APPUNTAMENTI NAZIONALE.qxd

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GENNAIO-FEBBRAIO 2009
ESCLUSIVA
Il satirico impenitente,
intervista a Daniele Luttazzi
INCHIESTA
Meglio rifatta:
noi adolescenti
e la chirurgia plastica
ISSN 2035-701X
FILOSOFIA
La straordinaria umanità
degli angeli
“Poste Italiane. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1, DCB Torino n° 1 Anno 2009”- € 1,20
RUBRICHE
6
LA STRAORDINARIA
UMANITA’ DEGLI ANGELI
Un’introduzione a Edith Stein
Backstage
Forum
Ieri accadrà
Antitv
Segnalibro
Giralamoda
Appuntamenti
Internet
20
22
VENTI MINUTI CON…
Pino Masciari,
testimone di giustizia
32
IL PANE DELL’ANIMA
Un tè all’Opera
34
CONVIVERE COL DIVERSO
“Le conversazioni
di Anna K.” al Teatro Eliseo
37
IMAGO MORTIS
Un horror ridà linfa
al cinema italiano
39
CAPELLI SANTI
Racconto sul culto
della bellezza nell’era
della globalizzazione
INCHIESTA
MEGLIO RIFATTA
42
L’ARLECCHINO DELL’ARTE
La grande mostra
dedicata a Picasso
44
A SPASSO PER I «CARUGGI» 46
Alla scoperta del centro storico
di Genova
CATANIA, FENICE DEL SUD
Sicilia sotto i Venti
GIOVANI CRITICI
A LEZIONE DI POP
Con un insolito
professore di filosofia
VITE APPESE A UN FILO
Due racconti per non
dimenticare quello che è stato
COSTUME E SOCIETÀ
IL SATIRICO IMPENITENTE
Conversazione
con Daniele Luttazzi
30
41
50
UNA GIORNATA A PECHINO 54
Viaggio fino alle porte
della Città Proibita
CALCI CHE VALGONO
UNA MEDAGLIA
Quattro chiacchiere
con Mauro Sarmiento
26
Decidere di sottoporsi a un intervento di chirurgia
estetica significa superare un complesso o piuttosto
arrendersi ad esso?
58
gennaio
febbraio
n°1
Direttore responsabile Renato Truce
Vice direttore Lidia Gattini
Coordinamento di redazione
Eleonora Fortunato
Segreteria di redazione Sonia Fiore
Redazione di Torino
Simonetta Mitola
corso Allamano, 131 - 10095 Grugliasco (To)
tel. 011.7072647 / 283 - fax 011.7707005
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Redazione di Genova
Giovanni Battaglio
e-mail: [email protected]
Redazione di Roma
Simona Neri, Matteo Marchetti
via Nazionale, 5 - 00184 Roma
tel. 06.47881106 - fax 06.47823175
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Hanno collaborato
Antonella Andriuolo, Giovanni Battaglio, Patrizia
Battaglio, Roberto Bertoni, Marco Bevilacqua,
Marco Billeci, Rosalia Bonafede, Lorenzo Brunetti,
Clara Callipari, Giacomo Carozza, Emanuele
Colonnese, Cristina Colopardi, Chiara Comerio,
Giorgio Comola, Valentina Costa, Alessandra
D’Acunto, Giulia De Benedetti, Chiara Falcone,
Debora Lambruschini, Daniele Mainelli, Marzia
Mancuso, Caterina Mascolo, Maddalena Messeri,
Giovanni Moreno, Elisa Moretti, Nicolò Moriggi,
Lucia Motta, Samoa Pisaroni, Valentina Pudano,
Paola Rosato, Alessandro Sala, Luca Sappino,
Samuele Sicchio, Beatrice Solinas, Eleonora
Strazza, Francesco Testi, Alessandro Truce,
Samina Zargar, Jacopo Zoffoli.
Direttore dei sistemi informativi
e multimediali Daniele Truce
Impaginazione Manuela Pace,
Marianna Montalbano, Giorgia Nobile
Illustrazioni Alessandro Pozzi
Fotografie e fotoservizi
Circolo di Sophia, Massimiliano T., Fotolia,
Agenzia Infophoto, Sara Capparella
Sito web: www.zai.net
Francesco Tota
Editore
Mandragola Editrice
società cooperativa di giornalisti
via Nota, 7 - 10122 Torino
Stampa Stige S.p.A. - via Pescarito, 110
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Omaggio a De André
La smorfia di Daniele Luttazzi, a cui è dedicata la nostra
copertina e l’intervista a pag. 22, può voler dire molte cose
in questo inizio anno. Un gesto di insofferenza nei confronti
di chi impedisce, opprime, censura la libertà di espressione
e di satira, come ci racconta lui stesso; oppure un gesto di
incredulità e di sdegno di fronte alla testimonianza di Pino
Masciari (pag. 20), un imprenditore calabrese che ha deciso
di ribellarsi alle prevaricazioni della criminalità organizzata
che attanaglia e insanguina la sua terra, senza poter contare
oggi, purtroppo, su un aiuto concreto da parte dello Stato.
Ma accanto alle storie di Daniele e di Pino c’è anche quella
di una studentessa di Roma, Anna, che ci ha raccontato la
sua decisione di sottoporsi a un piccolo intervento di
chirurgia plastica. L’argomento è di quelli che attirano
l’attenzione morbosa dei rotocalchi della mattina, con tanto
di psicologi, medici, sociologi. Noi abbiamo creduto utile,
invece, mettere da parte percentuali, tabelle ed esperti per
immedesimarci, per provare a capire da dove viene il disagio
e fino a che punto un condizionamento esteriore può minare
la fiducia in se stessi.
Nutrite e speriamo convincenti le recensioni dei giovani
reporter alle pièce teatrali, ai libri e ai film appena usciti.
A pag. 41 l’intervista con Giuseppe Pulina ci porta a
conoscere Edith Stein, l’allieva di Husserl che finì i suoi giorni
ad Auschwitz, una tra le più originali e ispirate interpreti del
pensiero filosofico del Novecento. L’ultima parte del giornale
raccoglie i reportage dalle vostre terre e dai vostri viaggi: il
fascino di Catania, i colori e le atmosfere di Pechino, la
malinconia dei “caruggi” di Genova, indimenticabile musa di
tante canzoni del nostro amato Fabrizio De André cui queste
mese, nel decennale dalla scomparsa, abbiamo dedicato un
piccolo omaggio.
Buona lettura!
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Anno VIII / n. 1 - gennaio-febbraio 2009
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I CANTIERI
DELL’ETERE
«...E A UN DIO
SENZA FIATO
NON CREDERE MAI!»
5
DIECI ANNI FA L'ITALIA PERDEVA IL SUO
ULTIMO GRANDE POETA. LA REDAZIONE DI
ZAI.NET, NEL SUO PICCOLO, GLI DEDICA UN
ARTICOLO CERTO INSUFFICIENTE A
CELEBRARNE IL GENIO, MA ASSOLUTAMENTE
DOVUTO PER RICORDARNE IL TALENTO
L'
di Matteo Marchetti, 21 anni
Roma
Italia avrà pure i suoi problemi: amministrazione, legalità, anche la
semplice educazione. È però anche un Paese che è stato baciato dal
talento: pittura, scultura, architettura. E poesia, dai tempi di Dante
fino a quelli più recenti. Migliaia di versi hanno nobilitato la nostra lingua,
da “l'amor che muove il cielo e l'altre stelle” a “m'illumino d'immenso”,
passando per le “urne dei forti” cantate dal Foscolo. Per anni, per tutti gli
anni della scuola e anche dopo, le ho studiate, lette, ammirate. Eppure,
ogni volta che cerco una citazione, uno solo di questi straordinari poeti invade i miei pensieri.
Riflettendo sulla condizione femminile: «Fedeli umiliate da un credo inumano, che le volle schiave già prima di Abramo» (Via della Croce). Quando
la vita di un ragazzo viene spezzata dalla schiavitù della droga: «Ho licenziato Dio, gettato via un amore, per costruirmi il vuoto nell'anima e nel cuore» (Cantico dei drogati). La straordinaria figura di Gesù Cristo: «Non voglio
pensarti Figlio di Dio ma Figlio dell'Uomo, fratello anche mio» (Laudate Hominem). E tante altre frasi incredibili, tanto belle da lasciare senza fiato. A
chi storce il naso di fronte agli “inferiori” si risponde con “dai diamanti non
nasce niente, dal letame nascono i fior”. Quando i potenti esaltano il sacrificio dei militari caduti in battaglie sempre inutili si ricorda la rabbia di
Piero che muore in primavera, oppure che “lei che lo amava aspettava il ritorno di un soldato vivo”, e “d'un eroe morto che ne farà?” (La ballata dell'eroe). Una vita “in direzione ostinata e contraria”, un “amico fragile”; meraviglioso pensare che una canzone possa definire il suo autore meglio di
ogni altra cosa. Un artista che in molti liquidano come semplice “cantautore”, perché dopotutto era solo uno che incideva dischi. Un artista che non
si può non classificare come “poeta” - nonostante lui rifiutasse questa definizione a causa di una vecchia frase di Benedetto Croce - per tutto quello che ci ha dato, capace di passare da atmosfere oniriche e inquietanti (La
canzone del padre) ad analisi puntuali dell'attualità (Coda di lupo, La domenica delle salme); da struggenti amori (La ballata dell'amore cieco, Amore che vieni, amore che vai) a manifesti politici (La canzone del maggio) alla riscoperta del vero messaggio evangelico, spogliato dalle incrostazioni
moderne e ricondotto alla sua semplicità originaria (l'album-capolavoro La
buona novella). Tutto questo sempre con lo stesso straordinario talento,
con un'arte tanto fine da lasciare un segno indelebile nell'immaginario d'Italia, che ha trasformato “Bocca di Rosa” in una categoria sociale e ha imposto nome Piero a quel Milite una volta ignoto.
Sto ovviamente parlando di Fabrizio De André da Genova, che l'11 gennaio
del 1999 osava lasciarci. Ma probabilmente l'avevate già capito, perché se
anche le sigarette ce lo hanno portato via, la sua voce è rimasta. Per questo troverete, nel corso di tutto il numero, alcune delle perle di Faber abbinate agli articoli di questo mese. Perché, per un motivo o per un altro, si
finisce sempre col pensare a De André.
Hanno contribuito a questo numero:
Sonia Fiore
Valentina Pudano
35 anni, nata a Giaveno, paesino
dell’interland torinese, vive a
Torino. È la segretaria di redazione,
nonché una delle voci dei notiziari
di Radio Zai.net, cura i contatti
con le scuole superiori che
aderiscono al progetto Zai.net e
si occupa della distribuzione e
degli abbonamenti… se non
ricevete la vostra copia della
rivista prendetevela con lei!
Adora il fitness e le danze
caraibiche, fare shopping,
leggere e andare al cinema.
16 anni, vive a Belpasso, in
provincia di Catania. Ama
follemente leggere, accoccolata
tra le coperte, i romanzi più
disparati e adora parlare di libri
appena le si presenta
l'occasione. Le piace andare al
cinema e coltivare la sua
passione per la scrittura, ora
anche grazie a Zai.net.
Collabora da pochi mesi col
nostro giornale, ma spera di
poter continuare a pubblicare i
suoi articoli anche in futuro.
Lucia Motta
16 anni, vive in un piccolo paese
alle pendici dell’Etna. Frequenta il
liceo classico “M. Rapisardi” a
Paternò (Ct). È habitué dei grandi
schermi, ma si cimenta anche in
letture più o meno impegnative,
che successivamente diventano
fonte di dibattito con i vicini di
banco, nelle ore meno interessanti
delle giornate scolastiche! Ama da
sempre lo sport, ha iniziato da
piccolissima con la danza e adesso
si è ritrovata nei palazzetti sportivi
a giocare a pallavolo, sognando di
schiacciare come Mila!
Giorgio Comola
Fabio Mori
16 anni, vive a Genova
e studia al Liceo scientifico
“Cassini”. Collaboratore di
Zai.net ormai da due anni,
segue con interesse tutti gli
eventi che vengono proposti.
La sua prima passione rimane
però il volo, essendo
già pilota. Ama provare un po’
tutto, dall’informatica, alla
musica, all’astronomia,
rimanendo però assiduo
reporter della nostra rivista.
21 anni, vive in provincia di
Torino e frequenta il 2° anno
del corso di laurea in Multidams.
Collabora con Zai.net da circa
un anno, occupandosi della
radio e dei notiziari. La sua più
grande passione è la musica hip
hop. Ama il cinema e tra i suoi
progetti c'è la realizzazione
di un cortometraggio. Segue il
calcio, sogna un viaggio negli
Stati Uniti e passa tutte le serate
in giro con gli amici.
Clara Callipari
17 anni, frequenta il Liceo
classico “Alfieri” a Torino. Adora
la letteratura, in particolare gli
autori inglesi come Fielding e
Austen. Parla un mix di italiano
e slang americano (grazie a
Mtv!), incurante delle occhiatacce
degli amici che decisamente non
la sopportano più. D'altronde,
deve pur fare esercizio con la
lingua se vuole andare a
studiare negli Usa! Sogna di
girare l'Europa in sacco a pelo.
GIORNALISTI CON UN
GE
A
ST
K
C
BA
Cos’è Zai.net?
LO SAPEVATE CHE BASTA UN COLPO DI
MOUSE PER ENTRARE NELLA REDAZIONE DI
ZAI.NET E FAR PARTE DEL GRUPPO DI
REPORTER PIU' GIOVANI D'ITALIA?
LORO L'HANNO FATTO...
Quella che state sfogliando è la rivista mensile che fa un po’ da
vetrina a tutte le attività e le interattività del network, che prende
vita soprattutto nel sito, nella radio, nelle notizie del Televideo
Regionale Rai, nel supplemento mensile “Zai.net - Giovani
reporter dalla Liguria”, nell’inserto mensile “Sotto i venti” del
quotidiano Il Riformista.
Dove si trova Zai.net?
Zai.net non si compra in edicola, ma arriva direttamente a
scuola, in classe. Per ricevere la tua copia direttamente a casa,
puoi abbonarti individualmente andando sul sito www.zai.net e
seguendo le istruzioni alla voce “Abbonamenti”.
Come mai gli articoli sono scritti da studenti
e non da giornalisti?
Qui è il nodo di tutta la faccenda. Noi che siamo i coordinatori
della rivista riteniamo di dare ai ragazzi delle scuole uno
strumento in più per raccontarsi, identificarsi e confrontarsi,
nonostante le distanze geografiche e le diverse tipologie di
scuola.
Come si entra a far parte della redazione?
Basta scrivere un’email alla redazione ([email protected]):
noi vi teniamo al corrente sul percorso degli articoli e vi
forniamo le dritte per svolgerli al meglio. Le distanze non
contano: dialoghiamo continuamente attraverso Internet e il
telefono. Contano solo l’entusiasmo e la voglia di scrivere.
Chi sceglie gli argomenti su cui scrivere?
Beh, gli stimoli ci vengono dall’attualità, ma anche dagli argomenti di studio,
dai vostri hobby, dal vostro universo. A noi spetta il compito di coordinarvi
sollecitandovi a seguire le regole principali del giornalismo.
Come si finanzia Zai.net?
Finora ha spesso contato sul contributo economico di enti pubblici e
privati che ne condividevano l’approccio innovativo e le finalità formative.
Ma la parte più cospicua dei costi è da sempre sostenuta dalla nostra
cooperativa di giornalisti, Mandragola Editrice.
RICORDA CHE ZAI.NET È ANCHE SUL TELEVIDEO REGIONALE RAI
ALLE PAGINE 592-596
Info: [email protected] - tel. 06 47881106
SELENE, 16 ANNI
GENOVA
Credo che l'informazione rappresenti
un settore vitale per la nostra società
dal momento che serve a rendere
consapevoli i cittadini - compresi noi
giovani - di ciò che accade. Zai.net
mi offre l'opportunità di confrontarmi
con ciò che mi sta attorno, mi aiuta a
riflettere su questioni di rilevanza
nazionale nei forum. Mi permette,
inoltre, di mettermi alla prova, che poi
significa imparare sempre qualcosa
di nuovo. Spero che possa
coinvolgere sempre più ragazzi.
MICHELE, 18 ANNI
REGGIO EMILIA
Mi piace l'idea di un giornale per ragazzi
che sia scritto veramente da ragazzi
nostri coetanei e non da trentenni
frustrati che provano a fare i “gggiovani”.
Per questo ho cominciato a collaborare
con Zai.net, una specie di luogo dorato
dove anche i meno esperti, se capaci,
possono svolgere incarichi appaganti.
Io sono stato catapultato di recente in
un’inchiesta sulle mense scolastiche,
chissà che presto non vediate su queste
pagine i frutti del mio lavoro.
MARIA GRAZIA, 17 ANNI
LECCE
Inizialmente, quando ho visto le prime
copie arrivare nella mia scuola, ho
pensato “uffa, un altro stupido
giornaletto”! Poi, invece, leggendolo
ho imparato ad apprezzarlo, fino al
giorno in cui ho preso il cuore in mano
e ho cominciato a spedire i miei articoli
alla redazione. Nessuna delle persone
che mi hanno risposto mi ha mai riso
in faccia – come invece temevo – per
aver provato a scrivere su alcuni
argomenti, magari delicati o insoliti.
M
RU
FO
9
A cura di Jacopo Zoffoli, 19 anni
Roma
EUTANASIA: A CHI TOCCA SCEGLIERE?
Il punto di vista dei lettori e dei redattori di Zai.net su una delle
principali questioni della bioetica. Per replicare,
scrivete a [email protected]
Salvare una dignità
Eutanasia. Dal greco, “buona
morte”. Strano termine, a prima
vista misto di paradosso ed
eufemismo. Può una morte essere
buona, positiva, bella? In ogni
morte qualcosa si spezza, se ne va
via lontano. Per questo fanno
sorridere i film, vecchi e nuovi,
quando mettono in scena un
cadavere. Per quanto si sforzino
talvolta di farli apparire inquietanti,
mutili e spaventosi, non arrivano
mai neanche lontanamente
all’effetto che fanno le fotografie di
guerra, o semplicemente le scene
che ciascuno di noi conserva nella
memoria riguardo alla morte di
parenti o conoscenti. I cadaveri veri
non sono più persone.
Assomigliano a dei manichini. I loro
vestiti sembrano di colpo stracci,
non hanno nulla di confortevole o
familiare. Non li riconosciamo più.
Insomma, la morte non può essere
bella, degna di nota, virtuosa.
Sono sicuro che anche i trapassi
più glorificati siano stati, sotto
sotto, sempre la stessa cosa.
Sangue che non va più al cervello,
un essere umano pensante ridotto
a massa informe. Quella che invece
può e deve essere ricordata è la
vita di ciascuno di noi, solo lei
conta davvero. E proprio per
questo motivo (sembrerà
paradossale) a volte bisogna avere
il coraggio di porvi fine.
Quando il diretto interessato (solo
a lui deve spettare l’onere del
giudizio) non crede più di poter
riuscire a mantenere quel livello
minimo di gioia e decoro che
ritiene indispensabili per la propria
esistenza; quando ogni secondo in
più passato a respirare allontana i
momenti veramente grandi, quelli
di cui vorremmo lasciare una
traccia per continuare a vivere
attraverso il pensiero degli altri.
Allora la morte deve poter fare il
suo corso, per salvare una
memoria, una dignità. Quella sì che
sarà una morte nobile, perché
liberatrice. Eutanasia, appunto.
Michele Barbero, 21 anni,
Torino
politici poi, sembrano avere le
risposte e le certezze che a un
uomo che si definisca tale
dovrebbero mancare, perché
nessuno saprebbe definire con
fermezza dove finisce la vita e
inizia la morte.
Non lo sa nemmeno lui, Beppino
Englaro, il padre di Eluana, che per
i suoi cari se n’è andata quel
lontano 18 gennaio del 1992, ma
che un funerale che si rispetti non
l’ha ancora avuto; giace dormiente
nella sua bara di cristallo, con i
genitori accanto che ogni giorno le
danno il loro addio.
Attorno il mondo parla, giudica,
sentenzia, ma non c’è nessuno che
l’abbia conosciuta davvero,
nessuno che possa descriverne il
suono della voce o le sfumature
che assumevano i suoi occhi nelle
giornate di sole. Basterebbe un po’
di umiltà, basterebbe mettersi da
parte e lasciare che sia chi quella
voce l’ha conosciuta molto bene a
parlare per lei.
Se fosse esistito il testamento
biologico oggi attorno ad Eluana
non si leverebbe questo coro di
dissenso, ma resterebbe il silenzio,
come è giusto che sia, ad
accompagnare una vita che si è
spenta così, un giorno, senza
sapere il perché.
Benedetta Cutolo, 20 anni,
Roma
Invidiabili certezze
La vita un giorno se ne va, non
sappiamo quando, non sappiamo
come e, spesso, non sappiamo
neanche il perché. Non c’è un
modus operandi predefinito di
quello che qualcuno chiama
destino e qualcun altro Dio, ma
imparare ad accettarlo fa parte
dell’istinto alla sopravvivenza che
ognuno custodisce. L’importante è
che una parvenza di vita non
continui senza di noi, che il corpo
sia lasciato allo stesso destino
della sua anima, ed insieme, in
quel connubio perfetto che si
plasma sin dalla nascita, ci diano il
loro addio.
