argomentate da Niss nel modo
seguente (Niss, 1989 pp. 23-24, in Lingefjärd, 2006):
1. accrescere le attitudini e le competenze di creatività e problem solving;
2. generare, sviluppare e migliorare il potenziale critico negli studenti verso
l’uso della matematica in contesti non matematici;
3. preparare gli studenti ad essere capaci di operare applicazioni e
modellizzazioni su altri oggetti di insegnamento, come individui privati o
come cittadini, nel presente o nel futuro, o nelle loro professioni;
4. stabilire un quadro della matematica rappresentativo ed equilibrato; il suo
carattere e il suo ruolo nel mondo. Tale quadro deve includere tutti gli aspetti
essenziali
della
matematica,
l’applicazione
della
matematica
e
la
modellizzazione matematica in altre aree;
5. assistere l'acquisizione e la comprensione di concetti matematici degli
studenti, le nozioni, i metodi, i risultati e i temi, o rafforzarli, o offrire
motivazione per lo studio di certe discipline matematiche.
La rilevanza dello studio di processi di modellizzazione nelle scuole è
ampiamente accettata. L’indagine OCSE-PISA15, che enfatizza come scopo della
didattica della matematica lo sviluppo tra gli studenti di capacità nell’uso della
matematica nella loro vita e nelle scienze, afferma che i processi di matematizzazione
devono essere attivati per collegare i fenomeni osservati con la matematica e per
risolvere i problemi relativi. Essa considera i seguenti processi, di cui fa parte anche il
processo di modellizzazione, che risulta anche strettamente connesso agli altri:
• Pensare e ragionare
• Argomentare
• Comunicare
• Modellizzare
15
PISA (Programme for International Student Assessment) è un’indagine internazionale promossa
dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) per accertare con
periodicità triennale i risultati dei sistemi scolastici in un quadro comparato. PISA ha l’obiettivo di
verificare in che misura i giovani prossimi alla fine della scuola dell’obbligo abbiano acquisito alcune
competenze giudicate essenziali per svolgere un ruolo consapevole e attivo nella società e per
continuare ad apprendere per tutta la vita. L’indagine accerta il possesso di competenze funzionali
negli ambiti della lettura, della matematica e delle scienze e di alcune competenze trasversali in gioco
nel ragionamento analitico e nell’apprendimento.
• Porre e risolvere problemi
• Rappresentare
• Usare linguaggi e operazioni simbolici, formali e tecnici
• Usare aiuti e strumenti
Studio di grafici
Lo studio di grafici fa parte dei curricula di matematica di tutti gli ordini di
scuola e costituiscono un prerequisito per l’acquisizione del concetto di funzione.
Inoltre, le abilità relative alla lettura, comprensione e produzione di grafici sono centrali
per la comunicazione scientifica e per l’ impresa scientifica (Roth 2004 p.2) e hanno
molte applicazioni nella vita di ogni giorno. Per esempio, la comprensione di un grafico
di economia su un giornale, la comprensione di un grafico di temperatura appeso ad un
letto di ospedale, ecc…
Radford (2009a) si occupa di analizzare la comprensione di grafici spazio-tempo
in studenti dell’ottava classe, secondo una prospettiva socioculturale e un’analisi
semiotica multomodale. Egli cita Cassier, il quale ci ricorda che “lo Spazio e il Tempo
costituiscono la struttura nella quale concerne ogni realtà. Noi non possiamo concepire
nessuna cosa reale che non stia sotto le condizioni di spazio e tempo” (Cassirer 1974, p.
42). Le concettualizzazioni matematiche di spazio e tempo come i grafici Cartesiani (e
gli altri segni complessi, come le formule algebriche;), sono tutt’altro che banali per uno
studente alle prime armi.
Il cognitivismo e l’Embodiment della mente
Il cognitivismo nasce negli Stati Uniti a partire dagli anni cinquanta, quando
alcuni psicologi americani cominciarono ad assumere posizioni critiche nei confronti
della psicologia comportamentista16, per non aver riconosciuto valori scientifici allo
studio di ciò che accade nella mente dell’individuo. Il cognitivismo, infatti, noto anche
come teoria dell’elaborazione e dell’informazione o approccio HIP (Human Information
Processing) si caratterizza per l’intenzione di recuperare come oggetto di analisi della
psicologia proprio la mente e i suoi processi. (Cacciamani, 2004, p.13)
16
L’approccio comportamentista nacque nel 1913 negli Stati Uniti e si proponeva di studiare
l’apprendimento descrivendo le reazioni tra gli stimoli forniti dall’insegnante e dal contesto scolastico e le
risposte che ad essi l’alunno “imparare” a collegare (Cacciamani, 2004, p.9)
La prospettiva cognitivista applicata all’educazione si proponeva di favorire da
parte dell’alunno lo sviluppo di processi cognitivi adeguati e l’acquisizione di strategie
efficaci per affrontare i compiti scolastici (Cacciamani, 2004, p.16).
Poiché la presente tesi si occupa dell’apprendimento di un concetto matematico,
si vuole porre particolare attenzione su una teoria cognitiva con applicazioni sulle idee
matematiche umane: l’Embodment della mente. Di questo si sono occuparti il linguista
George Lakoff e lo psicologo Rafael E. Núñez, che, avvalendosi dell’ausilio di
matematici e studenti di matematica, principalmente dell’Università della California a
Berkeley, nel 2000 hanno pubblicato il testo Where Mathematics come from? How the
Embodied Mind Brings Mathematics into Being. Nel 2005 è stato pubblicato in lingua
italiana17 con intitolato Da dove viene la matematica. Come la mente embolie dà origine
alla matematica.
Nel tentativo di applicare la scienza cognitiva per comprendere la struttura
cognitiva della matematica questi studiosi si sono resi conto che la matematica umana
(l’unico tipo di matematica che gli esseri umani conoscono) ha avuto origine dalla
natura dei nostri cervelli e dalle nostre esperienze embodied; rifiutando la prospettiva
platonica secondo cui la matematica umana sia una sottospecie della matematica astratta
e trascendente (Lakoff & Núñez, 2005, p.21).
La matematica, così come noi la conosciamo, dipende dalla natura del nostro
cervello e dalla nostra esperienza corporea (Lakoff & Núñez, 1998). Con ciò si
intende, più in generale, che la costruzione dei concetti non è un’attività che riflette
qualche realtà esterna, trascendente la natura umana, ma è intrinsecamente dimensionata
dalla natura del nostro corpo e del nostro cervello attraverso il sistema senso motorio.
Insomma, le nostre idee, le nostre teorie sono inevitabilmente legate alla nostra natura
biologica, nel senso che nascono dal modo in cui percepiamo il mondo attraverso il
nostro sistema senso motorio.
Le principali idee cognitive su cui si fonda il loro tentativo di scoprire l’origine
delle idee matematiche sono:
- «L’embodiment della mente. La natura dettagliata dei nostri corpi, dei nostri
cervelli e del nostro funzionamento quotidiano nel mondo struttura i concetti e
i ragionamenti umani. Ciò include i concetti e i ragionamenti matematici.» (Ad
17
traduzione di O. Robutti con la collaborazione di F. Ferrara e C. Sabena
esempio, la capacità di subitizzare, cogliere rapidamente la numerosità, fino a
circa 4 oggetti).
- «L’inconscio cognitivo. La maggior parte del pensiero è inconscia: non
repressa in senso freudiano, ma semplicemente inaccessibile all’introspezione
diretta e cosciente. Noi non possiamo osservare direttamente i nostri sistemi
concettuali e i nostri processi di pensiero a livello basso.» (Ad, esempio, le
attività legate al “parlare”).
- «Il pensiero metaforico. Gli esseri umani concettualizzano i concetti astratti in
termini concreti, utilizzando idee e modelli di ragionamento fondati sul
sistema senso-motorio. Il meccanismo per cui l’astratto è compreso in termini
del concreto viene detto metafora concettuale.» (Ad esempio, “ i numeri sono
punti su una retta”.
(Lakoff & Núñez, 2005, p.27).
Secondo l’Embodiment Philosophy, conosciuta anche come Embodied Mind
Thesis o Embodied Cognition Thesis, la mente e il corpo sono embodied, cioè l’una
incarnata nell’altra. Secondo questa teoria, corpo e cervello si sarebbero evoluti in modo
interconnesso e la mente sarebbe un prodotto di questo percorso evolutivo, una facoltà
emergente del sistema neurocerebrale. Un soggetto risulta essere una fusione tra la
mente e il corpo e tale fusione è inserita in un contesto ambientale e sociale con il quale
agisce ed interagisce. Il corpo e la mente gli permetteranno di agire ed il linguaggio di
interagire. Inoltre, Gallese e Lakoff (2005) scrivono: La conoscenza concettuale è
embodied, cioè è mappata nel nostro sistema senso-motorio…questo non solo fornisce
la struttura al contenuto concettuale, ma caratterizza il contenuto semantico dei
concetti conformemente al modo con cui noi funzioniamo nel mondo col nostro corpo.
Il quadro teorico proposto da Lakoff e Núñez (2005) dedica particolare
attenzione alla metafora concettuale, come modalità di strutturarsi del pensiero astratto.
Secondo i due autori, la conoscenza astratta, quella matematica in particolare, è
largamente metaforica e le metafore utilizzate hanno la loro origine nelle nostre
percezioni, nell’interazione del nostro sistema senso motorio con il mondo.
Le metafore concettuali sono veri e propri strumenti cognitivi che consentono di
trasferire da un dominio sorgente, fortemente legato alla percezione corporea e
all'esperienza sensibile, a un dominio obiettivo, astratto, concettuale, formale, un
sistema di inferenze. Nel complesso, vengono usate inconsciamente, senza sforzo e
automaticamente nel dialogo quotidiano (Lakoff & Núñez, 2005, p.73).
Le metafore concettuali vengono distinte in metafore fondanti e metafore di
collegamento:
- Le metafore fondanti permettono di proiettare le esperienze quotidiane (come
quella di riporre oggetti in pile) nei concetti astratti (come l’addizione),
producono idee di base, fondate direttamente. Queste solitamente richiedono
poco insegnamento.
- Le metafore di collegamento producono idee sofisticate, dette, talvolta, idee
astratte; permettono di collegare le varie branche della matematica (Ad
asempio: i numeri come punti su una retta, le figure geometriche come
equazioni algebriche. Esse richiedono una parte significativa di insegnamento
esplicito.
(Lakoff & Núñez, 2005, p.86).
Nel corso del loro libro sull’origine delle idee matematiche, Lakoff e Núñez
cercano di individuare tutte le metafore concettuali che caratterizzano il pensiero
matematico, rivisitando tutti i concetti matematici e associando ad essi le relative
metafore. Nel capitolo successivo verranno riportate le metafore concettuali che nello
specifico sono inerenti all’argomento di questo lavoro di ricerca.
Gesti e linguaggio
I gesti sono parte del linguaggio del corpo, l'aspetto più studiato e conosciuto
della comunicazione non verbale. Il gesto spontaneo va distinto dai linguaggi gestuali,
che sono codificati, come per esempio il linguaggio dei segni.
Alcune ricerche che si occupano di studiare la relazione tra attività linguistiche e
gestuali. Per esempio, nei primi anni ’80 del secolo scorso Kendon affermò che i gesti
sottolineano le rappresentazioni cognitive espresse mediante il linguaggio (Kendon,
1981, p.38). McNeill suggerì che parole e gesti condividono la stessa risorsa
psicogenetica (McNeill 1985). In una prospettiva sociale, gesti e parole possono essere
visti come segni semiotici che gli studenti usano per oggettivare la conoscenza.
(Radford, 2003).
Alcuni lavori di ricerca in didattica della matematica si sono occupati di
analizzare attività semiotiche dove azioni, gesti e parole cooperano per raggiungere
l’oggettivazione della conoscenza (Arzarello & Robutti, 2001; Radford 2003)
Il gesto può essere considerato come un mezzo di comunicazione,
complementare al linguaggio. Sono atti simbolici che portano significato, così come le
parole. La gente produce gesti rappresentativi anche quando non c'è contatto visuale con
l'interlocutore, dunque i gesti hanno funzioni conoscitive, oltre che comunicative.
In ambito didattico, visto il valore cognitivo del gesto, la gestualità non può
essere inibita, ma anzi favorita e valorizzata. La presentazione alla lavagna di una
risoluzione non consiste nell'applicazione di una procedura standard, ma è un’occasione
per i compagni di discutere, vedere e capire la strategia risolutiva applicata da chi è alla
lavagna e per l’insegnante di osservare, rilevare e studiare gesti, parole e metafore
utilizzate dagli studenti per comunicare e per guidare il pensiero.
Merita un capitolo a parte l'accentuata gestualità dei siciliani, che li ha tipizzati
nel mondo. Accompagnare un concetto con i gesti è insito nella cultura siciliana da
tempi remoti. Il motivo probabile è da ricercare nei suoi rapporti culturali e commerciali
con i popoli dell'area mediterranea orientale sin dai tempi più remoti. La grande
rimescolanza di lingue e popoli ha senz'altro accentuato l'uso del gesto per meglio
comprendersi; è infatti abbastanza naturale, quando non ci si comprende bene tra gente
di lingua diversa, usare i gesti per accentuare la comprensibilità del dialogo. Alcuni
avanzano anche l'ipotesi che all'origine di questo linguaggio parallelo vi sia stata la
necessità di comunicare tra i giovani: un tempo, le restrizioni che imponevano una
distanza tra ragazzi e ragazze resero necessaria la creazione di una serie di segni ben
precisi che aiutassero a progettare incontri o semplicemente a poter scambiarsi delle
idee. Anche Pitrè (1889) si occupò della gestualità siciliana, raccogliendo tutte le
informazioni possibili in Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano. Tra
le varie informazioni, si riporta la leggenda che narra di un re che, arrivato in Sicilia,
vuole mettere alla prova due suoi sudditi sulla supposta capacità di poter dialogare
senza parole. I due sudditi, presi alla sprovvista, passano il test e provocano grande
meraviglia nel sovrano. La gestualità si dice sia uno degli aspetti della teatralità del
siciliano, uno dei tanti modi di dimostrare la necessità di recitare e dar sfogo alla grande
creatività.
Neuroni Specchio
L’attività didattica che fa uso del sensore di movimento trova altresì supporto
nelle neuroscienze ed, in particolare, nell’esistenza dei neuroni specchio. Essi
costituiscono una classe di neuroni specifici che si attiva nell’emisfero sinistro quando
si compie un’azione o la si osserva mentre è compiuta da altri (Brandi & Bigagli, 2004).
Nell’osservatore
si
assiste
al
fenomeno
di
rispecchiamento
neuronale
del
comportamento dell’osservato, come se il primo stesse compiendo le azioni effettuate
dal secondo. Tali argomenti supportano la nostra ricerca in quanto durante le attività in
classe i tempi didattici non consentono l’utilizzo del sensore di movimento da parte di
ciascun alunno. Grazie all’attivazione dei neuroni specchio possiamo affermare che
negli studenti che osservano il moto compiuto dal compagno si attivano gli stessi
processi mentali di chi fisicamente si sta muovendo. Le ipotesi sulla funzione dei
neuroni specchio sono diverse: una teoria riguarda il processo di apprendimento
mediante imitazione, in cui la comprensione delle azioni compiute da altre persone è di
importanza fondamentale; un’altra teoria sostiene che le azioni osservate vengono
riprodotte da un meccanismo di simulazione come il sistema specchio, mettendo in
relazione i processi linguistici con la teoria della mente. Fu un gruppo di ricercatori
dell’Università di Parma che nello studiare l’attività della corteccia premotoria, in
particolare i neuroni deputati al controllo dei movimenti della mano di un macaco,
registrarono l’attività di alcuni motoneuroni di esso, che, pur restando immobile,
osservava uno dei ricercatori nell’intento di prendere una banana. I neuroni della
scimmia che era rimasta immobile, avevano reagito alla vista dell’azione condotta dallo
sperimentatore. I primi studi evidenziarono un gruppo di neuroni visuo-motori nella
corteccia premotoria ventrale (area F5) e successivamente anche nella porzione rostrale
del lobo parietale inferiore (area PF e PFG) in cui si trovano delle connessioni con
l’area F5. L’insieme delle aree coinvolte fu chiamato Mirror Neuron System (MNR).
Questo sistema chiamato dei neuroni specchio svolge un ruolo importante nei processi
di comprensione del comportamento degli altri. Il sistema umano dei neuroni specchio
codifica atti motori transitivi e intransitivi (codifica sia il tipo di azione sia la sequenza
dei movimenti di cui essa è composta). Nell’uomo i neuroni specchio si attivano anche
quando l’azione è semplicemente mimata e non vi è la necessità di un’effettiva
interazione con gli oggetti. Molti ricercatori hanno attribuito a questo sistema un ruolo
nella cognizione sociale e in vari processi di apprendimento fondamentali per lo
sviluppo dell’individuo, come l’acquisizione di abilità procedurali, di memorie senso
motorie e della stessa lingua verbale. La funzione dei neuroni specchio sarebbe quindi
quella di rappresentare azioni a livello cerebrale affinché si abbia una comprensione
delle stesse; in questo modo l’uomo sarà in grado di riconoscere che qualcun altro sta
eseguendo una determinata azione, di distinguere l’azione osservata da un’altra azione e
di usare le informazioni acquisite per agire nel modo appropriato. I neuroni specchio
permettono una rappresentazione interna sia linguistica sia socio comportamentale,
mappando le azioni osservate sugli stessi circuiti nervosi che controllano l’esecuzione
attiva (Gallese, 2003).
Metodologia di ricerca
Teoria delle Situazioni Didattiche
La metodologia di ricerca fa riferimento alla Teoria delle Situazioni Didattiche e
all’Epistemologia Sperimentale delle Matematiche (Brousseau, 1997; Spagnolo, 1998),
in particolare, per quanto attiene all'analisi storico-epistemologica e didattica dei
concetti e degli ostacoli all’apprendimento, alla struttura della ricerca, al riferimento ad
alcuni aspetti dell’attività didattica riguardanti l’apprendimento indotto dal conflitto
cognitivo prodotto per mezzo del milieu, alla formalizzazione del pensiero e
istituzionalizzazione del sapere.
L’attività didattica è stata progettata in tutte le sue fasi, compiendo un’analisi apriori della sua evoluzione. Essa è stata preceduta e seguita da un pre-test e un post-test;
anche in questo caso è stata fatta un’analisi a priori.
L’analisi a priori è l’insieme di:
1. rappresentazioni epistemologiche: percorsi conoscitivi in un determinato periodo
storico;
2. rappresentazioni storico-epistemologiche: percorsi conoscitivi sintattici, semantici e
pragmatici;
3. comportamenti ipotizzati.
L’analisi a priori è uno strumento di cui l’insegnante può avvalersi per anticipare
alcune reazioni degli allievi e quindi in base ad esse orientare le scelte didattiche. Essa
rappresenta un lavoro di ipotesi svolto dall’insegnante, il quale mira ad individuare le
strategie, i ragionamenti, le soluzioni che ogni discente potrebbe utilizzare nella
situazione proposta tenendo conto delle conoscenze possedute. Inoltre, tale attività
permette di prevedere le difficoltà in cui l’alunno può imbattersi, gli errori che può
commettere e orienta verso le scelte di organizzazione della classe.
Si precisa che le attività in classe non sono assimilabili ad attività a-didattiche
poiché l’insegnante mantiene sempre il ruolo di mediatore culturale, guidando gli
studenti nel processo di insegnamento/apprendimento.
APC-space and Semiotic Bundles
L’attività didattica è stata audio-video registrata ed analizzata qualitativamente
facendo riferimento all’APC-space and Semiotic Bundles (Arzarello & Robutti, 2008),
congruo al quadro teorico del presente lavoro di ricerca. Esso si riferisce al paradigma
dell’embodiment della mente e compie un’analisi semiotica delle attività degli studenti.
In particolare considera le risorse semiotiche degli studenti come sistemi semiotici
culturali, analizza gli artefatti come infrastrutture di rappresentazioni e considera la
mediazione semiotica.
Viene compiuta un’analisi multimodale del ruolo di segni ed artefatti nelle
attività degli studenti, mediante il paradigma dell’embodiment e un’analisi della
conversione genetica da un insieme semiotico a un sistema semiotico, dove per insieme
semiotico si intendono parole, gesti e iscrizioni e per sistemi semiotici si intendono i
linguaggi codificati scritti e parlati.
L’analisi semiotica viene compiuta secondo due componenti del tempo: analisi
sincronica e analisi diacronica. L’analisi sincronica riguarda le relazioni tra differenti
insiemi semiotici simultanei attivati dai soggetti in un certo momento; l’analisi
diacronica consiste nel trovare relazioni tra insiemi semiotici attivati dai soggetti in
momenti successivi.
Analisi statistica implicativa
L’analisi quantitativa dei test è stata svolta mediante l’Analisi Statistica
Implicativa di Gras, usando il software Chic (Gras et all, 2008).
L’analisi statistica implicativa di Gras (2000, 2008) è un tipo di analisi non
parametrica e come tale utilizza piccoli campioni. Essa fornisce la misura di una
relazione implicativa di due eventi. Utilizza il metodo di implicazione che stabilisce
l’intensità di implicazione tra variabili e il metodo di similarità, che classifica le
variabili e le raggruppa secondo livelli gerarchici.
R. Gras ha cercato di rispondere alla seguente domanda: Date delle variabili binarie a e
b, in quale misura posso assicurare che in una popolazione, da ogni osservazione di a
segue necessariamente quella di b? La risposta, in generale, non è possibile ed il
ricercatore si deve accontentare di un’implicazione “quasi” vera.
Con l’analisi implicativa di R. Gras si cerca di misurare il grado di validità di una
proposizione implicativa tra variabili binarie e non. Questo strumento statistico viene
messo a punto su ricerche riguardanti la Didattica delle Matematiche.
La modellizzazione del caso binario è la seguente: siano date una popolazione E
un insieme di variabili V, si vuole dare significato statistico all’implicazione larga
a→b.
Siano A e B gli insiemi delle sotto popolazioni rispettive dove la variabile a e b
prendono il valore 1 (vero). L’intensità dell’implicazione viene espressa formalmente:
[
( )
(
)
(
ϕ a, b = 1 − Pr ob card X ∩ Y ≤ card A ∩ B
)]
dove X e Y sono due sotto insiemi di E, parti aleatorie di E, che hanno la stessa
cardinalità rispettivamente di A e B. Y é il complementare di Y rispetto ad E. B é il
complementare di B rispetto ad E. b rappresenta not b.
Si dirà:
[
( )
[
(
)
(
)]]
[ a ⇒ b accettabile alla soglia ϕ a, b = 1 − α ⇔ Pr ob card X ∩ Y ≤ card A ∩ B ≤ α
Da qui si ricava l’indice di implicazione, indicatore della non implicazione di a
su b:
na ∧ b −
( )
q a, b =
n a nb
n
n a nb
n
dove na = card ( A) , nb = card (B ) , na ∧b = card ( A ∩ B ) .
L’indice di similarità classifica le variabili secondo ordini gerarchici. Segue la
legge di Poisson ed è definito come segue:
s ( a, b) =
na nb
n
na nb
n
na ∧b −
L’indice di similarità è in relazione con l’indice di implicazione secondo la seguente
formula:
( )
n
q a, b
=− b
s (a, b )
nb
La rappresentazione di un grafo di relazione d’ordine parziale indotto
dall’intensità d’implicazione dà la possibilità di visualizzare una situazione didattica
dove intervengono più variabili (Spagnolo, 1998).
I trattamenti automatici dei calcoli e dei grafici sono eseguiti con l’aiuto del
software C.H.I.C.18 (Classification Hiérarchique Implicative et Cohésitive)messo a
punto dal gruppo IRMAR.
Questo programma su computer consente di fare l’analisi implicativa molto
velocemente e permette diverse statistiche:
•
statistiche elementari, come la media, la varianza e la correlazioni tra variabili;
•
l’analisi delle similarità di Lerman;
•
l’analisi implicativa secondo Gras, con le seguenti informazioni:
1. grafico implicativo;
2. gerarchia implicativa e nodi significativi dove si formano le classi della
gerarchia;
3. contribuzione degli individui nei cammini significativi del grafo e alle classi
significative della gerarchia;
4. comparazione tra il grafo implicativo ed il grafo inclusivo.
Nel caso della ricerca in didattica le variabili, in genere, sono costituite dai
comportamenti degli allievi. Questi vengono evidenziati mediante l’analisi a priori
(Brousseau, 1997) che costituisce il punto di contatto tra la situazione didattica e
l’analisi dei dati sperimentali.
Mediante l’analisi statistica implicativa vengono analizzate le implicazioni tra i
comportamenti degli allievi mettendole in relazione con l’analisi storico-epistemologica
e didattica. Il grafico implicativo che si viene a creare contiene dei raggruppamenti ben
definiti delle variabili sperimentali che si collegano direttamente o indirettamente e ad
ogni raggruppamento corrisponde un tipo differente di strategia utilizzata dagli alunni.
Il software C.H.I.C. visualizza grafici implicativi e alberi di similarità,
lavorando su tabelle Excel. Nell’analisi dei dati sperimentali di questo lavoro di ricerca
sono state studiate le implicazioni tra le variabili-comportamento degli studenti
mediante tabelle di questo tipo:
18
Information regarding the software can be found at the following site of the A.R.D.M.
(Association de Recherche en Didactique des Mathématiques):
http://www.ardm.asso.fr/CHIC.html
Comportamento 1 … Comportamento n
Studente 1
…
Studente m
I valori di questa tabella erano 0 o 1, a seconda se rispettivamente uno studente non
segue o segue il corrispondente comportamento nella tabella.
È stata analizzata, inoltre, la similarità delle variabili-studente utilizzando il metodo
delle variabili supplementari. (Spagnolo, 1998), (Fazio & Spagnolo, 2008). Le variabili
supplementari rappresentano modelli di comportamento degli studenti, dunque i risultati
della ricerca dipendono dalla similarità delle variabili-studente rispetto ai modelli
corretti di comportamento.
Per l’analisi della similarità mediante lo C.H.I.C. sono state utilizzate tabelle19 di
questo tipo:
Stud
1
… Stud
m
Modello di comport … Modello di comport
dello stud 1
dello stud q
Comport 1
NOT
Comport 1
…
Comport n
NOT
Comport n
In tale tabella gli studenti vengono relazionati con i comportamenti corretti e le loro
negazioni. I valori sono sempre di tipo binario. I modelli corretti di comportamento
degli studenti sono stati selezionati combinando comportamenti corretti.
Per concludere, si ritiene importante mettere in evidenza che questo tipo di
analisi, rispetto alla classica analisi delle frequenze, ha il vantaggio di esaminare il
comportamento dei singoli studenti e non soltanto il numero di studenti che seguono un
determinato comportamento. Infatti, gli alberi di similarità in cui le variabili sono gli
studenti, oltre a fornire l’informazione del numero di studenti che segue un determinato
19
“Stud” sta per “studente”; “comport” sta per “comportamento”.
comportamento, si mantiene anche l’informazione relativa a quale studente segue quel
comportamento, divenendo così uno strumento oltre che quantitativo, anche qualitativo.
CAPITOLO 2
Analisi storico-epistemologica e didattica
del concetto di funzione
Il presente progetto di ricerca riguarda, anche in prima approssimazione,
l’analisi di processi di insegnamento/apprendimento del concetto di funzione. Il target
di studenti a cui si fa principalmente riferimento è quello di studenti di terzo, quarto
anno di Scuola Secondaria Superiore, a seconda del piano di studio dei diversi indirizzi
scolastici. Obiettivo primario è stato quello di delineare un approccio storicoepistemologico al concetto matematico trattato, in cui l’insegnante avesse il ruolo di
mediatore culturale, con l’ausilio di strumenti di mediazione semiotica, costituiti da
artefatti e segni (rappresentazioni del concetto stesso).
Per delineare questo percorso, nella prospettiva della Teoria delle Situazioni
Didattiche, è stato necessario compiere un’analisi storico-epistemologica e didattica del
concetto che si voleva trattare. Di seguito vengono riportati i risultati di tale analisi.
Analisi epistemologica del concetto di funzione
Il concetto di funzione può essere considerato uno dei concetti fondamentali
della matematica, su cui si basa buona parte di questa disciplina. In quanto tale, su di
esso è stata sviluppata una trattazione negli Elements de mathematique di Bourbaki
(1939), il cui IV volume è dedicato alle Funzioni di una variabile reale. Infatti, il
termine "Elementi" si riferisce proprio al titolo del lavoro di Euclide che significa "parti
fondamentali" sulle quali si costituiscono le parti più specifiche. Quest’opera si
prefiggeva l'obiettivo di classificare la matematica e riscriverla in forma assiomatica in
modo rigoroso e il più possibile semplice, nel tentativo di dare un contenuto semantico
all'attività dei matematici. Questo venne fatto appoggiandosi sul concetto di struttura,20,
la cui base semantica è la teoria degli insiemi. La struttura, infatti, rappresenta una
20
Sotto lo pseudonimo di "Bourbaki" si celano un gruppo di matematici francesi che negli anni 30
operano una
classificazione strutturalista dei linguaggi matematici secondo le: a) strutture algebriche; b) strutture
d'ordine; c) strutture topologiche.
classe d'equivalenza su un insieme di sistemi di assiomi e diventa uno strumento per il
matematico che gli consente, una volta trovate delle relazioni soddisfacenti agli assiomi
di una struttura conosciuta, di disporre di un arsenale di teoremi generali relativi alle
strutture di quel tipo. Con la nozione di struttura si viene a dare corpo alle ricerche sui
sistemi formali propri della logica ed alle successive ricerche sulla teoria dei modelli.
Va dato merito ai matematici di Bourbaki di avere operato la prima grande
classificazione delle matematiche dopo Euclide che abbia avuto un assetto abbastanza
organico. Il metodo assiomatico divenne, così, il pilastro della matematica moderna,
sulla base semantica della teoria degli insiemi. (Spagnolo et al., 1998).
La definizione di Bourbaki (1939) di una funzione di una variabile reale è la
seguente:
Siano E e F due insiemi distinti o no. Una relazione fra una variabile x di E
e una variabile y di F è detta relazione funzionale in y, o relazione
funzionale di E verso F, se qualunque sia x ∈ E, esiste un elemento y di F, e
uno solo, che stia nella relazione considerata con x. Si dà il nome di
funzione all’operazione che associa così ad ogni elemento x ∈
E,
l’elemento y di F che si trova nella relazione data con x; si dice che y è il
valore della funzione per l’elemento x e che la funzione è determinata dalla
relazione funzionale considerata. Due relazioni funzionali equivalenti
determinano la stessa funzione.
In questa definizione i concetti fondamentali che ne costituiscono lo statuto
epistemologico sono i seguenti:
-
Insieme: intuitivamente inteso come collezione di oggetti;
-
Variabile: indicata con una lettera dell’alfabeto, rappresenta un valore
numerico che può variare all’interno di un insieme;
-
Relazione binaria: sottoinsieme del prodotto cartesiano tra due insiemi,
tenendo presente che il prodotto cartesiano non è commutativo
-
Condizione di Esistenza: condizione che indica una restrizione delle
relazioni ad una classe in cui per ogni elemento del primo insieme esiste
un elemento del secondo insieme con cui esso è in relazione;
-
Condizione di Unicità: condizione che indica una restrizione delle
relazioni ad una classe in cui l’elemento del secondo insieme che è in
relazione con un elemento del primo insieme è unico.
Da questa prima analisi si può affermare che l’acquisizione del concetto di
funzione è subordinata all’acquisizione dei concetti sopra descritti. Inoltre,
l’apprendimento del concetto di limite di funzione ha motivo di esistere solo mediante il
teorema di esistenza e unicità del limite, ovviamente, non applicabile a relazioni non
funzionali. Tuttavia, alla luce della Teoria dei Registri di Rappresentazione Semiotica,
poiché quelli elencati sopra restano comunque dei “concetti”, così come lo è la
funzione, essi sono percepibili solo attraverso rappresentazioni semiotiche. Allora
bisogna tener presene che uno studente ha acquisito il concetto di funzione soltanto se
sa rappresentare tale concetto mediante rappresentazioni semiotiche e sa compiere
trattamenti e conversioni di esse. Se non si tenesse conto di ciò si rischierebbe di cadere
nel paradosso semiotico, descritto nel capitolo precedente.
Da un’analisi delle rappresentazioni semiotiche del concetto di funzione emerge
che tale concetto viene rappresentato in diversi registri di rappresentazione che, in
riferimento alla Semiotic Bundles, si possono suddividere in insiemi semiotici e sistemi
semiotici:
Gli insiemi semiotici, che si prestano ad esplicitare la concezione implicita
posseduta dagli allievi sul concetto di funzione e si possono ricollegare alla teoria
dell’Embodiment della mente, sono i seguenti:
-
Registro pittografico, che consiste in disegni di oggetti reali o schemi
-
Registro Linguistico, nel senso di linguaggio naturale, parlato o scritto
-
Registro gestuale, che utilizza il linguaggio del corpo
I sistemi semiotici, che consistono in registri formali utilizzati in matematica,
sono i seguenti:
-
Registro Analitico, che utilizza il simbolismo algebrico
-
Registro Grafico, mediante grafici Cartesiani
-
Registro Tabulare, che fornisce una rappresentazione di alcuni punti
della funzione, mettendo in evidenza la corrispondenza tra ascissa e
ordinata
-
Registro Insiemistico, che rappresenta in modo iconico la definizione
Bourbakista
Alla luce di quanto detto, si potrà affermare che gli studenti posseggono il
concetto di funzione quando avverrà la conversione genetica dagli insiemi semiotici ai
sistemi semiotici e quando gli studenti saranno in grado di operare trattamenti e
conversioni tra sistemi semiotici.
