Untitled - Barz and Hippo
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Untitled - Barz and Hippo
scheda tecnica durata: 107 MINUTI nazionalità: USA anno: 2011 regia: GORE VERBINSKI soggetto: GORE VERBINSKI, JAMES WARD BYRKIT sceneggiatura: JOHN LOGAN montaggio: CRAIG WOOD musica: HANS ZIMMER produzione: JOHN B. CARLS, GRAHAM KING, GORE VERBINSKI distribuzione: UNIVERSAL PICTURES voci (v.o.): JOHNNY DEPP (RANGO), ISLA FISHER (BEAN), ABIGAIL BRESLIN (PRISCILLA), NED BEATTY (TORTOISE JOHN), ALFRED MOLINA (ROADKILL), BILL NIGHY (RATTLESNAKE JAKE), STEPHEN ROOT (DOC’ E MERRYMACK), HARRY DEAN STANTON (BALTHAZAR), TIMOTHY OLYPHANT (LO SPIRITO DEL WEST), RAY WINSTONE (BAD BILL IL MOSTRO GILA) la parola ai protagonisti Serena Calabrese intervista Gore Verbinski e Abigail Breslin C’è una notevole confluenza del vecchio dentro al nuovo. Come ha reso possibile questo equilibrio? Verbinski: In realtà il protagonista, con il suo fare estroverso e quasi televisivo, rappresenta molto l’era moderna che incalza la mobilità e il dinamismo. Di contro, Polvere rappresenta quella tradizione, quel passato e quei valori relativi ad esso che vanno via via scemando con l’evolversi del tempo. Abbiamo cercato un equilibrio fra le parti, in modo tale da rendere la vicenda in un presente che volge al futuro, ma che ancora si porta dietro gli inevitabili strascichi del passato. Un mondo che da un lato vuole svecchiarsi, dall’altro rimane ancorato all’innocenza e al fascino di un tempo. Il personaggio di Rango, la ricerca spasmodica dell’acqua come fonte di vita, il pesce inanimato che rappresenta un po’ la coperta di Linus, tutto questo è in un certo senso continua perdita e ricerca di se stessi? Verbinski: Si. Il camaleonte stesso in natura incarna un ruolo di mutamento ed è quello che fa Rango. Egli ricerca continuamente la sua identità, non capendo cerca una cosa che è già insita in lui. Anche i personaggi e la stessa città di Polvere, come la grande metropoli, stanno tutti per subire un “cambio di pelle”, tutti stanno e stiamo cambiando. Abigail, hai cominciato a fare cinema alla tenera età di 5 anni. Immagino tu ti sia prestata ad innumerevoli esperienze attoriali. Com’è stato stavolta recitare snaturandoti da tuo stesso corpo? Breslin: Beh, è stato veramente divertente. Muoversi e vedere il corrispettivo delle tue azioni, traslate nel corpo di un personaggio di fantasia, direttamente sullo schermo è qualcosa di molto incoraggiante. Paradossalmente ti senti molto più naturale e molto a tuo agio nelle vesti di qualcun altro. In genere nei film d’animazione i disegni sono tutti molto carini e zuccherosi. Uno dei pregi di questo cartone è che i personaggi sono quasi repellenti. Anche la tua Priscilla non è proprio gradevolissima… Breslin: Ah no? Devo aver visto male allora! No, scherzo. Per me lei è molto dark ma, allo stesso tempo, molto tenera. E’ molto diversa da me, lei dice quello che pensa senza peli sulla lingua, è diretta e spigliata ed è questo che la rende affascinante, il suo essere estremamente sincera, la fa risultare innocente. E’ deliziosa! Lei ha già collaborato in passate produzioni con Johnny Depp, la saga de I pirati dei caraibi ad esempio. Adesso Rango. Pur essendo ben differente da lei, anche Tim Burton ha sentito l’esigenza di “cartoonizzare” questo attore, può spiegare questo desiderio che vi spinge a materializzarlo in un altro corpo, un corpo irreale appunto? Verbinski: Innanzi tutto io e Johnny siamo amici e questo ci porta nella condizione di avere un certo grado di confidenza. Lui è una persona totalmente assurda e sperimentale che sapevo essere perfetta per il ruolo di rango. Non crede che, trattandosi di un film d’intrattenimento, ci siano troppi riferimenti ad una cultura cinematografica che un bambino non potrà mai cogliere? Verbinski: Infatti ho scelto di proposito di muovermi a seconda delle esigenze di due gruppi: uno costituito da un pubblico giovanissimo, l’altro da un pubblico adulto. Ho tenuto a mente sia l’uno che l’altro in modo tale da poter intrattenere entrambi senza lasciare