Commercio internazionale e logistica: possibili ricadute per

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Commercio internazionale e logistica: possibili ricadute per
Commercio internazionale e logistica:
possibili ricadute per l'area campana.
di Gennaro Zezza*
Introduzione
La cosidetta "globalizzazione dell'economia" si sta accompagnando a profonde
modifiche nella struttura produttiva dei paesi industrializzati, e nella composizione della
domanda finale. La globalizzazione, oltre ad essere associata al processo di progressiva
liberalizzazione nella circolazione internazionale dei capitali, è accelerata dalle innovazioni
tecnologiche che riducono i costi di trasporto e di comunicazione. In particolare, lo
sviluppo di reti informative come Internet ha consentito anche alle piccole e medie imprese
di ampliare i propri mercati di approvvigionamento e di sbocco.
Lo sviluppo delle reti di comunicazione e la caduta tendenziale dei costi di trasporto
hanno quindi contribuito ad accelerare la tendenza al decentramento produttivo - per
quanto riguarda il commercio di beni - ed hanno reso possibile il decentramento nella
produzione di molti servizi prima considerati non tradable. L'Italia - ed in particolare il
Mezzogiorno che ha visto ampliarsi, negli ultimi anni, il ritardo di sviluppo rispetto al resto
del Paese - deve quindi essere in grado di affrontare la concorrenza in settori
tradizionalmente protetti, e sviluppare nuove attività produttive, se vuol mantenere il passo
con gli altri sistemi economici con cui si va integrando.
Lo sviluppo del commercio internazionale in una prospettiva di integrazione dei
mercati determina una forte crescita della domanda di trasporto, sia in termini quantitativi
che in termini di qualità e diversificazione dei servizi offerti.
Assume quindi particolare rilievo la logistica integrata, definita come "quel processo
strategico trasversale alle attività di impresa che regola il trasporto e lo stoccaggio di
materie prime, semilavorati, componenti e prodotti finiti in maniera tale che questi
raggiungano i rispettivi luoghi di produzione e consumo."(1). La logistica è uno degli aspetti
delle strategie di un'impresa globale, che opera su più mercati e tuttavia ritiene utile
ottimizzare le caratteristiche del prodotto in base ad un segmento specifico (locale) del
mercato finale, o persino del singolo consumatore. Se si parla di logistica integrata si
intende sottolineare come essa sia "un'essenziale funzione organizzativa diretta
all'ottimizzazione del sistema produttivo e distributivo dei prodotti nel suo complesso, e
non di uno o più sottosistemi (previsioni della domanda, scelte localizzative di stabilimenti
e depositi, programmazione e gestione dell'acquisizione di materie prime, movimentazione
dei materiali, evasione degli ordinativi, confezionamento, magazzinamento e lo
stoccaggio, ecc.)."(2)
Uno strumento importante a disposizione della logistica integrata è l'utilizzo di sistemi
di trasporto intermodali - ossia la possibilità di spostare merci tramite diverse modalità di
trasporto (su strada, rotaia, via mare, via area) senza dover intervenire sul carico
trasportato nel passaggio da una modalità di trasporto all'altra. I sistemi intermodali, in tal
modo, consentono un notevole risparmio sui costi di trasferimento delle merci.
L'intermodalità è realizzata tramite gli interporti, che devono comprendere uno scalo
ferroviario idoneo alla formazione di treni intermodali, ed essere collegati alle altre
principali vie di comunicazione (porti, aereoporti, sistema stradale). Gli interporti devono
quindi inserirsi in modo organico nella rete complessiva di trasporto, ed avere dimensioni
sufficienti ad ammortizzare il costo delle infrastrutture di cui si servono.
Va sottolineato come il trasporto merci italiano sia tuttora prevalentemente su
gomma, con percentuali ben più alte rispetto ad altri paesi europei. Lo sviluppo di un
sistema di trasporto intermodale, oltre che efficiente dal punto di vista dei costi, ha quindi
altre ricadute: "Sviluppare l'intermodalità significa decongestionare il traffico nelle grandi
aree urbane, ridurre la perifericità del Mezzogiorno, aumentare la competitività delle aree
deboli, incrementare la fruibilità dei servizi in genere, ridurre l'inquinamento e, soprattutto,
migliorare la qualità dei servizi di trasporto."(3).
In questo lavoro si esaminerà il contesto macroeconomico in cui si sta sviluppando la
domanda e l'offerta di logistica nel territorio campano. In particolare, l'interporto di Nola(4)
può essere un esempio significativo di come un'iniziativa nata nel Mezzogiorno
contribuisca ad uno sviluppo equilibrato del sistema produttivo italiano, e di quello
meridionale in particolare, oltre che essere fonte di occupazione, diretta ed indiretta, e di
sviluppo locale in Campania.
