il felicione
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►◄ IL FELICIONE [ ex antiquo > PERIODICO BIMESTRALE Anno I Numero 3 Marzo 2010 IVANNEUM ANNO I NUMERO 3 MARZO 2010 [ ex antiquo > ►► INDICE ► [ Incipit > 5 M Lorenzini ► [ Una piramide in Urbino? - Intervista a Matteo Lorenzini > 7 E Cesarini ► [ Letteratura europea e medioevo latino e riposo > 16 L Mereni ► [ Liriche nonsocchesi > 18 C Lorenzini ► [ Cresciolandia > 19 E Cesarini ► [ Dall’acqua (III episodio) > 21 M Lorenzini e L Mereni ► [ La transizione - Fotoromanzo > 29 M Lorenzini ◄ IN COPERTINA - Sentiero sui calanchi (Civita di Bagnoregio VT) Foto di L. Pampaloni ◄ Chapas (Messico) La grandiosa mole della piramide di Palenque, sede della tomba di sire Pacal, più noto come “astronauta di Palenque”. Foto di F. Lucarini ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > Incipit di Matteo Lorenzini La suggestiva copertina di questo numero pone ammiccante una domanda. Che cosa ci giunge dall’antico? Molte risposte, tutte valide, verranno in mente a ciascuno di voi lettori. Oggi il Felicione vuole dare le sue risposte: interessanti, curiose e perfino sagge. Dalla profondità allucinante del passato proviene un misterioso retaggio, il messaggio insinuante di civiltà dimenticate, simboli perduti ed intere epopee tramontate. Esistette davvero Atlantide? E se sì, dove si trovava? Le grandi piramidi di Giza sono realmente sepolture di re? E’ la Sfinge, poi, il ritratto di pietra del faraone Chefren, o si tratta di un’ipostasi del Leone celeste, scolpita nel calcare decine di migliaia di anni fa, come i segni d’erosione sui suoi fianchi lascerebbero supporre? Noi abbiamo fornito una versione in parte ironica e scherzosa delle interpretazioni indipendenti e archeoastronomiche del linguaggio parlato da questi antichi, eccezionali monumenti. Ma non vi è una vera critica nei confronti di un metodo d’indagine che deve in realtà molto al razionalismo ed al positivismo propri anche alla cultura scientifica ortodossa. Non sono forse perfettamente logiche certe deduzioni di Kolosimo, suscitate da un’attenta riflessione e in qualche modo ispirate da un assoluto laicismo e scientismo? Se vogliamo riconoscere a questi autori indipendenti, i vari Bouvais, Homet, Hancock, una ingenuità autentica, è proprio nel loro credere ciecamente alla ragione che ne vediamo la manifestazione. Nella nostra opinione, poco importa quanto reali e meno ancora plausibili o dimostrabili siano certe ipotesi su civiltà scomparse, enigmi perduti e influenze extraterrestri nel passato: quello che è importante davvero è il fatto innegabile che un’infinità di oggetti, tradizioni, luoghi, testi ci portano dal passato l’insegnamento saggio e prezioso di un mondo straordinario e inestinguibile che con la ragione e con la scienza ha poco, se non nulla, a che fare. La tecnologia ci ha intrappolato in una prospettiva allucinante di causa-effetto, dettando arrogantemente (e molto ingenuamente) il suo limitato ipse dixit. Ma i fantasmi suffumicanti di un oscuro atavico sogno tornano a tormentarci nelle pietre megalitiche, nei monumenti inspiegati, nei nomi immaginifici di Mu e Gondwana, e sembrano dirci parole di grande portata: realtà è sogno, e sogno è libertà. Dal passato arriva anche la tradizione, prima di tutto culinaria. Pochi pensano alla cucina in termini di evoluzione, lasciando questo termine al campo semantico di scimmie e protozoi. Ma è nella storia dei piatti tipici che trovo il fil rouge della selezione naturale: nell’avvicendarsi e nel sostituirsi di ingredienti ed elementi, di tecniche e modalità, che sembrano in modo strettissimo legate ai mutamenti storici ed economici. L’emergere dei 5 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > pomodori e delle patate è, nella mia immaginazione, paragonabile se non identico alla disastrosa caduta di un meteorite gigante. Ha portato all’estinzione di un numero imprecisato di piatti e ricette, tale che noi non potremo mai valutarne nemmeno approssimativamente la portata; e se di dinosauri ed antichi mammiferi sono rimaste le ossa, che rimane oggi di quelle lontane leccornie? La “rivoluzione copernicana” delle patate e dei pomodori ha cambiato radicalmente, e per sempre, il modo stesso di concepire la cucina. Ed oggi che i meccanismi di selezione si sono spenti in ogni ambito, biologico come enogastronomico, l’evoluzione della cucina si è fermata: come cambieranno adesso i piatti e le ricette? Chi ne elaborerà e ne guiderà le innovazioni? Per fortuna, possiamo ancora attingere alla sapienza degli avi ed alla loro deliziosa, saporosa tradizione. Nella civiltà del lavoro, dove non solo le possibilità dell’individuo ma la sua stessa percezione di sé dipendono strettamente dalle ore di lavoro e dalla realizzazione che in esso trova, è straordinario poter ricevere da un passato nemmeno troppo lontano la dolce consacrazione del riposo, come conclusione, perfezione del lavoro. E se l’opera scritta è il labor per eccellenza, e se il significato della parola latina labor è proprio fatica, ancor più significativo è l’insegnamento di questi antichi maestri, persuasi che la grandezza del loro lavoro compositivo fosse proprio nella sua eccezionalità, resa possibile dalla consuetudine del riposo. Secondo voi, si identificavano essi con il loro lavoro? Erano ancora uomini, o già macchine? Gli uomini di oggi trascorrono infanzia ed adolescenza a progettare se stessi, ed il resto della vita semplicemente a funzionare. Nel presentare con orgoglio questo terzo numero del Felicione, desidero ringraziare tutti quelli che hanno reso possibile, e renderanno possibile in futuro, il raggiungimento di questo traguardo, che per me è stato a lungo un sogno. Non avrei creduto, dico il vero, che si realizzasse: e se già tre numeri sono per me un successo, auguro davvero al Felicione una lunga vita, e che possa anch’esso trasmettere, in qualche modo, un messaggio al nostro futuro. Grazie ancora perciò, e buona lettura. ■ 6 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > Una piramide in Urbino? Intervista a Matteo Lorenzini di Elisabetta Cesarini In provincia di Pesaro-Urbino, nei pressi di Piobbico (noto ai più come paese dei brutti), esiste un complesso collinare di aspetto piramidale, più volte portato alla ribalta per le teorie di Matteo Lorenzini, che suppone esso sia di costruzione umana. Vuole inoltre farlo risalire addirittura a 12.000 anni fa. ◄ Stemma del Club dei Brutti di Piobbico (PU) Indagini sul sito hanno permesso di determinare l’assenza di qualunque artificio umano risalente a epoche antiche. Gli scienziati hanno criticato le autorità urbinati che hanno incoraggiato queste asserzioni affermando che questa è una frode crudele nei confronti di un pubblico fiducioso e non trova posto nel mondo della vera scienza. ◄ Piobbico (PU) Veduta del castello e del ponte, alle falde del massiccio del monte Nerone. 