Su questo noi possiamo decidere,
si chiama testamento biologico, e
in Italia è appena un’utopia.
In molti esprimono un’opinione con
un fermezza che suscita quasi
invidia, la Chiesa per prima, i
Il rovescio della medaglia
Si usa il termine eutanasia quando
si allude, scientificamente parlando,
a una morte non dolorosa
provocata in caso di prognosi
infausta e di sofferenze ritenute
intollerabili. Così definita, col
supporto del significato che i greci
attribuivano al termine, potrebbe
sembrare una semplice via di fuga
per i malati terminali o per coloro
che sono ridotti ad uno stato
vegetativo i quali, anziché “vivere”
nel vero senso della parola,
trascorrono la loro esistenza afflitti
da atroci dolori. Nonostante questo
rispecchi i valori umani della
compassione e della pietà verso
chi, vivendo un’esistenza vuota e
dolorosa, decide di “staccare la
spina”, è necessario considerare
anche il rovescio della medaglia.
Passi per coloro che, nella
condizione di malati terminali afflitti
da dolori lancinanti, chiedano che
venga staccata loro la spina; ma lo
stesso non può dirsi dei malati che
non hanno modo di comunicare
con l’esterno. È possibile, certo,
che la maggior parte di queste
persone veda nella morte una
possibilità di liberazione, ma è
necessario tener conto del fatto che
non per tutti è così; pertanto,
mettere nelle mani dei familiari la
vita di un essere umano in gravi
condizioni di salute, può talvolta
risultare avventato. I parenti del
paziente potrebbero decidere di
sfruttare questa possibilità perché
mantenere in vita un malato
terminale ha un costo o, come
accade nella maggioranza dei casi,
perché credono di andare
nell’interesse del parente.
Fermo restando che sta alla
coscienza di ognuno decidere della
propria vita e non di quella degli
altri, l’eutanasia sarebbe secondo
me ammissibile nel caso in cui il
paziente che non avesse più facoltà
di comunicare col mondo esterno,
avesse però scritto di proprio
pugno un documento legalmente
valido attestante la sua scelta.
Questo non solo a tutela della
propria vita, ma anche della
coscienza delle persone più vicine,
alle quali spetterebbe l’ingrato
compito di decidere.
Daniele Mainelli, 17 anni,
Roma
IER
IA
CC
AD
RA
’
a cura di Giovanni Battaglio, 21 anni
Savona
Notizie serie e curiose selezionate dai calendari del passato
1
1863 Con il Programma di
15
1992 Viene arrestato a Palermo
Totò Riina, latitante dal 1969.
12
1924 Esce il primo
numero dell’Unità.
Emancipazione, Abraham Lincoln
abolisce la schiavitù negli Usa.
1948 Entra in vigore la Costituzione
Italiana: l’Italia ha il suo primo
presidente della Repubblica, Enrico
de Nicola.
1983 ARPANET, rete dell'agenzia dei
21
1871 La capitale d’Italia viene
spostata da Firenze a Roma.
progetti di ricerca avanzata, creata dal
ministero della Difesa statunitense
per scopi militari, diventa INTERNET.
3
1954 La RAI trasmette per la prima
volta in televisione.
27
1945 Inseguendo i tedeschi in fuga,
l'Armata Rossa apre i cancelli di
Auschwitz, luogo simbolo della
barbarie dell'Olocausto.
6
Febbraio
1896 I fratelli Lumière proiettano per
la prima volta un cortometraggio dal
titolo L’arrivo di un treno alla
stazione di La Ciotat. Sembra che in
quell’occasione gli spettatori siano
fuggiti per paura che il treno potesse
travolgerli.
1907 Maria Montessori apre a Roma
3
1991 Il Partito Comunista Italiano si
scioglie in Partito Democratico della
Sinistra e Partito di Rifondazione
Comunista.
una scuola e un centro di cura per la
classe operaia.
10
49 a.C. Giulio Cesare oltrepassa il
Rubicone, pronunciando secondo
Svetonio la famosa frase “Alea iacta
est”, e dando così inizio alla guerra
civile contro Pompeo, che si
concluderà nel 45 a. C. con la
battaglia di Munda.
11
1990 Viene liberato Nelson
Mandela dopo 26 anni di
reclusione: la data segna la fine
dell’apartheid. Divenuto libero
cittadino, si candida alle elezioni
presidenziali e nel 1994 diventa
Presidente del Sudafrica,
instaurando un governo
democratico.
17
1600 Viene condannato al rogo
per eresia Giordano Bruno, filosofo
neoplatonico che professava, tra le
altre teorie, il moto della terra.
Viene imprigionato nel 1593 e
invitato più volte all’abiura, invano.
L’8 febbraio viene bruciato in piazza
Campo de’ Fiori a Roma: poco
prima dell’esecuzione pronuncia la
storica frase “Maiori forsan cum
timore sententiam in me fertis
quam ego accipiam” (Credo che
abbiate più paura voi nel
pronunciare questa condanna che
io nell’ascoltarla).
20
2002 Si tratta di una data
palindroma, ovvero che può esser
letta in entrambi i sensi:
20\02\2002.
29
2004 L’ultimo episodio della
trilogia il Signore degli Anelli, Il
ritorno del re, è il terzo film nella
storia del cinema, insieme a Titanic
e Ben Hur a ricevere il numero più
alto di premi.
GENNAIO-FEBBRAIO
Gennaio
U'
V
ITI
T
AN
A cura di Lorenzo Brunetti, 18 anni
Roma
Rai: Tv statale o confessionale?
A pochi mesi dal trionfo di Vladimir Luxuria a “L’isola dei famosi”,
episodio salutato dai quotidiani di sinistra come la rivincita sul
berlusconismo clericale (cadendo nell’equivoco tra la parola voto
e televoto), sulla stessa Raidue si è consumata una delle più gravi cadute di stile mediatico di sempre: la censura delle scene d’amore nel film premio Oscar I segreti di Brokeback Mountain. Se,
infatti, vogliamo proprio trovare un difetto al film in questione, che
come sanno tutti racconta l’amore omossesuale tra due cowboy, è
forse proprio quello di essere fin troppo pudico ed educativo. Ridicole sono poi state le scuse del direttore di rete, che ha parlato
di copie smarrite e di improbabili equivoci.
A confermare una volta di più che non si è trattato di una svista
quanto dell’attuazione di una specifica linea confessionale della
nostra televisione, è arrivata la puntata di domenica 11 gennaio del
programma “A sua immagine”, su Raiuno. In questo caso non si
parlava di omosessualità, ma di eutanasia, solo che in studio erano presenti come ospiti alcuni malati che, evidentemente non in
stato di coma vegetativo permanente come la povera Eluana Englaro, parlavano della loro voglia di vivere. Pur trattandosi di una
trasmissione di informazione cattolica è, comunque, gravissimo il
fatto che si sia voluto spudoratamente equivocare sulla libertà di
scelta che offrirebbe il testamento biologico con un mai auspicato sterminio dei malati, tanto più se ciò viene
trasmesso la domenica pomeriggio sulla principale rete della televisione di Stato.
Questo programma
ha l’X Factor!
E’ vero che si tratta di un format straniero importato in Italia senza troppa originalità, è vero
che Simona Ventura è la regina delle tamarre e
Morgan sembra la parodia di se stesso, è vero
che Mara Maionchi dice troppe parolacce, è vero
che è pur sempre un reality show… ma nonostante ciò “X Factor” è un programma piacevole. La bassezza dell’offerta televisiva italiana ha
fatto sì che negli ultimi anni il dibattito sulla qualità dei palinsesti si fossilizzasse su opinioni manichee e stereotipate pro o contro la tv di intrattenimento popolare. Si è così dimenticato che
anche una trasmissione semplice come un reality
può essere fatta con gusto e competenza, proprio come “X Factor”. A differenza del “Grande fratello”, contro cui combatte col pugnale tra i denti il lunedì sera, “X Factor” è divertente e per nulla volgare, e soprattutto nasce da un’idea di contenuto: trovare un talento.
Ovviamente si tratta di uno show televisivo e pretendere che la musica sia l’unica protagonista sarebbe davvero
troppo, infatti la trasmissione si poggia sulle personalità dei tre giudici e dei loro siparietti polemici, tanto che
gli aspetti meno piacevoli della trasmissione sono forse dovuti proprio a certi battibecchi acchiappa-auditel che
ci si potrebbe francamente risparmiare. Tra i partecipanti sono da tenere d’occhio i “Bastard sons of Dioniso”,
davvero simpatici.
A cura di Marzia Mancuso, 16 anni,
Vibo Valentia
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A.A.A. CERCASI
EDWARD
DISPERATAMENTE
e c’è una cosa che non riuscirò mai a capire, a parte la sfinge e lo
scopo della filosofia, è il successo di certi romanzi adolescenziali.
Per mesi assisti allo spettacolo desolante di librerie deserte, evitate come fossero depositi di scarti radioattivi, con le commesse che si dedicano alla manicure nell’attesa di qualche sporadico cliente; poi, tutto
ad un tratto, le trovi assediate da orde di ragazzini urlanti, tutti pazzi per
un maghetto miope qualunque, magari. È una di quelle rarissime occasioni in cui è necessario, per i derelitti librai italiani, compilare una lista
di prenotazioni: voi avete mai visto qualcuno prenotare un romanzo di Orwell? Ecco, per Harry Potter invece succede. Ciò che ha risvegliato in me gli antichi interrogativi è stato però il fenomeno letterario degli ultimi tempi, ossia la saga di Twilight, ideata da Stephanie Meyer, ex brava casalinga
americana, ora diventata una specie straricco guru del fantasy.
Oggi, dopo aver letto tutti e quattro i libri della serie, e con la relativa trasposizione cinematografica nelle sale, posso trarre alcune conclusioni. Premetto che non si tratta certo di un capolavoro:
okay, è un fantasy e l’ultima cosa da aspettarsi nel leggerlo è il realismo, ma alcune scene, e soprattutto certi dialoghi, mi hanno fatto veramente sbellicare dalle risate. La trama non si può definire appassionante, eppure appassiona, il che è un mistero. Di certo, i personaggi sono più “fighi”
di quelli di Harry Potter: corpi perfetti, niente occhiali, tanto
(troppo!) romanticismo, eppure ritengo che Ron,
Hermione e tutta la compagnia degli strampalati
potteriani ispirassero tutta un’altra simpatia.
Per non parlare dell’ambientazione! Vuoi mettere
Forks, la sede dei vampiri, grigia e piovosa cittadina dello Stato di Washington, con il britannicissimo castello di Hogwarts? Ciononostante, ho visto miei coetanei - che da sempre ritenevano i libri una specie di decorazione per le mensole del
salotto - diventare accaniti lettori proprio con Twilight, e ciò è già un gran risultato. Ma, tornando al
dubbio iniziale, qual è il segreto di tanto successo,
soprattutto al femminile?
Rivediamo la trama: Edward Cullen, vampiro bello,
colto e affascinante, si innamora dell’adolescente
standard, Bella, la cui unica particolarità, oltre ad
essere tragicamente sfigata (rischia di morire mediamente ogni cinque pagine), è l’essere l’unica persona cui Edward il magnifico non può leggere nel pensiero. Dunque, il gran segreto era piuttosto prevedibile: sempre la solita solfa che appaga il nostro disperato bisogno di romanticismo. In un mondo dove
ti rendi conto che la maggioranza degli esemplari di
sesso maschile va sempre più assomigliando a una
schiera di amebe dalle mutande firmate, Edward Cullen è il ragazzo che tutte vorrebbero, ma che, puntualmente, nessuna trova. Ecco allora: uno sconfinato
pessimismo sentimentale. Non so voi, ma io torno a
Orwell.
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A cura di Alessandra D’Acunto, 19 anni
Roma
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DA
Edoardo con i suoi scatti ci dà l’opportunità di esplorare le ultime
tendenze dell’abbigliamento maschile. Eh sì, la moda gira anche per voi,
cari ragazzi, non sempre nel verso giusto però...
M
i dispiace ragazzi, ma neanche
voi sarete immuni dal mio giudizio! So che
pensavate di scamparla, ma di
fronte a certi orrori, non posso
proprio tacere. Già, orrori è la
parola che fa al caso
nostro: non vi inquieta
neanche un po’ la
felpa di Edoardo? E ho
voluto tralasciare il lato
A, in cui fa bella
mostra di sé una scritta
stillante sangue.
Metallari, zecche o punk,
mi appello a voi per
comprendere le ragioni
di simili scelte di stile,
per capire cosa c’è di
attraente in un teschio o in un
braccialetto di borchie!
Per migliorare il look e renderlo più originale, basterebbero
una felpa spiritosa e un paio
di Converse come quelle
nelle foto qui in basso.
Mi raccomando, però, non
fraintendetemi: nutro grande
ammirazione per tutte le persone che anche attraverso l’abbigliamento esprimono liberamente le loro passioni e idee, senza
alcuna paura di essere criticate.
C
he linea! Davvero azzeccato questo abbinamento, da non escludere
con la giacca (anche se sarà
difficile convincere i tipi più tradizionalisti). E’ stiloso nei jeans, strappati
qua e là; nel felpone, caldo e col
cappuccio; perfino nel tocco fosforescente delle sneakers. Soprattutto,
manca l’odioso cappello: i maschi
lo portano il 90% delle volte che
escono di casa, e per giunta
male. Tra chi vuole sembrare
più alto e chi più “coatto”, si
notano a volte per strada
visiere talmente in sù da
formare un angolo retto con il
resto del capo (l’esempio è nella
foto out).
Per l’inverno scegliete gli zuccotti
di lana, almeno vi proteggeranno
dal freddo. Altro spunto che
potreste prendere dalla foto accanto
è il livello dei pantaloni, assolutamente perfetto: calzano al punto giusto, impedendo di intravedere ciò che
non si dovrebbe ma che ormai è di
moda mostrare.
Non presentatevi, quindi, nei negozi alla
ricerca di jeans quattro taglie più grandi, non c'è cinta che li tenga su! Pensate
piuttosto al gran sollievo che proverete nel non doverli
sollevare in vita ad
ogni passo. Ne guadagnerete in comodità e... fascino.
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"Figlio , bronzo
e
audac rsace"
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GENNAIO-FEBBRAIO
Il
Il
17 GENNAIO
CASCINA (PI) Daniele Luttazzi porta in scena
Decameron, versione teatrale del varietà tv.
Il comico romagnolo raccoglie l’eredità di
Boccaccio che fondava una cultura laica,
autonoma da quella religiosa e politica, libera
da pregiudizi e torna in tv dopo un lungo esilio,
per cavalcare ancora la natura eversiva della
satira, contro i poteri e le proibizioni autoritarie.
Luttazzi restituisce al pubblico la sua spietata
analisi della realtà con uno spettacolo comico
travolgente, in scena a “La Città del Teatro”.
Le altre date del tour: il 6 e il 7 febbraio ad
Assago (Mi), il 20 e il 21 febbraio a Torino, il 26
e 27 febbraio a Firenze.
dal
23
al
26
14
22
GENNAIO
TORINO I Towers of London hanno scelto il
capoluogo piemontese per organizzare un concerto
che ha il sapore di un revival musicale, perché la
loro concezione melodica fonde il glam-rock dei
primi Guns n’ Roses e quella natura punk'n'roll
tanto cara alla tradizione inglese. Sensazione
rafforzata dal fatto che il look della band ricorda
quello dei Ramones e di Alice Cooper e i testi
evocano la figura di Johnny Rotten. Insomma,
un’autentica esplosione di energia che riuscirà
sicuramente a coinvolgervi. Appuntamento
all’Hiroshima.
www.hiroshimamonamour.org
Il
Il
10 FEBBRAIO
18
FEBBRAIO
TORINO Il Teatro Espace, all’interno dell’XI
stagione di Marginalia, rende omaggio a Fabrizio De
Andrè con il concerto Faber per sempre. A dieci anni
dalla scomparsa del grande cantautore, verranno
riproposti brani dell’eccezionale repertorio sotto la
sapiente guida di Pier Michelatti, storico bassista di
De Andrè. Molto più di un semplice tributo: il
repertorio di Faber viene riproposto da chi è stato
suo compagno di viaggio per anni e vuole
condividere l’emozione e l’intensità di
quest’esperienza. Un progetto dall’alto contenuto
artistico ed emotivo, patrocinato anche dalla
Fondazione De André.
dal
GENNAIO
BOLOGNA La città emiliana diventa scenario del
più importante evento in Italia dedicato all’arte
moderna e contemporanea: la Fiera Internazionale
Arte Fiera – Art First, dove le più importanti e
prestigiose gallerie di tutto il mondo incontreranno
il pubblico per ammirare esposizioni dei più noti
artisti contemporanei della scena internazionale.
Sarà possibile, inoltre, osservare le proposte di
giovani artisti emergenti e saranno organizzati
incontri focalizzati sulle diverse sfaccettature del
collezionismo d’arte.
www.artefiera.bolognafiere.it
dal
17
A cura di Nicolò Moriggi, 18 anni,
Roma
19
al
22
FEBBRAIO
FIRENZE La città ospita la manifestazione Danza in
Fiera, dedicata al mondo della danza a 360 gradi, unico
evento del settore di proporzioni nazionali. Danza in
Fiera raccoglie tutti gli appassionati ed i professionisti
della danza per un evento in cui spettacoli, gare,
concorsi, sfilate, mostre, lezioni e stage animano il
quartiere della Fiera di Firenze offrendo una kermesse
ricca di occasioni da non perdere.
www.danzainfiera.it
fino al
22 FEBBRAIO
ROMA Il Presepe Cortese della Reggia di
Caserta sarà eccezionalmente esposto nel teatro
del Museo Nazionale Romano in Palazzo
Altemps, con la mostra intitolata: Il Presepe
Reale e le vestiture del popolo. Per la prima
volta a Roma verrà presentato l’unico esemplare
di presepe reale esistente al mondo ed un altro
realizzato nel Settecento prima della fine del
Regno delle Due Sicilie, che riproduce le scene
canoniche come ad esempio la Natività o il
Corteo dei Magi. Un’esposizione capace di
restituire non solo il fascino della tradizione, ma
anche il contesto artistico culturale che fece del
Presepe Cortese la massima rappresentazione
delle contraddizioni di un intero popolo.
Ultimo giorno per iscriversi a Primo Maggio Tutto
l’Anno, la rassegna dedicata agli artisti italiani
emergenti che dà l’eccezionale occasione di salire
da protagonisti sul palco del Concerto del Primo
Maggio in P.zza San Giovanni a Roma. Il
meccanismo di iscrizione è rimasto invariato
rispetto all’edizione 2007: è sufficiente compilare
l’apposito form su MocamboTv indicando una serie
di dati anagrafici, caricare una foto, la biografia ed
effettuare l’upload dei due brani candidati alla
Rassegna. L’iscrizione è gratuita.
www.mocambo.tv
www.primomaggio.com
FEBBRAIO
PAVIA Il giorno di San Valentino sarà inaugurata la
mostra intitolata Il bacio tra Romanticismo e Novecento,
nel corso della quale saranno esposte 60 opere dei
maggiori artisti italiani: Hayez, De Chirico o Manzù. Il
percorso espositivo della mostra interpreta la simbologia
del bacio, esplorando le particolari espressioni che esso ha
assunto nei due secoli di studio degli artisti. Saranno
analizzati il bacio nella mitologia, nella storia sacra, nella
letteratura, nell’intimità domestica. Appuntamento alle
Scuderie del Castello Visconteo.
dal
24
FEBBRAIO
MILANO La mostra intitolata Gli Ultimi Samurai sarà allestita
al Palazzo Reale; si tratta della prima esposizione in Europa
dedicata al mondo dei Samurai, alla loro storia, al loro mito.
Attraverso armature della collezione Koelliker e una serie di
oggetti e di accessori sarà possibile ripercorrere la storia
sociale, politica ed economica del Giappone puntando
soprattutto sul periodo compreso tra il Sei e l’Ottocento.
L’esposizione propone una raccolta unica per numero e qualità
dei pezzi e sarà integrata da alcuni prestiti provenienti dalle
raccolte d’ arte orientali del Castello Sforzesco.
ET
N
R
TE
N
I
BEST OF BLOGS 2008,
VINCE GENERACION Y,
WEB-PROGETTO PER LA
CUBA DI DOMANI.
E’
Generacion Y (desdecuba.com/generaciony) il
miglior blog del 2008.
Lo spazio gestito da Yoani Sanchez, punto di riferimento interna-
V
SENDAMESSAGE: LA
PACE SCRITTA SUL MURO.
i racconto una piccola storia. Ad inizio dicembre,
quando si affollano nella
mente i primi pensieri sui regali di
Natale, mi capita sott’occhio il sito
www.sendamessage.nl. La onlus
olandese che lo gestisce offre un
servizio particolare: pagando 30 euro, sul sito si può comporre un messaggio che verrà poi scritto da writers palestinesi sul muro di Gaza, i
620 Km di barriera eretti dallo Stato israeliano ai confini con il territorio della Striscia. Il ricavato del progetto è utilizzato per edificare in Palestina strutture quali cinema, campi da gioco, giardini pubblici, ecc..