L’ultima osservazione sulle funzioni riguarda l’applicazione che di esse si può
fare nella vita reale. Infatti, le funzioni possono costituire uno strumento matematico per
la modellizzazione di fenomeni naturali. D’altra parte, le applicazioni delle funzioni in
processi di modellizzazione costituiscono la motivazione storica che ha dato origine a
tale concetto, in diversi campi applicativi, soprattutto nell’ambito della Fisica. Questo
argomento verrà approfondito nel paragrafo successivo, riguardante l’analisi storica del
concetto di funzione.
Analisi storica del concetto di funzione
L’analisi storica del concetto di funzione qui descritta è frutto di uno studio
compiuto su ricerche effettuate da vari autori che si sono occupati di tale argomento
(Bottazini, 2003; Boyer, 1990; Kline, 1991; Lakoff & Nuñez, 2005; Pantieri, 2007;
Youschkevitch, 1976). Tale analisi è stata riassunta nello schema di seguito e
successivamente argomentata.
STORIA DEL CONCETTO DI FUNZIONE
2000
a.C.
I matematici babilonesi usavano tavole di funzioni per i loro calcoli
sessagesimali e per gli studi astronomici.
300 a.C.
Aristotele usava il termine movimento della material nel senso lato di
cambiamento.
200
d.C.
Nei lavori di Diofanto si può intravedere l’idea di una quantità variabile in
senso proprio.
Metà
Oresme sviluppò la sua teoria delle Latitudini e delle Forme, secondo cui
del XIV longitudo e latitudo davano una rappresentazione geometrica della res
sec.
mensurabilis.
1591
Viète sistematizzò il simbolismo algebrico, distinguendo parametri e
variabili.
XVII
sec.
Nell’applicazione della nuova algebra alla geometria, Fermat e Descartes
presentarono il metodo analitico di introduzione delle funzioni.
XVII
sec.
Newton presentò un’interpretazione cinematico-geometrica dei concetti base
dell’analisi matematica. Come il suo maestro, Barrow, Newton scelse il
tempo come variabile indipendente e interpretò le variabili dipendenti come
quantità fluenti con moto continuo che possiedono una certa velocità di
cambiamento, detta flussione.
XVII
sec.
Leibniz giunse alle nozioni base di calcolo differenziale ed integrale, dalla
geometria delle curve. Egli fu il primo ad usare la parola funzione per
descrivere una situazione matematica.
1718
Bernoulli formulò la prima definizione esplicita di una funzione come
un’espressione analitica arbitraria.
1755
Eulero formulò la seguente definizione di funzione: una funzione di quantità
variabili è un’espressione analitica composta in modo qualunque da quelle
quantità e da numeri o quantità costanti
XVIII
sec.
Lagrange sottolineò l’esigenza di separare la base del calcolo infinetesimale
dalla geometria e dalla meccanica.
1870
Hankel dimostrò l’impossibilità di ridurre la definizione di funzione a
funzione analitica.
1939
Bourbaki formulò la definizione moderna di funzione in termini insiemistici
Il concetto di funzione ha origini antiche che si possono fare risalire a 4000 anni
fa. Infatti, nel 2000 a. C. i matematici Babilonesi utilizzavano per i loro calcoli
tavolette contenti tabelle numeriche sessagesimali di reciproci, quadrati, radici quadrate,
cubi e radici cubiche. Tuttavia, è doveroso riconoscere che queste tabelle numeriche,
seppur contenenti una corrispondenza tra valori variabili, non possono essere prese
come esempio di applicazione di pensiero funzionale.
Durante la dinastia Seleucide (305 – 60 a. C.) nell’astronomia Babilonese venivano
utilizzate tabelle di funzioni per la compilazione delle effemeridi del sole, della luna e
dei pianeti.
Il concetto di funzione fece la sua apparizione in Grecia con i primi studi di
acustica di Pitagora e i pitagorici (VI secolo a. C.), che giunsero a stabilire le relazioni
esistenti fra la lunghezza delle corde vibranti e l'altezza dei suoni. Nel 300 a.C.
Aristotele usava il termine movimento della material nel senso lato di cambiamento. La
prima opera sistematica sulle funzioni trigonometriche di cui si ha notizia è correlata
alle corde di una circonferenza di raggio fissato ed è dovuta all’astronomo greco
Ipparco di Nicea, vissuto nel II secolo a. C. Nell’Almagesto di Tolomeo (150 d. C.)
sono presenti numerose tabelle astronomiche equivalenti a funzioni razionali e alle più
semplici funzioni irrazionali del seno. 200 d.C.
Nei lavori di Diofanto si può
intravedere l’idea di una quantità variabile in senso proprio.
Nella matematica Greca e Babilonese ritroviamo:
- L’istinto di funzionalità
- L’idea di cambiamento di una quantità variabile (Aristotele
utilizzava il termine moto della materia per indicare in generale il
cambiamento)
- L’utilizzo di tabelle di funzioni concepite come relazioni tra
insiemi discreti di quantità costanti date
Mancava:
•Una
nozione generale di quantità variabile e di relazione funzionale
•L’utilizzo
•La
di una parola equivalente al termine funzione
rappresentazione analitica della funzione (il simbolismo non era molto sviluppato)
Per circa mille anni non si sono avuti sviluppi sostanziali del concetto di
funzione, anche se crebbe il numero di funzioni utilizzate e migliorarono i metodi di
studio.
Nel 14° secolo nelle scuole di filosofia naturale di Oxford e Parigi maturò l’idea
che le leggi naturali possono essere espresse mediante leggi quantitative. Inoltre, venne
abbandonata la dottrina aristotelica di intensio et remissio qualitatum et formarum, ciò
permise i rapporti tra grandezze non omogenee e quindi lo studio di moti irregolari (non
studiati dai greci). Si comincia, così ad avere Rappresentazioni Cinematiche delle
Relazioni Funzionali.
La cinematica ebbe maggiore sviluppo in Inghilterra, con Heytesbury e
Swineshead; mentre in Francia si sviluppò maggiormente l’aspetto geometrico, il cui
maggiore rappresentante fu Nicole Oresme, con la teoria delle latitudini delle forme:
Oresme rappresenta gradi di intensità con segmenti di lunghezze corrispondenti, le
“latitudini”, tracciate perpendicolarmente rispetto alla linea delle “longitudini, che
costituiscono i segmenti di cui rappresenta le estensioni. Gli estremi superiori delle
latitudini di qualche qualità generano la “linea di intensità” che rappresenta i “gradi”
della qualità.
La teoria delle latitudini delle forme, sviluppata nel 14° secolo e ampiamente diffusa nel
15° secolo e nella prima metà del 16° secolo (soprattutto in Inghilterra, Francia, Italia e
Spagna), sembra essere fondata sull’uso cosciente dell’idea di quantità variabili
indipendenti e dipendenti. Si cominciano così ad avere le prime Rappresentazioni
Geometriche delle Relazioni Funzionali. In questa teoria una funzione è definita o
mediante una descrizione verbale delle sue proprietà o direttamente dal grafico. Inoltre,
Oresme introduce una classificazione dei principali tipi di qualità lineari:
-
Qualità uniformi (latitudine costante e linea d’intensità parallela alla linea
delle longitudini)
-
Qualità uniformemente difformi (descrizione equivalente ad una linea
passante per due punti)
-
Qualità difformemente difformi (tutti gli altri casi).
Con Viète (1591) si ha la sistematizzazione del simbolismo algebrico, già in uso
tra i matematici di quel tempo, con la definizione e la distinzione tra incognita e
parametro. Questo portò i seguenti vantaggi:
•
Netta distinzione tra il concetto di parametro e il concetto di incognita
•
Possibilità di scrivere in simboli equazioni ed espressioni algebriche
contenenti quantità indeterminate e coefficienti arbitrari
I primi anni del 17° secolo andava acquisendo solidità la nuova concezione delle
leggi quantitative della natura. Il processo scientifico portò l’introduzione di misure
quantitative di grandezze fisiche come il calore, la pressione, ecc.. in conseguenza di ciò
si ha l’introduzione di misure quantitative di grandezze fisiche.
Parallelamente, in ambiente matematico si affermò il metodo analitico di
introduzione delle funzioni mediante formule ed equazioni con la nascita della
geometria analitica. Il metodo analitico di introduzione delle funzioni si fa risalire a
due celebri studiosi, che operarono indipendentemente l’uno dall’altro, applicando la
nuova algebra alla geometria: Descartes e Fermat.
Newton nel suo Method of fluxions and infinite series (1670) presentò
un’interpretazione cinematico-geometrica dei concetti base dell’analisi matematica,
sviluppando le idee del suo maestro Barrow. Newton scelse il tempo come variabile
indipendente e interpretò le variabili dipendenti come quantità fluenti con moto
continuo, che posseggono una certa velocità, detta flussione. I due principali problemi
del calcolo infinitesimale sono espressi in termini meccanici:
-
Data la legge della distanza compiuta, det. la velocità del moto
(differenziazione)
-
Data la velocità del moto, det. la distanza compiuta (integrazione)
Il metodo delle flussioni è sviluppato per fluenti espresse analiticamente
mediante una forma finita o mediante somme di serie potenze infinite.
Leibniz arrivò alle nozioni di differenziazione ed integrazione mediante lo studio
delle curve geometriche. Nel Nova methodus pro maximis et minimis, itquem
tangentibus (1684) descrive il differenziale (dv) di un’ordinata di una curva come un
segmento che diviso per dx, un incremento arbitrario dell’ascissa, è uguale al rapporto
tra la sua ordinata e la sottotangente:
dv:dx=v:σ
Il termine “funzione” si trova per la prima volta in Leibniz. In un manoscritto del 1673,
dal titolo Methodus tangentium inversa, seu de functionibus, Leibniz usò il termine
“funzione” per denotare una qualsiasi quantità variabile da punto a punto di una
curva come, ad esempio, la lunghezza della tangente o della normale.
Della curva veniva detto che era data da un’equazione. Nella sua Historia
(1714), Leibniz adopera la parola “funzione” per denotare, in generale, quantità che
dipendono da una variabile (manca il senso analitico).
Leibniz introdusse anche i termini «costante», «variabile» e «parametro»,
usando quest’ultimo con riferimento a una famiglia di curve.
Nella lettera del 2 settembre 1694, nella quale Bernoulli racconta a Leibniz la
sua scoperta dello sviluppo in serie di scrive: «Con n intendo una quantità formata in
una maniera qualsiasi da variabili e da costanti» Bernoulli utilizzò per la prima volta nel
1698 la frase leibniziana «funzione di queste ordinate». Nel 1718 in un articolo di
Bernoulli si ha la prima definizione esplicita di funzione come espressione analitica:
«Définition. On appelle fonction d’une grandeur variable une quantité
composée de quelque manière que ce soit de cette grandeur variable et de
constantes»
Inoltre, propose la notazione ϕx per indicare le funzioni.
I trattati euleriani Introductio in analysin infinitorum [1748], Institutiones calculi
differentialis [1755] e Institutiones calculi integralis (1768-1770) rappresentano il punto
di arrivo della speculazione analitica del periodo che va dal 1655 (metodo delle
flussioni) fino alla metà del Settecento e il punto di partenza dell’analisi matematica
moderna.
Nel primo trattato Euler dichiara:
«Una funzione di quantità variabili è un’espressione analitica composta in
modo qualunque da quelle quantità e da numeri o quantità costanti»
In questa definizione:
-
È assente ogni riferimento fisico al movimento dei corpi
-
Il concetto di funzione viene espresso in termini puramente formali
Col termine «espressione analitica» Euler intende un’espressione composta da
grandezze simboliche e numeri mediante operazioni algebriche oppure trascendenti.
Euler divide le funzioni in:
•Algebriche (ottenibili
•Trascendenti
mediante un numero finito di operazioni elementari)
(sviluppabili in serie)
Per Euler, in generale, una funzione si può esprimere con una serie del tipo:
A + Bz + Cz2 + Dz3 + …
Non si pone il problema né della dimostrazione né della legittimità di tali estensioni,
tuttavia, lascia aperta la possibilità di considerare esponenti qualunque per la z nello
sviluppo:
Azα + Bzβ + Czγ + …
Sostanzialmente si limita a considerare funzioni algebriche ed estende in generale le
loro proprietà alle funzioni trascendenti. Nel suo modo di ragionare ha un peso decisivo
l’analogia supposta esistente tra il finito e l’infinito, tipico dell’epoca.
La linea curva continua è quella la cui natura è espressa da una sola funzione
determinata di x. Se però la linea curva è composta da differenti parti determinate da più
funzioni di x, di modo che una parte sia il risultato di una funzione e un’altra sia il
risultato di una seconda funzione, noi chiamiamo queste specie di linee curve
discontinue, o miste e irregolari, giacché esse non sono formate secondo una legge
costante e sono composte di porzioni di differenti curve continue».
Tale classificazione rimase standard per un lungo periodo e si ritrova ancora all’inizio
dell’Ottocento.
Intorno alla metà del Settecento si alimentò una lunga e vivace polemica fra i più
grandi matematici del secolo, prima D’Alembert e Euler, e poi Daniel Bernoulli e J. L.
Lagrange, di cui si trovano echi ancora all’inizio dell’Ottocento in J. B. Fourier. La
polemica riguardava la soluzione del problema della corda vibrante, che ebbe un
impatto decisivo anche sulla matematica “pura”. Il problema era il seguente: “Studiare
le vibrazioni di una corda omogenea non soggetta ad alcuna forza esterna, posta in un
piano e fissata alle estremità”.
La discussione si accese intorno a un lavoro di D’Alembert del 1747, che
rappresenta il primo tentativo coronato da successo di integrare le equazioni
differenziali alle derivate parziali che si ottengono descrivendo matematicamente le
infinite forme assunte da una corda tesa posta in vibrazione in un piano.
D’Alembert Introduce un sistema di riferimento cartesiano e considera una funzione u =
u(x, t) definita per 0 ≤x ≤ l e t ≥0, ottenendo l’equazione:
∂ 2 u ( x, t )
∂ 2 u ( x, t )
=ν
∂t 2
∂x 2
Compare così per la prima volta quella che viene oggi detta equazione unidimensionale
delle onde.
D’Alembert integrò l’equazione ottenendo:
Dove f (x) è la configurazione iniziale (che D’Alembert impone continua) e g (x) è la
velocità dei suoi punti.
Eulero considera la stessa equazione D’Alembert e tecnicamente la soluzione di
Eulero non si discosta da quella di, tuttavia egli sostiene che la posizione iniziale della
corda può essere data da una curva «sia regolare contenuta in una certa equazione, sia
irregolare o meccanica». «La prima vibrazione dipende soltanto da noi giacché si può,
prima di lasciar la corda, darle una figura qualunque».
Nel 1753 Daniel Bernoulli (1700-1782) sulla base di motivazioni di natura fisica (la
sovrapposizione e la composizione delle onde) asserisce che tutte le possibili curve
iniziali possono essere rappresentate nella forma:
Di conseguenza, sostiene, tutti i moti successivi saranno del tipo:
Secondo Eulero una soluzione di questo tipo non può essere discontinua; inoltre, una
funzione somma di una serie trigonometrica è periodica, e se la f(x) non ha questa
proprietà non si può rappresentarla con una tale serie.
Tutti, in un certo senso, avevano ragione:
•D’Alembert,
seguendo una tradizione stabilita fin dai tempi di Leibniz, insisteva sul
fatto che le funzioni devono essere analitiche, in modo che ogni problema non
risolvibile mediante esse sia insolubile tout court.
•Eulero,
D’Alembert e Lagrange non si rendevano conto che, data una funzione
arbitraria nell’intervallo [0,1] è possibile ripeterla in ogni intervallo [nl, (n + 1)l], con n
intero, in modo che la funzione diventi periodica. Naturalmente, una tale funzione
periodica può non essere rappresentabile da un’unica espressione analitica.
•Eulero,
D’Alembert e Lagrange avevano ragione nel ritenere che non tutte le funzioni
possono essere rappresentate da serie di Fourier
•Non
venne chiarito perché un’equazione alle derivate parziali con coefficienti analitici
(nel caso in questione, costanti) possa avere una soluzione non analitica.
Uno degli esiti più interessanti della polemica sulla corda vibrante fu dunque quello di
concentrare l’attenzione dei matematici sulla definizione euleriana di funzione e, in
particolare, di funzione continua e discontinua, e di cercare di comprendere, rispetto a
quella, quale fosse la natura degli oggetti matematici ottenuti dall’integrazione di
equazioni differenziali alle derivate parziali.
Nel 1791 Arbogast definì le funzioni «discontigue», che, in termini moderni, funzioni
discontinue.
Il concetto di funzione per Condorcet (1734-1794): «Suppongo di avere un certo
numero di quantità x, y, x, …. , F e che ogni valore determinato di x, y, z, … , F abbia
uno o più valori determinati che corrispondono ad essi. Io dico allora che F è una
funzione di x, y, z, … Infine, so che, allorché x, y, z, … saranno determinati, lo sarà
anche F; anche se non conoscerò né la maniera di esprimere F mediante x, y, z, … né la
forma dell’equazione tra F e x, y, z, … io saprò che F è funzione di x, y, z, …».
Condorcet distingue inoltre tre diversi tipi di funzioni:
1. funzioni di cui si conosce la forma (ovvero, funzioni esplicite);
2. funzioni introdotte da equazioni tra F e x, y, z, …(ovvero, funzioni implicite);
3. funzioni date mediante certe condizioni (per esempio, equazioni differenziali).
Lagrange, nella Théorie des fonctions analytiques del 1797, compì il primo,
ambizioso tentativo di costruire le fondamenta del calcolo infinitesimale. Il trattato
si apre con la seguente definizione di funzione, che richiama Leibniz e Bernoulli:
«Si chiama funzione di una o più quantità ogni espressione del calcolo
nella quale queste quantità entrano in maniera qualunque, insieme o no
con altre quantità che si considerano come aventi dei valori dati e costanti,
mentre le quantità della funzione possono assumere ogni valore possibile».
Per Lagrange ogni funzione è sviluppabile in serie di potenze:
Non fa alcun tentativo per assicurarsi la convergenza della serie. Lagrange
contribuì, come già aveva fatto Euler, a separare i fondamenti del calcolo infinitesimale
dalla geometria e dalla meccanica.
Nella Théorie analytique de la chaleur [1822], Fourier (1768-1830) affrontò un
problema fisico di grande interesse teorico e pratico: lo studio della natura e della
propagazione del calore: «Risulta dalle mie ricerche che le funzioni arbitrarie anche
discontinue possono sempre essere rappresentate da sviluppi in seno o coseno di
archi multipli, conclusione che il celebre Euler ha sempre respinto [...]. Gli sviluppi in
discorso hanno questo in comune con le equazioni differenziali alle derivate parziali,
che essi possono esprimere la proprietà delle funzioni interamente arbitrarie e
discontinue; è per questo che si presentano in maniera naturale per l’integrazione di
queste ultime equazioni. [...] In generale la funzione f(x) rappresenta una successione di
valori o di ordinate ciascuna delle quali è arbitraria. [...] Noi non supponiamo che queste
ordinate siano soggette a una legge comune; esse si succedono l’una all’altra in maniera
qualsiasi».
Cauchy (1789-1857) dà la definizione di concetto di limite e di comunità:
-
Concetto di limite: Allorché i valori successivamente assunti da una stessa
variabile si avvicinano indefinitamente a un valore fissato, sì da differirne alla
fine tanto poco quanto si vorrà, quest’ultima quantità è chiamata il limite di tutte
le altre.
-
Continuità: Allorché delle quantità variabili sono legate fra loro in modo tale
che, dato il valore di una, si possa ricavare il valore di tutte le altre, [queste],
espresse per mezzo della variabile indipendente, sono chiamate funzioni di
questa variabile.
Per Dirichlet, ogni funzione continua è sviluppabile in serie di Fourier
“Funzione di Dirichlet”: una funzione di x che vale c (costante) quando x è
razionale e d (costante ≠ c) quando x è irrazionale.
«La funzione così definita ha dei valori finiti e determinati per ogni valore di x e
nondimeno non sarebbe possibile sostituirla nella serie, dal momento che i diversi
integrali che entrano in questa serie perderebbero in questo caso ogni significato»
Continuità: Si pensi di indicare con a e b due valori fissati e con x una
grandezza variabile, che possa assumere tutti i valori compresi fra a e b. Ora, ad ogni x,
corrisponda un unico y finito e tale che, mentre x percorre con continuità l’intervallo da
a a b, y = f(x) vari in maniera del tutto simile; allora y si dice funzione continua di x in
quest’intervallo.
Hankel scriveva nel 1870 che i risultati di Fourier, che avevano ampliato la
classe delle funzioni ammissibili in analisi alle funzioni discontinue, avevano
definitivamente rivelato insostenibile l’ipotesi tacita, ma decisiva, che le proprietà delle
funzioni analitiche si potessero comunque estendere a tutte le funzioni perciò il vecchio
concetto di funzione, che richiedeva che una qualunque funzione fosse rappresentabile
analiticamente, si rivelava inadeguato.
«Si dice che y è funzione di x se ad ogni valore della grandezza variabile x
all’interno di un certo intervallo corrisponde un determinato valore di y, senza riguardo
al fatto che su tutto l’intervallo y dipenda o no da x secondo la stessa legge, e che la
dipendenza sia o no esprimibile da operazioni matematiche»
Alla fine dell’800 si ha l’Aritmetizzazione dell’Analisi. Essa nasce
dall’esigenza di dare un fondamento logico all’analisi. Si fonda sulla convinzione che il
rigore si poteva ottenere costruendo e strutturando in modo preciso i numeri reali e
ponendo essi a fondamento dell’analisi
Secondo Dedekind si ha una corrispondenza biunivoca tra i numeri reali e i
punti di una retta – definizione di continuità:
«Se una ripartizione di tutti i punti della retta in due classi è di tale natura
che ogni punto di una delle due classi sta a sinistra di ogni punto dell’altra,
allora esiste uno e un sol punto dal quale questa ripartizione di tutti i punti
in due classi, o questa decomposizione della retta in due parti, è prodotta».
Questo porta alla definizione assiomatica della continuità dei numeri reali, da cui si
ricava la definizione di insieme dei numeri reali, formalmente indipendente dalla
geometria.
Weierstrass perfezionò la definizione di limite e di funzione continua, dando la
definizione in termini di ε e δ (formalmente indipendente dalla fisica e dalla geometria).
Derivò i numeri razionali dai numeri naturali introducendo i razionali come classi di
equivalenza di coppie di interi e gli interi come classi di equivalenza di coppie di
numeri naturali
Con Peano si ha l’Assiomatizzazione dei numeri naturali.
Nel 1939 Bourbaki fornisce la definizione di funzione in termini insiemistici,
come riportato sopra.
Analisi delle concezioni e
delle metafore concettuali
legate a tale concetto
Concezioni del concetto di funzione
Si è osservato che gli studenti non necessariamente usano la definizione quando
decidono se un dato oggetto matematico è un esempio o non è un esempio del concetto
di funzione Nella maggior parte dei casi loro decidono in base a quello che Vinner e
Dreyfus, nel 1989, indicavano come concetto immagine, ma che, in un’accezione
specifica, preferiamo indicare come concezione (Spagnolo, 1998). Vinner e Dreyfus
hanno somministrato un questionario sul concetto di funzione ad un campione di 307
persone di diverso grado culturale: 33 di scuola secondaria inferiore, 67 del primo
biennio della scuola secondaria superiore, 113 del triennio della scuola secondaria
superiore, 58 matematici e 36 insegnanti.
Le risposte riguardanti la definizione del concetto di funzione sono state
classificate in 6 categorie, di seguito riportate fedelmente.
1.
Corrispondenza: Una funzione è una corrispondenza tra due
insiemi che assegna ad ogni elemento nel primo insieme esattamente un
elemento nel secondo insieme (definizione di Dirichlet-Bourbaki).
“Una corrispondenza tra due insiemi di elementi.”
“Per ogni elemento in A c’è uno e un solo elemento in B.”
2.
Relazione di Dipendenza: Una funzione è una relazione di
dipendenza tra due variabili (y dipende da x)
“Un fattore dipende dall’altro”
“Una dipendenza tra due variabili”
“Una connessione tra due grandezze”
3.
Regola: Una funzione è una regola. Ci si aspetta che una regola
abbia una certa regolarità, dal momento che una corrispondenza può essere
“arbitraria”. Di solito il dominio e il codominio non sono qui menzionati,
contrariamente alla categoria 1, in cui vengono richiamati.
“Qualcosa che connette il valore di x con il valore di y.”
“Il risultato di una certa regola applicata a un numero variabile.”
“Una relazione tra x e y è una funzione.”
4.
Operazione: Una funzione è un’operazione o una manipolazione
(che agisce su un dato numero, generalmente mediante operazioni algebriche,
per ottenere la sua immagine).
“Un’operazione.”
“Un’operazione fatta su certi valori di x che assegna a ogni valore di x un
valore di y = f (x) .”
“Trasmettere valori ad altre variabili secondo certe condizioni.”
5.
Formula: Una funzione è una formula, un’espressione algebrica,
o un’equazione.
“È un’equazione che esprime una certa relazione tra due oggetti.”
“Un’espressione matematica che fornisce una connessione tra due fattori.”
“Un’equazione che connette due fattori.”
6.
Rappresentazione:
La
funzione
è
identificata,
in
modo
possibilmente privo di significato, con una delle sue rappresentazioni grafiche o
simboliche.
“Una collezione di numeri in un certo ordine che può essere espressa in
un grafico.”
“ y = f (x) .”
“ y ( F ) = x .”
Per quanto riguarda l’ultima categoria si può far rifermento al paradosso
cognitivo di cui parla Duval (1993): “…da una parte, l’apprendimento degli oggetti
matematici non può che essere un apprendimento concettuale e, d’altra parte, è solo per
mezzo di rappresentazioni semiotiche che è possibile un’attività su degli oggetti
matematici…” (in D’Amore, 2000).
Metafore concettuali attinenti al concetto di funzione
Di seguito vengono riportate alcune metafore concettuali legate al concetto
di funzione, definite da Lakoff e Nuñez (2005).
- Metafora Base dell’Infinito: tutti i casi di infinito attuale (gli insiemi infiniti, i punti
all’infinito, i limiti di somme infinite, le intersezioni infinite, gli estremi superiori) sono
casi particolari di una sola metafora concettuale generale, nella quale i processi che
continuano indefinitamente sono concettualizzati come aventi una fine e un risultato
ultimo. L’idea di infinito attuale in matematica sia metaforica e che i vari esempi di
infinito attuale facciano uso del risultato metaforico ultimo di un processo senza fine.
Letteralmente, il risultato di un processo senza fine non esiste: se un processo non ha
fine, non ci può essere alcun risultato ultimo. Tuttavia, il meccanismo della metafora ci
permette di concettualizzare il risultato di un processo infinito, nell’unico modo in cui
possiamo concettualizzare il risultato di un processo, ossia in termini di un processo che
in effetti ha una fine. (Lakoff e Nuñez, p.203, 2005).
- I numeri sono punti su una retta: ogni punto corrisponde ad un numero, la distanza
tra posizioni di punti corrisponde ad una differenza aritmetica tra punti (Lakoff e
Nuñez, p.377, 2005).
- La variazione viene compresa metaforicamente in termini di moto. Le variazioni
sono espresse con il linguaggio del moto: possiamo andare in, uscire da uno stato di
euforia, i prezzi possono alzarsi o abbassarsi, il cambiamento è giunto a un punto morto.
- Le funzioni nel piano cartesiano sono spesso concettualizzate in termini di moto
lungo un percorso, come per esempio quando la funzione viene descritta con le
parole: «sale», «raggiunge» un massimo e «scende» di nuovo (Lakoff e Nuñez, p.70,
2005).
- Mediante la metafora “la variazione è moto” il concetto di tasso di variazione risulta il
caso generale di quello particolare di velocità del moto (Lakoff e Nuñez, p.493, 2005).
- La nozione originale di continuità di una funzione era concettualizzata in termini di
processo continuo di moto, ossia un processo senza punti finali intermedi (Lakoff e
Nuñez, p.68, 2005). Il grafico di una funzione continua viene interpretato come la
traiettoria di un punto che lascia una scia.
Weierstrass per definire la continuità di una funzione utilizzò la metafora “i
numeri sono punti su una retta”, utilizzando i numeri al posto delle loro
corrispondenti posizioni di punti sulla retta. La continuità secondo Weierstrass
consiste nella conservazione della prossimità per le posizioni di punti. (Lakoff e
Nuñez, p.377, 2005). Lakoff & Nuñez così commentano l’aritmetizzazione di
Weierstrass: «Si attribuisce a Weierstrass il merito di aver aritmetizzato l’analisi
matematica. […] Tuttavia, la geometria è ancora presente. L’analisi matematica
riguarda il concetto di variazione, che viene concepita in termini di moto tanto nei
sistemi concettuali delle varie culture, quanto nell’analisi matematica classica. IL
moto in matematica è concettualizzato in termini di rapporto tra distanza e tempo.
Il tempo, a sua volta, è concepito metaforicamente in termini di distanza. […]
Queste metafore contengono una geometria implicita […] allora Weierstrass non
eliminò la geometria, anzi, concettualmente, egli si limitò a nasconderla». (Lakoff e
Nuñez, p.382, 2005).
- Il tempo viene concettualizzato metaforicamente in termini di distanza utilizzando la
metafora in cui il passare del tempo è un moto lineare rispetto a uno sfondo e la
quantità di tempo è metaforicamente una distanza percorsa (ad esempio, ci stiamo
avvicinando al Natale, “c’è ancora molta strada da fare per arrivare al termine del
progetto).
Analisi didattica
del concetto di funzione
Analisi didattica
La didattica risentì della sistematizzazione della matematica mediante la teoria
degli insiemi e il metodo assiomatico, compiuta da Bourbaki, trattata nel capitolo
precedente; nonostante lo scopo del gruppo Bourbaki era quello di dare un solido
fondamento alle matematiche, senza alcuna finalità didattica o applicativa. I programmi
ministeriali vennero rivisti sotto il punto di vista della teoria del nuovo paradigma, con
un diffuso utilizzo del linguaggio simbolico, come testimoniano i libri di testo. Ma
bisogna prendere atto del fatto che questo portò, e porta tutt’oggi, a risultati
prevalentemente fallimentari.
In particolare, la definizione del concetto di funzione in termini insiemistici
spesso non viene interiorizzata, non se ne comprende il significato nella sua interezza.
La difficoltà nella comprensione di questo concetto è anche dovuta al fatto che il
“significato” di un oggetto è intimamente legato ai problemi affrontati ed alle attività
realizzate dagli esseri umani, non potendosi ridurre il significato dell’oggetto
matematico alla sua mera definizione matematica (D’Amore, Godino, 2006).
È stato rilevato, nell’ambito di questa ricerca, mediante interviste orali a studenti
di primo anno di università21, che spesso gli allievi si trovano ad affrontare lo “studio di
funzioni” senza aver chiaro il significato di tale concetto, in relazione ai concetti chiave
esplicitati sopra, applicando meccanicamente un metodo trasmesso dall’insegnante. La
maggior parte degli studenti ha definito la funzione, in modo incompleto, come
dipendenza di una variabile rispetto ad un’altra. Tale concezione è stata ritrovata, in
parte, tra i futuri insegnanti di matematica della SISSIS22.
Questo potrebbe essere dovuto al fatto che la maggior parte delle attività in cui
gli studenti si trovano ad operare con le funzioni risultano lontane dalla definizione
formale di tale concetto ed esse rendono non esplicito e quasi superfluo il significato
della sua definizione. Allora, una soluzione a questa lacuna potrebbe essere quella di
21
Facoltà di Scienze della Formazione dell’università di Palermo
SISSIS è l’acronimo di Scuola Interuniversitaria Siciliana di Specializzazione per l’Insegnamento
Universitario
22
strutturare attività didattiche in cui il significato della definizione formale sia esplicito,
supportate da riflessioni meta cognitive condivise con la classe.
Significativo è, infine, osservare che nella maggior parte dei casi gli studenti
operano nell’ambito delle geometria analitica, della trigonometria o di funzioni
logaritmiche ed esponenziali senza sapere che gli oggetti con cui lavorano
quotidianamente sono funzioni e senza conoscere il significato di tale concetto,
perdendo l’opportunità di maturarne il pieno apprendimento nel corso della loro carriera
scolastica. Nella maggior parte dei casi, inoltre, il concetto di funzione non viene
trattato in modo interdisciplinare con le Scienze applicate. Anche queste affermazioni
sono frutto di interviste, effettuate a studenti della scuola secondaria superiore, in
particole, a studenti del Liceo Scientifico.
Lo studio di applicazioni del concetto di funzione alle Scienze applicate
permettono di apprendere questo concetto come strumento di modellizzazione di
fenomeni reali. Questo ambito sta divenendo di crescente interesse poiché riguarda
l’applicabilità della matematica nella vita reale.
Significativa a questo proposito è la risoluzione approvata all’unanimità
nel 1997, in cui la Conferenza generale dell’UNESCO così si esprime:
“…considerata l’importanza centrale delle matematica e delle sue
applicazioni nel mondo odierno nei riguardi della scienza, della tecnologia,
delle comunicazioni, dell’economia e di numerosi altri campi;
consapevole che la matematica ha profonde radici in molte culture e che i
più importanti pensatori per migliaia di anni hanno portato contributi
significativi al suo sviluppo, e che il linguaggio e i valori della matematica
sono universali e in quanto tali ideali per incoraggiare e realizzare la
cooperazione internazionale;
si sottolinea il ruolo chiave dell’educazione matematica, in particolare al
livello della scuola primaria e secondaria sia per la comprensione dei
concetti matematici, sia per lo sviluppo del pensiero razionale”.
L’educazione matematica per il cittadino è stata oggetto di studio e riflessione in
ambito internazionale e nazionale. Nel triennio 2001 – 03 – 04 sono stati pubblicati tre
volumi del MIUR, La Matematica per il Cittadino, relativi all’insegnamento della
matematica nella scuola primaria e secondaria, contenenti 200 esempi di attività
didattiche e di elementi per le relative prove di verifica. I contenuti matematici sono
stati suddivisi in quattro Nuclei fondamentali:
• Numeri;
• Geometria;
• Relazioni e funzioni;
• Dati e previsioni.
