e ora vi presentiamo la pecora!
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e ora vi presentiamo la pecora!
SCUOLA Dopo il maiale, la Scuola Media presenta un altro prezioso animale legato ai lavori di un tempo E ora vi presentiamo la pecora! Scuola Media “Sacra Famiglia” di Castelletto anno scolastico 2005-2006 D opo aver presentato, lo scorso anno, il lavoro riguardante il maiale come animale domestico legato ai mestieri di un tempo, quest’anno vi proponiamo di conoscere più da vicino la pecora. Il progetto ha coperto l’arco di circa tre mesi e si è svolto in varie fasi, con uscite sul territorio, incontri con i testimoni degli antichi mestieri legati alla pecora, lavoro in classe a piccoli gruppi. La prima uscita sul territorio ha avuto come protagonista un allevatore di pecore che abita a Cavaion; lì i ragazzi hanno potuto vedere da vicino gli animali e capire come sono accuditi e utilizzati. La seconda uscita si è svolta nella zona montana sopra Castelletto di Brenzone per conoscere una delle ultime materassaie rimaste in zona. È seguita una ricerca sull’animale e su ricette e racconti locali, su detti e proverbi, con un approfondimento degli aspetti fonetici del nostro dialetto. Tutto il materiale raccolto è stato rielaborato al computer. Gli obiettivi del progetto sono stati quelli di far conoscere ai ragazzi l’importanza della pecora nella vita di un tempo, le caratteristiche proprie di questo animale, le usanze legate ad esso; si è fatto, poi, in modo che i ragazzi imparassero ad organizzare il materiale raccolto anche attraverso l’utilizzo di alcuni programmi informatici. Ma, come più volte è stato ricordato in queste pagine de “El Gremal”, quello che più ci sta a cuore è che i ragazzi imparino sempre più ad amare il proprio territorio e a rispettare le tradizioni che ad esso sono strettamente legate. vecchio capannone in cui una volta vivevano le sue pecore; ora ci sono dei macchinari e alcuni reperti, come le vecchie mangiatoie di legno, ma anche conigli e alcuni agnellini che brucano ghiotti rami di olivo e altre sterpaglie. In fondo al capannone, stesi su dei fili di ferro, ci sono delle pelli di pecora ancora sanguinolente: il signor Elio ci spiega allora che, una volta asciutte, verranno vendute per ottenere le pergamene. Per togliere la pelle si lega la pecora con le gambe verso l’alto. Gli si taglia la gola, in modo da ucciderla, si fa un taglio verticale sulla pancia e poi si procede manualmente per togliere la pelle. A proposito una nostra compagna di I° A ci ha raccontato che… Serenella Trimeloni Una vecchia mangiatoia Una fredda e limpida mattina di febbraio siamo andati a far visita al signor Elio, un allevatore di pecore che abita a Cavaion. Il motivo della nostra uscita era vedere le sue pecore, le stalle in cui sono custodisce e capire come un buon allevatore deve operare per ottenere prodotti di qualità, ma soprattutto per osservare cosa è cambiato rispetto a una volta. Il signor Elio ha quattro figli, ma solo uno ha seguito il suo lavoro e lo aiuta tuttora. Prima di tutto ci ha mostrato il El Gremal - 84 “Il giorno di San Valentino è tradizione che io e la mia famiglia andiamo alla fiera degli animali di Bussolengo. Passando vicino a un banchetto per caso vedo delle pelli e mi fermo incuriosita. Il signore responsabile gentilmente ce ne regala un pezzo ciascuno e noi, incoraggiati dal gesto carino, chiediamo spiegazioni. Il signore del banchetto ci spiega che le pelli di pecora essiccate vengono messe nell’acqua calda per 1 o 2 giorni, poi vengono fatte asciugare e ne viene separato lo strato della pelle dalla lana. Questo strato viene messo in tiro attaccandogli ai margini dei sassi con del filo. La pelle viene poi ripulita con una specie di coltello ricurvo e lasciata asciugare. Una volta asciutta è pronta per essere usata come pergamena. Io e mia sorella ci siamo fatte incidere il nostro nome”. Valentina Consolini, Iª A Gli agnellini nel capannone Agnellini tatuati Le