XIX Congresso Nazionale UIT

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XIX Congresso Nazionale UIT
BINOMIO INSCINDIBILE CARTIERA – CARTOTECNICA
RESISTENZA - MORBIDEZZA
Del Magro Valentina
Master in Produzione della Carta/Cartone e Gestione del Sistema Produttivo
Sommario
Ho svolto lo stage previsto a termine del Master in Produzione della Carta/Cartone e Gestione del Sistema Produttivo presso la
Cartotecnica Tissunion Europ Surl, nata nel 1992 come azienda dedita alla commercializzazione di prodotti in carta.
Obiettivo dello stage è stato quello di dimostrare che la qualità del prodotto finito dipende per il 90% dalla cartiera e che in
fase di trasformazione dovremmo solo trasformare la materia prima in prodotto di consumo cercando di trattarla il meno
possibile.
Ecco che la Tissunion opera in questo senso, cercando di acquistare una materia prima di buona qualità, e trattando la carta in
fase di converting il minimo indispensabile aggiungendo solo un ammorbidente in fase di formazione del fazzoletto di carta.
A conclusione della mia esperienza sono arrivata a dimostrare che la morbidezza-resistenza sono un binomio inscindibile così
come lo sono anche cartiera- cartotecnica, infatti senza la prima non si potrebbe ottenere il prodotto di qualità richiesto dal
consumatore.
1° CAPITOLO: LA CARTOTECNICA “TISSUNION
EUROP SURL”
La Tissunion è nata nel 1992 come azienda dedita alla
commercializzazione di prodotti in carta, già nel 1993
intraprende la produzione di fazzoletti mini. Con il crescere
della domanda e l’esigenza di nuovi prodotti ha allargato la
propria produzione con i fazzoletti standard e le veline
cosmetiche.
A testimonianza della professionalità ha conseguito nel 2004
il sistema di gestione della Qualità UNI EN ISO 9001: 2000.
Lo Stabilimento produce 3 tipologie di prodotti: fazzoletti
mini, standard, veline cosmetiche.
2° CAPITOLO: “GENERALITA’ SULLA
PRODUZIONE DELLA CARTA E DEL PRODOTTO
FINITO”
L’invenzione della carta ha origini molto antiche, ne troviamo
testimonianza in un dizionario dei caratteri cinesi completato
verso la fine del 100 d.C., secondo il quale la produzione della
carta derivava da una sorta di cascami di seta stemperati in
acqua, la pasta fluida veniva messa su un telaio di bambù e
fatta essiccare.
Con il trascorrere del tempo, in Cina si migliorarono la
composizione e i materiali adoperati: fogli di riso, di bambù e
alcune specie di gelso.
In Italia la fabbricazione della carta fu più tardiva avvenne
intorno all’anno 1000 grazie alle invasioni arabe. Il primo
documento di carta è conservato nell’Archivio di Stato a
Palermo e risale al 1109 e proviene dalla cancelleria dei Re
Normanni di Sicilia.
Intorno al 1100 l’arte si affermò ad Amalfi e Fabriano e da qui
si diffuse in tutta Italia.
Un tempo la carta si fabbricava adoperando vecchi stracci di
lino o canapa. Tali stracci si tagliavano a pezzetti, si
bagnavano con acqua e si mettevano a macerare per undici
giorni. Dopo averli sminuzzati in una tinozza piena di acqua si
mettevano in un’altra tinozza questa volta con l’aggiunta di
calce.
Una volta tolti di lì venivano messi in tine piene di acqua e poi
,con telai che permettevano l’espulsione della stessa, venivano
ridotti in fogli singoli, che intervallati con panni di lana,
venivano pressati sotto un torchio e fatti essiccare in
un’apposita costruzione fatta all’ombra.
Dopo la fase di essiccazione, venivano immersi nella colla,
preparata da scarti di cuoio, venivano nuovamente asciugati e
levigati con il vetro e a questo punto erano pronti per essere
adoperati come imballo o a sopportare la penna o meglio a non
permettere il passaggio dell’inchiostro.
La data esatta della fabbricazione della carta a Lucca è
sconosciuta, ma sappiamo, da un documento notarile del 1235,
che un certo Mensis de Luca assunse un operaio inglese per la
produzione del papiro.
Il passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale
avvenne nella prima metà del 1800, con l’invenzione della
macchina continua e l’utilizzo del legno come materia prima.
E’ proprio nell’ottica industriale che si sta studiando una
strategia per incrementare la resa delle materie prime e per
ottenere il massimo sfruttamento delle caratteristiche fisicomeccaniche attraverso l’affinamento e la messa a punto di
macchinari atti sia alla lavorazione che alla trasformazione
delle carte.