Naturalmente, l’argomento matematico di cui ci si è occupati nell’ambito del
presente lavoro di ricerca risulta centrato nel tema Relazioni e funzioni, anche se non
restano esclusi collegamenti con i restanti nuclei.
Una suddivisione analoga sui contenuti matematici viene fatta nei diversi
problemi e domande dell’Indagine OCSE-PISA, così esplicitati:
-Quantità;
-Spazio e Forma;
-Cambiamento e Relazioni;
- Incertezza.
In particolare, l’area di contenuto “Cambiamento e Relazioni”, che contiene
implicitamente il tema delle funzioni, viene così declinata:
-rappresentazione di relazioni matematiche in modi diversi (simboliche,
algebriche, grafiche, tabulari)
-saper passare da un tipo di rappresentazione ad un altro
-saper pensare in termini funzionali (sapere cosa sono il tasso di cambiamento,
la pendenza ecc.)
-si collega ad aspetti di altre idee chiave (Spazio e forma e Incertezza)
Il concetto di relazione e di funzione nei curricula scolastici in Italia
L’introduzione del concetto di funzione nei curricula della scuola italiana
comincia ad avvenire nella scuola secondaria inferiore. Negli ordini di scuola inferiori si
fa riferimento al concetto più generale di relazione.
Nella scuola dell’infanzia il concetto di relazione è un argomento trasversale dei
cinque campi di esperienza, che costituiscono luoghi in cui il bambino impara mediante
attività pratiche ed esperenziali:
-
Il sé e l’altro
-
Il corpo e il movimento
-
Linguaggi, creatività, espressione
-
I discorsi e le parole
-
La conoscenza del mondo
Nelle indicazioni ministeriali della scuola Primaria l’apprendimento del
concetto di relazione fa parte degli obiettivi di apprendimento fissati:
- agli studenti della terza classe è richiesto di saper rappresentare relazioni e
dati con diagrammi, schemi e tabelle;
- gli studenti della quinta classe dovrebbero saper rappresentare relazioni e dati
e, in situazioni significative, utilizzare le rappresentazioni, formulate giudizi e
prendere decisioni; rappresentare problemi con tabelle e grafici che ne
esprimono la struttura
Nella scuola secondaria inferiore, al termine dei tre anni di studio, agli studenti è
richiesto di saper utilizzare il piano cartesiano per rappresentare relazioni e funzioni e
conoscere particolarmente le seguenti funzioni e i loro grafici:
y = ax
y = a/x
y = ax2
y = 2n
Nella scuola secondaria superiore I curricula variano a seconda dell’indirizzo di
studio. In tutti gli indirizzi è previsto almeno un consolidamento dei contenuti relativi al
concetto di funzione appresi durante la scuola secondaria inferiore.
A seconda del monte orario settimanale e curricula matematici sono più o meno
ampi. Tra i vari indirizzi liceali quello scientifico è l’indirizzo in cui viene dedicata
maggior attenzione alla matematica. In esso i contenuti relativi al concetto di funzione,
sviluppati nei vari anni sono i seguenti:
- 1° classe, relazioni in termini insiemistici
- 3° classe, funzioni lineari e quadratiche
- 4° classe, funzioni trigonometriche, logaritmiche ed esponenziali
- 5° classe, studio di funzioni, limiti, derivate ed integrali.
Analisi delle competenze relative al concetto di funzione
Essendo il concetto di funzione un oggetto matematico astratto, l’insegnante può
verificarne la sua acquisizione soltanto mediante la verifica dell’applicazione di
competenze possedute dall’allievo, connesse a tale concetto. Per competenza qui si
intende
l’agire personale di ciascuno, basato sulle conoscenze e abilità
acquisite, adeguato, in un determinato contesto, in modo soddisfacente e
socialmente riconosciuto, a rispondere ad un bisogno, a risolvere un
problema, a eseguire un compito, a realizzare un progetto. Non è mai un
agire semplice, atomizzato, astratto, ma è sempre un agire complesso che
coinvolge tutta la persona e che connette in maniera unitaria e inseparabile
i saperi (conoscenze) e i saper fare (abilità), i comportamenti individuali e
relazionali, gli atteggiamenti emotivi, le scelte valoriali, le motivazioni e i
fini23.
Dall’analisi epistemologica del concetto di funzione riportata nel capitolo
precedente, relativa alla definizione di Bourbaki, si ricava che l’apprendimento del
concetto di funzione si può verificare mediante l’acquisizione delle seguenti
competenze:
C1. Individuare il dominio e il codominio di una funzione;
C2. Comprendere la corrispondenza tra valori della variabile
indipendente e della variabile dipendente;
C3. Comprendere e comparare la corrispondenza tra intervalli della
variabile dipendente e indipendente;
C4. Comprendere che tutti i valori della variabile indipendente sono in
relazione con i valori della variabile dipendente;
23
Piero Cattaneo, Anna Maria Di Falco, Calogero Virzì, Guida alla professione docente. Un contributo
organico e sistematico per affrontare con consapevolezza le riforme della scuola dell'autonomia, La
Tecnica della scuola, Catania 2006, par. 1,4.
C5. Comprendere
che
il
valore
della
variabile
dipendente
corrispondente a un valore della variabile indipendente è unico.
Facendo riferimento all’analisi relativa ai registri di rappresentazione semiotica,
alle precedenti va aggiunto il seguente elenco di competenze:
C6. Comprendere24 e produrre la rappresentazione grafica di una funzione;
C7. Comprendere e produrre la rappresentazione analitica di una funzione;
C8. Comprendere e produrre la rappresentazione insiemistica di una
funzione (per insiemi non ordinati)
C9. Comprendere e produrre la rappresentazione tabulare di una funzione
C10. Comprendere e produrre la rappresentazione linguistica di una
funzione
C11. Saper operare trattamenti in un registro di rappresentazione semiotica
di una funzione
C12. Saper operare conversioni di rappresentazioni di funzioni
La produzione operativa di rappresentazioni di funzioni è qui contemplata nelle
competenze C11 e C12; tuttavia, la competenza C12 è da considerarsi di livello
superiore rispetto a C11, nella quale è richiesto di saper operare all’interno di uno stesso
registro di rappresentazione semiotica.
Infine, in una prospettiva di sviluppo di competenze matematiche per
l’educazione e la formazione culturale del cittadino, introduciamo altre due competenze,
che rendono il concetto di funzione spendibile nella partecipazione alla vita sociale:
C13.
Modellizzare fenomeni realistici mediante l’utilizzo di funzioni
matematiche
C14.
Riconoscere ed interpretare modellizzazioni matematiche di
fenomeni reali
Poiché le competenze dei tre gruppi riguardano piani semantici differenti, esse
possono combinarsi nel seguente modo:
2424
Per “comprendere” qui si intende “saper attribuire un significato” (Radford, 2006)
COMPETENZE COMBINATE
C1. Individuare il dominio e il codominio
di una funzione
C2. Comprendere la corrispondenza tra
valori della variabile indipendente e della
variabile dipendente
C3. Comprendere e comparare la
corrispondenza tra intervalli della variabile
dipendente e indipendente
C6. Comprendere e produrre la
rappresentazione grafica di una funzione
C1/6.1. Individuare il dominio (e il
codominio) di una funzione grafica
C2/6.1. Leggere/disegnare le coordinate
dei punti del grafico
C3/6.1. Leggere gli estremi e l’ampiezza
degli intervalli su un grafico
C3/6.2. Distinguere tra crescenza,
decrescenza e costanza di un grafico
C3/6.3. Individuare massimi e minimi
assoluti di una funzione grafica
C3/6.4. Individuare massimi e minimi
relativi di una funzione grafica
C3/6.5. Confrontare le differenze dei
gradi di rapidità di crescita e decrescita
dei tratti di curva
Analisi didattica dell’utilizzo degli strumenti MBL come strumenti di mediazione
semiotica
L’insegnante che si propone l’uso didattico di uno strumento di mediazione
semiotica deve necessariamente compiere un’analisi di tali strumenti e prendere in
considerazione i punti di forza e di debolezza di tali strumenti.
I punti di forza, in parte già menzionati nel primo capitolo, riguardano la
possibilità di visionare in tempo reale le modellizzazioni compiute dal sensore dei
fenomeni reali in rappresentazioni tabulari e grafiche e la possibilità di studiare tali
rappresentazioni utilizzando le funzioni del programma, come lo zoom, la
visualizzazione delle coordinate di un punto, la misura di un intervallo, l’analisi
statistica, ecc…. unitamente a quanto detto, grazie al fit dei dati è altresì possibile
compiere conversioni di rappresentazioni in rappresentazioni analitiche, nelle quali è
lasciata allo sperimentatore la possibilità di scegliere il tipo di funzione che meglio
approssima la curva visualizzata.
L’ordine di introduzione di rappresentazioni semiotiche dei sensori rispecchia
l’ordine cronologico che si è effettivamente verificato nella storia, così come si vede
dalla’analisi storica riportata sopra, in cui si legge che le rappresentazioni tabulari e
grafiche hanno preceduto la formalizzazione analitica delle funzioni. L’utilizzo di
diversi tipi di sensori offre, altresì, la possibilità di contestualizzare le funzioni in diversi
ambiti e studiarne le applicazioni delle varie tipologie di funzioni.
In particolare, nella prospettiva dell’Embodiment Cognition, il sensore di
posizione offre la possibilità di visualizzare in tempo reale grafici cinematici prodotti
dal movimento del corpo degli studenti. Questo favorisce il processo di
internalizzazione del concetto di moto, poiché favorisce la creazione di metafore
concettuali, dando un approccio dinamico al grafico che si crea contemporaneamente al
movimento del corpo. In questo modo le caratteristiche del grafico possono essere più
facilmente ricondotte ad attività motorie vissute direttamente osservate sui compagni. In
quest’ultimo caso, che si presenta necessariamente dovendo conciliare tempi didattici e
classi numerose, siamo assicurati dal fatto che i neuroni specchio attivano processi
cognitivi in chi osserva un movimento, simili a quelli attivati in chi compie direttamente
l’azione.
I punti di debolezza di questi strumenti riguardano i limiti sperimentali. In
particolare, il software Logger Pro disegna soltanto funzioni discrete che potrebbero
sembrare continue se viene utilizzata la funzione “Connect Points”. Un altro limite può
essere quello che le misure non possono essere infinite: lo sperimentatore, prima di
effettuare le misure, deve fissare l’intervallo di tempo nel quale vuole osservare il
fenomeno; allo stesso tempo le misure della variabile dipendente devono sottostare ad
un range di valori che dipendono dalle potenzialità dello strumento. Si osserva ancora
che, a seconda delle grandezze che vengono studiate, i grafici cartesiani vengono
visualizzati soltanto su quadranti positivi. Ad esempio, le misure del tempo sono sempre
positive. Un altro esempio è costituito dalla misura dello spazio mediante un sensore di
moto: il sensore può misurare soltanto le distanze di corpi di fronte ad esso e non dietro
di esso. Così, mediante il sensore di posizione di possono ottenere funzioni spaziotempo soltanto nel primo quadrante, mentre le funzioni velocità-tempo e accelerazionetempo presentano anche valori negativi delle variabili indipendenti e risiedono nel
primo e secondo quadrante.
I punti di debolezza possono essere superati dall’insegnante facendoli emergere
mediante esperimenti ad hoc che mettano in crisi le aspettative degli studenti,
proponendone una riflessione alla classe e superandole mediante esempi in altri contesti
o con altri strumenti.
Nell’utilizzo del sensore di posizione, in particolare, bisogna tener presente che
nelle funzioni cinematiche la variabile indipendente è il tempo e la variabile dipendente
è lo spazio. Allora le competenze descritte sopra possono essere così contestualizzate:
C1. Individuare il dominio
e il codominio di una
funzione
C2. Comprendere la
corrispondenza tra valori
della variabile
indipendente e della
variabile dipendente
C3. Comprendere e
comparare la
corrispondenza tra
intervalli della variabile
dipendente e indipendente
C6. Comprendere e produrre la rappresentazione grafica di
una funzione
In Matematica
In Fisica
C1/6.1. Individuare il
dominio (e il codominio) di
una funzione grafica
C2/6.1. Leggere/disegnare
Leggere i valori di una
le coordinate dei punti del
variabile cinematica in
grafico
relazioe ai valori della
variabile temporale
C3/6.1. Leggere gli estremi
e l’ampiezza degli intervalli
su un grafico
C3/6.2. Distinguere tra
crescenza, decrescenza e
costanza di un grafico
C3/6.3. Individuare massimi
e minimi assoluti di una
funzione grafica
C3/6.4. Individuare massimi
e minimi relativi di una
funzione grafica
C3/6.5.
Confrontare
le
differenze dei gradi di
rapidità di crescita e
decrescita dei tratti di curva
Leggere spazio e tempo di
partenza e arrivo, spazio
percorso e tempo trascorso
Distinguere tra moto di
avvicinamento, moto di
allontanamento e situazione
di corpo fermo
Individuare la distanza
massima e minima assoluta
rispetto alla posizione del
sistema di riferimento
Individuare la distanza
massima e minima relativa
assoluta
rispetto
alla
posizione del sistema di
riferimento
Confrontare la velocità di
diversi tratti di curva del
moto
Analisi didattica dell’utilizzo dei software Geogebra ed Excel come strumenti di
mediazione semiotica
Analizzate le potenzialità dei software Geogebra ed Excel ci si rende conto che essi
possono costituire un valido supporto per compiere trattamenti e conversioni sulle
funzioni.
In particolare, Excel è più adatto a studiare funzioni per punti, può essere
utilizzato per interpolare grafici per punti ottenuti sperimentalmente o per ricavare
tabelle funzionali e i relativi grafici a partire dalla legge, scrivendola come “funzione”
in celle di Excel che fanno riferimento ad altre celle.
Con Geogebra si può ottenere il grafico di una funzione partendo dalla sua
equazione, oppure, si possono costruire i grafici di rette e parabole partendo da proprietà
geometriche.
CAPITOLO 3
Domande di ricerca
Le riflessioni sul quadro di riferimento teorico e sulle varie analisi riportate nel secondo
capitolo conducono alla formulazione delle seguenti domande di ricerca:
1. Lo studio di grafici di funzioni cinematiche mediante il sensore di posizione
in che modo può condurre all’apprendimento di grafici di funzione in
generale?
2. L’utilizzo di diversi strumenti di mediazione semiotica, quali i software
Logger Pro, GeoGebra, Excel e, più classicamente, carta e penna, che
permettono di compiere trattamenti e conversioni di funzioni, in che modo
possono facilitare l’apprendimento del concetto di funzione?
3. L’utilizzo di diversi sensori per la modellizzazione di fenomeni naturali in
che modo può facilitare l’apprendimento del concetto di funzione?
Indagine sperimentale
La struttura del lavoro sperimentale è stata soggetta ad un’evoluzione nel corso
dei tre anni di Dottorato, dovuta alle riflessioni sui risultati ottenuti, ad ampliamenti o
aggiustamenti del quadro teorico e ad un progressivo processo di meta-cognizione
sull’apprendimento del concetto di funzione che ha influenzato l’analisi epistemologica
di tale concetto.
Il lavoro sperimentale si può suddividere in due fasi, in cui la seconda rispetto
alla prima presenta variazioni e ampliamenti sia per quanto riguarda la sequenza
didattica che gli items dei test somministrati.
Le sequenze didattiche sono costituite da attività che fanno uso di artefatti,
durante le quali l’insegnante, in una prospettiva antropologico-culturale, ha il ruolo di
mediatore culturale, di guida nella costruzione del sapere dell’allievo. Le attività
didattiche sono state strutturate preventivamente, con analisi a priori, in modo da
sviluppare le competenze fissate. L’utilizzo dei sensori è stato funzionale all’obiettivo
che si voleva raggiungere, perciò questi strumenti, qui intesi nell’accezione di Rabardel,
sono stati utilizzati in modo non usuale, rispetto al laboratorio di fisica, dal punto di
vista “matematico”. Ogni fase didattica aveva come obiettivo lo sviluppo di determinate
competenze, nell’ottica di un percorso unitario che portasse all’acquisizione del
concetto di funzione. Naturalmente, quando si è lavorato nel contesto della Fisica, sono
stati sviluppati anche contenuti inerenti a questa disciplina.
Lo scopo primario delle attività didattiche era quello di permettere una
costruzione di significato del concetto di funzione in relazione al processo di
modellizzazione di fenomeni reali, per comprendere ed interiorizzare la definizione
formale, conoscere le rappresentazioni semiotiche di tale concetto e saperne operare
trattamenti conversioni.
Prima fase sperimentale
La prima fase sperimentale è stata caratterizzata dall’idea di introdurre il
concetto di funzione mediante un approccio di tipo grafico-cinematico che facesse uso
di un sensore di posizione. Inoltre, si è visto come, al di là dell’ambito matematico, le
competenze sulla comprensione e produzione di grafici fossero spendibili nelle scienze
applicate. La teoria Douvaliana, secondo cui l’apprendimento del concetto di funzione
può avvenire solo attraverso l’apprendimento delle sue rappresentazioni e la capacità di
operare trattamenti e conversioni di esse, era già stata tenuta in considerazione in questa
fase iniziale. Tuttavia ci si è concentrati principalmente sulla rappresentazione grafica,
supportata da quella tabulare, per studiare modalità ed effetti dell’apprendimento sensomotorio di tale concetto nel particolare contesto cinematico; anche se non sono mancati,
in alcuni casi, gli accenni alle rappresentazioni analitiche dei moti rettilinei uniformi e
uniformemente accelerati. Il ruolo sell’insegnate è stato quello di mediatore culturale
nell’utilizzo di uno strumento di mediazione semiotica quale il sensore di posizione.
I risultati delle prime ricerche sono stati pubblicati nei seguenti articoli, posti in
allegato alla presente tesi:
- Lo Cicero M. L. & Spagnolo F., (2009). Sensor motion: a learning tool for
reading function graphs. Quaderni di Ricerca in Didattica, Palermo,
ISSN: 1592-5137. Quaderno n.19, supplemento n.4. The 11th
International Congress on Mathematical Education. Topic Study Group
24: Research on classroom practice. Selected papers. July 6 – 13, 2008,
Monterrey, Mexico. (ALLEGATO 1)
- Lo Cicero M. L. & Spagnolo F., 2009. The use of motion sensor can lead
the students to understanding the Cartesian graph. CERME-6 (Sixth
Conference of European Research in Mathematics Education). 28
Gennaio – 1 Febbraio 2009. Lyon, Francia. (ALLEGATO 2)
- Lo Cicero M. L. & Rallo F., (2009). Grafici di funzione nella Scuola
Primaria. Quaderni di Ricerca in Didattica, Palermo, ISSN: 1592-5137.
Vol. 19, pp. 298-344.
- Lo Cicero M. L. (2008). Understanding a Cartesian graph using the
motion sensor. ACTA DIDACTICA. Nitre, Slovakia. ISSN: 1337-0073.
Vol. 4, pp. 129-137.
- Lo Cicero M. L. (2008) The Acquisition of the concept of function and of
its representation, YESS-4 (Fourth Yerme Summer School) – (YERME:
Young European Researchers in Mathematics Education), Trabzon,
Turchia.
Di seguito vengono elencate le sperimentazioni che hanno caratterizzato questa
la prima fase:
1. Maggio 2007 (5 ore), 5° Scuola Primaria (16 alunni di 10 anni), classe V A
del Circolo Didattico G. Rodari, Villabate (PA), Italia;
2. Dicembre 2007 (6 ore), 4° Liceo Classico (17 anni), classe II F del Liceo
Classico F. Scaduto, Bagheria (PA), Italia;
3. Marzo-Aprile 2008 (9 ore), 4° Scuola Primaria (9 anni), classe IV A del
Circolo Didattico F. P. Perez, Palermo, Italia;
4. Aprile-Maggio 2008 (8 ore), 2° Istituto Tecnico Commerciale (15 anni),
corso PON dell’ITC Jacopo del Duca, Cefalù (PA), Italia.
L’ipotesi che ha guidato la prima parte della ricerca è la seguente:
Il sensore di moto è uno strumento di apprendimento per la lettura, comprensione ed
interpretazione di grafici cinematici.
Essa è supportata dai diversi lavori disponibili in letteratura sull’utilizzo degli strumenti
MBL ed, in particolare, sull’uso didattico del sensore di movimento.
Nella prima fase è stata analizzata l’acquisizione di competenze sul concetto di funzione
relative alla rappresentazione grafica, descritte nel capitolo precedente. Tali
competenze, sviluppate in campo cinematico, sono state sviluppate, tutte o in parte,
anche in contesti non cinematici. I risultati di queste sperimentazioni sono mostrati nel
capitolo successivo.
Le attività didattiche che hanno caratterizzato la prima fase sperimentale, sia della
Scuola Primaria che Secondaria, sono le seguenti:
Prima fase:
-
Individuazione delle grandezze cinematiche ed esplicitazione dei modelli
spontanei posseduti dagli allievi sul concetto di moto, dovuti all’esperienza di
vita comune e alle conoscenze scolastiche;
-
Osservazione, rilevazione dati (intervallo spaziale e temporale), analisi e
discussione del moto di una palla, con utilizzo di una fettuccia metrica, di un
cronometro;
-
Visione e comprensione del funzionamento del sensore di movimento.
Osservazione di un grafico prodotto dal moto rettilineo di un bambino.
-
Predizione, lettura e riproduzione di grafici e tabelle rappresentanti moti
rettilinei di alunni del tipo:
• camminata di allontanamento dal sensore;
• camminata di avvicinamento al sensore;
• corpo fermo davanti al sensore;
Seconda fase:
-
Predizione, lettura e riproduzione di grafici e tabelle rappresentanti moti
rettilinei di alunni di allontanamento e avvicinamento rispetto al sensore;
-
Osservazioni sui tratti di maggiore e minore velocità.
Alle fasi sopra descritte, nel caso della Scuola Secondaria Superiore, sono state aggiunte
le seguenti fasi:
- Studio della velocità media
- Studio del grafico velocità-tempo
- Studio del grafico e dell’equazione di un moto rettilineo uniforme ottenuto dal
movimento di un carrello su una guida metallica orizzontale a basso attrito
- Studio del grafico e dell’equazione di un moto rettilineo uniformemente
accelerato, ottenuto dal movimento di un carrello su una guida metallica obliqua a
basso attrito
Seconda fase sperimentale
Durante la seconda fase sperimentale si è cercato di sviluppare tutte le competenze
legate al concetto di funzione descritte nel capitolo precedente. Si è posta particolare
attenzione a sviluppare attività didattiche per la comprensione del concetto di funzione
in termini di esistenza e unicità. Inoltre, sono stati particolarmente curate le
conversioni da un registro di rappresentazione all’altro e lo svolgimento di esercizio
applicativi del concetto di funzione in termini di modellizzazione.
Le attività sperimentali, della durata di 15 ore circa, sono state svolte tutte nella
scuola secondaria superiore, nelle seguenti classi:
1. 2009, 3° classe di Liceo Scientifico (16 anni), classi 3°A e 3°B, Liceo Scientifico
S. Giuseppe Jato (PA)
2. 2009, corso PON su 3°- 4° classe di Liceo Classico (16-17 anni), Liceo
Mandralisca, Cefalù, (PA)
3. 2009, corso PON su 3° classe Istituto tecnico Commerciale (16 anni), Jacopo Del
Duca, Cefalù, (PA)
Parziali risultati di queste ricerche possono essere ritrovati nel seguente articolo:
- Lo Cicero M. L. & Spagnolo F., 2009. A kinematics approach to the
function concept within technological environments. Quaderni di Ricerca
in Didattica, Palermo, ISSN: 1592-5137. Quaderno n.19, supplemento n.2.
Proceedings CIEAEM 61 – Montréal, Canada, July 26-31, 2009
(ALLEGATO 3)
Gli strumenti utilizzati sono i seguenti:
-
Computer
-
Video Proiettore e Power Point
-
Software Logger Pro
-
Excel
-
Software Geogebra
-
Un carrello a basso attrito
-
Un piano sul quale fare scorrere il carrello
-
Sensore di posizione
-
Sensore di pressione
-
Sensore di temperatura
-
Lavagna
Le conoscenze sviluppate sono le seguenti:
-
Concetto di funzione
-
Rappresentazioni semiotiche delle funzioni lineari, quadratiche, di inversa
proporzionalità ed esponenziali
-
Moto vario dei corpi, moto rettilineo uniforme e uniformemente accelerato
-
La legge di Boyle
-
La variazione di temperatura di corpi
Le fasi dell’attività didattica sono le seguenti:
- Somministrazione di un pre-test
- Fase 1: Le funzioni nel piano cartesiano
1. Relazione tra grafico nel piano Cartesiano e dati in tabella. Studio di relazioni tra
variabili cinematiche, lettura delle coordinate nel piano Cartesiano, lettura di estremi
e ampiezze di intervalli, mediante lo studio di: moti di allontanamento, moti di
avvicinamento e situazione di corpo fermo.
2. Cambiamento di scala in un grafico Cartesiano
3. Previsione e studio di un grafico di allontanamento-avvicinamento. Lettura di punti di
massimo o minimo e confronto tra le rapidità di crescenza o decrescenza.
4. Previsione e studio del caso <uno studente in 5 secondi sta, per un certo intervallo di
tempo, davanti al sensore, poi si sposta dalla direzione del sensore e in fine ritorna
dinanzi al sensore>
5. Gli studenti forniscono le indicazioni al compagno affiche il grafico del suo moto si
possa “sovrapporre” a quello disegnato dall’insegnante sul piano cartesiano. In questa
fase viene proposto anche di riprodurre un grafico in cui i valori dello spazio
corrispondenti a quelli del tempo non sono “unici”
6. Confronto tra il grafico posizione-tempo e il grafico velocità-tempo
7. Formalizzazione del concetto di funzione
- Fase 2: Funzioni lineari e quadratiche con il sensore di posizione, Excel, Geogebra,
carta e penna
2. Previsione e studio del grafico del moto rettilineo uniforme. Studio della sua
rappresentazione analitica. Relazione tra il grafico posizione-tempo e il grafico
velocità tempo. Equazione canonica della retta e del moto rettilineo uniforme.
3. Conversioni di rappresentazione della funzione lineare, mediante il foglio di calcolo
Excel, GeoGebra, carta e penna.
4. Risoluzione di esercizi applicati alla cinematica e all’economia utilizzando le
rappresentazioni della funzione lineare.
5. Previsione e studio del grafico del moto rettilineo uniformemente accelerato. Studio
della sua rappresentazione analitica. Relazione tra il grafico posizione-tempo,
grafico velocità tempo e grafico accelerazione-tempo. Equazione canonica della
parabola e del moto rettilineo uniformemente accelerato.
6. Conversioni di rappresentazione della funzione quadratica, mediante il foglio di
calcolo Excel, GeoGebra, carta e penna.
7. Studio delle differenze tra dipendenza lineare e quadratica mediante il caso I sacchi
di Galileo”
8. Riflessione sulle rappresentazioni semiotiche del concetto di funzione
- Fase 3: Altre funzioni
1. Studio della legge di Boyle mediante il sensore di pressione.
2. Equazione e grafico di un’iperbole equilatera riferita agli asintoti. Inversa
proporzionalità
3. Disegnare un’iperbole generica con GeoGebra utilizzando le funzioni apposite e
ricavarne l’equazione
4. Studio di fenomeni di variazione di temperatura nei corpi mediante il sensore di
temperatura e cenni alla funzione esponenziale
- Somministrazione di un post-test
CAPITOLO 4
Analisi qualitativa delle sperimentazioni
In questo capitolo viene riportata l’analisi qualitativa di una parte delle
sperimentazioni, alcune volte supportata da allegato audio-video.
Sperimentazione 4° classe Scuola Primaria,
Perez
Questa sperimentazione è stata svolta dalla tirocinante Fiorella Rallo,
nell’ambito della sua tesi in Scienze della Formazione Primaria presso l’Università di
Palermo.
Il primo intervento ha avuto inizio chiedendo agli allievi cosa significasse per
loro il termine “movimento”. Ognuno ha cercato di rispondere oralmente con parole
proprie o rifacendosi ad un esempio. La maggior parte degli alunni ha risposto:
“Quando qualcosa si muove”, oppure “La macchina che cammina” e solamente un
bambino ha associato al movimento la parola velocità. Rievocando nella loro mente la
gara delle automobili di Formula 1, sono state elencate le grandezze cinematiche:
-
le macchine si muovono sulla strada e quindi dentro uno spazio;
-
solo una di esse può vincere perché impiega meno tempo per raggiungere il
traguardo;
-
una sola automobile possiede maggiore velocità rispetto alle altre;
-
una macchina può andare meno veloce e poi più velocemente a seconda della sua
accelerazione.
Successivamente è stato chiesto agli studenti come si misura lo spazio ed il tempo.
Tutti hanno risposto che occorre il metro per misurare lo spazio. Per quanto riguarda il
tempo, molti di loro hanno risposto l’orologio e solamente dopo che si è chiesto quale
strumento misura il tempo in modo preciso calcolando minuti, secondi e millesimi, due
allievi hanno risposto il cronometro.
Successivamente è stata distribuita una scheda a supporto della prima attività
(ALLEGATO n.4). Sono state attaccate sul pavimento strisce di nastro rosso poste alla
distanza di 20 cm per una lunghezza complessiva di 3 metri ed un bambino ha fatto
un’osservazione dicendo che il nastro adesivo si sarebbe potuto posizionare alla
distanza di 50 cm. Si è fatta scivolare una palla lungo la striscia per due volte, la
seconda con velocità maggiore rispetto alla prima. Si è chiesto agli allievi di osservare
tale fenomeno, di schematizzarlo sulla scheda guida e di spiegare quali grandezze si
potevano studiare. La maggior parte di essi ha risposto: spazio e tempo. Dopo aver fatto
ciò, si è chiesto agli allievi di disegnare una tabella in cui ad ogni lancio si facesse
corrispondere lo spazio percorso e il tempo trascorso. Si è passati dunque alla fase delle
misure. Un bambino lanciava la palla lungo la striscia rossa, un bambino la fermava a 3
metri e un altro cronometrava il tempo che la palla impiegava per percorrere lo spazio.
L’esperimento è stato ripetuto tre volte con alunni diversi. Sono stati ottenuti i seguenti
risultati:
SPAZIO TEMPO
1° lancio 3 metri
1,42 secondi
2° lancio 3 metri
4,35 secondi
3° lancio 3 metri
1, 94 secondi
Successivamente, si è chiesto agli alunni di esprimere le loro opinioni in merito
ai 3 lanci effettuati. In particolare, un’alunna ha dichiarato che: Il tempo non è uguale e
lo spazio sì, mentre un’altra ha sottolineato che: È così in base al movimento e alla
velocità.
Quindi è stato introdotto il sensore di movimento per studiare il moto della palla,
ottenendo il seguente grafico:
Il gruppo classe non era a conoscenza di cosa fosse un grafico cartesiano,
dunque è stato spiegato che esso è costituito da due assi, l’asse delle ascisse e l’asse
delle ordinate. Si è cercato di focalizzare l’attenzione degli studenti sulle grandezze
rappresentate nel grafico. Pochi di loro hanno risposto correttamente, spiegando che lo
spazio viene riportato sull’asse verticale e il tempo sull’asse orizzontale.
Gli alunni si sono chiesti cosa potesse essere “la linea rossa”. Osservando la
produzione in tempo reale di atri grafici gli alunni hanno notato che questa linea rossa
cresceva o decresceva, ma avendo effettuato i movimenti in maniera casuale, non
capivano secondo quale criterio la linea potesse cambiare l’andamento.
Successivamente, gli allievi sono stati lasciati liberi di comprendere il
funzionamento del sensore e di sperimentare in modo diretto. Una bambina ha osservato
che allontanando la mano dal sensore la linea del grafico “saliva” e quando la
avvicinava la linea “scendeva”. Hanno anche osservato che quando il corpo rimane
fermo la linea è dritta. Per fare notare agli alunni che tale osservazione era corretta,
sono stati prodotti grafici allontanato ed avvicinato il sensore dal pavimento, facendo
rilevare che l’andamento del grafico era lo stesso e che quindi nonostante cambiasse il
corpo in movimento rispetto al sensore, cioè prima la mano e poi il pavimento, il
risultato rimaneva invariato. Per avvalorare la tesi che l’andamento della linea non
cambiava, anche se il corpo era diverso, due allievi hanno ripetuto l’esperimento della
palla con il sensore facendola allontanare ed avvicinare da esso. Ogni alunno ha messo
per iscritto le osservazioni in merito all’esperimento sul sensore. La maggior parte degli
allievi hanno scritto che era presente un grafico e una tabella, tale che quando la linea
scende l’oggetto si avvicina e quando la linea sale l’oggetto si allontana (si veda Lakoff
& Núñez).
A tal proposito, si è ritenuto opportuno ridefinire i termini da loro formulati,
introducendo i concetti di crescita, decrescita e costanza.
È stato chiesto agli alunni di esprimere la propria opinione su come potesse
funzionare lo strumento e come esso potesse percepire il movimento. Le ipotesi
formulate dagli alunni sono state varie: alcuni hanno detto che funzionava ad infrarossi,
altri che lavora perché collegato al computer. Una bambina ha affermato che il sensore
emetteva lo spazio dell’aria. È stato spiegato che il sensore ha un funzionamento
analogo a quello dei radar che si trovano sulle navi. Esso emette ultrasuoni che se
trovano un ostacolo rimbalzano e la misura della distanza viene fatta in relazione al
tempo impiegato dall’ultrasuono a tornare indietro.
Si è passati alla seconda attività, ovvero allo studio della camminata di solo
allontanamento dal sensore. Ognuno ha disegnato la propria previsione, che nella
maggior parte dei casi si è rivelata errata, nonostante la verbalizzazione dell’attività
precedente.
L’esperimento è stato ripetuto per tre volte con tre alunni diversi, per
sottolineare il fatto che anche se il soggetto cambia l’andamento del grafico rimane lo
stesso, cioè crescente.
