538-550 Signorino

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538-550 Signorino
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Forum
AS 07-08 [2005] 538-550
Guido Signorino *
Il ponte sullo Stretto:
no e perché
Il progetto per la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina occupa un posto di primo piano nella politica di realizzazione di grandi infrastrutture dell’attuale Governo, ma
continua anche a suscitare polemiche tra sostenitori e avversari dell’opera. In prossimità di scadenze che potrebbero portare all’inizio dei lavori e nella convinzione che un adeguato
dibattito debba accompagnare le scelte collettive di maggiore importanza in merito alla destinazione delle risorse
comuni e alla gestione del territorio, Aggiornamenti Sociali
offre ai propri lettori due contributi sul tema. Il primo
approfondisce le argomentazioni contro la costruzione del
ponte, indicando le principali debolezze dell’attuale progetto. Vi farà immediato seguito (pp. 551-562) un articolo
di presentazione delle ragioni a favore.
L
a realizzazione delle opere pubbliche è un
importante strumento di politica economica
e sociale: serve a migliorare le condizioni di
competitività dei sistemi produttivi, oppure ad avviare processi di crescita del
reddito in periodi nei quali l’attività produttiva è stagnante. Nei Paesi, come l’Italia, caratterizzati da un elevato grado di «dualismo» territoriale — ossia da un
forte squilibrio tra Regioni più e meno avanzate —, può servire anche a riequilibrare i divari interregionali, generando incrementi di produttività e riduzione dei costi che — nel medio-lungo periodo — stimolino le forze di mercato,
attivando virtuosi processi di sviluppo locale. Gli investimenti nel settore dei
trasporti realizzano convenienze sotto il profilo dei tempi di percorrenza e dei
costi totali di trasporto, «avvicinando» Regioni e Paesi, velocizzando gli
scambi, consentendo al prodotto locale di raggiungere mercati più distanti a
parità di costo o di ridurre il costo complessivo del prodotto a parità di distanza.
* Professore ordinario di Economia regionale nell’Università di Messina.
Il ponte sullo Stretto: no e perché
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La costruzione del ponte sullo Stretto di Messina (cfr cronologia alle pp.
552-553) potrebbe a buon diritto rientrare nel novero delle opere «strategiche», importanti per l’ammodernamento e la competitività del sistema produttivo meridionale, e siciliano in particolare, al fine di attivare processi di crescita del reddito e favorire lo sviluppo economico di un contesto territoriale
depresso, quale è l’area dello Stretto. Sfortunatamente, una attenta analisi dell’opera spinge a concludere che non è così: il ponte non porterebbe sviluppo
alle due Regioni più povere d’Italia (Calabria e Sicilia), recherebbe danni
ingenti a un territorio che rappresenta una risorsa da valorizzare in maniera
differente, imporrebbe costi non compensati a una comunità di importanti
dimensioni (circa mezzo milione di abitanti, nei soli tre Comuni dell’area: Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni), finirebbe col rappresentare un
freno per lo sviluppo di un moderno ed efficiente sistema di trasporti di lunga
percorrenza o, in alternativa, un peso per le finanze pubbliche.
Questo studio si propone innanzi tutto di spiegare le ragioni di una posizione così fortemente contraria alla realizzazione dell’opera e poi di argomentare che, in alternativa al ponte, altri investimenti dovrebbero essere attivati
nell’area dello Stretto di Messina, al fine di garantire risultati certamente superiori in termini di competitività del sistema siciliano dei trasporti e di sviluppo
del territorio. Molte sono le ragioni tecniche che rendono a nostro giudizio
antieconomica la realizzazione del ponte: l’inquadramento analitico dell’opera
non tiene conto degli sviluppi più recenti dell’economia dei trasporti e delle
priorità fissate dall’UE; le previsioni dei flussi di attraversamento dello Stretto,
base per le stime dei passaggi sul ponte, sono inaffidabili e vanno in controtendenza rispetto all’andamento degli ultimi 10-15 anni; per questa ragione, il
flusso di passaggi non consentirà di recuperare i costi dell’investimento e le
spese di gestione. Inoltre, il costo monetario dell’investimento è sottostimato e,
di conseguenza, il piano finanziario è insufficiente, con il rischio che l’opera,
una volta avviata, non trovi risorse sufficienti per essere completata; si ravvisano, infatti, vari motivi di sovrastima dei benefici e di sottovalutazione dei
costi economici e sociali dell’investimento. Ancora, il costo sociale per le
comunità locali non è sufficientemente considerato, in termini di vivibilità dei
contesti urbani nelle fasi di cantiere (presumibilmente molto più lunghe di
quanto ipotizzato) e di rischio geologico nel lungo periodo (a cantieri chiusi).
1. Un inquadramento analitico eccessivamente limitato
Il ponte sullo Stretto di Messina — si dice — costituisce l’anello mancante nel collegamento territoriale Palermo-Berlino: la sua realizzazione
costruisce il segmento che dà continuità al sistema dei trasporti tra Sicilia ed
Europa, la chiave di volta dell’architettura di una complessa rete. Per conseguenza, ci si dovrebbe attendere che lo «scenario di progettazione» del ponte
consista in una approfondita analisi di questa complessa rete di modi e mezzi
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di trasporto. Solo così, considerando anche le vie marittima e aerea alternative
al ponte, potrà essere prevista in modo affidabile la domanda futura di attraversamento del ponte.