L'interporto campano potrebbe e dovrebbe risultare un importante tassello della
strategia delineata a fine 1999 dall'allora Ministro dei Trasporti: "L'Italia, nodo centrale dei
traffici con gli Stati che si affacciano sul Mediterraneo, può svolgere un ruolo di primo
piano per la creazione di un polo della logistica integrata finalizzato al rilancio
dell'economia continentale ed allo sviluppo dei Paesi africani e del Medio Oriente."(5). Tale
strategia può essere resa possibile da una evoluzione del commercio internazionale con
essa compatibile, e da adeguati interventi di investimento, coordinamento e incentivo da
parte delle autorità competenti.
Nel paragrafo 1 analizzeremo lo sviluppo recente del commercio mondiale, cercando
di delineare gli effetti specifici sull'area del Mezzogiorno; nel paragrafo 2 saranno valutate
le possibili conseguenze dalla diffusione del commercio elettronico, e nel paragrafo 3 si
analizzeranno le politiche nazionali per lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto(6).
1. Recenti dinamiche nel commercio estero.
Lo sviluppo della logistica(7) dipende strettamente dai flussi commerciali che
interessano il nostro Paese, sia direttamente in quanto luogo di origine o destinazione
delle merci, sia in modo indiretto come tramite di flussi commerciali provenienti e diretti
all'estero.
Il nostro Paese è infatti attraversato da tre grandi direttrici di collegamento mondiale:
"due direttrici est-ovest, la prima che va dai Balcani e dall'Europa orientale verso l'Europa
occidentale e la penisola iberica, la seconda che va dall'Estremo Oriente all'Europa
occidentale attraverso il canale di Suez ed il Mediterraneo, e la direttrice nord-sud che va
dal nord Africa e dai Paesi del vicino e Medio Oriente verso l'Europa meridionale e
centrale."(8) Queste ultime due direttrici possono interessare anche l'area meridionale, se
l'itinerario di trasporto più conveniente passa per un porto meridionale (come Gioia Tauro),
per proseguire via terra verso il Nord.
La domanda globale di servizi di trasporto e di logistica in generale dipenderà
dunque dall' evoluzione del commercio internazionale lungo queste tre direttrici, oltre che
dallo sviluppo della domanda nell'area in cui la struttura logistica è dislocata. In tabella 1
abbiamo riassunto i dati più recenti relativi ai flussi di commercio internazionale.
Uno degli aspetti del processo di globalizzazione dell'economia è colto da una
crescita del commercio mondiale - perlomeno tra gli anni 1985 e fino al 1997 decisamente superiore al tasso di crescita della produzione. Nel 1998 tale crescita ha
subito una battuta d'arresto legata alla crisi delle economie emergenti in Asia(9), i cui effetti
hanno avuto termine solo nel 1999.
Tabella 1. Dinamica delle esportazioni
(variazioni percentuali su dati in miliardi di dollari)
Media Media Media
1996 1997 1998 1999
1980-85 1985-90 1990-95
Mondo
-0,8% 12,0%
8,1% 5,3% 3,5% -1,8% 3,3%
America del Nord
1,1% 11,0%
8,3% 6,4% 9,2% -0,7% 4,0%
Unione Europea
-1,2% 16,3%
6,3% 3,3% -0,5% 3,8% -0,6%
di cui: verso altri paesi
-0,5% 13,0%
7,4% 5,5% 1,8% -0,3% -1,5%
Italia
-0,4% 17,3%
6,6% 7,7% -4,7% 0,9% -4,8%
Nord Africa e Medio Oriente
-12,4%
5,0%
1,1% 17,1% 4,4% -21,6% 20,4%
Asia
5,2% 13,7% 12,8% 1,2% 5,3% -6,2% 6,8%
Economie in transizione
-0,2%
-7,6%
8,6% 33,9% 4,7% -3,8% -1,7%
Fonte: ns. elaborazioni su dati WTO
L'andamento della congiuntura negli Stati Uniti ha sicuramente contribuito in modo
determinante a trainare le altre economie negli ultimi anni: questo Paese è infatti tornato a
tassi di crescita molto sostenuti, che si accompagnano ad un forte e crescente deficit nei
propri conti con l'estero. L'economia americana è tuttavia su un percorso che non potrà
durare a lungo, in quanto l'aumento della domanda in questo Paese, generando un deciso
aumento delle importazioni, ha creato un deficit nei conti con l'estero che si va
accumulando in un debito di peso crescente. Contestualmente, l'attravità dei mercati
finanziari statunitensi attira capitali dal resto del mondo, rafforzando il dollaro e rendendo
quindi meno competitivi i prodotti americani, contribuendo in tal modo ad ampliare il deficit
commerciale. Un processo di espansione squilibrato come questo non potrà durare a
lungo, ma dovrà prima o poi risolversi in un rallentamento della domanda interna e/o in
una caduta del corso del dollaro.