Gli alunni hanno risposto alle seguenti domande:
Alcuni studenti hanno notato che in uno dei tre esperimenti un compagno, essendosi
mosso più lentamente, ha generato una linea meno ripida e quindi hanno dedotto che il
grado di pendenza della linea variava a seconda della velocità del movimento del
compagno. Successivamente, gli allievi hanno disegnato sulla loro scheda il grafico che
osservavano al computer e nella parte sottostante dovevano scrivere se vi erano
differenze tra il grafico previsto precedentemente e quello effettivamente ottenuto.
Molti allievi hanno risposto sinteticamente che le differenze tra i due grafici erano
molte. Da ciò si deduce che non erano pienamente consapevoli di quanto osservato. Un
bambino ha scritto:
Mentre, una bambina che aveva disegnato l’andamento corretto, ha risposto:
Dunque questa alunna ha messo a confronto la pendenza dei due grafici.
Per la terza attività, cioè la camminata di avvicinamento al sensore, gli alunni hanno
disegnato la loro previsione che, al contrario dell’esperimento precedente, nella maggior
parte dei casi è risultata corretta.
Successivamente alcuni di loro hanno effettuato l’esperimento. Tutti hanno
osservato che la linea riportata sul grafico decresceva.
Prendendo in considerazione un grafico gli alunni hanno risposto alle stesse domande
dell’attività precedente:
Si è chiesto agli allievi di riportare sulla scheda il grafico osservato. Per fare ciò
l’insegnante ha suggerito di utilizzare un righello, al fine di ottenere una riproduzione
del grafico più fedele possibile e far confrontare gli allievi con l’unità di misura. È stato
richiesto di commentare eventuali differenze tra il grafico previsto e quello osservato.
La maggior parte della classe ha scritto che non vi erano differenze e ciò avvalora
l’ipotesi che gli alunni avevano in parte acquisito il concetto di grafico che cresce e
decresce.
La quarta attività consisteva nel posizionare davanti il sensore un corpo fermo. Si è
chiesto agli allievi di formulare le loro previsioni.
Successivamente qualcuno di loro si è posizionato fermo davanti al sensore.
Gli allievi, come avevano ben previsto, hanno osservato che la linea era orizzontale,
però alcuni di loro si sono chiesti perché alcune volte la linea era più bassa e altre volte
era più alta. In riferimento a ciò, si evidenzia che nel gruppo classe il grafico viene
visualizzato in termini di altezza. Facendo ripetere l’esperimento a due allievi, si è fatto
notare che se il compagno si fosse posizionato più lontano rispetto al sensore la linea
sarebbe stata rappresentata nella parte più alta del grafico, perché c’era maggiore spazio
tra il corpo del compagno e lo strumento; viceversa, se il compagno si fosse collocato
più vicino al sensore, la linea sarebbe stata più bassa, perché c’è meno spazio tra il
soggetto e lo strumento. Una bambina ha notato che nonostante cambiasse la distanza
dallo strumento la linea tracciata era sempre dritta, nel senso di orizzontale.
Prendendo in esame uno dei grafici risultanti dall’esperimento, gli allievi hanno risposto
alle stesse domande degli esercizi precedenti relativi allo spazio e al tempo.
Infine, gli studenti hanno riportato sulla scheda il grafico osservato, hanno scritto le
differenze tra le loro previsioni ed esso. La maggior parte affermato che non vi erano
differenze, ad eccezione di qualcuno che ha precisato che la differenza consisteva nelle
distanze del corpo rispetto al sensore.
Si è così conclusa la prima lezione laboratoriale.
Durante il secondo intervento didattico è stata effettuata la camminata di
allontanamento e avvicinamento davanti al sensore, mettendo maggiormente in
evidenza la differenza di velocità nei vari tratti. Si è chiesto agli allievi di tracciare il
grafico di previsione.
Successivamente, è stato effettuato l’esperimento in cui una bambina si è mossa
allontanandosi e avvicinandosi dallo strumento. La stessa bambina ha chiesto cosa
sarebbe accaduto se a un tratto lei si fosse fermata. È stato verificato che si sarebbe
visualizzata una linea orizzontale, in accordo con le previsioni fatte. Riteniamo che la
bambina abbia posto questa domanda non perché non avesse assimilato quanto studiato
precedentemente, ma perché aveva difficoltà a connettere le conoscenze acquisite,
trattandosi in questo caso di moto misto.
Successivamente si è fatto ripetere l’esperimento ad altri bambini, chiedendo di
allontanarsi e avvicinarsi dal sensore con velocità diverse.
Durante l’esecuzione dell’esperimento si è fatto notare che nei momenti in cui il
compagno si muoveva con velocità maggiore la linea sul grafico aveva maggiore
pendenza. L’intervallo di tempo era minore, proprio perché era più veloce nel compiere
il movimento.
Prendendo in esame un esperimento effettuato da un bambino davanti al sensore, gli
alunni hanno osservato ogni tratto di allontanamento e avvicinamento, per un totale di 3
allontanamenti e di 3 avvicinamenti. Per ognuno di essi hanno riportato il tempo
iniziale, lo spazio iniziale, il tempo finale, lo spazio finale, il tempo impiegato e lo
spazio percorso.
Successivamente hanno riportato sulla scheda il grafico osservato.
Dopo, hanno scritto se vi erano differenze con quello previsto e la maggior parte degli
allievi ha risposto che non vi erano differenze tra i due grafici, mentre alcuni hanno
precisato che c’erano alcune differenze relative alla velocità della camminata.
Di seguito, gli alunni hanno risposto alle seguenti domande:
Queste domande hanno guidato gli alunni nella lettura del grafico e hanno permesso
loro di capire che la velocità maggiore era osservabile prendendo in considerazione la
maggiore pendenza o il minor tempo impiegato per effettuare il movimento. In
quest’ultima attività, gli alunni non hanno mostrato difficoltà nel capire che
l’andamento del grafico sarebbe stato rappresentato da una linea che cresceva e
decresceva. Piuttosto, hanno avuto qualche perplessità iniziale nel comprendere la
velocità espressa nel grafico tramite la pendenza o il minor tempo trascorso. Dopo i vari
esempi, gli allievi hanno capito in quali tratti la velocità era maggiore usando nella
maggioranza dei casi il concetto di pendenza. Si è notato anche come gli studenti al
concetto di velocità maggiore associassero solamente la distanza massima raggiunta,
indicandola tramite l’espressione “il punto più alto del grafico”.
Sperimentazione 3° classe Liceo Scientifico, San Giuseppe Jato;
4° Liceo Classico, Scaduto
Durante questa sperimentazione le attività didattiche sono state divise in sei fasi,
di seguito sono riportati i protocolli più significativi. È stato analizzato il passaggio da
una percezione sensoriale di un fenomeno reale ad un registro semiotico e codificato
prestando attenzione a parole [p], gesti [g] ed iscrizioni [i], come indicato dalla
metodologia dell’APC-space.
Le fasi didattiche sono le seguenti:
1. Comprendere la corrispondenza tra valori delle variabile indipendente e
dipendente
In questa fase gli studenti sono portati a compiere una riflessione sulle variabili studiate
con il sensore di posizione. Osservano e calcolano spazio e tempo di partenza ed arrivo,
spazio percorso e tempo trascorso.
Classe: 3 A – Moto di allontanamento (5 secondi): Un alunno (Gabriele) si
allontana dal sensore per 3 secondi circa per poi sostare di fronte allo stesso per 2
secondi circa.
Insegnante: Cosa indica questo grafico? [p]
Studenti: Accelerazione, velocità, spazio, movimento [p]
Miriana: Metri percorsi rispetto ai secondi. [p]
Insegnante: Leggi i nomi degli assi! L'asse orizzontale rappresenta il tempo in secondi;
l'asse verticale rappresenta la posizione in metri. [p]
Ferdinando ripete ciò che ha detto l'insegnante, mimando gli assi con le mani. [p] [g]
Insegnante: Come interpretiamo il fatto che la linea parte da lì? (indicando il primo
punto del grafico) [p] [g]
Diego: Gabriele non era completamente fermo, ma si stava muovendo leggermente.
Allora,, il primo movimento ha portato la linea in alto. Poi lui si è mosso a velocità
costante. (ha mimato la linea del grafico ed il movimento di Gabriele) [p] [g]
Insegnante: Avete altre interpretazioni del grafico? [p]
Gli studenti sembrano non avere chiaro il collegamento tra movimento e grafico, così
l'insegnante permette loro di ripetere l'esperimento.
Diego: Devo aggiustare qualcosa: la linea sul grafico comincia da quel punto perché
Gabriele ha fatto il primo passo. Poi lui si è mosso in parallelo al tempo e allo spazio,
così ha fatto una linea diritta. Dopo, lui era fermo mentre il tempo finiva. (ha mimato la
linea del grafico e gli assi) [s] [g]
Ferdinando: Per fare iniziare il grafico dal punto zero abbiamo bisogno di cominciare
la misurazione quando il corpo è ancora fermo.
Miriana: No! Il primo punto rappresenta il punto di inizio.
Insegnante: Il grafico potrebbe cominciare da zero?
Miriana: No, non può. La distanza minima è 15 cm. (l'insegnante aveva spiegato che per
il corretto funzionamento del sensore, la distanza minima dall'o strumento è 15 cm).
Alcuni studenti affermano che ancora non hanno capito l'interpretazione del grafico.
L'insegnante permette loro di fare un esperimento in più: un moto di avvicinamento
verso il sensore. Ma prima che lei chiede a fare una predizione del grafico e come sarà
la linea quando il corpo ancora è. La maggior parte della classe fa una predizione,
supportata da gesti, e questa risulta corretta. Durante l'avvicinamento al sensore, lo
studente si ferma tre volte. Così gli studenti visualizzano il nuovo grafico e trovano la
corrispondenza tra la condizione di corpo immobile e la linea piatta.
Diego: Io mi aspettavo che il grafico avrebbe disegnato una linea dall'angolo in alto a
destra verso quello inferiore di sinistra.
Filippo: Lui parte da quattro metri di distanza ed il tempo va avanti.
Ferdinando: Il grafico è sempre disegnato da sinistra verso destra.
Alcuni studenti hanno ancora difficoltà a riconoscere i punti di partenza e di fine.
Alcuni di loro riconoscono le posizioni finali solamente perché è indicato in un box in
basso a sinistra dello schermo. L'insegnante mostra i collegamenti tra la tavola delle
misurazioni ed il grafico.
Un'analisi diacronica di questa lezione mostra che la comprensione della
corrispondenza tra valori di variabile indipendente e dipendente sta migliorando con
l'uso progressivo del sensore.
2. Comprendere che tutti i valori di variabile indipendente sono correlati ai valori
di variabile dipendente.
Classe: 3 A - Un alunno (Diego) sta per un breve intervallo di tempo di fronte al
sensore, poi si allontana dalla direzione del sensore, cammina lungo una direzione
parallela e infine torna di nuovo di fronte al sensore, fermandosi (5 secondi.).
L'insegnante chiede di fare una predizione del grafico sulla lavagna, per avere un altro
insieme semiotico di comunicazione. Le più significative predizioni sono:
Diego:
Francesco:
Ferdinando:
[i]
[i]
[i]
Diego: La prima e terza
Francesco: entrambe le
Ferdinando: Otteniamo
linea piatta rappresentano
linee piatte rappresentano il questa predizione se il
il corpo in movimento.
corpo. In mezzo c’è
corpo ritorna nello stesso
La seconda linea piatta
qualcosa.
punto.
Alcuni studenti sono
Filippo: Nel tratto
Francesco: Nello tratto
d'accordo con la predizione
intermedio il corpo non
intermedio il tempo
di Diego
cammina, quindi quello è
continua a scorrere e lì ci
impossibile!
deve essere una linea!
rappresenta la scrivania di
fronte al sensore.
Diego esegue l'esperimento, verifica che la sua predizione era corretta e commenta il
grafico ai compagni di classe, comparandolo col suo proprio movimento. L'insegnante
indica che le linee che Diego aveva predetto come verticali, in realtà sono un poco
oblique e sono dovute all’opzione "Connect Points" Questo ci porta alla prossima fase.
Francesco capisce che ad ogni valore della variabile tempo corrispondono valori della
variabile posizione, ma la sua predizione non è del tutto esatta. Le predizioni di
Ferdinando e di Francesco sono dovute ad errate interpretazioni della variabile
dipendente. Secondo essi, la variabile dipendente rappresenta la "posizione del corpo in
movimento" invece della "posizione del corpo più vicino di fronte al sensore".
L'insegnante ha dovuto quindi chiarire il significato della variabile dipendente quale
"posizione del corpo più vicino di fronte al sensore." Perciò in teoria sarebbe
impossibile avere parti di spazio vuoto sul grafico. In effetti, per limiti dello strumento,
noi potremmo ottenerlo se dirigessimo il sensore verso corpi molto lontani, con una
distanza maggiore delle dimensioni dell’aula. Quindi, se usiamo il sensore con le
distanze di un’aula, avremo sempre grafici di funzione.
3. Capire che il valore di variabile dipendente corrispondente ad un valore
di variabile indipendente è UNICO.
Classe: 3 B. L'insegnante disegna un grafico sul piano Cartesiano del Logger
Pro attraverso la funzione “Predizione del disegno”. Non è un grafico di funzione.
Insegnante: È possibile ottenere questo grafico dal moto di un corpo?
S
t
Domenico: No! Lo stesso secondo è ripetuto due volte!
Domenica: Non si possono ottenere due posizioni allo stesso secondo.
Queste corrette osservazioni hanno una giustificazione di fisica e conducono alla
comprensione del concetto di funzione.
4. Capire e comparare la corrispondenza tra intervalli di variabile
indipendente e dipendente
In questo fase gli studenti consolidano la prima fase. Inoltre leggono la distanza
massima e minima raggiunte rispetto al sensore. Notano che la pendenza di ogni tratto
di curva è dipeso dalla velocità corrispondente dello studente. Studiano la relazione tra
intervalli spaziali ed intervalli temporali di tratti di una curva e li paragonano. Gli
studenti hanno anche calcolato le velocità medie e le hanno comparate con le pendenze
dei tratti della curva e coi grafici di velocità-tempo.
Classe: 4 I. Movimento di allontanamento ed avvicinamento di un alunno
(Diego) rsipetto al sensore per tre volte (15 secondi). (ALLEGATO 4)
Insegnante: In quale tratto di curva vi è la velocità maggiore?
Diego: Nell'ultimo! Lo dico perché ho appena accelerato. [p]. Diego sta facendo
riferimento alla sua esperienza sensoriale (embodiment)
Diego: Qui (indicando il grafico con un gesto per indicare un intervallo) il tempo
trascorso è più corto. [p] [g]
Maria: L'ultima parte è più inclinata (simula la pendenza della curva con la sua mano).
[p] [g]
Diego e Maria pongono la loro attenzione verso aspetti diversi dello stesso fenomeno:
l'intervallo di tempo e l'inclinazione della curva, rispettivamente.
5. Analisi conclusive e conversioni delle rappresentazioni di funzioni lineari
e quadratiche.
In questo fase gli alunni studiano tutti i sistemi semiotici codificati di moti
rettilinei uniformi e moti uniformemente accelerati di un treno sui binari. La
rappresentazione analitica è ottenuta attraverso il fit dei dati. Gli studenti sono coinvolti
in attività di analisi e conversione di questo tipo di funzione, usando vari strumenti:
Excel, Derive, carta e penna. Inoltre in questa fase essi hanno studiato problemi di
modellizzazione di situazioni realistiche. Gli studenti studiano anche l'interpretazione
fisica dei coefficienti di queste funzioni.
6. Istituzionalizzazione del concetto di funzione e modellizzazione di
fenomeni realistici partendo da rappresentazioni di funzione.
In questa fase l'insegnante dà la definizione formale di funzione, offerta da
Bourbaki. In un primo momento lei lo collega agli esempi studiati in cinematica. Gli
alunni studiano funzioni in contesti matematici e della vita reale.
Sperimentazione 3° - 4 ° Liceo Classico, Mandralisca
Le lezioni sono state svolte in una classe formata da studenti di terzo e quarto
anno di liceo classico, durante un corso pomeridiano rivolto ad eccellenze. Pertanto,
soltanto gli studenti di quarto anno possedevano nozioni di cinematica e geometria
analitica. I protocolli fanno riferimento agli allegati n° 6, 7, 8 e 9.
L’insegnante ha introdotto la lezione spiegando che si sarebbe fatto uso di un
sensore di posizione (Go!Motion) e che esso si utilizza in fisica per studiare il moto di
corpi. Ha inoltre spiegato che tale sensore trasmette le misure ad un computer,
mediante il software LoggerPro. È stato affidato ad uno studente (Marco) l’utilizzo
delle funzioni base di tale software, riguardanti l’avvio di una misura e il salvataggio di
un file, in seguito ad una opportuna spiegazione. Una studentessa (Martina) si è offerta
volontaria per lo studio del moto del proprio corpo dinanzi il sensore.
Insegnante: Adesso Martina si muoverà davanti il sensore di posizione. (Rivolgendosi
verso Martina) Stai attenta a muoverti lungo la direzione del sensore perché il sensore ti
vede solo se ti muovi lungo la sua direzione (gesto per indicare la direzione)
(Martina ripete il gesto della direzione)
Insegnante: Avvicinati qua, girati e ti muoverai verso il muro quando ti darà lui (Marco)
il “via”
Marco: Sei pronta?
Martina: Sì
Marco: Via!
Sul muro viene visualizzato il seguente grafico:
Francesco: “guarda”! (in dialetto)
Marco: Lo devo salvare?
Ins. Sì, salvalo… guardiamo il grafico… Cominciamo ad interpretare questo grafico.
Quali sono le variabili rappresentate in questo grafico? Guardate soltanto il grafico
sopra, quello sotto per ora non lo guardate. Quali sono le variabili?
Francesco: spazio, tempo
Marco: Il tempo e lo spazio
Ins. Precisamente, c’è scritto spazio?!? Oppure, cosa c’è scritto?
Paola: Posizione
Ins.: Posizione. Allora, cosa indica questo grafico, secondo voi?
Martina: La posizione nel tempo
Gloria: Il cambiamento di posizione nel tempo
Ins.: (ripete) Il cambiamento di posizione nel tempo
Francesco: velocità!
Ins.: un attimo, intanto la posizione. Il grafico di velocità è quello sotto, ma noi per ora
non lo guardiamo, lo mettiamo giù da parte.
Sul muro viene visualizzato il seguente grafico:
Ins.: Allora, visto che questo grafico ci dà la posizione di Martina nel tempo, possiamo
cominciare a dire da quale posizione è partita Martina?
Marco: Dalla posizione 1
Ins.: Come l’hai visto?
Marco: Perché c’è scritto “1” lì!
Ins.: L’hai visto dal grafico?
Marco: Sì
Davide: All’istante “0” la posizione è 1
Ins.: Sì. Invece la posizione finale ….
Marco: cinq …. 3! 3 e qualcosa.
Angela: All’istante 5 la posizione è 3.
Ins.: È chiaro per tutti?
Studenti: Sì. Sì
Ins.: Me lo fai rivedere sul grafico al muro?
Marco: Il punto materiale parte all’istante 0 dallo spazio 1
Antonella: posizione
Marco: … posizione 1. Invece arriva all’istante 5, tempo 5, al punto della posizione 3
Gloria: Ma già all’istante 3 è a 3
Ins.: Che significa che era già arrivata all’istante 3
Gloria: Che era ferma
Ins. Infatti, vi ricordate cosa è successo? Martina ha camminato verso il muro e poi…
Tutti: si è fermata!
Davide: Se tornava indietro il grafico scendeva?
Francesco: Scendeva!
Davide: Secondo me sì!
Ins. Vediamo se effettivamente è così. Facciamo questa prova: sei lì e torni indietro.
Facciamo così?
Davide: No, facciamo che va avanti e indietro!
Marco: Se è lì (vicino il muro), parte da là (indica il punto più in alto nel grafico) e
scende (simula il la mano la produzione del grafico, ma lo fa da destra verso sinistra)
Davide: Però Martina, hai 5 secondi!
Angela: Veloce!
Davide: Non arrivare là sotto!
Angela: Non arrivare là sotto!
Martina comincia a muoversi
Davide: Basta! Torna indietro
Studenti: Torna indietro, torna indietro!
Francesco: Sbrigati! Sbrigati!
Sul muro viene visualizzato il seguente grafico:
Ins.: Come aveva detto lui “scende”.
Marco: Scende il grafico.
Ins.: Se volessimo usare un termine più tecnico, matematico, come potremmo dire?
Davide: La posizione
Francesco: …va indietro ….
Ins.: La posizione …
Davide: … il numero associato alla posizione
Francesco: …diminuisce
Ins.: …diminuisce?!
Davide: Si avvicina allo zero
Marco: Si avvicina alla posizione iniziale
Francesco: La velocità è negativa
Ins. Per ora la velocità la lasciamo stare. Lui dice che il numero associato alla posizione
diminuisce. Matematicamente diciamo che la posizione decresce. Da ora in poi, anziché
utilizzare i termini “sale” e “scende” usiamo le parole …
Tutti: “cresce” e decresce”!
Ins.: E se invece rimane ferma?
Marco: Costante
Ins.: Quindi il grafico come viene?
Tutti: Una linea orizzontale
Ins.: Vediamo se in effetti è così?
Tutti: Sì.
Marco: Posso?
Martina: Sì
Marco: Ferma
Riccardo: Non ti muovere
Francesco: Non respirare!
Sul muro viene visualizzato il seguente grafico:
Davide: Tra il secondo 1 e il secondo 2 si è mossa leggermente.
Ins.: Sì, si è mossa leggermente. Possiamo avere qualcosa di completamente fermo?
Proviamo con …
Gloria: Un libro
Rosaria: Un foglio
Angela: Però chi lo tiene si muove!
Possiamo provare con qualcosa di veramente fermo, fermo?
Studenti: Una sedia
Angela: Un banco
Ins.: Non la prende la sedia Un’altra soluzione non l’avete?
Studenti: Il muro
Ins.: Il muro! Possiamo sempre spostare il sensore.
Sul muro viene visualizzato il seguente grafico:
Ins.: È venuto abbastanza fermo.
Rosaria: E … direi!
Ins.: Però, vediamo se è vero.
Davide: Come, “vediamo”? È il muro!
C’è una funzione che serve per rescalare
Sul muro viene visualizzato il seguente grafico:
Studenti: (Espressioni di stupore)
Ins.: Come lo interpretate?
Davide: Ci sono delle oscillazioni …
Ins.: Di che ordine di grandezza?
Davide: ordine 1/104
Marco: millesimi
Ins.: Non sono di millesimi ma di …
Davide D.: Decimi di millesimi
Ins.: Infatti se guardate sull’asse abbiamo i valori 0,5683 e 0,5685, quindi c’è una
variazione di decimi di millesimi. Però, se noi non diamo la giusta attenzione alla scala,
a primo impatto ci potrebbe sembrare che il corpo non è stato fermo. Quindi, abbiamo
visto l’importanza della scala. Vi ricordate che nel test c’era un esercizio su questo
argomento?
Studenti: Sì
Ins.: Vi ricordate quello del giornalista che interpretava un grafico sui furti?
Qui l’insegnante fa riferimento al seguente esercizio, che era contenuto nel test che ha
preceduto l’attività didattica:
Un cronista televisivo ha mostrato questo grafico dicendo:
«Il grafico mostra che dal 1998 al 1999 si è verificato un notevole aumento del
numero di furti.»
Pensi che l’affermazione del cronista sia un’interpretazione ragionevole del
grafico?
Spiega brevemente la tua risposta.
Marco: Sì. Dal ’98 al ’99.
Ins.: C’era in un anno un grande salto. Ma se si faceva caso alla scala ci si accorgeva
che in realtà i furti erano pochi in un anno.
Davide G.: C’era una differenza di 7 furti.
Ins.: A primo impatto sembrava che ci fossero stati tanti furti in un anno. Da qui
notiamo l’importanza della scala.
Ins.: Adesso torniamo a studiare un moto di allontanamento-avvicinamento e cerchiamo
di leggere altre cose. Poco fa voi facevate correre Martina. Ora la facciamo camminare
con più calma …
Davide G.: … e aumentiamo il tempo
Ins.: …e aumentiamo il tempo
Ins.: Martina, vai al muro e torna indietro
Studenti: Puoi girarti! … Ricomincia! Vai, vai… Veloce! … Piano, piano. Piano, piano.
Sul muro viene visualizzato il seguente grafico:
Martina: Professoressa, ma mi posso girare, giusto?
Ins.: Sì, ti puoi girare … Torniamo a leggere il grafico. Qual è la posizione di partenza?
Studenti: 0,6
Ins.: Sì, 0,6. Se vogliamo possiamo leggerla in modo più preciso.
Davide: La scala …
Ins.: Sì, la scala, oppure … abbiamo più modi per guardarla. Sulla colonna sinistra ci
sono dei valori. Sulla prima colonna c’è il tempo, sulla seconda la posizione. La
posizione iniziale la trovate a 0,05 secondi. La posizione corrispondente è 0,589 che si
può approssimare a “zero virgola” …
Studenti: …6
Ins.: Sì, 0,6 metri. Quindi quella è la posizione di partenza. Possiamo anche usare il
puntatore. Vedete questa crocetta? (cerchiata qui di rosso per il lettore), se la
posizioniamo su un punto dà le coordinate in basso (cerchiate qui in rosso per il
lettore). Le leggete?
Ins.: Quindi abbiamo più rappresentazioni dello stesso fattore … Allora, Martina si
allontanata, fino a quando si è allontanata?
Davide: Fino a 2 e qualcosa
Insegnante richiama l’attenzione
Ins.: … chiedevo, fino a quando Martina si allontana?
Davide: 2,5 e qualcosa
Angela: fino 2 e … fino a 3!
Davide: proviamo a mettere il cursore sul punto (indica lo schermo)
Francesco: Di lontananza o di tempo?
Anthinea: Di posizione o di tempo?
Ins.: “quando” sta per “tempo”
Studenti: Tre, tre e uno
Ins.: E la posizione?
Studenti: Sempre 3 … 3 e qualcosa piccola
Ins.: Poi che succede?
Studenti: Sta ferma
Francesco: Però respira in tutto questo
Ins.: …e poi
Studenti: decresce
Davide D.: … fino alla posizione 0,4 … un po’ meno …
Angela: 0,3
L’insegnante sposta il cursore sul punto in questione
Anthinea: tra 3 e 4
Ins.: Sì, tra 3 e 4. Poi che fa?
Studenti: Poi sta ferma di nuovo e poi risale …
Davide: cresce, cresce … la posizione cresce
Ins.: Quindi la posizione cresce, quindi si allontana. Qual è la distanza massima che
raggiunge rispetto al sensore?
Studenti: 3,1
Ins.: E la distanza minima?
Studenti: 0,3
Ins.: Tenete presente che il sensore ha dei limiti perché è uno strumento. La distanza
minima che può misurare è di 15 cm, mentre la massima è di 8 metri, oltre i quali
comincia a fare misure non precise. Se poi lo mettiamo in uno spazio aperto addirittura
non misura più. Perché? Secondo voi, come funziona il sensore?
Francesco: A laser?
Davide D.: Lancia qualcosa che ritorna
Ins.: Sì, lancia qualcosa, ma cosa?
Rosaria: Onde
Ins.: onde … che tipo di onde?
Rosaria: Onde elettromagnetiche
Ins.: No, non sono onde elettromagnetiche. … sono onde acustiche
Anthinea: Onde acustiche?
Davide G.: Tipo radar
Davide P.: Come i pipistrelli
Antonella: Come il sonar
Ins.: Quindi che fanno queste onde?
Davide G.: Rimbalzano sui corpi e tornano. Più tempo ci stanno a tornare, più distante è
il corpo dall’oggetto.
Ins.: Esattamente!
Davide G.: Posso fare un documentario!
Ins.: Adesso volevo chiedervi di fare una previsione. Secondo voi, se Martina si sposta
dalla direzione del sensore, che succede?
Davide: … prende la cosa più vicina a Martina …
Anthinea: la cosa più vicina
Angela: … il muro
Ins.: quindi, facciamo questa previsione (mimato): Martina sta ferma davanti al sensore,
poi si sposta e cammina di lato, non facendosi prendere dal sensore …
Marco: crescerà! (gesto)
Ins.: … poi ritorna davanti al sensore
Marco: Prima cresce e poi decresce (gesto)
Davide G.: Due linee separate
Davide D.: Ha detto che al massimo prende 8 metri?
Ins.: Sì
Davide D.: allora percepirà il muro, un salto brusco
Davide G.: Due linee separate
Gli studenti cominciano a gesticolare segnando in aria le previsioni di grafici
Ins.: … C’è un pennarello? … no… Mi fate le previsioni sul foglio? …Vi faccio vedere
fisicamente come dovrebbe fare Martina. Guardatemi un attimo! Martina sta ferma qui,
poi si muove, cammina … non c’è spazio, quindi facciamo solo che si sposta di lato e
poi ritorna qui (Simulazione con il corpo)
Martina: Secondo me ci sono due linee diverse.
Davide G.: Però c’è il muro
Gli studenti discutono tra loro
Ins.: Per favore, ognuno di voi faccia la propria previsione sul foglio e poi le vediamo
Davide G.: E poi Martina ritorna?
Martina simula il suo movimento
Martina: Faccio così … e poi così
Angela: e poi continua a camminare?
Ins.: No, poi rimane lì. L’importante è capire cosa succede prima
Davide D.: Lei deve camminare?
Studenti: No!
Ins.: Non c’è spazio, si sposta e poi ritorna (gesti)
Davide G.: Dobbiamo tenere in considerazione il fatto che quando lei si sposta prende il
muro.
Previsioni:
Davide D. e Paola:
Questa è la posizione di Martina (indicando il tratto
a sinistra).
Quando si leva, perché percepisce il muro
(indicando il tratto centrale).
E poi ritorna Martina, per cui percepisce la
posizione di Martina, che sta ferma. (indicando il
tratto a destra).
Angela:
Se si muove è così
Se sta ferma è così
Riccardo:
Prima c’è, poi non c’è più perché si leva e c’è il
muro e poi ritorna alla stessa posizione
Davide G.: Si muove o sta ferma Martina?
Ins.: Sta ferma
Allora se sta ferma è così. Questa è
Martina (indicando i due tratti laterali) e
questo è il muro (indicando il tratto
centrale)
Sul muro viene visualizzato il seguente grafico:
Davide G.: Va be’, quella linea è (intende la linea verticale che congiunge i due tratti
orizzontali) … forse le ha preso il braccio, forse.
Davide D.: E’ perché è una situazione reale
Ins.: Coincide con la vostra previsione?
Studenti: No, perché ci sono le linee verticali.
Davide D.: In pratica sì, perché ci sono degli sbalzi, però se non vi fosse intervallo di
tempo (gesto “intervallo di tempo veloce”) non ci dovrebbe essere quella linea verticale
(gesto).
Ins.: Perché non ci dovrebbe essere?
Davide D.: … in una situazione puramente teorica. Qui c’è perché Martina occupa un
certo lasso di tempo per spostarsi. Per cui in quel piccolissimo lasso di tempo c’è un
cambio di “posizione” (gesto delle virgolette) percepita, notevole.
Anthinea: ha! Questo è il significato della linea verticale?
Davide D.: Secondo me, sì.
Davide G.: Può essere che se ingrandiamo …
Riccardo: … se ingrandiamo la linea forse è obliqua!
Davide G.: Infatti!
Gli studenti discutono
Ins.: Come avete detto? Se ingrandiamo …
Riccardo: Se ingrandiamo è obliqua la linea (gesto della linea obliqua)
Davide G.: c’è intervallo di tempo piccolissimo
Riccardo: In poco tempo si allontana
Davide D.: non è proprio verticale
Ins.: Allora proviamo ad ingrandire … io ingrandisco da qui … “Zoom In”
Tasto cerchiato di rosso:
L’insegnante zoomma una volta
Ins.: Lo vedete?
Studenti: No!
Ins.: … ancora
Sul muro viene visualizzato il seguente grafico:
Davide G.: Infatti si sposta la x
Ins.: E’ leggermente obliqua in effetti … però il problema non è tanto questo (quello
della linea) quanto il fatto che … torniamo indietro …
Davide D.: E’ come se Martina si fosse mossa ad una velocità altissima
Ins.: Martina si è proprio tolta di là
Davide D.: sì, però … (Faccia perplessa)
Ins.: Guardate, il grafico è costruito in modo che siano connessi tutti i punti di misura.
Guardate, se tolgo questa funzione “connect points”
Sul muro viene visualizzato il seguente grafico:
Studenti: E questo è quello che avevamo fatto noi
Ins.: Se riuscite a leggere ci sono in realtà tanti puntini
Anthinea: infatti, ci sono i puntini
Ins.: … perché se guardate la tabella a sinistra le misure le fa ogni quanto tempo
Studenti: 0,05 secondi
Ins.: Quindi non fa misure in modo continuo, fa misure in modo discreto. Poi c’è questa
funzione che ci permette di unire tutti questi punti e di dare una versione del grafico. In
realtà ci dava una visione distorta perché andava ad unire una misura di Martina con
quella del muro. Quindi ci dava questa impressione verticale, ma in realtà la posizione
non si muoveva in verticale
Davide G.: perché sono due corpi diversi.
Davide D.: Il fatto che Martina si sia levata non è la stessa cosa che Martina in 0,05
secondi ha compiuto questa distanza?
Davide G.: Sì! Ma è sbagliato!
Francesco: Perché?
Davide G.: Martina non l’ha fatto.
Riccardo: Ha analizzato la posizione di due corpi differenti
Davide D.: Se Martina fosse capace a percorrere in 0,05 secondi quella distanza,
avremmo la stessa cosa!
Ins.: Sì.
Anthinea: Forse quella linea verticale indicava il tempo in cui Martina si spostava …
Perché c’era una linea verticale? Non ho capito.
Ins.: Perché quella funzione univa semplicemente i punti
Anthinea: Ah, ok, ok
Ins.: Non c’erano misure di mezzo, in realtà. Infatti, vedi che non c’è niente!
