2^f - l`oratoria e cicerone

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2^f - l`oratoria e cicerone
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Le orazioni di Cicerone
Le orazioni di Cicerone si distinguono in giudiziarie e deliberative: le prime vennero pronunciate in tribunale, le altre in
Senato o davanti all’assemblea popolare. Tra le giudiziarie ricordiamo in particolare: le orazioni In Verrem (le
cossiddette Verrine), pronunciate nel 70 a.C. contro Verre, governatore della Sicilia, accusato di concussione, cioè di
abuso di potere nell’esercizio di una carica pubblica e di appropriazione indebita di denaro pubblico, e la Pro Caelio (56
a.C.) elaborata contro uno degli amanti di Clodia (sorella del tribuno di parte cesariana, Publio Clodio), che era stato
accusato di averla avvelenata. Tra le deliberative ricordiamo le orazioni In Catilinam (le cosiddette Catilinarie),
pronunciate nel 63 a.C. contro Catilina, accusato di avere ordito una congiura contro lo Stato romano, e le Philippicae
(44-43 a.C.) contro Antonio, dichiarato nemico pubblico di Roma.
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Le fasi del processo e il compito dell’oratore
Un processo si svolgeva sempre in due tempi: l’istruttoria e il giudizio vero e proprio. L’istruttora è la fase preliminare di
raccolta di informazioni, utili al fine dell’attuazione del processo; il giudizio è l’applicazione delle norme di legge al fatto
accertato da parte del giudice. Gli avvocati dovevano essere abili oratori, capaci di parlare e sostenere la causa, basandosi
su una serie di argomentazioni a favore delle loro tesi, ma dovevano anche confutare la tesi avversaria, in modo da ottenere
l’approvazione del pubblico. Per questo era necessario che utilizzassero tutti i mezzi a loro disposi-zione per risultare
piacevoli all’ascolto e per scuotere gli animi dell’uditorio: si svilupparono così l’arte della dialettica e quella della retorica che
insegnavano le tecniche dell’argomentazione e come dare al proprio discorso la veste formale più appropriata.
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Le orazioni contro Catilina:
Le Catilinarie sono orazioni di tipo deliberativo formulate tra
il novembre e il dicembre del 63 a.C., dopo che Cic., grazie ad
una delazione, era venuto a sapere della congiura ordita da
Catilina. Nato nel 108 a.C., Lucio Sergio Catilina iniziò la sua
carriera politica a Roma e nel 64, in occasione della sua
candidatura al consolato, presentò un programma di tipo
“popolare”, che prevedeva la cancellazione dei debiti e la
distribuzione delle terre ai nullatenenti. A vincere le elezioni
fu però Cicerone, che rappresentava gli interessi dell’aristocrazia senatoria; così Catilina pianificò una congiura che fu sventata proprio da Cic.: i catilinari presenti a Roma furono
arrestati e condannati a morte; Catilina scappando con gli altri congiurati a Pistoia fu sconfitto dall’esercito romano e
trovò la morte combattendo valorosamente.
IL LESSICO DELL’ORATORIA IN CICERONE
Le parole della retorica
Inventio, -onis (f,) è la ricerca degli argomenti da svolgere
Dispositio, -onis (f,) indica l’organizzazione degli argomenti; dalla parola latina ha origine il termine italiano “disposizione”, da
intendere sia come collocazione, sia come inclinazione o attitudine.
Memoria -ae (f,) indica le tecniche di memorizzazione degli argomenti
Elocutio, -onis (f,) significa “modo di esprimersi” e dunque designa la fase in cui viene data una veste formale agli argomenti. Da
qui l’italiano “eloquente”, “eloquenza”, ed “eloquio”.
Actio, -onis (f,) sta ad indicare il modo in cui l’oratore deve porgere il discorso, attraverso la dizione, il tono della voce e i gesti.
cfr. la parola “attore”.
Ornatus, - us (m.) rappresenta gli abbellimenti stilistici e retorici del discorso (le figure retoriche); letteralmente “ornamenti,
orpelli”.
Concinnitas, -atis (f,) è l’eleganza e disposizione armoniosa delle parole in un discorso, tipica dell’oratoria ciceroniana.
I verbi della retorica
Doceo, -es, docui, doctum, - ēre
Probo, as, -avi, -atum, -āre: “dimostrare una tesi in modo convincente” (da cui ’italiano “probatorio” che nel linguaggio giuridico
indica il momento delle indagini preliminari per raccogliere le prove). Delecto, as, -avi, -atum, -āre
Moveo, -es, movi, motum, - ēre: “trascinare gli uditori”
Flecto, -is, flexi, flexum, -ĕre: “piegare” e quindi “suscitare nel pubblico emozioni”
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L’incipit delle Catilinarie
da Cicerone, Oratio in Catilinam I, 1-2
Si tratta dell’incipit ex abrupto, “esordio senza preamboli”, della prima “Catilinaria”: Cic. entra nel vivo dell’accusa, attaccando
Catilina con una serie di interrogative che rendono lo stile particolarmente enfatico e drammatico. Cic. pronuncia l’orazione l’8
dicembre del 63 a.C. di fronte al Senato: Catilina è seduto tra i senatori, mentre l’oratore lo accusa di essere un nemico della
patria, chiedendone l’allontamento dalla città. Le traduzioni presenti sono quelle italiane di Giovanni Bellardi (UTET, Torino 1981) e
di Elisabetta Risari (Mondadori, Milano 1993) e la traduzione francese di Eduard Bailly (Le Belles Lettres, Parigi 1950)
Quo usque tandem abutēre, Catilina, patientiā nostrā? Quam diu etiam furor iste tuus nos eludet? Quem ad finem
sese effrenata iactabit audacia? Nihilne te nocturnum praesidium Palati, nihil urbis vigiliae, nihil timor populi, nihil
concursus bonorum omnium, nihil hic munitissimus habendi senatus locus, nihil horum ora voltusque movērunt?