Strano a dirsi, ma le cose non stanno così. Il sistema territoriale di riferimento dell’analisi del ponte dal punto di vista dei trasporti 1 è limitato alla
valutazione dei segmenti stradale e ferroviario che da Catania e da Palermo
incanalano verso Messina veicoli pesanti, mezzi leggeri e treni, come se tutto il
traffico Sicilia-Italia non possa che passare per lo Stretto. Poco o nulla si dice
circa gli sviluppi in atto del sistema portuale siciliano e del trasporto aereo.
Ciò costituisce un limite grave: soprattutto sulle lunghe distanze il trasporto
viene realizzato sempre meno in termini di «monomodalità» e sempre più attivando la «intermodalità», ossia utilizzando in un unico atto di trasporto una
pluralità di mezzi differenti, secondo opportune sequenzialità. Per trasportare
merci da Palermo a Berlino è sempre meno conveniente utilizzare un unico
mezzo (camion, treno) ed è invece più vantaggioso — e lo sarà ancor più in
futuro — utilizzare l’intermodalità nave-gomma o nave-treno o il trasporto
aereo.
Inoltre, non inquadrare il ponte nel contesto dello sviluppo dei trasporti
europei fa perdere di vista una importante contraddizione tra l’infrastruttura e le priorità strategiche del sistema europeo di trasporti. Dopo aver
notato che lo sviluppo del trasporto su strada è stato eccessivo in Europa negli
ultimi 20-25 anni, con i conseguenti problemi di sostenibilità ambientale e di
congestione della rete stradale continentale, il Libro Bianco della Commissione
europea sui trasporti pone l’obiettivo strategico della riduzione del traffico su
gomma e indica come obiettivo di periodo medio-breve lo sviluppo del cabotaggio e come progetto di lungo periodo lo sviluppo della modalità ferroviaria 2.
Il ponte va decisamente nella logica opposta: promuove il trasporto ferroviario
(«beneficiario privilegiato» dell’infrastruttura), ma incoraggia anche il trasporto stradale. Inoltre, la sua sostenibilità finanziaria necessita di una crescente domanda di attraversamento di automezzi: se non si dovessero realizzare i flussi di transiti veicolari previsti nel progetto, il ponte non potrebbe
sopravvivere economicamente.
2. L’inaffidabilità delle previsioni di traffico
Proprio le previsioni sul traffico costituiscono il motivo più rilevante di perplessità circa l’utilità e la sostenibilità (economica) dell’opera. Le cifre del progetto sono basate su stime del futuro livello di domanda di attraversamento,
1 Cfr STRETTO DI MESSINA SPA, Ponte sullo Stretto di Messina - Progetto preliminare - Aggiornamento progetto di massima 1992, parte 3, sezione B, Messina 2002, 3 s.
2 Cfr COMMISSIONE EUROPEA, Libro Bianco - La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte, Ufficio delle Pubblicazioni Ufficiali delle Comunità Europee, Lussemburgo 2001.
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che, correttamente, risultano elaborate 3 in base alla somma di due componenti: il traffico «di base» e quello «indotto». Il primo è costituito da una parte
rilevante del traffico che usualmente attraversa lo Stretto: si ipotizza che una
quota compresa tra il 65% e il 92% di tale flusso utilizzerà il ponte, mentre per
il trasporto-merci questa quota sarà compresa tra l’80% e il 93%. La seconda
componente di domanda sarà costituita dal flusso di passeggeri «indotti»
all’uso del ponte dalla facilitazione di trasporto (riduzione dei tempi) da esso
determinata. Secondo le stime del progetto, il traffico «indotto» sarà inizialmente pari al 15% del traffico «di base».
Il problema è la sopravvalutazione del traffico «di base». Viene infatti
previsto 4 che tra il 2000 (anno in cui sono state effettuate le stime) e il 2012
(primo anno di attivazione del ponte) la domanda di attraversamento dello
Stretto debba crescere con un ritmo particolarmente sostenuto, compreso tra
l’1,8% e il 4,5% annuo. Questa previsione non tiene in alcun conto la tendenza
storica che, ormai dall’inizio degli anni ’90, vede una continua riduzione del
flusso di attraversamento: pur in un contesto nazionale di crescita generalizzata della domanda di trasporto, i passaggi sullo Stretto di Messina sono calati
nel periodo 1991-1999 del 6% per i mezzi pesanti, dell’8% per le autovetture,
del 43% per i carri ferroviari 5. I dati del traghettamento privato per il periodo
2000-2003 confermano questa tendenza: i passaggi di auto si sono ridotti del
19% nel triennio, quelli di camion dell’8% 6. Il vantaggio dell’intermodalità
nave-gomma nei trasporti di lunga percorrenza non è una ipotesi teorica, ma la
tendenza in atto del sistema dei trasporti, sostenuta dall’evoluzione delle tecnologie navali e dallo sviluppo delle «autostrade del mare» 7. La riduzione
delle corse trasversali (cioè da sponda a sponda) 8 sullo Stretto fa vacillare uno
dei presupposti di utilità sociale della realizzazione del ponte: l’idea che tali
corse possano aumentare esponenzialmente, rendendo a lungo termine pericolosi i transiti longitudinali (cioè tra il Tirreno e lo Ionio o viceversa) 9.
