ordine: serata di burraco per l` unitalsi che cos`è il bruciore di

Transcript

ordine: serata di burraco per l` unitalsi che cos`è il bruciore di
Anno III – Numero 418
AVVISO
Ordine: 9 Giugno p.v.
Serata di Burraco:
Beneficenza
Notizie in Rilievo
Scienza e Salute
1. Bruciore di stomaco?
Sintomi, cause e
trattamento del reflusso
gastroesofageo
2. Cervello: rischio rottura
aneurisma non dipende
da dimensioni
3. "Chi si somiglia si
piglia", marito e moglie
hanno un Dna simile
4. Mangiare pomodori fa
puzzare

Prevenzione e
Salute
5. Attenti ai tumori alla
pelle per i nati in
primavera

Domanda e
Risposta
6. Che cos’è il bruciore di
stomaco?

Dermatologia e
Salute
7. Macchie bianche sulla
pelle? Segno che si è
preso troppo sole
Martedì 27 Maggio 2014, S. Agostino, Federico, Oliviero
Proverbio di oggi……..
'A chianta nata storta nun s'adderizza maie
(Chi nasce quadro non muore tondo)
ORDINE: SERATA DI BURRACO PER
L’ U.N.I.T.A.L.S.I.
Lunedì 9 Giugno, ore 21.00, sede Ordine, serata di
beneficenza per l’UNITALSI.
CHE COS’È IL BRUCIORE DI STOMACO?
Beppe Grillo scherza sulle elezioni, dicendo con ironia: «io
intanto mi prendo un Maalox». Ma a che cosa serve
esattamente?
Il bruciore di stomaco, o pirosi, è una sensazione di
irritazione e dolore, a volte anche molto intensa, che
si prova all’altezza dello sterno. È il sintomo più tipico
di chi soffre di reflusso gastroesofageo, cioè il
“ritorno” del cibo e dei succhi gastrici nell’esofago
dopo che sono già passati nello stomaco. Ciò si verifica quando la valvola che si
trova tra questi due organi non funziona bene, aprendosi quando non
dovrebbe. La risalita di acido infiamma l’esofago, dando il bruciore di stomaco.
Il reflusso viene in genere subito dopo aver mangiato, specie se si fanno sforzi
fisici. E indossare abiti e cinture troppo stretti in vita può favorirlo. Anche
l’alimentazione influisce sull’acidità di stomaco: bibite gassate, alcolici, aglio,
cioccolato e cibi grassi peggiorano la tenuta della valvola tra stomaco ed
esofago. Arance, limoni e pomodori aumentano invece l’acidità.
Una vita troppo stressata e frenetica può aumentare in maniera significativa la
produzione di succhi gastrici. Ogni giorno ne produciamo circa 2,5-3 litri.
Lo stress tende a far aumentare questa produzione quotidiana.
Oltre ai farmaci che bloccano in parte la produzione di acidi (in particolare
quelli a base di Idrossido di Magnesio e Idrossido di Alluminio), i medici
consigliano di muoversi un pò dopo il pranzo per aiutare la discesa del cibo, di
non stendersi subito dopo un pasto e di sollevare leggermente. (Focus)
SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it
iBook Farmaday
E-MAIL:
[email protected];
[email protected]
SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli
PAGINA 2
FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 418
PREVENZIONE E SALUTE
BRUCIORE DI STOMACO? SINTOMI, CAUSE E
TRATTAMENTO DEL REFLUSSO GASTROESOFAGEO
Da non sottovalutare segni come tosse secca, respiro sibilante e presenza di asma e
polmoniti ricorrenti
Non ha preferenze per l'uno o per l'altro sesso e interessa indifferentemente
soggetti di tutte le età.
Tra i fattori di rischio che possono facilitarne lo sviluppo ci sono l'ernia iatale, la
gravidanza, l'assunzione di alcuni farmaci e lo stile di vita non salutare (essere
sovrappeso o obesi, essere esposti al fumo attivo e passivo, consumare molto sale
e poche fibre, svolgere poco esercizio fisico): sono alcune delle caratteristiche del
reflusso gastroesofageo o pirosi gastrica, disturbo popolarmente conosciuto come
"bruciore di stomaco", che viene provocato dal movimento in senso opposto del
cibo parzialmente digerito che, dallo stomaco, risale fino all'esofago, infiammandone la mucosa e
dando vita alla tipica sensazione di bruciore (la mucosa dell'esofago, a differenza di quella dello
stomaco, non è infatti "progettata" per sopportare l'acidità dei succhi gastrici, e così si infiamma).