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2.1 Caratteristiche della Carta
I prodotti cartai si possono distinguere in 6 categorie: da
stampa, da imballo, cartoni e cartoncini, articoli igienicosanitari,uso industriali e vari e carta da scrivere e per ufficio.
Con il termine di carta e cartone si intendono una serie
innumerevole di prodotti aventi caratteristiche diverse.
Con il termine di Tissue si intendono quei prodotti di carta
destinati all’uso igienico-sanitario, sia nelle case private, la
linea domestica, che nei luoghi pubblici, away from home.
Le proprietà che caratterizzano una carta ad uso igienicosanitario sono le seguenti:
• Grammatura: il cui valore identifica il peso del
prodotto.
• Levigatezza e grado di liscio: misura irregolarità
superficiale di una carta; più una carta è liscia più la
stampa risulta nitida
• Carico di rottura: definisce la resistenza di una carta
sia in senso longitudinale che trasversale.
• Grado di bianco: capacità di una superficie di
riflettere la luce misurata come percentuale di luce
riflessa
• Morbidezza: caratteristica sensoriale misurata al tatto
dagli esperti.
• Volume specifico o bulk: definito come volume per
unità di peso
• Assorbimento: esprime la quantità di acqua trattenuta
da un campione
• Spessore del foglio
Queste caratteristiche sono legate tra loro secondo relazioni
ben definite per soddisfare le richieste dei consumatori.
3° CAPITOLO: “ FABBRICAZIONE DELLA CARTA”
3.1 Cartiera
La fabbricazione della carta può essere divisa in 3 fasi:
• Preparazione impasti
• Formazione del nastro continuo di carta
• Allestimento finale
Il prodotto che si ottiene è la bobina madre che sarà poi
trasformata nel prodotto finito (rotolo o piegato).
PREPARAZIONE IMPASTO: consiste nello spappolamento e
proporzionamento delle materie prime fibrose, nella
raffinazione diluizione ed epurazione della stessa.
La materia prima adoperata è la cellulosa che si ricava dai
tronchi di latifoglie e conifere; le fibre sono conformabili se
trattate in modo opportuno, insolubili in acqua e capaci di
interagire con i prodotti chimici e di formare legami con le
altre fibre. Le presse di cellulosa sono disposte su nastri
trasportatori e sono portate nel PULPER. Qui la cellulosa
spappolata per mezzo di una girante in acqua fino alla
consistenza voluta è portata in una TINA di stoccaggio, dove
un agitatore ad elica mantiene in moto la miscela
costantemente in modo da evitare la formazione di grumi.
Dalla tina, l’impasto continua le sue operazioni di selezione e
pulizia. La pasta densa passa nei cicloni e l’accettato dei
cicloni è sottoposto all’EPURAZIONE in cui si ha la
differenziazione tra fibre corte e fibre lunghe. Si passa alla
successiva fase di RAFFINAZIONE in cui le paste sono
sottoposte a forze di taglio consentendo la formazione di un
numero maggiore di legami, indispensabili per una buona
resistenza meccanica e formazione del foglio.
A questo livello di pulizia la pasta è pronta per la macchina
continua.
Il lavoro della macchina continua è diviso in 3 fasi:
formazione del foglio sulla tela di formazione, disidratamento
meccanico nella sezione presse, essiccamento del foglio di
carta nella seccheria.
La formazione del foglio ha la funzione di costruire un foglio
in continuo che abbia caratteristiche uniformi nelle tre
dimensioni. La fabbricazione è così realizzata alimentazione
della
sospensione
fibrosa
attraverso
la
CASSA
D’AFFLUSSO, deposizione della sospensione fibrosa su tela
per ottenere un feltro fibroso tramite l’eliminazione dell’acqua
attraverso la tela, per drenaggio spontaneo e aspirazione sotto
vuoto attraverso TAVOLA PIANA, eliminazione continua
dell’acqua mediante PRESSE AD UMIDO FELTRATE,
eliminazione acqua mediante EVAPORAZIONE e successivo
ARROTOLAMENTO.
Tra la seccheria e il pope ci sono apparecchi che analizzano in
continuo il foglio, per riscontrare anomalie su grammatura e
umidità.
La bobina madre formata è trasferita alla RIBOBINATRICE
che ha il compito di svolgere il rotolo madre, riavvolgerlo in
bobine più piccole, in modo da soddisfare gli ordini dei clienti
e le esigenze di trasporto.
3.2 Converting
A seconda del prodotto finito che vogliamo ottenere le bobine
possono differire nel numero di veli, tipo impasto di carta e
dimensioni.