7 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > La collina, alta 940 metri, alle cui pendici sorge l’antico borgo di Colombara, sede del Mappamondo più grande del mondo, ha una forma vagamente piramidale. L’idea che potesse essere una piramide è stata divulgata da Matteo Lorenzini, un astrofisico fiorentino con ambizioni di archeoastronomo alla Peter Kolosimo, abitudinario dei luoghi perché amante della crescia . ◄ Colombara (PU) Vista aerea della piramide di Colombara. La geometria piramidale è evidenziata da linee rosse. Immagine di Google Earth I suoi futuri scavi sul sito porteranno alla luce, secondo lo stesso studioso, un piano di entrata, dei cunicoli pavimentati e blocchi di pietra con intonaco che si suppone fossero la copertura della struttura. Lorenzini ha affermato che lo scavo coinvolgerà una squadra internazionale di studiosi provenienti da tutto il mondo, Terrasanta, Romagna, Montefeltro, Irlanda, Svezia e Romania. ◄ Colombara (PU) Rilievo altimetrico della piramide di Colombara. La geometria piramidale è evidenziata da linee rosse. Immagine di Google Maps Per indagare meglio la questione che tanto scalpore ha sollevato, ho pertanto il piacere di intervistare l’artefice della scoperta, nonché promotore del sito e dei lavori di scavo che inizieranno a breve, il Prof. Matteo Lorenzini. 8 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > ◄ Colombara (PU) Panorama della frazione di Colombara, non lontana da Piobbico. Buongiorno, lei è il Prof. Matteo Lorenzini nato a Firenze nel ‘77, esperto di archeoastronomia. Quali studi ha effettuato per diventare così illustre nel suo campo? Salve. Innanzitutto mi complimento con lei per la deferenza che dimostra nei confronti della mia augusta persona, il che e' certo dovuto ma comunque piacevole. D'altronde non mi e' difficile immaginare come sia bello onorarsi della mia presenza. Ma veniamo alla domanda. Innanzitutto nel campo dell'archeostronomia e delle scienze criptostoriche in generale l'esperienza sul campo è l'unica vera scuola. Non troverà un'accademia vera e propria di Scienza Archeoastronomica, neppure, a maggior ragione, un'Università che rilasci diplomi; invece, un gran numero di personalità originali ed eminenti hanno prodotto opere magistrali alle quali, come a fonti vive, ho colmato la mia sete di conoscenza. ◄ Colombara (PU) Nelle vicinanze del borgo è possibile visitare il mappamondo più grande del mondo. L’interno della sfera è visitabile: vi possono entrare fino a 600 persone. Mi lasci citare qui Graham Hancock, tra i piu' recenti, l'indimenticato Bouvais, pilastro dell'archeoantropologia, il pioniere colonnello Churchward, il professor Marcel Homet, i geniali ed accademici Dechend e De Santillana, 9 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > e nel campo della astromitologia sir Robert Graves, Gianna Chiesa Isnardi, Felice Vinci e Thomas Rolleston, solo per citare alcuni nomi; ed in ultimo, ma non certo in ordine d'importanza, il primo ed il più grande archeoastronomo che possa dirsi tale: il magnifico Peter Kolosimo, al secolo Pier Domenico Colosimo, un orgoglio tutto italiano. Ma quindi lei non ha seguito una carriera accademica per così dire canonica? Non esiste una carriera canonica nella disciplina della quale mi ritengo esperto. Vede, l'archeoastronomia si muove, per così dire, attraverso la scienza cosiddetta canonica, cercando di usare i suoi stessi metodi, perfezionati, per arrivare a quelle conclusioni che, seppure implicite nella ricerca stessa, la scienza tradizionale è costretta a rifiutare in virtù della sua natura conservatrice. In effetti, se per un verso sarebbe più semplice ottenere credibilità attraverso una “canonizzazione” delle tesi della ricerca indipendente, dall'altra è proprio grazie alla mancanza di questi vincoli che il ricercatore dell'archeologia spaziale ha mani libere e mente aperta. Le faccio un esempio. Quando Kolosimo per la prima volta suggerì al mondo che l'homo sapiens sapiens doveva essersi evoluto su una linea distinta dall'uomo di Neanderthal, del quale doveva essere stato in qualche modo contemporaneo, la sua tesi, per quanto poi si è rivelata esatta ed è oggi accettata pacificamente, creò scalpore ed un clima avverso. Ma oggi gli stessi difensori di quella tesi un tempo detta “eretica” non sarebbero altrettanto aperti verso chi dicesse, ad esempio, che l'uomo non può discendere da nerboruti scimmioni, cosa che tuttavia leggiamo ancora, e con consolazione, nei libri del Maestro. In definitiva, l'archeologia spaziale deve riconoscersi solo nella propria capacità di lucidità ed indipendenza: il buon ricercatore archeoastronomico deve rinunciare a legami e pastoie quali sono, ad esempio, i riconoscimenti di una carriera accademica. Molto interessante, ma cerchiamo di addentraci di più sull'argomento per il quale le ho richiesto questa intervista. In questi ultimi mesi le sue affermazioni hanno creato molto scalpore tra la stampa e spesso si sono lette anche dichiarazioni contraddittorie. Ci parli della famosa Piramide di Urbino, che cos'è? Prima di parlare di questa, che promette di essere una delle principali scoperte della mia brillante carriera, certo di gran lunga più importante di quanto abbia mai ottenuto seguendo i desueti e miopi metodi di ricerca della scienza fisica, vorrei inquadrare il problema in una prospettiva più vasta. Anni or sono, Kolosimo stesso si preoccupò di insinuare l'idea scomoda che la piramide, paradigma architettonico diffuso ampiamente in regioni tra loro lontanissime del globo, non sia altro che il retaggio comune di antichissime conoscenze, tramandate per millenni e scaturite da una misteriosa “fonte di altissima civiltà” collocata in qualche punto del nostro lontanissimo passato. 10 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > Non starò qui a ricordare, per un pubblico fin troppo bene edotto in queste cose, quale quello dei lettori del Felicione, tutte le tappe successive della ricerca piramidologica, d'altronde è sufficiente una lettura delle opere sempre attuali di G. Hancock per farsi un'idea più' o meno completa delle principali questioni attinenti. Tuttavia lasci che faccia menzione di tutti quei siti che di recente, accanto a quelli assai ben conosciuti quali Giza, il Messico e la Cina protodinastica, si stanno affacciando quali probabili resti di antichissime piramidi, erette da civiltà sconosciute. Va da sé che, se tali piramidi dimenticate esistono, la scienza tradizionale dovrà arrendersi alla fine all'idea che, eoni fa, la terra fosse abitata da una razza di elevatissimo livello culturale e tecnologico. Mi riferisco soprattutto all’ormai celebre caso della piramide bosniaca di Visoko celata a quanto sembra da decine di migliaia d’anni sotto l’insospettabile aspetto di collina sormontante l’omonima cittadina. Si deve a Semir Osmanagić, mio collega, nonché prestigioso esponente dell’archeoastronomia dilettantesca, la riscoperta delle origini artificiali di questo grandissimo complesso architettonico. D’altronde, a ben osservare le foto che ritraggono la cittadina e la collina in questione, non sarebbe stato difficile per un ricercatore di media intelligenza, ma sufficiente apertura mentale, intuire l’esatta rispondenza della struttura del rilievo ad una fin troppo regolare geometria piramidale. Mentre gli scavi diretti da Semir Osmanagić in Bosnia proseguono, creando sempre più imbarazzo ai luminari dell’archeologia internazionale , molti in Italia, probabilmente stimolati da questo illustre precedente, hanno individuato e segnalato nei più diversi e inattesi luoghi, formazioni naturali approssimativamente piramidali, che nella mia opinione non mancheranno nella gran parte dei casi di riservarci notevoli sorprese. Mi riferisco per esempio a Sant’Agata dei Goti, Vesallo, Montevecchia e infine Pontassieve, a poca distanza da Firenze dove sono state rinvenute tre formazioni piramidali disposte in modo analogo alle tre piramidi di Giza. ◄ Visoko (Bosnia) La collina di Visocika incombe, con le sue forme regolari, sulla città di Visoko. 