Tutto ciò significa che il traffico «di base» al momento dell’attivazione del
ponte sarà di gran lunga inferiore a quanto previsto e, di conseguenza, saranno
inferiori tutti gli incrementi successivi, anche nell’ipotesi che siano corretti i
tassi di crescita indicati nel progetto. Per questa ragione i passaggi sul ponte
non potranno generare il flusso finanziario previsto per raggiungere l’equilibrio tra uscite ed entrate.
3
Cfr STRETTO DI MESSINA SPA, Ponte sullo Stretto di Messina, cit., 5-11.
Cfr ivi, 12-54.
5 MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE, ADVISOR «COLLEGAMENTI SICILIA-CONTINENTE», Rapporto Finale - Executive Summary, Roma 2001, 24.
6 Dati diffusi dalla società di traghettamento privato Caronte&Tourist.
7 Ci si riferisce al c. d. short sea shipping: collegamenti navali di media distanza per il trasporto «ro-ro»
(roll on-roll off, ossia carico e scarico di autoveicoli su appositi mezzi di trasporto navale). Ad esempio, di recente è stata attivata una linea navale tra Messina e Salerno.
8 Nel periodo 2000-2003 le corse del maggior gruppo privato attivo sulla tratta Messina-Villa San Giovanni si sono ridotte di circa 10.000 unità, pari al 6,1% sul periodo (dati Caronte&Tourist).
9 Cfr STRETTO DI MESSINA SPA, Ponte sullo Stretto di Messina, cit., 3.
4
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Inoltre risulta eccessiva la percentuale stimata di mezzi e passeggeri
«indotti» dal ponte. Giungere da Messina al centro di Reggio Calabria col
ponte vorrà dire pagare un pedaggio e percorrere circa 40 chilometri stradali,
mentre i mezzi navali rapidi consentono di colmare la stessa distanza in
appena 15 minuti. Anche i pendolari, che rappresentano attualmente il 40%
dei passeggeri che attraversano lo Stretto, non utilizzeranno in modo significativo il ponte: una inchiesta della cattedra di Economia regionale dell’Università di Messina, tuttora in fase di completamento, ha rilevato che su 100 attuali
«attraversatori» dello Stretto, solamente 35 si dichiarano interessati a utilizzare il ponte in futuro.
3. Le conseguenze economiche e finanziarie
Nel complesso, quindi, le previsioni sul futuro utilizzo del ponte appaiono
inaffidabili e sovradimensionate. Non a caso, quando, nel 2001, il Ministero
delle Infrastrutture avviò audizioni con imprese, banche, istituzioni finanziarie
internazionali per ascoltare pareri sulla fattibilità del ponte, emerse in modo
chiaro l’indicazione dell’esistenza di un elevatissimo rischio «sistemico» 10.
Gli interessati infatti dichiaravano che il ridotto bacino d’utenza avrebbe generato una domanda insufficiente alla sua sopravvivenza finanziaria. Per questa
ragione vennero chieste «garanzie» per la sostenibilità economica della
gestione dell’opera; tra queste, che venisse «mitigato» lo sviluppo delle «autostrade del mare» e/o ridotto il traghettamento da sponda a sponda. In pratica,
la prospettiva di sopravvivenza finanziaria del ponte è legata al fatto che
esso divenga un passaggio «forzato» da/verso la Sicilia. Ma ciò rappresenterebbe un costo aggiuntivo per l’economia dell’isola e non un ammodernamento a vantaggio del suo sistema produttivo.
Insomma, poiché la portata territoriale del ponte è di fatto limitata all’interscambio tra la Sicilia e le Regioni meridionali del Paese, le previsioni di
traffico avanzate dalla Stretto di Messina SpA appaiono eccessivamente
ottimistiche, la stima dei ricavi annui previsti con la riscossione dei pedaggi
non è credibile e l’impianto della gestione finanziaria dell’infrastruttura non è
affidabile. Non a caso il CIPE (Comitato Interministeriale per la Programma10 Si legge nella relazione finale del gruppo di lavoro: «La maggioranza dei soggetti partecipanti alle audizioni ha messo in rilievo che il rischio di traffico rappresenta il principale elemento di criticità del progetto.
[...] Il rischio di traffico è percepito in generale dal mercato come un rischio di sistema, essendo collegato allo sviluppo economico del Mezzogiorno». Cfr MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE, DIREZIONE GENERALE DEL COORDINAMENTO TERRITORIALE, Collegamento Stabile tra Sicilia e Continente - Relazione del gruppo di lavoro costituito
con D.M. 23 maggio 2001, n. 200/Segr. Dicoter a conclusione delle audizioni formali dei soggetti finanziatori,
ottobre 2001, in <www.governo.it>. Alle audizioni avevano preso parte: Banca OPI (gruppo San Paolo-IMI, capofila di una cordata internazionale), ABN AMRO Bank, Banca Intesa-BCI (capofila di una cordata nazionale), COFIRI, BEI, Deutsche Bank, Bankgesellschaft Berlin AG, CINTRA-Concesiones de Infraestructuras de Transporte,
Vinci Concessions, Salini Costruttori, Società Italiana Condotte d’Acqua-Eiffage, Infrastructure Capital Partners Ltd. Interessante notare che il gruppo Vinci ha annunciato il proprio ritiro dalla cordata Impregilo nella partecipazione alla gara per l’affidamento del ruolo di general contractor in scadenza lo scorso 25 maggio (dopo proroga).