Le esportazioni dell'Unione europea non sembrano aver beneficiato ancora della
debolezza dell'euro nei confronti del dollaro, almeno fino al 1999. Per quest'area, infatti, è
particolarmente sentita la concorrenza in termini di prezzo da parte delle economie
emergenti ed inoltre la maggior parte del commercio per questi paesi è interno all'UE, e
non dipende quindi dal corso dell'euro.
Il calo dell'export è stato particolarmente sentito per l'Italia che risente, oltre che dei
problemi di competitività, anche degli effetti del riorientamento della domanda mondiale
verso settori, come l'elettronica e le telecomunicazioni, in cui il nostro Paese non ha
vantaggi comparati.
L'analisi degli ultimi dati provvisori disponibili, nel grafico 1, mostra come l'effetto
della svalutazione dell'euro si stia facendo sentire per le esportazioni italiane verso i Paesi
esterni all'Unione monetaria europea, a partire dall'inizio del 1999, mentre non vi sono
sensibili effetti sul commercio rivolto verso i paesi partners nell'UE.
L'evoluzione delle esportazioni si è accompagnata anche ad una sensibile variazione
nel peso che ciascuna circoscrizione geografica del nostro Paese ha nel commercio
complessivo.
E' aumentato il grado di apertura del Nord-Est, parallelamente allo sviluppo
economico di quest'area, mentre si è ridotta ulteriormente la già esigua presenza delle
imprese meridionali sul totale delle esportazioni, come mostra il grafico 2. Questa
tendenza sembra forse invertirsi negli ultimi anni: secondo le ultime stime disponibili il
Mezzogiorno ha riportato il proprio peso sull'export complessivo dall'8,7% del 1995 al
10,1% del 1999. Le stime disponibili per il primo trimestre del 2000 fanno registrare un
ulteriore, piccolo aumento del peso di quest'area.
L'area mediterranea, o meglio il complesso dei Paesi del Nord Africa e del Medio
Oriente, non ha aumentato in modo significativo il proprio peso nell'export complessivo,
soprattutto se si depurano i dati dal commercio di prodotti petroliferi, il cui prezzo è in
aumento dall'anno scorso.
Gli effetti della dinamica dell'export mondiale sulle quote di mercato delle singole
aree è sintetizzata in tabella 2.
Notiamo come le economie in transizione dell'Est europeo non sembrano riuscire a
guadagnare quote di mercato, nonostante i vantaggi comparati in termini di costo del
lavoro.
Tabella 2. Quote di mercato
(rapporto tra le esportazioni dell'area e le esportazioni totali, su dati in miliardi di dollari)
1980 1985 1990 1995 1996 1997 1998 1999
America del Nord
14,4% 15,9% 15,2% 15,3% 15,5% 16,3% 16,5% 16,6%
Unione Europea
37,1% 36,3% 43,9% 40,4% 39,7% 38,1% 40,3% 38,8%
Italia
3,8% 3,9% 5,0% 4,6% 4,7% 4,3% 4,5% 4,1%
Nord Africa e Medio Oriente
12,7% 6,8% 4,9% 3,5% 3,9% 4,0% 3,2% 3,7%
Asia
15,9% 21,4% 23,0% 28,5% 27,4% 27,8% 26,6% 27,5%
Economie in transizione
7,7% 8,0% 3,1% 3,1% 4,0% 4,0% 4,0% 3,8%
Fonte: ns. elaborazioni su dati WTO
Le previsioni disponibili per l'anno in corso confermano la ripresa dell'economia
europea, e di quella italiana in particolare. Più in generale, "per il 2000 è previsto uno
scenario di crescita sostenuta ovunque, che dovrebbe comportare un tasso di incremento
del commercio mondiale vicino al 10%."(10). Per quanto riguarda l'Italia, le esportazioni
sono in ripresa, in particolar modo quelle rivolte verso gli Stati Uniti, l'Est europeo e alcuni
paesi asiatici. Tuttavia "la flessibilità degli esportatori italiani, cioè la loro capacità di
rispondere con particolare prontezza alla differenziata congiuntura dei diversi mercati,
assume una valenza complessivamente negativa."(11).
L'Italia, paese caratterizzato da una prevalenza di piccole e medie imprese
specializzate in settori tradizionali e maturi, è quindi particolarmente a rischio in un'epoca
di globalizzazione, in cui da un lato pesa in modo crescente la competitività di prezzo
rispetto alle economie emergenti, e dall' altro si assiste ad un aumento nel numero o nella
dimensione delle imprese che operano sui mercati globali. Quest' ultima tendenza sarà
probabilmente favorita dal consolidarsi del commercio elettronico o e-commerce, che
merita un'analisi più attenta.
2. E-commerce e geografia degli scambi.
Il commercio elettronico, nelle due componenti business to business (B2B) e
business to consumer (B2C) sta avendo uno sviluppo rapidissimo anche in Europa.