nessuno fuori dal divertimento. I riferimenti all’acqua e alla siccità possono essere interpretati anche come una sorta di metafora dell’attuale crisi finanziaria.. Verbinski: Certo! In un certo senso l’acqua è una forma di moneta. “Controlla l’acqua e controllerai il potere” è una delle frasi più ricorrenti del film. Per questo c’è qualcosa di molto attuale nella storia, perché l’acqua è ancor più dell’oro, l’acqua è vita è sostentamento. Nonostante la smisurata tecnologia, abbiamo ancora bisogno delle cose semplici, a vote forse date per scontato, ma di cui non possiamo assolutamente farne a meno. Le sonorità musicali che intermezzano e accompagnano le sequenze, sono molto simili alle musiche di Morricone, come è nata la colonna sonora? Verbinski: Chiaramente volevamo alludere a un tipo di scenario western riconoscibile anche solo da una nota quasi. Quelle sonorità sono così intuibili, che basta poco per rievocare tutta una certa atmosfera e renderla solida. C’è una grande varietà di musica, pur partendo tutta dai motivetti western. Alcune volte è drammatica e seria, altre stupida e assurda. Le musiche sono plasmate sui personaggi e sulla narrazione stessa. Oltre a fare cinema, andrete sicuramente a vederlo. Ecco, cos’è stato per te, Gore, nella tua infanzia e cos’è per te, Abigail, nella tua vita odierna, dato che sei giovanissima, vedere un film d’animazione da spettatori? Abigail: Ma, a me piacciono molto i cartoons, sono così divertenti. Solo non capisco perché così spesso devono essere interpretati come puro appannaggio dei più piccoli, non so, non mi convince come cosa… Verbinski: Beh, c’è differenza fra Live Action, ovvero il caso del nostro film, e cartone. Entrambi rappresentano una sorta di sogno, abbiamo la possibilità di vedere le cose così come ci appaiono nei sogni. Ma, mentre per la tecnica del Live Action c’è un limite, poiché non puoi chiedere agli attori l’impossibile, per il tradizionale cartoon non ci sono barriere e confini all’immaginazione. Lì tutto è possibile. Gore Verbinski Nasce il 16 marzo 1964 a Oak Ridge: suo padre, di origini polacche, è un rinomato fisico nucleare. Nel 1967 il piccolo si trasferisce con la famiglia a San Diego in California: durante tutta l'adolescenza subirà le influenze dello scrittore Franz Kafka e del gruppo metal dei Black Sabbath. Si appassiona alla musica ed inizia a suonare la chitarra: forma cosi una punk- band chiamata "The Little Kings". Ben presto, il ragazzo comincia ha girare alcuni cortometraggi con gli amici e, col passare del tempo, decide di vendere la sua chitarra per potersi comprare una nuova telecamera. Travolto dall'amore per il la settima arte, Verbinski si laurea al UCLA Film School nel 1987. Gli esordi dietro la macchina da presa avvengono attraverso la direzione di svariati vedeoclip e spot: immortala le note dei Bad Religion, L7, Monster Magnet e firma le pubblicità di Nike, Canon e Coca-Cola. Nel 1993, ideando un'originale campagna per la birra Budweiser, il giovane ottiene una pioggia di importanti riconoscimenti. Il 1996 lo vede debuttare al cinema con il corto The Ritual. Dodici mesi più tardi, il filmaker se la vede con i pasticci di Un Topolino Sotto Sfratto e, nel 2001, è implicato nei loschi affari della caliente coppia Brad Pitt e Julia Roberts, in The Mexican. Nel 2002, Gore oltrepassa i confini delle angosce umane, realizzando lo stupefacente horror idrofobo The Ring. Remake del lungometraggio partorito dal giapponese Hideo Nakata, la pellicola azzarda come solo poche opere hanno fatto sino ad allora. Tra visioni oniriche e realtà inquietanti, The Ring diviene un capolavoro del genere, in grado di terrorizzare milioni di platee in ogni parte del globo. Reclutato dalla Walt Disney Pictures, il cineasta da vita alle spericolate vicende del corsaro Jack Sparrow e alla sua strampalata ciurma ne La Maledizione della Prima Luna (a cui faranno seguito altri due episodi), immergendosi in un abissale successo. Ispirata alla celebre attrazione di Disneyworld, Il fantasy-adventure, vanta un istrionico protagonista come