rivista UPPI NAZIONALE n. 01

Transcript

rivista UPPI NAZIONALE n. 01
UPPI
N. 1/2013
nazionale
Spedizione in A.P. - 45% Art. 2, Comma 20/B, Legge 662/96 - Torino - Contiene I.P.
RIVISTA DI INFORMAZIONE A CURA DELL’ASSOCIAZIONE U.P.P.I.
UNIONE PICCOLI PROPRIETARI IMMOBILIARI
WWW.UPPI.IT
UPPI
UPPI
N. 1/2013
nazionale
RIVISTA DI INFORMAZIONE A CURA DELL’ASSOCIAZIONE U.P.P.I.
UNIONE PICCOLI PROPRIETARI IMMOBILIARI
Spedizione in A.P. - 45% Art. 2, Comma 20/B, Legge 662/96 - Torino - Contiene I.P.
nazionale
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RIVISTA DI INFORMAZIONE
A CURA DELL’ASSOCIAZIONE U.P.P.I.
UNIONE PICCOLI PROPRIETARI IMMOBILIARI
Sommario
Editoriale
avv. Gabriele Bruyère.....................................p. 3
Non è più sopportabile
avv. Gabriele Bruyère.....................................p. 4
La capacità contributiva
Andrea Cesarini ............................................. p. 6
La gestione globale del condominio
“Global Service”
Pierluigi D’Angelo...........................................p. 7
Direttore
arch. Marco Ravera
Comitato redazionale
avv. Francesco Liore
arch. Paolo Allasio
arch. Marco Ravera
Direzione
Corso Palestro, 8
10122 Torino
Tel. 011 5613580/5613991
[email protected]
Progetto grafico e stampa
Arti Grafiche San Rocco
Via Carlo Del Prete, 13
10095 Grugliasco (TO)
Tel. 011 783300
[email protected]
Edificazione e compatibilità col territorio,
l’Urbanistica condivisa
Mario Romagnoli, Alberto Troianiello .......... p. 9
Affitti non registrati, la maxi-sanzione
non è retroattiva
Saverio Fossati............................................. p. 11
Le distanze legali
avv. Gian Vincenzo Tortorici ........................ p. 12
La nuova tassazione sulle compravendite
immobiliari dal 2014
dr. Jean-Claude Mochet............................... p. 15
La “mediaconciliazione”
prof. Gilberto Baldazzi................................. p. 17
Tabella ISTAT............................................... p. 19
Avv.
Gabriele Bruyère
Presidente Nazionale
U.P.P.I.
EDITORIALE
V
ede la luce il primo numero della nuova rivista Nazionale dell’UPPI.
Per motivi esclusivamente tecnici se ne era interrotta da qualche tempo
la pubblicazione, ma la nostra rivista, nata subito dopo la fondazione
dell’UPPI, 39 anni orsono, su impulso della Direzione Nazionale dell’epoca,
non poteva continuare a mancare, posto che dopo i primi numeri aveva assunto una veste ufficiale, e poco a poco è diventata uno strumento sempre
più interessante di informazione e di dibattito su tutte le problematiche della
casa, seguito, consultato ed apprezzato sia dagli iscritti, che dai professionisti
del settore che dalle cariche istituzionali cui essa è sempre stata inviata. Mi
è capitato infatti in occasione di momenti di incontro sia con gli associati
che con i professionisti e le istituzioni di raccogliere le richieste ed i solleciti
per la pubblicazione di questa rivista che è sempre stata di interesse generale. A quel punto si è compreso che la via era tracciata, che i timori, le preoccupazioni, le titubanze legate alla nascita di questo nuovo progetto
potevano lasciare il posto all’entusiasmo ed alla consapevolezza che la rivista
avrebbe avuto un futuro e che l’UPPI avrebbe potuto disporre di una pubblicazione della quale essere, legittimamente, orgogliosi. La rivista, dal prossimo
anno, verrà diffusa principalmente online e pubblicata sul sito nazionale
dell’UPPI e sui siti delle sedi provinciali consentendone la consultazione a
chiunque onde poter attingere dalla stessa utili informazioni, giuridiche, tecniche e fiscali inerenti la proprietà immobiliare. Vi è infatti l’esigenza di una
rivista che riporti non solo le notizie legislative e giuridiche sul mondo della
casa, ma che, andando al di là della pur impegnativa ed estremamente utile
rassegna di informazioni sia anche uno strumento per portare alla conoscenza delle istituzioni la voce dei proprietari di immobili, le loro problematiche e le loro richieste, e perché no le loro legittime proteste. La rivista inoltre
può e deve diventare - come sicuramente diventerà - oltre che rassegna di
notizie e strumento di informazione sull’attività e sull’iniziative dell’UPPI a
livello nazionale, un momento culturale significativo nel quale trasfondere
valutazioni tecnico giuridiche e fiscali, riflessioni, opinioni, commenti di autorevoli collaboratori sui problemi della casa in generale così da essere il più
possibile completa. E dovrà essere anche strumento di denuncia per le vessazioni di ogni genere che stanno subendo i proprietari. Di questo si tratterà
più approfonditamente in seguito. Credo di poter dire senza tema di smentita, che l’UPPI in questi anni riuscirà anche in questo progetto sopra delineato sia per la dedizione e l’impegno della attuale Direzione Nazionale che
della redazione, sia per la grande disponibilità di tutti coloro che hanno risposto con passione e competenza alle richieste di collaborazione elaborando
articoli, riflessioni, contributi di grande interesse che hanno consentito e consentiranno di mantenere alto il livello del nostro periodico, ed ai quali va il
mio sentito grazie. Concludo ringraziando, anche a nome della Direzione
Nazionale e mio personale, il direttore responsabile, la redazione e tutti coloro che hanno contribuito, contribuiscono e contribuiranno al successo della
nostra rivista con l’augurio che l’UPPI possa continuare ad essere, come è,
un costante punto di riferimento per i piccoli proprietari immobiliari e un baluardo per la difesa della proprietà in generale, come riconosciuto da tutti
con grande motivo di orgoglio per il nostro sindacato.
3
UPPI
nazionale
Non è più
sopportabile
È
4
Avv.
Gabriele Bruyère
Presidente Nazionale
U.P.P.I.
stato convertito in legge il DL 31
Agosto 2013 n. 102. Con la legge di
conversione n.124/2013, il Parlamento, non prendendo assolutamente in
considerazione le rimostranze dell’UPPI
che tramite il Presidente Onorario Avv.
Paolo Giuggioli, era venuto a conoscenza,
che nel passaggio parlamentare di conversione del predetto decreto-legge la Camera dei Deputati, a completa insaputa di
tutti e particolarmente dei Sindacati e
delle Associazioni della Proprietà Immobiliare, aveva incredibilmente approvato un
emendamento al testo dell’art. 6, proposto
da Pd e Sel che, in Commissione, lo avevano letteralmente imposto, difendendolo
poi pervicacemente in Aula, senza, in effetti, una particolare opposizione delle
altre forze politiche. L’emendamento prevede che “Le prefetture uffici territoriali
del Governo adottano misure di graduazione programmata dell’intervento della
forza pubblica nell’esecuzione dei provvedimenti di sfratto”. Data, tra l’altro la
estrema genericità della disposizione,
come è stata proposta ed approvata, è ipotizzabile che detta norma, possa essere
usata per applicarla indistintamente a
TUTTI gli sfratti. Ha immediatamente rilevato l’Avv. Giuggioli, nel dare notizia dell’emendamento approvato, “la gravità
della misura approvata dalla Camera
che consente il sostanziale esproprio
degli immobili dati in locazione tenuto
conto che l’indiscriminato potere conferito alle prefetture senza la definizione,
di alcun criterio e limite temporale rappresenta una palese ingerenza sulle decisioni dei giudici in materia di sfratto e
una altrettanto palese compressione
del diritto di proprietà”. L’UPPI di conseguenza aveva esternato pertanto non solo
la propria assoluta contrarietà ad un simile indegno provvedimento, ma ne denunciava la profonda incostituzionalità
posto che reintroduceva di fatto una proroga indiscriminata degli sfratti (dichiarata
già incostituzionale nel 1998 dalla Consulta) estendendola agli sfratti per morosità che in precedenza MAI erano stati
soggetti a proroga, né tantomeno a graduazione. Hanno infatti completamente –
e volutamente dimenticato – i parlamentari che hanno approvato l’emendamento
che il procedimento di graduazione dell’esecuzione dei provvedimenti di sfratto
diretto da una autorità amministrativa con
sottrazione del controllo giudiziale del giudice dell’esecuzione di cui al dl 551/1988,
convertito nella legge 61/1989 fu sottoposta al vaglio del Giudice delle leggi il
quale con la sentenza 12-24 Luglio 1998 n.