Ins.: Si possono avere mai, in realtà, punti così in verticale come era quella linea?
Studenti: No! perché nello stesso istante non può essere in due posizioni
Davide D.: Ubiquità
Angela: Sarebbe bello.
Paola: Che cosa hai detto?
Studenti: Ubiquità
Paola: Sarebbe?
Angela: Nello stesso istante si trova in più posizioni.
Ins.: E quindi non potrebbe essere
….
Mediante la funzione “Draw Prediction” L’insegnante disegna la previsione di un
possibile grafico posizione-tempo.
Sul muro viene visualizzato il seguente grafico:
Ins.: Ho disegnato un possibile grafico che possiamo ottenere se Martina si muove. Voi
cercate di darle le istruzioni per riprodurre questo grafico
Studenti: OK!
Davide D.: Come facciamo a fare i mezzi secondi?
Ins.: Però …
Davide G.: Sali lentamente e torna indietro lentamente
Ins.: Proviamo?!
Davide D.: In un secondo …
Davide G.: Certo, senza fermarti
Marco: Intanto deve partire da 0,5
Ins.: Non deve essere proprio al secondo! (Rivolgendosi verso Davide D.)
Angela: A 7 secondi gira
Marco: Intanto deve partire da 0,5
Ins.: Allora, lui dice: “deve partire da …. (indicando Marco)
Marco: … dalla posizione 0,5
Davide D.: Partire con una certa velocità, decelerare un poco…
Angela: A 9 secondi gira
Davide D.: … fino a fermarsi e poi torna indietro
Riccardo: No! No! E’ meglio forse se fa una cosa così (fa un gesto che non si vede),
perché se si ferma …
Anthinea: Ma non si deve fermare
Francesco: Deve andare piano piano
Davide D.: no, no, deve fermarsi, deve fermarsi!
Anthinea: … e c’è un momento preciso
Davide D.: A 7,5 si deve fermare …
Angela: No!
Davide D.: … e poi accelera in senso opposto
Angela: No! Verso il 9, al 9 si ferma
Davide D.: Più o meno, dai, più o meno, dai!
Martina: ma se io mi giro e poi ritorno com’è?
Martina: loro stavano facendo tutte le previsioni. Possiamo cominciare? Vediamo in
concreto …
Gli studenti continuano a discutere tra loro
Anthinea: Verso il 9, 10 comincia a scendere
Angela: A 8 secondi comincia a scendere
Davide G.: Glielo dice Angela che ha l’orologio
Ins.: Allora! Le date le istruzioni? Vi mettete d’accordo e le date le istruzioni?
Davide D.: Aspetta, io ho il cronometro
Ins.: Riprendi lei! (Angela) …Che state facendo?
Angela: No! Non stiamo facendo nulla!
Davide G.: Ti sto riprendendo
Ins.: Che cosa?
Ins.: Col cronometro (indica l’orologio che ha in mano Davide D.)
Davide G.: Infatti! Qualcuno … che tiene il tempo!
Angela: A 8 secondi le dici di tornare indietro
Davide G.: Qualcuno che tiene il tempo!
Ins.: Va bene. Allora, mi raccomando Martina!
Marco: Parti da 0,5
Martina: Cioè? … 0,5? (con il corpo lascia intendere che non sa dove si trova “0,5”)
Angela: Torna indietro
Ins.: Per partire da 0,5 dove …
Marco: Più o meno … qua! (indicando un punto)
Riccardo: Non 8 secondi precisi, 8 secondi e qualcosa e nanticchia (espressione
dialettale che significa “molto poco”)
Ins.: Siete d’accordo che deve partire da qui?
Davide G.: Sì!
Davide D.: Ma è 0,5! … E’ in metri?
Ins.: Sì! … Dai! Pronti?
Martina: Quindi, io devo … allora, …
Ins.: Devi seguire quello che ti dicono
Davide D.: Quando te lo dico io, parti e vai rallentando. Quando dico io ti fermi e giri.
Angela: Non si deve…
Anthinea: Non si deve fermare, dopo 5 minuti rallenti
Angela: … e torni indietro
Davide D.: Uno, due, tre … vai!
Anthinea: Via!
Riccardo: Piano! Piano! … Rallenta!
Davide D.: Sì ma qua …
Marco: gesto con la mano per dire “non c’entra niente”
Davide D.: Prova a sprofondare il muro … torna indietro a sto punto
Riccardo: Dovevi camminare molto, molto più piano!
Francesco: Dovevi camminare piano, piano, piano
Studenti: No! No!
Davide D.: Perché già in 3 secondi …
Riccardo: Ok, abbiamo sbagliato, dai. Abbiamo sbagliato.
Sul muro viene visualizzato il seguente grafico:
Angela: È colpa sua!
Martina: Ma secondo me se …
Davide D.: No! Perché già in 3 secondi sei arrivata là
Riccardo: Martina! Devi camminare molto più piano!
Davide G: Pianissimo!
Anthinea: Molto lentamente
Davide G: Sì, però se cammina lentamente come fa a capire quando deve decelerare!?
Antonella: Glielo dici tu
Ins: Glielo dite voi! Aspetta, questo lo salviamo
Si utilizza la funzione “Store Latest Run”
Martina: Però, scusate, una cosa, ma io mi sono fermata là il tempo di girare l’ho avuto
e quindi il grafico sta fermo. Se io piuttosto di girare così (simula il movimento “girare
su se stessa velocemente”) giro la curva (simula il movimento “gira con un movimento
più ampio e più lentamente”)
Davide G: No! Non lo fare, si sposta se no!
Davide D: E’ come se fossi attaccata ad una molla (simula la molla con la mano)
Angela: Ma lì è dritto perché sei arrivata al massimo, credo!
Martina: Sì …
Davide G: No, è dritta perché si è fermata!
Martina: … mi sono fermata e poi ho girato (simula il suo movimento con la mano)
Davide D: No! Ti sei fermata prima
Angela: No! Perché oltre il 3 non ti poteva riprenderti più
Davide D: Appunto!
Angela: No perché hai fatto un movimento strano
Davide D: Perché tu sei arrivata lì verso il 3, 3 e mezzo, invece ci saresti dovuta arrivare
ad 8
Anthinea: Devi camminare di meno.
Angela: Devi camminare molto di meno.
Anthinea: Devi camminare lentamente e ti devi fermare pochissimo
Davide G.: Mantieni una velocità, a tre quarti deceleri, ad un certo punto devi ritornare
indietro.
Davide D.: … come fa a capire se cammina così (simula la cadenza della camminata
con due dita che “camminano” sul tavolo)
Anthinea: È poco il tempo in cui si ferma
Riccardo: Dai, dai. Riproviamo!
Angela: Devi arrivare dimeno del muro, secondo me.
Davide D.: Oppure lo facciamo in miniatura, al posto di farlo su 15 secondi lo facciamo
su 5, che viene meglio
Studenti: No! No!
Ins.: La previsione deve essere su quello che vi ho dato io
Angela: Deve arrivare più o meno a tre quarti
Davide D.: Va bene. Allora deve camminare piano, però decelerando ... Vai vicino al
muro, poi rallenti, poi…
Davide G.: Dove c’è l’armadio comincia a decelerare, però devi andare più piano
Marco: Qua già deve cominciare a decelerare! (Indica un punto prima)
Davide G: Prima?
Marco: Sì!
Angela: No, ma lei comunque deve arrivare a uno virgola …
Ins: Non ti ho capito! (rivolgendosi ad Angela)
Angela: …dove c’è la seconda fila! Perché si ferma a metà del grafico lo spazio, non
arriva fino alla fine (Con la mano indica verso l’alto)
Anthinea: abbiamo poco spazio
Davide D: O lo spazio è poco o il tempo è troppo
Angela: … deve arrivare lì (indica il punto di prima)
Ins.: Definiamo quello che deve fare Martina? In sintesi.
Angela: Deve camminare pianissimo e arrivare non fino alla fine, fino a metà. Poi
tornare indietro sempre piano. No?
Ins: Ricominciamo, dai!
Davide G.: Vai Martina
Marco: Vado?
Martina Sì
Marco: Vai
Studenti Vai! Vai! Vai! … piano, piano, …
frena! … torna indietro … piano,
pianissimo, piano … eh eh bravi! (applauso)
Sul muro viene visualizzato il seguente grafico:
Marco: Questo è un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità
Ins.: Siete stati bravi! … I punti di riferimento quali erano, in sostanza?
Studenti: Il grafico, la velocità, la posizione,
Martina: non poteva mai venire quella curva, però …
Davide G: La velocità e la posizione, se cresceva o decresceva
Antonella: Glie elementi di riferimento, diceva la professoressa.
Studenti: L a posizione
Ins.: In maniera più specifica, avete dato delle istruzioni precise a Martina
Marco: la posizione durante il grafico
Si mischiano termini relativi al tempo e allo spazio (si vedano le metafore concettuali:
percezione del tempo come lunghezza)
Antonella: Cosa avete detto poco fa? Che non doveva andare …
Angela: oltre la metà dello spazio,
Antonella: e perché?
Angela: Perché lì si ferma a metà (indica il grafico)
Ins: Poi lui aveva detto di partire …
Marco: … dalla distanza 0,5
Ins.: Avete fissato un intervallo di spazio, in pratica… Va bene, adesso vi do un'altra
previsione
Visto che il tempo è indipendente gli studenti non lo possono dominare. Loro
possono dominare l’intervallo di spazio, la direzione del moto e la velocità
Davide D: Ci rifiutiamo di fare una cosa del genere! ROTTURA DEL CONTRATTO
DIDATTICO
Ins: Perché Davide?
Studenti: Discutono animatamente sull’impossibilità di fare tale previsione
Davide D: Nello stesso istante stiamo in 2 posizioni.
Angela: Se lo sapessimo fare saremmo delle persone importantissime!
Davide D: Giusto! Brava! … Avremmo salvato il mondo
Ins: Lo ripetete uno per volta?
Davide G: Lo ripete Davide
Angela: Lo ripete lui che è più bravo (si copre per non essere ripresa dalla telecamera)
Davide D: Lo ripete lei … va bene. E’ impossibile perché grafico pretende che noi
siamo nello stesso istante in due posizioni diverse, il che è impossibile. Per cui ci
rifiutiamo.
Angela: E nell’istante là (indica il grafico) in molte più posizioni
Davide D: E nell’istante 0,2 siamo in più di una posizione
Angela: In un intervallo di posizioni
Davide D: Sì! Tra la posizione 0,7 e la posizione 1,2. Cioè, Impossibile
Ins: Quindi non si può fare
Studenti: No!
Davide D: Oppure, Martina lo potrebbe fare (ironicamente)
Davide G: Martina, prova!
Davide D: Martina sa fare tutto!
Davide G: Prova, prova!
Ins.: Scusatemi! E se supponiamo che mettiamo due corpi. Mettiamo Martina qua e lei
(indicando Paola) la mettiamo dietro.
Davide G.: Ma c’è Martina davanti! Il sensore non la prende, perché c’è lei davanti che
blocca le onde.
Ins: Ah! C’è Martina davanti, quindi non è possibile!
Davide G: È impossibile
Davide D: Se avessi un sensore che capta un raggio (allarga le braccia) … 2 metri e
loro si mettono parallele
Marco: Una decresce e l’altra invece cresce
Davide G: Potremmo utilizzare due sensori e poi unire i grafici
Rosaria tenta di intervenire
Ins: Vediamo cosa dice lei! (indicando Rosaria)
Rosaria: A prescindere dovremmo avere tantissime persone per coprire le posizioni da
0,7 a 1,2. Davide D: infinite, una per ogni punto
Studenti: infiniti punti
Rosaria: una per ogni punto, infiniti punti
Davide D.: Va be’, supponiamo che sono due grafici diversi!
Ins: Ti dici in quel tratto verticale?
Rosaria: Sì!
Davide D.: Comunque, supponiamo che sono due grafici diversi! (con le mani indica
separa il tratto verticale dal resto del grafico)
Ins.: Quindi togliendo questa parte verticale, supponendo di avere due tratti orizzontali
(gesto) …
Rosaria: Con due tratti orizzontali si potrebbe fare!
Davide D: La posizione è quasi ferma, muta pochissimo
Ins: Quindi, con un sensore soltanto, se metto Martina davanti e un’altra persona dietro
Studenti: No! No!
Martina: Ci sono io davanti
Marco: Infatti, prima non prendeva il muro (indica il muro)
Ins: Infatti, prima non prendeva il muro, prendeva solo Martina
Davide D: E, infatti!
Ins: In sostanza il sensore che fa? Prende…
Rosaria: Prende il corpo più vicino
Ins: Prende il corpo più vicino. Allora possiamo completare questa scritta “position”
con “position del corpo più vicino”, potremmo dire ...
Studenti: Sì!
Ins: … volendo esplicitare ancora di più questa variabile.
Ins: Va bene. Siete stati bravi! Siete stati abbastanza convincenti! Mi avete convinta!
Applauso
Ins: Adesso un’ultima cosa… Salva questo.
….
2 - 03.07
Rosaria è passata a primo banco e da qui in poi interverrà più frequentemente
Ins: Adesso chiediamo a Martina di fare avanti e indietro. Però la prima volta lo fa più
lentamente, la seconda volta … (rivolgendosi a Martina) fai avanti e indietro, poi vai di
nuovo avanti, però cercando di muoverti più velocemente rispetto a prima e cerca di
ritornare di nuovo indietro. Va bene? Ci siamo? Facciamo la previsione. Quindi Martina
va avanti, torna indietro poi va di nuovo avanti, si allontana nuovamente, con una
velocità maggiore. Fate le previsioni! Ripeto?
Studenti: Ripetiamo! Sì!
Ins.: Martina parte da qua, si allontana e si avvicina. Poi si allontana nuovamente però
con una velocità maggiore rispetto a quella di prima e di nuovo ritorna al punto di
partenza
Angela mostra la sua previsione
Anthinea: Professoressa! Si avvicina, poi …
Ins: Ok. Poi si allontana con una velocità maggiore e si avvicina di nuovo
Davide D: Io così ho fatto! Per me è così!
Rosaria a sinistra e Davide D. a Destra mostrano le loro previsioni
Anthinea mostra la sua previsione:
Ins: Tutti così!
Studenti: Si!
Davide D: Tutte geni siamo… o tutti copioni.
Ins: Voi come l’avere fatto? (rivolgendosi agli studenti della seconda fila) … fammi
vedere quello!
Giusi mostra la sua previsione:
Rosaria mostra la previsione di Gloria:
Ins: Era suo! (Indicando Gloria)
….
Ins: Lo commentiamo?! … qualcuno che commenti, perché lo avete fatto tutti simile …
Rosaria commenta questo!
Rosaria: (indicando il grafico con la matita) La partenza … il primo grafico è più piano
perché appunto cammina più lentamente, mentre nella seconda parte la velocità è
maggiore
Davide D: Cresce e decresce più lentamente e poi cresce e decresce più velocemente
Angela: Si ferma a metà spazio
Ins: Perché Si ferma a metà spazio?
Angela: Perché la posizione la segna fino ad un certo punto, mentre l’altro poi è più alto
Ins: Però io avevo detto…
Marco: … perché andando più lentamente percorre meno spazio, rispetto a quando va
più veloce
Davide D: siccome abbiamo solo 15 secondi…
Ins: Siete sicuri di questo?
Studenti: Sì! … No.
Rosaria: Perché no?
Davide D: la posizione è minore di questo (indicando la sua previsione)
Ins: per come l’hai disegnata tu. Ma io ho dato questa istruzione?
Studenti: Sì! … No.
Ins: Io ho detto questo?
Studenti: No!
Studenti: Percorre sempre la stessa strada?
Ins: Io ho detto si allontana e si avvicina. Non ho detto che arriva a metà strada
Marco: Arriva sempre allo stesso punto in entrambe le velocità?
Ins: Sì!
Angela mostra la sua previsione rifatta
Ins: Allora viene così. Giusto?
Marco: Sì! Così viene
…
Ins: Lo aveva già fatto lei (indica Gloria)
Studenti: Grande lei! Un applauso a lei!
Ins: Non mi ricordo come si chiama
Studenti: Gloria!
Ins: Gloria! … lo commenti, per favore?
Gloria: (mentre spiega segna con il dito la parte di grafico che sta descrivendo)Prima
va più piano, poi torna, questo è il massimo punto, ritorna, e questo è più veloce quindi
è più piccolo (fa il gesto dell’intervallo temporale), però è sempre allo stesso punto
(segna con il dito i due massimi, tracciando una linea immaginaria orizzontale ,
passante per i due massimi)
Ins: Cosa è più piccolo?
Gloria: Il tempo in cui va e torna
Ins: Adesso Martina ce lo fa vedere … non è detto, pensiamo che sia giusto, vediamo se
è vero….
Pronti? Via!
Davide G: Ta-ra-ta-ta-ta-ra (musichetta di Uomini e donne) (condizionamento culturale)
http://www.youtube.com/watch?v=sQKHe8dd510
Il grafico proiettano presenta delle anomalie nella misura dovute al fatto che Martina
non si è mantenuta lungo la direzione percettiva del sensore.
Studenti: Ma che cos’è? … è molto diverso!
Ins: Che è successo?
Martina: Che è successo?
Davide D: Ora corri
Studenti: Corri, corri!
Ins: No, è successo un problema!
Studenti: Sì!
Ins: Che è successo?
Rosaria: Ha superato la linea e quindi non …
Ins: No, non è che ha superato la linea.
Marco: non era più nel raggio del… (indica il sensore)
Davide G: Esatto
Studenti: ah!
Rosaria: ha ripreso il muro (indica il muro)
Ins: Non ha fatto bene le misure. Lo dobbiamo rifare. Fallo di nuovo! Attenta a
mantenere la linea.
Davide G: Cerca di andare più dritto possibile
Ins: Fai come fanno le modelle. condizionamento culturale
Davide G: Vai!
Antonella: Non cadere dai tacchi! condizionamento culturale
Marco: Pronta?
Antonella: Vai!
Studenti: Ah!
Davide D: E infatti, così sì!
Studenti: Torna! … Piano!
Riccardo: Basta! Basta che è arrivato al muro! (era già arrivata al muro)
Davide G.: Vai Naomi! condizionamento culturale
(Martina è tornata al punto di partenza)
Davide D: Ora corri, ora corri
Studenti: Sbrigati! Sbrigati! (stava scadendo il tempo) Vai! Vai! Vai!
Applauso
Studenti: Ce l’ha fatta! Campionessa!
Sul muro viene visualizzato il seguente grafico:
Ins: Perché il secondo tratto lo avete fatto …
Davide G: … più stretto?
Studenti: Perché ha impiegato meno tempo. Perché è andata più veloce, va più veloce
Ins: Com’è? Davide, Ripeti! (rivolgendosi a Davide)
Davide D: A parità di distanza … cioè, la stessa distanza, cioè la stessa posizione, in
pratica, in un minore lasso di tempo
Davide G: Perfetto!
Marco: La velocità veniva maggiore nel secondo percorso
Davide G: Perfetto!
Angela: Il professore ha detto che è giusto!
Ins: È lo stesso dire “la stessa distanza” o “la stessa posizione”?
Davide D: No! Nel senso, la posizione è un punto, però la possiamo anche assimilare
alla distanza perché …
Ins: La distanza quindi che cosa è rispetto a …?
Davide D: espressione di smarrimento
Ins: E’ un … (insegnante poco chiara)
Studenti: … una lunghezza
Ins: E quindi un intervallo percorso
Davide: Invece la posizione è un punto, però lo possiamo assimilare
Riccardo: Un intervallo di tempo
Ins: È un intervallo di spazio. Per esempio, quando lei si allontana da qua al muro,
quanto spazio percorre? Possiamo leggerlo da lì? (indicando il grafico)
Studenti: 3 metri
Ins: 3 metri?
Davide G: Più! Più di tre metri
Studenti: Poco di più
Riccardo: No! No! No!
Francesco: 2,6 …Di meno, di meno!
Riccardo: 2 metri, … 2,52
Davide D: Ah, perché non parte da zero!
Davide G: 2 metri e mezzo?
Davide D: 2 metri e mezzo! Sì, vero, non parte da zero, giusto.
Francesco: 2 e 52! … 2 e 52?
Antonella: La posizione finale meno quella iniziale
Ins: Quindi percorre, come dici tu, lo stesso spazio in tempi minori. Questa è
un’interpretazione. Noi guardiamo l’intervallo di tempo
Davide D: perché la prima volta lo compie in 10 secondi, più o meno, e la seconda volta
in 5, cioè la metà del tempo (intervallo con il gesto )
Ins. C’è un’altra interpretazione che possiamo fare del grafico? Cioè, è corretto questo,
però c’è un’altra proprietà che possiamo guardare nel grafico che ci indica che nella
seconda volta si è mossa più velocemente rispetto alla prima
Davide D: L’inclinazione (gesto)
Studenti: L’inclinazione della retta
Davide G: Certo! Il coefficiente angolare
Riccardo: La pendenza
Ins: Perfetto! … Va bene! Che bravi!
Studenti: Grazie! Grazie!
Applauso
10.40
Ins: Finora abbiamo visto sempre il grafico posizione-tempo.
Davide G: Sì!
Ins: Però ho nascosto quello velocità-tempo. Secondo voi, vediamo se siete così tanto
bravi, qual è il grafico che corrisponde a questo? Però il grafico velocità-tempo.
Possiamo immaginarlo questo grafico velocità-tempo?
Studenti: Sì!
Riccardo: Sì! Supponendo che la velocità più o meno è costante, più o meno… nel
primo e nel secondo tratto.
Ins: Inquadra lui!
Riccardo: Ci sono due tratti, possiamo dire. In ognuno, sia in andata che in ritorno è
costante, nel primo e nel secondo
Ins: Aspetta, come primo tratto cosa intendi?
Riccardo: Andata e ritorno (gesto di andata e ritorno in verticale, indicando verso il
grafico)
Ins: Tutto insieme, andata e ritorno?
Davide G: Andata è un primo tratto …
Riccardo! No! Andata e poi ritorno (gesto di andata e ritorno in orizzontale, indicando
verso il luogo in cui si è mossa la ragazza), tutto il primo tratto (gesto che indica il
“tutto”). Il secondo, la seconda volta di andata e ritorno
Ins: E quindi tu dici che in andata e in ritorno è tutta unica la velocità ed è quasi
costante
Davide G: No!
Riccardo: No! Non è tutta unica! No! Non è tutta unica
Marco: Dà il grafico della velocità?
Ins: Sì, dà proprio il grafico della velocità
Davide D: Cioè, dobbiamo vedere se in un secondo … la distanza percorsa è la stessa
Davide G: Non è costante
Riccardo: No costante, nel senso che …in quel tratto (indicando con la mano il tratto di
andata) è sempre la stessa
Angela: Non può essere costante
Davide G: Non può essere costante. E’ una linea …
Francesco: Uniformemente accelerato, costante, uniformemente decelerato …
Davide G: No!
Martina: Io non ne capisco niente, perché fisica ancora non ne ho fatta, quindi, parlate
potabile?!? (slang - sinestesia http://espresso.repubblica.it/slangopedia/p)
…
Valeria: … nei punti dove sta basso dovrebbe essere alto, no? Perché la velocità sempre
… cresce.
Davide D: Però va sotto zero.
Valeria: Il corpo torna indietro, quindi la posizione decresce, però la velocità è
sempre…
Ins: Cresce sempre la velocità?
12..34
Davide G: No! Perché non è….
Davide D: Cresce in modulo ma è negativa
Ins: Quando è negativa?
Riccardo: Quando torna indietro
Davide D: Nei tratti in cui la posizione decresce.
Ins: Ok!
Davide D: Dovrebbe andare sopra e sotto(simula il movimento oscillatorio in
orizzontale, da sinistra verso destra), attorno all’asse (mima un asse orizzontale) … a
un asse, insomma
(Rosaria annuisce)
Studenti: Sì!
Ins: A quale asse?
Angela: x
Davide D: Se la velocità la mettiamo in x, x
Angela: x
Ins: No! Chi mettiamo in x?
Davide D: Velocità (indica in alto) in funzione del tempo (indica in basso)! (e’ IL
GESTO DELLA FUNZIONE) La velocità è sull’asse verticale, per cui la linea
dovrebbe essere una cosa così (simula il movimento oscillatorio in verticale, dal basso
verso l’alto)
Ins: Allora questo grafico viene su e giù rispetto a quale asse? Al …
Studenti: Le x
Ins: chi c’è nelle x?
Studenti: Il tempo
Ins: Disegnate cosa volete dire?
….
Angela mostra la sua previsione
Ins: Angela, perché lo hai disegnato così?
Angela: Perché … (indica, in maniera alterna, il primo e secondo tratto) più o meno è lo
stesso l’andata e il ritorno, solo che qui (primo tratto) è positiva e qui (secondo tratto) è
negativa. Quando va più veloce (indica, in maniera alterna, il terzo e quarto tratto) è
pure può o meno la stessa all’andata e al ritorno, solo che qui (terzo tratto) è positiva e
qui (quarto tratto) è negativa; ed è sempre maggiore di quella di prima (indica il primo e
secondo tratto).
Davide G: Ma non dovrebbe essere una linea continua?
Ins: Perché non è una linea continua?
Angela: … (fa un gesto che si potrebbe interpretare con un “non so”)
Davide D: Secondo me è così
Davide mostra il suo grafico
Davide: La prima volta, all’istante zero (indica il punto all’istante zero) ha una certa
velocità, diminuisce (indica il tratto decrescente positivo), perché per invertire il moto
deve diminuire, arriva a zero (indica il punto in cui la velocità è zero), aumenta in
modulo ma è negativa quando si avvicina (indica il tratto decrescente negativo), e poi
più velocemente (indica il tratto crescente negativo) raggiunge di nuovo velocità zero
(indica il punto in cui la velocità è zero), nel senso che inverte il moto, e aumenta
(indica il tratto crescente positivo)
Angela: Sì! Sì! Perché poi i punti devono essere qui, quindi è così!
Marco: Per me è così:
Ins: E’ tipo quello che diceva Davide (ERRORE, NON è LO STESSO!)
Angela: … però è con i punti uniti!
Davide D: Lo possiamo verificare? Siamo a corto di tempo! (Per motivi personali
Davide doveva uscire prima)
Ins: Sì, sì! Lo verifichiamo subito
Davide D: Ecco! Perfetto
Ins: Tiriamo fuori il grafico della velocità
Davide G: Controlliamo se Davide aveva ragione
Ins: Lo possiamo zoom mare.
Sulla parete viene visualizzato il seguente grafico
Davide: Prima è positiva, poi decresce, poi cresce. Nella seconda parte ….
Studenti: commenti vari
Ins: Qualitativamente ci sono più oscillazioni perché lei si è mossa … però è simile a
quello che avete fatto voi
Davide G: E’ completamente sbagliato!
Ins: No! Non è sbagliato!
Angela: E’ giusto! Basta che unisci
Davide D: E’ giusto! E’ giusto!
Davide G: E certo, se li uniamo! … se li uniamo! … se non li uniamo è sbagliato!
Ins: Se togliamo la connessione dei punti viene così
IL GRAFICO VELOCITA’-POSIZIONE E’ UNA FUNZIONE?
Funzioni lineari e quadratiche con il sensore di posizione
Fasi:
9.
Previsione e studio del grafico del moto rettilineo uniforme. Studio della
sua rappresentazione analitica. Relazione tra il grafico posizione-tempo e il grafico
velocità tempo. Equazione canonica della retta e del moto rettilineo uniforme.
10.
Passaggio dalla rappresentazione tabulare della funzione lineare a quella
grafica e analitica, e viceversa, mediante il foglio di calcolo Excel.
11.
Risoluzione di esercizi applicati alla cinematica e all’economia
utilizzando le rappresentazioni della funzione lineare ed Excel.
12.
Previsione e studio del grafico del moto rettilineo uniformemente
accelerato. Studio della sua rappresentazione analitica. Relazione tra il grafico
posizione-tempo, grafico velocità tempo e grafico accelerazione-tempo. Equazione
canonica della parabola e del moto rettilineo uniformemente accelerato.
13.
Passaggio dalla rappresentazione tabulare della funzione quadratica a
quella grafica e analitica, e viceversa, mediante il foglio di calcolo Excel.
14.
Risoluzione di esercizi applicati alla cinematica e all’economia
utilizzando le rappresentazioni della funzione lineare ed Excel.
15.
Studio del volume del cilindro in dipendenza lineare dall’altezza e
quadratica dal raggio. Viene studiato il volume di un cilindro ottenuto arrotolando
un foglio di carta, prima su un lato e poi su l’altro.
16.
Formalizzazione teorica del concetto di funzione ed esempi
2,5 ore
Strumenti:
-
Computer
-
Video Proiettore e Power Point
-
Sensore di posizione
-
Software Logger Pro
-
Un carrello a basso attrito
-
Un piano sul quale fare scorrere il carrello
-
Dei libri per variare l’angolo di inclinazione del piano
-
Lavagna
Risultati ottenuti:
Gli studenti si sono mostrati interessati e coinvolti alle attività proposte. Gli
strumenti e la metodologia utilizzati hanno permesso a coloro i quali non conoscevano
gli argomenti proposti, di approcciarsi ad essi senza difficoltà e a chi li aveva già
trattati, di consolidarli e osservarli da un altro punto di vista. Si sono ottenuti buoni
risultati sia in ambito matematico che fisico. Gli studenti sono rimasti piacevolmente
sorpresi dalle applicazioni delle funzioni in campo economico. Alcuni di loro
conoscevano la definizione formale del concetto di funzione, altri hanno saputo
mostrare alcuni esempi insiemistici o analitici
Descrizione dell’attività
Per studiare un moto rettilineo che possa essere considerato uniforme, in cui le
oscillazioni siano trascurabili, facciamo uso di un carrello a basso attrito e di una
guida sulla quale fare scorrere il carrello.
Facciamo la previsione e lo studio del grafico del moto rettilineo uniforme.
Fittiamo i dati, ovvero, dividiamo il grafico in tre tratti (corpo fermo, allontanamento e
avvicinamento)
e
cerchiamo,
tra
i
grafici
standard,
quello
che
meglio
approssimativamente somiglia al tratto di grafico che rappresenta il moto del carrello.
Si osserva che ciascun tratto corrisponde ad un tratto di retta. Per disegnate tali rette ci
serviamo della funzione “Curve Fit”
Si seleziona la parte di grafico che si vuole fittare
Dal menu “Analyse” si sceglie lo comando “Curve Fit”
Viene visualizzata la seguente schermata
Formalizzazione:
Si spiega, facendo uso della lavagna, che in matematica il grafico di una retta su un
piano cartesiano in cui vi sia la variabile indipendente x sull’asse delle ascisse e la
variabile dipendente y sull’asse delle ordinate, corrisponde ad un’equazione del tipo
y=mx+q. m e q sono costanti che possono assumere un qualsiasi valore nei numeri
reali, m è detto coefficiente angolare e indica la pendenza della retta, q è detto
intercetta ed esprime l’ordinata del punto in cui la retta interseca l’asse y, ovvero, il
valore di y ottenuto per x=0.
Nel caso di grafici posizione-tempo, in cui il tempo è la variabile indipendente e la
posizione è la variabile dipendente dal tempo, il tempo lo possiamo indicare con la
lettera t e la posizione con la lettera s (che indica la grandezza “spazio”), allora
l’equazione diventa s=mt+q. Dagli esperimenti precedenti si è visto che la pendenza
della retta dipendeva dalla velocità: il significato fisico di m è proprio la velocità. q
rappresenta il valore di s ottenuto per t=0, che possiamo indicare con s0. Allora, nel
caso di grafici di rette nel piano posizione-tempo, l’equazione corrispondente è del
tipo: s=vt+ s0. Questa è dunque l’equazione oraria dei moti rettilinei uniformi.
Dallo schermo si sceglie dunque “mt+b Linear”. Si fa notare che la simbologia
utilizzata dal Logger Pro non è quella standard, ma che la struttura algebrica è la
stessa.
Sullo schermo viene visualizzato il seguente grafico:
Si ripete la stessa procedura per il tratto di avvicinamento:
Relazione tra il grafico posizione-tempo e il grafico velocità tempo: dove la posizione è
costante la velocità è nulla; dove la posizione cresce la velocità è positiva quasi
costante; dove la posizione decresce la velocità è negativa quasi costante.
Si mostra come anche Excel può essere utilizzato come strumento per fittare dati.
L’insegnante copia alcuni dati tempo-posizione dalla tabella in Logger Pro e li incolla
in un foglio di Excel. I valori dello spazio presentano 5 cifre decimali.
I dati vengono riportati su un grafico “Dispersione”. Vengono selezionate le celle
contenenti i valori del tempo e dello spazio. Dal menu “Inserisci” viene selezionato lo
comando “Grafico”.
Viene scelto il tipo standard “Dispers. (XY)” e tra le cinque tipologie viene selezionato
il “Grafico a dispersione – confronta coppie di valori”.
Cliccando tre volte “avanti” e poi “fine” viene visualizzato il seguente grafico:
Cliccando 2 volte sugli assi si apre una finestra nella quale si può scegliere il valore
minimo e massimo della scala. Attribuendo a tali valori i massimi e i minimi dei dati si
ottiene:
Dal menu “Grafico” si sceglie lo comando “aggiungi linea di tendenza”
Si sceglie il tipo “Lineare” e l’opzione “visualizza l’equazione sul grafico”
Viene visualizzato il seguente grafico, comprensivo di linea di tendenza ed equazione:
Viene chiesto agli studenti di svolgere lo stesso esercizio sui propri computer. A
differenza dell’insegnante essi non potranno copiare i dati dal file Logger Pro ed
incollarli su un foglio Excel. Di conseguenza gli studenti dovrebbero ricopiare
manualmente i dati. L’insegnante, per introdurre l’utilizzo delle funzioni nel foglio di
calcolo, suggerisce di scrivere i valori del tempo come “cella precedente + 0,05”:
Si può procedere con il copia/ incolla, selezionando la casella A3, cliccando sulla croce
posta nell’angolo inferiore destro della cornice di selezione e, tenendo premuto il
pulsante sinistro, trascinando il mouse verso il basso. Invece i valori dello spazio
dovranno essere ricopiati manualmente, arrotondando i valori a due cifre decimali. Di
conseguenza, tracciando il grafico si sono accorti che il grafico ottenuto si discostava
maggiormente da una retta, rispetto al grafico in Logger Pro. Si è fatto notare che
l’errore era dovuto all’arrotondamento
Adesso si propone, assegnata l’equazione
s = 2t + 5
t ∈ [0,5] ,
di produrre il corrispondente grafico su Excel.
