30/01/2014 di A.Di Lorenzo

Transcript

30/01/2014 di A.Di Lorenzo
Italia 7
IL GIORNALE DI VICENZA
Giovedì 30 Gennaio 2014
«TraipersonaggidellaGrecia
classica,amepiacemoltoAchille,
eroebelloeimbattibile;ilmio
amicoDarioFo,invece,èdalla
partedell’astutoUlisse»
Marinelli
«Èlui
ilmiglior
interprete
possibile»
WilliamShakespeare
«GiorgioAlbertazzi- spiegail
registaGiancarloMarinelli - ha
fattodel “Mercante”un
perfettoibrido chesembra ora
scrittodaStrindbergeorada
Sartre,passandoper la lussuria
diBaffoeper igiocosi azzardi
diGoldoni.Ha subito capitoche
quil’albaeil mattino
(sommariamenteintesi comeil
primordiodellavita equindi la
giovinezza) eiltramonto ela
sera,(da considerarsicome
tenebra,comemale: come
Shylock)sono difattonon
distinguibili:ècome se i giovani
veneziani eil vecchio ebreo
sianocerchi nell’acquacreati
dallostessosasso, riflessi
specchiantidellostessocorpo,
dellastessavita:Shylockodia
Antonio,Bassanio elaloro
criccaperchévorrebbe
depredarequellagiovinezza
chenonhapiù(di qui
l’ossessioneper la libbra di
carne,chehalostesso
significatodell’ossessione per
l’immortalitàdiFaust);e
AntonioeBassaniodetestano
Shylockperchéinluiscorgono
iltramonto,il capolinea, il
bicchiererotto a finefesta che
liattende.
Shylock,per me,è magnetico,
irresistibile,perfettamente
padronediogniavventura e
sventura;tanto darendersi
conto,nelprocessofinale,che
Porziasiè travestitada
giureconsulto:èShylockche
decidedichinare il capo,di
perderetutto. Di tornare
giovanedentroa Porzia. Sì;
Shylockèl’uomopiùbelloepiù
giovanecheio conosca.È
GiorgioAlbertazzi».
«Unattoremidissecheerapiù
bravodime.Hairagione,risposi.
MasipuòdirechePicassoèun
bravopittore?No,Picassooèun
genioononèniente.Tuseibravo»
«InunraccontodiJorgeLuis
Borgesunuomobeveediventa
immortale.Manongustapiù
nienteperchétuttoèripetibile
ecercasolodimorire»
GLIESORDI. Nella vitadel grandeattorelanostra città haun ruolo particolareperché segnò l’iniziodelle suerecitazioni suigrandi classici
«All’Olimpicolamiaprimatragedia»
«Erail1952e recitaia Vicenza
conSalvoRandone eCesare
Polacco“Le Trachinie” di Sofocle
Ebbiun successoenorme»
L’Olimpico - racconta Giorgio
Albertazzi - è un teatro storico
per me: la prima volta che ho
interpretato una tragedia, “Le
trachinie”, ero all’Olimpico
con Salvo Randone e Cesare
Polacco. Che poi è diventato famoso per la Brillantina Linetti. Ebbi un successo immediato ed enorme.
Ha mai trovato qualcuno che si
sentisse più bravo di lei?
Era il 1952. Lei aveva 29 anni,
Randone46anniederaunattore affermato
Hai ragione. Poi gli ho chiesto:
ma tu a Picasso gli avresti detto che è un bravo pittore? No, a
Picasso non si dice che è un
bravo pittore. O è un genio o
non è niente. Quindi - ho concluso - tu sei molto più bravo di
me.
Ricordo che nel suo camerino
c’era una sfilza di Campari soda... Li beveva prima di andare
in scena.
Chi è il miglior attore?
Chi non diventa uno stereotipo, chi esce dalla maniera delle accademie. Gli attori italiani
sono bravi, ma non sanno recitare i versi, perché non si studiano più a scuola, i professori
non li sanno insegnare e del resto non li sanno neanche loro... Il verso è difficile, il verso è
suono prima di tutto. È come
la leggerezza di Calvino, precisione e determinazione, non è
abbandono al caso. È musica,
ma i versi non li puoi canticchiare. Ogni endecasillabo ha
una misura, una metrica. Gli
accenti sono quelli. Non puoi
buttarli lì...
«Gliattorioggi
nonsannopiù
recitareiversi
Nonlistudiano
enessuno
glieliinsegna»
«Lamortenon
mifapaura
Anzi,miaffascina
Èl’unicoassoluto
chepossiamo
sfiorare»
ma. Risponde: “«Non volevo
disturbare il vostro sonno”. Ma
quale sonno? Stai fuggendo...