321 la dichiarò appunto incostituzionale
osservando che l’attività del prefetto non
si poneva sul piano strumentale della
mera collaborazione e ausiliarietà rispetto
al provvedimento giurisdizionale di sfratto,
ma lo svuotava del tutto; infatti il differimento sostanziale amministrativo della
singola esecuzione forzata, incidendo sul
principio costituzionale della tutela giurisdizionale delle situazioni soggettive
violava palesemente l’art. 24 della Costituzione. L’emendamento approvato dal
Parlamento altro non è che un maldestro
tentativo di ripetizione di ciò che è già
stato dichiarato incostituzionale ulteriormente in danno dei proprietari di casa.
Non bisogna dimenticare infatti che il proprietario che per sua sfortuna ha subito la
UPPI
nazionale
morosità dell’inquilino, oltre al danno di
non percepire più i canoni e le spese sino
alla data dello sfratto, subisce la beffa di
dovere corrispondere integralmente le
spese per il procedimento di sfratto, e di
dovere comunque corrispondere tutte le
spese condominiali che si riferiscono all’alloggio che continua ad essere occupato dal
conduttore moroso, le tasse ivi compresa
la registrazione del contratto e la tassa per
la risoluzione quando avrà ottenuto la liberazione dell’alloggio, oltre all’IMU e a
tutte le altre imposte !! Arriverà lo stato
anche a chiedergli il sangue ? Se questo è
l’andazzo è probabile. Ma tutto ciò è semplicemente vergognoso !! Come se ciò non
bastasse viene introdotto nell’emendamento un concetto ed un istituto giuridico
nuovo e del tutto inaccettabile: la morosità incolpevole (??)Ci si faccia capire.
Quando mai una morosità è colpevole (?)
Un inquilino diventa moroso quando NON
è più in grado di pagare il canone di locazione. Quando un inquilino diventa moroso
è perché non è più in grado di pagare il canone. Quale sarebbe la sua colpa ? Anche
per lui è sempre una tragedia. Purtroppo
non è più in grado di pagare il canone, e
sicuramente alla base vi è un motivo sempre economico. Non si vede perché mai
l’inquilino abbiente o anche solo in grado
di pagare il canone dovrebbe improvvisamente smettere di pagarlo e dovrebbe divertirsi a non pagare il canone di locazione
“colpevolmente”. Verrebbe meno in questo caso il concetto stesso di locazione. E
allora? Da che mondo è mondo, da quando
sussiste l’istituto della locazione esiste di
conseguenza, e gioco forza, la possibile
morosità che non può mai essere “colpevole”, a meno che l’inquilino non sia un
masochista. Checché ne pensino i parlamentari che hanno votato l’emendamento,
e chi lo ha materialmente pensato, solo in
danno dei proprietari, una morosità è sempre incolpevole e non vi è certo necessità
che siano i comuni – come recita l’emendamento – che devono definire le condizioni di morosità incolpevole che
consentono l’accesso ai contributi. Ulteriore motivo di incostituzionalità. Non
sono i comuni che possono definire le condizioni di morosità incolpevole per accedere ai contributi e che senza dubbio non
possono variare da comune a comune. E’
lo Stato che deve legiferare in merito e si
assume la responsabilità di definire cosa
egli intende per morosità incolpevole, cosa
che non ha assolutamente fatto, dando poi
ai giudici di accertarlo in sede giudiziale (e
si dovrebbe passare comunque il vaglio
del Giudice delle leggi); ma senza dubbio
in assenza assoluta di quanto sopra la
norma è incostituzionale, e maggiormente
la norma che assegna ai comuni (che certamente non possono legiferare) di definire a caso le condizioni di morosità
incolpevole che consentono l’accesso ai
contributi. L’assurdità di quanto sopra è in
re ipsa. Un simile atteggiamento dello
Stato nei confronti dei proprietari di casa
non è più accettabile e comporterà conseguenze probabilmente oggi del tutto inimmaginabili. Un simile atteggiamento dello
Stato contro la proprietà è sinceramente
del tutto incomprensibile ed è assai pericoloso sotto ogni punto di vista. Certo è
che NON È PIÙ SOPPORTABILE.
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UPPI
La capacità
contributiva
nazionale
L’
6
Andrea Casarini
Presidente prov.
U.P.P.I. Bologna
art.53 della Costituzione della Repubblica italiana recita: “Tutti sono
tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a
criteri di progressività.”
Cerchiamo di capire cosa significa capacità
contributiva. In poche parole, a causa di
questo termine, siamo circondati da tasse,
imposte, tributi e contributi.
In linea generale possiamo dividere la capacità contributiva in tre categorie principali:
1) reddito, in questo caso lo Stato tassa il
reddito, cioè il guadagno che si ottiene dal
proprio lavoro o dal capitale investito. Il
reddito da lavoro dipendente o da pensione non ha, e non può avere, quei margini di evasione che il lavoro autonomo e
d’impresa hanno, quindi in questo tipo di
tassazione vi sono delle disparità, non di
aliquote, che son uguali per tutti, ma disparità (eventuali) dovute dalla diversità
della base imponibile.
2) patrimonio, in questo caso lo Stato tassa
chi possiede e chi detiene a titolo di proprietà, o a titolo di qualsiasi diritto reale,
un bene. Quindi: un contribuente ha risparmiato il proprio reddito-guadagno, magari
dopo una vita di duro lavoro, investendo
poi il tutto nella propria casa di abitazione…allo Stato poco importa: tassa perché si possiede un immobile. Ed ecco che
l’IMU non è altro che una patrimoniale! Facendo poi di tutta l’erba un fascio, il Legislatore (direi il penultimo... Monti) ha
ragionato così: “sono a conoscenza del
fatto che l’evasore fiscale, che ha evaso le
imposte sui redditi, ha investito sopratutto
nel mattone, pertanto ciò che non ha pagato con il reddito glielo tasso sul patrimonio”, ha quindi aumentato del 60% le
rendite catastali degli immobili, ha dato la
possibilità ai Comuni di aumentare le aliquote IMU, e così ha incassato un bel po’
di miliardi di euro.
E non è finita qui, perché patrimonio non
significa solamente bene immobile, ma
anche bene mobile, quindi, come già avvenuto in passato, aspettiamoci prima o
poi una vera e propria patrimoniale sui risparmi, sui conti correnti e sui titoli….
3) consumo. In questo caso lo Stato tassa
chi consuma, chi non consuma non viene
tassato.
Aspettiamoci quindi l’aumento della aliquota Iva dal 21 al 22 e forse anche al
23%. I commercianti affermeranno che poi
più nessuno acquista e quindi aumenterà
la crisi a causa della diminuzione dei consumi….e così via…. ma chi non spende
dove mette il denaro? Sotto il materasso?