Johnny Depp che, strizzando l'occhio al rocker Keith Richards nonché al cartoon Pepe Le Pew, crea un personaggio decisamente irresistibile: vera e propria icona della cultura pop moderna. Detto dei sequel pirateschi Pirati dei Caraibi - La maledizione del forziere fantasma (2006) e Pirati dei Caraibi - Ai confini del mondo (2007), nel 2005 scommette su Nicolas Cage e dirige una buona commedia sulla monotona vita di un metereologo: The Weather Man. Continua a navigare sulla cresta dell'onda senza sbagliare un colpo, e porta al cinema Rango (2011), divertente film d'animazione della Universal Pictures per il quale è dovuto ricorrere nuovamente a Johnny Depp: ha infatti calcato digitalmente le sue espressioni per caratterizzare il proprio personaggio. Filmografia Gore Verbinski (1996) The Ritual (corto) (2006) Pirati dei Caraibi – La maledizione del (1997) Un topolino sotto sfratto forziere fantasma (2000) The Mexican (2007) Pirati dei Caraibi – Ai confini del mondo (2002) The Ring (2010) The host (produzione) (2003) La maledizione della prima luna (2010) Bioshock (produzione) (2005) The Weather Man – L’uomo delle (2011) Rango (regia, produzione e soggetto) previsioni Recensioni Maurizio Acerbi - Il Giornale Altro che Il Grinta. Uno dei più bei western degli ultimi anni è un cartone animato. Logica conseguenza di un processo, intensificatosi negli ultimi anni e ormai irreversibile, di trasformazione del film d’animazione da prodotto tipicamente pensato per l’infanzia a genere che schiaccia ben più di un occhio al pubblico adulto. Non sfugge a questa regola Rango, esordio animato per la Industrial Light & Magic, firmato dal «pirata dei Caraibi» Gore Verbinski, qui in vena di zingarate insieme al sempre più versatile Johnny Depp che presta la voce al protagonista calandosi in pieno nel personaggio (consigliamo di recuperare successivamente, in dvd, l’edizione originale). Cresciuto in una prigione di vetro, privo di amici che inventa interagendo con una bambola di gomma e un pesciolino di plastica, il camaleonte Rango, dopo un incidente casuale, si ritrova a vagare tra le dune del deserto del Mojave per giungere alla cittadina Dirt, polverosa di nome e di fatto. Passa un amen ed ecco che lo scambiano per un famigerato ed implacabile pistolero, fama che lo stesso Rango ha avallato attribuendosi il merito di aver fatto fuori, con un sol colpo di pistola, sette fratelli. Tanto gli basta per essere proclamato sceriffo promettendo di risolvere il problema più grave che attanaglia Dirt: la mancanza totale dell’acqua. Dramma che sembra non toccare l’antipatico sindaco, una tartaruga su sedia a rotelle che, da buon politico, ha le mani, pardon, le zampe in pasta per costruire abusivamente campi da golf. Lo sceriffo, calatosi in pieno nella parte, comincia a ficcanasare nei suoi affari amoreggiando anche con una lucertolina cowgirl. Per il sindaco la soluzione è una sola: chiamare al suo servizio il malvagio Rattlesnake Jake, un serpente a sonagli dall’aspetto terrificante. I cinefili impazziranno per i rimandi, spesso irriverenti, con cimeli western del passato, qui si respira aria di John Ford e Sergio Leone, di Mezzogiorno di fuoco e Per un pugno di dollari. Volendo, ci sarebbero anche citazioni di Sartre e capirete quindi che i piccoli spettatori faticheranno non poco a cogliere l’essenza globale, padellate in testa a parte. Male minore per uno dei titoli più accattivanti di questo inizio 2011. Luca Raffaelli La Repubblica Non ci sono più nuove storie da raccontare, d' accordo, ma con quelle classiche si possono inventare meraviglie nuove. Soprattutto quando si mette bene in chiaro, fin dall' inizio, che la rivisitazione del mito è fatta consapevolmente, che il cinema western può mostrare proprio ora agli spettatori (statunitensi, ma non solo) il senso della loro storia. Dunque: Rango è un giovane camaleonte che vive in cattività, in una gabbia di plastica abitata insieme ai resti di una Barbie e a un pesce a molla. Nel prologo del film lo vediamo costruire trame scespiriane con i suoi giocattoli, come un bambino