Inoltre, si vuole così tenere viva l’attenzione sulle condizioni estreme in
cui vive il popolo palestinese, anche
a causa delle limitazioni imposte
A cura di Marco Billeci, 20 anni
Pisa
zionale per chi cerca informazioni
su Cuba che vadano oltre le veline
ufficiali del governo Castrista, si è
aggiudicato il Best of Blogs (BoBs)
2008, il più importante fra i premi
assegnati nell’ambito della blogsfera. Dal 2004 i BoBs, promossi dal
broadcaster tedesco Deutsche Well,
sono assegnati ai migliori blog internazionali, scelti da una giuria
composta interamente da blogger
e giornalisti attivi online di riconosciuto valore professionale. Il particolare prestigio degli awards è dovuto anche al fatto che la selezione non avviene solo fra i blog in inglese, ma copre undici lingue fra
cui Arabo, Cinese, Russo, Persiano
(nella lista, al momento, non c’è l’Italiano). Generacion Y, nella definizione della giuria, “dà voce ad
un’intera generazione di Cubani ed
offre al mondo una finestra su Cuba attraverso un linguaggio chiaro
e poetico”. I contributors del blog
hanno tutti dei nomi che comincia-
no o contengono la lettera “Y”, da
qui il nome del sito, sono tutti nati negli anni ’70 ed ’80, hanno vissuto e continuano a vivere tutti i
giorni sulla loro pelle le difficoltà,
le censure, le limitazioni personali
provocate dalla situazione politica
cubana. A differenza di molti altri
connazionali però, la generacion Y
ha deciso di non lasciare Cuba, ma
di impegnarsi attivamente per cambiare le cose, innanzitutto proponendo uno sguardo diverso sulla
realtà dell’isola. Nello svolgere il
loro lavoro si sono ovviamente
scontrati con la censura, tanto che,
per postare i propri testi sulla rete,
la Sanchez è costretta ad inviarli
via mail ad amici che abitano fuori
dal Paese.
Ultima annotazione: sul sito di
BoBs si può anche trovare un valido tentativo di mappare la blogsfera. Attraverso diversi criteri di ricerca, ci si costruisce una mappa
mondiale dei blog che interessano.
dal muro. Bellissimo, penso. In pochi minuti compongo un messaggio
per la mia ragazza e lo affido alla
rete. Poi, come sapete, in Palestina
scoppia la guerra, di nuovo. Più i
giorni passano, più mi sembra chiaro che non ci sono le condizioni
perché il mio ordine sia portato a
termine. L’8 gennaio, data prevista
per la spedizione delle foto che
confermano la realizzazione del
graffito, apro la mia e-mail, mentre
in tv scorrono le immagini delle
bombe. C’è una e-mail di Sendamessage, “mi diranno che non hanno potuto soddisfare la mia richiesta”, penso. Invece la apro e compare la foto del mio messaggio che
fa bella mostra di sé, accanto a tanti altri, sul muro di Gaza.
Purtroppo i miei soldi serviranno
(poco) per rimettere in piedi le case
e le strade, non per costruire cinema e parchi. Ma in questi giorni tragici, mi sembrava davvero una bella storia da raccontare.
20
Legalità
21
Venti minuti con
PINO MASCIARI,
testimone di
GIUSTIZIA
«MI SENTO BRACCATO DALLA MAFIA E PERSEGUITATO DALLE
ISTITUZIONI»: LO SFOGO AMARO E SCONVOLGENTE DI UN
IMPRENDITORE CHE PER DENUNCIARE LE VESSAZIONI DELLA
CRIMINALITÀ ORGANIZZATA HA DOVUTO RINUNCIARE A TUTTO E
VIVERE IN UN TERRIBILE ISOLAMENTO
D
di Eleonora Strazza, 16 anni, Liceo classico “Giusti”
e Clara Callipari, 16 anni, Liceo classico “Alfieri” - Torino
al 18 ottobre 1997 Pino Masciari, assieme alla moisolamento terribile, in quanto mi sento braccato dalla maglie e ai due figli, è sottoposto ad un programma
fia e perseguitato dalle istituzioni. Ciò che mi permette di
speciale di protezione per aver denunciato la ’nandar avanti è il sostegno della mia famiglia e delle tante
drangheta - la criminalità organizzata calabrese - e le sue
persone sparse per tutta l’Italia, che condividono i miei
collusioni con la politica. Ma pur vivendo da "deportato"
stessi valori: quelli della legalità e della giustizia, nelle qua(come lui stesso dichiara) in una località protetta, senza
li io continuo ancora a credere».
nessun cambiamento d'identità, senza alcuna possibilità di
Come mai si sente perseguitato dalle istituzioni?
lavoro né per lui né per Marisa, sua moglie, Pino vuole con«Rimprovero ai governi che si sono succeduti nel tempo l’itinuare a lottare, insieme alle persone che condividono la
gnavia della politica di fronte alla mia situazione e a quelsua causa. Per appoggiarlo, diverse città italiane gli hanno
la di molti altri in Italia. La politica ha il dovere di schierarconferito la cittadinanza onoraria: a Torino il 10 novembre
si e di dare visibilità ai testimoni di giustizia, poiché tenee a Ivrea il 24 novembre 2008. Proprio in occasione di quere nascoste persone come me significa temere la criminalisti due importanti avvenimenti e grazie all’impegno di Lità organizzata e, quindi, anche questo è inbera. Associazioni, nomi e numeri contro le
dice della devastazione che dilania il nomafie, noi della redazione di
stro Paese. Ciò che più mi sconvolge è la
Torino abbiamo potuto intertotale assenza di una legge che renda la
vistarlo e proporvi, quindi, la
nostra condizione più vivibile. Da che parsua toccante testimonianza.
te stanno?
Così Pino ci ha raccontato la
Che interessi ci sono dietro? Il mio dosua storia: «La mia terra è la
vrebbe essere un atto normale, in un
Calabria, lì ho studiato e, spinPaese “normale”».
to da molte aspirazioni, avevo
Nel nostro piccolo, cosa possiamo fare?
anche aperto un’attività im«Ognuno deve essere responsabile del,
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prenditoriale. Subito però mi
le proprie azioni, non si può tollerare
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alcuna forma di prevaricazione, ma inventuno ing fa? Si
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dell’illegalità diffusa, che ho denanzitutto rispettare il prossimo implito
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ciso di denunciare. Nel 1997 son
ca aver rispetto per se stessi».
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no entrato nel programma spePino Masciari si rivolge a noi giovani,
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ciale di protezione e da circa dodicendo di non avere paura, di alzare
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dici anni vivo da esiliato lontano
la testa, di aver fiducia nelle istituziocon gran dig
dalla mia terra, che ho dovuto lani e nella magistratura. L’Italia è no)
sciare di notte fuggendo, come un
stra, non di chi ci governa ed è per
(Don Raffaè
deportato. Di questi ultimi anni mi
questo che è compito nostro imperimarrà tanta amarezza e questo
gnarci in prima persona per salvarla.
Nel 1988
aro nel 1959.
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Per approfondire questo argomento si può visitare il sito
nazionale di Libera: www.libera.it e quello regionale del
Piemonte: www.liberapiemonte.it.
22
Intervista
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AMMINISTRAZIONE
di Maddalena Messeri, 17 anni
Liceo classico “Mameli” - Roma
23
Il pubblico che le esaurisce i teatri le riempirà sicuramente anche il cuore, ma lei, essendo prevalentemente un autore satirico, non sente la mancanza di potersi rivolgere
aniele Luttazzi (al secolo Daniele Fabbri) nasce e cresce
ad un pubblico più vasto?
a Santarcangelo di Romagna e, nonostante si laurei in
«Qualunque artista lavora per raggiungere il pubblico più
medicina, decide di dedicarsi all’arte: è scrittore satirico,
ampio possibile. Dopo vent'anni di gavetta, il tuo vasto
attore e musicista.
seguito te lo sei guadagnato: ma ecco che la censura, imDa subito è un autore controverso e contestato: nel 1989
pedendo al pubblico di vederti in tv, azzera i tuoi vena causa di una battuta sul Partito Socialista viene censut'anni di lavoro. Un danno professionale ed economico inrato e potrà rimettere piede in Rai solo quattro anni dogente. Per questo, tutti gli altri preferiscono la ‘paraculagpo; successivamente la scrittrice Susanna Tamaro gli farà
gine’, pur di stare in tv. Io però non faccio satira perché
causa - perdendola - per plagio del bestseller Va dove ti
voglio andare in tv. Vado in tv per fare la mia satira. Per
porta il cuore, di cui Luttazzi fece la parodia Va dove ti
starci dovrei cambiare seguendo i dettami del padrone? È
porta il clito; nel 2001 il programma Satyricon da lui conun ricatto inaccettabile».
dotto viene sospeso - dopo l’intervista ad un allora scoDopo l'ukase bulgaro Santoro è tornato, Biagi è morto, e
nosciuto Marco Travaglio - e gli viene intentata da Silvio
lei? Non si sente tanto bene?
Berlusconi e dal gruppo Mediaset un causa da 20 miliar«Sto benissimo, grazie. I bastardi non vinceranno. Il temdi: Luttazzi verrà assolto e vincerà la causa; dopo l’editto
po è dalla mia parte».
bulgaro che lo epurava dalla Rai assieme a Michele SanQuesta rivista arriva nelle scuole superiori di tutta Italia:
toro ed Enzo Biagi, Luttazzi torna in tv su La7 con Decasente di voler dire qualcosa ai giovani d'oggi?
meron, ma dopo poche puntate anche questo programma
«Lottate per i vostri diritti, ma appena potete lasciate l'Iviene sospeso…
talia: è un Paese morto, gestito da
Luttazzi da anni si sfoga in due luoghi:
clan di potere che non lasciano spa"Il potere vestito
sul suo blog (www.danieleluttazzi.it)
zio ai veri talenti. Avete davanti a voi
d'umana sembianza dieci anni per costruire la vostra vita.
ma soprattutto in teatro, dove mette
in scena i suoi monologhi riscuotendo
ormai ti considera Fatelo. In bocca al lupo!».
un grande successo. Adesso sta pormorto abbastanza" La nuova protesta studentesca avrà
tando nei teatri di tutta Italia il nuovo
vita lunga o secondo lei è solo una
monologo tratto dall’omonimo probolla
di sapone?
(Via della Croce)
gramma: Decameron Politica, Sesso,
«È una protesta che coinvolge stuReligione & Morte. Sentiamo un po’…
denti, insegnanti, famiglie. Presto il
Caro Luttazzi, sembra proprio impossibile lavorare in quecarovita spingerà in piazza anche il ceto medio. Gli operai
sto Paese, per lei…
sono già sul piede di guerra. Ne vedremo delle belle. Ha«Non "in questo Paese", ma nelle tv Rai/Mediaset/La7/Sky
sta la victoria!».
di questo Paese. Tutti sanno come mi hanno trattato le
Il suo non è lo sfottò da Bagaglino, ma satira corrosiva
prime tre (censure bieche); quanto a Sky, tre anni fa chieche oltre a far molto ridere fa anche riflettere. Si rifà a
sero se mi andava di realizzare un programma satirico che
qualcuno in particolare?
inaugurasse il loro nuovo canale comedy. Proposi un Tg
«Ho studiato tutti i classici e tutti i moderni. Intendo prosatirico che commentasse le notizie del giorno. L'emissaprio tutti. Adesso ho uno stile mio e piuttosto inconfonria di Murdoch mi chiese come avrei reagito se mi avesdibile. E così, com'è naturale, cominciano ad affacciarsi alsero tagliato qualche battuta. Risposi che il contratto
la ribalta quelli che si rifanno a me. Buon segno».
avrebbe impedito questa eventualità: la satira o è libera
Della politica italiana non salva nessuno, né destra né sio non è. Sono spariti».
nistra: a chi la accusa di qualunquismo, cosa risponde?
Si è pentito di qualcosa?
«Nessuno mi accusa di qualunquismo. La mia satira infat«Vedo che la sua scala di valori è sottosopra. Devono
ti muove da una lettura situazionista, ovvero marxista alpentirsi i censori, non chi viene censurato!».
la Debord. E non è vero che non salvo nessuno. Stronco
D
24
Intervista
il Pd? Ma il Pd non è di sinistra».
Contraccettivi, aborto, eutanasia (e potremmo andare
avanti un bel po'…). Perché secondo lei la Chiesa perde il
buon senso quando si trova ad affrontare questi argomenti?
«Il buon senso non c'entra nulla. La religione è una ideologia, ovvero una forma di potere. Esercita un controllo
sociale. Lo fa nei modi che purtroppo conosciamo: plagiando le coscienze col catechismo e muovendo azioni di
lobbying sulla politica. Gli interessi economici in gioco sono enormi. Se si considera che Cristo non ha mai fondato la Chiesa cattolica, come mistificazione è notevole».
Federico Fellini alla domanda "Lei come occupa il suo
tempo libero?" rispondeva: "Dall'avvocato. Da buon italiano la maggior parte del tempo bisogna spenderlo per
querele, controquerele, processi… Ma penso che per chi
riesce a conciliare la propria vocazione con il proprio mestiere, il problema non si ponga." E lei, cosa risponde?
«Innanzitutto, concordo con Fellini. Un artista fa quello
che fa perché deve. Non c'è scissione fra ciò che fa e ciò
che è. I tromboni cercano di soffocarlo, ma l'artista va
avanti. Non può fare altro. Se ti poni il problema della
convenienza o meno, significa che non sei un artista.
Quanto al mio tempo libero, frequento ragazze interessanti e le porto con me in giro per il mondo».
«Leggo personalmente tutte
le mail che mi inviate.
Questa è la cosa importante. E rispondo, sempre
impegni permettendo.
Arrivano però un centinaio
di mail al giorno. Se le pubblicassi tutte in automatico,
non le leggerebbe nessuno.
Preferisco sceglierne qualcuna che sia di interesse
generale e/o argomenti in
modo sorprendente e/o
contenga qualche novità
curiosa, con diletto di tutti».
Dal sito
www.danieleluttazzi.it
Com'è stata l'infanzia di Daniele Fabbri? E la sua educazione?
«Infanzia serena, piacevolissima, ricca di stimoli alla fantasia. A Santarcangelo di Romagna, negli anni ’60, la generazione dei miei genitori sperimentava a scuola tecniche innovative di insegnamento che attingevano a piene
mani dalle arti: letteratura, musica, pittura, cinema. Imparavi a nutrire il tuo spirito col meglio. A quattro anni sapevo già leggere e scrivere. Dalla prima elementare saltai
alla terza. A 13 anni realizzai il mio primo cartone animato. Al ginnasio perfezionai il ruolo di secchione dalle battute micidiali. A 18 anni fondai un gruppo pop new-wave:
cantavo le mie canzoni e suonavo le tastiere. All'università (medicina) capii come va il mondo (baronie, raccomandazioni, coltellate alle spalle) e decisi di tornare al mio
ruolo di secchione dalle battute micidiali».
Cosa pensa di chi dice che la vittoria di Obama non cambierà nulla?
«Che chi lo dice è un cretino. A settembre ero a New York,
nello studio Tv del Letterman show, durante la puntata in
cui era ospite Obama. Ero in prima fila, Obama era a cinque metri da me. L'ho ascoltato. Sarà un presidente che
farà la differenza».
A parte il tempo, avrà perso anche molto denaro per difendersi dalle cause che Silvio Berlusconi ed il suo gruppo hanno intentato contro di lei…
«Già, ed è il motivo per cui ti fanno le cause: per vessarti. Strumentalizzano la giustizia. Per questo propongo il
comma Luttazzi: tu, potente di turno, puoi farmi causa per
venti miliardi, ma se perdi, i venti miliardi li dai tu a me.
La prossima volta fai meno il gradasso, coi tuoi soldi. I
bastardi sono sempre dei gran vigliacchi».
Ha mai pensato di far circolare le sue idee – o più semplicemente di raccontare una storia - anche attraverso il
cinema?
«Certo. Ho già scritto e pubblicato la sceneggiatura di un
film di satira grottesca che ha suscitato qualche interesse
fra produttori indipendenti italiani e francesi. Sono cose
che vanno per le lunghe. Non ho fretta. Nel frattempo, ne
sto scrivendo un'altra».
26
Inchiesta
MEGLIO RIFATTA
27
LE OPERAZIONI DI CHIRURGIA PLASTICA FIGURANO
SEMPRE PIU’ SPESSO TRA I DESIDERI DELLE GIOVANI
RAGAZZE COME ANNA (NOME DI FANTASIA), CHE
HA DECISO DI RACCONTARCI LA SUA STORIA…
di Lorenzo Brunetti, 18 anni
D
Liceo classico “Visconti” – Roma
agli anni ’80 ad oggi il fenomeno della chirurgia estetica
è cresciuto a dismisura e con
esso il dibattito etico che lo accompagna. Per ogni trasmissione che illustra le
ultime tecniche in fatto di liposuzione si
apre un salotto televisivo dove improbabili
opinionisti si interrogano su rischi e benefici di
tali pratiche. Le opinioni, però, sembrano essersi
stereotipate negli anni e quando si parla di chirurgia
plastica i luoghi comuni la fanno ormai da padrone. In
realtà parlare del rapporto che le persone hanno con il proprio corpo è un argomento tutt’altro che banale, specialmente
quando si tratta di adolescenti. Anna è quella che si definisce una
studentessa modello, quasi perfezionista, e quest'anno dovrà affrontare la maturità. La incontro un pomeriggio, dopo le lezioni. È una
ragazza minuta con lunghi capelli, occhi grandi ed un naso, ora, perfetto. Infatti, due anni fa Anna si è sottoposta ad un intervento di rinoplastica. «Era un complesso che avevo da molto tempo, da quando ero
bambina, ed i bambini, si sa, possono essere spietati. Le battutine che ho
subìto dalle elementari fino all'estate prima dell'intervento mi avevano
molto colpita».
Il naso era, quindi, il tuo unico complesso?
«Era l'unico grande complesso, poi è ovvio che ognuno di noi ha altri
complessi minori. Io non so se il mio naso fosse particolarmente brutto
o no, ma quando si ha un complesso ci si vergogna e basta. Non riuscivo
neanche ad andare al cinema perché non volevo essere vista di profilo».
Non ti sei posta il problema dell'oggettività del tuo complesso?
«Non so come gli altri vedessero realmente il mio naso, magari non era
così brutto rispetto a come lo vedevo io. Ho certamente cercato di capire l'oggettività del complesso, ma se all'insicurezza si aggiungono i
commenti degli altri tutto diventa davvero insopportabile. Ovviamente
sono sempre state solo battute, però mi sono rimaste impresse».
Quando hai pensato alla possibilità dell'intervento chirurgico?
«Da bambina mi piangevo addosso e mi disperavo. Tra le medie ed il
liceo la gente ha cominciato a parlarmi della possibilità
di intervenire chirurgicamente e così ho avuto l'idea. Era
però una cosa che si diceva, ma rimaneva vaga. Poi ho
conosciuto diverse persone che si erano sottoposte a interventi estetici, come una mia compagna di classe, che
aveva proprio il mio stesso complesso. Lei si vergognava molto meno di me, tanto che è venuta a scuola con i
lividi e le bende, mentre io sono più riservata. Temevo il
giudizio degli altri, quindi, ho fatto tutto durante le vacanze di Natale».
Qual è il valore dell'amicizia in questi casi?
«Non so se senza aver conosciuto questa ragazza avrei
comunque fatto l'intervento... Forse sì, ma non così
presto».
I tuoi genitori ti hanno appoggiata dall'inizio?
«Io avevo parlato con i miei e non si erano mai dimostrati contrari, ovviamente c'è però modo e modo di intervenire. Conosco ragazze che tra i 18 ed i 20 anni si sono rifatte non solo il naso, ma anche il seno, gli zigomi
ed altre parti del corpo. In questi casi non credo si possa parlare di complessi. Se però una parte del tuo corpo
arriva a farti stare male è giusto correggerla».
Cosa ti disturbava in particolare del tuo naso?
«Il mio problema era la lunghezza, mentre per la mia
amica era la gobba. Il suo intervento è stato, infatti, più
complesso perché la martellata provoca un versamento
che poi scende sotto l'occhio e produce i lividi».
Decidere di sottoporsi ad un intervento chirurgico significa superare un complesso o piuttosto arrendersi ad esso?
«Io credo di aver superato il mio complesso, ma dipende dalla persona e dal complesso. Ora sono più tranquilla, mi piaccio di più e posso andare al cinema senza
preoccuparmi del mio profilo. Non è stato un intervento
particolarmente invasivo ed ora non mi sento finta».
Ma risolvere un complesso non è un processo interiore?
«In alcuni casi risolto un complesso se ne trova un altro.
Ma quando la chirurgia si limita a correggere un piccola
imperfezione che fa star male io sono pienamente favorevole».
Si può star male per una piccola imperfezione?
«È chiaro che per me la mia imperfezione non era poi così piccola. Magari posso pure essermi sbagliata, ma ora
mi sento molto più serena e contenta. Fortunatamente
ho avuto la possibilità economica per fare l'intervento e
non ho dovuto combattere per convincere i miei. È stato
un successo esteriore ed interiore».
Una volta presa la decisione di farti operare come ti sei
mossa?
«Ne ho parlato più volte con i miei genitori spiegando lo-
ro che questo mi avrebbe fatta stare realmente meglio.
Quindi mia mamma si è informata ed abbiamo incontrato un chirurgo qui a Roma. Forse il dottore l'avrà usata
come scusa, ma con l’occasione è intervenuto anche su
problemi respiratori. Non è stato affatto doloroso».