11 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > E la tanto decantata Piramide di Urbino è uno tra i tanti casi che ci ha citato? Certo, uno tra i tanti, ma oserei dire il primo tra i tanti. Ma andiamo con ordine. La scoperta della così detta piramide di Urbino (o per maggior precisione, Piramide di Colombara) risale a circa 2 anni fa. In quell’epoca reduce da anni di gratificante lavoro nel campo della monumentologia1 comparata, iniziavo a dedicarmi ad un nuovo campo; mi recai nelle vicinanze di Urbino sui monti della Cesana, per indagare da vicino lo sconcertante fenomeno delle così dette “autostrade aliene”. Ero in compagnia di due validi studiosi, la Dott.sa Cesarina Porcobesi2 e il Dott. Enrico Campagna, quest’ultimo tra l’altro esponente della scuola che fa capo ad un grande nome della contemporanea scienza indipendente, il Professor Corrado Malanga dell’Università di Pisa. Fu con loro che, attraversando il tratto appenninico della statale apecchiese, ebbi modo di notare (e come non restarne colpiti?) il netto profilo piramidale della collina che sotto il monte Nerone sovrasta il borgo di Colombara. Ricordo ancora che tra di noi fin da quel primo momento, non vi fu alcun dubbio riguardo all’origine artificiale del rilievo. Ricordiamoci che stiamo parlando di un enorme tumulo la cui base, approssimativamente quadrangolare, misura di lato la bellezza di 1 Km. Questo fatto unitamente all’incredibile pendenza delle superfici laterali ci convinse subito che solo una civiltà con inimmaginabile nozioni ingegneristiche poteva aver eretto un così ardito monumento in modo tale che sopravvivesse alle decine di migliaia di anni. Elisabetta Cesarini: Una volta resosi conto della scoperta che aveva davanti qual è stata la prima dichiarazione ufficiale che ha rilasciato? E soprattutto a chi si è rivolto per avere un sostegno? Matteo Lorenzini: Innanzitutto devo dire che sebbene molto colpito dalla scoperta, nei mesi immediatamente successivi non ebbi tempo da dedicare ad eventuali approfondimenti, a causa degli impegni legati alla ricerca sulle alien highways. Appena possibile, tuttavia, ovvero nell’autunno del 2008, ho organizzato un sopralluogo esplorativo con la dott.ssa Porcobesi, al fine di compiere alcuni rilievi preliminari per un successivo e più ampio studio. Fu in quella occasione che prendemmo anche le prime immagini digitali della montagna, che immediatamente dopo pubblicammo su web, riscuotendo sin dal primo momento entusiastici apprezzamenti, ma anche, e forse dovrei dire sopratutto, secche critiche. Per fortuna, a seguito della pubblicazione di queste foto, ho subito trovato un valido appoggio nella persona illuminata del Sindaco di Urbino Corbucci, che mi ha chiesto un incontro per rilasciare una dichiarazione congiunta alla stampa scientifica. A differenza di altri ingessati personaggi della scena politica italiana, il Dott. Corbucci e i suoi collaboratori, tra i quali vorrei in particolare ricordare l’attivista Dott.ssa Gheller, hanno dimostrato di saper riconoscere un’occasione unica di crescita del territorio oltre che della conoscenza. E’ 1 Questi studi sono stati coronati dalla recente revisione di un interessantissimo lavoro, pubblicato in forma ristretta col titolo “ Il mio bagno” che dovrebbe far parte del bagaglio culturale di ogni buon lettore di archeoastronomia. 2 Assistente dal 2006 del Prof. Birkenmeyer dell’Università Friederich-Schiller di Jena 12 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > proprio grazie a questa autorevole mallevadoria che ho potuto con grande soddisfazione ricevere la laurea honoris causa in Scienze della Comunicazione presso l’Università Carlo Bo di Urbino, riconoscimento che mi onoro di condividere con Valentino Rossi , Vasco Rossi e Franco Califano. Certo tutte queste onorificenze mi colpiscono, ma poi per continuare i suoi studi sul sito della presunta Piramide avrà avuto bisogno di finanziamenti. E’ riuscito ad ottenerli? in che modo? Diciamo che l’aspetto finanziamenti è sempre un problema in questi casi. Tuttavia, grazie ad una modesta somma assegnatami dall’Università di Urbino, ai proventi di una giornata di studio promossa nella primavera successiva sul sito della Piramide dal locale gruppo di Avventure nel Mondo e agli introiti di una porchettata organizzata a Piobbico dal locale Club dei Brutti, abbiamo avuto fondi sufficienti per una prima indagine ad ampio spettro sulle caratteristiche della geomorfologia del sito, ottenendo numerosi ed interessantissimi risultati. Attualmente proprio grazie a questi risultati preliminari, assieme ad alcuni collaboratori stiamo sottoponendo al ministero della pubblica istruzione una domanda fondi nell’ambito dei progetti PRIN (Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale). Ho letto alcune sue dichiarazioni, lei parla di un team internazionale di collaboratori. Chi sono questi studiosi di cui si avvale e da dove provengono? Oltre al doveroso coinvolgimento del già citato Prof. Semir Osmanagić, che sta svolgendo presso la comunità europea il ruolo di referente per tutti i progetti di Archeopiramidologia nell’ambito del settimo programma quadro (FP7) della UE, ho avuto la fortuna di ricevere la spontanea collaborazione di molti illustri nomi della ricerca indipendente, molti dei quali ho l’onore di conoscere personalmente. Potrei fare in primis il nome del Prof. Filippo Valguarnera, attualmente docente di Archeoastronomia del Diritto presso l’Università indipendente di Uppsala (Svezia), uno dei massimi esperti viventi delle teorie rivoluzionarie ◄ Cork (Irlanda) Rarissima immagine di gemmazione ovulare su pareti di micropiramidi. Cortesia del Tyndall Institute. 13 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > dell’ingegner Felice Vinci. Anche il Dott. Lorenzo Mereni, dell’istituto Tyndall a Cork (Irlanda) per le ricerche sull’intrudologia aliena e la micropiramidologia (campo di recentissima nascita), ha mostrato grande interesse nei nostri progetti, ed è grazie alla sua intercessione che abbiamo potuto esaminare una delle più enigmatiche immagini di gemmazione ovulare su pareti di micro-piramidi. Vorrei inoltre ringraziare per i preziosi consigli la futura Dott.ssa Camilla Porcy della agenzia spaziale rumena, giovane ricercatrice dotata di intuito e soprattutto di una vastissima cultura in materia. Ritengo veramente di grande qualità il team di cui ci ha parlato. Viste le brillanti menti coinvolte, quali sono le prospettive che avete davanti? Che cosa pensate di poter scoprire? Grazie agli anni di studi preliminari già compiuti, ci siamo fatti un’idea a grandi linee di quello che doveva essere il contesto originale della Piramide di Colombara. Innanzitutto la data della sua prima edificazione deve di necessità risalire almeno a 12-14 millenni prima di Cristo; questa datazione ci è suggerita soprattutto da paralleli evidenti con le altre grandi piramidi di Giza. E’ pressoché certo che la Piramide che studiamo, rappresentando, come