Se non lo porta all’estero, lo versa in
banca, e la banca dovrebbe reinserirlo nel
tessuto produttivo per le imprese (speriamo). La catena economica dovrebbe
così rimovimentarsi.
Commento finale. In pratica vi sembra un
sistema corretto di partecipazione alla
spesa pubblica?
Sanità, giustizia, sicurezza e ordine pubblico, scuola, insomma tutti quei servizi
che lo Stato e gli enti locali erogano o dovrebbero erogare, sono lo specchio del sistema impositivo italiano.
Volete conoscere qual era il sistema fiscale
perfetto?
Dobbiamo andare un po’ indietro, di circa
5000 anni, al tempo dei faraoni. I contadini
venivano “tassati” in base alla quantità di
cereali prodotti a seguito delle alluvioni
del fiume Nilo.
In base all’estensione dell’alluvione e quindi
in base alle quantità di limo depositato sui
terreni alluvionati (resi quindi molto più fertili e produttivi) i tecnici egiziani dei tributi
conoscevano perfettamente la quantità di
cereali prodotta e quindi una parte sempre
e perfettamente proporzionale veniva obbligatoriamente trattenuta e “versata” al
Faraone. Tutti gli anni le inondazioni erano
diverse e tutti gli anni era diverso il tributo
che si doveva pagare.
Una specie di tassazione in base al PIL che,
dovesse essere negativo, non dovrebbe
farci pagare alcun tributo!
UPPI
nazionale
La gestione globale
del condominio
“Global Service”
C
ol trascorrere degli anni nel Condominio è aumentata, in maniera
esponenziale, la richiesta di manutenzione e di servizi.
Ciò è derivato dal fatto che gli edifici sono,
inevitabilmente, invecchiati e, contemporaneamente, hanno dovuto affrontare l’assalto della tecnologia.
Ecco allora incrociarsi nella mente dei Condomini il dilemma di affrontare, contemporaneamente, la battaglia per arrestare,
o meglio, per contenere l’invecchiamento
della propria casa e per aggiornare la
stessa a tutte le più moderne tecnologie
ed alla valanga di imposizioni legislative
per gli adeguamenti alle nuove norme di
sicurezza.
Come se non bastassero i mille modi per
litigare nel condominio, per le cose più frivole, ecco ora che il Condomino, improvvisamente, si sente un manager costretto a
programmare la manutenzione ed i servizi
del proprio palazzo, come se si trattasse di
gestire un’azienda; quindi non si sente più
un condomino, ma un azionista che deve
decidere, in fretta e bene perché l’errore
può costare caro.
Ma un azionista deve affidare la gestione
della sua azienda ad un capace amministratore delegato; ecco allora il “condomino/azionista” che va alla ricerca
dell’amministratore condominiale che non
deve solo chiedere ai condomini le quote
e pagare ai fornitori le fatture; questa è
roba da preistoria del Condominio!
Oggi deve saper fornire consigli, suggerire
i fornitori, spaziare in tutti i campi da
quello tecnologico, a quello legale, a
quello amministrativo.
Insomma il condomino vuole l’amministra-
tore “tuttologo”.
Ma, per bravo che sia, l’amministratore
non potrà mai garantire ai Condomini, per
un serie infinita di fattori, la certezza del
binomio: manutenzione e servizi con costi
certi.
Infatti i preventivi di spesa, seppur redatti
con capacità ed oculatezza, alla fine dell’esercizio presentano, quasi sempre, conguagli a debito, con le lunghe ed
inevitabili discussioni assembleari.
Ecco allora sorgere le prime proposte di
servizi globali, non tanto per dare ai condomini le certezze sopra invocate, ma per
dare alle imprese fornitrici la sicurezza
della durata di un contratto d’appalto pluriennale in cambio di servizi a prezzi pre–
concordati.
Negli anni settanta nascono i due primi
contratti di gestione globale degli impianti:
il contratto di gestione calore ove le
aziende fornitrici di combustibili, in cambio
di contratti pluriennali, offrivano oltre al
combustibile anche i servizi per le centrali
termiche;
il contratto di manutenzione programmata
degli ascensori ove le aziende impiantistiche, in cambio di contratti pluriennali, offrivano oltre la normale manutenzione
degli impianti, anche la sostituzione integrale di grossi componenti (es. quadro
elettrico, motore, ecc.).
Il risultato fu molto deludente, perché le
aziende pensarono solo al loro tornaconto,
aumentando i canoni di manutenzione ordinaria, in quanto vi inclusero la quota per
ammortamento delle spese di impianto
che, per contratti pre-stampati con molta
furberia dalle aziende, con condizioni che
tutelavano solo le stesse (con quelle clau-
Addio
all’antipatico
conguaglio
di fine esercizio
7
Pierluigi D’Angelo
UPPI
nazionale
8
solette scritte in piccolo che nessuno leggeva), portarono ad un totale abbandono
degli impianti con il danno dell’aumento
dei costi e la beffa di impianti riconsegnati,
a fine contratto, semi distrutti.
Oggi, con l’esperienza del passato e con le
leggi che, finalmente, tutelano anche il
consumatore, si vedono in circolazione i
primi contratti di “global service”, che, se
ben redatti per entrambe le parti, e qui
deve prevalere l’abilità e la preparazione
dell’amministratore condominiale, possono costituire il vero “uovo di Colombo”
che risolve d’incanto tutti i problemi contabili legati ad un bilancio condominiale.
Infatti questi contratti, pluriennali indicizzati, tranne lavori di straordinaria manutenzione da elencare, prevedono tutto: dai
servizi, alle forniture, alle manutenzioni
programmate con un importo fisso per
ogni esercizio amministrativo, quindi
senza la sorpresa del conguaglio e senza
discussioni assembleari sull’entità di questo o di quell’intervento o servizio, perché
era già stato forfettariamente preventivato.
Il cliente, o meglio il
condomino, per il tramite dell’amministratore, non avrà più la preoccupazione dei
costi (e non è poco), ma gli resterà quella
della qualità e della puntualità del servizio,
per le quali si dovranno indicare gli standards qualitativi ed i tempi degli interventi, con le relative penali, compresa la
rescindibilità del contratto, se standards e
tempi non vengono rispettati.
Quindi il Condominio non dovrà più preoccuparsi dei vari aspetti della gestione, ma
potrà risolvere tutto con una telefonata, un
fax od una e-mail.
La struttura della società di global service,
col suo personale, dovrà sopperire (24 ore
su 24 e con un numero verde) a tutta
quella miriade di incombenze tecniche che
oggi gravano sull’amministratore che, nella
nuova situazione, potrà dedicare il suo
tempo al controllo della qualità dei servizi
e delle forniture, con grande vantaggio per
i condomini che rappresenta ed ai quali
dovrà rispondere solo in questi termini.
La conclusione di tutto quanto sopra elencato assume la forma contrattuale di un affidamento “chiavi in mano” della
manutenzione e della gestione di un edificio in condominio.
Questa relativamente nuova esperienza è
applicata, da una decina d’anni, in immobili di proprietà pubblica o di grossi enti e
sembra con buona soddisfazione dei
committenti.
UPPI
Edificazione
e compatibilità
col territorio,
l’Urbanistica condivisa
C
ome sempre, l’UPPI svolge la sua
funzione di critica e di proposizione
concreta, principalmente diretta
alla tutela dei Piccoli Proprietari, basata
sulla effettiva e vasta conoscenza acquisita
dei loro problemi e della realtà in cui si
esplicano.