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La Stretto di Messina SpA
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I principali dati relativi
alla Stretto di Messina SpA.
Ai sensi della L. 17 dicembre 1971, n. 1158, Collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia ed il continente, modificata dal D.Lgs. 24 aprile 2003, n. 114,
Modifiche ed integrazioni alla L. 17 dicembre 1971, n.
1158, relativa alla realizzazione dell’attraversamento
stabile dello Stretto di Messina, a norma dell’articolo
14 della L. 1° agosto 2002, n. 166, la Stretto di Messina SpA è la società concessionaria per la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento stabile
tra la Sicilia e il continente. Lo stesso decreto ha inoltre confermato la società quale organismo di diritto
pubblico, che comporta tra l’altro l’obbligo di affidare
attraverso gare di appalto a evidenza pubblica tutte le
attività inerenti alla costruzione e in futuro alla gestione del ponte.
Gli azionisti della Stretto di Messina SpA sono Fintecna (società interamente controllata dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze, avviata nel 1993 per la
razionalizzazione delle attività di costruzione, ingegneria civile e impiantistica facenti capo all’IRI), ANAS, RFI
– Rete Ferroviaria Italiana (società del gruppo FS), Regione Calabria e Regione Siciliana.
Per maggiori informazioni, cfr il sito della società
<www.strettodimessina.it>.
FONTE: <www.strettodimessina.it>.
zione Economica) sottolineava la necessità di realizzare un attento monitoraggio della domanda di attraversamento dello Stretto di Messina prima di giungere alla progettazione esecutiva 11.
È appena il caso di ricordare che lo stato pre-fallimentare di Eurotunnel
— la società che gestisce il tunnel ferroviario sottomarino che collega Francia
e Inghilterra —, con un debito obbligazionario di 90 miliardi di euro, buona
parte in scadenza nel 2006, è dovuto proprio a reiterati errori di previsione sui
passaggi. La differenza tra il dissesto di Eurotunnel e il disastro annunciato del
ponte è che l’insufficienza di traffico sul primo non poteva essere prevista: al
momento della progettazione e dell’avvio della galleria non era prevedibile il
fenomeno delle compagnie aeree low cost 12; al contrario, la modalità tecnica
di concorrenza al ponte — le già menzionate «autostrade del mare» — è già
attiva e ha già causato la riduzione della domanda di attraversamento dello
Stretto. Nel primo caso operatori privati hanno assunto un «normale» rischio
d’impresa dovendo poi fronteggiare un imprevedibile cambio di scenario; nel
11 Cfr CIPE, Delibera 1° agosto 2003, n. 66, Primo programma delle opere strategiche - Legge n.
443/2001 - Ponte sullo Stretto di Messina, in <www.cipecomitato.it>.
12 A riguardo, cfr RUGGERI G., «Le compagnie aeree low cost», in Aggiornamenti Sociali, 2 (2004) 147-149.
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secondo una società sostanzialmente pubblica, la Stretto di Messina SpA, si
indebiterà per finanziare un’opera che già riceve dal mercato ampi segnali
della sua insostenibilità finanziaria. Dall’assunzione del rischio si passa alla
«copertura» dell’incertezza, con lo spettro dello sperpero di denaro pubblico.
4. La sottostima dei costi
Gli elementi critici nel piano finanziario non si limitano a una sovrastima
dei ricavi da riscossione dei pedaggi, ma riguardano anche la sottostima dei
costi di investimento. Questi sono valutati in 4,6 miliardi di euro, portati a 6
per tener conto dell’inflazione. Vi sono almeno quatto motivi di sottostima in
questo valore.
Il primo è legato all’evoluzione del costo dell’acciaio sul mercato mondiale. Il ponte sarà sostanzialmente costruito in acciaio e il suo costo è per
l’80% determinato dal prezzo dei lavorati in acciaio. Dal 2002, quando fu rivista la valutazione dell’investimento, il prezzo dell’acciaio sui mercati mondiali
è più che raddoppiato. Con gli attuali valori potrebbe già esserci, per il ponte,
un «buco» finanziario compreso tra 0,5 e 1,5 miliardi di euro. Si badi, tra l’altro, che il rincaro dell’acciaio non è transitorio, ma è dovuto all’impetuosa crescita della domanda mondiale trainata dallo sviluppo di economie quali la
Cina, l’India, il Brasile. Il costo dell’acciaio, almeno per i prossimi dieci anni,
è destinato a salire ancora o — nella migliore delle ipotesi — a stabilizzarsi
agli attuali livelli, senza dubbio non a scendere 13.