le sue più famose cugine egiziane, la posizione di una stella all’interno di una costellazione (probabilmente Eta-Carinae), debba essere inserita in una rete di molte piramidi simili: il che significa che altre piramidi devono essere nascoste nelle vicinanze. Ma dove? Oggi non ne vediamo traccia. Il geologo Marco Benucci della sezione geomineralogica della multinazionale svedese IKEA, sostiene che tali piramidi potrebbero essere nascoste sotto le masse metamorfiche dei rilievi vicini, in particolare il Monte Nerone. Se ciò si rivelasse vero, saremmo costretti per ovvi motivi a retrodatare l’edificazione del complesso astromimetico a decine di milioni di anni fa, quando la zona del monte Nerone era occupata da una pianura irrigua coperta da vegetazione tropicale, molto simile al moderno Yucatan. A partire da queste osservazioni, stiamo valutando, assieme al comune di Urbino ed alla multinazionale IKEA, la possibilità di compiere perforazioni esplorative nel mantello del massiccio del Nerone, in cinque zone che abbiamo individuato come probabili sedi di altrettante strutture piramidali. In questo studio abbiamo coinvolto anche esperti dell’Università di Pisa e Firenze, in contatto con il dott. Campagna, ovvero fondamentalmente il gruppo del professor Stanga, che dispone di sensibilissimi accelerometri in grado di ricostruire letteralmente l’aspetto del sottosuolo, usando avanzatissime tecniche di rendering acustico, al fine di individuare strutture regolari sepolte nella roccia. Per quel che riguarda la piramide stessa, abbiamo compiuto numerosi sopralluoghi e presto inizierà una campagna di scavi finanziata dall’Unicoop Firenze; speriamo di trovare quanto prima evidenza delle nostre tesi, al fine di zittire una volta per tutte le voci tendenziose e miopi dei nostri detrattori. Davvero sorprendente, ci aspettiamo quindi molto presto nuove scoperte da parte sua e del suo team. Una domanda da non addetta ai lavori, diciamo un suggerimento per i nostri lettori. Ci consiglia la visita 14 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > del sito archeologico e delle zone limitrofe? Potrebbe un visitatore estraneo a queste teorie rivoluzionarie apprezzarne la suggestione? In definitiva, credo che qualunque persona dotata di media intelligenza e non troppo assuefatta alla decadenza dei nostri tempi, rappresentata così bene da trasmissioni televisive e prodotti sub-culturali assai diffusi, potrebbe senz’altro apprezzare il fascino che scaturisce immediato dall’imponente profilo della piramide di Colombara, reso ancor più evocativo dall’incombente mammellone del Monte Nerone. Se posso dare ancora un ultimo consiglio, vi invito caldamente a visitare il sito nei pressi della prossima Pasqua, allorché sarà possibile reperire in quel di Urbino non solo l’ottima crescia sfogliata , ma anche la deliziosa e corroborante crescia di Pasqua. Bene, la ringrazio enormemente per le spiegazioni che ci ha fornito e anche per i preziosi consigli di archeogastronomia che ci ha elargito. La aspetto per una nuova intervista quando avrà altre importanti scoperte da annunciare. ■ 15 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > Letteratura europea e medioevo latino e riposo di Lorenzo Mereni Carissimi messeri tutti, amorosi e riposati lettori, questa volta voglio contribuire alla nostra prestigiosa rivista con un intervento più culturale del solito. Spero che non vi stanchiate tuttavia. Cercando sollazzo serale dalle faticose e numeriche letture alle quali sono costretto dalla mia attuale attività, mi trovavo a sfogliare un’antologia di donna Mariasilvia intitolata “Letteratura Europea e Medio Evo latino”. Trattasi di opera scritta dal professor Ernst Robert Curtius che dopo fortune alterne, con le quali, si sa, tutte le persone di un certo livello sono costrette a fare i conti, per citare un caso eclatante basti pensare al prof. Corrado Malanga, trova finalmente il suo posto tra i classici della filologia e critica novecentesca soltanto dopo la seconda metà dello scorso secolo. A questo punto voi mi chiederete: -Che cosa tutto ciò ha a che fare con il Felicione?Ed io vi risponderò: -Come l’uomo si unisce con la donna, così un paragrafo di questa opera illustre si amalgama per contenuti al tema fondamentale da noi quivi trattato: quello dello spirito quieto per non usare la sgradita anglofonia “quiet spirit” che appariva nella copertina del primo numero.In un certo senso mi sto anche riconducendo ad un brano apparso sempre nel primo numero, vergato con maestria dalla prestigiosa penna di messiè Pampalonì: la meravigliosa Ode al Riposo che trova la sua più sublime realizzazione nell’incompiutezza. Ecco qui che il Curtius percorre alcuni dei τό ποιpiù diffusi come esordi nella letteratura antica e medioevale: [Gettatevi nel fuoco, gesta degli eroi antichi! Fra gli illetterati infatti il canto dell’allodola suona più dolce di quello del cigno] Questi è Dioscoride nel 250 a.C. O anche: [Omnia iam vulgata: quis non Eurysthea durum Aut inlaudati nescit Busiridis aras?] 16 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > [Tutto è ormai divulgato: chi non sa del duro Euristeo, o dell’altare dell’empio Busiride?] Questi è Virgilio che al pari del primo ribadisce l’importanza dell’originalità lagnandosi delle storie abusate ed a tutti note, come fa anche Dante nel Paradiso quando dice: L’acqua ch’io prendo già mai non si corse. Bene, ma scopriamo, continuando a leggere, che i τό ποι più belli - e quale altra aggettivazione usare?- erano riservati alle chiuse delle opere. Cito direttamente il Curtius : “Il motivo che più frequentemente nel Medio Evo induceva il poeta a terminare il suo scritto era la stanchezza. Poetare significava invero compiere un lavoro faticoso. Spesso lo scrittore termina l’opera «per riposarsi», oppure si rallegra che gli sia nuovamente consentito il riposo. Chi legge ha la sensazione che il poeta, nel deporre la penna, provi sollievo. Talvolta l’autore dichiara che “la sua Musa è ormai stanca”, talaltra che il suo piede non resiste più al cammino…” In nota a piè di pagina vi sono numerose citazioni dei testi originali, ricca galleria di gustosi exempla: Smaragdo (Poetae, I 615, n° XV 17s): carminis hic statuo finem defigere nostri / Ut teneam requiem iam tribuente Deo [Decido di porre qui la fine del mio poema / per aver requie per grazia di Dio]. Purchard (Poetae, V 227, 492): carminis hic dat clausola fertque quietem / cure scribentis, quia labilis est labor omnis, / Premia sed simper stabunt sine fine potenter [Qui la chiusa dà fine al poema, e porta con sé la tranquillità / all’affanno di chi scrive, giacché labile è ogni fatica, / ma il premio rimarrà in eterno, possente, senza fine] Anonimo («NA» 2, 396, 215): haec ubi complevit, iam lassa Thalia quievit [Una volta portati a termine questi versi, stanca, Talia si riposò] Passio S. Catherinae, ed. Varnhagen 698: pennam pono fruor operisque fine; quieti / Mentem reddo, manum subtraho, metra sino [Poso la penna, e mi godo la fine del mio lavoro; alla calma / restituisco la mente, sottraggo la mano, abbandono i versi] Ugo di Trimberg, in chiusa del Registrum Jesu Christo [Ora in questo libretto, fermo il passo stanco, / volgendo una preghiera nel nome del Nostro Signore Gesù Cristo]. Queste le perle dei nostri padri