I sintomi del reflusso gastroesofageo. Il sintomo principale del reflusso gastroesofageo è
caratterizzato da un forte bruciore alla base dello sterno che può sorgere improvvisamente ed essere
anche molto intenso. Il bruciore è il sintomo principale, ma non l'unico:
anche la tosse secca e persistente, il respiro sibilante, la presenza di asma e polmoniti ricorrenti, oltre
a laringiti, nausea, vomito ed erosione dentale possono essere indice di pirosi gastrica.
La malattia da reflusso gastroesofageo. Molte persone hanno esperienza di questo disturbo
occasionalmente; in alcuni soggetti la condizione si manifesta più frequentemente e in altri ancora
diventa un appuntamento settimanale:
in quest'ultimo caso, quando il bruciore viene sperimentato per più di due volte a settimana, si parla
di "malattia da reflusso gastroesofageo", disturbo molto diffuso nei Paesi industrializzati che, se non
opportunamente trattato, può dar vita a complicanze a lungo termine anche gravi - tra cui stenosi,
esofagite ed esofago di Barrett - e predisporre allo sviluppo del tumore dell'esofago.
Il trattamento. In caso di reflusso gastroesofageo il trattamento principale consiste nell'assunzione
di una classe di farmaci noti come "inibitori della pompa protonica" (sigla PPI). La modalità di azione
degli inibitori della pompa protonica è contenere i danni causati dal reflusso gastrico, riducendo le
secrezioni dello stomaco. (Salute, Sole24ore)
CERVELLO: RISCHIO ROTTURA ANEURISMA
NON DIPENDE DA DIMENSIONI
Il pericolo di rottura di un aneurisma cerebrale non dipende dalle sue dimensioni
ma dal "carico globale" di fattori di rischio del paziente.
Il nuovo studio ha dimostrato che le dimensioni hanno uno scarso impatto sulla rottura.
I risultati hanno rivelato che un terzo di tutti gli aneurismi e oltre un quarto dei piccoli aneurismi si
rompono durante la vita del paziente.
Il pericolo di rottura è elevato tra le donne fumatrici con aneurismi cerebrali di sette mm o più di
diametro. L'impatto minore delle dimensioni sul rischio rottura è emerso tra gli uomini, basso tra i non
fumatori. (Agi)
PAGINA 3
FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 418
PREVENZIONE E SALUTE
ATTENTI AI TUMORI ALLA PELLE
PER I NATI IN PRIMAVERA
I piccoli partoriti fra marzo e maggio esposti al sole precocemente e più a lungo.
Esperti al telefono per rispondere alle domande sulla prevenzione
Mamme, attenzione al primo sole dei vostri neonati. Secondo uno
studio scientifico diffuso in occasione dell’Euromelanoma Day 2014,
infatti, i bambini nati durante i mesi primaverili sono più a rischio
degli altri di sviluppare da grandi un tumore della pelle.
La bella stagione invoglia a trascorrere del tempo all’aria aperta
esponendo i piccoli, fin dalle prime settimane dopo il parto, alle
radiazioni ultraviolette.
Lo studio sui neonati: Una ricerca pubblicata sull’International
Journal of Epidemiology dai ricercatori americani della Stanford University, in California, ha analizzato i
dati relativi a oltre tre milioni e mezzo di svedesi nati fra il 1973 e il 2008, valutando quanti fossero i
casi di melanoma (la più aggressiva forma di tumore cutaneo) diagnosticati fino al 2009, arrivando
quindi a coprire al massimo persone di 37 anni.
I risultati indicano che i primi mesi di vita sembrano rappresentare un periodo critico di suscettibilità
all’esposizione solare per lo sviluppo del melanoma e che i nati tra marzo e maggio vanno incontro a
maggiori probabilità di sviluppare questa patologia durante l’adolescenza o l’età adulta.
E i ricercatori americani sottolineano l’importanza di evitare completamente l’esposizione degli infanti
al sole.
«Proteggere i più piccoli è quanto mai importante, perché è stato ampiamente dimostrato che chi si è
ustionato al sole da bambino ha un maggior rischio di sviluppare un tumore della pelle da adulto. I nati
durante il periodo primaverile vengono esposti al sole precocemente e più a lungo rispetto a chi viene
partorito nei mesi invernali, servono quindi maggiori cautele nel proteggerli».
Il sole fa bene (se preso con cautela). Da tempo è stato dimostrato scientificamente un chiaro e
indubbio rapporto tra esposizione ai raggi del sole e carcinoma basocellulare, il più comune tumore
cutaneo, fortunatamente poco aggressivo nella maggioranza dei casi, che si diagnostica soprattutto in
chi passa molte ore all’aria aperta e nelle zone del corpo più esposte, quali volto e cuoio capelluto. Un
numero crescente di ricerche indica anche che le ustioni provocate dalla scorretta esposizione al sole
(specie in giovane età) possono danneggiare il nostro Dna e, sul lungo periodo, portare a modificazioni
delle cellule che inducono anche lo sviluppo del più aggressivo melanoma.