Urbanistica negoziata, Urbanistica concordata, Urbanistica condivisa, traslazione dei
Diritti edificatori, sono termini succedutisi
negli ultimi anni per indicare un modo armonico tra istituzioni e cittadini per avere
una edificazione o riedificazione compatibile con il territorio, con lo stato delle città,
con le aspirazioni edificatorie di cittadini.
Questo in un contesto peraltro confuso e
deteriorato per la notevole presenza di
edificazioni incontrollate o confuse, di
vario genere ed anche per un concetto
spesso limitato di Urbanistica.
Essa sovente ha curato poco il vasto tema
della realizzazione effettiva delle opere di
urbanizzazione, presenti negli oneri di concessione, elementi importanti del tema urbanistico per la tutela del territorio e
dell’ambiente.
Le edificazioni incontrollate hanno causato
danni di vario genere sfuggendo per loro
natura anche al ridotto controllo di quelle
regolari.
Un genere di edificazione incomprensibile
e immotivata è dovuta alle Pubbliche Istituzioni. Queste hanno costruito, in parte
non completate, ogni genere di costruzioni
in ogni luogo d’Italia: strade, ponti, dighe,
ospedali, aeroporti, porti, scuole, carceri,
centri polivalenti generici, poli per funzioni
secondarie ed altro, tutte abbandonate.
Per molte sono state forzate le normative
vigenti sia con atti singoli sia con accordi
di programma. Per quasi tutte risulta evidente la mancanza di necessità. Per alcune
è evidente la natura clientelistica, propagandistica elettorale, opportunistica. Quasi
mai potevano essere considerate opere di
urbanizzazione secondaria di alto livello,
previste dall’Urbanistica, certo non potevano costituire pianificazione strategica
vista la assoluta mancanza di qualsiasi necessità o almeno di giustificazione.
Sono state dilapidate ingenti quantità di
Pubblico denaro, di ammontare difficilmente quantificabile per la difficoltà di valutazione non gradita e talora ostacolata
dalle Istituzioni stesse, ma di entità di moltissimi miliardi.
Una entità maggiore di quella per cui in
questo momento si dibatte lo Stato.
Si potrebbe pensare si tratti di fatto compiuto e chiuso, risulta invece che, se pure
in misura ridotta, il fatto permane e molte
Istituzioni non hanno ancora deciso di
chiudere molte di tali edificazioni ingiustificate non finite.
Un pessimo esempio a cittadini tentati o
propensi ad edificazioni irregolari.
E stata compiuta una pesante trascuratezza del significato del termine Urbanistica oltre che una grande quantità di
dissennatezze , irregolarità, talora di reati
Già qui viene da chiedersi che cosa sia l’Urbanistica condivisa. Condivisa da chi?
Altro genere di edificazione irregolare è
l’abusivismo.
Opere non autorizzate, il più spesso non risultanti in Catasto: opere fantasma in maggior parte residenziali per un insieme alcuni
milioni, sono una realtà che richiede valutazione attenta ed abbandono dell’illusione
che se ignorata possa risolversi da sola.
nazionale
9
Mario Romagnoli
U.P.P.I. Latina
Alberto Troianiello
U.P.P.I. Latina
UPPI
nazionale
10
Per l’abusivismo minore, talora essenzialmente formale, l’Accertamento di Conformità è stato scarsamente usato sia per la
necessità di conformità presente e passata
sia perché troppo oneroso, pertanto nella
forma attuale non consente una concreta
via di regolarizzazione.
Per l’abusivismo maggiore occorre la consapevolezza che, come per le Istituzioni irresponsabili non appare concepibile
risolvere con demolizioni le tante, spesso
grandi edificazioni inutili e vergognose,
non appare altrettanto concepibile che i
molti privati responsabili risolvano con demolizioni la grande quantità di abusi realizzati.
Consegue la necessità di ricercare risoluzioni ragionevoli per i casi in qualche
modo e se pur dolorosamente accettabili
con provvedimenti del tipo “Misure Straordinarie” per l’insostenibilità di un grave fenomeno consolidato, procedere invece in
tempi non infiniti alla eliminazione di
quelli comunque non accettabili.
Le regolarizzazioni possibili ridurrebbero
pesanti presenze estranee singole od in
contesti edilizi regolari, contribuirebbero a
ridurre la ricerca di ulteriori aree per edificazioni e quindi il deprecabile consumo di
territorio, consumo di cui si deve considerare l’effetto altamente negativo sull’equilibrio dell’ambiente e che deve essere
evitato il più possibile.
Inoltre fornirebbero disponibilità finanziarie alle Istituzioni, sia con le sanzioni sia
con l’immissione nel sistema di tassazione
ordinaria, per un ammontare dell’ordine di
miliardi di euro.
La volontà di avere effettivamente una
edificazione compatibile con il territorio
deve già tenere conto di queste edificazioni negative di origine diversa che hanno
determinato alterazioni ambientali gravi
per molti aspetti e in particolare per l’irregolare incidenza sul sistema delle acque ,
sia per gli scarichi spesso dispersi in modo
incontrollato sia per le tante alterazioni
puntuali ma molto diffuse della originaria
situazione dei piccoli e medi corsi d’acqua.
L’urbanistica negoziata, concordata, condivisa deve peraltro capire e comprendere
chi siano i soggetti della condivisione cioè
i titolari del diritto di condividere, poi agire
di conseguenza.
Chi siano i titolari del diritto è semplice,
sono i cittadini.
Per il procedimento occorre ricordare che
quando la ricerca di condivisione non esisteva, esistendo invece l’idea di un progettista sia pur bravo o la volontà talora anche
poco razionale di amministratori, l conseguenza è stata la scarsa disponibilità o irritazione dei cittadini, particolarmente a
decorrere dal ripristino del diritto elettorale, ad accettare progetti e normative imposte.
Anche quando è iniziato il processo di ricerca del parere o dell’assenso della popolazione, nonostante la presenza di
strumenti predisposti di istruttoria pubblica, non sempre la condivisione è avvenuta. Tale ricerca avveniva su un progetto
già predisposto o almeno concretamente
impostato, di non facile comprensione ai
più se non per la eventuale capacità o volontà dei presentatori.
In genere appare che la comprensione si
sia concretizzata sufficientemente per i
piani di recupero ove esiste una realtà consolidata e nota anche se per somma di singole situazioni.
Attualmente sembra che stia avanzando
un più concreto concetto di ricerca, discussione, individuazione delle aspettative o
desideri dei cittadini.
Aspettative e desideri che spesso esulano
dalle espressioni della proprietà generica
o da quella accentrata mentre appaiono
avere maggior riscontro nella condizione
della piccola proprietà.
Il piccolo proprietario in genere non ha correlazione con l’attività imprenditoriale,
tende piuttosto ad essere un cittadino normale, ordinario, che considera suo il diritto
edificatorio più quale cittadino che quale
proprietario.
Del resto appare attuale pensare che l’urbanistica sia un fatto più del cittadino proprietario che della proprietà di per se
stessa e quindi sia uno strumento per
esercitare il diritto edificatorio.
Con considerazioni e situazioni esposte
sembra possa concretamente capace di
realizzarsi una Urbanistica condivisa capace di armonizzare l’edificazione con il
valore e l’integrità del territorio.
UPPI
nazionale
Affitti
non registrati,
la maxi-sanzione
non è retroattiva
S
i sgonfia la maxi-sanzione per i proprietari che non registrano il contratto d’affitto. Il Tribunale di Napoli
(IX sezione civile), con la sentenza
11420/013 del 16 ottobre 2013, ha chiarito la retroattività del comma 8 dell’articolo 3 del decreto legislativo 23/2011,
affermando così un’interpretazione che
vede ridursi la sanzione alle sole violazioni
degli obblighi fiscali per contratti stipulati
dal 7 aprile 2011.
