Educatore Penitenziario - Istituto Progetto Uomo

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Educatore Penitenziario - Istituto Progetto Uomo
L’educatore penitenziario per adulti
Il carcere è il luogo della pena ma può e deve diventare anche il contesto in cui
si creano le condizioni per una riabilitazione psicosociale. A tal fine è necessario
che il detenuto sia accompagnato nella ricerca del senso dell'esperienza
detentiva, come momento di una storia personale che va intesa in modo
evolutivo, cosicché il futuro si apra ad una progettualità positiva.
A sostegno di questo processo opera l'educatore penitenziario, una figura poco
conosciuta e riconosciuta nel suo prezioso ruolo istituzionale.
L'intervento
pedagogico
dell'educatore
in
carcere
ha
come
oggetto
il
comportamento del detenuto.
Fin dal suo ingresso in Istituto e per tutta la durata dell'espiazione della pena
l'educatore "osserva" le cause (endogene ed esogene) che hanno portato alla
condotta
deviante
del
soggetto,
valutando
nel
tempo
l'influenza
della
subcultura carceraria, l'aderenza ed il rispetto delle regole poste dal regime
interno dell'Istituto e la partecipazione del soggetto rispetto agli interventi
offerti dall'istituzione, i rapporti con la famiglia e l'ambiente esterno.
Le
attività
offerte
al
detenuto
nell'ambito
del
trattamento
rieducativo
individualizzato mirano a contribuire al processo di maturazione di un
atteggiamento responsabile del detenuto, al fine di un graduale reinserimento
nella società dalla quale lui stesso si è autoescluso con la commissione del
reato. L'educatore interviene nell'attività di osservazione e trattamento dei
reclusi mediante metodologie differenti rispetto a quelle utilizzate dagli altri
operatori penitenziari, all'interno di un lavoro di équipe coordinato dal Direttore
dal carcere.
L'ordinamento penitenziario riconosce all'educatore il ruolo di segretario
tecnico dell'équipe (ai sensi dell'art. 29 reg. esecuzione), al quale tutti gli altri
operatori penitenziari del gruppo allargato del G.O.T. (Gruppo di Osservazione
e Trattamento) devono trasmettere le informazione ed i dati raccolti durante il
percorso detentivo del soggetto.
L'educatore convoca la riunione d'équipe presieduta dal Direttore d'Istituto e,
ove necessario, richiede l'intervento degli esperti ex art. 80 o.p. intervenuti
durante lo svolgimento dell'attività di osservazione scientifica della personalità
del condannato, ai fini della redazione della c.d. relazione di sintesi con la
previsione di un'ipotesi trattamentale (intra o extra muraria) che sarà
trasmessa al Magistrato o al Tribunale di Sorveglianza per l'approvazione.
Per giungere a questa fondamentale fase del percorso detentivo, l'educatore
opera affinché il detenuto arrivi a dare significato all'esperienza detentiva,
superando i pregressi vissuti di rabbia, risentimento e vendetta.
E’ necessario agire sul senso di realtà e responsabilità, favorendo processi di
interiorizzazione del proprio vissuto ed imparando a vivere relazioni positive
proprio a partire dal carcere.
Le
attività
rieducative
e
trattamentali
tendono
a
promuovere
l'autorealizzazione della persona in quanto essa riesca ad intravvedere nella
detenzione un'opportunità di cambiamento rispetto al proprio agito. Pertanto si
creano occasioni di studio, lavoro e formazione in collegamento con il mondo
esterno al carcere, anche con lo scopo di spendere tali conoscenze e
competenze sul mercato, una volta scontata la pena.
Non si tratta di un percorso semplice, né lineare: molteplici sono i meccanismi
di difesa e le dinamiche aggressive che vanno riconosciute per promuovere un
cambiamento utile alla restituzione del condannato alla società dalla quale egli
si era autoescluso a seguito della commissione del reato.
Anche in carcere, l'atteggiamento educativo si basa sul riconoscimento
dell'altro come persona, capace di gestire resistenze e fragilità interpersonali,
di riscoprire le proprie potenzialità, le parti sane indipendentemente dal livello
di autodistruttività espresso con la condotta deviante. La detenzione è un
periodo delicato che si svolge secondo proprie regole: per promuovere fiducia
in sé e negli altri l'educatore si misura con la statura e la forza dell'adulto. Egli
segue una metodologia che si avvale della conoscenza di varie scienze
umanistiche, quali il diritto, la psicologia, la sociologia, la criminologia e le
tecniche di comunicazione interpersonale. L'educatore favorisce le occasioni di
dialogo con i detenuti, individualmente ed in gruppo, attraverso una pedagogia
attiva e non direttiva che si sperimenta in varie occasioni di intervento; i
reclusi possono richiedere il contributo professionale dell'educatore anche in
episodi di emergenza, come nei ripetuti gesti autolesionistici e nell'astensione
volontaria dall'assunzione di bevande e cibo.
Questa concezione attiva dell'intervento dell'educatore deriva dalla visione non
convenzionale del carcere: esso è visto come contenitore di vita, entro cui
permangono persone private della libertà personale, che mostrano bisogni a
vari
livelli
cui
è
necessario
tentare
di
offrire
una
risposta.
Ripercorrere il "continuum" esistenziale del condannato attraversato dalla
carcerazione richiede impegno e coerenza a vari livelli di comprensione.
Empatia, entropatia, accoglienza sostengono l'educatore nello sforzo di
accompagnare il singolo alla ridefinizione del proprio percorso di vita.