E il rischio aumenta ulteriormente nelle persone con pelle chiara.
«Sia ben chiaro però: non bisogna fuggire dal sole, che ha effetti benefici sull’umore e stimola la sintesi
di vitamina D, un vero toccasana per rafforzare le ossa e contro malattie infettive, autoimmuni e
cardiovascolari.
Si deve invece imparare a proteggersi adeguatamente dai raggi ultravioletti, specie chi ha capelli occhi
e carnagione chiara: utilizzando schermi solari ad alta protezione, usando cappelli, magliette e occhiali
da sole ed evitando di esporsi ai raggi durante le ore più calde». (Salute, Corriere)
PAGINA 4
FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 418
DERMATOLOGIA E SALUTE
MACCHIE BIANCHE SULLA PELLE?
SEGNO CHE SI È PRESO TROPPO SOLE
«Compaiono spesso sulle gambe e non se ne vanno più.
Utili l’autoabbronzante e alcune tecniche rigenerative»
Piccole, bianche, dei tondi quasi perfetti. A prima vista quelle macchie
disseminate qua e là sulle gambe sembrano un’antiestetica micosi, un banale fungo della pelle:
una crema, qualche precauzione e la cute tornerà uniforme come prima. Ma a toglierci ogni illusione è
il prof. Marcello Monti, resp. dell’Unità operativa di Dermatologia dell’Istituto clinico Humanitas di
Rozzano (Mi), che rivela: «Queste chiazze, ahimè, non se ne vanno più. Sono lo scotto da pagare per
essersi esposti troppo, e male, al sole. Compaiono verso i cinquant’anni, quando la pelle inizia a
mostrare i primi segni di invecchiamento, e si distribuiscono prima sulla parte anteriore delle gambe, la
zona più esposta alla luce solare, poi sulle braccia». Per i dermatologi, sono un importante indice per
capire quanto la persona si è crogiolata sotto il solleone. Per chi le ha, un campanello d’allarme che
avvisa di mettere freno alla tintarella. Insomma, meno sole, più ombra.
Melanociti addio. Ma come mai si formano? «Il perché è ancora tutto da scoprire. Di certo si sa
che, in quella precisa zona, i melanociti, le cellule deputate alla produzione di melanina, il pigmento che
dà colore alle pelle, spariscono, impedendo così alla cute di abbronzarsi». Macchie che le donne, però,
faticano ad accettare. Anche perché, accanto alle bianche, presto o tardi, si formeranno quelle di
colore marrone, tipiche dell’età che avanza. Insomma, un effetto dalmata poco piacevole. Che fare,
allora?
Sì all’autoabbronzante. «Stabilito che in quella parte del corpo non ci si abbronza più, è inutile
affidarsi alla crema solare. Meglio ricorrere all’autoabbronzante, che aiuta a mascherare le macchie.
Una soluzione che piace ai medici e soddisfa chi patisce le chiazze bianche».
Un aiuto rigenerante. Le vie d’uscita non finiscono qui. A darci una mano è anche la dermatologia
rigenerativa che, grazie a tecniche specifiche, ringiovanisce la pelle, cercando di limitare i danni
provocati dai raggi solari.
«Tra queste, c’è la terapia fotodinamica - prosegue Monti -. Si tratta di una lampada che emette una
luce rossa in grado di far reagire, attraverso un foto sensibilizzante precedentemente applicato, ed
eliminare, le cellule danneggiate dal sole, donando al tessuto cutaneo un colorito più sano. Mentre le
macchie bianche si vedono meno. Un’altra tecnica è la Needling (dall’inglese needle, cioè ago): un
particolare strumento manda velocemente avanti e indietro una serie di aghi che si conficcano
nell’epidermide e nel derma, lo strato intermedio della cute.
L’obiettivo è sempre lo stesso: stimolare la pelle a rispondere. Infine, c’è il Micropeeling.
Si passano sulle gambe alcune soluzioni contenenti acido glicolico e salicilico, così da accelerare il
processo di desquamazione e facilitare la rigenerazione delle cellule epiteliali. Sia chiaro, però: queste
tecniche non mirano a cancellare le macchie bianche ma a migliorare la situazione generale della pelle
danneggiata dall’esposizione al sole».