In particolare analizziamo la produzione di FAZZOLETTI
La materia prima del converting è la carta prodotta in
macchina continua. La prima operazione da compiere è lo
SVOLGIMENTO della bobina madre.
Dopo si passa all’operazione di applicazione del BALSAMO
nel caso dei fazzoletti, e del GRUPPO STAMPA nel caso dei
rotoli. La fase successiva è la GOFFRATURA fatta mediante
cilindri goffratori, le cui superfici di contatto possono essere
entrambe in acciaio o una in acciaio e l’altra in gomma.
Compito della goffratura è l’adesione dei veli. Dopodichè si
arriva alla PIEGATURA in otto o dodici a seconda del tipo di
pacchetto che vogliamo produrre se standard o mini e da qui si
va alla TRONCATRICE. Durante il taglio, la risma deve
essere ferma per cui si adoperano delle presse metalliche o in
materiale plastico. Tali presse devono tenere la risma nel
momento del taglio e poi lasciarla andare avanti subito dopo il
taglio in modo da trattenerne un’altra che deve essere tagliata.
A questo punto si generano le risme sfuse che vanno
all’IMPACCHETTAMENTO primario e in questo modo si
genera la stecca dei fazzoletti. Una volta prodotte le stecche
queste sono INSCATOLATE e dirette automaticamente al
PALLETTIZZATORE che in base alle specifiche del prodotto
finito pallettizza il prodotto.
4° CAPITOLO: “CRITERI DI VALUTAZIONE E
CARATTERISTICHE DEI PRODOTTI”
Il prodotto prescelto deve rispettare una Scheda Tecnica,
stabilita sulla base delle specifiche esigenze del cliente e in cui
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sono riassunte tutte le caratteristiche che deve avere il prodotto
finale.
Per rispettare il capitolato e le sue indicazioni si va ad agire
sul processo produttivo con diverse apparecchiature e
strumenti che consentono di modificare e tenere sotto
controllo ogni singola peculiarità del prodotto da realizzare.
• La composizione dell’impasto
caratteristica
fondamentale per ottenere il prodotto richiesto. Ci
possono essere composizioni con percentuali elevate
di fibre corte, oppure con alte percentuali di fibre
lunghe per carte resistenti ed assorbenti o impasti con
maggiore percentuale di fibra riciclata per produrre
carte meno pregiate.
• Prodotti chimici: collanti, ammorbidenti, coadiuvanti
alla resistenza, antischiuma e antiresine adoperati per
rendere il prodotto più o meno morbido, più o meno
resistente all’umidità e alla trazione sia a secco che
ad umido.
• Grammatura: unità di misura del peso del prodotto
per metro quadrato
• Spessore: serve per conferire più o meno volume al
prodotto finito e facilitare la successiva fase del
converting.
• Resistenza trasversale e longitudinale: capacità che la
carta ha di resistere alla trazione meccanica
• Umidità: parametro ottenuto calcolando la quantità di
acqua residua nel foglio di carta che oscilla tra 2,5 –
7%
• Morbidezza: caratteristica variabile che non trova
riscontro in norme ISO, ma che si effettua con
misurazioni e comparazioni molto empiriche,
confrontando tra loro diversi campioni.
• Assorbenza: capacità di un foglio di assorbire acqua
rispetto al proprio peso.
• Crespatura: dato dal diverso rapporto di velocità tra il
monolucido e l’arrotolatore e il suo compito è rendere
il foglio più duttile e idoneo all’uso finale
• Speratura: aiuta a determinare l’uniformità di
distribuzione delle fibre sul foglio di carta.
Tutti questi aspetti variano a seconda delle richieste del
consumatore finale.
Ad esempio
La composizione dell’impasto si modifica variando la
percentuale di fibre corte e lunghe o di materiale riciclato,
direttamente al momento dell’introduzione della materia prima
nel pulper.
Anche i prodotti chimici sono introdotti nel pulper, e solo
alcuni nel passaggio tra le varie tine con pompe dosatrici,
previa diluizione in linea. La percentuale di impiego non è
standard ma viene modificata in itinere secondo le specifiche
della produzione in essere.
La grammatura si modifica aumentando o diminuendo la
quantità di flusso della pasta, prima di entrare nella FUN
PUMP grazie a valvole regolatrici che ne testano l’entità.
La grammatura oltre che agendo sulla valvola di grammatura
può variare agendo sulla velocità della continua fino a
sfruttare al massimo le prestazioni della macchina stessa.
Oppure si modifica la grammatura variando il rapporto di
crespatura tra pope e monolucido.