Tu che hai affrontato un intervento di chirurgia estetica come vivi il fatto di essere parte di un fenomeno di massa?
«Non ti so rispondere. Probabilmente esiste in questa società l'idea di dover essere perfetti in tutto, non solo a livello estetico. Bisogna spiccare... ma sto tentando un'analisi psicologica globale che ha un significato relativo,
perché i casi singoli sono molto diversi. Non vedo, comunque, la chirurgia estetica come un tentativo di rendere tutti perfetti ed adeguati, anche se in alcuni casi devo ammettere che è così. La chirurgia plastica può anche
essere un modo per rendere la persona semplicemente
più contenta di sé».
Sebbene i casi individuali siano molto diversi, ritieni esista un identikit tipo della persona che ricorre alla chirurgia estetica?
«C'è purtroppo una selezione economica e si tende, quindi, ad identificare questo fenomeno come tipico di una
categoria sociale che vuole essere sempre più ricca e più
bella, ma chi rinuncia per un fatto di costi non deve per
questo giudicare male la chirurgia estetica; chi si sottopone alla chirurgia plastica non vuole necessariamente
identificarsi con una categoria».
Esiste secondo te una relazione tra l'aumento di interventi estetici e la crescita di patologie come i disturbi alimentari o la tendenza all'esibizionismo?
«In parte esiste una relazione, ma è talmente importante
ciò che senti dentro, a livello individuale intendo, che
non credi che tutto ciò che avviene fuori possa influire a
tal punto su di te, penso… spero».
Ma questi fenomeni cosa rivelano, quali bisogni?
«C’è certamente il bisogno di costruirsi un’identità, ma
non è vero che in passato tutti fossero contenti del loro
aspetto! Per i greci valeva il kalos kai agathos, se sei bello dentro lo devi essere anche fuori, il mito dell'armonia
del corpo è sempre esistito. Addirittura i greci contavano
quante volte la misura della testa dovesse entrare nel
corpo, quindi non è che prima l’essere brutti non fosse
un problema. Tersite era brutto dentro perché era brutto
pure fuori!».
Oggi però, a differenza dell'antichità, sul corpo si può intervenire con la chirurgia. È una forma di conquista
sociale?
«Nel mio caso è stato così, ma tutto dipende dal modo in
cui ci si serve di ogni cosa, dalla medicina alla tecnologia».
28
34
Test
TEATRO:
EXTREME
MAKEOVER!
A quanto pare la chirurgia
estetica non è più solo
appannaggio delle celebrità,
ma anche della vicina di casa,
della collega di lavoro e
persino della compagna di
banco. E certo, a volte può
essere una cosa necessaria –
per esempio nel caso di un
setto nasale deviato, o per
coprire una brutta cicatrice ma quando diventa sintomo
di un’ossessione noi della
redazione di Zai.net
rimaniamo dubbiosi.
E voi che ne pensate?
Scopritelo attraverso il nostro
solito, spassosissimo test!
“Le conversazioni
di Anna K.”
GIOVANI
CRITICI
di Emanuele Colonnese, 24 anni - Roma
1. Il botulino
A È un nuovo drink energetico – di quelli che ne bevi mezza lattina e stai sveglio per ore.
B È quella cosa che le signore di mezza età non più
così sicure della propria bellezza si iniettano chissà dove per sembrare ancora giovani e affascinanti.
C È la sostanza di cui sono fatte le mie labbra!
2. Una gonfiatina per passare dalla taglia zero alla quarta?
A Sono maschio, perciò non posso che essere favorevole – anche se, in verità, anche una ragazza
con la taglia zero può essere carina, no?
B Sono maschio pure io... ma ogni tanto mi piace
cambiare!
C Risparmiare i soldi della merenda e fregare spiccioli nel borsellino della nonna ha dato i suoi frutti e ora posso vantare una quinta piena... che mal
di schiena però!
3. La vostra celebrità preferita...
A I Fichi d'India, che sono brutti al naturale ma simpatici... Anche se in verità non è che facciano ridere poi
tanto, eh?
B Platinette, che tutto sommato ha uno stile e una
classe senza ricorrere ad aggiustamenti vari.
C Simona Ventura, perché nel campo dei ritocchi è
un po' il mio spirito affine.
4. E il trapianto di capelli?
A Non credo sia proprio una specie di chirurgia estetica... o no? Beh, in ogni modo è normale per un
uomo perdere i capelli col tempo, basterebbe darsi una rasata alla capoccia e il gioco è fatto!
B Boh, diciamo che se uno si sente meglio e più in
pace con se stesso, perché no?
C Sono il Presidente del Consiglio...
5. Liposuzione!
A Allora: la liposuzione è un esercizio ginnico con il
quadro svedese per sviluppare l'adduttore del...
ah no, la so, davvero... è un piatto regionale sardo?
B Non so di preciso in che consista il processo, ma
in Fight Club col grasso delle ricche ciccione ci facevano le saponette.
C Una specie di miracolo che dalla taglia 58 mi ha
portato alla 40 in brevissimo tempo!
6. Cosa vi ritocchereste?
A Non credo che si possa dire in questa sede... perciò niente... diciamo!
B La/il mia/o ragazza/o pesa 150 kg, al massimo
un'aspiratina alla ciccia la farei dare a lei/lui...
C Credo mi sia rimasto solamente il polpastrello dell'alluce destro e poi ho ho rifatto tutto!
LEGGI IL TUO PROFILO A PAG. 62
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HAIR INDIA:
Bellezza e vanità nell’era
della globalizzazione
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Musica
UN PROFESSORE DI FILOSOFIA, LA CANZONE
D’AUTORE E UN PERCORSO DI RICERCA SFOCIATO
IN UN PROGETTO DAVVERO ORIGINALE.
ECCONE UN ASSAGGIO
C
di Chiara Comerio, 17 anni, e Alessandro Sala, 17 anni,
Liceo scientifico “Mascheroni” – Bergamo
laudio Sottocornola non è solo un professore di storia e filosofia presso il nostro liceo, a Bergamo, ma un
vero e proprio filosofo e critico del pop. Da anni, infatti, filosofia e amore per la musica l’hanno portato in
studio di registrazione, dove lui stesso è diventato interprete di classici della canzone pop, rock e d’autore
italiana, affiancati, talvolta, da pezzi anglosassoni. Lo studio di questi brani si avvale poi di una lunga esperienza come giornalista nel mondo dello spettacolo e come docente di Storia della canzone presso la Terza Università e il
CDpM di Bergamo. Le sue originali lezioni-concerto costituiscono una sintesi tra musica e storia di fine ’900, periodo che, fin dalla prima giovinezza, lo ha affascinato a tal punto da diventare fonte di ispirazione per numerose poesie, raccolte e pubblicate recentemente nel libro Giovinezza… addio. Diario di fine ’900 in versi. Dal 2004 il percorso
di ricerca sul pop di Sottocornola, in arte Claude, si è concretizzato anche in tre cd, L’appuntamento 1, 2, 3, che propongono 33 brani reinterpretati in modo originale, e nel dvd multimediale 80’s/Eighties, una rilettura degli anni ’80
a partire da materiale pubblicitario e riviste dell’epoca.
Professore, come è nata l’idea delle lezioni-concerto?
«L’idea delle lezioni-concerto, già
sfruttata per la musica classica, è
più innovativa per la canzone pop,
rock e d’autore, in cui i ruoli del critico e dell’interprete tendono a divergere. Sul finire degli anni ’80 ho
incominciato a proporre lezionimultimediali sulla storia della canzone e dello spettacolo, mentre
realizzavo studi, interviste, ritratti
relativi ai principali esponenti della
scena pop italiana, da Gianni Morandi a Paolo Conte, da Ivano Fossati a Enrico Ruggeri. Successivamente, ho avvertito il desiderio di
passare ‘dall’altra parte del vetro’ e
POP
31
mi sono chiuso in sala di registrazione per sperimentare sui classici della
canzone. Da lì, il passo è stato breve: sono nate queste lezioni-concerto
rivolte al pubblico più vario, da quello giovanile delle scuole a quello di
centri culturali e locali che propongono buona musica. Il tutto è radicato
in un profondo interesse per la contemporaneità e per la cultura pop che
la caratterizza».
Quando lei parla di pop non intende quindi solo un genere musicale…
«Indubbiamente. Il pop, come contrazione di ‘popular’, va ben oltre la designazione di un genere musicale e investe tutte le manifestazioni artistiche legate ai linguaggi e alle strutture della società di massa, dal cinema
alla televisione, dalla canzone alla pubblicità, dai giornali ai video-clip.
Studiare la musica pop significa, quindi, rivisitare in chiave interdisciplinare la storia artistica, ma anche sociale, e il costume del secondo ‘900”».
Come è nata la passione per il pop e la canzone d’autore?
«Ho vissuto da bambino i grandi cambiamenti che avvenivano nel mondo
della canzone in quell’età aurea che sono stati gli anni ’60. Mia sorella, di
pochi anni maggiore, acquistava quei 45 giri che proponevano un nuovo modo di cantare: Paul Anka, la Pavone, Di
Capri, i Beatles. Dall’America giungeva l’eco di grandi sinergie e collaborazioni, come quelle fra Andy Warhol e Lou
Reed, Bob Dylan e Allen Ginsberg… Gradualmente, il beat, il rock e la canzone d’autore favorivano la nascita di una
nuova coscienza giovanile e femminile».
Che cosa l’affascina delle canzoni che interpreta? Come si svolge una lezione-concerto?
«In genere svolgo un tema, che può andare dalla canzone d’autore ai modelli adolescenziali, quindi scelgo un repertorio che sia significativo e mi permetta di dire interpretativamente qualcosa di nuovo o quanto meno di mio. Confesso che in una canzone mi affascina soprattutto la voce… Ma attraverso l’analisi dei testi e la contestualizzazione
storica, guido lo spettatore a una migliore comprensione del brano. La lezione si struttura con un 50% di parlato e
un 50% di cantato. Durante lo spettacolo mi interrompo per lasciare spazio a interventi del pubblico, tanto che i tempi del concerto si allungano… E gli studenti delle scuole sono spesso i più curiosi, i più interattivi”.
Lei è anche un professore di filosofia al liceo; che rapporto crede ci sia tra filosofia e musica?
«Dico sempre che se non avessi fatto musica, avrei un altro modo di pensare. La filosofia spesso privilegia il momento logico-razionale e oppositivo, mentre la musica abitua all’ascolto delle emozioni e favorisce lo sviluppo della
nostra parte intuitiva, sintetica. In un mondo dissonante, in cui la realtà si presenta spesso con caratteri conflittuali, una buona canzone può rappresentare un momento di equilibrio, quasi una ‘illuminazione’. Non a caso, l’ermeneutica contemporanea vede nella categoria di interpretazione la più idonea a esprimere il nostro rapporto con la
realtà».
La musica di oggi svolge la stessa funzione di specchio della società come per esempio negli anni ’80?
«Ogni espressione artistica, e la musica popolare in modo anche più
evidente, partecipa dei cambiamenti in atto e ne orienta la direzione. La parola chiave per capire le tendenze attuali è ‘contaminazione’. E’ sotto gli occhi di tutti la caduta di barriere fra generi musicali ma anche fra aree geografiche: il rock diventa ispanico, il Nord
Africa influenza l’Europa mediterranea e l’Estremo Oriente si insinua
negli stacchetti musicali di MTV. C’è il rischio della omologazione,
ma anche la possibilità di una integrazione, di un incontro fra culture. E questo può insegnare qualcosa alla politica, all’economia».
Progetti per il futuro?
«Portare in giro il recital I migliori anni della nostra vita, un reading
delle mie poesie con canzoni d’autore ‘live’, a raccontare la storia
d’Italia degli ultimi trent’anni. E, più in generale, continuare la mia
ricerca fra parole, musica e immagini, perché sono convinto che un
approccio interdisciplinare moltiplichi i punti di vista, favorendo la
mediazione e il dialogo».
32
Un tè all’Opera
CONTINUANO GLI APPUNTAMENTI
CON L’ARTE DEL CANTO LIRICO.
LAURA CHERICI, SOPRANO DI FAMA
ORMAI INTERNAZIONALE, RIPERCORRE
CON NOI LE FASI SALIENTI
DELLA SUA ASCESA
LA MUSICA,
IL PANE DELL’ANIMA
di Jacopo Zoffoli, 19 anni
Liceo scientifico - Roma
ancora una volta il bar del Teatro Nazionale di Roma a incorniciare il nostro consueto ‘Tè all’Opera’; questa volta sotto le
mie grinfie è caduta una grande professionista, il soprano Laura Cherici. Carichi di pacchi e pacchettini natalizi, ci sediamo in un
angolo del bar per ordinare un tè nero classico e un tè verde (naturalmente quello di Laura). Parte così, in attesa di due tazze fumanti e odorose, la nostra conversazione.
Quando e come hai scoperto la passione per l’opera? Che
cosa ti ha spinto ad intraprendere la carriera di soprano?
«È iniziata per caso, da ragazza volevo fare la cantante di
musica leggera, il mio mito era Mina - lo è ancora, in verità. Per una serie di coincidenze mi sono ritrovata a studiare canto lirico e a fare un’audizione per il Rosenkavalier di
Strauss al Teatro Regio di Torino. Da quel momento mi si è
aperto un mondo che molti considerano obsoleto, vecchio,
ma che, invece, è fatto e amato da tanti giovani. Un mondo
meraviglioso, certo, ma nel quale non ci sono solo rose e
fiori. Per dirne una, è molto difficile mantenere una posizione una volta che la si è raggiunta».
Quali sono le principali differenze nell’ambiente teatrale oggi rispetto a quando hai iniziato tu?
«Quando ho esordito io, ormai ventitre anni fa, era più facile lavorare serenamente; oggi, anche a causa della precarietà dei contratti, è più difficile riuscire ad entrare in meccanismi ben consolidati, per lo più controllati da tante persone che tengono a mantenere il proprio posto».
Arriva il tè, e io, da bravo cavaliere, ne verso una tazza alla mia ospite. Quale è il personaggio che ti è più congeniale interpretare?
«Nella mia carriera ho interpretato davvero tanti ruoli, cominciando dai più piccoli, come ad esempio quello della sacerdotessa nell’Aida. Sono affezionata ad ognuno, ma tengo in maniera particolare alla figura di Susanna nelle Nozze
di Figaro di Mozart».
Domanda maligna lo so, ma la curiosità non si può frenare:
un personaggio che ami meno?
(Attimo di silenzio) «La Berta del Barbiere di Siviglia, anche
È
"Cantam
id
tempo l' i questo
a
malcont stio e il
ento di c
hi
è sotto v
ento"
(Ottoce
n
to)
se quando mi trovo in
sala prove o in scena, non riesco a non farmela piacere. In ogni cosa che faccio, cerco di mettere sempre il massimo dell’impegno e dell’onestà, mi sembra doveroso nei confronti del pubblico che ha pagato il biglietto e
dei colleghi stessi».
C’è una figura che ha influenzato particolarmente il tuo lavoro?
«Ho avuto la possibilità e la fortuna di lavorare con tanti
grandi artisti: Zubin Mehta, Gianluigi Gelmetti, Franco Zeffirelli, Fiorenza Cossotto; a ognuno di loro nel corso degli anni ho cercato di rubare qualche insegnamento. Con il maestro Alan Curtis ho scoperto il repertorio barocco, molto stimolante per una cantante».
Come affronti il debutto nei panni di un nuovo personaggio?
«Studio, studio e ancora studio. Se ne ho la possibilità, inizio a farlo anche un anno prima dello spettacolo. Come diceva la grande Maria Callas, si può studiare in silenzio, leggendo lo spartito e poi non guardarlo per mesi: inconsciamente continui a lavorarci sopra. Naturalmente, è essenziale esercitarsi anche al piano».
Quali sono i prossimi impegni?
«L’Arianna a Nasso di Strauss a Genova e poi altri progetti
che, purtroppo, con questi chiari di luna, non sono sicuri.
Come dice il maestro Gianluigi Gelmetti, l’arte è il pane dell’anima, e in tempi di crisi come quelli attuali anche questo
va salvaguardato».
Concludo con una curiosità: opera e cantante preferito?
«Non ho preferenze per quanto riguarda le opere. Amo in assoluto, però, la Callas: per noi cantanti lirici è un faro nella
notte. Inoltre, mi piace Renata Scotto per la musicalità e il
modo di porgere la parola. Oltre a Mina, in ambito pop apprezzo molto anche Giorgia, perché ha un tipo di vocalità e
una tecnica vicine a quelle di noi cantanti lirici».
CONVIVERE COL DIVERSO:
35
“LE CONVERSAZIONI DI ANNA K.”
COSA ACCADE SE UNO
DEI RACCONTI PILASTRO
DEL NOVECENTO SUBISCE
UNA “METAMORFOSI”
STRUTTURALE?
LO ABBIAMO CHIESTO
A UGO CHITI, AUTORE
DE “LE CONVERSAZIONI
DI ANNA K.”
L
di Chiara Falcone
Roma
e conversazioni di Anna K., in scena dal 20 gennaio
all’Eliseo, trae spunto dalla Metamorfosi di Kafka, e
si concentra su una figura marginale del racconto,
Anna, interpretata da Giuliana Lojodice. Anna è una figura poco approfondita che nel racconto di Kafka compare
solo in un secondo momento, mentre nel testo di Chiti,
è la persona che si trova da subito a contatto con la vittima della metamorfosi e che diventa il punto d’osservazione privilegiato dell’intera storia. Con Le conversazioni
di Anna K., viene dunque portato sulla scena il tema attualissimo della Metamorfosi: quello della diversità e dell’incapacità degli uomini di accettarla, ma con una prospettiva diversa. Le motivazioni di questa scelta sono indicate dallo stesso Chiti nella seguente intervista, in cui
lo sceneggiatore racconta le sue esperienze parallele di
cinema e teatro.
Le conversazioni di Anna K. ha vinto il 49° Premio Riccione per il Teatro: la giuria ha considerato eccellente la
scelta di incentrarsi sulla figura della donna che, cito testualmente, “sa ricondurre anche la diversità più mostruosa alla consapevolezza che la vera diversità consiste nell’essere esclusi dai sentimenti”. Quali altre motivazioni hanno spinto a scegliere questo personaggio
marginale del racconto di Kafka come protagonista del
testo teatrale?
«Prima di tutto l’incontro fulminante nell’adolescenza con
il racconto di Kafka: io ho già messo in scena due allestimenti di questo spettacolo, con segno drammaturgico
diverso, e anche con un’attenzione allo spazio differente.
Da questa sperimentazione è emerso il personaggio guida di Anna, vedova appena accennata nel testo di Kafka,
che finirà per occuparsi di Gregorio. Le conversazioni di
Anna K hanno definito meglio e ampliato questo personaggio appena intuito fino a renderla uno spunto drammaturgico per rileggere l’intero racconto».
In quali altri aspetti si caratterizza la “metamorfosi” del
racconto a piéce teatrale?
«C’è come una sorta di fedeltà e allo stesso tempo un’enorme differenza di sguardo: il racconto di Kafka è visto
attraverso Gregorio, anche se non raccontato in prima
persona, è uno sguardo dall’interno. Nel testo teatrale,
invece, c’è un rovesciamento di ottica: alla base c’è un’analisi esterna della famiglia che deve convivere in modo
più o meno egoistico, più o meno incapace con una problematica. Un’analisi guidata da Anna, che traghetta l’esterno verso l’interno, e che ci porta nella camera di Gregorio».
La Metamorfosi è uno dei racconti più rappresentativi del
Novecento e indubbiamente un testo ancora attuale: quali messaggi si possono trarre dal suo lavoro?
«Gli stessi che ci sono all’interno dello straordinario capolavoro di Kafka. Cercare di classificarli è spesso riduttivo: l’attualità della Metamorfosi è inossidabile, è una
metafora fulminante nella sua semplicità, leggibile attraverso tante prospettive. Io ho scelto l’umanità, la pietas,
l’accettazione e la convivenza con ogni diversità».
Cosa ha apportato al personaggio di Anna una grande attrice come Giuliana Lojodice?
«Io sono autore di compagnia da 25 anni con Arca Azzurra Teatro, dopo tanto tempo tra il regista e la propria
compagnia si crea un rapporto stretto, anche una specie
di codice di comunicazione. Prevedere l’intervento di una
persona complessa, che ha alle spalle 50 anni di teatro,
come Giuliana non era facile: tutto si è però svolto in maniera armonica. Giuliana ha portato un’enorme capacità
di leggere dentro alla battuta tutti i possibili risvolti; attrice sensibile, padrona del gesto, della propria vocalità,
ha messo tutte queste sue doti a servizio di un personaggio che l’ha catturata, in quanto denso di umanità».
La professione dell’attore non si può improvvisare: cosa
consiglia ai giovani che si avvicinano al mondo della recitazione?
«Direi prima di tutto fare buoni incontri: iniziare è indubbiamente un elemento importante, ma credo che la difficoltà del giovane oggi sia quella di avere poche possibilità di unirsi, di confrontarsi. Io appartengo a una generazione in cui c’erano molte occasioni di aggregazione,
molti luoghi e tempi che permettevano la realizzazione di
vari progetti. Oggi, invece, si passa dall’accademia alla
professione quando va bene, ma spesso dopo c’è il nulla. In generale c’è meno attenzione al teatro, e questo mi
dispiace perché il tragitto è più difficile per i giovani».