La sentenza, segnalata dal presidente
dell’UPPI (piccoli proprietari), Giacomo Carini, prende le mosse da una causa intentata dal proprietario all’inquilino per
morosità, dato che quest’ultimo non pagava il canone da sei mesi e le spese da
due anni. L’inquilino si era opposto sostenendo che in realtà non era moroso, perché, a decorrere dall’aprile 2012, il canone
mensile avrebbe dovuto essere ridotto a
217,27 euro (cioé un dodicesimo del triplo
della rendita catastale). Il contratto, infatti,
era stato firmato il 30 novembre 1996 ma
non era mai stato registrato, quindi, in
base al comma 8 dell’articolo 3 del Dlgs
23/2011, sarebbe dovuta scattare la sanzione della riduzione del canone annuo,
appunto, al triplo della rendita catastale.
Il Tribunale, quindi, si è trovato a decidere
se per i contratti formati prima del 7 aprile
2011 (data di entrata in vigore del Dlgs
23/2011) la norma fosse applicabile, cominciando a esaminare la legge 311/2004
(articolo 1, comma 346) che già prevedeva
la nullità dei contratti (non abitativi) non
registrati, però a partire dal 1° gennaio
2005, chiarendo così l’irretroattività della
sanzione della nullità. Inoltre, ha osservato
il tribunale di Napoli, la disciplina del Dlgs
23/2011 non può trovare applicazione retroattiva.
In primo luogo perché esiste il principio
generale delle Preleggi, articolo 11, che
sancisce, tranne per le norme di carattere
generale, che una disposizione legislativa
può valere solo per il futuro, e nello stesso
senso si muove la Cassazione (sentenza
5015/2003). Lo stesso principio era stato
introdotto dal legislatore nello Statuto del
contribuente (legge 212/2000).
Quindi, prosegue il Tribunale «la sanzione
richiamata dal conduttore nella comparsa
di costituzione e risposta, non deve trovare
applicazione per quei contratti vergati antecedentemente all’entrata in vigore del
decreto legislativo 23/2011. Negozi che
quindi allo stato sono regolamentati dalla
disciplina previgente introdotta dal comma
346 della legge 311 del 30 dicembre
2004».
Il Tribunale ha quindi concluso dando ragione in pieno al proprietario, perché, assodato che l’applicazione del Dlgs 23/2011
non era retroattiva, esistevano la gravità
dell’inadenpimento del conduttore né
questi aveva fornito prova dell’inesistenza
di dolo o colpa. E quindi ha dichiarato risolto per inadempimento il contratto di locazione.
LA REGOLA:
le nuove
disposizioni
non si possono
applicare
agli accordi
stipulati prima
dell’entrata
in vigore
avvenuta
il 7 aprile 2011.
11
Saverio Fossati
UPPI
nazionale
Le distanze
legali
L
12
Avv.
Gian Vincenzo
Tortorici
a proprietà privata, nel corpus juris
italiano, fonda le sue radici nel diritto
romano, in relazione al quale la proprietà era assoluta e dispositiva inerente
ad ogni res, compresi gli esseri umani ridotti in schiavitù.
Solo con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789 ed il Code Napoléon del
1804 si evolve la natura del diritto di proprietà, finalizzata anche a soddisfare le esigenze sociali della collettività. Questo
principio è stato recepito e rafforzato dalla
nostra Costituzione nell’art. 42.
Il diritto di proprietà consente al suo titolare, ex art. 832 cod. civ., di godere del
bene in modo pieno, eccettuati i limiti che
lo stesso codice civile e le norme di natura
pubblicistica stabiliscono in forza dell’articolo de quo della Costituzione.
Uno di questi vincoli è dettato in tema di
distanze legali tra manufatti. La disciplina
prevista dall’art. 873 cod. civ., infatti, stabilisce che le costruzioni realizzate su fondi
finitimi devono essere tenute a distanza di
almeno tre metri, salvo diversa disposizione di regolamenti o di normative
statali, a maggior ragione, quale la legge
2 febbraio 1974, n. 64, come modificato
dal D.P.R. 6 giugno 2001, n, 380, che stabilisce distanze superiori per le località
soggette a movimenti sismici.
L’art.873 citato, che ha il precedente
storico nelle leggi romane dell’iter limitare
e dell’ambitus, poi, nell’art.571 del Codice
Albertino, ha lo scopo di evitare che opere
murarie producano situazioni dannose,
pericolose e antiigieniche tra edifici.
La distanza legale tra manufatti dello
stesso fabbricato, ad esempio un condominio, deve essere computata tra gli sporti
che hanno le minori dimensioni, mentre
quella tra differenti stabili dai punti di
massima sporgenza. In ogni caso il legislatore, successivamente, è intervenuto per
modificare il disposto codicistico, in particolare con l’art. 17 della legge 6 agosto
1967, n. 765 e l’art. 9 del pedissequo D.M.
2 aprile 1968, n. 1444. Quest’ ultima normativa nel definire gli edifici in senso tecnico, ad esempio non lo sono le canne
fumarie o le tende parasole, ha stabilito
che la distanza minima tra i nuovi immobili deve essere di dieci metri, con l’eccezione per le ristrutturazioni di edifici siti
in parti dei territori comunali interessate
da agglomerati urbani, che rivestono
carattere storico, artistico o di particolare
pregio ambientale; la misura di dieci metri
deve sempre essere rispettata, trattandosi
di una norma inderogabile.
A tal proposito, si deve considerare
costruzione, in senso tecnico-giuridico,
qualsiasi opera stabile avente i caratteri
della solidità e immobilizzazione, indipendentemente dalla sua altezza o sviluppo
aereo e dal materiale impegnato per la
sua realizzazione, ad esempio mattoni
pieni, pietre o cemento armato.
Devono a tal fine essere computati gli
oggetti che non abbiano una funzione
meramente decorativa, le pareti finestrate
non principali tra edifici contrapposti, allorché le pareti siano poste una di fronte
all’altra in senso parallelo, nonché le sopraelevazioni.
La norma dell’art. 9 D.M. 2 aprile 1968, n.
1444, che non può essere derogata in
pejus dai regolamnti comunali, come già
riportato, deve essere interpretata nel
senso che la distanza de qua è richiesta
UPPI
nazionale
anche nell’ipotesi che una sola delle pareti
fronteggiantisi sia munita di finestre in
qualsiasi zona di esse sussistano; il rispetto
delle distanze si applica, quindi, anche per
i tratti di parete che sono in parte privi di
finestre, indipendentemente che queste
siano dell’edificio esistente ovvero di
quello da realizzare (Cass. civ., Sez.II,
20giugno 2011, n. 13547).
Infatti, il precitato decreto stabilisce,
anche, che nelle parti di territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che
risultino inedificati o nelle quali l’edificazione sia preesistente, e in tal caso la
superficie coperta da costruzioni sia inferiore ad un ottavo, la distanza minima
tra fabbricati deve essere pari all’altezza del fabbricato più alto, pur se una
sola parete sia finestrata, e sempre che
gli edifici si fronteggino per uno
sviluppo superiore a 12 metri lineari.
Ne consegue che, se un regolamento
comunale contravviene a questa disposizione, le norme ut supra citate,
prevalgono sulle contrastanti previsioni
dei regolamenti locali, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica
(Cass. civ, Sezz. Unite, 7 luglio 2011, n.
14953).
La giurisprudenza amministrativa si è
adeguata, stabilendo che il D.M.
1444/1968 ha una valenza direttamente
precettiva, sino a comportare la disapplicazione degli strumenti urbanistici con
esso contrastanti (Cons. Stato, Sez. IV, 27
ottobre 2011, n. 5759).