Lo spessore si modifica agendo sull’inclinazione e spessore
della lama crespatrice sul monolucido, usando fibre più o
meno voluminose oppure aumentando più o meno l’umidità
nel foglio di carta.
La resistenza trasversale e longitudinale si modifica agendo
sulla ricetta delle fibre al momento dell’introduzione della
cellulosa nel pulper. E’ possibile modificare la resistenza
anche intervenendo direttamente sulla cassa d’afflusso grazie
alla diversa velocità tra la tela e il getto della cassa stessa.
L’umidità si può variare agendo sia sulla temperatura che sulla
velocità dell’aria nelle cappe e deve essere tenuta sotto
controllo perché incide sullo spessore e morbidezza della
carta.
4.1 Morbidezza e Resistenza Caratteristiche Fondamentali
nel Tissue in particolare nei Fazzoletti
Con il termine di RIGIDITA’ della carta si intende la
proprietà che la carta ha di opporsi alle sollecitazioni di
flessione che tendono a deformarla.
Il fattore che influisce più di tutti sulla rigidità è lo spessore.
Infatti a parità di grammatura ed altre variabili, piccole
differenze di spessore del foglio, portano a grosse differenze di
rigidità.
Inoltre la rigidità differisce molto nelle due direzioni principali
del foglio. A causa dell’orientamento preferenziale delle fibre
nella direzione di macchina, la rigidità è molto maggiore in
questa direzione piuttosto che in quella trasversale.
Con il termine di SOFFICITA’ si indica una caratteristica
opposta alla rigidità ed è un requisito essenziale per tutte le
carte ad uso igienico sanitarie e di quelle per tovaglioli, che
proprio per questo sono più o meno crespate.
E’ una proprietà complessa che dipende da altre tre variabili:
flessibilità, spessore e grado di liscio.
Per questo la migliore valutazione della sofficità è quella fatta
dall’esperto con la mano, perché tutti percepiamo morbidezza,
pannosità, ma è difficile rappresentare con un numero tale
caratteristica, dato che si tratta di una caratteristica sensoriale.
I più diffusi processi di fabbricazione della carta non
favoriscono la morbidezza per una serie di motivi:
• le fibre cellulosiche si legano tra loro attraverso
legami chimici che conferiscono resistenza e rigidità
al nastro di carta
• nella fase finale di asciugatura e pressatura, la carta
ancora umida, è pressata, quindi compattata
provocando diminuzione di voluminosità e quindi di
spessore.
Quindi la morbidezza può essere ottenuta sia in MACCHINA
CONTINUA che in fase di TRASFORMAZIONE FINALE
comunque è sempre meglio cercare di trattare il prodotto
finale il meno possibile e quindi cercare di partire già da un
prodotto di buona qualità e con le caratteristiche che si
avvicinano alle richieste del cliente.
4.2 Morbidezza in Macchina
Un tempo il Tissue presentava un grado di morbidezza
elevato tale per cui non servivano ulteriori metodi per ottenere
rotoli voluminosi ed un materiale gradevole all’uso.
La necessità di aumentare la produzione totale e la produttività
di ogni singola macchina continua spinse le cartiere a
produrre carte sempre meno elastiche e meno morbide.
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Per ottenere un prodotto morbido, voluminoso, le cellulose
dovevano essere ben cotte umide, la raffinazione doveva
essere ridotta al minimo, la grammatura la più bassa possibile.
Se le carte lo permettevano si agiva sulla crespatura che
disorganizzando la struttura del foglio nella
direzione
longitudinale, agisce sui fattori che determinano la sofficità di
una carta.
Fattori che possono agire in cartiera per rendere il prodotto
morbido sono:
1. ANALISI DELLE CELLLULOSE: le cellulose
devono essere ben cotte e le fibre scelte
accuratamente a seconda del tipo di ricetta di
produzione.
2. OPERAZIONI DI RAFFINAZIONE: la raffinazione
deve essere ridotta al minimo. L’impasto trattato con
il sistema del
DOPPIO STRATO. Con la
raffinazione si aumenta la superficie di contatto tra le
fibre, aumenta la resistenza ma diminuisce la
morbidezza e ciò conferisce all’impasto una struttura
rigida.
3. ANALISI
CARATTERISTICHE
GENERALI
DELLA CARTA: la grammatura deve essere la più
bassa possibile e se possibile si opera in fase di
crespatura; in questo modo si perde buona parte del
liscio , ma grazie alla rottura dei legami interfibra si
migliora la pannosità del tissue.
4.3 Morbidezza in Converting
La morbidezza si può ottenere anche in fase di trasformazione
finale operando con diverse lavorazioni: calandratura,
goffratura, aggiunta di additivi chimici e implementazioni
meccaniche.
