La Città del Sogno

Transcript

La Città del Sogno
Re – stando nel sogno
Il passo diventa veloce ed è come se le figure dei ragazzi sul piazzale in
attesa del mio ritorno, perdessero i contorni. La sensazione netta di un
passare oltre. I conduttori hanno esaurito la loro funzione e nel
disinteresse o nel vissuto superficiale della situazione cercata e trovata,
si emarginano in una nebbia fitta che sa di passato. Sento la velocità
aumentare istante dopo istante dentro di me, ed ogni cosa è inadeguata
rispetto a quanto già si delinea nella mente e nell’ anima. Il sole ha
attraversato lo zenit ed ora si avvia verso il tracciato che lo porta al
tramonto. Li guardo mentre parlottano, qualche metro più in là oltre il
pulmino. Fumano e sembrano casuali visitatori di un luogo estraneo. I
miei processi troppo rapidi per essere compresi, trovano poco spazio
ormai nella relazione che mi ha condotta sin lì. In quel preciso
momento il sogno riappare oltre i due giovani, che continuano a
chiacchierare, in attesa del rientro. Torna in una luce improvvisamente
più forte, riconoscibile ed invincibile.
Mi guardano interrogativi Giovanni e Sallah, già intercettando sul mio
viso, nelle espressioni, un cambiamento. Resto ferma sul piazzale,
inondata da significati e messaggi che chiedono di essere letti. Nel cielo
azzurro e limpido si creano giochi e traiettorie, tra nubi e scie, che
richiamano ad una casa. Ritorna il sogno e la percezione di qualcosa. In
quel bagliore resto sospesa: la mente e la parte profonda, misteriosa
che giace nel fondo di ciascuno, rimbalzano verso linee geometriche
che con i raggi del sole assumono forme e proiezioni.
C’è un tronco tagliato sul piazzale, mi seggo un attimo per afferrare il
rivelato, per trovare il capo di quel filo che collega un evento all’altro…
mio fratello ferito, l’incidente, il verdetto, l’unità spinale. E poi Hassan,
Sallah… ora Linda, Silvia, Vittorio…il sogno, la corsa verso qualcosa di
sconosciuto e d’inafferabile.
La meta? È solo ricerca per Sallah? No.
Le voci s’alzano e le sento arrivare in maniera frastagliata e disordinata.
Esiste lontano un progetto da realizzare, è come sospeso tra la terra ed il
cielo, attende schiere di guerrieri, di combattenti pronti a rimboccarsi le
maniche ed ad abbattere recinzioni mentali, culturali, economiche,
sociali e burocratiche per giungere ad affermare un senso ricercato e
rincorso con affanno. Vedo, attraverso la luce che entra tra i rami di un
albero nel piazzale, le magie che un animo sa recepire e rinviare ad altri.
Fermo quell’istante come pietra miliare. La prima pietra! Senza mezzi,
senza terreni o pratiche avviate, senza aiuti o sostegni. La prima pietra
nella forza della luce, appoggiata sulla certezza di disperdere pregiudizi
e contaminazioni, per confermare e giustificare in qualche modo la
strada che si delinea. La scrittura dell’idea penetra tra i lamenti che
risuonano dentro ma anche nei sorrisi che s’incrociano fiduciosi, tra le
mani che si cercano e si stringono in cerca di aiuto.
Oh meraviglia del mondo! Certo le guerre, le stragi, i massacri, la fame,
le lotte intestine e di potere, la rincorsa al benessere, il denaro,
disperdono la sua grandiosità e la bellezza pura nascosta dietro un
attimo di contemplazione e di astrazione. Certo il dolore per vittime
innocenti, per l’umiliazione data dalla povertà più assoluta, per la fame
che impedisce di sollevarsi dal giaciglio putrido della malattia e del
bisogno mentre molti si agitano in inutili sprechi, ottenebra la mente ed
il cuore. Ma è proprio in nome di tutto questo che è necessario aprire i
nostri canali più sottili e collegarsi al mistero, alla gioia dello stupore
che cattura. Questo stesso pianeta, malato e dolorante, continua a
svegliarsi ed a risvegliare i nostri sensi addormentati e confusi.
Forse la nostra terra non è poi così malata! Nella sua bellezza
sconvolgente spesso ci avvolge in un abbraccio appassionato ed unico, e
proprio allora dovremmo riportarci all’archetipo, alle origini e
comprendere oggi più che mai lo splendore che ogni passo può
riscoprire.
I tetti delle case della Città del Sogno diventano chiari e netti nel
collegamento che si spalanca a vasti ed inopinati orizzonti, si
moltiplicano ed ingigantiscono. Ascolto voci allegre e risate che
esplodono, sento scorrere acqua ed avverto il profumo delle piante e dei
fiori…
L’oblio del reale che mi circonda rafforza il sogno da raggiungere e
concretizzare.
Rammento l’opera di un amico incontrata in una mostra. Un’opera che
si poneva davanti ad un’altra opera.
Angeli alati di fronte ai cieli di Vincent Van Gogh. Umiltà, coraggio e
ricerca raffinata per dire e dirsi nell’infaticabile cammino
dell’osservazione e dello studio della storia che ci precede. Ritornano le
parole di Van Gogh “ Io sogno i miei quadri e poi dipingo i miei
sogni…”il sogno come forma suprema ed origine di qualsiasi modello
d’arte, di comunicazione e di realizzazione dell’impossibile.
Credo sia così.
ar