Lei ha lavorato molto anche per il cinema: cosa offre di
diverso un’esperienza teatrale?
«Il cinema è stato una grande occasione che mi ha permesso di fare il teatro che voglio, per realizzare i miei
progetti. Nel cinema io lavoro come sceneggiatore a servizio di un regista, di una produzione, e quindi utilizzo la
mia capacità di scrivere, di strutturare la storia, di definire i personaggi per altri, senza un’ambizione autoriale.
Questo mi ha permesso di fare film anche diversi tra loro, come Manuale d’amore I e II, Gomorra, l’Imbalsamatore. Scrivere per il cinema è, dunque, la mia professione, il teatro è, invece, il mio modo di essere, di rappresentarmi, di entrare dentro qualcosa che mi appartiene».
La sceneggiatura di Gomorra, di cui lei è coautore, è stata premiata agli European Film Awards. Secondo lei questo e gli altri riconoscimenti ricevuti dal film sono il sintomo di una rinnovata attenzione a temi di impegno sociale?
«E’ quello che ci auguriamo! Con Gomorra c’è stata una
congiunzione di elementi positivi: prima di tutto una denuncia forte, precisa, rivelatasi molto pericolosa per Saviano; il sapore di verità continuamente ribadito; infine la
straordinarietà di Matteo che racconta con piglio a volte
documentaristico e a volte cinematografico. Tutti questi
elementi hanno permesso l’attenzione che il film meritava. Non bisogna tralasciare anche l’aspetto innovativo del
film: è un modo di raccontare totalmente nuovo che è
stato giustamente riconosciuto. Io sono felice che questo
impegno e coraggio abbiano avuto un riscontro positivo
nel pubblico. Ma non dobbiamo dimenticare che in realtà poi il cinema italiano a Natale sbanca con un genere
che non mi pare rappresenti minimamente un’innovazione. La domanda è quindi relativa, purtroppo».
Progetti in cantiere?
«Sì, molti, anche se ancora un po’ sospesi. Sicuramente
un film con Matteo Garrone e un altro con Giovanni Veronesi, probabilmente sul tema rapporto genitori figli.
Ora sto lavorando con Wilma Labate e Ascanio Celestini
ad una sceneggiatura da un suo spettacolo. Ad Ascanio
riconosco un’enorme capacità poetica e impegnata nel
raccontare il tessuto sociale, il mondo, gli uomini: sono
molto contento di lavorare con lui».
«Gregorio Samsa, svegliandosi una mattina da sogni
agitati, si trovò trasformato,
nel suo letto, in un enorme
insetto immondo». Questo è
l’incipit di uno dei racconti più
rappresentativi del
Novecento: La metamorfosi di Kafk
a. Al centro
della vicenda la trasformazione
di un commesso
viaggiatore, Gregorio, in un gros
so scarafaggio:
il racconto si concentra sulle reaz
ioni della sua
famiglia, reazioni di sgomento
e aggressività che
successivamente si trasformano
in indifferenza
sotto lo sguardo impotente del
protagonista, che
vorrebbe invano stabilire un con
tatto con i suoi
cari. Il racconto esprime magistra
lmente la metafora della diversità e della condizi
one dell’uomo.
Il testo è disponibile nell’edizion
e Einaudi
Tascabili a 7 €.
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Dimitri Fros
FOTO: LORENZO BOJOLA
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Anteprima
36
Recensioni
37
MANUALISTICA
NARRATIVA
L’ULTIMA LEGIONE
di Valerio Massimo Manfredi, 472 pagg.,
Ed. Mondadori 2002, euro 9,40
GIORNALISMO
BILAL. IL MIO VIAGGIO DA INFILTRATO
NEL MERCATO DEI NUOVI SCHIAVI
di Fabrizio Gatti, 493 pagg.,
Ed. Rizzoli 2007, euro 18,50
Fabrizio Gatti, noto inviato del settimanale «L’espresso», ha percorso il deserto con gli africani disperati, è approdato come un clandestino a Lampedusa,
sostando presso il Centro di permanenza temporanea, ha partecipato alla
raccolta dei pomodori riservata agli immigrati in Puglia. Fabrizio ha rischiato
la vita ed è stato anche rinchiuso per
tre volte dietro le sbarre come immigrato, per scoprire la
verità e poterla raccontare con gli occhi di uno di loro.
Nel suo scritto si intrecciano le storie di molti uomini
disposti a rischiare la vita pur di attraversare il Mediterraneo e le vicende politiche delle nazioni indifferenti alle grida dei loro cuori. Bilal è un libro che tratta la storia di un altro mondo, di un tempo che non sembra nostro (ma lo è), in cui la povertà, le sofferenze, le ingiustizie regnano incontrastate, dunque, dal silenzio del deserto a quello colpevole della nostra terra.
Un motivo per leggerlo: Sfogliando le pagine si sente
l’odore della morte di tante creature che hanno solo la
colpa di essere nate nel luogo sbagliato in un mondo di
egoisti.
Un motivo per non leggerlo: Se di solito temete i libriverità, quelle letture che possono rivelarsi un pugno nello stomaco.
Samina Zargar, 18 anni, Savona
Ambientato nell’Annus Domini 476, anno della caduta dell’Impero Romano
d’Occidente, il best seller di Valerio
Massimo Manfredi - da cui nel 2007 è
stato tratto anche il film per la regia di
Doug Lefler - ha cercato di creare un
nesso tra la fine dell’impero, la leggenda della spada nella roccia e quella di
Re Artù. Il risultato è una trama avvincente, ricca di colpi di scena e dalla lettura scorrevole;
le citazioni in latino, tradotte da opportune note, contribuiscono a immergere il lettore nella vicenda. La voce
narrante è quella del precettore Myrdin Emreis (Ambrosinus) che racconta la sua avventura con l’ultimo imperatore, Romolo Augusto, recluso da Odoacre nella prigione di Capri. Durante la detenzione, Romolo trova in
una cripta segreta la spada calibica di Giulio Cesare ritenuta invincibile. Sembra finita, ma un gruppo di legionari
é deciso a tutto pur di liberare l’imperatore...
Un motivo per leggerlo: Se siete alla ricerca di una lettura avvincente.
Un motivo per non leggerlo: Alcuni capitoli molto descrittivi rallentano il ritmo narrativo.
Domitilla Di Lorenzo, 15 anni, Roma
TEATRO
PICCOLA STORIA DELL’EDITORIA
TEATRO
IL GABBIANO
160 pagg., Modern Publishing House 2007, euro 10
di Anton Ĉechov, regia di Marco Bernardi,
con Carlo Simoni
Come nasce un libro? Come si è passati dalla scrittura su supporti effimeri come fogli di papiro o tavolette di legno
alle pagine che state sfogliando adesso? A queste e tante altre domande
hanno tentato di dare risposte convincenti e documentate, ma allo stesso
tempo di agile consultazione, gli allievi
del Master in Editoria e gestione del
prodotto editoriale dell’Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano attraverso la Piccola storia dell’editoria
(corredata da un Piccolo dizionario della stampa). Dai
geroglifici, alla rivoluzione di Gutenberg, alla linotype, alla fotocomposizione, alla rivoluzione informatica, 21 capitoletti ripercorrono in maniera molto chiara e incisiva
le tappe salienti dell’evoluzione del libro, principale veicolo di trasmissione del sapere.
Un motivo per leggerlo: I neofiti troveranno in queste
pagine un piacevole punto di partenza per approfondire
una materia complessa ed affascinante.
Un motivo per non leggerlo: Al pregio fondamentale della concisione fa da contraltare una talvolta eccessiva
disinvoltura nel trattare passaggi storici molto delicati.
Giulia Corallo, 18 anni, Napoli
Ancora una volta portato in scena
il capolavoro di Ĉechov, e ancora
una volta un grande successo. Merito in primo luogo del testo, di
una scenografia essenziale, che lascia campo libero alle parole e ai
silenzi degli attori, e dell’attenta
regia di Bernardi. A fare da sfondo in quest’opera è la
polemica letteraria tra forme vecchie e nuove, che si riflette in un contrasto generazionale incarnato dalle figure di Kostia, giovane insicuro e introverso, e del compagno della madre Trigorin, romanziere vecchio stampo e
dalla personalità debole. Il primo atto è incentrato sull’introspezione psicologica, che permette allo spettatore
di guardare a fondo nell’anima dei protagonisti, come
degli altri personaggi, tutti prigionieri di drammi interiori mai esplicitati. Nel secondo atto è una climax ascendente di emozioni che trasporta il pubblico verso la
drammatica scena finale, in cui il sordo rumore dello
sparo fuori scena dà voce al lacerante male di vivere di
Kostia.
Un motivo per vederlo: Se amate il teatro delle emozioni.
Un motivo per non vederlo: Di non immediata digeribilità!
Chiara Falcone, Roma
GIORNI FELICI
di Samuel Beckett, regia di Anna Marchesini,
con Anna Marchesini
Una costante contrapposizione tra la
tragicità della condizione umana e lo
squisito tono comico che la ridicolizza:
per il debutto da regista Anna Marchesini sceglie uno dei più complessi testi
di Samuel Beckett, in cui lei stessa veste i panni della protagonista, Winnie, sul palco insieme al
marito Willie. Man mano che i giorni passano, Winnie sprofonda sempre di più in una buca e, nonostante la situazione disperata, si autoconvince di essere felice. Significativa la frase d'apertura: "Un altro giorno felice!". I gesti tradiscono una miserevole routine in cui il tempo non esiste
e in cui anche Willie è una figura emblematica: rimane insensibile di fronte alle richieste d'aiuto della moglie.
Un motivo per vederlo: Anna Marchesini mostra un’incredibile capacità di modulazione della voce.
Un motivo per non vederlo: Se non siete pronti a un
dramma estremamente denso.
COME RIDEVANO GLI ANTICHI
(Philogelos)
Da poco in libreria, una raccolta di 265 battute e storielle
umoristiche provenienti dall’antichità, tradotte e
commentate con cura, farà ricredere quanti hanno sempre
pensato che l’umorismo all’inglese sia un’invenzione più o
meno recente. Rivolte soprattutto contro gli intellettuali, i
maestri di scuola pedanti e i filosofi da quattro soldi e
raccolte in volume in epoca tarda, queste freddure –
improprio chiamarle ‘barzellette’ - ci presentano il mondo
antico in una maniera un po’ insolita rispetto a quella a
cui ci hanno abituato i testi di scuola, facendoci
finalmente scoprire come ridevano i Greci.
a cura di Tommaso Braccini, pagg. 156, il melangolo,
Genova 2008, euro 10
Silvia Torre, 17 anni, Roma
Z a i. n e t è p e r i l d i r i tt o d i c r i t ic a … v o t a, c o n s i g l i a , s t ro n c a f i l m , l i b r i , m u s i c a e a l t r o s u i s i t i w w w. z a i . n e t e w w w. s t r o n c a . n e t
38
Horror
Documentario
CAPELLI SANTI
Un racconto
sul culto
della bellezza
nell’era della
globalizzazione
UNA FIABA GOTICA AMBIENTATA
IN UN LUOGO SENZA NOME E
SENZA TEMPO, DOVE TUTTO RUOTA
ATTORNO AL MONDO DEL CINEMA
E DELLA FOTOGRAFIA
IMAGO MORTIS:
caccia all’ultimo respiro
di Alessandro Truce, 20 anni
Roma
olto tempo prima dell'invenzione della fotografia, uno scienziato di nome Fumagalli
si appassionò alla cosiddetta "Thanatografia", ossia l’arte di riprodurre su un supporto sensibile
l'ultima immagine fissata sulla retina
di una persona in fin di vita (alle
sfortunate cavie venivano rimossi i
bulbi oculari e tramite un apposito
apparecchio lo scienziato procedeva
alla creazione dell’immagine). E’ questa la premessa su cui si muove il
nuovo film di Stefano Bessoni, una
“Ghost story”, come lui stesso l’ha definita nel corso dell’anteprima a Roma,
M
certamente influenzata dal nuovo cinema spagnolo, ma
che rivela tratti di vitalità del cinema nostrano.
Bruno, orfano di entrambi i genitori, è uno studente spagnolo di regia alla scuola internazionale di cinema Murnau. A causa del grave lutto famigliare che l'ha colpito,
per pagare la costosa retta scolastica lavora di notte nel
vastissimo archivio cinematografico dell'istituto. A tenergli spesso compagnia è Arianna, studentessa dal carattere aperto e solare, l'unica con la quale il timido Bruno
riesce ad avere un vero rapporto. Provato dai faticosi turni di notte all'archivio e da una forma sempre più acuta
di insonnia, il giovane comincia a percepire strane cose,
non riuscendo più a distinguere ciò che è reale da ciò
che non lo è. Presenza ricorrente di tali apparizioni è un
ragazzo insanguinato che sembra volerlo guidare alla
scoperta di qualcosa. Dopo l’ennesima visione avvenuta
nell’archivio, Bruno trova la pellicola di un vecchio film
prodotto da una professoressa della scuola sulla “Thanatografia” nel quale riconosce il ragazzo stesso. Con
l'aiuto di Arianna e attraverso una serie di scoperte
sconcertanti, arriverà dopo una sanguinosa serie di omicidi a ricostruire l'intricata tela tessuta all'ombra della
scuola. Imago mortis è un film non contestualizzato in
un periodo preciso e vi si "respira" l'ombra di una costante minaccia fin dalle prime
battute. Grande protagonista di
questa pellicola è la fotografia,
grazie alla quale gli autori potenziano al massimo la già ottima
interpretazione degli attori, capaci di trasmettere al pubblico tutte le emozioni che fanno la differenza tra un "bel film" e un
"film discreto". Una nota importante dedicata ai cinefili: nel
cast ci sono Geraldine Chaplin
e Oona Chaplin, rispettivamente figlia e nipote del grande
Charlie.
39
IL VIAGGIO DEI CAPE
LLI DI UNA GIOVANE
DONNA INDIANA. OFF
TEMPIO E POI TRASFO
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AIR EXTENSION” IN IT
STESSI CAPELLI TORN
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DONNA IN CARRIERA
DI BOMBAY
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di Arturo de Laurentiis, 18 anni
Napoli
uesta è la storia di Hair India, il nuovo documentario di Raffaele Brunetti e Marco Leopardi.
Proiettato in concorso al Festival dei popoli di
Firenze ed all'IDFA film festival ad Amsterdam, il film sarà presentato a Roma questo mese, mentre la messa in
onda televisiva è prevista a giugno su Raitre.
I PERSONAGGI
Hemlata è una giovane donna indiana del piccolo villaggio di Muchipara in Bengala; con la sua famiglia si reca
in pellegrinaggio a donare i capelli nel tempio di Simachalam. È la prima volta che lascia il villaggio. Quello
che si accinge a compiere è un viaggio interiore nello
spazio e nel tempo. La via verso la purificazione di Hemlata passa attraverso un’India immutata nei secoli, ma
anche attraverso un paese in grande sviluppo: quello
delle grandi città, delle ragazze in blue jeans che affollano i fast food, dei call center e delle donne in carriera
che vestono come le modelle di Vogue.
Sangeeta è una trentacinquenne single di Bombay, caporedattrice della rivista di costume e moda Hello!. È
un’assidua frequentatrice della vita mondana di Bombay
e un’attenta osservatrice del mondo che frequenta. Fa
parte della stessa élite di Bombay di cui parla la sua rivista. Sangeeta frequenta locali notturni, mostre d’arte e
siti internet indiani specializzati in matrimoni ed è una
cliente affezionata di Dilshad, la proprietaria di uno dei
saloni di bellezza più noti di Bombay. Dilshad applicherà a Sangeeta le extention ‘Great Lengths’, quelle “made
in Italy” con capelli indiani, le stesse che chiedono le dive di Bollywood e di Hollywood.
Thomas Gold a bordo del suo elicottero sorvola la fabbrica alle porte di Roma. È al telefono e parla con Mayoor, suo amico di infanzia e grossista di Bangalore.
Hanno studiato insieme in Inghilterra e comunicano tra
loro in inglese. Un grosso carico di capelli è in arrivo dall’India per essere lavorato e trasformato in extension
presso la ‘Great Lengths’. Thomas Gold è un giovane miliardario dai modi cortesi e l’abbigliamento casual, ha
creato a Roma, con suo padre David, il piccolo impero
economico della ‘Great Lengths’. Devono il loro successo al desiderio millenario delle donne di avere e conservare la bellezza.
Mayoor. L’unico rumore che si ascolta nei grandi spazi
della sua fabbrica di Bangalore è quello prodotto dai variopinti braccialetti di vetro portati dalle operaie indiane.
L’attività di Mayoor è frenetica; acquista i capelli nei templi del Sud dell’India che poi seleziona e spedisce in Italia.
Dilshad è divenuta famosa per essere la parrucchiera
delle star. Da quando ha iniziato ad applicare le extension della ‘Great Lengths’, i suoi affari hanno avuto
un’impennata. Dilshad è divenuta parte integrante della
società di Bombay che conta, è considerata una sorta di
sacerdotessa del dio della bellezza e del successo.
Con un montaggio alternato si sviluppano parallelamente queste quattro storie e alla fine del film il cerchio si
chiude: dopo un lungo viaggio Hemlata raggiunge il tempio e si fa rasare la testa insieme a tutta la famiglia. Dilshad applica su Sangeeta le ciocche di capelli che avevano lasciato l’India e che vi sono ritornati sotto forma di
extension della ‘Great Lengths’.
Filosofia
LA STRAORDINARIA
UMANITÀ DEGLI ANGELI
41
PRESENZE VICINE MA INVISIBILI,
ORDINARIE MALGRADO LA LORO
STRAORDINARIETA’. COSI’ SONO
GLI ANGELI DI EDITH STEIN,
LA FILOSOFA EBREA E SUORA
CARMELITANA CHE FINI’ I SUOI
GIORNI AD AUSCHWITZ.
PER CONOSCERLA
DA VICINO, ECCO UN LIBRO
CONSIGLIATO ANCHE AI NON
ADDETTI AI LAVORI
di Beatrice Solinas, 16 anni
Liceo scientifico “Marconi” - Sassari
ennaio è il mese della memoria, lo si celebra un po’ in tutte le scuole italiane per ricordare la Shoah, lo sterminio di milioni di ebrei consumatosi durante gli anni finali
della seconda guerra mondiale. La storia della Shoah può essere ripercorsa attraverso diverse figure esemplari; una di queste è sicuramente Edith Stein, la filosofa ebrea che
morì ad Auschwitz nell’agosto del ’42. Ebrea, tedesca, filosofa, grande conoscitrice dell’opera di San Tommaso d’Aquino, Edith Stein diventerà suora carmelitana e, durante il pontificato di papa Giovanni Paolo II, santa. La duplice condizione di ebrea e cattolica fa di lei
un vero e proprio simbolo del dialogo tra mondi e religioni diverse. In quest’ottica viene
presentata e valorizzata da Giuseppe Pulina nel suo ultimo libro, L’angelo di Husserl (Zona editore, pp. 126, € 14), che si presenta come un’agile introduzione al pensiero della
Stein, giustamente preceduto da un breve e scorrevolissimo profilo biografico.
Studioso del pensiero mitteleuropeo e di altri filosofi ebrei come Carlo Michelstaedter,
Giuseppe Pulina esamina i temi principali dell’opera di Edith Stein, sottolineando l’originalità di molti suoi apporti e l’attualità di non poche teorie. Ammiccante è il titolo, che
porta ad immaginarsi una figura angelica e ad associare il nome della filosofa a quello
del suo maestro, Edmund Husserl. Dalla lettura del libro si capisce la scelta del titolo:
Edith Stein, che diventerà suora carmelitana con il nome di suor Benedetta della Croce,
credeva nell’esistenza degli angeli. Gli angeli rientravano nell’ordine dell’universo, perché questo risponde al disegno della Creazione. C’è così nel libro di Pulina un capitolo
interamente dedicato a questo tema: “Angeli e uomini”. L’angelo di Edith Stein, ritratto
da Giuseppe Pulina nelle pagine finali del libro, non è quello di certe rappresentazioni
ingenue. Non è detto che debba avere le ali piumate o che sappia volare meglio di un
gabbiano: è un essere quasi ordinario, perché sempre presente, anche se non visibile.
Ordinario, malgrado la sua straordinarietà.
Il libro parla di angeli, ma anche di mistica ed empatia. Per Pulina, gli studi dell’empatia sono tra i contributi più originali di Edith Stein. Grazie all’empatia noi possiamo, in
un certo senso, sentire quello che sentono gli altri. È la capacità di immedesimarsi nelle gioie e nelle sofferenze delle altre persone, senza la quale gli uomini non possono essere uomini e i filosofi sarebbero solo dei pensatori a metà.
Un motivo per leggerlo: Anche chi non è granché esperto di filosofia potrà comprenderne facilmente i contenuti.
Un motivo per non leggerlo: Noi non ne abbiamo trovati.
G
L’ESTRATTO
«Essere donne, ebree, vivere
nella Germania post-weimariana, subire il fascino di
un’altra religione, scontrarsi
con la propria tradizione e,
cosa ancor più difficile, con
la propria famiglia sono elementi di una biografia per
così dire poco convenzionale.