che per caso trovò E per voi le riportò su questa breve pagina Laurentius Maereno Hiberniensis a sera già fatta. Ma termina l’ora del giorno e termina l’opera. ■ 17 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > Liriche nonsocchesi di Camilla Lorenzini Chi dice che la quasi dottoressa Camilla Lorenzini non ha mai scritto nulla di autografo prima della monumentale opera composta per la tesi in Progettazione della Moda non sa forse che molte delle sue composizioni precedenti, affidate a fogli volanti od alla sola tradizione orale, sono andate sfortunatamente perdute. Non tutte però: ecco un caso straordinario di testo autentico, parte originariamente delle dimenticate Liriche nonsocchesi. Se i Mastri Allegri delle feste voi sarete Questo bel pacco voi riceverete Per le vostre doti di nonsoccanza e nonsoccheria Ho pensato ad una nota di allegria Nell’Immondezzaio rovistando ho cercato Ed un bel pacco profumoso ho trovato “Per i Mastri!” ho detto soddisfatto E veloce anche un bel fiocco ho fatto! Se poi puzzoso per voi sarà La vostra faccia si sfracellerà. ■ 18 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > Cresciolandia Ricette, storia, tradizioni e cultura di Urbino di Elisabetta Cesarini CRESCIA DI PASQUA Anche se il detto “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi” sembra invitare esplicitamente all’esodo dal proprio ambito familiare, non c’è ricorrenza che vanti tanti piatti tradizionali come la Pasqua, quasi a voler riunire, anziché disperdere (come vorrebbe il proverbio), la famiglia intorno alla tavola. Si tratta di piatti simbolici come l’agnello, segno di innocenza e immolazione che rappresenta per i cristiani il corpo innocente di Gesù crocefisso, mentre per gli ebrei è legato al passaggio dalla schiavitù alla libertà della terra promessa; la colomba emblema di pace fra il cielo e la terra o le campane che annunciano la gioia della Resurrezione dopo il dolore della morte; l’uovo che è simbolo di nuova vita per gli ebrei e della resurrezione di Cristo per i Cristiani. La festività religiosa è ancora fortemente sentita e costituisce occasione per ritrovare piatti dal sapore dimenticato, preparati con formule note o segrete e custodite come patrimonio familiare. In tutto l’Appennino centro-settentrionale (Romagna, Toscana, Marche e Umbria) la colazione pasquale tanto attesa dopo il digiuno della Quaresima era composta, per ogni commensale, dal tipico pane pasquale, alcune fette di salame e uova benedette (il più delle volte sode). Il pane Pasquale è un pane rituale con un forte valore cristiano, dimostrato dalla sua forma: tonda con la parte superiore segnata dal simbolo della croce. Ha svariati nomi a seconda della zona geografica in cui viene prodotto, e anche le ricette, per lo più tenute segrete dalle famiglie, variano ingredienti e procedimenti. Quello originario di Urbino è la Crescia di Pasqua. 19 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > ◄ Via Pellipario (Urbino) Cuoca rinomata del panorama urbinate, Maria Ruggeri Albicocco ha contribuito alla stesura della ricetta della Crescia di Pasqua. Foto di Elisabetta Cesarini. Viste le enormi differenze di sapore e ingredienti e gli svariati accostamenti che si possono trovare da una tradizione famigliare all’altra, in questo numero non possiamo entrare nei dettagli della ricetta della Crescia di Pasqua, ma darvi solo la sommaria descrizione di una particolare Crescia di Pasqua, a detta di tutti la migliore Crescia di Pasqua, quella che da anni si prepara nella famiglia Albicocco di Urbino. Riportiamo in breve la ricetta: ½ kg di farina, 5 uova, 200 g di parmigiano grattugiato, 200g di condimento (burro e olio), 3 panetti di lievito di birra, buccia di arancia grattugiata, noce moscata, sale e pepe q.b. Mescolare farina e formaggio, a parte sbattere uova con noce moscata, arancio, condimenti, sale e pepe. Sciogliere il lievito con un po’ di acqua tiepida. Creare una fontana con la farina e al centro mettere tutto il resto. Amalgamare l’impasto e lavorarlo con un po’ di olio fino a che non diventi omogeneo e morbido. Ungere con lardo le speciali teglie di forma cilindrica, attendere la lievitazione e infornare a 180° per 40 minuti. Si consiglia di consumarla la mattina di Pasqua durante la tipica e tanto attesa colazione, assieme a salumi, formaggio e uova, ma non sodate (sarebbe troppo triste), bensì in una abbondante frittata con asparagi di bosco, assai frequenti nei greppi urbinati, e perché no, un buon bicchiere di vino. Chi è così fortunato da avere legami con questa famiglia ha l’onore di poterla mangiare anche fuori stagione. ■ 20 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > Dall’acqua Terzo Episodio di Matteo Lorenzini e Lorenzo Mereni -E’ quello che stavo cercando di dirti maledizione. Stamattina è arrivato un sommergibile a largo, dove ci sono le operazioni di recupero, uno di quei piccoli sommergibili scientifici, con il fondo trasparente per vedere i fottuti pesci; Murdock ha preso una barca insieme al suo schiavo e ad un altro soldato, lo hanno raggiunto e si sono imbarcati… pare che saranno impegnati nel recupero tutto il giorno. John forse la tua iperattività è dovuta a stress… hai avuto un’operazione e non ti sei preso neanche una fottuta settimana… forse dovresti fare una vacanza.John aveva ascoltato con attenzione incassando ogni parola come un pugile fa con i jabs dell’avversario mentre aspetta l’occasione per sferrare il colpo del KO: anche la sua mente intanto stava lavorando, cercava di ricavare un senso da quello che gli veniva detto, un senso che escludesse quello che James voleva tacitamente implicare, ovvero che si trovava nel pieno di un esaurimento nervoso. Eppure non si sentiva affatto così: si sentiva pieno di energie e positività e soltanto una cosa era ancora in grado di fargli cambiare umore: il sergente Murdock. Beh anche i colleghi che gli davano del pazzo non aiutavano molto. Tuttavia non fu in grado di sferrare il suo colpo e non potette fare altro che rimettersi a lavorare in silenzio, mentre gli altri nell’ufficio gli lanciavano fugaci occhiate di commiserazione. Una vacanza. Sì, forse aveva bisogno di una vacanza. Nonostante l’importanza del suo ruolo nell’Organizzazione, l’ufficio del sergente Murdock era un locale piccolo e poco illuminato, ricavato in una delle salette al piano mezzano dell’edificio. La leggera porta in alluminio, di color aragosta, recava la sola dicitura “Direzione Operativa”. Dentro, una scrivania di laminato grigio, curiosamente ordinata e sgombra, ed uno scaffale zeppo di volumi e raccoglitori. Seduto dietro la scrivania, Murdock fissava il suo interlocutore con sguardo indecifrabile. Teneva il gomito appoggiato al tavolo e con le dita si tormentava i corti capelli arricciati sulla fronte. Nessuna traccia dello schiavo. - Aspetto la domanda consueta, sergente.- Bertram, quasi afflosciato sulla sedia, ruppe il precario silenzio. I suoi occhi mobili, inquieti, si posavano ora sul volto enigmatico di Murdock, ora sul vaso di vetro rosso, curiosamente vuoto, esposto su un basso ripiano. - Immagino che debba porla, nonostante la risposta sia evidente ad entrambi.Bertram annuì. 21 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > - Come vuoi.