Gli studenti non hanno chiaro come procedere, così l’insegnante li guida nello
svolgimento dell’esercizio.
Protocollo:
Ins: s uguale 2 t più 5. Come avete assegnato il valore nella cella?
Rosaria: Abbiamo moltiplicato.
Ins: Avete fatto …
Rosaria: 2 per …
Ins: zero
Rosaria: zero
Ins/Rosaria: più 5
Ins: Esattamente dobbiamo scrivere questo. Due … Uguale a due per …
Davide G: … per A4
Ins: A4 … per fare A4 posso anche cliccare sopra A4,
Davide G: 2 per A4
Ins: … più 5. Va bene? Poi selezioniamo la casella, andiamo in basso a destra e tenendo
il tasto sinistro premuto trasciniamo
Espressioni di contentezza
Angela: Geniale!
Ins: se provate a cliccare su una casella qualsiasi di questa colonna … provate a cliccare
su una casella!
Studenti: Spunta ….
Ins: Spunta, sulla barra delle funzioni …
Martina: La formula!
Ins: … spunta la formula riferita alla casella accanto. Quindi in automatico che fa?
Le ragazze in fondo all’aula non hanno seguito bene. L’insegnante le aiuta a svolgere
l’esercizio.
I dati vengono riportati su un grafico “Dispersione (XY), come nell’esercizio
precedente. Esso viene visualizzato in ciascun computer.
L’insegnante focalizza l’attenzione sul fatto che nel primo esercizio, partendo dalla
tabella dei dati è stato ricavato il grafico e poi l’equazione del fit lineare. Nel secondo
esercizio, partendo dall’equazione della retta sono stati ricavati alcuni valori del tempo
e dello spazio corrispondenti ed è stato tracciato il grafico. Quindi sono state studiate
diverse rappresentazioni semiotiche della funzione lineare, secondo percorsi differenti.
Viene proposto di risolvere il seguente problema, che faceva parte del pre-test.
Protocollo:
Studente: Cosa dobbiamo fare?
Martina: Dobbiamo fare due diverse linee e vedere il punto in cui si incontrano
…
Ins: Da cosa capiamo che i moti sono descritti da due rette?
Marco: questa è una costante
Ins: perché la velocità è costante. Perfetto! … Vediamo come possiamo procedere.
Come procedete?
Marco: facciamolo qua! (indica il PC)
Ins: Fatelo con Excel. Vediamo se ci riuscite. Foglio nuovo
…
Gli studenti lavorano ai computer, a coppia o singolarmente. L’insegnante passa tra i
banchi e intervista gli studenti per far spiegare loro il procedimento utilizzato
MARCO E FRANCESCO:
Ins: Che state facendo? (rivolgendosi a Marco e Francesco)
Marco: Che stiamo facendo (Rivolgendosi a Francesco)
Sullo schermo
Ins: Cosa hai scritto là? y uguale 30 chilometro orari …
Studenti: v! v! v!
Marco: velocità
Ins: ah, v uguale 30 chilometro orari, v 80 chilometro orari. E poi?
Marco: Quindi qua c’è il tempo e lo spazio, no!? (indica con una matita i valori sullo
schermo)
Ins: Sì
Marco: Parte dall’istante zero, parte, la prima, Anna. In ogni istante di tempo la velocità
che ha percorso, alla velocità costante di 30 kilometro orari
Ins: Va bene
Marco: Stavo riflettendo su questo
Ins: Che valori avete trovato del tempo
Marco: Il tempo abbiamo fatto ogni 5 minuti. Quindi Marco partirà da questo istante
(indica “30”)
Ins: Quindi state lavorando in minuti?
Francesco: Quindi la velocità dobbiamo convertirla.
Marco: Dobbiamo convertire la velocità da chilometri orari a metri al se….condo (n
realtà la conversione andrebbe fatta in m/min oppure in km/min)
Ins: Vi conviene?
Marco: No! Quindi lavoriamo in ore?
Francesco: No!
Ins: Lavorate in ore, neanche per fare pure la conversione
Francesco: E quindi non lavoriamo in istanti di minuti. Come lavoriamo? (“istante”
assume l’accezione di “valore temporale”) cercare sul vocabolario
Marco: 0,5
Ins: Va bene! 0,5
ROSARIA E DAVIDE GU.:
Ins: Voi che avete fatto? (Rivolgendosi a Rosaria e Davide Gu.)
Davide Gu: Ancora niente
Ins: Come niente? Qualcosa l’avete fatta
Davide Gu: Abbiamo fatto un grafico e stiamo tentando di sovrapporgli l’altro
Rosaria: Però non riusciamo a sovrapporre
Davide Gu: Aspetta, fammi provare. Dammi il mouse…. Lasciami il mouse 2 secondi
…
ANGELA E MARTINA:
Ins: Mi fate capire cosa avete fatto? (Angela e Martina)
Angela: Abbiamo scritto le equazioni del moto di Anna e di Marco. Poi …
Ins: E come le avete scritte?
Angela: Lo spazio è uguale la velocità per il tempo. Il tempo è uguale a tempo finale
meno tempo iniziale. (conoscenze acquisite precedentemente) Il tempo iniziale per
Anna è zero, per Marco è mezz’ora dopo, quindi 0,5. Poi abbiamo trovato i valori del
tempo e dello spazio, prima per Anna e poi per Marco. E poi abbiamo fatto i grafici, li
abbiamo sovrapposti e vediamo i punti di intersezione.
Ins: Aspetta, mi fai vedere le equazioni dove le hai scritte?
Prima le ho scritte qua (indicando con il cursore le caselle B1 e B2, sono scritte a
lettere) le potevo scrivere qua (sopra la tabella dei dati di Anna) in effetti.
Angela copia e incolla l’equazione descrittiva del moto di Anna sopra la tabella dei
valori numerici di Anna. Lo stesso fa per l’equazione del moto di Marco.
Ins: Va bene! Ok! Perfetto! Grazie!
DAVIDE G.:
Ins: Tu hai scritto là 0,5 – 0 – 1 - 80. (Legge i valori
scritti nella tabella riferita a Marco)
t
s
0,5 0
1
80
Ins: Che significa?
Davide G: No! Che in mezz’ora l’ha fatto! Giusto!
Che in mezz’ora ha fatto 80 chilometri
Ins: E la velocità quant’era? Quanto avevo dato io?
Davide G: 80 chilometri orari
Ins: O-ra-ri! Invece tu hai scritto là …
Davide G: ottanta … sì, in poche parole risulta che
in mezz’ora ha fatto 80 chilometri, quindi 160
chilometri orari
Ins: E quindi non va bene
Davide G: Quindi, aspetti un attimo …
Davide sostituisce il valore “40” al valore “80”
precedentemente scritto. Anche se l’immagine di
fianco non risulta chiara, si capisce che il valore
attribuito allo spazio è un valore numerico e non
una formula
Davide G: Quindi che si fa?! Si sostituisce alla formula (quale formula?) i valori del
tempo e dello spazio… e facciamo il grafico, con inserisci grafico. Facciamo lo stesso
con i dati del secondo corpo. Destro, seleziona dati, aggiungi …
Ins: Va bene. Che soluzione ti è
venuta? … Qual è la soluzione
del problema?
Davide G. Punta con il cursore
nel punto di intersezione
Davide G: Che all’istante 0,8 …
Ins: N0! Come 0,8? Te lo dice là esattamente
Davide G: 1 punto 4?
Ins: mm … in effetti …. Sì, graficamente …
Davide G: Cioè ad una unità e mezza? Questo intende?
Ins: serie 1 Punto “1” (legge l’etichetta)
ELIMINARE
Ins: Mi sapresti commentare questo grafico? La linea blu corrisponde alla ragazza?
Davide G: Sì. Alla ragazza
Ins: Leggendo il grafico cosa…
Davide G: Leggendo il grafico possiamo notare che in un’ora si sposta di 30 chilometri
dall’origine, in due ore di 60. Quindi la velocità è di 30 chilometri orari. Mentre la linea
rossa è Marco che dal grafico vediamo che parte mezz’ora dopo la partenza della
ragazza (indica con il cursore il punto di spazio zero) e vediamo che ha una velocità
maggiore rispetto a quella della ragazza, infatti in mezzora riesce a fare 40 chilometri,
quindi 80 chilometri orari
…
Francesco: Una cosa è
capitata
Marco: Dobbiamo
ridurre l’unità
principale, in modo
che viene più visibile
il punto d’incontro
Ins: Perfetto!
…
Ins: La maggior parte di voi è partita dai dati, cioè dai dati avete ricavato alcuni valori
tempo-spazio e da questi valori avete ricavato il grafico. Qualcuno di voi, invece, è
partito dall’equazione? Appena avete visto i dati, qualcuno ha pensato all’equazione,
come si poteva scrivere?
Angela e Martina: Noi l’abbiamo scritta. s uguale 30 per t ( s = 30t ), per Anna …
Francesco: Noi pure! Sì! Sì! Noi pure così abbiamo fatto
Ins: Voi l’avete scritta. Me le date le due equazioni?
Angela: quella di Anna: s uguale 30 per t ( s = 30t ). E per Marco s uguale 80 che
moltiplica t meno zero virgola 5 ( s = 80(t − 0,5)
Ins: L’avete fatta tutti così?
Studenti: Sì! Sì!
Davide G: Io non l’ho fatto così
Ins: Quindi potevamo arrivare in due modi alla soluzione
Antonella: Ma loro, i dati dall’equazione li hanno ricavati perché avevano soltanto …
Marco: Infatti!
Ins: No! C’è stato per esempio Davide che l’equazione non se l’è scritta proprio.
Direttamente ha guardando i dati ha … ha elaborato i dati e ha scritto la tabella
Successivamente si discute sui valori numerici della soluzione e la difficoltà di
determinare tale soluzione graficamente. Si rende perciò necessario, come suggeriva
Marco, modificare l’unità degli assi. Per fare ciò, cliccando due volte sull’asse si apre
la finestra “Formato asse”. Nel menù “Scala” si può definire l’unità principale e
l’unità secondaria per ciascun asse.
In definitiva, la soluzione è la seguente:
Anziché proporre subito il piano inclinato si può fare la previsione del grafico di un
oggetto che cade. “E’ sempre un moto rettilineo ma verticale” Si passa al piano
inclinato per osservare la caduta a rallentatore, come fece Galileo.
09.49
Sul banco è stata posizionata una guida metallica sulla quale si può fare scorrere un
carrello. A differenza dell’esperimento precedente, sotto un’estremità della guida sono
stati posizionati dei libri per dare una certa pendenza alla guida.
Ins: Se spingo il carrello, che tipo di grafico ci aspettiamo?
Marco: Crescente!
Martina: Una retta crescente (Martina
mima una retta crescente con la mano)
Ins: Una retta crescente!
Marco/Francesco: Sì!
Ins: Tutti d’accordo?
Studenti: Sì (poco convinti)
Ins: Va bene, ora vediamo (si prepara per
cominciare l’esperimento)
Martina: Perché?
Gli studenti mostrano segni di incertezza
Ins: Vediamo! Vediamo!
Davide G: C’è pendenza! C’è pendenza?
Ins: Sì! C’è pendenza
Marco: E quindi cresce poco, poco, poco!
Davide G: Dovrebbe essere …
Angela: Si sta allontanando
Rosaria: È un moto uniformemente accelerato
Ins: È un moto uniformemente accelerato e quindi …
Studenti: È una curva
Angela: Ah, vero!
Ins: Che curva?
Studenti: Parabola
Davide G: Ramo di parabola (gesticola mimando una parabola)
Martina: Cosa vuol dire?
Francesco: Aumenta sempre
Il
Siamo pronti? 1, 2, 3, via!
Aumentiamo la pendenza
Cosa viene fuori, visto che abbiamo aumentato la pendenza?
Una parabola, rispetto a quella di prima, come?
Davide G: Più vicina all’asse delle x
Pronti? Via!
Sullo schermo viene visualizzato il seguente grafico:
Ins: E’ da guardare soltanto il tratto in cui scende. Quello in cui sale è un po’
impasticciato perchè io lo spinto. Guardiamo solo il tratto di discesa
Abbiamo capito che è un ramo di parabola. Allora l’equazione che la rappresenta di che
tipo è?
Davide: Di secondo grado
Vengono discusse le curve di ogni grafico: spazio-tempo, velocità- tempo e
accelerazione-tempo. Dal fit dai dati viene visualizzato il seguente grafico:
Il problema del cilindro
Agli studenti viene sottoposto il seguente quesito:
Due amici, Carlo e Luca, preso un foglio rettangolare, provano a chiuderlo su se stesso
formando un cilindro. Carlo sostiene che se si arrotola il foglio, una volta lungo una
dimensione e una volta lungo l’altra dimensione (come nel disegno), il volume dei due
cilindri sarà differente; mentre Luca sostiene che saranno uguali. Con quali argomenti li
aiuteresti a risolvere la loro discordia?
Le strategie di risoluzione proposte sono state 3:
1. Riempiamo i due cilindri con delle palline e vediamo quale dei due ne
contiene di più (metodo empirico);
2. Assegniamo ai due lati del rettangolo dei valori arbitrari e calcoliamo il
volume nei due casi (metodo numerico);
3. dimostriamo algebricamente (metodo algebrico).
Di questi tre metodi il secondo e il terzo sono stati effettivamente applicati. Entrambi
hanno portato alla risoluzione del problema. E’ risultata interessante l’argomentazione
delle tre strategie.
Questo problema porta a comprendere la differenza tra dipendenza lineare e quadratica
Legge di Boyle
Come modellizzazione di due grandezze inversamente proporzionali viene
proposto lo studio della legge di Boyle, mediante il sensore di pressione.
Il grafico ottenuto da questo studio è il seguente:
CAPITOLO 5
Analisi dei test
In questo capitolo vengono presentate le analisi dei test somministrati durante le
varie sperimentazioni, suddivisi in due gruppi, relativi alle due fasi sperimentali. Per
ciascun item verranno presentati i comportamenti degli studenti, connessi alle
competenze che si volevano analizzare. Ad ogni comportamento è stato assegnato un
codice identificativo, lo stesso si è fatto per ogni studente, al fine di compilare una
tabella a doppia entrata in un foglio Excel che permettesse di analizzare i dati mediante
il software di analisi statistica Chic. Queste tabelle erano costituite da valori “1” oppure
“0”, a seconda che lo studente corrispondente seguisse il comportamento
corrispondente, o meno. Nelle varie analisi, a seconda della prospettiva di indagine, le
variabili considerate erano i comportamenti o gli studenti. Talvolta, alle variabili di tipo
studente sono state aggiunte variabili supplementari, che rappresentavano modelli di
comportamento degli studenti, al fine di osservare la similarità dei comportamenti degli
studenti rispetto a tali modelli. Le variabili sono state analizzate mediante alberi di
similarità, grafi implicativi e alberi coesivi, per i quali richiami teorici si rimanda al
capitolo sul quadro teorico adottato.
Di seguito vengono riportati gli items dei test, in ordine cronologico di
somministrazione, ai quali si affianca: una loro descrizione, la connessione con le
competenze che si volevano investigare, le sperimentazioni nelle quali sono stati
somministrati, la motivazione della scelta e l’analisi dei comportamenti degli studenti.
Analisi test, prima fase sperimentale
Item 1: Lettura e scrittura di punti sul piano cartesiano
1. Scrivi accanto a ciascuna lettera le
coordinate del punto sul piano cartesiano:
A
B
10
E
9
8
7
6
C
D
E
D
5
A
4
C
3
2
1
B
0
0
2. Scrivi accanto a ciascuna lettera le
coordinate del punto sul piano cartesiano:
2
3
4
5
6
7
8
9
10
10
9
A
8
B
7
C
6
D
1
C
D
5
4
E
3
B
2
1
A
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
3. Sul piano cartesiano qui a fianco trova
10
e unisci i seguenti punti:
9
A(0,5)
8
B(2,3)
7
C(5,8)
6
D(7,6)
5
4
E(10,1)
3
Come si chiama l’elemento
geometrico che unisce due punti?
_________________________________
2
1
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
DESCRIZIONE
Lettura di coordinate di punti su un piano cartesiano,
con griglia e senza griglia. Date le coordinate di punti,
scrittura di punti su un piano cartesiano.
COMPETENZE
GENERALI CORRELATE
C2. Comprendere la corrispondenza tra valori della
variabile indipendente e della variabile dipendente
C6: Comprendere e produrre la rappresentazione grafica
di una funzione
SPERIMENTAZIONE
n.1, 5° classe S. Primaria, 25/05/07, pre-test
MOTIVAZIONE DELLA
SCELTA
Verificare l’acquisizione di prerequisiti per lo
svolgimento dell’attività che si voleva proporre, relativi
alla lettura e scrittura di punti sul piano cartesiano.
ANALISI COMPORTAMENTI: ITEM 1
Competenze
specifiche
Comportamenti
C2/6.1:
Leggere/disegnare
le coordinate dei
punti del grafico
G251
Legge correttamente le coordinate dei punti dal grafico
con griglia
G2
Scrive correttamente le coordinate dei punti dal grafico
senza griglia
25
La lettera “G”, utilizzata per nominare queste variabili, è stata scelta perché iniziale della parola
“grafico”. Con il colore verde vengono indicate le variabili che rappresentano comportamenti corretti, con
il colore rosso vengono indicate variabili che rappresentano comportamenti non corretti.
G3
Sul grafico senza griglia, non legge una coordinata
facendo corrispondere il valore corretto, ma uno ad esso
vicino
G4
Sul grafico senza griglia, scambia l’ascissa e l’ordinata,
G5
Sul grafico senza griglia, legge solo una coordinata
G6
Disegna correttamente i punti sul grafico senza griglia
G7
Sul grafico senza griglia, disegna i punti non facendo
corrispondere esattamente le ascisse e le ordinate, ma
valori ad essi vicini
G8
Sul grafico senza griglia, scambia l’ascissa e l’ordinata
G9
Disegna il punto di ascissa nulla discostato dall’asse delle
ordinate
ITEM 1
5° PRIMARIA
PRE-TEST
16
FREQUENZE
14
12
10
8
6
4
2
0
G1
G2
G3
G4
G5
G6
G7
G8
G9
COMPORTAMENTI
Le frequenze dei comportamenti mostrano che tutti gli studenti hanno letto
correttamente le coordinate dei punti disegnati sul grafico con griglia. Qualche difficoltà
si è manifestata nel grafico senza griglia, anche se tutti hanno letto correttamente le
coordinate di almeno un punto. Lo stesso risultato è stato ottenuto nell’esercizio in cui
era richiesto di disegnare punti di coordinate note su un piano cartesiano. I risultati
ottenuti lasciano concludere che gli studenti possedevano già le competenze analizzate,
questo giustifica la scelta di non somministrare questo item, o uno analogo, nel posttest. Inoltre, poiché le maggiori difficoltà sono state riscontrate nella scrittura dei punti
sul piano, questa competenza in uscita è stata valutata dal seguente item, presente anche
nel pre-test.
Item 2: Scrittura di punti sul piano cartesiano giorni - temperature
Matteo si è ammalato e sua madre
42
41
ogni giorno gli misura la
40
temperatura:
39
Il primo giorno è 39°C
38
37
35
sabato
domenica
Il quinto giorno è 36,5°C
venerdì
Il quarto giorno è 37 C
giovedì
°
mercoledì
34
lunedì
Il terzo giorno è 38,5°C
36
martedì
Il secondo giorno è 40°C
Segna con un punto sul grafico
a fianco per ogni giorno il
valore della temperatura
Hai mai visto grafici di questo tipo? Se sì, dove?
_______________________________________________________________
DESCRIZIONE
Scrittura di punti su un piano cartesiano, in contesto reale
COMPETENZE
C2. Comprendere la corrispondenza tra valori della
GENERALI CORRELATE
variabile indipendente e della variabile dipendente
C6: Comprendere e produrre la rappresentazione grafica
di una funzione
C13: Modellizzare fenomeni realistici mediante l’utilizzo
di funzioni matematiche
C14:
Interpretare
modellizzazioni
matematiche
fenomeni reali
SPERIMENTAZIONE
n.1, 5° classe S. Primaria, 25/05/07 pre-test, 01/06/07
post-test
di
n.3, 4° classe S. Primaria, 15/03/08 pre-test, 17/04/08,
post-test
MOTIVAZIONE DELLA
Verificare capacità di scrittura di punti sul piano
SCELTA
cartesiano con variabili contestualizzate nella vita reale,
al fine di evidenziare eventuali risorse cognitive
provenienti dalla vita di tutti i giorni.
ANALISI COMPORTAMENTI: ITEM 2
Competenze
specifiche
Comportamenti
C2/6.1:
T261 Segna i punti correttamente
Leggere/disegnare
Disegna i punti non facendo corrispondere esattamente le
T2
le coordinate dei
ascisse e le ordinate, ma valori ad essi vicini
punti del grafico
C13:
T3
Modellizzare
fenomeni
T4
realistici mediante
l’utilizzo di
funzioni
matematiche
26
Scambia l’ascissa e l’ordinata
Scrive i valori delle ordinate sull’asse delle ascisse, in
corrispondenza delle relative ascisse, o viceversa
La lettera “T”, utilizzata per nominare queste variabili, è stata scelta perché iniziale della parola
“temperatura”.
T5
Mette in relazione l’ascissa con l’ordinata disegnando una
linea di giunzione tra l’ordinata nel testo e l’ascissa nel
grafico o tra ascissa e ordinata del grafico
T6
Segna l’ordinata come altezza dell’ascissa
C14: Riconoscere T7
ed
interpretare
modellizzazioni
matematiche
di
fenomeni reali
T8
Risponde in modo affermativo e fa riferimento all’ambito
scolastico (a scuola, nei libri, nel libro di scienze, quando li
ha spiegati la maestra, se una popolazione aumenta o
diminuisce)
Risponde in modo affermativo e fa riferimento all’ambito
extra-scolastico (a casa, in televisione, al TG, nella borsa che
fanno vedere al TG, nel bilancio di mio padre)
Risponde in modo negativo
T9
ITEM 2
5°PRIMARIA
POST-TEST
ITEM 2
5° PRIMARIA
PRE-TEST
16
14
FREQUENZE
16
FREQUENZE
14
12
10
8
6
4
12
10
8
6
4
2
0
2
0
T1
T2
T3
T4
T5
T6
T7
COMPORTAMENTI
T8
T9
T1
T2
T3
T4
T5
T6
COMPORTAMENTI
I risultati della 5° classe primaria hanno confermato quelli del primo item, con
l’informazione aggiuntiva che 12/16 alunni hanno riconosciuto di aver incontrato nel
proprio vissuto altri grafici cartesiani.
ITEM 2
4° PRIMARIA
POST-TEST
ITEM 2
4°PRIMARIA
PRE-TEST
12
FREQUENZE
12
10
10
8
8
6
6
4
4
2
2
0
T1
T2
T3
T4
T5
T6
T7
T8
T9
0
T1
COMPORTAMENTI
T2
T3
T4
T5
T6
C OM P OR TA M EN T I
Per quanto riguarda la 4° classe Primaria, nel pre-test sono emerse nette
difficoltà nel comprendere il significato di “corrispondenza cartesiana” e nell’utilizzo di
questo artefatto, con conseguente iniziativa di utilizzare lo stesso artefatto in modo non
standard. Nel post-test, oltre al miglioramento registrato in tutti gli studenti, due studenti
hanno rappresentato l’ordinata come “altezza” dell’ascissa, analogamente alle
rappresentazioni di Oresme mediante latitudini e forme.
Item 3: Comprensione di un grafico cartesiano discreto giorni –euro
Il padre di Sara ha deciso di regalare alla figlia 5 euro ogni volta che prende un buon
voto a scuola. Lei può scegliere se spendere o conservare il proprio denaro. Riceve gli
euro la sera e questa è la sua sola fonte di denaro.
Il grafico mostra l’andamento del denaro posseduto da Sara in una settimana. Osservalo
e rispondi alle domande:
a) Quanti euro possedeva Sara il 4° giorno?
a bis) Quanti euro possedeva Sara il 7° giorno?
b) In quali giorni Sara ha sicuramente preso un buon voto?
c) Sapendo che Sara nel 2° giorno non ha preso un buon voto, in quel giorno quanti euro
ha speso?
d) Potrebbe aver preso un buon voto il 6° giorno? (motiva la risposta)
e) In quale giorno Sara possiede più euro?
f) In quale giorno possiede meno euro?
g) In quale giorno Sara possiede gli stessi euro del giorno precedente?
h) In quale giorno si ha maggiore incremento di euro rispetto al giorno precedente?
i) In quanti giorni Sara registra gli euro che possiede?
DESCRIZIONE
Comprensione di un grafico cartesiano discreto, in contesto
reale.
COMPETENZE
GENERALI
CORRELATE
C1: Individuare il dominio e il codominio di una funzione
C2. Comprendere la corrispondenza tra valori della
variabile indipendente e della variabile dipendente
C3. Comprendere e comparare la corrispondenza tra
intervalli della variabile dipendente e indipendente
C6: Comprendere e produrre la rappresentazione grafica di
una funzione
C14: Interpretare modellizzazioni matematiche di fenomeni
reali
SPERIMENTAZIONE
n.1, 5° classe S. Primaria, 25/05/07 pre-test, 01/06/07, posttest
n.2, 4° classe Liceo Classico, 11/12/07 pre-test, 19/12/07,
post-test
n.3, 4° classe S. Primaria, 15/03/08 pre-test, 17/04/08 posttes
n.4, 2° classe Istituto Tecnico Commerciale, 09/04/08 pretest, 28/04/08 post-test
MOTIVAZIONE
DELLA SCELTA
Il grafico è contestualizzato in una situazione propria della
vita reale e le domande non sono espresse in linguaggio
matematico o riferite esplicitamente ad oggetti matematici,
bensì espresse in linguaggio proprio della vita quotidiana.
Questo è stato fatto al fine di verificare il possesso di
competenze specifiche sulla comprensione di un grafico
cartesiano in contesto reale, acquisite durante attività sullo
studio di grafici cartesiani di tipo spazio-tempo, mediante
l’utilizzo del sensore di posizione.
Questo item è stato inserito in tutti i test delle sperimentazioni effettuate durante
il lavoro di ricerca, anche se alcune domande riportate di sopra sono state inserite
gradualmente nei vari test per migliorare ed ampliare l’indagine di ricerca.
Di seguito si riportano tutte le variabili comportamentali emerse durante il
lavoro di ricerca; tuttavia, si fa presente che esse differiscono per nomenclatura dalle
variabili comportamentali riportate negli articoli allegati alla presente tesi. Nonostante
ciò, il lettore potrà prendere atto della similarità tra le varie analisi. Si precisa che la
nomenclatura riportata di seguito fa riferimento a quella adottata nella terza fase
sperimentale, nella quale tutte le variabili comportamentali sono state indicate con la
lettera “B”, iniziale di behavior (comportamento in lingua inglese), e numerate in
sequenza tra i vari items. Accanto alla descrizione del comportamento è riportata, tra
parentesi, la lettera della domanda a cui si fa riferimento e la risposta data dagli allievi.
ANALISI COMPORTAMENTI: ITEM 3
Competenze specifiche
Comportamenti
Lettura corretta del valore dell’ordinata in
B18 corrispondenza dell’ascissa (a: 9)
B19 Confusione tra ascissa e ordinata (a: 9 giorni)
Lettura del grafico come icona: a ciascun
giorno l’alunno fa corrispondere 1 euro,
rappresentato graficamente dal punto
B20 geometrico (a: 3)
C2/6.1: Leggere/disegnare le
coordinate dei punti del grafico
Nessuna lettura del grafico e libera
interpretazione dei dati del testo, moltiplicando
il numero dei giorni per 5 (euro), come se il
testo contenesse il dato “ogni giorno Sara
B21 prende un buon voto” (a: 20)
Nessuna lettura del grafico e libera
interpretazione dei dati del testo, attribuendo ad
ogni giorno 5 (euro), come se il testo
contenesse il dato “ogni giorno Sara prende un
B22 buon voto” (a:5)
Somma degli euro che Sara possedeva nei
primi quattro giorni. Interpretazione del grafico
B23 come denaro guadagnato e non posseduto
(a:26)
Individuazione corretta dei giorni
B24 corrispondenti ai massimi relativi (b: 1, 3, 5)
Confusione tra il concetto di massimo relativo
B25 e di massimo assoluto (b: 5)
Confusione tra il concetto di massimo relativo
B26 ed il concetto di costante (b: 1, 3, 4, 5)
Confusione tra il concetto di massimo relativo
B27 e di valore non nullo (b: tutti i giorni)
C3/6.4: Individuare massimi (e
minimi) relativi di una funzione
grafica
Confusione tra il concetto di massimo relativo
B28 e di non minimo assoluto (b: 1,3,4,5,6,7)
Confusione tra il concetto di massimo relativo
B29 e il di maggiore (b: 3,4,5 oppure 5,3,4,6)
Confusione tra il concetto di massimo relativo
B30 e di maggiore incremento (b: 3)
Confusione tra il concetto di massimo relativo
e maggiori valori tra i maggiori valori tra i
B31 massimi relativi (b: 3,5)
Individuazione corretta dei massimi relativi ma
B32 confusione tra ascissa e ordinata (b: 5,9,12)
Tra i massimi relativi esclude quello che
B33 rimane costante nel giorno successivo (b: 1,5)
C3/6.1: Leggere gli estremi e
l’ampiezza degli intervalli su
un grafico
C3/6.3: Individuare massimi (e
minimi) assoluti di una
funzione grafica
Individuazione corretta dell’ampiezza
B34 dell’intervallo (c: 2)
Confusione tra il concetto di intervallo e il
B35 concetto di valore della coordinata (c: 3)
Corretta identificazione del massimo assoluto
B36 (e: 5)
Confusione tra non massimo e decrescenza (e:
B37 1,2,3,4,5,7)
Interpretazione dei dati come “denaro
guadagnato da Sara” ed identificazione
dell’ultimo giorno come giorno in cui Sara
B38 possiede più denaro (e: 7)
Confusione tra valore massimo e costanza (e:
B39 3,4 oppure 4)
Confusione tra massimo assoluto e maggiore
B40 (e: 3, 4, 5)
Identificazione del massimo assoluto ma
B41 confusione tra ascissa e ordinata (e: 12)
Confusione tra “massimo assoluto” e “maggior
B42 incremento”
Corretta identificazione del minimo assoluto (f:
B43 2)
C3/6.3 Individuare (massimi e)
minimi assoluti di una funzione
grafica
B44 Confusione tra minimo e decrescenza (f: 6)
Confusione tra minimo assoluto e relativo (f: 1
B45 oppure 4 oppure 7)
C3/6.2: Distinguere tra
crescenza, decrescenza e
costanza di un grafico
Corretta identificazione del giorno in cui la
quantità di euro rimane costante rispetto al
B46 precedente (g: 4)
Corretta identificazione del giorno in cui si ha
maggiore incremento di denaro rispetto al
B47 giorno precedente (h: 3)
C3/6.5: Confrontare le
differenze dei gradi di rapidità
di crescita (e decrescita) dei
tratti di curva
Confusione tra il giorno in cui si ha maggiore
incremento di denaro e il massimo assoluto (h:
B48 5)
B49 Confusione tra crescenza e costanza (h: 4)
Confusione tra il giorno in cui si ha maggiore
incremento di denaro e i massimi relativi (h:
B50 3,5)
C1/6.1: Individuare il dominio
(e il codominio) di una
funzione grafica
Corretta identificazione del dominio (i: 7)
B51
Non è stata riportata l’analisi relativa alla domanda d, che inizialmente era stata
inserita per valutare la competenza di compiere inferenze sulla base di dati
sperimentali, successivamente non tenuta in considerazione poiché ritenuta non centrale
per il tema di indagine della presente tesi. Questo aspetto è stato analizzato in alcuni test
mediante la statistica implicativa.
IT EM 3
5° P R I M A R I A
PR E- T EST
16
14
12
10
8
6
4
2
0
B24
B25
B28
B26
B29
B34
B35
B34
B35
C OM P OR T A M E N T I
IT EM 3
5° P R I M A R I A
POST - T EST
16
14
12
10
8
6
4
2
0
B24
B25
B28
B26
B29
C OM P OR T A M E N T I
Per quanto riguarda la competenza di individuare i massimi relativi, dal pre-test
al post-test si osserva che il numero di studenti che posseggono questa competenza non
è variato (B24), ma gli studenti che non posseggono questa competenza sono diminuiti
(B25, B26, B28, B29). Risultati più significativi si evidenziano per quanto riguarda la
competenza sulla lettura sull’ampiezza degli intervalli (B34), acquisita da 12 allievi.
ITEM 3
4° LICEO CLASSICO
PRE-TEST
ITEM 3
4°LICEO CLASSICO
POST-TEST
12
12
10
FREQUENZE
FREQUENZE
10
8
6
4
2
8
6
4
2
0
0
B18
B24
B25
B26
B36
B47
B48
B49
B34
B18
COMPORTAMENTI
B24
B25
B26
B36
B47
B48
B49
B34
COMPORTAMENTI
L’analisi dei dati dei test dei 12 allievi della classe 4° del Liceo Classico che
hanno svolto sia il pre-test che il post-test mostra che prima dell’attività didattica tutti
gli allievi sapevano già individuare correttamente il massimo assoluto (B36) e leggere
l’ampiezza dell’intervallo (B34). L’attività ha avuto risvolti positivi sullo sviluppo delle
competenze legate all’individuazione dei massimi relativi (B24) e il confronto dei gradi
di rapidità di crescita dei tratti del grafico (B47).