Secondo stime recenti(12), il mercato globale del commercio elettronico nel 1998 era
raddoppiato rispetto all'anno precedente, raggiungendo un valore di 111 miliardi di dollari.
L'Europa è partita in ritardo rispetto agli Stati Uniti, ma sta rapidamente colmando il
divario: si prevede che nel 2002 i guadagni connessi al commercio elettronico in Europa
saranno il 55% di quelli negli Stati Uniti, e che nel 2003 la popolazione dell'Unione
Europea in grado di accedere al commercio elettronico eguagli quella statunitense.
L'e-commerce in Europa dovrebbe passare da un valore stimato in meno di 100
miliardi di ECU nel 2001 ad oltre 1.000 miliardi di ECU nel 2004(13). Di questi, la parte
prevalente sarà connessa al B2B, ossia a scambi interni alle imprese, mentre il commercio
elettronico verso il consumatore finale manterrà un ruolo di minore importanza.
La diffusione di Internet tra i consumatori italiani ha ritmi altrettanto vertiginosi.
L'ultima rilevazione(14) dell'I-Lab Bocconi stima in oltre 8 milioni gli adulti che hanno
utilizzato Internet almeno una volta al mese, con una crescita del 40% rispetto alla
rilevazione svolta sei mesi prima.
E' interessante notare come la diffusione di questi strumenti non segua il tradizionale
dualismo Nord-Sud del nostro Paese: l'utilizzo di Internet è altrettanto diffuso nel
Mezzogiorno che nel Centro-Nord.
Tassi di crescita così elevati per le tecnologie della Information Society dovrebbero
colmare il gap con la situazione statunitense, dove - a metà 1999 - il 40% della
popolazione di oltre 15 anni utilizza Internet, a fronte di un valore pari al 10% per l'Italia(15).
E' anche aumentata in modo considerevole la quota di coloro che utilizzano Internet
per acquistare beni e servizi: oltre 1 milione di italiani, a Marzo 2000, ha utilizzato almeno
una volta la rete Internet per compiere acquisti: la domanda si è orientata prevalentemente
verso l'acquisto di libri e CD, di prodotti informatici, di software, di viaggi e via via delle
altre categorie di beni.
Da questo possiamo dedurre che il
dall' impresa al consumatore finale, è
prospettive di mercato per le nostre
concorrenza internazionale da parte di
mercato italiano.
commercio elettronico, almeno nella forma B2C
già decollato anche in Italia, offrendo nuove
imprese, ma allargando contestualmente la
imprese di e-commerce estere interessate al
Secondo le rilevazioni campionarie compiute dall' I-Lab Bocconi, principale ostacolo
alla diffusione degli acquisti via Internet è l'incertezza della transazione - incertezza che
riguarda soprattutto la qualità del prodotto acquistato e la sicurezza del mezzo di
pagamento. Per questi motivi i consumatori tendono ad orientarsi verso marchi noti, e
strutture che offrono adeguate misure di sicurezza nei pagamenti. Inoltre, dalle analisi
campionarie è emerso che la principale fonte di insoddisfazione di chi ha svolto acquisti
on-line riguarda i tempi di consegna.
Questi risultati confermano la semplice intuizione che il passaggio dall'acquisto di
beni sul mercato locale all'e-commerce implica un drastico aumento nella domanda di
servizi logistici, domanda che può avere tra l'altro elevati picchi di stagionalità - come già si
è verificato in occasione del Natale 1999 - e che trova le imprese di logistica e trasporto in
ritardo.
Sul lato dell'offerta di e-commerce, Internet e le altre reti telematiche stanno
diventando rapidamente parte integrante dell' organizzazione logistica delle imprese, e
non solo delle imprese di grandi dimensioni. La possibilità di comunicare a costi prossimi a
zero, ed indipendentemente dalla distanza, modifica la geografia dei mercati di riferimento
per l'impresa, sia per quanto riguarda la clientela che i fornitori. Come si è detto, però, il
rischio percepito dal consumatore a fronte di un acquisto on-line premia soprattutto le
imprese di dimensione media-grande, che sono in grado di far conoscere i propri marchi
anche tramite altri strumenti informativi ed altri canali più tradizionali di distribuzione. Le
imprese di piccola dimensione possono accedere ai benefici dell'e-commerce se sono in
grado di posizionarsi in una specifica nicchia di mercato, e se riescono ad avere adeguata
visibilità, o consorziandosi, o entrando a far parte di strumenti informativi più generali,
come i cosidetti portali.
La diffusione del commercio elettronico è accompagnata quindi da tendenze
contrapposte per quanto riguarda la struttura dei mercati. Se da un lato l'ampliarsi del
numero dei consumatori e la sparizione delle barriere territoriali spinge verso un aumento
del grado di concorrenzialità complessiva dei mercati, dall'altro le economie di rete e di
scala, la necessità di integrare le strategie di marketing sui vari media, le sinergie derivanti
dall'adesione ai portali implicano un maggior grado di monopolio.