Una seconda fonte di sottovalutazione dei costi è dovuta alla stima della
durata dei lavori e al relativo costo della manodopera. Il progetto preliminare prevede che l’opera venga completata nel tempo record di 6 anni e 6
mesi. Questa valutazione non sembra poggiare su basi valide. Non vi è alcun
precedente storico che possa giustificarla, né tra i cantieri nazionali, né tra le
opere internazionali. Alcune elaborazioni sulla produttività dei cantieri per la
costruzione delle linee ferroviarie ad alta velocità indicano che opere di valore
simile a quello del ponte potrebbero essere «prodotte» in un tempo di circa 30
anni. Se ci riferiamo alla produttività del lavoro di questi cantieri, la stima
scende a 8,3 anni. Una media tra i due valori conduce a una previsione di
durata dei lavori di circa 20 anni. Anche il riferimento all’opera definita più
simile al ponte sullo Stretto — il raccordo dell’arcipelago danese dello Store
Baelt, costituito da una decina di chilometri fra tunnel, strade, viadotti —
13 Secondo le rilevazioni della MEPS (International) Ltd., tra le più accreditate compagnie di analisi indipendenti del mercato mondiale dell’acciaio, il prezzo dell’acciaio (media ponderata globale) è passato da 360
$/ton nel maggio 2003 a 619 $/ton nell’aprile 2005, dopo esser già sensibilmente cresciuto nel periodo
2002-2003. Il calo registrato nei primi mesi del 2005 è concordemente ritenuto di breve periodo, mentre già
nel corso del 2005 è atteso un ulteriore aumento, destinato a durare nel tempo; cfr World steel prices to rise further before ending the year down (31 marzo), in <www.newmaterials.com/news/2349.asp> e CONSLINE AG, Will steel prices crash? Analysis and Forecast (aprile 2005).
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indica che un’opera dalle dimensioni complessive pari alla metà circa di ciò
che è richiesto dal ponte sullo Stretto ha comportato 10 anni di lavori. Per conseguenza non è credibile che una realizzazione più che doppia e più complessa
— ricordiamo che il ponte più lungo del sistema Store Baelt, lungo meno della
metà del ponte sullo Stretto, è esclusivamente stradale, mentre il nostro
sarebbe anche ferroviario — possa richiedere poco più della metà del tempo.
Sarebbe, anche in questo caso, presumibile una durata di lavori pari a circa 20
anni. Infine, se utilizziamo i dati dell’advisor (raggruppamento internazionale
di imprese incaricato nel 2001 dal Governo di elaborare una valutazione della
fattibilità del ponte), otteniamo una previsione pari a circa 10 anni di lavori 14.
Naturalmente se il tempo di costruzione del ponte dovesse essere doppio o
triplo rispetto al previsto, i costi della manodopera, l’impatto dell’inflazione e
tutti i costi di gestione dei cantieri sarebbero esponenzialmente incrementati.
Ecco che alla stima del costo del ponte e al piano finanziario di indebitamento,
con i relativi oneri nella fase di gestione dell’opera, finisce col mancare potenzialmente qualche altro miliardo di euro.
Ancora, va sottolineato il fatto che il CIPE, nella delibera di approvazione
del 1° agosto 2003 15, ha imposto al progetto preliminare un numero rilevante
di prescrizioni, osservazioni, raccomandazioni, miranti a migliorarlo sotto il
profilo sia della sicurezza sia — soprattutto — dell’impatto sociale sulla vivibilità dei centri abitati nelle fasi di cantiere. In risposta a tali prescrizioni, la
Stretto di Messina SpA ha rivisto il progetto introducendovi possibili varianti
che potranno o meno essere accolte dal general contractor (l’impresa o il raggruppamento di imprese che si aggiudicherà la commessa per la costruzione del
ponte e dovrà coordinare tutti i lavori), il quale comunque non potrà non adeguarsi alle prescrizioni del CIPE. Ciascuna di queste varianti (ad esempio, la
realizzazione dei tunnel ferroviari nei centri urbani non con scavi a cielo aperto,
ma con trivellazione, oppure l’utilizzo di modalità alternative ai camion per il
trasporto del materiale di risulta e dei materiali di cava) impone costi alla realizzazione dell’opera che vanno aggiunti al piano finanziario.
Infine, appare poco realistica la cifra destinata alla voce «espropri e
acquisizioni», che ammonta a 65 milioni di euro. La somma potrebbe apparire
rilevante, ma in realtà, divisa per un valore medio degli immobili da espropriare di 200.000 euro — i lavori interessano aree con stabili di pregio per
prima e/o seconda residenzialità —, consente di realizzare appena 325 espropri. Troppo pochi quando si considerano le dimensioni dei cantieri (misurabili
14 Cfr MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE, ADVISOR «COLLEGAMENTI SICILIA-CONTINENTE», Rapporto Finale - Executive Summary, cit.
15 Cfr CIPE, Delibera 1° agosto 2003, n. 66, cit. In particolare la delibera impone 27 prescrizioni relative
a 15 differenti punti della progettazione, indica 9 raccomandazioni su 8 punti della progettazione e impone 11 prescrizioni e raccomandazioni aggiuntive in relazione alle «misure mitigatrici e compensatrici dell’impatto ambientale, territoriale e sociale» dell’opera.