In particolare, l'educatore deve astenersi da una valutazione stigmatizzante del
comportamento del detenuto e comprendere le ragioni dell'altro, poiché ogni
persona nelle proprie motivazioni ha insite le ragioni che lo hanno condotto al
reato piuttosto che alla responsabilità che consente la libertà.
I compiti dell’educatore penitenziario possono, quindi, essere schematizzati
nel seguente modo:
1. Attività di osservazione;
2. Attività di trattamento dei condannati e degli internati e di sostegno degli
imputati;
3. Organizzazione del servizio di biblioteca;
4. Partecipazione alla commissione interna all’istituto penitenziario nella
predisposizione del regolamento interno;
5. Partecipazione al consiglio di disciplina;
6. Partecipazione alla commissione per le attività culturali, ricreative e
sportive;
7. Mansioni delegabili dal direttore dell’istituto.
Educatore nel processo penale minorile
L'impostazione del processo penale minorile richiede al sistema dei servizi un
grosso impegno sul piano organizzativo e metodologico per individuare
modalità operative dinamiche conformi ai principi ispiratori della normativa.
Per rispondere a tale esigenza, l'operatore deve svolgere un ruolo articolato e
complesso che richiede capacità e competenze a diversi livelli che vanno dalla
gestione del rapporto con il minore alla interazione con le altre figure
professionali dell'équipe, dal collegamento con gli altri servizi del territorio alle
funzioni organizzative di programmazione, monitoraggio e valutazione degli
interventi.
In
particolare,
all'educatore
è
richiesta
una
specifica competenza
comunicativa verso:
•
il minore, funzionale alla raccolta di informazioni e all'offerta di uno
stimolo sia cognitivo sia relazionale/affettivo per aiutarlo a riflettere sulla
propria storia (cause ed i contesti che lo hanno portato a delinquere)
nonché per costruire un contesto di rapporto adeguato e pertinente al
suo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale, e per cogliere, decodificare ed
utilizzare i suoi messaggi ed i suoi segnali;
•
la famiglia, per conoscerne il sistema, cercare forme di alleanza e
collaborazione e per utilizzarla e valorizzarla come risorsa dell'intervento;
•
la magistratura, affinché le scelte e le azioni dei giudici e degli
operatori si muovano entro cornici coerenti e secondo obiettivi comuni;
•
i vari servizi del territorio per gestire e definire i termini della
collaborazione nell'ottica di garantire al minore un percorso articolato e
coerente.
All'operatore
è
altresì
richiesta
una
forte competenza
interpretativa per
adattare gli obiettivi e i significati della normativa alla specificità dei casi, ai
vincoli ambientali e al sistema dei servizi. Il suo compito è quello di
interpretare, attraverso criteri metodologici predefiniti, i fatti accaduti e
valutare le risorse esistenti perché il soggetto possa avere delle possibilità per
ritessere e riprendere il proprio cammino nella realizzazione di un progetto
educativo.
La figura dell'educatore è presente nelle strutture educative del Ministero di
grazia e giustizia fin dagli anni '50; allora, si connotava fondamentalmente
come una funzione di controllo del comportamento, il che confliggeva con
il
ruolo dell'educatore, centrato sulla relazione pedagogica.
In questo nuovo assetto, i problemi della devianza minorile cominciano ad
essere gestiti in un'ottica rieducativa in cui il minore che infrange la legge è
considerato un soggetto bisognoso di cure, terapia e correzione. La riforma del
processo penale minorile incide ulteriormente nell'individuazione di questo
contesto operativo.
Si ridefiniscono, così, gli obiettivi dell'azione pedagogica in una prospettiva di
interventi immediati (l'impatto con il circuito penale) e a più lungo termine (il
progetto educativo individualizzato). In relazione a questi obiettivi, il compito
dell'educatore è la ricerca e l'analisi delle risorse proprie del minore, della
famiglia e dell'ambiente di vita.
All'interno dei Centri di prima Accoglienza (CPA) e degli Istituti per i Minorenni
(IPM) l'educatore è la figura centrale. Il suo ruolo è essenzialmente quello di
fungere da mediatore tra l'utenza (il minore e la sua famiglia) e la
magistratura, attraverso il passaggio di tutte le informazioni relative al caso: in
questo senso, l'educatore può essere considerato una figura intermedia.
In
questa
cornice,
l'educatore
si
presenta
anche
come
esperto
di
comunicazione; deve, cioè, essere in grado di costruire e gestire processi di
comunicazione ed interazione, individuando le forme, le strategie e i tempi
adeguati secondo gli interlocutori coinvolti.
Sia la raccolta di informazioni sulla storia del ragazzo (rapporti intrafamiliari,
percorsi scolastici, lavorativi e del contesto amicale) che l'osservazione delle
modalità
con
le
quali
il
minore
accoglie
le
informazioni
trasmessegli
dall'educatore, sono funzionali alla stesura di una relazione di osservazione per
il Giudice, nella quale l'educatore descrive le risorse personali, familiari e
ambientali, indicando una proposta di intervento.
Obiettivo ultimo della relazione educativa è comunque quello di indurre nel
minore un cambiamento sul piano:
•
relazionale/affettivo, ovvero sull'auto percezione da parte del ragazzo,
sul suo modo di costruire la realtà e interpretare le difficoltà;
•
comportamentale, nel momento in cui l'educatore sostiene il minore
nell'adempimento di determinate attività che servono a realizzare il
progetto individuale;
•
organizzativo, favorendo le risorse istituzionali e attivando la rete dei
servizi territoriali.
La finalità del cambiamento è la responsabilizzazione del minore, sia sul piano
delle
intenzioni
che
dei
comportamenti,
protagonista delle sue azioni.
in
modo
tale
da
attivarlo
a