In ogni caso, la diffusione dell'e-commerce in Italia sarà rapida se accompagnata da
un aumento nella quantità e qualità dei servizi logistici. Non a caso le maggiori imprese di
logistica sul piano internazionale stanno predisponendo strategie di ingresso nei Paesi in
cui non sono presenti, e alcune imprese logistiche italiane sono già state acquisite, di
recente, da imprese estere.
Un segnale incoraggiante, per quanto riguarda il Mezzogiorno, è dato dal fatto che
diverse fonti informative ritengono che il Sud stia tenendo il passo del resto del Paese per
quanto riguarda la diffusione delle tecnologie della Information Society, in termini ad
esempio di percentuale della popolazione on line, di Enti locali che hanno predisposto
servizi per via telematica, etc. Sono anche numerosi i casi di piccole imprese meridionali
che hanno già sfruttato Internet con successo per allargare i propri mercati di sbocco
all'estero.
Ad esempio, in una recente indagine campionaria(16) svolta per conto dell'API sulle
piccole e medie imprese della provincia di Napoli è risultato che la maggioranza del
campione ritiene le tecnologie telematiche di centrale importanza, l'89% già si avvale della
trasmissione telematica di documenti, il 70,4% utilizza la telematica per i rapporti con
fornitori e clienti, e la percentuale scende al 45,7% per quanto riguarda l'utilizzo del
commercio elettronico, che rappresenta tuttavia una quota molto rilevante delle imprese
nel complesso.
Queste tendenze favorevoli potranno giocare a favore di un riequilibrio
nell'internazionalizzazione delle regioni meridionali, soprattutto se le imprese in questi
territori sapranno tenere il passo dell'evoluzione tecnologica, che sta chiudendo - per
quanto riguarda Internet - la fase di lancio e di novità poco strutturata, per passare ad una
fase di utenza di massa in cui i produttori dovranno raggiungere, crescendo o
consorziandosi, dimensioni minime adeguate a fornire servizi competitivi con quelli
sviluppati nelle altre economie.
3. L'orientamento delle politiche dei trasporti in Italia.
Il prevedibile sviluppo della domanda di logistica e di trasporto merci per l'Italia potrà
essere soddisfatta in base alla dotazione di infrastrutture, ed alla pianificazione decisa in
sede comunitaria e nazionale per lo sviluppo delle reti di trasporto nell'immediato futuro.
La situazione dei trasporti in Italia ad oggi pone numerosi problemi, anche di tipo
territoriale. Il Piano Generale dei Trasporti presentato nel Luglio di quest'anno evidenzia
alcuni problemi strutturali:
•
•
•
•
esiste un forte squilibrio nella composizione del traffico a favore dei trasporti su
strada, che hanno maggiori ricadute in termini di impatto ambientale e
congestione, in particolare nelle aree metropolitane;
la qualità dei servizi di trasporto è carente per motivi differenti a seconda del
territorio: nel Centro-Nord alcune direttrici di trasporto sono ormai
congestionate, mentre l'accessibilità della rete infrastrutturale nel Mezzogiorno
è ancora carente, con uno sviluppo ancora inadeguato per quantità e qualità;
la struttura imprenditoriale risulta debole e con un assetto organizzativogestionale superato, anche per il ritardo con cui si sta passando da una
gestione monopolistica di alcune infrastrutture e servizi ai nuovi assetti
concorrenziali previsti dalla Comunità europea;
di conseguenza, il settore dei trasporti e della logistica italiana risulta
vulnerabile rispetto alle imprese straniere che, in assenza di interventi,
potranno occupare quote crescenti del mercato italiano.
Passando all'analisi delle diverse modalità di trasporto, possiamo notare come le
infrastrutture ferroviare abbiano avuto negli ultimi anni uno sviluppo prevalentemente
qualitativo, e non quantitativo. A fine 97 il Nord aveva quasi 7mila km di rete ferroviaria in
gran parte (72%) elettrificata e per la maggior parte (57%) a doppio binario, mentre per il
Sud tali valori scendono al 52% e al 23%, rispettivamente(17).
I dati in tabella 3 mostrano come, a fronte di una crescita media del 2,8% nelle
tonnellate trasportate nel periodo dal 1990 al 1998, l'offerta sia diminuita. Le tonnellate-km
sono aumentate meno rapidamente, ad un tasso medio dell' 1,9% a fronte di una
sostanziale stabilità nell'offerta. Di conseguenza è aumentato il grado di utilizzo della rete
ferroviaria, che è passato dal 40% al 47%. La bassa crescita del 1998 era tuttavia
direttamente dovuta al ristagno della domanda e del commercio in quell'anno, e potremmo
presumere che la ripresa di fine 99 e dell'anno in corso si accompagnerà ad un incremento
nel trasporto merci.