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in centinaia di campi di calcio giustapposti) e l’estensione delle tratte di raccordo stradale e ferroviario (circa 40 chilometri complessivi).
È dunque improbabile che l’opera possa essere finanziata con il piano
previsto. Chi pagherà gli oneri aggiuntivi? Due sono le alternative: un intervento dello Stato nelle spese di investimento, oppure un incremento — non
lontano dal raddoppio — del piano di emissioni di obbligazioni, che trasferirebbe sulla fase di gestione dell’opera un onere imprevisto e probabilmente
eccessivo, come mostra l’esempio di Eurotunnel.
5. Costi e benefici economici del ponte
Oltre alle forti riserve relative alla sostenibilità finanziaria del ponte, si
possono anche sollevare dubbi rilevanti in merito alla valutazione dei costi e
dei benefici economici che l’opera genera per la collettività. Nell’analisi costibenefici vengono infatti stimati gli effetti diretti e indiretti della realizzazione
di un investimento. Nel caso delle infrastrutture di trasporto, ad esempio,
occorre valutare il beneficio sociale del tempo risparmiato e i costi di consumi
e inquinamento dovuti alle percorrenze del traffico aggiuntivo. L’analisi costibenefici costituisce dunque una delicata operazione di «monetizzazione»
dei vantaggi e degli svantaggi complessivi di un’opera, alla cui conclusione
è legato il giudizio relativo alla sua fattibilità economica.
Ora, nel caso del progetto preliminare per il ponte sullo Stretto, tanto la
stima dei costi quanto quella dei benefici appaiono criticabili. Vediamo
alcuni di questi elementi di criticità del progetto. In relazione ai benefici vengono applicati dei coefficienti particolarmente favorevoli. Ad esempio,
viene indicato che il risparmio dei tempi di attraversamento possa essere superiore a due ore per i treni e pari a circa un’ora per le autovetture. Se si tiene
conto del fatto che l’attraversamento marittimo viene compiuto normalmente in
20 minuti (che possono diventare 40-45, includendo i tempi di attesa, imbarco
e sbarco), appare piuttosto curioso un «risparmio» superiore all’attuale tempo
di percorrenza. Un altro fatto strano: risalendo dai dati del progetto alle percorrenze, risulta che per attraversare il ponte le automobili dovranno percorrere
8,3 km, mentre i camion — più costosi e più inquinanti — avranno una percorrenza pari a circa la metà: 4,2 km.
Il fatto è che l’analisi non confronta — come andrebbe realmente fatto
— il progetto con l’attuale sistema di attraversamento dello Stretto, ma
con uno «scenario alternativo» differente, che prevede che le autovetture, in
alternativa al ponte, possano traghettare a partire dagli attuali approdi in centro città, mentre i camion dovrebbero essere dirottati sui nuovi approdi in zona
Sud. In tal modo l’aggravio di percorso dovuto alla fruizione del ponte è differenziato secondo la tipologia del mezzo (leggero o pesante).
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Vi è un duplice problema con questa impostazione. Il primo (metodologico) consiste nel fatto che il ponte non viene confrontato con lo stato esistente,
ma con una situazione nuova che richiede la realizzazione di ulteriori costose
opere. Così facendo, si evita il raffronto con un assetto che non richiede alcun
investimento aggiuntivo, col risultato «tecnico» di accrescere artificialmente il
valore dei benefici netti del ponte 16. Il secondo punto problematico è che, rifacendo anche approssimativamente il conto degli «aggravi di percorrenza» per
l’attraversamento del ponte, risulta che la stima per i camion è valida solo per
quelli provenienti dalla zona tirrenica (dal versante palermitano, per intenderci), mentre in relazione ai veicoli provenienti dalla direttrice ionica (da
Ragusa-Catania) l’appesantimento di percorrenza sarebbe molto maggiore.
Infine, nel valutare i benefici del «risparmio del tempo» e del «costo delle
percorrenze» sono stati utilizzati dei parametri forse non del tutto propri. Il
«valore del tempo» stimato dal prof. Cappelli dell’Università di Venezia sulla
base di recenti studi 17 è pari a 8 euro l’ora per passeggero (che, considerando
una media di 1,53 passeggeri per automobile, diventa pari a 12 euro l’ora per
autoveicolo). Il progetto adotta un parametro pari a 11,5 euro l’ora per passeggero; se è corretto il valore sopra indicato, vi sarebbe una evidente sovrastima
di questo beneficio sociale. Inoltre, il costo delle percorrenze dei mezzi sia leggeri sia pesanti sembra stimato sulla base di valori piuttosto «vecchi» (risalenti
al 1998 per le automobili e al 1997 per i camion). Una revisione di questi
parametri porterebbe a una riduzione del valore monetario dei «benefici del
tempo» e a un incremento dei costi delle percorrenze, col risultato che il saldo
tra vantaggi e svantaggi economici potrebbe non essere positivo.