fantasioso, ma la gabbia è in un’automobile: e quando si frantuma, dopo un incidente stradale, il nostro rettile teatrante è catapultato nel mondo reale, dove bisogna affrontare i pericoli, e trovare da mangiare e da bere. Preso dal panico, sceglierà un lato della statale del Nevada e da quella parte, oltre il deserto, troverà il vecchio west. Non quello calibrato di John Ford, ma quello lercio e puzzolente di Sergio Leone, per di più animato da animali (talpe, armadilli, topi del deserto, ecc.) non proprio carini (i bambini potrebbero perfino impressionarsi). Nel film, zeppo di citazioni, la ricchezza delle immagini è davvero straordinaria, e tutto sembra polveroso e abbondante come in una vecchia cantina abbandonata. Per questo suo primo film d’animazione il regista Gore Verbinski (quello dei Pirati dei caraibi) ha inventato l’”emotion capture”, cioè l’idea di vestire con gli abiti di scena gli attori che danno le voci ai personaggi e riprendere le loro performance per utilizzarle come riferimento nell’animazione dei personaggi. Disney non aveva il computer ma con Biancaneve ha più o meno usato lo stesso sistema. In ogni caso è il risultato che conta, ed è straordinario. Anche per merito di Rango, un antieroe sensibile e divertente, un Woody Allen prima maniera meravigliosamente rielaborato da Johnny Depp. Il povero camaleonte dovrà trovare nei 107 minuti di film le risposte a tutte le domande che contano: cosa sia la realtà, cosa la vita, cosa la morte e l’amore (incontrerà un’iguana e sarà un imbranatissimo colpo di fulmine), chi sia lui stesso e perché in queste storie ci sia sempre bisogno di un eroe. Insomma, perché ci sia da combattere un potere corrotto che toglie l’acqua alla gente del deserto, per poterla controllare senza troppi sforzi. Lo stesso furbo potere che sa come funzionano i miti, e a cosa servono i riti, che conosce e usa il bisogno della gente nel dover credere in qualcosa, per esempio che il domani dovrà essere migliore dell’oggi. E siccome è un film bello ma anche intelligente, Rango a un certo punto arriverà a scoprire che dall’altra parte della statale, non ci sono altri personaggi che soffrono la sete, ma una città ricca, con i prati all’inglese abbondantemente irrigati dagli annaffiatori automatici. E chi vuol capire, capisca. Michele Anselmi - Il Riformista Trattasi di western a cartoni animati. L’avvio è lento, ma poi diventa un capolavoro: da gustare, se si ama il genere, insieme a “Il Grinta” dei Coen. Siamo naturalmente in un universo parallelo di bestiucce antropomorfizzate, se non fosse che in sottofinale appare Clint Eastwood come carismatico “Spirit of the West”. Ormai vecchio e rugoso, ma riconoscibile nel disegno computerizzato, indossa ancora il poncho di “Per un pugno di dollari” e scandisce verità del tipo: «Nessuno può tirarsi indietro dalla propria storia». Carico di Oscar e mazze da golf, il pistolero è una sorta di visione, il modello cui saprà intonarsi, nel momento del bisogno, l’eroe per caso Rango. Il nome, quasi una variazione di Ringo, viene dalla scritta Durango che il tenero camaleonte, sfuggito alla placida vita in un acquario casalingo per scherzo del destino, legge su un pezzo di legno dentro un saloon. Abituato a credersi attore, il rettile metropolitano in camicia hawaiana si ritrova nell’assolato Mojave, sfugge alla morte, approda in un polveroso villaggio detto appunto Dust e lì viene eletto sceriffo dopo aver fortunosamente liquidato un minaccioso rapace. «Nessuno balla il tango senza Rango» è il suo motto, ma non sarà facile, nella cittadina assetata per via di una speculazione idrica in stile “Chinatown”, far trionfare la legge sui cattivi. L’iconografia western, tra citazioni colte e riferimenti spiritosi, è rispettata con cura da Gore Verbinski, che fa centro esordendo nell’animazione dopo troppi pirati dei Caraibi. Nella versione originale Rango parla con la voce di Johnny Depp. Mariuccia Ciotta - Il Manifesto La prima volta del regista dei Pirati dei Caraibi e la prima volta della Industrial Light &Magic, insieme per Rango, film