1. CALANDRATURA
: effettua operazioni di
lisciatura e lucidatura della carta. Per ottenere una
carta con superficie liscia la si fa passare attraverso
la calandra.Con la calandra si sfruttano due principi:
il frizionamento, mettendo a contatto materiali di
diversa durezza superficiale con il riscaldamento dei
cilindri in ghisa, pressione la carta uscita dalla
continua è disomogenea per cui la pressione riduce
queste imprecisioni della struttura, eliminando l’aria
e dando uno spessore più uniforme. Con questa
operazione si migliorano le imprecisioni della carta
ma non si eliminano completamente, ma a volte ne
esaltano l’aspetto.Non sono operazioni drastiche ma
ne esaltano il prodotto e lo rendono più adatto agli
impieghi per cui è stato creato.
2.
3.
GOFFRATURA: si personalizza il prodotto
rendendolo diverso dagli altri presenti sul mercato.
Ci sono 3 tipi di goffratura:
• Semplice ( acciaio – acciaio; acciaio –
gomma)
• Doppia ( punta –punta; punta – vuoto)
• Senza colla ma con mollettatura
IMPLEMENTAZIONI
MECCANICHE:
TDA
(trough air drying) che prevede l’asciugatura della
carta attraverso un flusso d’aria attraverso il foglio.
L’assenza della pressa migliora il bulk, lo spessore e
la morbidezza. L’aria calda con il TDA viene
soffiata sulla carta in modo che questa lieviti
naturalmente; infatti l’aria calda asciuga la carta
lasciando spazio tra le fibre.Ci sono vantaggi
nell’operare con questa tecnica: si adoperano carte
con grammatura più basse ottenendo un materiale
morbido all’uso e notevole volume.
4.
AGGIUNTA DI ADDITIVI CHIMICI:
• CARICHE MINERARIE adoperate non solo per
motivi di costo,
ma perché agiscono
sull’opacità, sulla stampabilità e brillantezza.
Migliorano la lisciatura di una carta, perché
vanno a riempire i vuoti tra le varie fibre sulla
superficie. Essendo meno idrofile della
cellulosa, le cariche determinano una minore
penetrazione dell’inchiostro sul foglio. Tuttavia
ci sono anche svantaggi come : diminuiscono il
drenaggio, rendono difficile la ritenzione ,
peggiorano le caratteristiche meccaniche,
contribuiscono all’abrasione delle tele e
all’occlusione dei feltri, spolverano la carta
durante taglio e stampa.
• AMMORBIDENTI sono acidi stearici o sali di
acidi stearici; sono lubrificanti e contribuiscono
all’umidità permanente sulle fibre. Migliorano
lo spessore tra le fibre e la sofficità, senza
perdita di elasticità, sempre se adoperata nel
modo giusto.
4.4 DTDMAC
Ammorbidente adoperato per quasi 3 decenni DTDMAC
tensioattivo cationico il cui uso è stato abbandonato perché
ritenuto un rischio per l’ambiente. Il compito di scoprire un
sostituto adatto e di sviluppare un emolliente basato su questo
è stato difficile non solo perché la nuova materia prima doveva
rispondere a richieste di natura ecologica, ma anche perché le
due proprietà, efficacia e sicurezza nella formulazione,
dovevano essere al massimo equivalenti con quelle del
DTDMAC.
I legami esterici fungono da ponti, quindi questo comporta che
una molecola grande come il DTDMAC si trasformi in un
numero maggiore di molecole, ma di dimensioni minori. Le
molecole così formate, sono più facilmente accessibili agli
attacchi da parte dei microrganismi. Quindi una molecola di
grande dimensione potrebbe essere attaccata dai
microrganismi solo lentamente e diventare quindi
biodegradabile solo lentamente, mentre una molecola più
piccola può essere attaccata più facilmente.
I sostituti,che possono essere adoperati, sono: esteri di
ammonio quaternari, derivati di metildietanolammine, derivati
delle epicloridrine.
4.5 Esteri di Ammonio Quaternari
Derivano dalla reazione tra gli acidi grassi e la
trietanollammina che sono successivamente quaternizzate in
dimetil solfato. Molecola versatile con: alto potere
ammorbidente, alta capacità di reidratazione, buona stabilità
alla viscosità, bassa viscosità nelle soluzioni concentrate,
piccole dimensioni delle micelle.
Sebbene il passaggio da DTDMAC ad un’altra sostanza è di
natura ecologica, occorre che il nuovo prodotto sia formato da
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una materia prima processabile e che gli aspetti estetici di
fragranza ed odore non siano danneggiati. Gli esteri possono
essere applicati in due modi: massa e spray.