6. La sottovalutazione del costo sociale per le comunità locali
Inoltre, appare evidente che la vita delle comunità locali di Messina e
Villa San Giovanni (un totale di oltre 300.000 residenti, senza considerare la
popolazione di Reggio Calabria) verrebbe pesantemente influenzata dai lunghissimi lavori per la costruzione del ponte. Messina, in particolare, verrebbe
coinvolta per la realizzazione di una «direttrice» che, a partire dal centro della
città, dovrebbe creare un sistema di collegamento con lunghezza lineare pari a
14 km di ferrovia e a oltre 10 km di raccordo autostradale, con disagi pesantissimi. Si pensi che appena tre anni e mezzo fa, il 15 novembre 2001, venne
decretato dal Governo lo «stato di emergenza» in relazione al traffico per le
città di Messina, Milano e Venezia, consentendo l’attribuzione ai sindaci di
16 Cfr BRAMBILLA M., Analisi costi-benefici del progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, Convegno nazionale: Legge obiettivo e valutazione dei progetti, Università Cattolica del Sacro Cuore – Politecnico di Milano, 16 settembre 2003.
17 Cfr CAPPELLI A., Trasporti Urbani e Metropolitani, Dispensa per l’anno accademico 2004-2005, cap.
12, 19, in <www.iuav.it>.
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poteri speciali 18 per la gestione di interventi per il decongestionamento delle
città. Sebbene a Messina siano stati avviati i lavori di costruzione di due
approdi in zona Sud per il traffico pesante — gli attuali approdi sono per lo
meno cinque, tutti in prossimità del centro —, nei fatti nulla è cambiato da
allora. È evidente che l’avvio dei lavori di costruzione del ponte peggiorerà sensibilmente la situazione, fino a renderla insostenibile. Il progetto
prevede infatti la soppressione di tratti di viabilità ordinaria in zone centrali e
nevralgiche e, secondo alcune stime della quantità di materiale inerte da trasportare, la circolazione urbana potrebbe essere aggravata dal transito aggiuntivo di oltre 2.000 camion al giorno.
Inoltre, si prevede l’individuazione di sei discariche «temporanee» 19
per accogliere oltre un milione e mezzo di metri cubi di materiale di risulta.
Tali discariche, poste in vallate a monte del tessuto urbano, siti di impluvio per
la canalizzazione delle acque piovane, sono una sorta di «pistola alla tempia»
per la città. L’occupazione di queste vallate con piccole montagne di materiale
aggiunto presenta due gravissimi rischi: il primo è il verificarsi di smottamenti
e frane, con il coinvolgimento delle abitazioni sottostanti; il secondo è che,
qualora si realizzassero opere di contenimento, l’ostruzione delle vie di scorrimento dell’acqua piovana ne modificherebbe il normale deflusso, potendo provocare fenomeni alluvionali in luoghi imprevisti. In ogni caso, il rischio di
dissesto idrogeologico di un territorio fortemente urbanizzato e popolato è
elevatissimo e sarebbe irresponsabile dover arrivare a parlare, ancora una
volta, di «disastro annunciato».
7. Finanziamento privato per il ponte?
Infine — e ancora con riferimento alle considerazioni sui costi e sui benefici economici — occorre approfondire un ulteriore aspetto. Abbiamo sottolineato che il piano finanziario risulta incompleto e carente e che i gruppi
finanziari e imprenditoriali ascoltati dal Ministero delle Infrastrutture nel corso
del 2001 hanno evidenziato che il rischio economico legato alla inaffidabilità
delle previsioni di traffico avrebbe ostacolato il coinvolgimento dei capitali
privati. Poco noto è il fatto che la strategia di abbattimento di tale rischio elaborata dalla Stretto di Messina SpA non ha realizzato gli interventi «strutturali» richiesti (ad esempio, l’estensione del periodo di durata della concessione
per la gestione dell’opera), ma ha invece trasferito a carico del settore pubblico l’intero rischio finanziario del ponte. Il sistema sembra funzionare
18 Cfr DPCM 15 novembre 2001, Dichiarazione dello stato di emergenza nella città di Messina in relazione all’attraversamento da parte di mezzi pesanti. Il sindaco di Messina all’epoca in carica (Salvatore Leonardi, attuale Presidente della Provincia) in realtà «abdicò» in favore del Prefetto.
19 Ossia, da «svuotare» alla conclusione dei lavori, per trasportare i materiali in un sito definitivo della Provincia. Si noti che lo stesso progetto prevede che almeno cinque di queste discariche possano diventare permanenti.
Il ponte sullo Stretto: no e perché
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così 20: poiché in nessun altro modo si troverebbero finanziatori privati, lo
Stato si impegna comunque per il 2041 (scadenza della concessione) a un trasferimento a favore della Stretto di Messina SpA pari alla metà del valore del
ponte (almeno 3 miliardi di euro, ma forse 4,5-5, o ancora di più), garantendo
così la maggior parte dell’indebitamento della società. In altre parole, lo Stato
non finanzia adesso l’opera, ma si riserva di farlo, per un importo non preventivato, in quanto commisurato al 50% di un valore non pienamente definito, tra
30-40 anni. La «copertura» di questo finanziamento pubblico differito
dovrebbe risultare dalla vendita di un nuovo periodo di concessione. Siccome
il rischio denunciato dagli operatori è che i flussi di traffico siano inferiori alle
aspettative, il valore di mercato della concessione potrebbe essere inferiore al
previsto (al limite, potrebbe non manifestarsi interesse alla gestione del ponte,
qualora questa dovesse rivelarsi deficitaria), mantenendo a carico dello Stato il
vero «rischio ponte».