pelli di pecora ancora umide Finalmente arriviamo al nuovo allevamento: qui convivono pecore e agnellini, insieme a qualche capra, e poco più in là, c’è anche un piccolo recinto in cui delle pecore “tatuate” allattano i loro agnellini fino ai 5-6 mesi. Le sue pecore sono di razza Bergamasca e ne possiede circa 1000 capi. Dopo aver osservato molto da vicino queste bestie, abbiamo assillato di domande il signor Elio, il quale ci ha spiegato che: – La macchia colorata sulla schiena serve alla mamma per riconoscere il suo cucciolo, così da poterlo allattare, e al pastore per non separarli. – Se la mamma non ha latte a sufficienza per sfamare i suoi Che candido! El Gremal - 85 – Il cibo degli adulti sono il fieno e il mangime, mentre il cibo degli agnellini sono il grano, la semola e poco mangime, ma quando non sono rinchiuse mangiano l’erba del pascolo. Le pecore mangiano solo una volta al giorno verso le 11 di mattina. Se in inverno nevica tanto, alle pecore bisogna dare da mangiare tre volte al giorno. Il pascolo inizia verso le 10-10.30 e finisce verso sera. – Due volte all’anno, a settembre e a maggio, vengono tosate: da una pecora si ottengono circa 15 kg di lana e per tosarla una Il granoturco Ci proviamo anche noi... volta si usavano delle semplici cesoie, oggi invece ci si serve del tosatore elettrico, che permette un lavoro molto più rapido: ne viene tosata una ogni tre minuti. Le pannocchie agnellini, si ricorre alle capre che fungono da balie. – Una pecora è in grado di generare figli già all’età di 8-12 mesi e la gestazione dura 5 mesi. Il 90% delle pecore partoriscono da sole senza aiuto umano, in caso contrario, gli agnellini che nascono sono gemelli o anormali. – La vita media è di 7 anni. Durante l’inverno le pecore restano in pianura, ma nella bella stagione vanno in transumanza a Novezzina sul monte Baldo. – Nell’ovile il pavimento è coperto da paglia e granoturco per far sì che il letame venga assorbito. El Gremal - 86 La moglie di Elio ci ha spiegato che una volta lei stessa utilizzava la lana per fare cuscini, materassi e tappeti e che per lavarla bastava pochissimo detersivo e, a fine lavaggio, si faceva asciugare al sole. Oggi, invece, tutto il suo tempo è occupato dalla contabilità e dalle faccende domestiche, così la lana viene venduta. Ci ha anche spiegato che la lana è protetta da una sostanza grassa, la lanolina (che centrino, il suo primo grembiule, maglioni, cuscini, coperte, lenzuola… e addirittura un quadro con delle pecore ricoperte di lana vera! Diventano tappetini... Elio ci mostra la macchinetta tosalana Ci ha mostrato quindi i suoi attrezzi e materiali da lavoro: – La macchina per la cardatura della lana di un tempo, a pedale, e di oggi, elettrica. – La lavatrice per ripulire la lana dei materassi da rifare. – I suoi lunghi aghi per le cuciture e i fiocchi dei materassi, da utilizzare insieme a un filo molto resistente. – Il fuso per filare la lana. La vecchia macchina per cardare... ... osserviamo come è fatta viene usata per fare le creme), che la mantiene morbida e lucida, per questo viene venduta senza essere lavata. Allora, per vedere con i nostri occhi come viene utilizzata la lana delle pecore, siamo andati a San Zeno di Montagna dalla materassaia Mariuccia, che ci ha accolti molto calorosamente, offrendoci bibite e leccornie preparate da lei stessa e dalle sue amiche, arruolate per l’occasione. Aveva preparato nella sua corte una tavola imbandita e, mentre noi riempivamo le nostre pance, ci mostrava orgogliosa ed emozionata i suoi lavori: il suo primo El Gremal - 87 Mariuccia e la lana già lavata e asciugata Mentre ci mostrava come utilizza i suoi strumenti, ha risposto anche a tutte le nostre domande e abbiamo scoperto che: – Per fare un materasso ci vogliono 18 kg di lana. – Una volta, quando era giovane, faceva anche 5 materassi al giorno (si fa per dire, visto che lavorava anche di notte!); ora invece fa 2 materassi al giorno; di inverno lavorava dalle 2 alle 8 ore al giorno, mentre in estate lavorava anche 15 ore. – Ha sempre lavorato da sola, anche se è faticoso soprattutto cardare la lana e alzare i materassi. Oltre a fare i materassi, fila anche la lana... ... e Mariuccia ce lo mostra El Gremal - 88 – I suoi materassi costano fino a 500 € ma lei ammette che una volta costavano molto meno. – Con i frutti del suo lavoro è riuscita ad acquistare la casa in cui ha vissuto una vita di fatiche ma serena con suo marito e i suoi figli. Con la lana si riempie il sacco di tela Ecco fatto! 