FREQUENZE
ITEM 3
4°PRIMARIA
PRE-TEST
12
10
8
6
4
2
0
B18 B19 B20 B21 B22 B24 B25 B29 B27 B34 B35 B36 B37 B38 B39 B43 B44 B45 B47 B48 B49
COMPORTAMENTI
FREQUENZE
ITEM 3
4°PRIMARIA
POST-TEST
12
10
8
6
4
2
0
B18 B19 B20 B21 B22 B24 B25 B29 B27 B34 B35 B36 B37 B38 B39 B43 B44 B45 B47 B48 B49
COMPORTAMENTI
Rispetto alle altre classi e, soprattutto alla 5° Primaria, questa classe nel pre-test
ha mostrato di possedere competenze quasi nulle riguardanti la comprensione di grafici
cartesiani. Soltanto 3 alunni hanno letto correttamente la corrispondenza dell’ordinata in
corrispondenza dell’ascissa (B18), interpretando correttamente il significato delle
variabili rappresentate nel grafico. I restanti allievi hanno attribuito interpretazioni
personali alla corrispondenza cartesiana. Ad esempio, hanno letto il grafico come
un’icona, facendo corrispondere a ciascun giorno 1 euro, rappresentato graficamente dal
punto geometrico (B20). Altri, anziché ricavare i dati dal grafico, li hanno ricavati dal
testo, dando libera interpretazione al dato mancante e attribuendo a ciascun giorno 5
euro, come se il testo contenesse il dato “ogni giorno Sara prende un buon voto” (B22).
I risultati del post-test mostrano che tutti gli allievi hanno letto correttamente la
corrispondenza di ascissa e ordinata (B18). La competenza relativa all’individuazione
dei massimi relativi non è stata acquisita (B24), mentre è migliorata quella relativa
all’individuazione di massimi e minimi assoluti (B36 e B43) e la lettura dell’ampiezza
dell’intervallo (B34).
FREQUENZE
ITEM 3
2° ITC
PRE-TEST
16
14
12
10
8
6
4
2
0
B18 B24 B25 B28 B29 B33 B34 B35 B36 B42 B47 B48 B50
COMPORTAMENTI
FREQUENZE
ITEM 3
2° ITC
POST-TEST
16
14
12
10
8
6
4
2
0
B18
B24
B25
B28
B29
B33
B34
B35
COMPORTAMENTI
B36
B42
B47
B48
B50
Dall’analisi dei test dei 17 alunni della 2° classe di Istituto Tecnico Commerciale
è emerso che tutti, già prima dell’attività didattica, comprendevano la corrispondenza
cartesiana tra scissa e ordinata. Le competenze sull’individuazione dell’ampiezza degli
intervalli (B34) e sul confronto tra gradi di crescita (B47) sono leggermente migliorate.
Quasi la metà degli studenti ha migliorato la competenza di individuazione dei massimi
relativi (B24); mentre al di là di ogni aspettativa, non tutti gli studenti hanno individuato
il massimo assoluto, cosa che invece si era verificata nel pre-test. Si precisa che nel
post-test l’item era analogo a quello riportato sopra, ma non identico.
Analisi statistica implicativa dell’item n.3
Questo test, come si vede dall’articolo pubblicato all’ICME-11, è stato
analizzato, per le prime due sperimentazioni, anche mediante il software Chic di analisi
statistica implicativa e il metodo delle variabili supplementari (Spagnolo, 2005).
Per analizzare i risultati, per ogni pre-test o post-test di ogni classe è stata creata
una tabella a doppia entrata, nella quale la prima colonna era costituita dalla sigla del
comportamento degli allievi (ad esempio, B18, B24, B25, ecc…), nella prima riga
venivano riportate le sigle degli studenti (numerati in successione), del tipo Si, per
i=1,..,n, (ad esempio, S1, S2, S3, ecc…), che rappresentano le “variabili studente”.
Nella stessa riga delle variabili studente sono state aggiunte le variabili supplementari,
alle quali, in questo contesto, si è dato il significato di modelli di comportamento degli
studenti. Completando la tabella con valori booleani, 1 oppure 0, a seconda,
rispettivamente, se lo studente assumeva o meno il comportamento corrispondente, è
stata ricavata una griglia in cui le colonne rappresentavano proprio le componenti delle
variabili studente. Lo stesso si è fatto per le variabili supplementari, che sono state
aggiunte alle variabili studente allo scopo di analizzare la similarità le variabili studente
e i modelli di comportamento. Questo tipo di analisi viene fatta mediante alberi di
similarità prodotti dal software Chic, nei quali le variabili studenti e le variabili
supplementari si raggruppano per similarità e, dunque, tale grafico indica la similarità di
un certo studente rispetto al modello comportamentale con cui si è raggruppato.
I modelli di comportamento scelti sono stati tutti modelli che indicano
comportamenti positivi e sono stati scelti in base alle competenze che si mirava di
migliorare durante l’attività didattica. Pertanto, si è scelto di non inserire un modello
che evidenziasse la capacità di riconoscere la corrispondenza tra ascissa ed ordinata,
poiché in entrambe le classi prese in esame, come si è visto dall’analisi delle frequenze,
questa competenza era già posseduta dagli allievi in ingresso. Per la stessa ragione, per
la 4° classe di liceo classico sono stati omessi anche i modelli comportamentali
riguardanti l’individuazione del massimo assoluto e la lettura dell’ampiezza
dell’intervallo. Pertanto, le variabili supplementari scelte per le due classi sono le
seguenti:
Variabili supplementari
degli Studenti della 5° Primaria
B24
B25
B26
B28
B29
B34
B35
MaxR
1
0
0
0
0
0
0
Int MaxR-Int
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
1
1
0
0
Variabili supplementari
degli Studenti del 4° Liceo Classico
MaxR- Max- Grow- MaxR-GrowHp
Hp
MaxR Grow Hp Grow Hp
1
0
0
1
1
0
1
B24
0
0
0
0
0
0
0
B25
0
0
0
0
0
0
0
B26
1
1
1
1
1
1
1
B36
0
1
0
1
0
1
1
B47
0
0
0
0
0
0
0
B48
0
0
0
0
0
0
0
B49
0
0
1
0
1
1
1
H1
0
0
0
0
0
0
0
H2
0
0
0
0
0
0
0
H3
I comportamenti H1, H2, e H3 sono relativi alla domanda d. dell’item, la cui
analisi, come si è detto sopra, è stata effettuata soltanto nelle sperimentazioni iniziali
perché non centrale rispetto al tema di ricerca della presente tesi. Qui si riporta per
completezza la descrizione di queste variabili:
H1: Risposta affermativa alla domanda d, giustificata dall’affermazione “le
avrebbe potuto spendere il denaro guadagnato”: corretta formulazione di
ipotesi sulla base di dati sperimentali
H2: Risposta negativa alla domanda d, giustificata dall’affermazione “lei
spende 4 euro” or “altrimenti dovrebbe possedere 13 euro”: errata
formulazione di ipotesi sulla base di dati sperimentali
H3: Risposta affermativa alla domanda d, giustificata dall’affermazione
“poiché il sesto giorno guadagna 8 euro”: lettura errata del grafico
La nomenclatura delle variabili supplementari, che si ricorda essere modelli di
comportamento degli studenti, è stata scelta ad hoc per sintetizzare la competenza
posseduta dal medesimo modello. Ad esempio, nella tabella della 5° classe Primaria,
MaxR rappresenta il modello-studente che riconosce correttamente il massimo relativo
ma non sa individuare l’ampiezza dell’intervallo. Int è il complementare di MaxR, nel
senso che individua l’ampiezza dell’intervallo ma non il massimo relativo. MaxR- Int
rappresenta l’and di Max-R e Int, il modello che possiede l’unione delle loro
competenze. Analogamente il lettore può ricavare i significati delle variabili
supplementari della 4° classe di Liceo Classico, tenendo presente che Grow sta per
crescenza ed indica la competenza di individuare il maggior incremento; mentre, Hp sta
per ipotesi e si riferisce alla capacità di formulare ipotesi sulla base di dati sperimentali.
Le “variabili studente” e le “variabili supplementari” sono state analizzate
insieme in alberi di similarità mediante il software Chic. Ovviamente, un
miglioramento di competenze negli studenti sarà evidenziato con una loro maggiore
similarità nel post-test ai modelli comportamento, che ricordiamo essere positivi.
Gli alberi di similarità ottenuti per la 5° classe di Scuola Primaria sono i seguenti:
PRE-TEST
5° PRIMARIA
POST-TEST
5° PRIMARIA
4a
2
1
3
5
4b
6
Nell'albero di similarità del pre-test si osserva che le variabili sono divise in
quattro gruppi. Solamente il gruppo 4a è caratterizzato da una variabile supplementare,
MaxR; dunque, gli studenti che ne fanno parte hanno individuato correttamente i
massimi relativi. Gli studenti appartenenti ai gruppi 1, 2 e 3 non possiedono nessuna
delle due competenze analizzate. Nel grafico del post-test vi sono tre gruppi di variabili
simili, ognuno caratterizzato da una variabile supplementare: il gruppo 4b è analogo al
4a del pre-test ma più ampio; nel di gruppo 5 vi sono gli studenti che, essendo simili a
MaxR-Int, hanno individuato correttamente il massimo relativo e l'ampiezza degli
intervalli; il gruppo 6, contenente Int, è costituito dagli studenti che identificano
correttamente l'ampiezza dell'intervallo.
Quindi si può affermare che tutti gli studenti hanno evidenziato un
miglioramento nel possedimento delle competenze in esami, alcuni in una e altri in
entrambe.
PRE TEST – 4° PRIMARIA
In questo albero di similarità compaiono 5 gruppi di variabili, che possono essere così
descritti:
• Il gruppo 1, di cui fa parte soltanto lo studente S1, rappresenta gli studenti che
hanno letto correttamente le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il
massimo e il minimo assoluto;
• Il gruppo 2, di cui fanno parte gli studenti S1 ed S5, rappresenta gli studenti che
hanno letto correttamente coordinate cartesiane, il massimo e il minimo assoluto.
• Il gruppo 4, di cui fa parte lo studente S6, rappresenta gli studenti che hanno letto
correttamente il minimo assoluto;
• Il gruppo 5, di cui fa parte lo studente S11, rappresenta gli studenti che hanno letto
correttamente le coordinate cartesiane;
• Il gruppo 3, di cui fanno parte i restanti studenti, rappresenta gli studenti che non
posseggono alcune competenza nella lettura dei grafici.
Poiché la classe nella quale è stata effettuata l’attività didattica non aveva affrontato
precedentemente lo studio di grafici cartesiani, tale albero di similarità fornisce, in
parte, una risposta alla mia domanda di ricerca.
Di seguito riporto l’albero di similarità delle variabili studente per quanto riguarda il
primo esercizio del post-test, ottenuto dalla tabella in allegato n° 14.
ANALISI POST-TEST 4° PRIMARIA
In tale grafico sono evidenti 9 raggruppamenti di variabili simili:
•
Il gruppo 1, di cui fanno parte S1 e S8, è costituito dagli studenti che sono stati in
grado di leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo e
minimo assoluto;
•
Il gruppo 2, di cui fanno parte S2, s4 ed S5 e il gruppo 1, è costituito dagli studenti
che sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza
dell’intervallo, il massimo e minimo assoluto;
•
Il gruppo 3, di cui fa parte S9, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di
leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo e minimo
assoluto e la crescenza;
•
Il gruppo 3, di cui fa parte S9, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di
leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo e minimo
assoluto e la crescenza;
•
Il gruppo 4, di cui fa parte S3 e il gruppo 3, è costituito dagli studenti che sono stati
in grado di leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo, il massimo
assoluto e la crescenza;
•
Il gruppo 5, di cui fa parte S12 e il gruppo 4, è costituito dagli studenti che sono stati
in grado di leggere le coordinate cartesiane, il massimo assoluto e la crescenza;
•
Il gruppo 6, di cui fanno parte i gruppi 2 e 5, è costituito dagli studenti che sono stati
in grado di leggere le coordinate cartesiane e il massimo assoluto;
•
Il gruppo 7, di cui fa parte S11, è costituito dagli studenti che sono stati in grado di
leggere le coordinate cartesiane, l’ampiezza dell’intervallo e il minimo assoluto;
•
Il gruppo 8, di cui fanno parte S3 e il gruppo7, è costituito dagli studenti che sono
stati in grado di leggere le coordinate cartesiane e l’ampiezza dell’intervallo;
•
Il gruppo 9, di cui fanno parte S7, S10 e il gruppo 8, è costituito dagli studenti che
sono stati in grado di leggere le coordinate cartesiane.
Dal confronto di tali grafici emerge, dunque, che buona parte degli studenti ha raggiunto
le competenze fissate, relative alla lettura dei grafici. In particolare gli studenti hanno
migliorato maggiormente le competenze relative alla lettura dell’ampiezza di un
intervallo o di un massimo o minimo relativo. Il dato più significativo è sicuramente
quello relativo alla lettura delle coordinate, infatti tale analisi mostra che tutti gli
studenti in seguito all’attività laboratoriale hanno acquisito tale competenza. Non ci
sono stati miglioramenti per quanto riguarda la formulazione di ipotesi sulla base di dati
sperimentali e la lettura dei massimi relativi.
Analizzando i test della 4° classe di Liceo Classico mediante lo Chic sono stati
ottenuti i seguenti grafici:
PRE-TEST
4° LICEO CLASSICO
POST-TEST
4° LICEO CLASSICO
4a
1
2a
3
4b
5
2b
Nel grafico del pre-test le variabili studente sono divise in 4 gruppi. Gli studenti
appartenenti al gruppo 1 non sono simili a nessuna variabile supplementare, dunque
sono studenti che non possiedono nessuna delle tre competenze analizzate. In realtà, S1
è un studente che ha saputo legge il massimo relativo, ma risulta più simile agli studenti
che non leggono correttamente il grado della crescita e non fanno ipotesi adeguate sulla
base dei dati sperimentali, piuttosto che a MaxR. Il gruppo 2a è formato da studenti che
hanno letto correttamente il massimo relativo ed il grado della crescita. Gli studenti in
gruppo 3 hanno letto correttamente il grado di crescita. Nel gruppo 4a gli studenti
possiedono le tre competenze analizzate.
Nel grafico del post-test le variabili studente sono divise in tre gruppi. I gruppi
2b e 4b sono analoghi a gruppi 2a e 4a della pre-test, ma risultano più ampi. Il gruppo 5
è costituito dagli studenti che hanno individuato correttamente il massimo relativo.
Si ritiene importante sottolineare che questo tipo di analisi, rispetto all’analisi
delle frequenze, ha il vantaggio di esaminare il comportamento dei singoli studenti e
non soltanto il numero di studenti che seguono un determinato comportamento. Per
esempio, si osserva dai grafici della 5° classe Primaria che lo S1, dal pre-test al posttest, ha acquisito entrambe le competenze. Questo permette di avere una visuale più
completa sull’analisi delle competenze possedute; inoltre, ha permesso di analizzare
anche il comportamento degli studenti che non erano presenti sia allo svolgimento del
pre-test e del post-test, ma solo ad uno dei due, senza che quest’analisi perdesse di
significato, come invece accade nel delle frequenze.
Item 4: Comprensione di grafici cinematici (per la Scuola Primaria)
Di seguito sono riportati tre grafici, in cui sull’asse verticale è riportato lo spazio
percorso da un’automobile e sull’asse orizzontale è riportato il tempo impiegato.
Descrivi ciascun grafico, facendo riferimento ai movimenti effettuati dall’automobile al
passare del tempo ed evidenziando le differenze con gli altri grafici.
b.
a.
150
150
140
140
130
130
120
120
110
110
100
SPAZIO (metri)
SPAZIO (metri)
100
90
80
70
60
80
70
60
50
50
40
40
30
30
20
20
10
10
0
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
0
TEMPO (secondi)
150
140
130
120
110
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
0
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
6
TEMPO (secondi)
c.
SPAZIO (metri)
90
6
TEMPO (secondi)
7
8
9
10
7
8
9
10
ANALISI DEI COMPORTAMENTI, ITEM 4, S. PRIMARIA
2.a1: In ciascun grafico mette in relazione l’intervallo spaziale con l’intervallo
temporale
2.a2: Legge solo lo spazio iniziale
2.a3: Visione del grafico simile alla rappresentazione delle latitudini e longitudini di
Oresme (l’ordinata corrisponde alla longitudine, che è l’altezza di una latitudine)
2.a4: Confusione tra valore temporale e spaziale (confusione tra ascissa e ordinata)
2.a5: Confusione nell’associazione numero-unità di misura
2.b1: Lettura corretta del tempo iniziale e finale (lettura corretta dell’ascissa del punto
iniziale e finale)
2.b2: Confusione tra tempo iniziale e tempo finale (confusione nella relazione d’ordine
della variabile indipendente)
2.c1: Lettura corretta della posizione di partenza e di arrivo (lettura corretta
dell’ordinata del punto iniziale e finale)
2.c2: Confusione tra spazio iniziale e spazio finale (confusione nella relazione d’ordine
della variabile dipendente)
2.c4: Confusione tra lo spazio finale e il massimo valore della scala dell’asse spaziale
(Confusione tra l’ordinata del punto di ascissa maggiore e il massimo valore della
scala delle ordinate)
2.d1: Lettura corretta del tempo trascorso (lettura corretta dell’intervallo della variabile
indipendente)
2.e1: Lettura corretta della distanza tra la posizione di partenza e la posizione di arrivo
nei grafici dei moti di allontanamento e avvicinamento (lettura corretta dell’intervallo
non nullo della variabile dipendente)
2.e2: Confusione tra lo spazio percorso e lo spazio iniziale o finale (confusione tra
ampiezza dell’intervallo delle ordinate e un valore delle coordinate)
2.e3: Confusione tra lo spazio percorso e l’ampiezza della scala spaziale (Confusione
tra l’ampiezza dell’intervallo delle ordinate e il massimo valore della scala delle
ordinate)
2.f1: Lettura corretta della distanza tra la posizione di partenza e la posizione di arrivo
nel grafico del corpo fermo (Riconoscimento dell’intervallo nullo della variabile
dipendente)
2.g1: Mette in relazione qualitativamente la velocità dei tre grafici
Poiché gli studenti della Scuola Primaria non avevano affrontato lo studio
cinematico sistematizzato, ma possedevano soltanto delle concezioni spontanee, si è
ritenuto opportuno far emergere queste concezioni mediante il confronto tra grafici.
Invece, agli studenti della Scuola Secondaria Superiore, che avevano già affrontato
questo tipo di studio, sono state formulate delle domande specifiche, come si legge nel
seguente item.
Item 4: Comprensione di grafici cinematici (per la Scuola Secondaria)
Una macchina si muove rispetto ad un palo scelto come riferimento, uno strumento
misura lo spazio che essa percorre e il tempo trascorso. Lo spazio viene misurato in
metri e il tempo in secondi. Sono state fatte 3 misurazioni e i dati rilevati sono
rappresentati nei grafici riportati sotto. Rispondi alle domande relative a ciascun
grafico
2.
1. Quanto spazio ha percorso?
2. Quanto tempo è trascorso?
3. Qual è lo spazio di partenza?
4. Qual è lo spazio di arrivo?
5. Di che tipo di moto si tratta?
6. Qual è la massima distanza
raggiunta rispetto al sistema di
riferimento?
7. Qual è la minima distanza
raggiunta rispetto al sistema di
riferimento?
8. Se è possibile, calcola la velocità
(commenta la risposta)
9. Se è possibile, scrivi la legge
oraria (commenta la risposta)
150
140
130
120
110
100
SPAZIO
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
TEMPO
150
3.
140
130
120
110
100
SPAZIO
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
0
1
2
3
4
5
TEMPO
6
7
8
9
10
1. Quanto spazio ha percorso?
2. Quanto tempo è trascorso?
3. Qual è lo spazio di partenza?
4. Qual è lo spazio di arrivo?
5. Di che tipo di moto si tratta?
6. Qual è la massima distanza
raggiunta rispetto al sistema di
riferimento?
7. Qual è la minima distanza
raggiunta rispetto al sistema di
riferimento?
8. Se è possibile, calcola la velocità
(commenta la risposta)
Se è possibile, scrivi la legge oraria
(commenta la risposta)
150
4.
140
130
120
110
100
SPAZIO
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
TEMPO
10
1. Quanto spazio ha percorso?
2. Quanto tempo è trascorso?
3. Qual è lo spazio di partenza?
4. Qual è lo spazio di arrivo?
5. Di che tipo di moto si tratta?
6. Qual è la massima distanza
raggiunta rispetto al sistema di
riferimento?
7. Qual è la minima distanza raggiunta
rispetto al sistema di riferimento?
8. Se è possibile, calcola la velocità
(commenta la risposta)
9. Se è possibile, scrivi la legge oraria
(commenta la risposta):
Item 5: Confronto pendenze, Scuola Primaria
Di seguito sono riportati due grafici, in cui sull’asse verticale è riportato lo
spazio percorso da un’automobile e sull’asse orizzontale è riportato il
100
100
90
90
80
80
70
70
60
60
SPAZIO
SPAZIO
tempo impiegato. Confrontali e spiega, secondo te, qual è la differenza.
50
50
40
40
30
30
20
20
10
10
0
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
0
TEMPO
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
TEMPO
Spiega cosa è, secondo te, la velocità di un corpo:
ANALISI DEI COMPORTAMENTI, ITEM 5
3A1: Confronto quantitativo corretto dello spazio percorso a parità di tempo trascorso
(confronto dell’ampiezza dell’intervallo dell’ordinata in relazione a quello dell’ascissa)
3B1: Confronto quantitativo corretto dello spazio percorso, mancata relazione col tempo
trascorso
3C1: (13, 16) Confronto qualitativo corretto dello spazio percorso, inteso come “altezza
del grafico” (Oresme)
3D1: Confronto quantitativo corretto della “lunghezza” dei grafici
3E1: Confronto qualitativo corretto della pendenza dei grafici
3F1: Confronto qualitativo corretto della velocità dei grafici
4A1: Concezione della velocità di un corpo legata al concetto di “rapidità nei
movimenti del corpo stesso"
4B1: Concezione della velocità messa in relazione allo spazio percorso e al tempo
impiegato a percorrerlo
4B2: Concezione della velocità messa in relazione al solo spazio percorso
4B3: Concezione della velocità messa in relazione al solo tempo trascorso
4B4: Viene espressa la dipendenza della velocità da grandezze o entità fisiche, escluso
spazio e tempo (potenza, energia, movimento, spinta, massa, forza)
4B5: Concezione della velocità non legata a grandezze fisiche
4B6: Viene scambiato il concetto di velocità con quello di tempo
4B7: Viene scambiato il concetto di velocità con quello di spostamento
Item 6, Comprensione di grafici cinematici di moti vari, Scuola Secondaria
5.
1. Quanto spazio ha percorso?
2. Quanto tempo è trascorso?
3. Qual è lo spazio di partenza?
4. Qual è lo spazio di arrivo?
5. Di che tipo di moto si tratta?
6. Qual è la massima distanza
raggiunta rispetto al sistema di
riferimento?
7. Qual è la minima distanza raggiunta
rispetto al sistema di riferimento?
8. Se è possibile, calcola la velocità
(commenta la risposta)
Se è possibile, scrivi la legge oraria
(commenta la risposta):
Analisi test, seconda fase sperimentale
Nella seconda fase sperimentale il test è stato somministrato agli studenti di un corso
PON di matematica del 3° - 4° Liceo Classico (Mandralisca di Cefalù). Il test è stato
allegato alla presente tesi (ALLEGATO n.10).
L’analisi dei comportamenti degli studenti viene riportata di seguito:
COMPRENSIONE DI UN GRAFICO SPAZIO-TEMPO
B1
Individuazione corretta dell’ampiezza
Ampiezza intervallo
dell’intervallo (a: 1)
B2
B3
Individuazione di intervalli
di ascissa corrispondenti a
tratti decrescenti
B4
B5
Confronto tra pendenze di
tratti crescenti
B6
B7
Individuazione corretta degli estremi di intervalli di
ascissa corrispondenti a tratti decrescenti (b:
20,50,100)
Individuazione corretta degli estremi di un solo
intervallo di ascissa corrispondente a un tratto
decrescente
Corretta identificazione del tratto di allontanamento
in cui la velocità è maggiore (c: 90-100)
Indicazione di un tratto di allontanamento in cui la
velocità non è maggiore. Rispetto al tratto con
velocità maggiore, lo spazio percorso è uguale e il
tempo trascorso è maggiore (c)
Calcolo corretto della velocità media
Calcolo del coefficiente
angolare
Calcolo della velocità dividendo l’intervallo del
tempo per l’intervallo di spazio
B8
Corretta indicazione che nei tratti di avvicinamento
la velocità è sempre uguale (d: uguale)
B9
Indicazione errata che in un solo tratto di
avvicinamento la velocità è maggiore rispetto agli
− 2km
(d:
altri. Scelta del tratto con velocità v =
20 min
20-30)
Confronto tra pendenze di
tratti decrescenti
B10
Indicazione errata che in un solo tratto di
avvicinamento la velocità è maggiore rispetto agli
altri. Scelta del tratto con velocità v =
B11
− 1km
10 min
Corretta identificazione dei tratti con posizione
costante
Identificazione di tratti
B12 costanti
Il corpo viene considerato sempre in movimento
B13
B14
Nessuna individuazione di tratti costanti
Corretta identificazione del massimo assoluto (f: 5)
B15
Identificazione del
massimo assoluto
B16 Identificazione del
dominio
B17
Confusione tra massimo assoluto e primo massimo
relativo (f:2)
Corretta identificazione del dominio (g: 120)
Individua come “durata del moto” il tempo in cui
Stefano si è effettivamente mosso, escludendo i
tratti in cui è rimasto fermo, che corrispondono ad
una posizione costante (g: 80)
COMPRENSIONE DI UN GRAFICO CARTESIANO PER PUNTI,
CONTESTUALIZZATO NELLA VITA REALE
Lettura corretta del valore dell’ordinata in corrispondenza
dell’ascissa (a: 9)
B18
Confusione tra ascissa e ordinata (a: 9 giorni)
B19
Lettura del grafico come icona: a ciascun giorno l’alunno
fa corrispondere 1 euro, rappresentato graficamente dal
B20
punto geometrico (a: 3)
Nessuna lettura del grafico e libera interpretazione dei dati
Corrispondenza tra
del testo, moltiplicando il numero dei giorni per 5 (euro),
ascissa e ordinata
come se il testo contenesse il dato “ogni giorno Sara
B21
prende un buon voto” (a: 20)
Nessuna lettura del grafico e libera interpretazione dei dati
del testo, attribuendo ad ogni giorno 5 (euro), come se il
testo contenesse il dato “ogni giorno Sara prende un buon
B22
voto” (a:5)
Somma degli euro che Sara possedeva nei primi quattro
giorni. Interpretazione del grafico come denaro
B23
guadagnato e non posseduto (a:26)
Individuazione corretta dei giorni corrispondenti ai
Massimi relativi
massimi relativi (b: 1, 3, 5)
B24
12
Confusione tra il concetto di massimo relativo e di
B25
massimo assoluto (b: 5)
Confusione tra il concetto di massimo relativo ed il
concetto di costante (b: 1, 3, 4, 5)
Confusione tra il concetto di massimo relativo e di valore
non nullo (b: tutti i giorni)
Confusione tra il concetto di massimo relativo e di non
minimo assoluto (b: 1,3,4,5,6,7)
Confusione tra il concetto di massimo relativo e il di
maggiore (b: 3,4,5 oppure 5,3,4,6)
Confusione tra il concetto di massimo relativo e di
maggiore incremento (in b: 3)
Confusione tra il concetto di massimo relativo e maggiori
valori tra i maggiori valori tra i massimi relativi (in b: 3,5)
Individuazione corretta dei massimi relativi ma confusione
tra ascissa e ordinata (in b: 5,9,12)
B26
B27
B28
B29
B30
B31
B32
Tra i massimi relativi esclude quello che rimane costante
nel giorno successivo (in b: 1,5)
B33
B34 Ampiezza intervallo
B35
Individuazione corretta dell’ampiezza dell’intervallo (in c:
2)
6
Confusione tra il concetto di intervallo e il concetto di
valore della coordinata (in c: 3)
Corretta identificazione del massimo assoluto (in e: 5)
B36
B37
B38
Massimo assoluto
B39
B40
Confusione tra non massimo e decrescenza (in e:
1,2,3,4,5,7)
Interpretazione dei dati come “denaro guadagnato da
Sara” ed identificazione dell’ultimo giorno come giorno in
cui Sara possiede più denaro (in e: 7)
Confusione tra crescenza e costanza (in e: 3,4 oppure 4)
Confusione tra massimo assoluto e maggiore (in e: 3, 4, 5)
Identificazione del massimo assoluto ma confusione tra
ascissa e ordinata (in e: 12)
B41
Confusione tra “massimo assoluto” e “maggior
incremento”
Corretta identificazione del minimo assoluto (in f: 2)
B42
B43
B44 Minimo assoluto
B45
Tratto costante
B46
Confusione tra minimo e decrescenza (in f: 6)
Confusione tra minimo assoluto e relativo (in f: 1 oppure 4
oppure 7)
Corretta identificazione del giorno in cui la quantità di
euro rimane costante rispetto al precedente (in g: 4)
Corretta identificazione del giorno in cui si ha maggiore
incremento di denaro rispetto al giorno precedente (in h:
3)
B47
Incremento
B48 maggiore
B49
Confusione tra il giorno in cui si ha maggiore incremento
di denaro e il massimo assoluto (in h: 5)
Confusione tra crescenza e costanza (in h: 4)
Confusione tra il giorno in cui si ha maggiore incremento
di denaro e i massimi relativi (in h: 3,5)
B50
Dominio
Corretta identificazione del dominio (in i: 7)
B51
COMPRENSIONE DI UN GRAFICO SPAZIO-TEMPO IN TERMINI DI
ESISTENZA-UNICITA’
Funzioni
Riconosce i grafici spazio/tempo
B52 spazio/tempo
Considera funzione spazio/tempo solo il grafico realistico
B53
Considera funzione spazio/tempo solo la retta obliqua
B54
Considera funzioni spazio/ tempo tutti i grafici (poiché in
tutti lo spazio x è in funzione del tempo)
B55
B56 Funzioni
Individua il grafico realistico
spazio/tempo
Non considera realistico il grafico in cui il pullman torna
realistiche
indietro
B57
Non considera realistico il grafico rettilineo uniforme,
perché non esiste in natura
B58
Considera realistici tutti i grafici di funzione spazio/tempo
B59
Considera realistico anche il grafico con retta verticale
B60
Considera realistico anche il grafico in cui ad un certo
intervallo di tempo non corrisponde alcun valore dello
spazio
B61
Considera realistico anche il grafico in cui a alcuni valori
del tempo ne corrispondono tre dello spazio
B62
Transfert cognitivo Argomenta in termini matematici (c: per una x ci sono più
y; f: non ha origine)
B63
Argomenta in termini fisici (a: moto rettilineo uniforme; b:
il tempo torna indietro / torna indietro nel tempo; c: tempo
B64
fermo / velocità infinita; d,e: moto accelerato / il pullman è
tornato indietro; f: da 0 a 4 non prende rilevamenti / il
computer comincia a registrare dopo 4 minuti)
COMPRENSIONE DI UN GRAFICO CARTESIANO CONTINUO,
CONTESTUALIZZATO NELLA VITA REALE
Punto di intersezione tra
Individua correttamente l’ascissa del punto
due funzioni
d’intersezione tra due funzioni
B65
Confronto dei valori medi
Confronta correttamente i valori medi di due
di due funzioni lineari
funzioni lineari limitate
B66 limitate
Confronto dei valori medi
Confronta correttamente i valori medi di due
di due funzioni lineari
funzioni lineari illimitate
B67 illimitate
Confronto dei valori di
Confronta correttamente i valori di due funzioni
due funzioni costanti
costanti
B68
Scambia l’ordinata di un estremo di un intervallo
con l’ampiezza dell’intervallo stesso (: anche se il
prezzo è lo stesso per il primo dei manifesti con A
si paga 100 di meno)
B69
Scambia il concetto di “costante sullo stesso
intervallo di ascissa” con quello di “uguale”
B70
Confronto dell’incremento Confronta correttamente l’incremento di due
di due funzioni lineari
funzioni lineari
B71
Confonde il concetto di “maggior incremento” con
B72
quello di “non limitato”
Confronto dell’incremento Confronta correttamente l’incremento di due
di due funzioni a tratti
funzioni a tratti lineari continui
B73 lineari continui
Scambia il concetto di “maggiore” con quello di
“maggior incremento”
B74
Scambia il concetto di incremento di una funzione
con quello di incremento del valor medio della
stessa funzione
B75
COMPRENSIONE DI UN GRAFICO CARTESIANO REALISTICO,
CONTESTUALIZZATO NELLA VITA REALE
Individua correttamente il grafico in cui la velocità del vento è quasi costante e si
B76 mantiene ad un valore elevato
Giustifica la risposta in modo completo (: Il vento mantiene una velocità elevata
costante. : c’è più vento durante tutto l’anno)
B77
Giustifica la risposta in parte, spiegando che in C il vento è costante/quasi
costante
B78
Giustifica la risposta spiegando che in C il vento è “più costante”, “più stabile”
B79
CONVERSIONI SEMIOTICHE NEL PROCESSO DI MODELLIZZAZIONE DI
FENOMENI REALI
Disegna correttamente il grafico
analitico → grafico
B80 inversa proporzionalità
Riconosce che si tratta di una relazione di inversa
proporzionalità
B81
Giustifica la risposta mettendo in evidenza che
all’aumentare della variabile indipendente diminuisce
la variabile dipendente
(: se aumenti i partecipanti diminuisce il costo dei
biglietti)
B82
Nel piano cartesiano inverte le posizioni delle
variabili
B83
Nel piano cartesiano: chiama le variabili x e y
B84
Riscrive la legge chiamando le variabili x e y
B85
Traccia una tabella in cui inserisce alcuni valori delle
variabili
B86
Disegna una retta decrescente che parte dal valore
costante
B87
Improprietà di linguaggio: “indirettamente
proporzionali”
B88
Confusione sulla rappresentazione grafica dell’inversa
proporzionalità: disegna un ramo di iperbole con
concavità verso il basso
B89
Scrive correttamente la legge matematica
Linguistico →
B90 analitico
Diretta proporzionalità Scrive la legge in linguaggio sintetico (guadagno=7€
B91
per ora)
Riconosce che si tratta di una relazione di diretta
proporzionalità
B92
Chiama le variabili “x” e “y”
B93
Disegna un grafico riportando alcuni valori
B94
B95
B96
B97
B98
B99
B100
B101
Grafico → analitico
Proporzionalità
quadratica
Spiega la diretta proporzionalità come “al crescere di
una grandezza cresce l’altra”
Scrive la legge omettendo la costante di
proporzionalità
Ricava la legge dal linguaggio comune
7euro 

 compenso =

1ora 

Scrive correttamente la relazione analitica
Chiama le variabili x e y
Spiega il grafico in lingua naturale
Scrive la legge in linguaggio sintetico
CONOSCENZA EPISTEMOLOGICA esplicitata nelle definizioni (9 a, b,
c)
(Not ℜ) Nessuna
B102
(ℜ) Funzione definita come “relazione”, senza specificare tra cosa
B103
(ℜ D&C) Funzione definita come “relazione tra elementi di due insiemi”
B104
(ℜ Var) Funzione definita come “relazione tra due variabili” (senza specificarne
l’appartenenza)
B105
(ℜ D&C Var) Funzione definita come “relazione tra variabili di due insiemi”
B106
(∀)… ad ogni x corrisponde una y
B107
(∃!) … corrisponde una sola y
B108
CONOSCENZA EPISTEMOLOGICA esplicitata negli commenti agli esercizi (10, 11)
B108 (ℜ) Funzione definita come “relazione”, senza specificare tra cosa
Nel reg. insiemistico (ogni elemento del primo si lega
(ℜ D&C) Funzione
definita come “relazione al secondo; ogni punto ha un punto unico collegato;
ogni elemento di A corrisponde ad uno di B)
tra elementi di due
B109 insiemi”
nel reg. analitico ( in 11 a , b e c dà risposta
(ℜ Var) Funzione
definita come “relazione affermativa e spiega in che modo assegnando un
tra due variabili” (senza valore alla x si possa ottenere la y, in d ed e avverte
B110
specificarne
l’appartenenza)
la mancanza di una delle due variabili, in f dice che è
troppo generica. e in 11 c: x=3 non è funzione
perché non c’è relazione tra x e y. in 11 a: sì, perché
al variare di x varia proporzionalmente y)
nel reg. grafico ( in 11 k ed l: no, non è una relazione
tra variabili)
B111
nel reg insiemistico ( in 11 da w a β: accanto al
primo insieme scrive x e accanto al secondo insieme
scrive y.)