Capito l’uomo?
In un’epoca come la nostra dovetuttoèdigitaleeriproducibile non si rischia che finisca la
magia del teatro?
No, perché è una delle cose riproducibili male. Finché ci sarà qualcuno che dice qualcosa
a un altro, secondo me il teatro
vivrà. Non lo dico solo io. Il teatro c’è da sempre. mi ricordo
chealla normale di Pisa un professore parlava del primo fatto
teatrale, i guerrieri primitivi
che si presentano alla tribù,
agli anziani. Mostrano se stessi. È uno show. È teatro. Davvero il teatro è una forma di magìa. Ti fa vedere l’altra faccia
della Luna.
Come no. Una volta mi hanno
dato un premio, il Persefone,
al teatro Eliseo. Presentava un
attore che adesso fa il conduttore. E, un po’ scherzando, mi
dice: “Ma io sono più bravo di
te”.
E lei cosa ha risposto?
Cosa vuol fare da grande?
Ho quattro o cinque libri iniziati...
Peròleihadettoanche:ungrande attore deve essere anche un
po’ stupido.
Un po’ stupidi nel senso dello
stupore, dello stupor. Deve provare entusiasmo e trasmetterlo.
Glielo spiego con un esempio. Il regista dice all’attore: allora, tu parti da lassù, arrivi volando qui, scendi giù e tac, dici
la battuta. Un attore vero risponde: sì, bellissimo, faccio
così. Chi non è attore si chiede:
ma come faccio a volare?
Perché Dario Fo parteggia per
Ulisse e lei per Achille?
Il dibattito è nato quando lo
stavo intervistando dopo che
lui vinse il Nobel. Eravamo su
una spiaggia, al Lido di Venezia. Da ragazzo io ero tutto per
Achille, perché era l’eroe imbattibile, meraviglioso; ha anchela schiavaBriseide; poi s’incazza, è nervoso, si chiude nella tenda e dice “non voglio più
combattere”; e la notte va sulla
spiaggia, incontra la madre Teti che emerge dalle acque. Certo,è anche crudele: fa girare Ettore tre volte attorno a Troia. Si
capisce anche la mia vita attraverso Achille: l’estetica, la bellezza, il fatto di aver fatto la
guerra; d’averla fatta non d’essermi imboscato... È abile
Achille: infatti, dove lo mette
Dante? Tra i consiglieri fraudolenti.
Lei ha anche detto: la felicità è
vivere e io sono per la vita.
GiorgioAlbertazzia 29anni all’Olimpicocon Salvo Randone eCesare Polacco:erail1952
«Permeèuna cittàimportante»
«Erosottolebombe
aVicenzanelNatale’43»
GiorgioAlbertazziricorda bene
ilprimobombardamento che
Vicenzasubì. Erail giornodi
Nataledel1943e lui
frequentava la Scuolaallievi
ufficialiproprio aVicenza.
«Questaè per noi, questa è per
noi»,racconta rivivendoquei
momentidipaura assiemeai
suoicommilitoni. Dopo
settant’anniricorda quegli anni
e ricordaancorala “morosa”di
allora:«La chiamavo Donatella,
anchese quellononera ilsuo
nome.Ci vedemmo anche in
seguito,quando recitavo da
quelleparti».
DiVicenza, Albertazziricorda
beneil Giardino Salvi,oasiverde di
relaxe passeggiate.
Ilsuo rapporto con Vicenzanegli
annis’èfattointenso: Albertazzi
ha recitatomoltevolte
all’Olimpico(celebreun “Antonioe
Cleopatra”diShakespeare,
recitatonel1977assieme ad
AnnaProclemer per laregia di
MaurizioScaparro) maanchein
altre cittàdel Vicentino.
AGiorgioAlbertazzi,il sindaco
EnricoHüllwecknel2003
consegnoanchela “Palladiod’oro”
nominandoloambasciatoredi
Vicenzanelmondo.
E Dario Fo?