Stop (o quasi) alle creme. Un tema spinoso, difficile da fare accettare, eppure semplice da capire, è
come difendersi dai raggi ultravioletti. «Chi è vittima dell’invecchiamento della pelle dovuto al sole non
trova nelle creme solari il rimedio ideale. Nemmeno se si affida a quelle ad alta protezione - avvisa il
dermatologo -. La ragione? Una volta spalmate, si esauriscono rapidamente e ci si dimentica di
rimetterle, con il rischio di rimanere al sole per ore e ore senza alcuno schermo. Così le macchie
bianche saranno sempre più evidenti. Un circolo vizioso che può essere spezzato se si coprono le
gambe con un bel pareo o un asciugamano. O, meglio ancora, se si sta il più possibile all’ombra».
(Salute, Corriere)
PAGINA 5
FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 418
"CHI SI SOMIGLIA SI PIGLIA", MARITO
E MOGLIE HANNO UN DNA SIMILE
Il patrimonio genetico influisce nella scelta del partner per
la vita
Si tende a sposare chi ha un patrimonio genetico simile al proprio. Sfatando, quindi, una delle leggi
che vuole che ad attrarsi siano gli opposti, nelle relazioni stabili pare che a influire siano più le cose in
comune. La ricerca condotta è pubb. su Proocedings of the National Academy of Sciences.
Influiscono anche altri fattori - "Il meccanismo con cui si sceglie il partner è molto complicato e
sfaccettato. Probabilmente, il Dna rientra nella lunga lista delle preferenze, insieme al livello culturale,
alla religione, all'età, ai caratteri somatici, al reddito e ad altri elementi". I ricercatori concludono:
"E' molto difficile stabilire quanto i nostri geni comandino tali decisioni ma noi abbiamo scoperto che
gli sposi erano più geneticamente simili rispetto agli altri individui, scelti a caso. Probabilmente tale
forza è minore rispetto ai fattori sociali ma partecipa alla scelta in tutta una serie di elementi".
(Salute, Tgcom24)
MANGIARE POMODORI FA PUZZARE
Una dieta ricca di frutti dell’orto come il pomodoro, se da una parte è buona per la
salute, dall’altra pare lo sia meno per l’odore emesso dal proprio corpo e, in
particolare, le ascelle. Mangiare molti pomodori, infatti, sembra porti a emettere
un cattivo odore, indipendentemente dall’igiene personale o
una predisposizione genetica
Il rosso frutto dell’orto, il pomodoro, è non solo buono da mangiare ma
anche buono con la salute. I pomodori, infatti, sono un alimento sano e
ricco di sostanze benefiche per l’organismo come, per es., gli antiossidanti
– che proteggono dall’invecchiamento, l’ossidazione e molte malattie.
Come però spesso accade, c’è il rovescio della medaglia: se dunque i pomodori fanno bene alla salute,
non farebbero altrettanto all’odore corporeo, in particolare quello emesso dalle ascelle. Secondo uno
studio britannico, infatti, mangiare abbondanti porzioni di pomodoro farebbe emettere un cattivo
odore – indipendentemente dall’igiene personale o fattori genetici.
La decisione di condurre lo studio che ha mostrato come mangiar pomodori può far puzzare è nata,
come già accaduto in molti casi, da un’esperienza personale. Il dott. Charles Stewart, infatti, soffriva
dal 2007 di un problema di odore del corpo. Problema che era diventato piuttosto ingombrante, dato
che ogni volta che entrava in una stanza i suoi colleghi si affrettavano ad aprire le finestre. In prima
battuta, il dott. Stewart ha dato la colpa al gran caldo in quell’estate, ma poi iniziò ad avere dei dubbi.
Divenne allora consapevole che il problema era l’odore emesso dal suo corpo. Ma, nonostante l’uso di
generose quantità di sapone, non riusciva a controllarlo. La scoperta che gli steli della pianta di
pomodoro sono ricchi di una sostanza che ricorda l’odore di sudore, fece rendere conto che forse il
problema era proprio quello. Riducendo così l’assunzione di pomodori, il medico scoprì, con sua
somma sorpresa e sollievo, che il cattivo odore se n’era andato. Dietro al mistero della puzza, le
ricerche del dr Stewart hanno rivelato che vi era l’olio presente nei gambi dei pomodori, il quale
contiene delle sostanze chiamate “terpeni”. Una volta entrate nell’organismo attraverso
l’alimentazione, queste sono scisse dagli enzimi presenti nel nostro corpo, producendo sostanze
chimiche che reagiscono con il noto antiossidante presente nei pomodori, il licopene, che, a sua volta,
ha portato alla produzione dei maleodoranti effluvi emessi dal corpo. (Salute, La Stampa)