Per questa ragione, attraverso la conoscenza della vita di
Edith Stein, è possibile comprendere meglio (sotto l’angolo visuale di un’ebrea convertita e di un’eccezionale
personalità spirituale) l’entità
di una tragedia che, per le
modalità con cui venne pianificata dai gerarchi nazisti e
per le finalità che la ispirarono, non ha avuto eguali nella
storia, perché la Shoah è
stata molto di più della semplice e astratta somma di
tante tragiche questioni private».
Da pag. 8 de L’angelo di Husserl.
Introduzione a Edith Stein
42
Memoria
VITE APPESE A UN FILO
PUO’ AVERE SENSO LA VITA IN UN LAGER? LA SI PUO’ AMARE?
ECCO DUE LIBRI PER NON DIMENTICARE, A DISTANZA DI TANTI ANNI,
QUELLO CHE È STATO
di Rosalia Bonafede, 20 anni
Q
“Un adolescente in lager”
di Marcello Martini,
edizioni Giuntina, 2008
Torino
uesta è la storia di due ragazzi, ed è quella di tutti quegli adolescenti
che nella prima metà degli anni Quaranta furono deportati negli oltre 15mila campi di concentramento sparsi per mezza Europa. È, inoltre, la storia di uomini che si credettero Dio, che decisero di ricreare l’inferno
sulla terra, stabilendo a chi sarebbe toccato abbandonare la propria casa e la
propria vita. Probabilmente riuscirono nell’intento di privarli della libertà e di
una identità ancora in fiore, ma, per qualche motivo, qualcuno sopravvisse e
si portò dietro un bagaglio di memoria fortissimo da tramandare.
Questo è il caso dei due autori che hanno voluto narrare la loro esperienza:
un racconto corale che riporta alla luce i volti e le parole di amici e compagni che, come loro, hanno vissuto questa terribile esperienza, ma che non sono più tornati.
Un adolescente in lager. Ciò che gli occhi tuoi hanno visto - edito da Giuntina – è il racconto di Marcello Martini, l’unico testimone della classe 1930 degli adolescenti “politici” rinchiusi nei lager. Il sottotitolo del libro è intenso:
l’autore, infatti, pone totale fedeltà al suo sguardo di ragazzo. Le memorie di
questa tragedia, raccontate molti anni dopo, sono rivissute con lo sguardo di
allora, mentre il Marcello Martini di oggi interviene su un altro livello, tenendo ben distinte le due voci. Questo simbolico doppio registro è sicuramente
uno degli aspetti più interessanti: ad esempio, nel passaggio in cui ricorda la
vista di Vienna, durante la deportazione, scrive: “Pensai che avrei potuto raccontare di essere stato a Vienna! Incolpevole ingenuità di un ragazzo che ancora non si era reso conto del futuro che l’aspettava!”. È a questa specifica
condizione di adolescente, inoltre, che il Martini più adulto fa riferimento per
darsi una ragione della propria sopravvivenza: l’essere stato“adottato” dagli
adulti come un figlio e, quindi, protetto in molte situazioni difficili, il non aver
dovuto rimpiangere prestigio sociale, economico o professionale hanno reso
meno difficile per lui ambientarsi in quell’inferno rispetto agli adulti.
43
Nessuno
amato la vita può aver
più
stato nel lage di chi è
r, u
appesa a un fi na vita
lo
L
e memorie che derivano da questa tragedia, però, sono tante e varie:
ognuna è un bagaglio pieno di esperienze vivide che ha bisogno di essere aperto. Come la storia di Raffaele Baruffi, nome di battaglia "Ferruccio", che dopo aver preso parte alla resistenza partigiana fu deportato nel
campo di concentramento di Mauthausen nel 1944 e successivamente in altri sottocampi. La sua testimonianza è chiara e toccante, nel racconto Fermo
posta paradiso (Lettere nell’aldilà) - edito dalla Ramolfo Editrice - rievoca figure note, come la principessa Mafalda di Savoia e l’intellettuale ebreo Primo Levi, ricordati con altre persone meno note che, come si legge nel libro:
“In quel profondo abisso seppero misurarsi con se stessi e con gli altri per
trarne motivo per resistere e morire con dignità, amando la vita fino all’ultimo istante”. Quello che maggiormente mi ha colpito è l’importanza che egli
dà e ha dato alla vita, anche in una situazione infernale come quella dei campi di concentramento. Può avere senso una vita in lager? La si può amare?
Secondo Ferruccio sì: “Nessuno può aver amato la vita più di chi è stato nel
lager, una vita appesa a un filo”; perché quando non possiedi nulla, fosse
anche un pezzo di carta, l’unica cosa che ti rimane è la vita, e la difendi con
tutte le tue forze. Dopo quello che hanno vissuto, emergeva nei deportati la
paura di non essere creduti: si può anche capire che l'uomo uccida, l'atto
violento c'è sempre stato, ma che si possa allestire uno sterminio così organizzato, così metodico, era ed è inconcepibile. Questo libro, che comprende una lettera a ciascuno dei 77 amici morti nei vari campi nazisti, 40 lettere scritte ai compagni sopravvissuti ai lager e morti dopo il ritorno in Italia
e le testimonianze delle vedove di coloro che furono portati in Germania con
la forza e non tornarono più, nasce dall’esigenza di testimoniare quanto accadde.
Due storie in cui i protagonisti hanno saputo coltivare l’arte del raccontare.
Leggere i loro ricordi è importante affinché nessuno di noi dimentichi.
“Fermo posta paradiso”
di Ferruccio Baruffi,
Stamperia Ramolfo Editrice, 2002
Altri spunti
Il diario di An
na Frank;
Anni d’infanzia
. Un bambino
nei lager, rom
zo autobiogra
fico di Jona O
anberski, da cui
tratto il film Jo
è stato
na che visse ne
lla balena (Rob
Faenza, 1993);
erto
La notte, roman
zo
autobiografico
di Elie Diesel.
44
Mostre
NEL 1953 PICASSO
IN PERSONA CURÒ
UN’ESPOSIZIONE
DELLE SUE OPERE NELLA
GALLERIA NAZIONALE D’ARTE
MODERNA A ROMA;
CINQUANTACINQUE ANNI
DOPO, IL COMPLESSO
DEL VITTORIANO RINNOVA
LO SPETTACOLO
PICASSO,
L’ARLECCHINO
DELL’ARTE
1
di Marco Bevilacqua, 19 anni
Roma
80 opere sapientemente selezionate nella sconfinata
produzione del pittore: compito non semplice se si
pensa che nei suoi 92 anni di vita Picasso superò la
quota di 30.000 composizioni tra disegni e schizzi, senza
aver bisogno di aiutanti o di una bottega, scegliendo di lavorare sempre in solitudine. Autore orgoglioso della sua
eterogeneità artistica e sempre pronto a sperimentare nuove forme, Picasso amava lavorare su serie di soggetti, contando su una fervida memoria visiva. Il sottotitolo della
mostra, “l’Arlecchino dell’Arte”, non si riferisce tanto ai famosi dipinti dell’artista, quanto intende sottolineare il grande talento di “mischiare”, creare nuove arti.
Il parere dell’esperto
Al fine di chiarire alcuni caratteri dell’esposizione che avevano suscitato dei dubbi, abbiamo intervistato la responsabile delle grandi mostre d’arte del Vittoriano, Benedetta
Calzavara di Comunicare Organizzando.
La mostra presenta quattro "Arlecchini" del maestro, di natura completamente diversa. Per quale motivo avete scelto
come manifesto dell'esposizione "Arlecchino musicista"
del 1924?
«In realtà tutta la comunicazione della mostra si basa su un
doppio binario, utilizzando per metà l''Arlecchino di Barcellona, neoclassico, e per metà l'Arlecchino di Washington,
cubista, proprio per dare conto del carattere metaforico del
sottotitolo della mostra, Arlecchino dell'arte, che sta a significare come Picasso stesso fosse l'incarnazione di Arlecchino, poiché sapeva mutare e reinventare continuamente
la propria arte».
Con quali criteri di valutazione è stato scelto il
ventennio 1917-1937, mettendo da parte il periodo "blu" e quello "rosa"?
«I due aspetti più straordinari dell'opera di Picasso sono la quantità di immagini che l'artista,
da solo, senza allievi o bottega, ha saputo produrre, tra 30 e 50mila, più di qualsiasi altro artista nella storia dell'arte mondiale, e la varietà
straordinaria di questo materiale. Una qualsiasi
mostra, proprio per il suo carattere necessariamente selettivo, non potrà mai dare conto della
quantità (anche se si esponessero 500 opere sarebbero
nulla in confronto al totale da lui realizzato!); si è scelto
pertanto di spiegare la varietà della produzione del maestro spagnolo e di concentrarsi proprio sugli anni tra le due
guerre mondiali, 1917-1937, perché sono stati il momento
in cui essa ha avuto carattere più multiforme».
Gli anni 1917-1937 sono definiti dagli esperti d’arte come
periodo del Classicismo e del Surrealismo, e in questa mostra sembrano esserci molti quadri che ne dimostrano la
tendenza; lei crede che Picasso sia stato influenzato maggiormente dal Classicismo o dal Surrealismo?
«In realtà, la mostra spiega come Picasso passasse indifferentemente da uno stile all'altro, dal Cubismo al Classicismo, dal Surrealismo all’ Astrattismo, senza battere ciglio e
con una flessibilità davvero straordinaria. Questo atteggiamento nuovo e rivoluzionario è frutto del soggiorno romano del 1917, quando Picasso vede l'antico fondersi con il
contemporaneo nella quotidianità della Città eterna e decide, da allora in poi, di non abbandonare più alcuno stilema. Eccezion fatta che per il Cubismo, di cui è stato il creatore, Picasso non ha mai voluto essere apparentato ad un
movimento artistico, nonostante la corte serrata che gli fecero, ad esempio, i Surrealisti. Picasso era "Picasso" e basta».
Per quale motivo non è stato esposto Guernica, opera dipinta e commissionata nel 1937?
«Come testimoniano indagini recentissime, Guernica è
un'opera in condizioni conservative drammatiche, che certamente non può muoversi dalla sua sede al Museo di Arte Contemporanea Reina Sofia di Madrid. Francamente non
sarebbe stato comunque opportuno: ci sono opere che non
possono e non devono girare il mondo, e Guernica è una
di queste. Abbiamo comunque fornito una testimonianza di
questo momento straordinario della produzione di Picasso,
esponendo una serie di tele e disegni che portarono poi alla realizzazione di Guernica stesso».
Picasso - 1917-1937. L'Arlecchino dell'arte
Complesso del Vittoriano, Roma
Biglietti: euro 10, ridotto euro 7.50
Fino all’8 febbraio 2009
46
ORIZZONTI:
da Genova a Pechino
passando per Catania
COSTUME &
SOCIETA’
58
CAMPIONI:
intervista
con Mauro Sarmiento
46
Itinerari
A spasso
per i «caruggi»
ECCO IL CUORE PULSANTE DEL CENTRO STORICO DI GENOVA, TRA TESORI
NASCOSTI, MILLE DIFFICOLTA' E TANTA VOGLIA DI RISCATTO
UNA GUIDA
PER I GIOVANI
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di Paola Rosato, 18 anni
Liceo classico “King” - Genova
enova, divinità bifronte che lo sguardo rivolge
verso il mare e verso i monti. Genova donna sinuosa, nobil dama la cui bellezza regale del
volto viene svelata dalla luce del mattino, quando il sorgere del sole ne accompagna il risveglio. Il capoluogo ligure è un cuore che pulsa qui, nel centro storico, grazie
al sangue che arriva dai vicoli. Come un'opera d'arte, cela il suo spirito autentico, la sua essenza, dietro a ogni
angolo, dietro a ogni finestra, in cima a ogni palazzo. Ecco i «caruggi» genovesi: zone malfamate, spaventose,
mal odoranti a detta di molti. E così in pochi vanno a
visitare quelle rare bellezze che pian piano il tempo arricchisce, ma allo stesso tempo fa invecchiare e porta
via. I palazzi genovesi, come uno scrigno, racchiudono
dentro di sé autentici tesori: maestose fontane, scalinate di marmo, giardini rigogliosi, nascondigli segreti,
ampi saloni, e ogni stanza accoglie arredi e decori sontuosi, nascosti dietro alle alte finestre che così poco lasciano intravedere dalla strada – a meno che non si lavori di fantasia o non ci si accodi a qualche rara visita
guidata.
I vicoli sono una magnifica trama di fili in una tela preziosa: dietro a ogni angolo i tuoi occhi si faranno avidi ladri, pronti a rubare a ogni nuova strada una nuova immagine. Giunto in ogni piccola piazza, inaspettatamente, ti parrà di essere in un paese diverso. Ogni
qual volta entrerai in un negozietto, ti sembrerà di vivere in un’epoca passata, ogni vicolo che percorrerai
avrà un odore caratteristico, ogni viuzza che farai sarà ricca di gente. Nuova gente, che parla altre lingue,
che crede in altre religioni, che possiede una cultura
diversa, altri usi e costumi, un colore di pelle che
magari non è il tuo. Troverai persone che fanno lavori di cui non sapevi neanche l'esistenza, lavoratori che portano avanti una tradizione che qua, tra i
«caruggi» genovesi, continua a sopravvivere.
Purtroppo molte di queste meraviglie restano nascoste al cittadino stressato o al lavoratore frettoloso: Genova è una città tutta da scoprire, da osservare, non da guardare.
Nomi parlanti
Il centro storico di Genova è il più grande d'Europa, una
sua vasta parte (via Garibaldi, via Cairoli, via Balbi) è
stata dichiarata dall'UNESCO patrimonio dell'umanità.
47
La ricchezza di questa zona è traccia dell’influenza che la Repubblica marinara possede- UN CAFFÈ SECONDO
va nei commerci marittimi: numerose sono inLA RICETTA DI CICCIRINELLA
fatti le contaminazioni che ritroviamo nella
sua architettura. Innumerevoli stili, chiese ro- Per gli amanti del caffè, in piazza delle Vigne è
maniche, palazzi neoclassici, costruzioni tipi- possibile gustare uno dei caffè più buoni di
che della cultura mediorientale.
Genova e assaggiare “la ricetta di Ciccirinella”,
Da Piazza dei Banchi nasce una fitta rete di una crema gustosa ricavata dalla prima parte del
vicoli che ospitano ancora oggi i commerci e caffè mischiata con lo zucchero; sì sì, proprio
le arti che un tempo diedero nome a queste quella di cui parla De Andrè in Don Raffaè:
vie. Via degli Orefici, una delle principali, ampliata nel ‘500, è ancora oggi piena di ele“A che bell’ò cafè
ganti gioiellerie.
pure in carcere ‘o sanno fa
Da non perdersi, al civico 47, il sovraporta
co’ à ricetta ch’à Ciccirinella
scolpito con l'Adorazione dei Magi, del 1400.
compagno di cella
Proseguendo si arriva in via dei Macelli di Soci ha dato mammà”
ziglia, testimonianza della storia e delle usanze della città medioevale: fino al ‘400 avveniva proprio in questa zona la macellazione
pubblica. O ancora piazza Campetto, l'antico
campo dei fabbri dov'è incastonato il palazzo
Imperiale. Per gli appassionati di De Andrè e non solo,
una tra le più importanti del cuore storico di Genova è
le dove trovare idee affatto scontate e in grado di sorproprio via del Campo, cui il cantautore dedicò la celeprendere.
berrima canzone. Percorrendola è possibile vedere una
Meglio i «caruggi», insomma, delle vie blasonate: dai nedelle porte delle mura della città antica: Porta dei Vacca.
gozietti con abbigliamento orientale, ai gioielli indiani,
Eretta nel XII secolo, è invece la Torre degli Embrici, che
all’oggettistica proveniente dall'Africa o da qualsiasi parsvetta, alta e slanciata, tra i palazzi moderni. Ma i portite dell'Oriente, non sarà difficile trovare un pensiero oricati più antichi sono in via di Sottoripa: vennero infatti
ginale e a buon mercato.
iniziati fra il 1125 e il 1133 a partire dall'attuale via San
Per gli appassionati di musica, poi, tantissimi sono i neLorenzo. “Ripa” significa “riva”, cioè l'antico molo artifigozi che vendono vinili originali, spillette, poster e struciale del porto. Questo termine veniva usato per distinmenti. Chi poi ama le lavorazioni artigianali troverà semguere l'approdo principale della regione da quelli minopre tra i vicoli pane per i suoi denti.
ri della Riviera ligure.
Siete alla ricerca di souvenir? I vicoli sono il luogo idea-
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IL CENTRO DELLA MOVIDA
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"Nei quartieri
dove il sole
del buon Dio
non dà i suoi raggi"
F. De Andrè
(La città vecchia)
48
Itinerari
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Tra passato e presente
I «caruggi» genovesi si estendevano anticamente su
una superficie molto più vasta di quella attuale, al di
là di porta Soprana lungo un grande apparato arterioso, un tempo ancora cuore storico della città, là
dove oggi sorgono alti palazzi moderni e si vedono
file interminabili di automobili e moto.
Quei palazzi antichi sono stati sostituiti da grattacieli moderni, quel fluire di vita armonioso, riposante, è
stato rimpiazzato dallo stress e dal frenetico “trantran” della vita cittadina, e i numerosi carretti a mano hanno lasciato posto alle automobili.
CAP VIA
RET
TAR
I
Il 1932 segnò l'inizio delle demolizioni
che dovevano ‘cancellare’,
come su un foglio di carta, quei
palazzi imponenti, custodi della memoria e dei vicoli.
Ed eliminare dalla toponomastica cittadina molti dei nomi che raccontavano la storia di ognuno di loro.
Il vento spazzò via le polveri delle demolizioni, e con esse anche lo stile di vita che da secoli animava quelle
stradine.
PER UN PRANZO TIPICO
Se si vuo le man gia re un pia
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gia ben e, a pre zzi mo dic i e
con una vas ta sce lta.
Qui si pos son o trov are loc
ali dov e gus tare prim i pia tti
del la nos tra trad izio ne, dai
pan sot ti al sug o di noc i, alle
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foc acc ia gen ove se.
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Sicilia sotto i venti
50
51
SOTTO LE CENERI DELLE NUMEROSE ERUZIONI DELL’ETNA
SI STENDE UNA CITTA’ CHE HA TANTO DA RACCONTARE
E CHE CONTINUA A FAR PARLARE DI SE’ ATTRAVERSO
I GIOVANI CHE NE ANIMANO STRADE E PIAZZE
Sembra che proprio
a causa della difficoltà di
orientarsi nei sotterranei si
sia persa un'intera
scolaresca: verità o
leggenda?
CATANIA, FENICE DEL SUD
P
di Valentina Pudano e Lucia Motta, 16 anni
Liceo classico “Rapisardi” - Catania
asseggiando tra le bancarelle del mercato di Catania, lo sguardo si perde fra le mille tinte della merce esposta. La musicalità dei richiami dei venditori ci accompagna nel luogo dove è possibile cogliere lo
spirito della città, le sue virtù e i suoi vizi. Si incontrano
catanesi, ma anche persone provenienti da tutta la provincia etnea, da sempre crocevia di diverse dominazioni.
Nel territorio catanese, infatti, come del resto in tutta la
Sicilia, si avvicendarono dapprima i Greci, cui si deve il
nome della città (katà-Aitnè: “nei pressi dell'Etna”), poi
gli Arabi, infine i Normanni.
Catania è stata distrutta ben nove volte da eruzioni vulcaniche e terremoti vari, ma è stata capace di "rinascere
sempre più bella dalle sue ceneri", come la Fenice, uno
dei simboli della città. In particolare, nel 1669, in seguito alla più devastante delle eruzioni, Catania fu ricostruita secondo i canoni del barocco, grazie all'opera dell'architetto Giovan Battista Vaccarini: egli progettò e fece
realizzare un centro storico così raffinato da essere riprodotto interamente ad Adelaide, in Australia.
Catania tra monumenti, leggende e tradizioni
Un luogo che vale la pena visitare, testimonianza della
dominazione normanna, è il Castello Ursino, voluto da Federico II quale simbolo del potere imperiale. A lungo si è
dibattuto sull’origine del nome: in un primo momento si
riteneva, infatti, che esso derivasse dai Giganti Ursini, mi-
steriosi soldati saraceni forti e impavidi, che furono posti
come guardiani della città. In realtà è preferibile ricondurre il nome all'espressione latina Castrum sinus ovvero “Castello della spiaggia”: il castello era, infatti, situato su un promontorio a picco sul mare e a seguito di una
delle tante eruzioni, fu la spiaggia a essere ricoperta dalla lava, mentre esso restò miracolosamente intatto. Altro
luogo degno di nota è Piazza Stesicoro, in cui è possibile respirare un’atmosfera di mistero. Qui si trovano i resti
di un anfiteatro romano che giace per lo più sotto la lava: per questo motivo è possibile visitare solo una parte
del perimetro esterno, in particolare il primo e secondo
ordine; tutto il resto si articola sotto il centro storico attraverso una serie di gallerie. Sembra che proprio a causa della difficoltà di orientarsi nei sotterranei si sia persa
un'intera scolaresca: verità o leggenda?