Per pareti finestrate si intendono quelle con
finestre qualificabili, come vedute come ha
deciso sia la giurisprudenza ordinaria (Cass.
civ., Sez. II, 30 aprile 2012, n. 6604) sia la
giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato,
Sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 844).
Il rilievo determinante è che non si possa
inspicere nell’altrui proprietà; ne consegue
che sono escluse dalla normativa in esame
le finestre solo lucifere, quali sono quelle
aperte sul tetto in occasione di un recupero
di un sottotetto (Cons. Stato, Sez. IV, 4 settembre 2013, n. 4451). Considerato che la
distanza di dieci metri è ex lege quella
minima, ben può un regolamento edilizio
comunale disporre una distanza maggiore,
ancorché sia concernente a un fondo de-
stinato ad uso agricolo; del resto il divieto
di cui trattasi ha un carattere assoluto e
prescinde dall’eventuale danno che può
essere arrecato ai terzi (Cass. civ., Sez. II,
15 ottobre 2001, n. 12511).
La ratio della normativa, relativa alle distanze tra costruzioni, consiste da una parte
nell’impedire che spazi troppo ristretti determinino intercapedini insalubri per gli
edifici (Cons. Stato, Sez. IV, 12 giugno
2009, n. 3094) e, conseguentemente,
dall’altra nel favorire la miglior coesistenza
in un unico territorio dei proprietari di immobili, garantendo a questi una situazione
ambientale igienica adeguata alle esigenze della vita attuale, quali soprattutto
la fruizione di aria e di luce.
D’altronde la complessiva disciplina urbanistica trascende l’interesse dei privati, essendo stata dettata per salvaguardare le
necessità pubbliche dell’intera collettività
e proprio per questo motivo è inderogabile
e cogente; gli interessati, pertanto, non
possono derogarvi, ad esempio costituendo una servitù volontaria. La disposizione del, più volte richiamato art. 9,
costituisce un principio inderogabile, ut
supra dedotto, che vincola la potestà legislativa delle Regioni, la potestà regolamentare-pianificatoria dei Comuni e
l’autonomia negoziale dei privati (TAR
Lombardia, Brescia, sez. I, 9 ottobre 2013,
n. 4520).
Come affermato da valenti studiosi, l’efficacia delle norme regolamentari deriva direttamente dal rinvio che ne effetuano in
particolare gli artt. 871, 872, 873 cod. civ.
A favore di ciascun proprietario finitimo
nasce un diritto soggettivo, per cui la violazione delle distanze de quibus ne determina, ope legis, una lesione; colui che ne
ha subito le conseguenze, può pretendere
la riduzione in pristino, senza che abbia subito un danno di natura patrimoniale, ut
supra dedotto.
Pur tuttavia se ne sia derivato anche un
danno, il leso può richiederne il risarcimento dei danni patiti ed eventualmente
patiendi.
La domanda giudiziale deve essere esplicita in tal senso, senza riferimenti ad
altri possibili diritti violati, quali un mancato rispetto dei confini esistenti tra le due
13
UPPI
nazionale
14
proprietà (Cass. civ., Sez. II, 18 luglio 2013, n. 17639).
In ogni caso la distanza deve misurarsi dalla facciata dell’edificio
esistente e, se sussistano
sporgenze con individualità autonoma, quali balconi e scale esterne, questi devono essere
considerati come costruzioni,
mentre se hanno natura complementare e accessoria non vanno
tenute in considerazione, quali
cornicioni o grondaie.
Infatti, la disciplina delle distanze
legali si applica indistintamente a
tutti i muri, esclusi quelli di cinta.
L’art. 9 D.M. 1444/1968 dispone anche le
distanze che debbano sussistere nel caso
tra i fabbricati siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli, ad eccezione
delle vie a fondo cieco. In questa fattispecie peculiare, legislativamente prevista, una deroga può essere prevista dai
piani regolatori, esclusivamente se gli edifici formino oggetto di piani particolareggiati di edificazione e la strada sia già stata
realizzata (Cass. ci., Sez. II, 19 gennaio
2012, n. 741).
In questo impianto normativo si è inserito
l’art. 30 del D.L. 21 giugno 2013 n. 69, convertito in legge 9 agosto 2013 n. 98, concernente gli interventi necessari per il
rilancio dell’economia italiana. L’articolo de
quo introduce nel Testo Unico dell’ edilizia
(D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) l’art. 2 bis e
la collocazione è significativa, in quanto fa
salva la distinzione della competenza tra
Stato, Regioni e Comuni; per questi ultimi
Enti la possibilità di legiferare è condizionata dalle norme statali inderogabili e precettive.
Infatti, soltanto con la recente normativa
le Regioni possono dettare disposizioni
derogative a quanto stabilito dal D.M.
1444/1968. Vi è da rilevare, però, che la
lettera 0a) del primo comma dell’ art. 30
citato è inserita nel titolo secondo, capo
primo, del D.L. 69/2013, che inerisce in
generale alle semplificazioni e in particolare alle semplificazioni amministrative; e
in realtà le restanti lettere del medesimo
comma e alcuni ulteriori commi dell’articolo riguardano il permesso di costruire, la
segnalazione certificata di inizio attività e
il certificato di abitabilità, per i quali sono
state previste concrete agevolazioni “burocratiche” e che, quindi, possono costituire un effettivo incentivo per realizzare
nuove opere edilizie.
La rubrica della lettera del comma in
esame recita “ Deroghe in materia di limiti
di distanza tra fabbricati” e si riferisce ad
ogni tipologia di insediamenti quali abitazioni residenziali, fabbricati produttivi,
aree a parcheggi, ma anche a zone a
verde, lasciando così ad intendere, a mio
parere, che il principio di salubrità ambientale deve pur sempre essere salvaguardato; del resto lo stesso legislatore
precisa che la definizione o la revisione
degli strumenti urbanistici devono essre
comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario della zona di intervento
e nel rispetto di specifiche aree territoriali.
Non si deve neppure dimenticare che la
disposizione de qua è stata prevista dalla
legge di conversione n. 98/2013, con la
conseguenza che non costituisce un corpus
organico con le restanti disposizioni, ut
supra dedotto.
È difficile, però, comprendere la ratio della
norma e l’interpretazione più probabile è
rappresentata dall’ intenzione di voler incrementare l’attività edificatoria con possibili modifiche alla sagoma e all’altezza
degli edifici siti nelle zone A) e C) e a
quelli antistanti a strade pubbliche, sempre nel rispetto dell’ambiente, latu sensu
inteso, per garantire la miglior qualità
della vita ai cittadini e nel rispetto delle
caratteristiche degli edifici storici e artistici.
UPPI
nazionale
La nuova tassazione
sulle compravendite
immobiliari dal 2014
I
n assenza di ulteriori novità, il 1° gennaio 2014 entrerà in vigore l’art. 10 del
DLgs 14 marzo 2011, n. 23 (c.d decreto
sul federalismo fiscale municipale), che
aveva a suo tempo disposto la riforma
della tassazione degli atti di trasferimento
immobiliare, dal punto di vista delle imposte di registro, ipotecarie e catastali. In particolare, l’art. 10 del DLgs 23/2011 ha
disposto che, dal 1° gennaio 2014, gli atti
di trasferimento immobiliare non saranno
più soggetti alle molteplici aliquote dell’imposta di registro di cui all’art. 1 della
Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86, ma
solo alle due seguenti aliquote:
- 2%, quando saranno applicabili le agevolazioni per l’acquisto della “prima casa”
e delle relative pertinenze;
- 9%, per ogni altro atto di trasferimento
di immobili o di diritti reali immobiliari oppure costitutivo di questi ultimi.