Presso la Tissunion viene adoperato l’ammorbidente
denominato commercialmente Versoft M 586. Questo è un
ammorbidente versatile, adatto per tutti i tipi di applicazione.
La sua miscela di componenti conferisce al prodotto una
buona resa in morbidezza, sia incrementando il rigonfiamento
delle fibre, sia il grado di liscio superficiale.Ha una viscosità
idonea con il dosaggio e garantisce l’assenza di depositi di
natura polimerica. Il range di impiego può variare da 1,5% a
3,5% a seconda del grado di morbidezza richiesto. Il Versoft è
compatibile con profumi, lozioni ed essenze; tuttavia è
consigliato fare delle analisi preliminari di compatibilità.
4.6 Ammorbidenti al Silicone
La loro performance è aumentata dalla presenza di gruppi
laterali amminofunzionali che provvedono alla distribuzione
del silicone sulla superficie delle fibre.
Sono prodotti in solubili in acqua ecco che si adoperano in
soluzione acquosa. Un buon ammorbidente al silicone è
ritenuto un ammorbidente con una buona repellenza all’acqua.
Scegliendo il tipo giusto di silicone ammoni-funzionale
modificato si provvede ad una combinazione di ottima
sofficità e reidratabilità.Questi gruppi possono provocare
ingiallimento fenomeno che si verifica alle alte temperature.
Le caratteristiche del prodotto finale dipendono dal polimero
al silicone. Unico problema è che i classici gruppi amminofunzionali sono sensibili al calore.
5° CAPITOLO: METODI DI VALUTAZIONE DELLA
MORBIDEZZA
5.1 Metodo- Handle - O – Meter
L’apparecchio consiste di due piastre orizzontali, affacciate in
modo che tra essi vi sia una fessura ad orli paralleli lunga
23cm e di larghezza regolabile a 5,10,20 oppure 6,35mm;
quest’ultimo valore è la larghezza prescritta dal TAPPI
Standard T498. Sopra la fessura di trova una lama subverticale di alluminio, lunga quanto la fessura, ripiegata in
fondo in modo da formare un orlo semicilindrico con raggio di
1 mm. Questa lama è fissata ad un’estremità di un braccio suborizzontale. Il braccio si muove limitatamente, con moto
oscillatorio in direzione verticale,e quando scende fa entrare
l’orlo della lama entro la fessura, portandolo 8mm sotto il
piano di questa. Contro il braccio è montata una cella di carico
che contrasta la discesa della lama; la cella è collegata
direttamente ad un voltmetro numerico che indica la forza
direttamente in grammi. Le provette hanno le dimensioni di
9x4,5 pollici; si devono preparare quattro serie di provette, una
per ogni direzione principale e per ogni lato della carta.Per
l’esecuzione della prova si poggia una provetta sul piano
dell’apparecchio, con il lato lungo parallelo alla fessura e ben
centrata rispetto a questa e si mette in moto l’apparecchio. La
lama si abbassa e spinge la provetta nella fessura , raggiunge il
massimo valore quando si ferma per invertire il suo
moto.Questo massimo rappresenta il valore della prova. Si
dice che la prova è stata fatta nella direzione di macchina
quando la lama è perpendicolare a tale direzione, cioè
orientata nella direzione trasversale.Se si prova carta igienica,
l’altezza del rotolo non è sufficiente per la prova nella
direzione di macchina; si mettono in questo caso due foglietti
singoli l’uno accanto all’altro sulla fessura, in modo che
l’ampiezza sia quella richiesta di 9 pollici.
5.2 Metodo della Mano : Test Comparativo su Due
Campioni secondo la Iso 5495
La norma International Standard ISO 5495 specifica una
tecnica di riconoscimento delle differenze a livello
delle
proprietà organolettiche di 2 prodotti. E’ necessario sapere, fin
dall’inizio, se il test è “one-sided test” ( una direzione è di
particolare interesse) oppure “ two-sided test” ( entrambe le
direzioni sono di uguale interesse).Ci sono delle condizioni
generali del test che costituiscono oggetto di una futura Norma
Internazionale, tra cui le condizioni della stanza nella quale
vengono eseguiti i test e le condizioni che i valutatori devono
soddisfare.Per la validità statistica del test il minimo numero
dei valutatori deve essere:
• “directional test”: 7 esperti o 20 valutatori
qualificati
• “tests of preference”: 30 valutatori non
addestrati
• “training assessors”: numero variabile di
valutatori in base al test.