A proposito di leggende, vale la pena ricordare uno dei
simboli più famosi di Catania, l'elefante, chiamato in dialetto liotru. Il termine deriva, secondo il mito, dalla deformazione popolare del nome Eliodoro, mago semi-leggendario vissuto a Catania intorno all'VIII secolo. Si narra che Eliodoro aspirasse a diventare vescovo della città,
forte della sua saggezza, dei suoi poteri e della grande
cultura. Fu, quindi, candidato alla carica, che fu però affidata a Leone II, suo acerrimo nemico. Da quel momento in poi il mago cominciò a tormentare i concittadini, al
fine di distrarli dalle funzioni religiose, con fastidiosi incantesimi e divertendosi a cavalcare il suo elefante di
pietra lavica. Al di là della leggenda, l'esistenza di elefanti nella zona di Catania è confermata dal ritrovamento
di alcuni esemplari; in passato il grosso foro della proboscide è stato scambiato per un occhio: ciò ha probabilmente dato origine ai miti sui Ciclopi.
Diamo ora uno sguardo al calendario: il cinque febbraio
è il giorno in cui si festeggia la patrona Sant'Agata, ed è
il momento più importante della vita religiosa catanese.
Durante le celebrazioni i cittadini sfilano lungo le vie principali, seguendo il simulacro e partecipando con fervore
alle funzioni. Alcuni mettono in correlazione la figura di
Sant'Agata e l'antico culto alla dea egizia Iside: il fercolo
su cui viene trasportato il simulacro può, infatti, ricordare l’imbarcazione utilizzata dalla dea durante la ricerca
dell'amato Osiride. Del resto, un collegamento certo con
la civiltà egizia è l’obelisco posto sulla schiena dell’elefante a Piazza del Duomo, che fu fatto venire proprio dall’Egitto probabilmente all’epoca delle Crociate.
La Catania... sonnambula e gourmet
Diamo ora uno sguardo alla Catania di oggi: è una città
piena di vita, soprattutto la notte. Nelle zone attorno all’interminabile via Etnea, al corso Italia e più in generale
in tutto il centro storico si riversano ogni fine settimana
moltissimi giovani. I punti di incontro sono i tanti pub, le
discoteche, ma è possibile scovare anche qualcosa di più
caratteristico: in particolare le Putie, trattorie tipiche in
cui è possibile gustare la famosa pasta alla Norma, uno
squisito primo piatto a base di melanzane fritte e ricotta
salata, che prende il nome dalla celebre opera del compositore catanese Vincenzo Bellini. Da non perdere sono
anche le Stigghiole, un secondo piatto di cui esistono varie versioni: la più comune viene preparata con carne di
vitello arrotolata intorno ad un porro. Allontanandoci dal
centro, possiamo dirigerci verso la scogliera: qui si trovano numerosi bar, ristoranti e i tradizionali carrozzoni
dei paninari, furgoni ambulanti di panini e bibite, pronti
a soddisfare i desideri degli avventori.
LA FESTA DI S. AGATA
Il 5 febbraio è la data in cui si festeggia la patrona di Catania, ovvero S. Agata, e in particolare si celebra il suo martirio. Prima di questa
data, per tutto il mese di gennaio, pullulano le iniziative religiose
nelle varie chiese della città . Durante il pomeriggio del 5 il fercolo
esce dalla chiesa di piazza del Duomo, dove una folla di fedeli aspetta impaziente: alla vista della Santa i cittadini agitano fazzoletti bianchi in segno di gioia e nelle strada risuona chiaramente: “ Citatini...
Citatini... Evviva S. Aita". La statua procede poi sotto le luminarie della via Etnea; durante il percorso si possono ammirare bei fuochi
d’ artificio. La strada è a volte faticosa, come “ a' 'nchianata di Sangiuliano” , una salita in cui si sfidano due ali di fedeli che portano in
mano dei ceri. C’ è anche un momento di preghiera e di riflessione
dei fedeli prima di riportare la santa nella cattedrale. Nell’ ultima
parte del percorso il fercolo è portato a folle corsa verso piazza Duomo, mentre i fedeli entrano nella Cattedrale. E’ in questo momento
che è possibile udire grida quasi disperate di chi non vuole separarsi
dalla santa. Fanatismo, stanchezza o tradizione?
In ogni caso uno spettacolo unico, che si ripete ogni anno e cui vale
la pena assistere almeno una volta.
52
Mondovisione
53
reste ignorato
Notizie che av
1/ GERMANIA
3/ CINA
Diritto di morire?
Come già successo in Italia, anche la Germania si trova costretta a riflettere su temi come eutanasia e testamento biologico grazie ad un
procedimento giudiziario. Alla sbarra il professor S. (nome
omesso per privacy), primario del Centro neurologico
di riabilitazione di Magdeburgo, accusato di non aver impedito al fratello
di un suo paziente di staccare la spina al malato. 26 anni, inglese,
paralizzato da un incidente d'auto e in coma irreversibile da mesi,
il paziente è stato dunque aiutato a morire dal suo familiare. Ma,
accusano i giudici, con la complicità evidente del primario dell'ospedale. Die Zeit (Germania) nota che “siamo di fronte ad
un processo celebrato in un vuoto legislativo che finora
il Parlamento non ha colmato”. Il giornale fa notare poi
che “non bastano le categorie giuridiche per spiegare
quello che succede negli ospedali tedeschi”.
Se il fatto vi ricorda qualcosa, è perfettamente normale: da Terri Schiavo negli Stati Uniti fino a Eluana Englaro, solo pochissimi Paesi hanno regolamentato la cosiddetta “buona morte”, o almeno
definito il concetto di “accanimento terapeutico”. Nella tristezza della vicenda, possiamo notare che l'Italia non è il solo Paese a non avere il coraggio di legiferare su eutanasia e testamento biologico. Il mondo ci fa compagnia.
2/ THAILANDIA
Povero fiume
Si aggiunge un altro
capitolo all'eterna lotta
fra industria e natura,
fra sviluppo rapido e sviluppo sostenibile.
Secondo Ips (Thailandia), sono tempi duri per i pescatori di pangasio (economico surrogato del merluzzo
servito in molte mense scolastiche italiane) e per tutta
l'Indocina: la principale arteria acquatica della regione, il
Mekong, sulle cui rive vivono circa sessanta milioni di persone, sta morendo. Causa principale, lo sfruttamento indiscriminato delle acque da parte della Cina, che ospita le sorgenti del
corso d'acqua: le dighe costruite dal governo di Pechino, infatti, oltre
a trattenere i sedimenti che nutrirebbero il terreno (costringendo gli agricoltori all'uso di fertilizzanti chimici molto inquinanti), impediscono la migrazione del prezioso pesce, rendendone sempre più difficile la pesca.
Ancora una volta, dunque, si ripropone il conflitto tra chi vive dei prodotti della natura e
chi, invece, reclama sviluppo industriale e consumo generalizzato, ruolo questo in cui la Cina sembra trovarsi sempre più a proprio agio. La Commissione per il Mekong (che riunisce Cambogia,
Laos, Thailandia e Vietnam, i Paesi del corso inferiore), lancia dunque l'allarme per pesca e agricoltura, facendo appello al buon cuore della Cina per un utilizzo responsabile degli invasi idroelettrici, pena la crisi irreversibile dell’ecosistema fluviale e la scomparsa dei mezzi di sostentamento per moltissimi abitanti della regione. Finora, però, senza risultati.
Taxi driver
Se negli occhi avete ancora le scene romantiche de Il tassinaro con Alberto Sordi, non capirete questa notizia. Il settimanale Xinmin Zhoukan (Cina) racconta dello sciopero dei tassisti di Chongqing, ottomila disperati che, a fronte di orari di lavoro massacranti,
guadagnano non più di mille yuan (cento euro) al mese, mentre il 90%
dei loro incassi finisce nelle mani delle compagnie padrone delle licenze. In Cina e nel mondo questo è un problema senza tempo,
che già qualche anno fa provocò un’ondata di proteste sempre
a partire dalla stessa città. Niente di nuovo sotto il sole,
dunque. Non proprio: questa volta, più che la protesta,
stupisce la reazione del governo, che anziché usare il
pugno di ferro come sua consuetudine, ha accolto una
delegazione di manifestanti, ascoltandone le ragioni
e concordando con le sigle sindacali alcuni significativi miglioramenti delle condizioni di vita dei
tassisti, da percentuali più basse da versare alle
compagnie fino a orari più decenti.
È la prima volta che il governo cinese scende a
patti con un sindacato in lotta, invece di arrestarne i promotori e ignorarne le istanze come sua abitudine. Che sia giunto anche per il
Celeste Impero il tempo dei diritti sul lavoro?
Nuova era per la Cina, forse.
Giornalista
wanted
4/ FRANCIA
Vittorio de Filippis, giornalista del quotidiano francese Libération, all'alba del 28 novembre è stato arrestato. Prelevato a casa dalla polizia davanti ai figli, ammanettato per oltre un'ora ad
una panca, trasferito in manette al tribunale, chiuso in
cella per ore, spogliato e perquisito due volte, è stato poi
interrogato dal giudice che lo aveva convocato. Il motivo? Il
commento di un lettore sul sito del giornale, che il fondatore
di un provider internet aveva trovato diffamatorio nel 2006,
quando de Filippis era direttore pro tempore del giornale.
Unanime in tutto il Paese la condanna nei confronti dell’operato delle
forze dell’ordine da parte del mondo giornalistico e politico, mentre a pieni
polmoni si magnifica la figura del malcapitato giornalista. Perfino il Presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy – per quanto nemico giurato del giornale – si è schierato
nettamente in favore di de Filippis, annunciando provvedimenti volti a impedire che in futuro possa ripetersi una situazione di questo genere. Tra le misure in agenda, la prossima depenalizzazione del reato di calunnia e una riforma della procedura penale in senso più “garantista”. Il tutto
mentre in Italia, invece, si approntano bavagli per la libera informazione sotto forma di punizioni
severissime per chi pubblica materiale “caldo” come le intercettazioni telefoniche. Almeno in Europa la libera informazione è tenuta in considerazione.
54
UNA GIORNATA
Reportage
A
PECHINO
MERCATI COLORATI, FORTI
ODORI DI SPEZIE, EDIFICI DI
CULTO MAESTOSI: ECCO
IN QUESTE PAGINE UN
PICCOLO ASSAGGIO DI CIO’
CHE POTREBBE CAPITARVI
DAVANTI AGLI OCCHI UNA
VOLTA GIUNTI ALLE PORTE
DELLA CITTA’ PROIBITA
click
click
click
di Cristina Colopardi, 18 anni
Liceo “Seneca” - Roma
C
he cosa ti viene in mente quando senti parlare di Cina? A questa domanda, molti risponderebbero: «Terra dei
dragoni, di miti e di leggende affascinanti»; altri direbbero, invece: “Un grande paese, in continuo sviluppo
economico”. Senza alcuna presunzione di completezza di informazioni, ma essendo appena rientrata – grazie a una borsa di studio vinta a scuola – da Pechino, potrei replicare che la Cina non è molto diversa da come è
rappresentata nell’immaginario comune, ma che, d’altro canto, offre innumerevoli aspetti che tanti di noi ignorano. Il
mio tentativo è quello di potervi fare da Cicerone in una sorta di viaggio ideale a Pechino, descrivendovi le bellezze
della città e le sue caratteristiche, con la speranza di far nascere in voi il desiderio di andarci, un giorno.
T UTT I IN BICI!
55
Ora, immaginate di essere in una delle tante vie
della città, circondati da cartelloni colorati, indicazioni dalle scritte incomprensibili, da grattacieli avveneristici e altissimi, che quasi fanno
invidia a Manhattan: la cosa che sicuramente vi
risulterà più strana è che, accanto a questi
grattacieli, è possibile vedere pagode o altri
edifici più antichi. C’è da dire che l’accostamento di stili così diversi non stona affatto.
Ma adesso mettiamoci in cammino, dovremmo
raggiungere il centro fra non molto. Date
un’occhiata per le strade, nel frattempo. Avete
visto quanta gente? E quante biciclette! Persino la nettezza urbana è su due ruote; come
potete vedere, qui la maggior parte delle persone viaggia in bicicletta, e quasi tutti portano con sè carichi pesantissimi e ingombranti
senza farsi troppi problemi: i pechinesi sono
infaticabili. Comunque, se lo desiderate, possiamo fermarci un attimo in qualche negozietto tipico, o attraversare uno dei tanti mercati
rionali. Ci sono moltissimi oggetti caratteristici (raramente ne troverete per le vie commerciali del centro, affollate invece dei classici “Made in China” che arrivano anche in Italia):
vi risulterà davvero molto difficile decidere cosa acquistare.
COM E IN U N SU K
Per voi, cari amanti dello shopping dalle mani
bucate, Pechino è il paradiso: i prezzi sono bassissimi e, inoltre, il cambio di valuta è molto
vantaggioso. Ma non pensate di cavarvela così:
non illudetevi di trovare prezzi già stabiliti, nei
negozi e nei mercati pechinesi si tratta come in
un Suk arabo. Dato che siete in vacanza, prendetevi un attimo di tempo in più per poter contrattare, magari dialogando a gesti o in inglese.
Le risposte che riceverete forse saranno un po’
stentate ma, come si suol dire, con la volontà si
possono smuovere persino le montagne, e di
volontà i cinesi ne hanno da vendere: soprattutto, sanno essere estremamente spiritosi e divertenti, al punto da riuscire ad abbattere gli ostacoli di lingue e culture diverse. Ma queste non
sono le uniche qualità dei cinesi: sono grandi e
instancabili lavoratori, e davvero molto ospitali;
da nessuna parte, credetemi, sarete accolti con
la stessa cortesia. Se però doveste accorgervi di
essere indicati per strada, di essere osservati, o
se vi chiedessero di potervi scattare una foto,
non spaventatevi: la loro è pura e semplice curiosità, dato che per un cinese è abbastanza singolare veder passeggiare degli europei, specialmente se italiani, per le vie pechinesi.
ORA C I V UOLE
UN B RE AK ...
AL GE LSO M IN O
Ma guardate: è quasi l’una del pomeriggio, è ora di
pranzo! I ristoranti italiani qui non mancano, però,
se posso dare un consiglio, non comportatevi da
classici provinciali alla disperata ricerca di un piatto
di pasta. Indirizzatevi piuttosto verso un ristorante
tipico: eccone uno, entriamo. Credo apprezzerete
molto la cucina tradizionale pechinese, al punto che
quando tornerete in Italia non avrete più alcuna intenzione di sedervi in un un ristorante cinese (ahimé, è raro trovarne di veramente fedeli alla gastronomia della madrepatria!). Noi italiani siamo abituati a una dieta un po’ più leggera, ma lo assicuro, vi
sarà difficile lasciare anche una singola
briciola nel piatto. Se poi amate la
cucina speziata, allora un altro
posto non potrebbe essere più
indicato: salse sfiziose, carne
piccante e fritta, ravioli di
ogni tipo e verdure croccanti, il tutto accompagnato da
una ciotola di riso bianco
(che per loro ha la stessa funzione del nostro pane) e “annaffiato”
da the verde o al gelsomino, preferiti persino all’acqua.
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56
Reportage dalla Scuola Holden
Reportage
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T RA B UD DHA E PAGODE
Ora che ci siamo rifocillati, proseguiamo la nostra visita; Pechino è famosa per i tanti templi, soprattutto buddisti, e quello che si trova a pochi passi da noi, il “Tempio dei Lama”, è tra i più interessanti. Oltre a essere
molto esteso e di straordinaria bellezza, ospita nella sala delle “Diecimila Felicità” (Wangfu Ge) il Buddha Maitreya più alto del mondo: ben 26 metri! Ma non voglio dilungarmi, entriamo, e mi raccomando, dimostrate rispetto per i fedeli parlando a voce bassa, poiché sono in tanti a giungere qui per pregare. Come potrete notare, il tempio è costituito da diversi ingressi, uno di seguito all’altro, all’interno dei quali troveremo a ripetizione gli stessi elementi, proprio come in una scatola cinese. Curioso, vero? Ora osservate i colori brillanti degli
edifici, i tetti a pagoda colpiti dai raggi del sole e le maestose statue di Buddha; beatevi della profonda pace
che infonde questo luogo. Ma purtroppo è già ora di andare: siamo diretti a piazza Tian-an-men, dove valicheremo l’ingresso della Città Proibita.
ALL A C OR T E
DE L L’ I M P ER AT OR E
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cli
Eccoci arrivati, siamo alla piazza principale
della metropoli. Anche se non sembra, c’è
ancora un po’ da camminare; la piazza è talmente grande e immensa che si impiegano
diversi minuti per poterla attraversare completamente. Laggiù in fondo si trova la Porta
della Pace Celeste, l’ingresso alla città dell’imperatore, che contiene, pensate, più di
9000 stanze: onestamente si fa fatica a immaginarle tutte! Comunque, siamo finalmente arrivati alla tappa conclusiva del nostro
splendido percorso. Come potete vedere,
anche qui si ripete il “gioco delle scatole
cinesi” che abbiamo trovato nel tempio lamaista, con la piccola differenza che qui
tutto è in proporzioni gigantesche, ciclopiche. Trovarsi qui per la prima volta ad ammirare i luoghi dove il Figlio del Cielo,
l’imperatore, soleva passeggiare seguito
dalla sua corte fedele, è un’emozione indescrivibile.
Sembra che i palazzi e le porte si susseguano all’infinito, ma ahimè, la nostra visita è quasi terminata. Ecco, ora ci troviamo nel giardino imperiale: potete osservare un’autentica meraviglia della
natura, due cipressi che si sono intrecciati spontaneamente, intersecandosi alla perfezione. L’ultimo imperatore si fece fotografare con la moglie di fronte a questi due alberi, come simbolo della
loro unione. Purtroppo, il nostro viaggio finisce qui, ma spero che per voi lettori questo non sia
stato che l’inizio. E così come i due cipressi del giardino imperiale rappresentano l’unione di due
persone, mi auguro che quanto ho scritto possa contribuire a nutrire e saldare sempre più il filo
che lega la Cina e l’Italia, entrambi paesi eredi di grandi culture e splendide tradizioni.
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S
57
NIMBO E I SUOI
COMPAGNI
GLI ANNI DI PIOMBO VISTI DA TRE GIOVANISSIMI NELLA
PALERMO DEGLI ANNI ’70, TRA ATTI VANDALICI E BRIGATE ROSSE
scuola erano stati compiuti una serie di atti vandalici riono passati trent’anni dal 1978, anno di grandi
vendicati ogni volta dalla stella a cinque punte. Ma l’icambiamenti per l’Italia: anno delle Brigate Rosse
dea non è quella di raccontare una storia che poteva ace del sequestro Moro. Un libro, scritto da Giorgio
cadere, quanto di costruire un legame tra due elementi.
Vasta, docente “storico” della Scuola Holden, racconta
Da un lato c’è il tempo storico, il 1978, che è un anno di
quel periodo da una prospettiva insolita: quella di tre racatastrofi e cambiamenti radicali. Dall’altro, gli 11 anni
gazzini in una Palermo preistorica e selvaggia.
sono un po’ l’equivalente del 1978. A 11 anni cambia tutDi che cosa tratta Il tempo materiale?
to: il corpo, la voce, cambia anche il modo di percepire
«Racconta la storia, ambientata nel 1978, di tre ragazziil mondo intorno. Mi piaceva l’idea che dei personaggi
ni di 11 anni che frequentano la prima media. Uno in parin questo stato di attivazione fisica vivessero all’interno
ticolare, Nimbo, è inquieto e piuttosto critico nei condi un mondo ugualmente attivato e parossistico».
fronti di tutto quello che gli succede intorno, suggestioCos’è cambiato nel rapporto che i giovani hanno oggi
nato dalle notizie che gli arrivano da Roma relative alle
con la politica e con gli ideali?
Brigate Rosse e alla lotta armata. Insieme ai suoi due
«La mia sensazione è che il cambiamento sia stato netcompagni di scuola si ritrova, senza rendersene nemmeto e terribile. Se il 1978 era caratterizzato da una fame
no conto, a costituire una cellula terroristica. Siamo a
di storia, da un desiderio di partecipazione, oggi l’imPalermo, quindi in un luogo defilato rispetto alla vicenpressione è che, pur con alcune eccezioni (ad esempio il
da dei cosiddetti “Anni di Piombo”, quando le città fonfenomeno legato all’Onda è interessante), le generaziodamentali erano Roma, Milano e Torino, ma Nimbo e i
ni di questi ultimi decenni siano orfane della Storia. L’isuoi compagni sfruttano questa periferia geografica per
dea di essere soggetti politici, soggetti critici è diventaportare avanti una serie di imitazioni in piccolo delle Brita anacronistica, fuori moda. E’ come se in trent’anni si
gate Rosse.
fosse descritta la traiettoria di un fallimento,
Iniziano con atti vandalici all’interno della loro
del quale sarebbe ingiusto pensarsi vittiscuola, ma ad un certo punto vanno molLe proposte
me, perché si è tutti ugualmente comto oltre quello che avevano inizialdella Scuola Holden
plici».
mente immaginato e il romanzo
prosegue con una progressione
Il Noir
di fatti che li mettono sempre
Un corso dedicato a chi ama scrivere…col brivido.
più in contatto con il dolore
Un viaggio nel genere noir, alla scoperta dei trucchi
e con la morte».
del mestiere, guidati da Alessandro Perissinotto.
Come mai ha scelto di racDurata: 6 ore, giovedì 19-21, 5-12-19 febbraio 2009
contare la storia dal punto
di vista di ragazzi così picL’ adattamento
coli?