Tabella 3. Italia. Trasporto merci su ferrovia - Anni 1990-1998
1990
1995
1996
Domanda
Tonnellate trasportate (migliaia)
69.945 82.982 79.861
Tonnellate-km trasportate (milioni)
21.855 24.673 23.994
Percorso medio di una tonnellata (c/p) (1)
324
302
305
Offerta
Tonnellate offerte (migliaia)
3.515,7 3.382,7 3.163,7
Tonnellate-km offerte (milioni)
54.129 56.107 54.432
Grado di utilizzo
Tonnellate-km / tonnellate-km offerte (2)
0,40
0,44
0,44
1997
1998
86.300 87.327
25.917 25.366
304
294
3.158,9 3.165,6
58.190 54.536
0,45
0,47
Fonte: Conto Nazionale dei Trasporti, tab. IV.1.6
Il trasporto merci per ferrovia risulta utilizzato per lunghe distanze, mentre per
distanze brevi si preferisce il trasporto su gomma. Un semplice confronto tra i dati delle
tabelle 3 e 4 fornisce l'ampiezza del divario tra trasporti su gomma e su ferrovia, con un
rapporto di 1 a 14 a favore della gomma nel 1998.
I dati in tabella 4 mostrano come la depressione del ciclo economico abbia colpito
anche il trasporto su gomma, che nel 1998 non ha ancora recuperato il volume trasportato
nel complesso nel 1995. La ripresa del 1999, secondo i dati sul trasporto merci su strada
resi disponibili nel settembre 2000 dall'Istat, non ha comportato un sensibile aumento nel
tonnellaggio movimentato in complesso: l'aumento su base annua nel 1999 è infatti
inferiore all' 1%.
E' interessante notare come la composizione del traffico si stia spostando
progressivamente verso la terziarizzazione del trasporto. Il trasporto su gomma conto terzi
era infatti il 63% del totale nel 1995, ed è aumentato a poco meno del 69% nel 1998.
Tabella 4. Italia. Trasporto merci su strada - Anni 1995-1999
(migliaia di tonnellate e valori percentuali)
1995
1996
1997
Conto proprio - tonn.
457.664
402.866
368.567
(%)
36,7%
35,3%
32,0%
Conto terzi
788.687
739.525
784.677
(%)
63,3%
64,7%
68,0%
Totale
1.246.352 1.142.391 1.153.243
1998
384.634
31,3%
845.653
68,7%
1.230.288
1999
440.296
35,7%
791.310
64,3%
1.231.606
Fonte: ns. elaborazioni su Conto Nazionale dei Trasporti, e Istat.
Il trasporto conto terzi è invece diminuito nel 1999, secondo gli ultimi dati disponibili,
non in quanto si sia ridotto il tonnellaggio trasportato, quanto per l'aumento del trasporto
effettuato da società estere sul territorio nazionale, erodendo quote di mercato alle
imprese italiane. Il trasporto conto-terzi fa registrare quote ancora più elevate se misurate
in termini di tonnellate/km, a dimostrazione di come questa modalità di trasporto sia
preferita per lunghi tragitti.
Integrando queste informazioni con quelle relative alla dinamica dei trasporti su
strada nel complesso, e notando come il trasporto in conto proprio sia aumentato del
14,5% nel 1999, potremmo indurre che la ripresa economica abbia già avuto effetti sul
settore nel suo complesso, ma che questi effetti siano visibili solo nel segmento meno
esposto alla concorrenza internazionale - quello del trasporto conto proprio - mentre per il
resto vadano ad aumentare l'esborso delle nostre imprese verso strutture logistiche
estere.
Il trasporto intermodale, misurando con questo termine sia il trasporto di container
che il trasporto combinato strada-rotaia, ha avuto negli ultimi anni una crescita molto più
rapida degli altri tipi di trasporto. Le tonnellate trasportate in modo intermodale sono
aumentate(18), nel periodo 1990-98, del 94% a fronte di un aumento del 24% delle
tonnellate trasportate in complesso. Le tonnellate trasportate per km in modo intermodale
sono aumentate, nello stesso periodo, del 73% a fronte di un aumento globale del 16%.
Si sta registrando quindi un deciso spostamento delle quote di traffico a favore
dell'intermodalità: si stima che a partire dal 2004 oltre il 50% delle merci trasportate
viaggerà in modo intermodale.
Dati simili, di forte aumento, sono ottenibili per i containers movimentati nei porti
italiani. E' tra l'altro aumentato il peso percentuale del traffico smaltito dai porti del
Mezzogiorno: la quota del traffico relativa al Sud era del 15% nel 1990 ed è passata al
46% nel 1998, con una tendenza all' aumento anche per il futuro.