Patēre tua consilia non sentis, constrictam iam horum omnium scientiā teneri coniurationem tuam non vides? Quid
5 proximā, quid superiore nocte egĕris, ubi fuĕris, quos convocavĕris, quid consilii cepĕris, quem nostrum ignorare
arbitraris?
O tempora, o mores! Senatus haec intellegit. Consul videt; hic tamen vivit. Vivit? Immo vero etiam in senatum venit,
fit pubblici consilii particeps, notat et designat oculis ad caedem unum quemque nostrum. Nos autem fortes viri
10 satis facere rei publicae videmur, si istius furorem ac tela vitemus. Ad mortem te, Catilina, duci iussu consulis
oportebat, in te conferri pestem, quam tu in nos [omnes iam diu] machinaris.
1. traduzione it. di G. Bellardi, 1981
Fino a quando, Catilina, continuerai ad abusare della nostra pazienza? Per quanto tempo ancora il tuo folle comportamento si farà
beffe di noi? Fino a che punto si scatenerà questa tua temerità che non conosce freno? Non ti fanno nessuna impressione né il
reparto armato che di notte presidia il Palatino, né le pattuglie che svolgono servizio di ronda in città, né l’ansiosa preoccupazione
del popolo, né il concorde accorrere di tutti i buoni cittadini, né questa sede così ben fortificata per la seduta del senato, né
l’espressione del volto dei presenti? Non t’accorgi che le tue trame sono palesi? Non vedi che la tua congiura, conosciuta com’è da
tutti i presenti, è ormai tenuta strettamente sotto controllo? Chi di noi, a tuo avviso, ignora cosa hai fatto la notte scorsa e quella
precedente, dove sei stato, chi hai convocato, che decisione hai presa? Che tempi! Che costumi! E il senato comprende bene tutto
ciò, il console lo vede: eppure costui è ancora in vita. In vita? Ma non basta! Si presenta persino in senato, partecipa alle
deliberazioni di stato e con lo sguardo indica, destinandolo alla morte, ciascuno di noi. Noi, invece, da uomini pieni di coraggio
quali siamo, riteniamo di compiere il nostro dovere verso la patria sol che riusciamo a scansare le armi al servizio della follia di
costui! È a morte, Catilina, che già da tempo si sarebbe dovuto condurti per ordine del console; è contro di te che si sarebbe dovuto
rivolgere quel colpo mortale che tu già da un pezzo vai macchinando contro tutti noi.
1. traduzione it. di E. Risari, 1993
Fino a quando, Catilina, intedi dunque abusare della nostra pazienza? Per quanto tempo ancora questo tuo comportamento fazioso
si prenderà gioco di noi? Fino a che punto si spingerà la tua illimitata sfrontatezza? Non ti turbano il presidio notturno a difesa del
Palatino, le pattuglie armate che perlustrano la città, l’angoscia del popolo, l’accorrere di tutti i cittadini onesti, e neppure la scelta
di questa sede – così difesa – per le riunioni del senato, né l’espressione del volto di costoro? Non ti accorgi che i tuoi progetti sono
scoperti? Non ti rendi conto che il tuo complotto è ostacolato dal fatto che tutti qui ne sono a conoscenza? Credi forse che qualcuno
di noi ignori che cosa hai fatto la notte scorsa e quella precedente, dove sei stato, quali congiurati hai convocato e quali decisioni
hai preso? O tempora! O mores! Il senato è al corrente di questi progetti, il console ne è consapevole: eppure lui continua a vivere.
A vivere? Non solo, ma addirittura viene in senato, gli si permette di prendere parte alle decisioni d’interesse comune, osserva
ciascuno di noi e con un’occhiata gli assegna un destino di morte. Quanto a noi, uomini di grande coraggio, siamo convinti di fare
abbastanza per lo Stato vanificando i furiosi tentativi assassini di costui. Ti si sarebbe dovuto condannare a morte in precedenza,
Catilina, per ordine del console; su di te avrebbe dovuto riversarsi la rovina che tu già da lungo tempo trami contro noi tutti.
COMPRENSIONE
1) Perché la prima Catilinaria si può definire
priva di esordio?
2) Di che cosa Cic. accusa Catilina? Di che
cosa rimprovera i senato?
3) Chi è il consul a cui si fa riferimento alla
r. 7?
4) Che pena propone Cicerone per i misfatti
di Catilina?
RIFLESSIONE SUL TESTO LATINO
1) A che termine è riferito iste? Che valore
assume nel contesto? Il dimostrativo iste
compare un’altra volta nel testo: dove? A
chi è riferito?
2) Qual è il compl. ogg. di moverunt (r. 3)?
3) Da quale pronome è introdotta la relativa
dell’ultimo periodo? Qual è l’antecedente?

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