Scheda Truman Show

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Scheda Truman Show
Tra finzione e realtà: il mito
platonico della caverna
The Truman Show
di Peter Weir
con Jim Carrey (Truman), Laura Linney (Hanna Gill /
Maryl Burbank), Noah Emmerich (Marlon)
genere: fantastico
soggetto: Andrew Niccol
sceneggiatura: Andrew Niccol
produzione: USA 1998
durata: 102 minuti
la trama
Il film, che alterna il registro della commedia brillante a
quello drammatico, è una riflessione insieme ironica e
allarmata sul ruolo della televisione nella nostra società e si presenta come una sorta di trasposizione moderna del mito platonico della caverna.
Senza esserne consapevole, Truman Burbank vive su
un set cinematografico che riproduce il mondo reale,
quale protagonista di un reality show che porta il suo
nome: “The Truman Show”. Nato davanti alle telecamere (1), Truman ha vissuto tutta la sua vita sotto gli
sguardi di un numero sempre crescente di spettatori,
giunto con le ultime puntate a toccare il numero vertiginoso di un miliardo e settecentomila persone, sparse in ben duecento paesi.
Ciò che a Truman appare reale è in verità una finzione,
una perfetta ricostruzione in cui ogni cosa è artificiale e
ogni persona – amico, famigliare o collega – è un atto-
re che recita una parte. La cittadina di Seahaven in cui
ha trascorso la sua intera esistenza è un enorme teatro
di posa, gestito da una cabina di regia che segue ogni
istante della sua vita (2).
Se il mondo di Truman è una simulazione, non altrettanto si può dire della sua vita: egli è un uomo “vero”,
che parla, sceglie e agisce senza seguire alcun copione, ed è proprio la sua “autenticità” a far sì che così
tante persone seguano con partecipazione le sue vicende esistenziali (4).
Tutto sembra procedere senza intoppi, quando alcuni
piccoli accadimenti e incongruenze vengono a turbare il movimento tranquillo e ripetitivo della vita di Truman, inducendolo a scoprire il gigantesco meccanismo di cui è vittima e a maturare una sofferta presa di
coscienza della necessità di cambiare in qualche
modo la propria condizione.
spunti di riflessione
Apparenza e realtà
Il personaggio più inquietante del film è Christof, che è insieme regista dello spettacolo televisivo e
“demiurgo” (cioè artefice, come vedremo nel prossimo capitolo) del mondo dell’apparenza. Intervistato all’inizio della narrazione cinematografica, egli spiega che il tema conduttore di tutto lo spettacolo è la contraddizione tra i termini “artificiale” e “autentico”: il mondo in cui Truman si muove è
simulato, ma in lui non vi è nulla di artificiale, lui non sta recitando. Sotto questo aspetto, il mito
platonico della caverna e il film sono accomunati dalla convinzione che la realtà in cui ci troviamo
a vivere è definita a nostra insaputa, secondo uno schema già ordinato, e che spetta all’impegno
di ciascuno il compito di essere vigili e di comprendere il meccanismo in cui si è inseriti. Mito e film
si distinguono tuttavia per la diversa concezione della libertà dell’uomo: infatti, se è vero che in
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Roberto Cortese, Filosofia, Paravia
entrambi è la situazione esterna a indurre l’uomo a credere che ciò
che è artificiale – le statuette o gli attori – sia reale, è altrettanto
vero che nel film Truman può vivere in modo autonomo la propria
esistenza, prendendo responsabilmente le proprie decisioni, mentre nel mito platonico gli uomini che osservano il susseguirsi delle
ombre sul fondo della caverna sono incatenati, privi di qualunque
libertà o autonomia.
La prigione dorata in cui Truman è rinchiuso è il mondo dei massmedia, che propone una realtà da accettare senza riflessione e in
cui vivere senza pericoli né paure. È una prigione in cui i carcerieri
sono capaci di agire in modo gentile sugli individui e nella quale la
pubblicità è onnipresente (3), sebbene spesso in modo celato, ed
esalta un modello di vita consumistico e superficiale. La falsità di
quel mondo ovattato è rivelata dalla sua assoluta prevedibilità e
omologazione, e solo recuperando la capacità di “pensare con la
propria testa”, senza distrazioni o pigrizia, Truman riuscirà finalmente a scoprire l’inganno in cui vive.
Il mondo proposto dalla televisione è certo più attraente della caverna platonica, ma, proprio come la caverna, esclude l’uso di una riflessione critica e limita le possibilità conoscitive dell’individuo alle pure
impressioni sensibili e alla gratificazione immediata che ne deriva.
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Ignoranza e felicità
Un ulteriore parallelismo tra il film di Weir e il mito di Platone sta
nel binomio “superficialità e serenità”: fino al compiuto raggiungimento dell’età adulta, Truman non è riuscito a scoprire la verità sul
suo mondo, perché accettare la realtà così come si presentava era
molto più semplice che impegnarsi in un’ardua ricerca. Tuttavia,
egli non è completamente appagato e a un certo punto del film avverte l’inadeguatezza di una vita che si ripresenta sempre nelle
stesse modalità, e arriva a nutrire il desiderio di scoprire nuove realtà, proprio come lo schiavo del mito platonico, che è spinto a spezzare le proprie catene dalla nostalgia che prova nei confronti di un
mondo “altro”. Si tratta però, nel film come nel mito, di un passaggio
doloroso: Truman deve superare le proprie fobie e la via di fuga che
infine sceglierà, con una piccola barca a vela (5), metterà a rischio la
sua stessa vita.
Il cammino di Truman verso la verità segue un percorso analogo a
quello tracciato da Platone: esso passa attraverso l’amore (il ricordo
sempre presente della prima fidanzata improvvisamente scomparsa) e comprende al suo interno la sofferenza (l’immagine del pianto
di Truman mentre cerca di rompere il fondale è di grande suggestione). Il traguardo finale è un’assunzione di responsabilità verso
se stesso: con un inchino da attore consumato, Truman si rivolge al
proprio pubblico mettendo fine al reality show (e al film) ed esce dal
mondo fittizio perché sente l’esigenza di incontrare i suoi simili e di
confrontarsi con loro sul senso della propria vicenda, rivelando anche in questo caso una sintonia profonda con lo schiavo liberato del
mito platonico, il quale, pur seguendo un cammino inverso, è animato dalla stessa esigenza di condividere la sua scoperta.
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