1. Chi pégra él sé fa, él lóf él la màgna Chi pecora si fa, il lupo se la mangia 2 La pégra che sbègala la pèrdi él bocô La pecora che bela, perde il boccone 3 Quànde ‘na pégra la guida, le altre le ghé va dré Quando una pecora è alla guida, le altre la seguono 4 Òm sénsa ròba, l’è ‘na pégra sénsa lana Uomo senza roba è una pecora senza lana 5 Pégre e fénne a cà bonóra Pecore e donne, a casa a buon’ora El Gremal - 89 – Nonna, come sono veloci le tue mani mentre fili… – Eh, sapessi Giulia, quante volte l’ho fatto nella mia vita, oggi ormai uso él filaröl solo ogni tanto. – Ma davvero avevate tanta lana? – Oh sì, lì dove ora c’è il cortile tenevamo anche trenta capi; c’era lana sufficiente per tutta la famiglia e andavamo anche a venderla al mercato di Caprino, a volte andavo anch’io, a piedi o in bicicletta. – A piedi fino a Caprino? – Eh sì, cara mia. Ti sembra impossibile eh? La nonna ride di fronte all’incredulità della nipote mentre, le sue mani provate dalla fatica, continuano il lavoro. Altri ricordi riemergono nella sua mente: – Él Gàlli aveva il gregge più numeroso, quasi 60 pecore, tosava le pecore due volte all’anno, in aprile e in settembre. Pensa che durante la guerra tutta la lana veniva portata all’ammasso dove c’erano le scuole a Castelletto e dovevamo venderla allo Stato ad un prezzo basso; finita la guerra la vendita fu di nuovo libera e c’erano dei signori che passavano di casa in casa a raccoglierla e pagarcela. Ricordo che mio papà era molto contento quando prendeva un bel gruzzoletto e andava ad accarezzare le pecore, quasi per ringraziarle. – Chi le tosava le pecore? – Mi ricordo come fosse ieri mio padre con le forbici in mano che tosava le pecore. – Come un barbiere! – Quasi, ma certe pecore avevano le schiene tutte a dossi e valli! Le pecore venivano chiuse in un prato recintato, poi, all’ombra di una pianta, mio papà ne imprigionava una tra le gambe per farla sedere e poi iniziava a lavorare con il forbicione. I fiocchi di lana si staccavano in modo leggero e cadevano sopra una coperta posta sul terreno. Poi noi la mettevamo nei sacchi. – Chi ti ha insegnato a filare? – Mia nonna e mia mamma, a Brenzone tutti avevamo él filaröl in casa – È difficile? – No, ci vuole solo un po’ di pratica. Bisognava innanzitutto scegliere la lana. – Cioè? – Non tutta la lana della pecora è adatta per essere filata. Quel- El Gremal - 90 la che proveniva dalle parti basse del corpo aveva troppi nodi, allora la usavamo per fare trapunte o materassi. Prima si usano i “scàrč”, attrezzi che servono per tirare la lana, come se venisse pettinata, così è pronta ad essere filata. Vedi, sono queste assi tutte traforate da chiodi a doppia punta. La lana passando per questi chiodi, formava uno strato soffice e compatto e lo sporco cadeva per terra. Le mani della nonna fanno correre velocemente il rocchetto con il filo di lana; il piede muove il pedale. Di tanto in tanto bagna le dita con le labbra. Con la lana forma una matassa. – Ora, Giulia, mi devi aiutare. – Oh sì, cosa devo fare? – Tieni le braccia allargate, ti infilo la matassa e tu tienila tesa; di questa matassa faremo un bel gomitolo. Il movimento è ritmico e la bambina lo segue con una specie di dondolio con le braccia e con il tronco per far meglio srotolare la matassa. La magia si è ripetuta, davanti al grande focolare della nonna; tante generazioni di donne hanno svolto questo lavoro e Giulia, ora, le sente più vicine. La terza media