Fattori critici per un ulteriore sviluppo del trasporto intermodale in Italia sono però
individuabili nel costo eccessivo del segmento terrestre rispetto a quello marittimo, nella
poca chiarezza dei diversi progetti che dovrebbero far nascere le freeways ("corridoi
ferroviari che garantirebbero la precedenza ad alcune categorie di treni merci, e in modo
particolare a quelli intermodali con merci ad alto valore aggiunto, tra cui quello da Gioia
Tauro a Rotterdam"), nella debolezza della struttura imprenditoriale delle imprese
nazionali del settore, alcune delle quali sono già state acquisite da operatori esteri.
Se l'Italia non riuscirà ad offrire una rete di trasporto intermodale Sud-Nord nel
Mediterraneo efficiente e competitiva, dunque, una parte consistente del traffico ignorerà i
porti meridionali, e la conseguente riduzione nel tasso di utilizzo dei terminals, e nella
reddività delle imprese che li gestiscono, potrebbe portare ad un indebolimento delle
imprese stesse e ad un ulteriore aumento della quota di servizi logistici soddisfatta, nel
nostro Paese, da operatori esteri o multinazionali.
In questo quadro di situazione del trasporto squilibrata, in cui applicazioni innovative
della logistica incontrano vincoli numerosi, si inserisce il Nuovo Piano Generale dei
Trasporti presentato nel Luglio di quest'anno, che dedica a questi problemi grande
attenzione.
Un primo problema che si individua, nella capacità delle istituzioni di accompagnare
e promuovere lo sviluppo della logistica integrata, riguarda l'articolazione delle strutture
burocratiche, ancora suddivise per categorie monomodali di intervento, sia a livello
nazionale che europeo, e che devono quindi riorganizzarsi e coordinarsi. Si fa notare
come l'evoluzione della logistica abbia portato i nostri partners europei a modificare le
proprie strategie, puntando sulla localizzazione di grandi strutture logistiche in prossimità
di porti, aereoporti e snodi viari, costruendo in tal modo dei vantaggi competitivi nel canale
distributivo. Su questo l'Italia è in ritardo, un ritardo che va colmato a costo di ampliare la
propria subalternità rispetto ai grandi operatori internazionali della logistica.
Una prima proposta contenuta nel Piano, per colmare i divari che si vanno creando,
è quella dell'istituzione di una Agenzia per la promozione della logistica, con il compito di
effettuare marketing territoriale per attrarre investimenti, e contribuire a creare un sistema
di rapporti tra tutti i soggetti interessati allo sviluppo di un polo logistico.
In secondo luogo, viene riconosciuta l'esigenza di investire nell'ammodernamento
delle infrastrutture ferroviarie, oltre che di adeguare le modalità di gestione alle normative
europee, che prevedono la fine della gestione monopolistica dei trasporti su ferro.
Gli interventi previsti dal Piano saranno riferiti al Sistema Nazionale Integrato dei
Trasporti (SNIT). Lo SNIT al momento include tre direttrici principali di traffico nord-sud e,
per quanto riguarda il traffico merci su ferrovia, ha scelto di privilegiare gli investimenti sul
tratto adriatico (percorso Sicilia - Gioia Tauro - Taranto - Bari - Rimini - Bologna) piuttosto
che su quello tirrenico, unitamente alla riqualificazione infrastrutturale del percorso Napoli Bari. L'interporto di Nola è l'unico interporto meridionale compreso nello SNIT, e non è
chiaro come questo orientamento nelle priorità di intervento sia compatibile con il suo
rafforzamento, obiettivo che pure andrebbe nella direzione generale della strategia del
Piano di intervenire a favore dell'intermodalità.
Conclusioni
In questo lavoro abbiamo analizzato i recenti andamenti congiunturali delle
determinanti macroeconomiche della domanda di logistica per l'Italia ed il Mezzogiorno.
Le conclusioni non sono univoche. La composizione della domanda mondiale di beni
ad alto valore aggiunto si sta orientando verso settori, come quello delle
telecomunicazioni, in cui l'Italia non gode di specifici vantaggi comparati. Inoltre, la
concorrenza crescente sui settori tradizionali, in cui le imprese italiane, in particolare
quelle piccole e medie, sono specializzate, rende sempre più difficile difendere le quote di
mercato. L'auspicato sviluppo dei Paesi del bacino del Mediterraneo, che l'Italia potrebbe
servire per la sua collocazione geografica, stenta ad avvenire. Infine, la debolezza
dell'euro non ha ancora portato benefici consistenti ai nostri esportatori, ed ha invece
aggravato sensibilmente i costi di produzione, dato il concomitante rincaro dei prodotti
petroliferi.
Gli osservatori sono concordi nel ritenere l'euro sottovalutato rispetto al dollaro, ed è
lecito aspettarsi, in concomitanza con un cambiamento nel ciclo nord-americano, una
rivalutazione della moneta europea che annullerà i vantaggi competitivi in termini di prezzo
per i nostri esportatori.