Nei due casi indicati, se dall’applicazione
delle aliquote del 2% o del 9% risulterà un
importo per imposta di registro inferiore
ad Euro 1.000,00, dal 1° gennaio 2014
sarà comunque dovuto il minimo di Euro
1.000,00.
Eliminazione di tutte le esenzioni e le
agevolazioni sugli atti di trasferimento
oneroso di immobili
Di grandissima rilevanza è la soppressione,
dal 1° gennaio 2014, di ogni esenzione o
agevolazione sugli atti di trasferimento
oneroso di immobili o diritti reali immobiliari o di costituzione di questi ultimi,
anche se previste in leggi speciali, le cui
fattispecie confluiranno all’interno della
nuova aliquota del 9%. Allo stato attuale,
di esenzioni e agevolazioni ne esistono
moltissime, alcune “storiche” ma che rispondono a necessità sociali ed economiche tuttora presenti. Dal 1° gennaio 2014,
non troveranno, quindi, più applicazione i
seguenti trattamenti ai fini dell’imposta di
registro:
- l’aliquota dell’8% per i trasferimenti di
aree edificabili;
- l’aliquota del 7% per i trasferimenti di
fabbricati e pertinenze;
- l’aliquota del 15% per i trasferimenti di
terreni a soggetti diversi da IAP;
- l’aliquota del 3% per i trasferimenti di
immobili di interesse storico, artistico o archeologico;
- l’aliquota dell’1% per i trasferimenti di
fabbricati o porzioni di fabbricati abitativi
esenti dall’IVA ex art. 10, comma 1, n. 8bis del DPR 633/72, a favore di imprese di
rivendita immobiliare, a condizione che
nell’atto l’acquirente dichiari che intende
trasferirli entro tre anni;
- l’imposta fissa per i trasferimenti a favore
dello Stato o di enti pubblici territoriali o
consorzi tra di essi costituiti;
- l’imposta fissa per i trasferimenti di immobili situati all’estero;
- l’imposta fissa per i trasferimenti a favore
di ONLUS, in presenza delle condizioni individuate dalla nota II-quater;
- l’imposta fissa per i trasferimenti a favore
di ex IPAB;
- l’aliquota dell’1% per i trasferimenti
aventi ad oggetto immobili compresi in
piani urbanistici particolareggiati.
Esenzione dall’imposta di bollo e dalle
tasse ipotecarie e applicazione delle
imposte ipotecaria e catastale nella
nuova misura fissa di Euro 50
15
Dr.
Jean-Claude Mochet
UPPI Valle d’Aosta
UPPI
nazionale
16
Gli atti di trasferimento immobiliare a titolo oneroso che verranno assoggettati
all’imposta di registro nella misura del 2%
o 9%, in base alle norme sopra citate, e
tutti gli atti e le formalità direttamente
conseguenti posti in essere per effettuare
gli adempimenti presso il Catasto e i registri immobiliari, dal 1° gennaio 2014 saranno esenti dall’imposta di bollo, dai
tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie e assoggettati alle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di ¤
50,00 ciascuna.
Aumento da Euro 168 ad Euro 200
delle imposte di registro, ipotecaria e
catastale fisse per atti diversi da quelli
soggetti alla nuova misura di Euro 50
L’art. 26, comma 2, del DL 104/2012, ha
stabilito che l’importo di ciascuna delle imposte fisse di registro, ipotecaria e catastale che, in base a disposizioni vigenti
prima del 1° gennaio 2014 era fissato
nella misura di ¤ 168,00, da tale data sarà
elevato ad ¤ 200,00. Questo aggravio di ¤
32,00 per ciascuna delle tre imposte riguarderà tutti gli atti non assoggettati ad
imposta di registro con aliquota del 2% o
del 9%, posto che a questi ultimi, come
In sintesi:
detto, le imposte ipotecaria e catastale si
applicheranno nella nuova misura di ¤
50,00. L’aumento ad ¤ 200,00 si applica a
tutti gli atti, anche a quelli non aventi contenuto immobiliare, ma solo nel caso in cui
la loro attuale misura fissa di registro sia
di ¤ 168,00. Restando nell’ambito immobiliare, pertanto, non saranno interessati a
questo aumento i contratti di locazione in
quanto per essi l’imposta fissa di registro
è rimane di ¤ 67,00, mentre sarà elevata
da ¤ 168,00 ad ¤ 200,00 l’imposta fissa di
registro per la registrazione dei contratti di
comodato di beni immobili e per gli atti
soggetti a IVA.
L’aumento si applicherà anche per gli atti
giudiziari pubblicati o emanati dal 1° gennaio 2014, gli atti pubblici formati dal 1°
gennaio 2014, le donazioni fatte dal 1°
gennaio 2014, le scritture private autenticate dal 1° gennaio 2014, le scritture private non autenticate presentate per la
registrazione dal 1° gennaio 2014, le denunce (di contratti verbali) presentate per
la registrazione dal 1° gennaio 2014, le
formalità di trascrizione e di rinnovazione
eseguite a decorrere dal 1° gennaio 2014,
le domande di annotazione presentate a
decorrere dal 1° gennaio 2014.
UPPI
nazionale
La
“mediaconciliazione”
C
on il recepimento legislativo con
modifiche del testo
del Dlgs
28.10.2010 l’istituto della mediazione entra a pieno diritto nell’ordinamento, noi dell’UPPI dobbiamo farci carico
della sua diffusione, applicazione e gestione nella maniera più seria ed efficiente, essendo una risposta snella ai
bisogni di certezza del diritto che affliggono il nostro mondo della piccola proprietà immobiliare.
Esaminando le modifiche più significative
al decreto ci appare la volontà del Legislatore di incoraggiare il più possibile l’utilizzo
della “mediazione delegata” (a parte l’altra modifica al codice di procedura civile
introdotta con l’art. 185 bis).
I legali dell’UPPI dovranno insistere presso
i Magistrati perché ciò accada in assoluto,
nell’interesse dei propri clienti-soci posto
che ciò risulta possibile in ogni momento
e grado del processo e dell’iter procedurale (salvo il momento delle precisazioni
delle conclusioni).
Infatti:
a) il giudice, in tale opzione, non deve più
“invitare” le parti ma “deve disporre
l’esperimento di mediazione”;
b) “Il provvedimento di cui al periodo precedente indica l’organismo di mediazione”.
La lettera h) del comma 1 dell’art. 23 appare la modifica procedurale di maggior rilievo.
Infatti, il precedente termine di quindici
giorni per la data del primo incontro è modificato in : “un primo incontro di programmazione, in cui il mediatore verifica con le
parti le possibilità di proseguire il tentativo
di mediazione, non oltre trenta giorni’’.
Più tempo quindi per le parti chiamate per
comprendere il meccanismo ed “attrezzarsi” alla partecipazione alla mediazione.
La modifica, in qualche maniera correlata,
che abbrevia i termini per lo svolgimento
della mediazione in tre mesi e non più
quattro, appare funzionale alla economicità temporale e quindi alla efficienza
dell’impatto sociale della mediazione
nelle controversie.
Alla novità dell’incontro di programmazione, va aggiunta la novità che regola la
tariffa, infatti:
1. se all’incontro di programmazione intervengono entrambe le parti e dopo questo
incontro il procedimento prosegue (al di là
del suo esito), queste debbono le indennità di mediazione come da tariffa di Regolamento.
2. se al termine dell’incontro di programmazione, il procedimento non può continuare e in quella stessa sede si forma il
processo verbale di mancato accordo, le
parti non hanno obblighi economici se non
il rimborso delle spese vive documentate
(raccomandate, ecc).
Per quanto riguarda il resto dell’impianto
normativo sulla mediazione null’altro cambia sul piano operativo rispetto alla normativa pregressa che fu posta nel nulla
con il noto (tardivo) intervento della Consulta che eccepì l’eccesso di delega nella
produzione del Decreto Legislativo (ora
con la dignità di legge formale).