Contrariamente ai ripetuti annunci circa l’assenza di «contributi a fondo
perduto» da parte dello Stato, il sistema di finanziamento prevede di fatto
che l’investimento nell’opera possa essere fino al 90% di provenienza
pubblica: perché il capitale sociale della Stretto di Messina SpA (40% dell’investimento) è totalmente partecipato da soggetti pubblici o a capitale pubblico e perché alla scadenza della concessione una quota fino al 50%
potrebbe essere automaticamente caricata sul bilancio dello Stato. Inoltre, a
dispetto di ogni principio di equità intergenerazionale, pende sui nostri figli la
spada di Damocle di una «finanziaria per il ponte» di dimensioni non ancora
programmate né programmabili.
8. Invece del ponte
Come si vede, dal punto di vista dell’analisi economica — e a prescindere
totalmente da considerazioni ambientali —, gli elementi di rischio, incertezza,
dubbio sulla reale sostenibilità dell’opera sono di portata notevolissima. Tra
l’altro, non si ravvisa nelle procedure alcun impedimento a che i lavori possano aver inizio pur in assenza della copertura finanziaria dell’intera opera. E
ciò vuol dire che il «rischio incompiuta» è straordinariamente elevato.
Inoltre, appena a ridosso della scadenza per la presentazione delle offerte
per l’individuazione del general contractor, si è avuta notizia che delle ori20 Dall’audizione dell’Amministratore Delegato della Stretto di Messina SpA, dott. Ciucci, alla Commissione Lavori Pubblici del Senato (28 gennaio 2003): «Al fine di consentire la finanziabilità sul mercato dell’opera
è stato altresì considerato un meccanismo che prevede la possibilità per la società Stretto di Messina di effettuare nel periodo di gestione un ammortamento dell’opera non inferiore al 50 per cento dell’investimento e
il riconoscimento alla società, al termine del periodo di gestione, di un valore di riscatto pari, al massimo, al
50 per cento dell’investimento stesso. Il valore di riscatto si ridurrebbe, peraltro, per effetto dei migliori risultati di gestione eventualmente registrati rispetto alle previsioni e, soprattutto, troverebbe integrale copertura
mediante l’utilizzo di parte delle risorse che verranno acquisite dallo Stato rimettendo a gara la gestione dell’infrastruttura al termine del periodo della prima concessione (scadenza 2041)».
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Guido Signorino
ginarie cinque domande, solo due sono rimaste in lizza. Si è da ultimo ritirata
la cordata estera guidata da Strabag (Austria), mentre il colosso Vinci (che
aveva partecipato alle audizioni ministeriali del 2001) si sarebbe defilato dalla
cordata Impregilo. La ragione? Stando alle dichiarazioni rese alla stampa 21,
l’inadeguatezza della base d’asta e la eccessiva ristrettezza dei tempi.
L’insieme di questi elementi dovrebbe indurre a un atteggiamento di prudenziale cautela, suggerendo di rinunciare all’opera. Ciò è ancor più vero
quando si considera che è regola aurea da «buon padre di famiglia» agire nell’ottica del c. d. «costo opportunità», in particolare in relazione all’utilizzo di
fondi pubblici o di provenienza pubblica. Quando si prende una decisione di
investimento, si «immobilizzano» le risorse disponibili, rinunciando a investirle in altro modo. Ci sono cioè opportunità alternative a cui si rinuncia in
modo irrevocabile. Quando si tratta di cifre significative e di provenienza prevalentemente pubblica, questa scelta è particolarmente rilevante e va operata
sulla base di una attenta valutazione delle opportunità alternative.
Per riprendere le considerazioni iniziali, l’obiettivo delle grandi infrastrutture di trasporto deve essere quello di «servire» realmente il contesto economico in cui sono realizzate, agendo da «mobilizzatori» di risorse e da moltiplicatori del loro rendimento, anche al fine di accelerare lo sviluppo locale. Il
ponte sullo Stretto di Messina non risponde a questi requisiti e mantiene a
carico del settore pubblico il rischio di un impegno finanziario imprecisato e di
lungo periodo. L’oggetto sociale della Stretto di Messina SpA potrebbe — con
maggior rendimento e senza alcun onere aggiuntivo a carico dello Stato —
essere facilmente modificato e orientato alla realizzazione di un moderno
sistema di infrastrutture di trasporto interno all’area dello Stretto di Messina e tra la Sicilia e il continente europeo, nonché alla valorizzazione delle
risorse naturali, culturali, umane, imprenditoriali, lavorative così abbondantemente presenti nel territorio oggetto di investimento. Insomma, con le stesse
risorse si può fare di meglio e di più, con maggiore rapidità e incisività e senza
rischiare l’«incompiuta», il fallimento o l’aggravio del debito pubblico a danno
delle future generazioni.
21
Cfr SALERNO M. – SANTILLI G., «Ponte, rinvio di un mese», in Il Sole 24 Ore, 16 aprile 2005, 13.