Sarebbe auspicabile tenere una discussione tra i valutatori ed il
supervisore della prova, riguardo al problema dei campioni:
facendo in modo che la discussione non influenzi i futuri
giudizi; generalmente però è raccomandabile introdurre
campioni di confronto. Ecco che, la miglior valutazione della
sofficità è quella fatta dall’esperto con la mano, spiegazzando
un foglio di carta. Perciò sono stati adoperati diversi metodi
per misurare la sofficità e molte correlazioni con altre
proprietà fisiche sono state analizzate, ma la correlazione con
le percezioni del consumatore eludono ancora la
quantificazione. Una soluzione per le varie cartiere potrebbe
essere quella di mettere su un pannello un sistema interno di
analisi della sofficità del prodotto in modo da determinare
quanta sofficità è richiesta ( sofficità al tatto o bulk). Le
cartiere possono poi trasmettere i risultati del pannello ai loro
clienti per valutarli e paragonarli prima della decisione finale,
così quello che si produrrà avrà le caratteristiche richieste. Gli
esempi selezionati forniranno gli standard per i futuri prodotti.
Questi esempi dovranno essere tenuti in un luogo idoneo in
modo da poter mantenere nel tempo la stessa sofficità.
6° CAPITOLO: RESISTENZA ALLA TRAZIONE
La resistenza alla trazione della carta è la resistenza che una
striscia della stessa presenta quando è sollecitata a trazione,
cioè quando alle sue estremità si applica una forza crescente,
orientata parallelamente al lato lungo della striscia e giacente
nel piano di questa. La forza agente sulla striscia è uno sforzo
normale, poiché essa è applicata normalmente alla sezione
trasversale della striscia. Questa a sua volta di deforma,
aumentando la propria lunghezza, fino al momento in cui
avviene la rottura.
RESISTENZA LONGITUDINALE si intende quella misurata
nel senso di macchina
RESISTENZA TRASVERSALE invece quella letta in
direzione perpendicolare alla prima.
Inizialmente la carta ha un comportamento elastico, infatti se
applichiamo un carico e poi lo rimuoviamo il provino
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riacquista la sua lunghezza iniziale. Se oltrepassiamo però, il
limite di elasticità, in funzione del tipo di carta, si passa nel
campo plastico, zona in cui, anche se il carico viene rimosso,
nella carta rimarrà un allungamento permanente e quindi la
striscia perde la proprietà di riassumere la lunghezza iniziale.
Il comportamento plastico della carta è dimostrato dal fatto
che se si applica ad una striscia un carico costante, maggiore
del limite di elasticità e minore del carico di rottura, essa
continua ad allungarsi, fino a quando non avviene una rottura.
Questa è a cosiddetta DEFORMAZIONE VISCOSA o
PRIMARY CREEP. Se prima che avvenga la rottura si
elimina il carico, la striscia tende a riprendere la forma
originale, ma parte della deformazione non è più recuperata e
rimane come deformazione permanente. Se inversamente si
applica alla striscia un certo carico, sempre minore di quello di
rottura, e si mantiene costante la deformazione subita dalla
carta, si nota che lo sforzo a cui è sottoposta diminuisce
progressivamente. Questo fenomeno prende il nome di
RILASSAMENTO o SECONDARY CREEP. Molto
importante è la velocità con cui viene applicato il carico. Se il
carico è applicato rapidamente, il comportamento elastico è
più pronunziato, mentre una carta che si deformi lentamente
presenta uno scorrimento marcato. Questa differenza di
comportamento elastico-plastico è dovuta al fatto che in
campo elastico la deformazione è completamente recuperata
(ogni ciclo ritrova il provino nelle sue condizioni iniziali),
cosa che invece non accade nel campo plastico (in ogni ciclo
infatti il provino mantiene parte dell’allungamento della
sollecitazione precedente). Fino a quando la deformazione
subita dalla striscia è modesta, i legami interfibra rimangono
integri, anche se sono messi sotto tensione, e il contesto
fibroso si comporta come una molla, che al cessare dello
sforzo riacquista la sua forma primitiva. Se invece la
deformazione aumenta, alcuni legami interfibra sono
sottoposti ad una tensione troppo forte e saltano, e così si
rompono alcune fibre.
La rottura dei legami interfibra è dimostrata dal fatto che la
fibra, mano a mano che si deforma, diventa più opaca, perché
diminuisce il numero dei punti di contatto ottico all’interno del
foglio, quindi aumenta il coefficiente di assorbimento di
questo. Per questo motivo la raffinazione della cellulosa fa
aumentare fortemente la resistenza alla trazione della carta,
perché la raffinazione aumenta i legami interfibra presenti nel
foglio, ma danneggia a resistenza delle fibre in sé.