L’unica vera novità è quella che prevede
Una normativa
protagonista
nel mondo
della proprietà
immobiliare
17
Prof.
Gilberto Baldazzi
UPPI
nazionale
18
che gli avvocati delle parti partecipano (remunerati dalle parti anche per il primo incontro che viceversa è gratuito rispetto alla
attività dell’Organismo prescelto) obbligatoriamente a tutte le fasi della mediazione
e il verbale di conciliazione, se da loro sottoscritto, ha effetto esecutivo; inoltre gli
avvocati, se iscritti all’albo sono di diritto
mediatori. È evitato infatti agli stessi di
acquisire il titolo mediante il corso di 50
ore ma resta l’obbligo di:
1) iscriversi ad un organismo (di norma
quelli specialistici prevedono l’esclusiva)
2) frequentare i corsi di aggiornamento
biennali di 18 ore (e riteniamo che il biennio debba essere conteggiato dal mo-
mento dell’iscrizione all’organismo, mentre per gli altri il biennio decorre dall’acquisizione del titolo)
3) acquisire il tirocinio assistito ad almeno
20 procedure.
L’UPPI nelle varie articolazioni provinciali
e sezionali per offrire una adeguata completa assistenza è bene che contragga convenzioni con Organismi specializzati di
Conciliazione per assistere con il supporto
della propria struttura e dei propri legali i
Proprietari che hanno necessità di veder risolti rapidamente e con poca spesa i conflitti che insorgono in connessione alla loro
proprietà.
19,5
16,7
16,4
12,2
8,6
7,6
4,2
4,9
6,3
6,2
6,7
5,4
4,5
4,2
4,3
5,0
2,4
1,8
1,2
2,4
3,0
2,3
2,5
2,2
1,6
2,1
1,5
2,9
1,5
1,3
2,3
3,3
1,8
G.U. 78
19-03-81
G.U. 42
12-02-82
G.U. 43
14-02-83
G.U. 41
10-02-84
G.U.44
20-02-85
G.U. 67
21-03-86
G.U. 33
17-02-87
G.U. 54
05-03-88
G.U. 35
11-02-89
G.U. 93
21-03-90
G.U. 59
11-03-91
G.U. 42
20-02-92
G.U. 37
15-02-93
G.U. 35
12-02-94
G.U. 40
17-02-95
G.U. 121
25-05-96
G.U. 39
17-02-97
G.U. 32
09-02-98
G.U. 69
24-03-99
G.U. 46
25-02-00
G.U. 51
02-03-01
G.U. 49
27-02-02
G.U. 44
22-02-03
G.U. 47
26-02-04
G.U. 46
25-02-05
G.U. 49
28-02-06
G.U. 47
26-02-07
G.U. 52
01-03-08
G.U.50
02-03-09
G.U.49
01-03-10
G.U.48
28-02-11
G.U.50
29-02-12
G.U.50
28-02-12
19,4
17,3
16,4
12,5
8,6
8,0
4,5
5,0
5,7
6,4
6,5
6,1
4,3
4,2
3,8
5,5
2,6
1,6
1,3
2,1
3,1
2,3
2,7
2,0
1,6
2,2
1,5
2,9
1,5
1,3
2,2
3,2
2,2
1981
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
G.U.63
15-03-13
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APRILE
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14-11-85
G.U. 323
23-11-84
G.U. 317
18-11-83
G.U. 311
11-11-82
G.U. 314
14-11-81
G.U. 313
14-11-80
G.U. 328
01-12-79
G.U. 332
28-11-78
OTTOBRE
13,3
17,2
18,6
20,5
18,2
12,3
OTTOBRE
G.U.296
20-12-12
G.U.294
19-12-11
G.U. 301
27-12-10
G.U.302
30-12-09
G.U.299
23-12-08
G.U. 299
27-12-07
G.U.295
20-12-06
G.U.294
19-12-05
G.U. 298
21-12-04
G.U. 294
19-12-03
G.U. 299
21-12-02
G.U. 21
25-01-02
G.U. 299
23-12-00
G.U. 297
20-12-99
G.U. 287
09-12-99
G.U. 15
20-01-98
G.U. 296
18-12-96
G.U. 298
22-12-95
G.U. 295
19-12-94
G.U.301
24-12-93
G.U.297
18-12-92
G.U. 303
28-12-91
G.U. 286
07-12-90
G.U. 291
14-12-89
G.U. 291
13-12-88
G.U. 303
30-12-87
G.U. 296
22-12-86
G.U. 300
21-12-85
G.U. 4
05-01-85
G.U.340
13-12-83
G.U. 339
10-12-82
G.U. 347
18-12-81
G.U. 353
27-12-80
G.U. 344
19-12-79
G.U. 355
21-12-78
NOVEMBRE
2,4
3,2
1,7
0,7
2,6
2,3
1,7
1,8
1,7
2,4
2,7
2,3
2,7
2,0
1,5
1,6
2,6
6,0
3,7
4,2
4,9
6,2
6,5
6,4
5,3
5,2
4,7
8,6
8,6
13,0
16,7
18,2
21,5
18,7
11,6
NOVEMBRE
TABELLA DELLE VARIAZIONI DEL COSTO DELLA VITA PER OPERAI E IMPIEGATI RISPETTO ALLO STESSO MESE DELL'ANNO PRECEDENTE
PUBBLICATE DALLA GAZZETTA UFFICIALE AI SENSI DELL'ART. 81 LEGGE 392/78
G.U.18
22-01-13
G.U.17
21-01-12
G.U. 18
24-01-11
G.U.22
28-01-10
G.U.19
24-01-09
G.U. 26
31-01-08
G.U. 16
20-01-07
G.U.16
20-01-06
G.U. 27
03-02-05
G.U. 18
23-01-04
G.U. 19
24-01-03
G.U. 21
25-01-02
G.U. 35
12-02-01
G.U. 19
25-01-00
G.U. 8
12-01-99
G.U. 15
20-01-98
G.U. 15
20-01-97
G.U. 16
20-01-96
G.U. 20
25-01-95
G.U.10
18-01-94
G.U.15
20-01-93
G.U. 15
20-01-92
G.U. 18
22-01-91
G.U10
13-01-90
G.U.12
16-01-89
G.U. 26
02-02-88
G.U.16
21-01-87
G.U.15
20-01-86
G.U. 20
24-01-85
G.U. 6
06-01-84
G.U. 10
12-01-83
G.U. 22
23-01-82
G.U.23
24-01-81
DICEMBRE
2,4
3,2
1,9
1,0
2,0
2,6
1,7
1,9
1,7
2,3
2,7
2,3
2,7
2,1
1,5
1,5
2,6
5,8
4,1
4,0
4,8
6,0
6,4
6,5
5,5
5,1
4,3
8,6
8,8
12,8
16,3
17,9
21,1
19,8
G.U. 101
12-04-80
G.U. 20
20-10-79
DICEMBRE
11,9
2013
2012
2011
2010
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
1991
1990
1989
1988
1987
1986
1985
1984
1983
1982
1981
1980
1979
1978
U.P.P.I.
UNIONE PICCOLI PROPRIETARI IMMOBILIARI
e
UNION PANEUROPEENNE DE LA PROPRIÈTÈ IMMOBILIÈRE
10 dicembre
GIORNATA EUROPEA
DELLA CASA
10-12-1294
Traslazione a Loreto
della Casa di Nazaret
10-12-1948
Adozione dichiarazione
universale
dei Diritti dell’Uomo
10-12-2000
Promulgazione dei Diritti
Fondamentali
dell’Unione Europea