d’animazione nei paesaggi del West, sulle orme mitiche di Ford, Peckinpah, Eastwood, più Sergio Leone. Gore Verbinski fa anche appello alle sue origini polacche per immaginare tentacoli viscidi, musi gelatinosi, corpi decomposti già visitati nella famosa saga con Johnny Depp, che qui (nell’originale) presta la voce al camaleonte protagonista, chiamato nel film chissà perché «lucertola». È invece il testone verde cangiante all’origine della crisi d’identità dell’animaletto che si trova sbalzato dall’auto dei suoi padroni – un vita in una scatola di vetro – nel deserto del Majove, California ai confini del Nevada. Marchio Paramount per questo «cartoon» ricalcato sugli attori in carne e ossa (prima si sono effettuate le riprese dal vivo), sistema che Verbinski chiama emotion-capture, a seguito degli esperimenti di Robert Zemeckis (motion-capture) che ha radicalizzato il sistema con i sensori applicati agli attori e poi convertiti in pixel. Il risultato però è l’opposto, niente meravigliosi corpi ibridi di Beowulf, Polar Express, A Christmas Carol ma una galleria di freaks costruiti con materiali di scarto, arte povera, pupazzetti repellenti che popolando il villaggio Polvere dove finisce il nostro eroe. L’umano non traspare se non in forma di doppio sfigurato, simulacro di cartapesta. Non c’è «mondo» intorno ai dannati della terra digitale che non vivono di vita proprio ma nel riflesso del cinema live, dal Mucchio selvaggio al Buono, il brutto e il cattivo con tutto l’armamentario dei luoghi comuni del genere. A cominciare dallo sceriffo corrotto, una vecchia tartaruga in sedia a rotelle che controlla il flusso idrico del paese poverissimo mentre poco più in là – storia vera – si saccheggia il fiume Colorado per alimentare Las Vegas (e Los Angeles). È la modernità, ragazzi, dice l’avido sindaco controllore dell’acqua al suo popolo di «giocattoli» cuciti con tela di sacco, peluche logori e statuine sbrecciate che per battere il tiranno, spalleggiato da un crotalo gigantesco, dovranno affidarsi allo «straniero» dagli occhi a palla, Rango. L0insieme è una specie di caricatura di Frontierland così come i Pirati dei Caraibi era una chiara citazione dell’attrazione di Adventuraland, le due terre di Disneyland, e c’à anche un richiamo a Miyazaki con gli «insetti-pillola». Qualche tocco originale qua e là, nella lucertola Borlotta, per esempio, disegnata come una colona dall’ampia gonna, che si immobilizza in un’assenza cosmica di fronte alle difficoltà, quasi un delirio shakespeariano, frutto dello sceneggiatore John Logan, autore di film tutt’altro che «immateriali»: Il Gladiatore, L’ultimo samurai. L’atmosfera lugubre e fangosa e la parodia oltraggiosa della Frontiera fanno di Rango, il camaleonte filosofo, un eccentrico, devastante sotto-mondo, una wonderland del day-after. Francesco Alò - Il Messaggero Ne abbiamo viste tante ma un camaleonte a colloquio con l’Uomo senza nome degli spaghetti western con la faccia di Clint Eastwood ci mancava. Nell’era dei registi di film dal vivo sedotti dall’animazione (Wes Anderson, Zack Snyder) c’è posto anche per il vigoroso Gore Verbinski dei primi tre Pirati dei Caraibi. E’ il regista di Rango, di nome e di fatto, e il cartone è uno shock visivo per grandi e piccini. Protagonista è un camaleonte smilzo, civilizzato e attore. Deve aver vissuto vicino a una tv per quante ne sa di show business. Un giorno cadrà dalla campana di vetro dei padroni in viaggio, si troverà come Cary Grant a eludere nello spazio aperto un terribile attacco dal cielo (prologo stupendo omaggio a Intrigo internazionale), vagherà nel deserto e raggiungerà una cittadina dove scarseggia l’acqua. Autoproclamatosi pistola più veloce del West, dovrà affrontare nemici spaventosi come il serpente a sonagli killer, talpe in groppa a pipistrelli e la verità: è un eroe o solo un millantatore? Dichiarazione d’amore agli spaghetti western di Leone che Verbinski adorava da piccolo. Delirante, spaventoso, divertente. Ennesima prova che l’animazione, a Hollywood, può essere terreno di vivace sperimentazione.