Perché un grande romanzo diventa un brutto film? E perché
«Non volevo giocare sulla
da un semplice racconto può uscire un capolavoro?
verosimiglianza, anche se,
Un corso che insegna a trasportare sul grande schermo
quando avevo già finito di
una storia nata per la pagina, approdando
scrivere il libro, mi è stato sedove la parola, da sola, non può arrivare.
“ Il tempo mat
gnalato un fatto di cronaca del
eriale”
Durata: 6 ore, mercoledì 19-21, 4-11-18 febbraio 2009
Giorgio Vasta
, Minimum fa
1980 che era avvenuto in un picx, 2008
colo paese della Sicilia, dove in una
www.scuolaholden.it
SPECIALE LETTORI DI ZAI.NET - In palio 3 borse di studio per i nuovi corsi
della Scuola Holden. Per concorrere inviate recensioni, racconti, sceneggiature, pagine
di diario a: [email protected]
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Campioni
59
che valgono una
MEDAGLIA
QUATTRO CHIACCHIERE CON
MAURO SARMIENTO, PRIMO ITALIANO
A VINCERE UN ARGENTO OLIMPICO
NEL TAEKWONDO
N
di Giovanni Moreno, 18 anni
Liceo classico “Calasanzio” - Carcare (Sv)
on tutti gli sport, si sa, godono della stessa popolarità. Tanto più in Italia, dove è il calcio a farla da padrone incontrastato, tra stadi stracolmi,
abbonamenti alle pay tv a tutto spiano, sponsor ed esclusive milionarie. Atleti che spesso diventano più celebri per
quel che combinano fuori dal campo – immancabilmente
immortalato dai servizi fotografici di questo o quel settimanale patinato – che per le loro imprese sportive.
Accanto alle zone poste sotto i giganti riflettori mediatici,
ci sono invece numerosi coni d'ombra. Sportivi nip (per
l'appunto contrario di vip), infaticabili nei loro allenamenti, inguaribili passionari alla ricerca del risultato competitivo prima del posto al sole. Di loro i settimanali patinati
non si interessano. Non fanno party esclusivi a bordo di
yacht da mille e una notte né
sono ospiti speciali delle discoteche. Ma tutti ci ricordiamo di loro quando vincono alle
Olimpiadi, il tradizionale agone sportivo dove “gli ultimi
saranno i primi”.
L'occasione è costituita dalle scorse Olimpiadi di Pechino
e lo sport in questione è il taekwondo, ovvero «combattimento con le gambe», così chiamato dal sistema adottato da un ordine di monaci buddisti guerrieri istituito nel
VI secolo. L'impresa storica, invece, è stata portata a termine da Mauro Sarmiento, giovane azzurro argento a Pechino, che ha portato in patria la prima medaglia olimpica in questa disciplina.
Per quale motivo hai deciso di apprendere il taekwondo,
arte così poco diffusa nella nostra penisola e sconosciuta
ai più?
«Diciamo che la mia scelta è stata casuale e inconsueta,
data la mia iniziale ripugnanza per le discipline di combattimento. Accadde parecchi anni fa, quando mio padre,
amante dello sport, mi portò nella palestra dove si allenavano i figli di un suo amico e, con il passare del tempo, rimasi affascinato da questa disciplina, soprattutto
per i calci volanti.
Ho iniziato partecipando alle mie prime gare
regionali, interregionali e italiane fino ad arrivare alle Olimpiadi».
In quale modo la pratica di questo sport è collegabile alla tua carriera militare nell’esercito?
«Essendo il taekwondo uno sport minore, non
era possibile prendere uno stipendio simile a
quello di un calciatore, per esempio. Entrati
quindi in una squadra sportiva, era necessario
praticare un altro mestiere ed io scelsi la carriera militare.
La motivazione è semplice. Fin da quand’ero ragazzino mi è sempre piaciuta la
divisa, poi, essendo cresciuto con un vigile urbano come padre, sono sempre
stato portato a provare una sorta di
ammirazione per le forze dell’ordine.
Il taekwondo in parte mi è servito
nella carriera militare, per quanto riguarda la disciplina, ma le due scelte non hanno un così forte legame».
Dopo la medaglia d’argento alle pas-
sate Olimpiadi di Pechino 2008, tutti i tuoi connazionali ti
hanno descritto come una bandiera che ha portato il taekwondo italiano a livello mondiale. Sei d’accordo con queste osservazioni?
«Sì, sono d’accordo. La mia medaglia olimpica ha realmente portato il taekwondo italiano, praticato da una sessantina d’anni nella nostra penisola, a livello mondiale.
In Europa siamo sempre riusciti a vincere qualche medaglia, ma mancava la più importante che è quella delle
olimpiadi».
Cosa hai provato dopo aver compiuto l’enorme impresa di
arrivare in finale, mancando però per un soffio la medaglia d’oro contro l’iraniano Hadi Saei?
«Le emozioni sono sicuramente indescrivibili, tanto che
sono riuscito a capire quello che in realtà avevo fatto addirittura dopo una settimana buona.
Senza dubbio l’amaro in bocca un po’ resta, perché durante la finale ero riuscito a portarmi in vantaggio 4 a 1
con grande abilità contro Hadi
Venendo poi
Saei, ma poi lui,
da una realtà difficile
essendo
una
come quella della
vecchia volpe
ed un grandissiprovincia di Napoli,
mo atleta è riquesta vittoria
uscito a risalire
significa ancora di più
e a raggiungere
per me e
la vittoria».
Che
cosa ha sila mia famiglia
gnificato per te
e per la tua famiglia il raggiungimento di questo importante obbiettivo
a Pechino 2008?
«Ha significato tantissimo, sia per me che per la mia famiglia. Venendo poi da una piccola e difficile realtà quale
quella di Casoria, il mio paese natale in provincia di Napoli, per i miei genitori la vittoria della medaglia d’argento ha rappresentato una soddisfazione e una gioia im-
mensa, la stessa che ogni genitore vorrebbe provare per i
propri figli».
Quali soluzioni proporresti per far conoscere maggiormente il taekwondo agli italiani, e perché la gente dovrebbe avvicinarsi a questa disciplina?
«Rispondo con una battuta: basta osservare Zlatan Ibrahimovic, in passato praticante del taekwondo. Quando,
durante i match calcistici, si esibisce in quei calci volanti,
inventando assist straordinari e riuscendo anche a segnare reti spettacolari.
A mio parere, è opportuno avvicinarsi al taekwondo innanzi tutto perché aiuta a formare un carattere forte e a
socializzare con le altre persone, dato il totale rispetto che
esiste tra atleta e atleta sia dopo una sconfitta che dopo
una vittoria».
Ci sono già nuovi progetti nella vita di Mauro Sarmiento?
«Per ora intendo proseguire la mia carriera sportiva, perché la vittoria della medaglia d’argento ha per me rappresentato l’inizio di una, si spera, lunga carriera.
Cercherò comunque di raggiungere l’oro nelle prossime
Olimpiadi ma la strada è tanta e le gare per poter partecipare alle qualifiche ancora molte».
60
Giovani e diritti
61
AUTOBUS
LOW COST
CON LA FINANZIARIA DEL 2009
LA REGIONE LAZIO HA RESO IL
TRASPORTO
PUBBLICO LOCALE GRATUITO PER
I GIOVANI CON REDDITI FAMILIA
RI BA
UN PRIMO PASSO PER AUMENTAR
E IL NUMERO DI COLORO CHE USA SSI.
NO
I MEZZI PUBBLICI, CON VANTAG
GI PER TASCHE, TRAFFICO,
SICUREZZA E AMBIENTE
L
di Caterina Mascolo, 19 anni
Roma
a finanziaria 2009 varata dalla Regione Lazio non
sarà percepita dai giovani solo come un voluminoso contenitore di articoli. Molti di questi, infatti,
come il Fondo di solidarietà per i mutui o il Fondo regionale integrativo per il diritto allo studio scolastico, incideranno direttamente sulla quotidianità di molti ragazzi. Una delle misure più importanti deliberata dal Consiglio si concretizza nell’articolo 18: qui si menziona la
creazione di un Fondo per l’esenzione dei giovani dai costi del trasporto pubblico locale e regionale. Verranno
assicurati a tal proposito 36 milioni di euro nel triennio
2009-2011 per consentire l’esenzione dal pagamento a
tutti i ragazzi al di sotto dei 25 anni di età con un reddito ISEE annuo fino a 20mila euro. Una manovra utile,
tesa a favorire la mobilità pubblica: ecologica, funzionale, gratuita. Passi come questo sono fondamentali per
avvicinare i ragazzi a modalità di trasporto come autobus, treni, metro e tram, molto più economiche di mezzi privati che presentano spese aggiuntive quali bollo,
assicurazione e benzina.
Gli under 26 possono ad ogni modo usufruire di una tariffa agevolata sull’abbonamento mensile per l’intera rete: il costo non è dei più onerosi, 18 euro, meno di un
caffè al giorno. Per chi deve spostarsi dalla provincia di
Roma, ad esempio per frequentare l’Università, la tessera annuale viene 280 euro e comprende quindi l’utilizzo
congiunto di tali mezzi. La circolare, invece, spesso necessaria per raggiungere le stazioni, non è compresa nella tariffa. Se dunque tutti i ragazzi, indipendentemente
dal reddito familiare, godono di agevolazioni, i meno abbienti, a partire dal 31 marzo 2009, viaggeranno in ma-
niera gratuita. Il capogruppo regionale del Pd Giuseppe
Parroncini ha definito la misura “reale e concreta”, in
quanto moltissimi giovani ogni giorno si recano nella
propria scuola oppure al lavoro con i mezzi pubblici. Il
rapporto tra i giovani e questi ultimi, nonostante ciò,
non è tra i più idilliaci.
Da un breve sondaggio (amatoriale e di certo non scientifico), la maggioranza lamentava la tanta pazienza necessaria per aspettare tram e autobus, l’eccessiva calca
nella metropolitana, la lentezza con la quale si viaggia,
specie nel traffico. Altro problema non banale è l’orario
di chiusura della metro: fino allo scorso anno i cancelli
venivano sbarrati alle ore 21,00. In una metropoli come
Roma, dove la vita notturna è vivace e il calendario delle manifestazioni è sempre ben nutrito, fermare le corse
così presto equivaleva ad obbligare cittadini e turisti a
spostarsi con mezzi privati. Dal 18 gennaio 2008 la situazione è sensibilmente migliorata: la linea B il venerdì e il sabato effettua l’ultima corsa alle ore 1,30; la linea A, invece, si arresta alle 23,30. Garantire la mobilità
anche negli orari notturni è necessario per attirare i ragazzi: se le varie zone della città, con l’ausilio delle linee di superficie, fossero strettamente collegate i più rinuncerebbero al rapido (ma ben più insidioso) motorino.
Allo stesso modo pensare ad un collegamento diretto di
mezzi pubblici con le discoteche potrebbe evitare molti
incidenti. La provincia di Lecce ha avviato un quadro di
iniziative sulla sicurezza tra cui proprio “Disco in Bus”,
progetto ideato da un gruppo di ragazzi salentini. Ogni
sabato e domenica dello scorso agosto erano disponibili sei linee speciali di autobus che accompagnavano i ragazzi, in tutta sicurezza, a prezzi molto vantaggiosi: 3 o
5 euro a seconda della lunghezza del tragitto. Chi avesse poi optato per il servizio di prevendita per acquista-
re il biglietto d’ingresso della discoteca avrebbe addirittura sfruttato gratuitamente il tragitto in autobus. Altra iniziativa interessante è quella dello Zero - fare, ovvero dei mezzi di trasporto pubblico finanziati con
modalità diverse dall’acquisto del biglietto del passeggero. Chi li sovvenziona? In genere amministrazioni nazionali o locali, tramite tassazione o sponsorship da parte di aziende. Proposte di questo genere, che si inseriscono dunque nel solco di una strategia comune, sono
di estrema utilità per andare incontro a diverse istanze.
I ragazzi cercano rapidità e costi moderati, gli organismi
statali sicurezza ed efficienza. Beneficio visibile e gradito sarebbe poi il decongestionamento delle arterie principali, ma anche delle strade più marginali. Con il potenziamento dei mezzi, e la riduzione della spesa per i
ragazzi, si incrementa la fruibilità dei mezzi pubblici con
la conseguente diminuzione di automobili, motorini,
scooter. Perno di un altro discorso nodale è il collegamento, spesso non ottimale, dei mezzi con i principali
luoghi aggregativi e di formazione: le Università. Sareb-
be auspicabile che
le maggiori sedi fossero dotate di una fermata Metro,
così da consentire un più facile raggiungimento. Allo
stesso modo, anche se sono consapevole dell’oggettiva
difficoltà del progetto, sarebbe un passo decisivo quello
di allargare la fascia dei giovani autorizzati a viaggiare
gratis. I 12.000.000 euro stanziati complessivamente dalla Regione per agevolare i ragazzi (con reddito familiare
molto esiguo) costituiscono un primo tassello ottimo per
promuovere una maggiore partecipazione giovanile dei
mezzi pubblici. Veicoli che impiegano meno energia, riducono l’ inquinamento, abbattono i costi e sono così
radicati nell’immaginario collettivo da ispirare poesie, libri e lungometraggi (da Fermata d’autobus con Marylin
Monroe al più recente Notturno bus). Spingere i ragazzi
verso questa modalità di spostamento, eclettica e differenziata, è una risposta concreta sia nei confronti dei
giovani sia dell’ambiente: una risposta al futuro, dunque.
I mezzi nel mondo
Budapest supera la prova: più del 60% dei giovani utilizza mezzi pubblici per spostarsi.
Sorprendente bocciatura per
l’Inghilterra, dove nonostante la
grande capillarità della metro
solo un quinto dei ragazzi la
preferisce a mezzi privati.
La palma della bellezza a
Stoccolma: 150 artisti hanno
reso ogni stazione un’opera
d’arte.
62
Risultati Test
Punteggio:
Extreme Makeover! (pag. 28)
per ogni risposta A:
Da 1 a 6 punti:
Oroscopo
a cura di Cassandra
Ariete
1 punto - per ogni risposta B: 2 punti - per ogni risposta C: 3 punti
Belli dentro
Da 7 a 12 punti:
Contemporaneo
Da 13 a 18 punti:
Ok, due sono le cose: o siete veramente soddisfatti del vostro aspetto
fisico o siete talmente “belli dentro”
che non ritenete necessario dare
nemmeno una sistematina a quella
specie di tentacoli che vi spuntano
dalla schiena. Oppure, forse, siete
di quelli che pensano che non sia
per forza necessario assomigliare a
delle veline sculettanti... diciamo
che siamo in sintonia, ma non si
può nemmeno condannare chi la
pensa diversamente da noi, no?
Magari non è il caso di farne una
malattia - la ricerca della perfezione
non dà mai tregua - ma, se può dare sicurezza e contribuire al benessere mentale, perché non farsi limare via quella gobbetta sul naso che
proprio non c'è mai piaciuta e a causa della quale ci siamo sempre sentiti a disagio (per non parlare delle
battute deficienti dei compagni di
classe)? In fin dei conti, su qualche
piccola cosa si può essere indulgenti senza scadere nel ridicolo, no?
Sei tu la Ventura, ti abbiamo scoperta/o! Le risposte non danno adito a
dubbi. Ma non sei un po' troppo
avanti con gli anni per fare ancora i
test di Zai.net? Ok, le provi tutte per
autoconvincerti, ma il tempo passa
per tutti – è una realtà che devi accettare. O forse sei Silvio? Pure tu,
invece di trapiantarti manti erbosi
sulla testa e tirarti la pelle dietro il
collo, pensa a fare qualcosa di concreto per noi giovani e per tutto il resto, se davvero ne sei capace!
Simona
Toro
21/03 -20/04
Affari di cuore
Qualche pianeta vi è opposto, ma
non datevi per vinti.
In coppia siate più complici del
partner; i single non disdegnino
le occasioni di caccia ghiotte.
Amicizia & famiglia
A scuola periodo tranquillo,
qualche interrogazione solo verso
l’ultima decade di febbraio.
State trascurando gli affetti
familiari, cercate di essere più
presenti.
Consiglio
“La mia Africa” di Karen Blixen.
21/04 - 21/05
Affari di cuore
C'è qualcosa che vi tiene legati al
passato: è questo il momento per
capire cosa volete veramente.
Per le coppie di lunga data è
previsto un momento di stallo.
Amicizia & famiglia
A scuola non sottovalutate le
prove di inizio mese, non è
detto che si possa sempre
recuperare tutto alla fine!
Consiglio
“L'inquilino del terzo piano” di
Roman Polanski.
Leone
Cancro
22/06 - 22/07
Affari di cuore
E' il momento di fare nuovi
incontri. Siate più sicuri di voi
stessi: il successo è a portata di
mano. Chi è in coppia deve
impegnarsi per una maggiore
stabilità.
Amicizia & famiglia
Nell'ultimo periodo avete un po'
trascurato gli amici, riannodate i
contatti e divertitevi. A scuola
attenzione alle materie
scientifiche.
Consiglio
“Borat” di Larry Charles.
23/07 - 23/08
Affari di cuore
Bellissime novità all'orizzonte:
potrebbe essere arrivato il
momento del grande amore. Per i
single, non accontentatevi e siate
esigenti.
Amicizia & famiglia
In famiglia, cercate di parlare di
più. A scuola, fatevi aiutare da
qualche amico: presto ritroverete
le energie necessarie ad affrontare
tutti gli impegni.
Consiglio
“Musica moderna” di Ivano
Fossati.
Scorpione
Bilancia
24/09 - 22/10
Affari di cuore
In passato avete combinato un po'
di danni, dovete correre ai ripari
per non rischiare di perdere una
persona a cui tenete. Il vostro
fascino è alle stelle: single datevi
da fare!
Amicizia & famiglia
Una difficoltà temporanea vi farà
riconoscere gli amici che contano.
A scuola cercate di organizzarvi
meglio.
Consiglio
“Breve trattato sulle sensazioni” di
Jean Clair.
23/10 - 22/11
Affari di cuore
Usate la vostra proverbiale
passionalità per conquistare chi vi
sta a cuore. Per le coppie, in
arrivo un momento difficile:
cercate di essere comprensivi.
Amicizia & famiglia
Grandi novità a scuola, siete
molto concentrati e motivati: non
lasciatevi scappare questa
occasione, non è detto che se ne
ripresentino molte altre.
Consiglio
“Il lupo della steppa” di Herman
Hesse.
Segni del mese
Capricorno
Capricorno
Affari di cuore
Siete troppo riflessivi, datevi una
mossa e colpite il vostro
obiettivo.
In coppia non commettete passi
falsi, purtroppo sono sempre in
agguato!
Amicizia & famiglia
Il vostro costante impegno sarà
premiato. Date più fiducia a chi
vi sta intorno, potrebbero
nascere belle amicizie.
Consiglio
“La lentezza” di Milan Kundera.
22 dicembre - 20 gennaio
Acquario
Acquario
Affari di cuore
Periodo radioso, è il momento di
consolidare i legami che contano.
Buone notizie per i single: molti
cadranno ai vostri piedi.
Amicizia & famiglia
Domate la vostra irrequietezza in
famiglia; a scuola attenzione alle
scadenze! Con gli amici uscite
gradevoli.
Consiglio
“Mio fratello è figlio unico” di
Daniele Luchetti
21 gennaio - 19 febbraio
Gemelli
63
21/05 - 21/06
Affari di cuore
L'influsso negativo di alcuni
pianeti vi ha fortemente
condizionato nei mesi passati, ora
però non avete più scuse. Bisogna
agire.
Amicizia & famiglia
A scuola impegnatevi al massimo
e tirate fuori il meglio di voi. Il
chiarimento con un amico
risolverà un conflitto che dura da
tempo.
Consiglio
“Come ridevano gli antichi” di
Tommaso Braccini.
Vergine
24/08 - 23/09
Affari di cuore
Il vostro comportamento potrebbe
far soffrire una persona a cui
tenete, siate più risoluti. Se siete
in coppia, attenzione: tempeste in
vista.
Amicizia & famiglia
Qualche problema con storia e
italiano, ma è solo passeggero.
Non fate i timidi, con la vostra
simpatia non avrete difficoltà a
stringere nuove amicizie.
Consiglio
“Come Dio comanda” di Niccolò
Ammaniti.
Sagittario
23/11 - 21/12
Affari di cuore
Ascoltate soltanto voi stessi e
non fatevi condizionare dagli altri,
solo così sarete liberi di vivere la
vostra storia d'amore. Single?
Curate un po' più il vostro
aspetto.
Amicizia & famiglia
In famiglia sono sempre pronti ad
appoggiarvi, non deludete le loro
aspettative. Vi farebbe bene un
po’ di sport all’aria aperta,
approfittate dei week-end di sole.
Consiglio
“Fleurs 2” di Franco Battiato.
Pesci
20/02 - 20/03
Affari di cuore
Se uscite ora da una storia
importante non disperate, nuovi
incontri sono all'orizzonte.
Cercate, però, di mettervi in
gioco.
Amicizia & famiglia
A scuola dovete far vedere di che
stoffa siete fatti, altrimenti
rischiate di essere sottovalutati.
Se avete problemi con un amico,
aspettate che sia lui a farsi vivo.
Consiglio
“Our bright future” di Tracy
Chapman.