- Murdock cessò il movimento meccanico delle dita, e si allungò sulla poltrona con un sospiro. – Com’è andata? Un fallimento, suppongo.Il vecchio si drizzò sulla schiena, come per riguadagnare dignità. La luce filtrava a malapena nella stanza da una piccola finestra sbarrata. - Gli Accademici hanno fallito, infatti. Io ho fallito. Lo schema si è ripetuto, inalterato.Il sergente prese da una tasca del giubbino mimetico una busta di tabacco, aprì il cassetto della scrivania, ne trasse una pipa di foggia moderna e per qualche secondo si dedicò ad accenderla. Nei suoi gesti era possibile leggere una certa ostentata ritualità, quasi come se tramite essi stesse elaborando un raffinato disegno. - So che ti sarà oltremodo penoso, ma dovrai riferirmi su tutto. Non dimenticare che io sento questo racconto per la prima volta, e devo sapere, prima di scendere in mare.- Scriverò subito un rapporto. Stasera stessa. Potrai leggerlo nella notte, come sempre. Non è poi così difficile, ricordo l’ultimo nei dettagli, e quello che devo compilare non gli è molto differente.Dense volute di fumo iniziarono ad annaspare nell’aria scura, verso il soffitto di cartongesso. - Lo leggerò stanotte. Il gruppo parte domattina, ed io, ovviamente, vado con loro.Poi Murdock si spinse in avanti, appoggiando le braccia conserte alla scrivania. Guardò Bertram negli occhi, e nel suo sguardo si incrinò qualcosa. - Temevo che sarebbe accaduto. Ma devi dirmi di più. Quante volte? Dici di aver già scritto molti rapporti. Quante volte abbiamo fallito?- Sedici. Duecentoquaranta anni di iterazioni. Ho vissuto in totale quasi quattro vite umane. Il che non sarebbe male di per sé, non fosse per il fatto che, nelle linee generali, si sono ripetuti sedici volte gli stessi quindici anni. Nauseante.-Sedici iterazioni.- Murdock aveva gli occhi sbarrati. – Comincio a dubitare delle nostre possibilità.Bertram schioccò la lingua con soddisfazione. C’era qualcosa che non poteva aspettare il rapporto, pensò. O Murdock si sarebbe demoralizzato ancor più dell’ultima volta. - Ma questa, la diciassettesima, non è del tutto uguale alle altre.Il sergente contrasse le palpebre in un involontario gesto di sorpresa. Bertram lo tenne in sospeso ancora qualche istante; adesso gli occhi liquidi del vecchio si erano fatti complici, e soddisfatti. - Già. Ha colpito anche me. Tu ricordi bene come inizia questa fase, no?Murdock annuì. - Deve ancora iniziare, per me. E’ la regola.- Infatti. Sempre, nelle passate esperienze, dopo il fallimento sono tornato esattamente al momento dell’inizio della fase. Questo è normale. E’ l’effetto Monopoli, alla fine di ogni partita si riparte sempre dal via. Ma questa volta no. Sono tornato prima, diverse ore prima. Adesso sono qui, e questa è una prova del mio anticipo. Dà da pensare, no?22 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > Murdock tornò a tormentare il ricciolo sulla fronte. Interessante, molto interessante. Incoraggiante, perfino. - Quando precisamente sei tornato?- Circa tre ore fa. Mi sono trovato davanti John J., mi diceva qualcosa, non ho capito bene. Ho percepito dei flussi in lui, come se fosse entrato nella mia scia.La luce dalla finestra si faceva debole. Stava calando la notte, fuori. Murdock ragionava ad alta voce. - Sedici iterazioni, e adesso lo schema cambia. Potrebbe essere un buon segnale.- Buono, davvero. – gli fece eco Bertram.- La congettura di Cassegrain prevede una regressione preindotta.Il sergente sorrise. Pieghe d’espressione insolite si formarono su quel volto usualmente contratto e impenetrabile. - Cassegrain. Cassegrain.- Rise tra i denti.- E bravo il nostro Heckle. Alla fine quel figlio di puttana di nerd ci aveva visto giusto. Allora è vero…c’è un modo di vincere il Gioco!- Così sembra.Murdock adesso aveva uno sguardo da visionario. Si alzò perfino, poggiando le palme sul tavolo. - Se davvero le cose stanno così, l’effetto dovrebbe aumentare di molto questa volta. Avanti, avanti. Dobbiamo proseguire, adesso, Jim. Tu sai già fin troppo bene che cosa fare. Io, per parte mia, scenderò laggiù con i miei ragazzi, domattina. Abbiamo studiato bene la mossa. Attraverseremo il diaframma, e proseguiremo il piano, come deciso. Se vuoi darmi dei consigli, è questo il momento, amico mio.Bertram parve sorpreso (e questo era piuttosto scioccante per lui), e per un attimo esitò. - Murdock, chiarirò tutto nel rapporto. Appena finito qui inizierò a…- Non c’è tempo. Il futuro mi aggiornerà su quello che hai visto. Questa tua rivelazione cambia tutto, devo modificare gli ordini.- Un altro cambiamento dello schema- mormorò tra sé Bertram, tra il perplesso e l’incredulo. - Che hai detto? Non borbottare. Devo ultimare i preparativi per domani. La nostra missione è cruciale, tu lo sai. Ho maledettamente bisogno di sapere adesso se c’è qualcosa che devi dirmi.- Due cose, sergente.Murdock prese carta e penna, doveva annotare, doveva essere sicuro di non trascurare quel che Bertram gli avrebbe rivelato. - Primo. Un nuovo simbolo. Gli Accademici lo hanno trovato pochi giorni prima della… fine del Gioco.- Un simbolo? Un nuovo, stramaledetto simbolo? E come hanno…fatto?- Hanno seguito la proposta di Hubert. Era tra i numeri di Gödel di tipo incrementale, scritto là, a belle lettere, solo estremamente difficile da decrittare. Un tassello ben nascosto, direi.- Dimmi qual è.Bertram ubbidì. Murdock impugnò la matita e scrisse, con mano incerta per l’emozione, tre parole sul foglio. Palma da datteri. Poi tornò a fissare il vecchio con impazienza. 23 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > - Che altro?- Poco altro. Solo un’impressione. Una frase di un’antica epopea mesopotamica. Mi è rimasta stranamente impressa, stamani, subito dopo il ritorno, l’ho ripetuta per ore.- Quale frase?- Non ha nessun significato. Non capisco da dove sia venuta.- Non importa! Quale frase, per Ercole?- “All’inizio dei tempi, la regalità è salita dal mare”.Finalmente erano giunte le 6 p.m. ed era l’ora di andarsene. I moduli per la richiesta di ferie li aveva già compilati, firmati, e dovevano solo essere consegnati. John salì le scale per raggiungere l’ufficio del capo del personale, ma lo trovò chiuso. Evidentemente il capoufficio si era dovuto assentare prima quel giorno. Pensò di lasciare le carte sotto la porta e di chiamare la mattina dopo per avere conferma dell’avvenuta lettura e della concessione del permesso, anche se non aveva molti dubbi sull’ultima dato che comunque da quando erano arrivati i militari il volume del lavoro era calato molto. Si chinò per raggiungere la fessura sotto la porta, ma si congelò a mezz’altezza, con le ginocchia piegate quando sentì giungere da dietro di sé la stessa voce che lo aveva rimproverato la mattina: la voce del sergente Murdock. -Puoi lasciarli a me.- disse con il suo strano accento. Meccanicamente John allungò verso il soldato i documenti senza nemmeno pensare a quello che stava facendo. -Molto bene, ferie. Permesso accordato.- disse mentre gettava uno sguardo sul pezzo di carta. -Molte grazie- disse John assumendo improvvisamente un’aria altrettanto militaresca come per adeguarsi alla presenza dell’altro. Murdock lo guardò e per un attimo la sua faccia sembrò assumere un’espressione sorpresa. -Buona serata, puoi andare adesso.