Per questo motivo un giusto grado di raffinazione, che non
indebolisca eccessivamente le fibre e che aumenti
notevolmente la superficie esterna di queste ultime, per
aumentarne il numero dei legami chimici, aumenta la
resistenza totale della carta.
7° CAPITOLO: METODI DI VALUTAZIONE DELLA
RESISTENZA ALLA LACERAZIONE
La lacerazione della carta può essere effettuata in due modi
diversi, secondo che si agisca su un foglio avente l’orlo
integro oppure in corrispondenza di un taglio già esistente
sull’orlo del foglio. Nel primo caso si parla di resistenza alla
lacerazione iniziale, nel secondo di resistenza interna. In linea
di principio può essere misurata con il dinamometro. Si
preferisce misurare la resistenza con il lacerometro, dato che
con l’altro strumento occorre un valore di fondo scala troppo
basso e ciò comporta una lettura imprecisa. Compito del
lacerometro è quello di misurare il lavoro speso per lacerare la
carta lungo una data distanza.
7.1 Lacerometro di Elmendorf
L’esecuzione della prova avviene in questo modo: si sposta
completamente il pendolo a sinistra, in modo che sia trattenuto
dal fermo, quindi si colloca tra i morsetti la provetta costituita
da un certo numero di foglietti rettangolari. Si taglia l’orlo
inferiore della provetta con il coltello, poi facciamo partire il
pendolo che andando verso destra lacera la restante parte della
provetta ed esegue un lavoro pari alla differenza fra l’energia
potenziale del pendolo all’inizio e alla fine dell’oscillazione. Il
moto del pendolo viene quindi frenato e quando raggiunge il
punto morto verso destra, l’angolo con la verticale è tanto
minore quanto maggiore è l’energia consumata per lacerare la
carta. Durante il lavoro del pendolo l’indice è trattenuto dal
suo arresto e misura il lavoro di lacerazione.
Consiste nel misurare il lavoro speso per lacerare ,lungo una
distanza determinata, una mazzetta costituita da alcuni foglietti
di carta al cui orlo è stato applicato un taglio iniziale.
8° CAPITOLO: CONCLUSIONI
A seguito del tirocinio effettuato presso la ditta Tissunion e
l’analisi dei parametri che influiscono e modificano il prodotto
finito, posso concludere che CARTIERA – CARTOTECNICA
sono un binomio inscindibile così come lo sono
MORBIDEZZA – RESISTENZA di un prodotto. Infatti come
illustrato brevemente nei paragrafi precedenti, il prodotto che
si origina dalla cartiera è la materia di partenza per la
trasformazione. E’ quindi risultato evidente che non può
esistere il converting senza la cartiera e viceversa. Lo stesso
vale per le caratteristiche di resistenza e morbidezza del
prodotto.
Per quanto concerne la morbidezza, prerequisito fondamentale
dei fazzoletti, è stato difficile trovare un metodo
standardizzabile dato che si tratta di una caratteristica
sensoriale. La miglior valutazione è quella fatta dall’esperto
con la mano, perché tutti percepiamo la morbidezza, la
sofficità di una carta, ma risulta difficile rappresentarla con un
numero. Questa è la direzione intrapresa in Tissunion e in
quasi tutte le cartiere e cartotecniche del Distretto cartario
Lucchese. Ho fatto diversi campionamenti partendo da diverse
tipologie di materia prima di più o meno buona qualità, ma è
risultato evidente che per ottenere un prodotto morbido e che
rispetti tutti i requisiti richiesti dal cliente, è necessario partire
da una materia prima di buona qualità e trattarla in fase di
trasformazione finale il meno possibile, in modo da non
generare l’effetto contrario. La realtà aziendale mi ha
dimostrato che in fase di converting il prodotto deve avere il
più possibile i requisiti richiesti dal consumatore e quindi
operare solo la trasformazione magari aggiungendo
l’ammorbidente, il cui unico scopo, deve essere quello di
esaltare le qualità che il prodotto aveva già in origine. Questo
perché, i trattamenti meccanici cui viene sottoposta la carta,
come lisciatura e calandratura possono migliorare
notevolmente la superficie senza riuscire ad eliminarne
completamente le irregolarità. Quindi in Tissunion non sono
mai state e saranno compiute implementazioni meccaniche o
installazioni di calandre per migliorare la morbidezza del
foglio, perché tutte queste innovazioni comportano un senso di
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liscio superficiale, ma non la pannosità e morbidezza richiesta
dal consumatore; quindi è meglio partire da un prodotto buono
e cercare di non stressarlo in fase di allestimento finale. Su
quest’ottica lavora Tissunion Europ Surl.
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