B112
(ℜ D&C Var) Funzione definita come “relazione tra variabili di due insiemi”
B113
(∀x) ad ogni x
corrisponde una y
reg analitico ( in 11 a: ad ogni valore di x corrisponde
un valore di y)
B114
reg grafico ( in j: ad ogni corrisponde un solo valore
di y)
B115
reg. linguistico ( in 11: ad ogni persona corrisponde
un solo nome. in 11 t: ogni singolo cliente ha un solo
conto)
B116
reg. insiemistico ( in 11 w, y e β: sì, ogni elemento di
A corrisponde ad un elemento di B. in 11 x: no, non
c’è. in 11 z: no, non tutti gli elementi di A hanno
corrispondenza in B. in 11 x: no, non c’è relazione.
in 11 y: sì, ad ogni x corrisponde una corrisponde
una y. in z: no, non c’è relazione di alcune x. in z:
no, corrisponde in maniera incompleta. in 11 w: ogni
elemento del 1° ha un corrispondente nel 2°)
B117
(∃!) … corrisponde una
sola y
reg. analitico ( in 11 f: y = ± x non è funzione perché
y corrisponde a 2 punti)
B118
reg. grafico ( in 11k: (la retta verticale) non è
funzione perché più punti di y corrispondono ad un
solo x. in 11k : no, non ci possono essere più y per
una x. in 11 j ed l: sì, ad ogni x corrisponde un solo
valore di y. in 11 k: no, alla variante x corrispondono
più y. , in 11 n: ad una x non possono corrispondere
più y. in 11 m: sì, ad una x corrisponde una sola y)
B119
reg. linguaggio naturale ( , , e in 11 r: ogni persona
può avere un solo DNA. , , e in 11 s: no, una
persona può avere più macchine. , e in 11 t: ogni
singolo cliente ha un singolo conto. , in 11 q: no,
B120
ogni persona non ha un singolo nome. , , in 11 u: ad
ogni giorno corrisponde una sola data. , , in 11 v: sì,
ogni persona ne ha uno che lo distingue dagli altri. in
11 q: sì, ogni persona può avere un solo nome
reg. insiemistico ( in 11 α: no, 2 elementi i B trovano
corrispondenza nello stesso elemento di A. , in 11
α: no, ad una x corrispondono 2 y)
B121
NOT Iniettiva
reg grafico ( in 11 l: sì, una y può avere infinite x)
B122
reg insiemistico ( in 11 w: sì, per ogni y si possono
avere più x)
B123
NOT Surgettiva
reg insiemistico ( in 11 β: sì, perché tutte le x devono
avere una y)
B124
Restr Diretta proporzionalità tra variabili ( in 11: giustifica le sue scelte con una
delle due seguenti frasi: A non è un rapporto proporzionale tra due variabili – B
è un rapporto proporzionale tra due variabili)
B125
Restr Funzione Iniettiva
registro analitico ( in 11 d: y=4 non è funzione perché
potrei associare qualsiasi valore. , in 11 d: no, al
variare di x sarà sempre 4. , in 11 c: sì, ogni valore
sarà diverso per un’incognita)
B126
reg. grafico ( in 11 l: (la retta orizzontale) non è
funzione perché più punti di x corrispondono ad una
sola y)
B127
reg. linguaggio naturale ( in 11 q: no, vi è un nome
per più persone. in 11 v: sì, (il numero di matricola)
indica solamente una persona)
B128
Restr funzione
surgettiva
reg insiemistico ( in 11 β: no, corrisponde in maniera
incompleta)
Restr funzione
biunivoca
reg. insiemistico ( nel registro insiemistico sceglie
solo la funzione biunivoca che commenta: ogni punto
ha un punto unico collegato)
B129
B130
Restr: funzione non
iniettiva ≡ funzione
B131 costante
reg. analitico ( in 11 f a y possono capitare infiniti
valori della x, però consecutivi)
CATEGORIE DI SIGNIFICATO
Corrispondenza
B132
B133 Relazione di dipendenza (, : rapporto proporzionale tra due variabili, in 11 f:
y = ± x non è funzione perché y corrisponde a 2 punti. in 11 q ed s: non è
funzione perché è una corrispondenza puramente casuale; in 11 t: sì perché è in
funzione delle propria liquidità. in 11 da w a β: accanto al primo insieme scrive
x e accanto al secondo insieme scrive y. in 11 e: no, non è una relazione tra due
variabili)
Regola
Nell’esercizio 10, a e b: completa la tabella seguendo la regola e nega la
condizione di funzione venendo meno alla regola (, in 10, a e b: completa la
tabella seguendo la regola, nega la condizione di funzione venendo meno alla
regola e scrive la regola in forma algebrica. in 11 a, b, c spiega la regola.)
B134
Operazione ( in 11 a: sì, ogni risultato verrà in base all’equazione).
B135
Formula ( in 11 f: no, formula generica. in 10 c: scrive l’equazione generica
della retta. in 11 i: sì, la rappresentazione algebrica di una retta è una funzione)
B136
Rappresentazione: piano cartesiano vuoto (costituito solamente da sue assi
ortogonali orientati), tabella con colonna delle x e delle y vuote (palcoscenico
vuoto)
B137
(altro) Funzione definita in riferimento alla vita comune: “ruolo di una
determinata cosa in un determinato contesto”, “qualcosa che va bene”
B138
METAFORE CONCETTUALI
Rappresentazione iconica di una funzione biunivoca tra insiemi → relazione
B139
Cilindro → dipendenza (Disegno di un “cilindro” in riferimento all’attività
svolta in classe “i sacchi di Galileo” sulla dipendenza quadratica e lineare del
volume del cilindro dalla circonferenza e dall’altezza dello stesso)
B140
Piano cartesiano, in cui vi è una corrispondenza tra valori delle variabili x e y →
dipendenza
B141
Tempo → x; spazio → y ( in 11h: sì, s=5t )
B142
Clessidra → tempo (: Disegno di una “clessidra” (strumento che misura il
tempo)
B143
s
Formula tra grandezze fisiche → formula matematica ( v = ; E = mc 2 ;
t
k
P= )
V
B144
Formula matematica → funzione matematica ( in 11 i: sì, la rappresentazione
B145 algebrica di una retta è una funzione)
Punti su una retta → numeri ( in 11 f (y=±x): no, y corrisponde a 2 punti. in 11
f: no, a y possono capitare infiniti valori della x, però consecutivi)
B146
B147 Piano cartesiano senza variabili in cui è rappresentata una retta → funzione
B148 Freccia → operatore
PREFERENZA NELL’USO DEI REGISTRI SEMIOTICI PER ESPRIMERE
IL CONCETTO DI FUNZIONE
Per descrivere la propria idea di funzione predilige il registro analitico
B149
Per descrivere la propria idea di funzione predilige il registro grafico
B150
Per descrivere la propria idea di funzione predilige il registro tabulare
B151
Per descrivere la propria idea di funzione predilige il registro iconico
B152
Per fare un esempio di funzione matematica usa il registro analitico
B153
B154
B155
B156
B157
Per fare un esempio di funzione matematica usa il registro grafico
Per fare un esempio di funzione matematica usa il registro tabulare
Per fare un esempio di funzione matematica usa il registro iconico
Per fare un esempio di funzione matematica usa il linguaggio naturale
Per fare un esempio di funzione matematica nella realtà usa il registro analitico
B158
B159 Per fare un esempio di funzione matematica nella realtà usa il registro grafico
B160 Per fare un esempio di funzione matematica nella realtà usa il registro tabulare
B161 Per fare un esempio di funzione matematica nella realtà usa il registro iconico
Per fare un esempio di funzione matematica nella realtà usa il linguaggio
B162 naturale
METODO SEGUITO PER STABILIRE SE UNA RELAZIONE E’ FUNZIONE O
MENO (questo giustifica il fatto che non possiamo limitarci a affermare che la
concezione che un alunno ha sul concetto di funzione coincide con la definizione che
egli stesso fornisce)
Cerca di verificare la definizione data (contratto forte)
B163
Cerca di verificare la sua concezione implicita di funzione
B164
Cerca somiglianze tra gli esempi proposti e i modelli di funzioni a lui/lei
noti
B165
RICONOSCIMENTO FUNZIONE / NON FUNZIONE
Reg.
Riconosce che a, funzione lineare, è una funzione
B166 analitico
Riconosce che b, funzione quadratica, è una funzione
B167
Riconosce che c, funzione di inversa proporzionalità, è una
funzione
B168
Riconosce che d, funzione costante, è una funzione
B169
Riconosce che e, relazione costante in x, non è una funzione
B170
Riconosce che f , relazione con “±”, non è una funzione
B171
Riconosce che g, relazione definita a tratti che attribuisce ad x=0
due valori della y, non è una funzione
B172
Riconosce che h, relazione definita solo per x≥0, non è una
funzione
B173
Reg. grafico
Riconosce che i, grafico di un segmento, non è una funzione
B174
Riconosce che j, grafico di una retta obliqua, è una funzione
B175
Riconosce che k, grafico di una retta verticale, non è una
funzione
B176
Riconosce che l, grafico di una retta orizzontale, è una funzione
B177
Riconosce che m, grafico di una funzione definita a tratti
continui, è una funzione
B178
Riconosce che n, grafico di sue rette simmetriche rispetto
all’asse delle x, non è una funzione
B179
Riconosce che o, grafico di una relazione definita a tratti che
associa ad x=0 due valori della y, non è una funzione
B180
Riconosce che p, grafico di in iperbole equilatera riferita agli
asintoti, è una funzione
B181
Reg.
linguistico
Riconosce che q, corrispondenza che ad ogni persona associa il
suo nome, non è una funzione
B182
Riconosce che r, corrispondenza che ad ogni persona associa il
proprio DNA, è una funzione
B183
Riconosce che s, corrispondenza che ad ogni persona associa la
macchina di proprietà, non è una funzione
B184
Riconosce che t, corrispondenza che associa ai clienti di una
banca il proprio conto corrente, è una funzione
B185
Riconosce che u, corrispondenza che ad ogni data (in formato
giorno/mese/anno) associa il giorno della settimana (lunedì,
martedì, ecc…), è una funzione
B186
Riconosce che v, corrispondenza che ad ogni studente in un’aula
universitaria associa il numero di matricola, tra tutti i numeri di
matricola dell’Università di Palermo, è una funzione
B187
Reg.
insiemistico
Riconosce che w, relazione insiemistica surgettiva, è una
funzione
B188
Riconosce che x, rappresentazione insiemistica di due insiemi
non in relazione, non è una funzione
B189
Riconosce che y, relazione insiemistica biiettiva, è una funzione
B190
Riconosce che z, relazione insiemistica in cui viene meno la
condizione ∀x, non è una funzione
B191
Riconosce che α , relazione insiemistica in cui viene meno la
condizione ∃!, non è una funzione
B192
Riconosce che β, relazione insiemistica iniettiva, è una funzione
B193
OSTACOLI DELLE PARTICOLARI RAPPRESENTAZIONI:
Nel registro
i valori delle due variabili vengono visti come due
NOT ℜ
tabulare
successioni indipendenti e i valori mancanti delle y
vengono attribuiti completando la colonna secondo
la regola estrapolata dalla successione dei valori
precedenti, non tenendo conto dei corrispondenti
valori della x
B194
B195
Nel registro
B196 analitico
Nel registro
analitico
B197
NOT ℜ
La tabella non viene completata
difficoltà nell’uso della notazione convenzionale
f(x)=… , ovvero, scrive (f)x= ...
difficoltà nel comprendere la corrispondenza
numerica tra i valori della x e della y: il valore
della x viene identificato con il membro
dell’equazione contenente questa variabile, il
simbolo di “uguaglianza” viene identificato con
quello di “corrispondenza”, al simbolo “±” viene
attribuito il significato di “generico” ( e in 11 f:
no, formula generica. in 11 f: no, forma generica
di funzione (dal linguaggio comune più o meno è
sinonimo di all’incirca. in 11 g: no, è diversa la x.
e in 11 b: alla x2 cambia un valore)
Var
confusione tra il concetto di “variabile” e il
concetto di “variabile dipendente” (, e in 11 e: no,
x è una variabile dipendente)
NOT ∀x
dovuta alla definizione della legge su parte del
dominio (h)
B198
B199
dovuta alla corrispondenza che associa un valore
della x ad infiniti della y (e)
B200
NOT ∃!
non osserva che la relazione definita a tratti non è
una funzione in quanto un valore della variabile x
(x=0) corrisponde a due valori della y, secondo le
due equazioni riferite ai due intervalli di
definizione (g)
B201
in espressioni con il simbolo “±” (f)
B202
confusione
tra diretta proporzionalità e dipendenza lineare ( in
11 g: sì, perché al variare di x varia
proporzionalmente y)
B203
tra diretta e inversa proporzionalità ( in 11 c: sì,
perché al variare di x varia proporzionalmente y)
B204
tra diretta proporzionalità e la relazioni non
funzionali del tipo y=±kx ( in 11 f: sì, perché al
variare di x varia proporzionalmente y)
B205
tra dipendenza lineare e quadratica
B206
B207
Not
funzione
La funzione lineare (biunivoca) (a)
la funzione di inversa proporzionalità (biunivoca)
(c)
B208
la funzione quadratica (b)
B209
La funzione costante (d)
B210
Nel registro
grafico
Not ∀ x
dovuta alla parziale mancanza di corrispondenza
tra le variabili x ed y (i)
B211
dovuta alla corrispondenza che associa un valore
B212
della x ad infiniti della y (retta verticale) (k)
Not ∃!
dovuta alla contemporanea presenza di due rette
nel piano (n)
B213
non osserva che il grafico a tratti non è una
funzione in quanto un valore della variabile x
(x=0) corrisponde a due valori della y (o)
B214
confusione
tra una retta da un segmento ( in 11 i: sì, la
rappresentazione algebrica di una retta è una
funzione)
B215
tra un’iperbole e una parabola
B216
tra diretta e inversa proporzionalità ( in 11 p: sì,
perché al variare di x varia proporzionalmente y)
B217
tra una funzione definita da un’unica legge e una
funzione definita a tratti
B218
tra diretta proporzionalità e funzione costante
B219
Not
funzione
B220
il grafico di una retta obliqua (j)
il grafico di un’iperbole (p)
B221
il grafico di funzione definita a tratti continui (m)
B222
Il grafico di una retta orizzontale (l)
B223
Nel registro
linguistico
in contesto
reale
Not
Dom&Cod
Vede il dominio e il codominio come insiemi
variabili e non fissi e li interpreta in modo
personale (es. 11,r la macchina si può vendere e
così cambia la relazione)
B224
Scambia dominio e codominio
B225
Not ∀ x
(s)
Not ∃!
(q)
confusione
tra il discreto e il continuo ( in 11 f: no, a y
possono capitare infiniti valori della x, però
B226
B227
B228
consecutivi)
difficoltà ad interpretare il significato degli
elementi degli insiemi e della corrispondenza
descritta, probabilmente perché deve fare
riferimento alla propria esperienza
B229
improprietà di linguaggio: uso del termine
“variante” al posto di “variabile” ( in 11 k: alla
variante x corrispondono più y)
B230
Not
funzione
B231
Le funzioni biunivoche (r,v)
Le funzioni surgettive (t,u)
B232
Nel registro
insiemistico
Not
Dom&Cod
B233
Not ℜ
Legge il contenuto di un insieme come la quantità
di elementi di quell’insieme e alla variazione di
quantità tra un insieme e l’altro attribuisce il
significato di quantità addizionale alla quantità x
del primo insieme per ottenere la quantità y del
secondo insieme (y =x+3)
Gli elementi degli insiemi non sono posti in
corrispondenza
(x)
B234
Not ∀x
Non tutti gli elementi del primo insieme hanno
immagine nel secondo insieme (z)
Not ∃!
Ad un elemento del primo insieme ne
corrispondono due del secondo (α)
la funzione biunivoca (y)
B235
B236
B237
Not
funzione
la funzione iniettiva (β)
B238
la funzione surgettiva (w)
B239
SAPER OPERARE CON FUNZIONI LINEARI
Sa attribuire, in una tabella funzionale, i valori della variabile dipendente,
corrispondenti a quelli della variabile indipendente, secondo la legge ricavata
dai valori riportati in tabella
B240
Per una funzione lineare, sa operare la conversione dal registro tabulare a quello
analitico
B241
Per una funzione lineare, sa operare la conversione dal registro tabulare a quello
grafico
B242
Per una funzione lineare, sa operare la conversione dal registro analitico a quello
tabulare
B243
Per una funzione lineare, sa operare la conversione dal registro analitico a quello
grafico
B244
Per una funzione lineare, sa operare la conversione dal registro grafico a quello
B245 tabulare
Per una funzione lineare, sa operare la conversione dal registro grafico a quello
analitico
B246
B247 Sa stabilire se una equazione rappresenta una retta
Scrive l’equazione canonica della retta
B248
Per una funzione lineare, nel passaggio dal registro grafico a quello analitico,
ricava solo il coefficiente angolare della retta e non il termine noto
B249
SAPER OPERARE CON FUNZIONI QUADRATICHE
Sa ricavare la rappresentazione tabulare di una funzione quadratica dalla sua
B250 rappresentazione algebrica
B251 Sa operare la conversione dal registro analitico a quello grafico
Sa operare la conversione dal grafico all’analitico
B252
B253 Sa stabilire se un’equazione rappresenta una parabola
Disegna una parabola nel piano senza alcun punto di riferimento
B254
B255 Scrive l’equazione canonica della parabola
Disegna una parabola nel piano con punti di intersezione con l’asse x e
concavità corretta
B256
CONCEZIONI ED OSTACOLI EVIDENZIATI NELLE CONVERSIONI DI
RAPPRESENTAZIONE:
tabulare → difficoltà a segnare i punti sul grafico ( in 10 c: segna i valori
sugli assi e li fa corrispondere mediante segmenti obliqui (NOT
grafico
lineare
ℜ)
B257
B258
B259
riporta i valori assegnati alla variabile x sull’asse orizzontale, che
chiama y, nello stesso ordine della tabella, inclusa la ripetizione
del valore 2; riporta i valori assegnati alla variabile y sull’asse
verticale che chiama x, e accanto scrive “+3?”; non collega i
valori dei due assi (NOT ∃)
Non opera la conversione
tabulare →
analitico
lineare
Ricava in modo errato una legge analitica di una funzione lineare
dalla sua rappresentazione tabulare, considerando i valori della
colonna delle y come una successione di valori yn e attribuendo
alla x il significato di yn-1
(NOT ∃)
Ricava in modo errato una legge analitica di una funzione lineare
dalla sua rappresentazione tabulare, uguagliando la variabile
indipendente più il suo incremento alla variabile dipendente più il
suo incremento
(NOT ∃)
Non opera la conversione
analitico →
grafico
lineare
grafico →
analitico
lineare
analitico →
grafico
quadratica
Non opera la conversione
B260
B261
B262
B263
B264
B265
B266
non riconosce il segno del coefficiente angolare
Non opera la conversione
Unisce i punti della parabola su un grafico come se fossero punti
di una retta (RESTRIZ RETTA)
Non opera la conversione
B267
grafico →
analitico
B268 quadratica
Non opera la conversione
Le precedenti variabili sono state studiate mediante grafi implicativi.
Di seguito viene riportato il grafico relativo al pre-test, in cui le implicazioni sono al
95%:
B262
B87
B164
B170
B92
B90
B259
B200
B185
B80
B81
B91
B234
B189
B190
B183
B242
B133
Dal precedente grafico si traggono i seguenti risultati, letti da ciascuna implicazione da
sinistra verso destra:
1. (B262→B259→B234) evidenzia un mancato riconoscimento di corrispondenza: chi
non opera la conversione di funzioni lineari dal registro tabulare a quello analitico
non compie nemmeno conversioni di funzione lineare dal registro tabulare a quello
grafico, questi a loro volta non riconoscono che non è una funzione una
rappresentazione insiemistica di due insiemi che non sono posti in relazione tra loro.
2. (B87→B200) evidenzia una non padronanza del registro analitico: chi nell’inversa
proporzionalità, nel passaggio dal registro analitico a quello grafico disegna una
retta decrescente, non riconosce la mancanza della condizione di esistenza nelle
funzioni analitiche del tipo x=k
3. evidenzia un’implicazione tra comportamenti positivi (tranne B199), legati al
riconoscimento corretto di alcuni tipi di funzione, alla conversione dal registro
tabulare a quello grafico e alla concezione di funzione come dipendenza: chi cerca
di verificare la sua concezione implicita di funzione, riconosce che “ la
corrispondenza che associa ai clienti di una banca il proprio conto corrente” è una
funzione, e, a sua volta, riconosce che una rappresentazione insiemistica di due
insiemi non in relazione non è una funzione, e, a sua volta, riconosce che una
corrispondenza biunivoca in linguaggio naturale è una funzione e sa anche operare
la conversione della funzione lineare dal registro tabulare a quello grafico, e, a sua
volta, concepisce la funzione come relazione di dipendenza.
4. individua l’implicazione tra due comportamenti che indicano riconoscimento di
funzioni/non funzioni
5. implicazione tra chi riconosce una relazione di diretta proporzionalità e chi
riconosce una relazione di inversa proporzionalità e ne disegna correttamente il
grafico
6. chi scrivere la legge di diretta proporzionalità, la scrive in linguaggio sintetico
Di seguito viene riportato il grafico relativo al post-test, in cui le implicazioni sono al
95%:
B132
B109
B246
B137
B163
B178
B167
B191
B47
B16
B189
B182
B177
B105
B254
B235
B108
B81
B82
B119
B112
B234
B107
B227
B267
B223
B80
B213
B164
B176
B24
B77
B8
B6
B4
B209
B243
B139
B73
B222
B197
B50
B99
B244
B241
Come nel caso del pre-test, anche il grafico del post-test presenta implicazioni
tra comportamenti positivi o negativi, che possono essere estrapolati dalla descrizione
delle variabili, inserita nelle pagine precedenti.
Dall’analisi delle frequenze dei comportamenti, che qui non viene riportata, si
evidenzia che i comportamenti positivi sono migliorati notevolmente. Nel pre-test, per
la maggior parte gli studenti non sapevano definire una funzione matematica né
riconoscerla, anche se, in parte, sapevano operare con essa, soprattutto nella lettura di
grafici. Altri possedevano un’idea confusa di funzione, più legata ad una concezione di
relazione di dipendenza o ad una particolare rappresentazione. Dal post-test è emerso
che quasi tutti hanno definito la funzione correttamente. Alcuni hanno saputo
riconoscere buona parte delle funzioni/non funzioni applicando esplicitamente o
implicitamente la definizione, altri hanno operato cercando di riconoscere modelli già
studiati. In alcuni casi si è resa esplicita la correlazione tra la variabile indipendente e il
tempo, la variabile dipendente e lo spazio.
CONCLUSIONI
L’apprendimento del concetto di funzione è stato ampiamente studiato dai
ricercatori di didattica della matematica, per il suo ruolo fondante in questa disciplina e
per la complessità a causa delle sue diverse applicazioni e rappresentazioni semiotiche.
Questa poliedricità del concetto di funzione rende tale concetto soggetto a diverse
interpretazioni ed è proprio in quest’aspetto che può essere individuata la causa della
difficoltà del suo apprendimento.
Il presente lavoro di ricerca mira ad analizzare, seppur in una prima approssimazione,
alcune fasi del processo di insegnamento/apprendimento del concetto di funzione nella Scuola
Secondaria Superiore, con studenti di 16-17 anni, attraverso un approccio storicoepistemologico al concetto matematico trattato e un'analisi semiotica connessa alla
progettazione didattica relativa allo stesso. Qui si prende come definizione di riferimento del
concetto di funzione quella universalmente riconosciuta dalla comunità dei matematici, ovvero,
la definizione in termini insiemistici ci Bourbaki. Tale definizione è stata esaminata prendendo
in considerazione i concetti che la compongono e il modo in cui essi interagiscono tra loro
dandole significato. Sono stati presi in esame anche i registri semiotici che la rappresentano
distinti tra insiemi semiotici non codificati e sistemi semiotici codificati. Infine, è stato
osservato che l’apprendimento del concetto di funzione, oltre ad essere basilare in ambito
matematico, può costituire uno strumento di vita sociale in semplici processi di modellizzazione
di fenomeni naturali. Da queste osservazioni sono state individuate le competenze che l’allievo
dovrebbe possedere per l’acquisizione del concetto di funzione.
La proposta didattica di questo lavoro di ricerca riguarda un percorso verso il concetto
di funzione, in cui l’approccio di tipo grafico-cinematico, facendo uso di un sensore di
posizione. Questa scelta è giustificata dall’analisi storica del concetto di funzione, che vede
sorgere tale concetto prima in forma tabulare, poi grafica ed infine analitica, con sviluppi spesso
connessi alla cinematica. Nell’ipotesi di un parallelismo tra l’apprendimento di un concetto ed il
suo sviluppo storico, un percorso che tenga conto dell’analisi storica può favorire
l’apprendimento del concetto in esame.
A sostenere questa scelta didattica vi è anche la teoria cognitiva dell’embodiment della
mente, secondo cui i concetti astratti vengono concettualizzati in termini concreti, grazie
all’esperienza senso-motoria. Si è osservato che l’utilizzo di tale strumento ha favorito
l’apprendimento di grafici spazio-tempo poiché gli studenti hanno la possibilità di connettere il
movimento del proprio corpo con il grafico che si costruisce sotto i loro occhi. Culturalmente
gli occidentali tendono ad assimilare lo scorrere del tempo con un punto che si muove su una
linea, quindi tengono ad attribuire una dimensione spaziale al tempo. Inoltre, l’uomo percepisce
l’impossibilità di dominare tale grandezza, perciò non è difficile per gli studenti identificare il
tempo come variabile indipendente e collocarla sull’asse delle ascisse. Per quanto riguarda la
posizione essa è già una grandezza spaziale, perciò facilmente collocabile su una
rappresentazione geometrica. La difficoltà nella comprensione di grafici di tipo spazio-tempo
potrebbe consistere nel comprendere la corrispondenza tra valori spaziali e temporali, ma questa
viene superata con il movimento. Infatti, il movimento costituisce la metafora concettuale della
variazione e gli studenti hanno la possibilità, utilizzando il sensore di posizione, di connettere il
movimento del proprio corpo o di quello del compagno, con la variazione della posizione nel
tempo. Questo agevola la comprensione delle proprietà dei grafici spazio-tempo, come la
comprensione di punti di massimo e minimo, la crescenza, la decrescenza, la costanza, la
pendenza, la corrispondenza di punti e di intervalli. Tale comprensione viene trasportata su
grafici di funzione generale, se alla variabile indipendente si attribuisce il significato di tempo e
alla variabile dipendente il significato di spazio. Dall’analisi del post-test è emerso che alcuni
studenti, per stabilire se alcune relazioni erano funzioni o meno, hanno attribuito alle variabili
tali significati. D’altra parte si può affermare che lo sviluppo di competenze legate alla
comprensione di grafici spazio-tempo conduce all’apprendimento di competenze analoghe
decontestualizzate dall’ambito cinematico. Prova di questa affermazione è il fatto che nei posttest è stato evidenziato un miglioramento delle competenze sulla comprensione di grafici, anche
non cinematici.
Mediante attività didattiche opportune, supportate dalla mediazione semiotica
dell’insegnante, è possibile sviluppare l’apprendimento del concetto di funzione in termini di
“esistenza” ed “unicità” utilizzando il sensore di movimento. In particolare, sono state
sviluppate attività didattiche in cui gli studenti hanno compreso che non sono ammissibili
grafici spazio-tempo con “buchi” o grafici in cui ad un valore del tempo ne corrispondono due o
più dello spazio. Questi concetti sono risultati facilmente comprensibili agli studenti, proprio
grazie alla contestualizzazione reale e alla percezione senso-motoria. Durante la progressiva
introduzione di attività di questo tipo è possibile focalizzare l’attenzione degli studenti sui
particolari aspetti della definizione del concetto di funzione, per poi unirli nella definizione
formale, durante la fase di istituzionalizzazione del sapere. Attraverso queste attività gli studenti
sono portati a comprendere il significato del concetto di funzione e questo è testimoniato dal
fatto che, nel post-test, la maggior parte degli studenti ha stabilito se una relazione era una
funzione o meno applicando proprio la definizione di tale concetto.
Nell’utilizzo del sensore di posizione riveste un ruolo fondamentale anche la
componente previsionale, che offre la possibilità di compiere riflessioni metacognitive sulle
proprie risorse culturali. Risulta dunque fortemente proficuo strutturare le attività in modo da far
prevedere agli studenti, mediante descrizioni verbali o grafiche, la rappresentazione di una
determinata situazione motoria. Un altro aspetto metacognitivo importante, da tenere presente
durante le attività con il sensore di movimento, è quello di riflettere sui limiti di tale strumento e
incentivare questo tipo di riflessione anche negli allievi, al fine di non generare ostacoli
didattici.
Mediante il software Logger Pro che supporta i sensori online è possibile effettuare il fit
dei dati di curve regolari e così passare dalla rappresentazione grafica a quella analitica. Questo,
nell’ottica della teoria dei registri semiotici, incentiva l’apprendimento del concetto di funzione
poiché permette conversioni delle sue rappresentazioni. Il passaggio dal registro grafico a quello
analitico nella maggior parte dei casi non risulta semplice, anche perché gli studenti non hanno
diretto accesso al processo di interpolazione dei dati. Perciò in questa fase risulta necessario
soffermarsi sui contenuti teorici delle rappresentazioni. Tali contenuti vengono rafforzati
mediante attività di trattamenti e conversioni utilizzando Excel, Geogebra, ma anche carta e
penna. In particolare, mediante Excel è possibile studiare funzioni per punti: esso può
essere utilizzato per interpolare grafici per punti ottenuti sperimentalmente o per
ricavare tabelle funzionali e i relativi grafici a partire dalla legge, scrivendola come
“funzione” delle relative celle. Con Geogebra si può ottenere il grafico di una funzione
partendo dalla sua equazione, oppure, si possono costruire i grafici di rette e parabole
partendo da proprietà geometriche.
Infine, l’utilizzo di diversi sensori per la modellizzazione di fenomeni naturali
facilita l’apprendimento di tale concetto perché permette l’introduzione di diverse
tipologie di funzioni, che possono essere decontestualizzate ed apprese. Questo emerge
dai risultati positivi del post-test sulle conversioni di rappresentazione di fenomeni di
modellizzazione mediante funzioni lineari, quadratiche e di inversa proporzionalità.
I fenomeni di modellizzazione, qui analizzati in prima approssimazione,
potrebbero essere studiati in ricerche future. Interessante, inoltre, sarebbe investigate le
differenze di concezione del concetto di funzione in situazioni di multicultura, così
come i processi di modellizzazione. Infatti, secondo la prospettiva teorica di questa tesi,
essi sono influenzati dal contesto culturale e dalle metafore concettuali che ne derivano.
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