In definitiva, anche in presenza di una ripresa consistente del commercio mondiale,
non si può prevedere un aumento considerevole nelle esportazioni italiane rispetto al
recente passato.
Segnali positivi vi sono invece per un possibile riequilibrio territoriale a favore del
Mezzogiorno, le cui imprese hanno iniziato ad internazionalizzarsi, e sembrano in grado di
sfruttare le nuove tecnologie telematiche per allargare ulteriormente i propri mercati.
L'evoluzione della domanda di logistica verso il Mezzogiorno, e in particolare verso
l'Interporto campano, dovrà quindi contare in via principale sulla redistribuzione dei traffici
tra l'Europa e l'Asia, aumentando la sinergia con i porti meridionali, ed in particolare quello
di Gioia Tauro.
Un aumento nel volume del traffico sarà reso possibile anche da guadagni di
competitività che derivino dalla politica infrastrutturale decisa dal Governo nazionale e
dalla Comunità europea: le indicazioni fornite nell'ultimo Piano generale dei trasporti sono
contrastanti. Da un lato il Piano pone la giusta enfasi nella promozione dell'intermodalità,
sottolineando i benefici diretti – in termini di miglioramento nella qualità e nella riduzione
del costo dei trasporti – e indiretti – come contributo al decongestionamento del traffico su
gomma, e quindi alle ricadute in termini di inquinamento ambientale. Dall'altro il Piano
prevede interventi su direttrici di traffico che non coinvolgono in maniera diretta l'interporto
della Campania, che pure è l'unico interporto del Mezzogiorno già presente nel Sistema
Nazionale Integrato dei Trasporti.
In definitiva, a fronte di una domanda crescente di servizi logistici connessi alla
globalizzazione, il Mezzogiorno può cogliere delle opportunità di rilancio produttivo ed
occupazionale basate su questo settore, sfruttando la propria collocazione geografica e le
iniziative imprenditoriali già intraprese, ma il ritardo accumulato e la crescente concorrenza
internazionale richiederanno una chiara strategia complessiva ed interventi rapidi ed
adeguati, anche in termini di strategie di impresa, per non fare dell'area solo una zona di
transito dei commerci, situazione quest'ultima in cui al Mezzogiorno andrebbero gran parte
dei costi, ambientali e di congestione, ed una parte meno rilevante dei benefici economici.
Note
* Dipartimento di Teoria Economica e Applicazioni, Università degli Studi "Federico II" di Napoli.
1 Conto Nazionale dei Trasporti 1999, Roma, 1999, pag. 243.
2 Ibid.
3 Ibid., pag. 231
4 Per una ricostruzione approfondita della storia e delle prospettive dell'interporto di Nola si rimanda alla
scheda di L. Cimmino, in questa rivista.
5 On. T.Treu, Prefazione al Conto Nazionale dei Trasporti 1999, cit.
6 Lo sviluppo dell'Interporto di Nola dipenderà, ovviamente, anche dal contesto microeconomico,
determinato dalla qualità e diversificazione dei servizi offerti, dalla competitività rispetto ad altre iniziative
etc. Un'analisi di questi aspetti sarà qui solo accennata. Si veda in proposito, tra gli altri, L.Pellegrini S.Sciarelli, "La logistica integrata e la free-way del Mediterraneo", in La Freeway del Mediterraneo,
4.10.99, Interporto Campano, Nola; Sistemi interportuali e servizi alle imprese: dal Mezzogiorno una
proposta per l'Italia, Atti del convegno omonimo, 1.6.98, Nola.
7 Un'analisi completa della relazione tra dinamiche commerciali, trasporti e logistica, con approfondimenti
sull'Interporto campano, aggiornata al 1996, è in Cescom Bocconi - Sistema Impresa, Sistemi portuali e
servizi alle imprese: dal Mezzogiorno una proposta per l'Italia, Interporto Campano - Nola.
8 Ministero dei Trasporti e della Navigazione, Nuovo Piano Generale dei Trasport e della Logistica, Luglio
2000, pag. 1.
9 Si veda ad esempio ICE, L'Italia nell'economia internazionale, Luglio 2000.
10 ICE, cit., pag. 21.
11 ICE, cit. pag. 31.
12 Andersen Consulting, eEurope takes off, settembre 1999.
13 Europe's B2B online: eMarketplaces and Metrics
14 E. Prandelli et al., Osservatorio Internet Italia: L'utenza Internet 2000.
15 A. Mandelli, Il commercio elettronico in Italia, Università Bocconi.
16 Si veda il sito all'indirizzo http://www.consorzio-officina.it/mercurio/progetto/italiano/ilprogetto.htm
17 Nostre elaborazioni su dati del Conto Nazionale dei Trasporti, cit.
18 Conto Nazionale dei Trasporti, 1999, pagg. 234 ss.