- si congedò il soldato, si girò sui tacchi e si incamminò lungo il corridoio scomparendo presto nel buio degli uffici ormai deserti. - In fin dei conti- pensò John – magari non è così male. E’ un soldato, abituato ad essere obbedito senza questione, ha solo degli strani modi…Un pensiero giusto, molto razionale. Ma John non era uno stupido e sapeva che un pensiero raziocinante non era in realtà nient’altro che una evoluta e ben mascherata favola della buona notte. Una forma raffinata di gesto apotropaico che voleva bandire la vera essenza della natura umana: superstizione e paura. Si avviò giù per le scale guardando dove metteva i piedi per non cadere nel buio, intanto gli ingranaggi nella sua testa giravano a vuoto…voleva capire, ma non poteva. Più tardi, dopo una cena abbondante a base di tacchino, patatine e burro d’arachidi, John stringeva in mano una lattina di Guinness. Le gambe, incrociate, erano appoggiate con noncuranza sul basso tavolino di mogano, 24 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > davanti al sofà. Accanto a lui, in atteggiamento simile, James osservava concentrato lo schermo della televisione. John sarebbe partito l’indomani, avrebbe preso un treno per il più vicino aeroporto e di là sarebbe tornato a Creta, dove la famiglia della madre, già avvertita, lo aspettava. Un periodo di riposo nel bel mezzo del Mediterraneo. Caldo, tranquillità, vecchie abitudini. In fondo, se lo era ben meritato. Per il momento, aveva invitato James a cena. C’era la partita dei Red Deers, via cavo, e sarebbe stato piacevole rivedere, prima di partire, le smorfie dell’amico di fronte all’ennesima sconfitta della sua patetica squadrucola. E in fin dei conti, un po’ di distrazione gli sarebbe stata d’aiuto, per allontanare da sé pensieri indefinibili e sfuggenti che si era portato a casa dal lavoro, e che non era stato in grado di ricondurre ad alcuna chiara idea. Una sensazione fastidiosa, simile alla frustrazione, simile alle tormentose ansie che talvolta si vivono nell’incerto spazio tra il sonno e la veglia. Una serata tra amici, un po’ di birra avrebbero allentato la tensione. Ma allora, perché nella tasca della camicia, sotto la felpa biancorossa dei Deers, prima dell’arrivo di James, aveva riposto con attenzione il piccolo coltello col manico inciso, avendo cura di avvolgerne la lama in un fazzoletto? Il peso ottuso dell’oggetto gli premeva sul petto, dandogli un senso di fiabesca fascinazione. Perché non l’aveva lasciato nella custodia di legno di faggio, che gli aveva fatto costruire da un artigiano del Juspers? La folla inquadrata nello schermo si lanciò in urla e fischi, richiamando per un attimo l’attenzione di John. La partita si era appena conclusa, con il risultato scontato. John si volse verso James, per godersi la sua espressione. Stranamente, stasera l’amico non pareva particolarmente disperato, come se della sconfitta subita non gl’importasse molto. Aveva appena preso il telecomando in mano e stava per iniziare a scorrere i canali. Il suo volto mostrava una stanchezza singolare. John percepì il peso del coltello sul petto, il contatto netto attraverso la camicia. Si immaginò il disegno inciso sull’impugnatura, l’espressione feroce dell’orsa e la tensione potente dei muscoli del leone. Una tensione che attraverso la punta della lama sembrava irradiarsi fino alle estremità delle sue dita. Osservò l’amico. Con espressione disinteressata, guardava una televendita di stufe a pellet. Indossa degli abiti, siede sul mio divano, ha in mano una birra. Anche io ho in mano una birra. Sento il gelo attraversare la latta. Gelo. Nausea. Lo scorrere della melassa del tempo è intollerabile. E’ come trattenere il respiro. James scorreva i canali della TV via cavo. Un quiz a premi, un telegiornale economico. Tra un attimo si sarebbe alzato per andarsene. Preme i pulsanti di un oggetto che si chiama telecomando. Un oggetto fatto di plastica, rame, schede elettroniche, batterie. Alcuni hanno raccolto il rame, stampato i circuiti. Hanno assemblato il pezzo. Hanno fatto tutto ciò per uno scopo. Un telecomando. La mano di James, bianca, floscia. Finalità. Nausea. Tutto è rallentato, come in una moviola esistenziale. Ancora un cambio di canale. Un documentario. Rovine di civiltà antiche. Sumeri. 25 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > Immagino di accelerare questo tempo viscoso. Lo indurisco fino all’immobilità, poi lo frantumo in un colpo solo. Naturalmente, il coltello. Immagino di immergerlo nell’occhio aperto di James. Mentre lo faccio, tutto è immobile. Solo io vinco la melassa del tempo. James posò il telecomando. Senz’altro stava per andarsene. Eppure, per un istante, sembrò possedere una consapevolezza totale. Indugiò ancora un attimo, seduto. Ed allora la voce del televisore suonò chiara nella stanza. “Nella tradizione mitologica dei re sumeri, all’inizio dei tempi, la regalità è salita dal mare”. Suonò chiara nell’orecchio di John, suonò imponente nella sua mente. Tutto fu come l’aveva immaginato. Rapidissimo, come se ogni altra cosa, James incluso, fosse rimasta immobile. La lama sgusciò fuori dal taschino, fuori dalla felpa, affondò fino all’elsa nell’occhio destro di James. Attorno all’impugnatura, era stretta la mano di John. Quando percepì il calore del sangue, assieme vide il gelo della morte nell’unico occhio dell’amico. Fu rivomitato nella realtà lenta e impacciata del sofà, della televisione, della birra rovesciata a terra. In un attimo, senza un grido, era in strada, correva, correva a perdifiato, al solo scopo di allontanarsi il più possibile da quell’orrore. Bertram trovò socchiusa la porta dell’appartamento di John. Sgusciò dentro con circospezione, badando a non fare troppo rumore. Il televisore era ancora acceso, una di quelle repliche di vecchie trasmissioni d’intrattenimento. Prese il telecomando, caduto a terra, e spense l’apparecchio. Nella stanza si fece un silenzio profondo. Il cadavere di James, riverso sul basso tavolino, giaceva scomposto come un sacco di patate. Bertram si chinò sul corpo, spostandone il peso con delicatezza e deponendolo a terra, sul tappeto sintetico. La testa di James, con la sua orbita innaturalmente svuotata, affondò in una pozza di sangue in parte raggrumato. Il vecchio rimase in silenzio per alcuni secondi, fissando il cadavere. Lentamente, con evidente emozione, si portò una mano all’occhio destro, coprendolo. L’altro occhio, ben aperto, era sbarrato nella contemplazione del corpo, dell’orbita vuota, del sangue. - L’inizio della fase. – mormorò impercettibilmente. Attraversare il diaframma era stato più semplice del previsto. L’acqua si era riversata nel buio passaggio con violenza inarrestabile, aveva trascinato con sé il piccolo batiscafo in tecapeek coi suoi cinque occupanti, scuotendolo e sbattendolo in un turbinio di reflussi spiraleggianti. Il battello, progettato per resistere a pressioni ed accelerazioni ben maggiori di quelle misurate nelle simulazioni tecniche, aveva assorbito egregiamente i colpi, e ben presto si era adeguato alle nuove pressioni. Nessuno degli occupanti, ben allacciati ai sedili, aveva riportato ferite. Murdock osservò i volti dei quattro ragazzi seduti di fronte a lui. Espressioni tese e dure, occhi ridotti a fessure, ma nessuno di essi mostrava paura. Per un istante, brevissimo, si sorprese a provare compassione per quei soldati che l’avevano seguito senza esitazione. Nessuno dei quattro 26 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > aveva la più vaga idea di quanto grande fosse il ruolo a loro riservato nella grande rappresentazione che stava per iniziare. -Ascoltatemi bene, ragazzi.