Lui non aveva dubbi: era per
Ulisse. Lo posso capire. Ulisse
è un grandissimo: inventore di
un sacco di situazioni, gira con
la sua nera nave... C’è un’immagine bellisima di D’Annunzio,
quando con Scarfoglio e tutti i
suoi amici di allora navigava
sul mare Egeo, scrisse un pezzo nella “Maia”. Era la visione
di una specie di zattera, con un
uomo nudo, una specie di gonnellino, bruciato dal sole, con
un cappelletto. Lo chiamano,
lo chiamano: lui non risponde
nemmeno. Poi lo chiama lui, il
superuomo: allora gli risponde. “Odisseo, Odisseo”. Lui incrocia lo sguardo con D’Annunzio che dice: “Da quel momento non sono più stato lo
stesso”. L’addio a Circe è meraviglioso. Lui tenta di andare
via alla chetichella, ma lei se
ne accorge. “Ulisse!”, lo chia-
«La sua capacità non sta
nell’interpretare meglio
una parola, ma trasmetter
cosa il testo dice a lui»
Quello che conduce lo spettacolo senza quasi che te ne accorgi. I registri maestrini non
mi piacciono.
ma: quello che ho visto di suo
in teatro non è mai banale, c’è
qualcosa che interessa, c’è una
velatura, un suo disegno dentro. Un regista deve essere così. Nel “Mercante”, per esempio, la sua idea di trasformare
Porzia in un vecchio, non semplicemente mettendole dei
baffetti posticci, come fanno
tutti, è geniale.
l’autore, che cosa intedesse
con quella parola e non con
un’altra, ma è più importante
cosa vuoi dire te. Per esempio:
Amleto non è un allegrone,
d’accordo, ma non è neanche
tanto triste: è malinconico. E
allora devo chiedermi: quando leggo Amleto cos’è che mi
colpisce a me? È questo che devo rappresentare.
Perché Marinelli regista?
Non è una violenza al testo?
Che taglio dà Marinelli al “Mercante”?
Chi è il regista migliore?
Perché mi piace moltissimo come scrittore. Ed è un regista
che ama l’immagine, il cine-
No. Quando io insegno spiego
questo concetto: va bene cercare di capire cosa voleva dire
Dipinge una Venezia con tutti
i suoi poteri, i contrasti e le si-
tuazioni cardine. C’è Antonio
e i suoi “giovani leoni” fra i quali Graziano, Lorenzo, e poi Bassanio, il suo Helmut Berger, il
suo Alain Delon... spiegando
che Antonio è una specie di Luchino Visconti. C’è Shylock, il
mercato di Rialto, simbolo di
una città aperta. C’è il contrasto di questi due mondi: la solitudine di Shylock che si arrotola su se stesso e quando parla,
ripete ossessivamente: “Voglio la penale, la penale, la penale, voglio la penale...”. Però
lo trattano molto male, eh: gli
tirano i sassi dietro, e nel gusto di offenderlo c’è anche l’idea dell’affronto familiare:
“Portiamo via la figlia a questo
stronzo di ebreo”. Ecco, Marinelli rende bene questo quadro. •
Lei ha detto: quando un attore
hatrovatolachiavedeveabbandonarla. Cosa significa?
Ogni soluzione in teatro è una
trappola. Ogni conclusione è
la fine. Tutto deve essere continuamente aperto. Torna a pallino Calvino, quando dice verso la fine della Leggerezza:
“Un’altra via intrapresa in questo nostro discorso era quella
della scrittura come metafora
della sostanza pulviscolare del
mondo. È questa la strada?
No. La scrittura come unica realtà porterebbe troppo lontano dalla mia idea della parola
come inseguimento perpetuo
delle cose, come tentavivo di
adeguarsi alla realtà che cambia continuamente”.
E la morte non le fa paura?
Lo dico senza spavalderia: la
mortemi affascina molto. È l’unico assoluto che possiamo
sfiorare, senza consapevolezza
magari. Tutto è relativo, veramente tutto: la vita, l’amore, il
benessere, il malessere, la politica. Tutto. Quello no. Quello è
ab-solutum, quindi affascinante. C’è una bellissima poesia di
Machado in cui Lorca fa la corte alla morte. Un’altra immagine, suggerita dal poeta italiano, Cardarelli: “Morire sì, non
essere aggrediti dalla morte”.
Insomma, che arrivi come la
più normale delle abitudini. •
ILGIUDIZIO. «Devesapere condurre enon apparire.Iregisti “maestrini”non mipiacciono»
«Il vero registaè discreto
Quasinon tiaccorgi dilui»
Credo che la felicità sia vivere,
certo, ma sia soprattutto desiderio. In Adriano mi ha colpito quella frase in cui dice verso
la fine: “Mi rallegro che il male
mi abbia lasciato la lucidità fino all’ultimo di non aver dovuto subire l’oltraggio dell’estrema vecchiezza; quell’indurimento, quella rigidità, quell’inerzia, quella mancanza atroce del desiderio”. Quello è terribile. La caduta del desiderio è
la caduta dell’amore, dell’altro. Non ti restache il non-essere.
Ilregista Giancarlo Marinellicon Albertazzi duranteleprove
«Ancheinquesta
epocadigitale
lamagiadel
teatrononfinirà,
perchéilteatro
èlavitastessa»