- disse seccamente, slacciando la mascherina per l’ossigeno. Le acque erano calme adesso, e in sottofondo si udiva sibilare il fischio del propulsore a espulsione. Il batiscafo era pilotato in automatico, diretto verso un punto preciso, scelto per un agevole approdo. -Ascoltatemi.- Una pausa avrebbe reso più efficace ed autoritario il tono, ed avrebbe consentito a Murdock di riflettere bene sul contenuto del discorso che stava per fare. La breve riflessione fu scandita dal consueto tormentarsi i riccioli. I quattro soldati, tre uomini e una donna, non avevano ancora tolto la maschera del respiratore. - Il passaggio del diaframma è stato superato con successo. Nessuna avaria dei sistemi. Nessun cedimento strutturale.Guardò alla volta di Key, l’ufficiale tecnico. La ragazza, originaria del nord dell’Iran, aveva i capelli nerissimi raccolti ordinatamente sotto l’elmo tattico; annuì impercettibilmente. Accanto a lei, Han, Jenkee ed An Li si tolsero i respiratori, tradendo un minimo di emozione nella rigidità dei muscoli facciali. - Ragazzi, sembra proprio che sia giunto il momento di entrare in azione. Il vostro addestramento è stato duro e so di poter contare su di voi più che su me stesso. Vi meritate di conoscere tutti i dettagli, e d’altronde, adesso che siamo…come dire…di qua, non avreste più modo di tirarvi indietro.L’attenzione si fece dura come acciaio, mentre il piccolo battello sfrecciava sempre più veloce verso la costa. - Siete stati scelti dopo una lunga selezione, non solo per le vostre doti e capacità sul campo, ma anche per i vostri nomi, per il vostro sesso, per il vostro aspetto. In altre parole, vi stavamo cercando. Anche se sapevamo della vostra esistenza, non è stato semplice trovarvi. Perché voi quattro, tra miliardi di individui, siete speciali. Siete voi il primo degli assi che abbiamo nella manica.Come previsto dalla strategia concordata, fu Han il primo ad uscire dal battello ed emergere dalle basse acque torbide. L’impressione sui pochi indigeni presenti, indaffarati attorno a rudimentali barche, fu enorme. L’alto e robusto militare, di origini germaniche, non si fece intimorire dai nativi che abbandonavano correndo la spiaggia e poi si gettavano nella bassa vegetazione, urlando isterici allarmi. Seguirono Jenkee e An Li. Quando emersero, i nativi erano tutti fuggiti, ed Han, già sulla riva, fece loro un gesto ad indicare via libera. Jenkee tolse maschera e respiratore, poi si avvicinò all’orecchio di An Li. - Divinità, fottuta miseria. Ha detto proprio così, vero? Divinità.An Li, con molta circospezione, fece cenno al compagno di osservare un completo silenzio. Poi si avviò verso Han, che nel frattempo aveva iniziato ad esplorare i margini della lunga spiaggia. Quando anche Murdock e Key raggiunsero la riva, Han aveva già un quadro della situazione. Tutti attendevano dal sergente il permesso di rompere il silenzio. 27 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > - Perfetto, ragazzi. L’operazione di sbarco è stata semplice ed efficace. Situazione?- La spiaggia è deserta, signore. I pescatori hanno abbandonato le baracche e direi che, in base alla mappa della zona che lei ci ha fornito, si sono diretti verso il grosso villaggio alle spalle di quella collina, per richiamare l’attenzione dei loro compagni.- Uruk.-Signore?-Uruk, il nome del villaggio. Probabilmente torneranno prima di sera, e torneranno in molti. Ricordate: non hanno motivo di temerci, finché non gliene diamo uno noi. Quando torneranno, non dovete dimostrare timore. Secondo le nostre informazioni, non assumeranno atteggiamenti ostili, ma tenteranno di stabilire un contatto. Non esitate a dimostrare in ogni momento la vostra superiorità tecnologica o fisica, ma usate nei loro riguardi il massimo rispetto. Tutto dipende dall’immagine che avranno di noi, come vi ho spiegato sul battello.Jenkee sorrideva. – Santo cielo, ancora non posso crederci. Questi sono i nostri… antenati.-Esatto, Jenkee. Non dimenticatelo. Nel corso dell’addestramento avete imparato i rudimenti di un particolare linguaggio in codice, che chiamavate Sum-X. E’ la lingua di questi uomini, come i nostri esperti sono riusciti a ricostruirla. Il sumerico arcaico è in gran parte solo una congettura, quindi non meravigliatevi se i nativi non capiscono tutto, o se a voi sfuggono le loro espressioni. An Li, tu sei il linguista del gruppo: concentrati sulle loro espressioni, impara a capirli al meglio. Prima parliamo il loro idioma, prima possiamo compiere il nostro lavoro e tornare indietro. Avanti, montiamo il campo. Li aspettiamo qui.An Li, Jenkee e Key estrassero dagli zaini il necessario per il campo, le piccole tende ad igloo ed i sensori di perimetro. Murdock si avvicinò a Han che, leggermente defilato, osservava rigido il profilo della bassa collina di sabbia oltre la spiaggia. - Ho un compito speciale per te, Han. E’ un compito molto importante, dalla cui riuscita dipendono migliaia d’anni di storia e miliardi di vite. Secondo le nostre ricerche, sei tu che te ne devi occupare.L’impenetrabilità del giovane colosso non venne turbata minimamente dalle parole del sergente. Murdock estrasse da un astuccio una piccola lama senza filo, priva del manico. Una lama, a prima vista, senza valore. - Appena la situazione sarà sotto controllo ed avremo accesso ad Uruk, cerca di scovare un buon artigiano. Mi raccomando, deve essere capace e sveglio, e deve avere accesso all’avorio. Usa pure tutti i trucchi che vuoi, minaccia anche, ma è vitale che nulla trapeli finché il lavoro sarà completo.Han annuì. – Qual è il lavoro sergente? – - Un regalo prezioso per il loro capo. Dovrai far montare una bella impugnatura d’avorio su questo pugnale.- (continua…) ■ 28 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > La transizione di Matteo Lorenzini 29 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > 30 ANNO I NUMERO 3 Marzo 2010 [ ex antiquo > ◄ Fonte Avellana (Pesaro-Urbino) Veduta panoramica del monastero camaldolese della Santa Croce a Serra Sant’Abbondio. Foto di M. Lorenzini IL FELICIONE Periodico Bimestrale Comparto Editoriale IVANNEUM Via di Fabbiolle 68, 50023 Impruneta (FI) Sede Legale IVANNEUM Via P. di Pozzolatico 23 50023 Imprunum (PANIVANIA) [ Ex antiquo > Anno I Numero 3 Marzo 2010 A cura di E Cesarini e M Lorenzini Distribuzione limitata Hanno collaborato: Dott. Elisabetta Cesarini Dott. Matteo Lorenzini Ing. Lorenzo Mereni Camilla Lorenzini Ringraziamo: Maestro Lorenzo Pampaloni Pres. Roberto Favillini Dott. Francesca Lucarini Dott. Enrico Campagna Prof. Ruggero Stanga Prof. Semir Osmanagić Dott. Franco Corbucci Prof. Giulietta Gheller Chef Maria Ruggeri Albicocco Prof. Corrado Malanga Prof. Filippo Valguarnera Club dei Brutti di Piobbico Comune di Urbino Avventure nel Mondo - Sez. Urbino Per inviare i tuoi contributi al Felicione scrivi a: [email protected] Trovi i numeri passati del Felicione nel sito web: www.ivanneum.it 31 IL FELICIONE Comparto Editoriale IVANNEUM Via di Fabbiolle 68, 50023 Impruneta (FI) Sede Legale IVANNEUM Via P. di Pozzolatico 23 50023 Imprunum (PANIVANIA) www.ivanneum.it