Tutti i lazzi della Commedia dell`Arte. Un catalogo ragionato del

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Tutti i lazzi della Commedia dell`Arte. Un catalogo ragionato del
Nicoletta Capozza
Tutti i lazzi della Commedia dell’Arte.
Un catalogo ragionato del patrimonio dei Comici
Dino Audino Editore, Roma 2006
Presentazione
La drammaturgia del lazzi nella Commedia dell’Arte
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Fonti
Capitolo primo — Lazzi acrobatici
Lazzi di cascate
Lazzi della scala
Lazzi del cavalcare
Lazzi del legare
Lazzi del nascondersi
Lazzi del sacco
Lazzi del ‘tavolino”
Lazzi del finto morto
Lazzi della mosca
Capitolo secondo — Lazzi muti, mimici,
mimetici
Lazzi muti
Lazzi di riverenze
Lazzi di sonno
Lazzi di portar pesi
Lazzi di passeggio
Lazzi di guardia
Lazzi mimetici — animali
Lazzi mimici e mimetici — Lazzi di mestieri e
attività
Capitolo terzo — Lazzi verbali
Lazzi verbali di rovesciamento logico/illogicità
- comportamento inappropriato
- mancanza di comprensione/diffìcoltà nel
comprendere
- stupidità
- rovesciamento del rapporto padrone/servo
- rovesciamento logico
- deferenza
Lazzi di presa in giro dei tipi
Lazzi in lingua
Lazzi di giochi di parole — divertissement
verbali
Lazzi di scambi verbali
Lazzi della lettera
Lazzi macabri
Lazzi della buona nuova — della mala nuova
Lazzi della calda e della fredda
Lazzi di accoglienza (o dell’oste)
Lazzi di cerimonie
Lazzi in terzo
Lazzi di chiusura
Lazzi ‘di allegrezza”
Lazzi verbali criptici (indicazioni sceniche)
Capitolo quarto — Lazzi erotici
Lazzi di gelosia
Lazzi sessuali
Lazzi di matrimonio
Lazzi di rifiuto — amore non corrisposto
Lazzi amorosi — di corteggiamento
Lazzi di scambi verbali amorosi
Lazzi di consigli amorosi
Lazzi di tradimento
Capitolo quinto — Lazzi osceni e escatologici
Lazzi di doppio senso osceno
Lazzi di castrazione
Lazzi scatologici
Lazzi del serviziale
Lazzi del fiato che puzza — del cavadenti
Lazzi della pellegrina
Capitolo sesto — Lazzi “di notte”
Lazzi di notte e acrobatici
Lazzi di notte e bastonatura
Lazzi di notte e travestimento
Lazzi di notte ed equivoco
Lazzi di notte e riconoscimento
Lazzi di notte e paura
Lazzi di notte e mimetici
Lazzi di notte e burla
Lazzi criptici
Capitolo settimo — Lazzi di travestimento ed
Equivoco
Lazzi di travestimento
- uomo da donna
- donna da uomo
- da medico
- da negroma nte, da mago, da astrologo
- da straniero
- da nobile
- da spinto e da diavolo
- da mendicante (“lazzo dell’elemosina)
- mestieri e attività
- oggetti
- personaggi della Commedia
- altre occorrenze
- scambi di ruolo
- travestimenti in sequenza
Lazzi di equivoco
Lazzi di riconoscimento
Lazzi del sosia
Capitolo Ottavo — Lazzi di furbizia e burla
Lazzi di furbizia
Lazzi di burla
- burla per denaro (avidità— cupidigia —
furto,)
- burla a sfondo erotico
- burla del non dare alloggio
- burla per vendetta
- burla e bastonatura
- burla e paura
- burla per il gusto della burla
- “lazzi del camiciotto”(lazzi di fuga)
Lazzi del furbo
Lazzi del mago
Capitolo nono — Lazzi di bastonatura e rabbia
Lazzi con oggetti
- bastone
- bastone e alabarda
- bastone e schizzetto
- bastone e pignatta
- bastone e archibugio
- bastone e zoccoli
- pignatta
- pignatta e badile
- cappio
- scopa
- stanga
- scarpa
- chitarra
- Mondo Nuovo
tamburo
archibugio
pugnale
spada
“beccate”
Lazzi di botte
Lazzi della disfida
Lazzi di rabbia
Lazzi di ‘robba in capo”
Lazzi di spiriti e diavoli
Lazzi della farina
Lazzi del lunatico
Capitolo decimo — Lazzi di paura
- Lazzi del soprannaturale
spiriti
- diavoli
- creduto morto
- oggetti che si animano
- impiccato
- ombra
- metamorfosi
- Morte che spaventa
- mostro
- ladri del morto
Lazzi di paura fisica
Lazzi di paura degli sconosciuti
Lazzi di paura del padrone
Lazzi di paura della morte
Lazzi di paura e notte
Lazzi di paura della prigione
Lazzi di spavento
Lazzi di timori
Lazzi di sospetto
Capitolo undicesimo — Lazzi di pianto
Lazzi di pianto per lame
Lazzi di lamento
Lazzi di pianto per paura
Lazzi di perdita
Lazzi di prigione
Lazzi per perdono
Lazzi di dolore
Lazzi di disperazione
Lazzi funzionali ad ottenere qualcosa
Lazzi di pianto di gioia
Lazzi di pianto e furbizia
Lazzi “del piangere”
Lazzi di ferite immaginarie
Capitolo dodicesimo — Lazzi di fame
Lazzi di fame e burla
Lazzi di piangere per fame
Lazzi di fame e bastonatura
Lazzi acrobatici di fame
Lazzi di lame degli zanni
Lazzi di lamento o elemosina
Lazzi di sesso e cibo
Lazzi del paese di Cuccagna
Capitolo tredicesimo — Lazzi di denaro
Lazzi di avarizia
Lazzi di cupidigia
Lazzi di liti per denaro
Lazzi di reticenze
Lazzi di denaro e furbizia
Lazzi di compravendita della schiava
Lazzi di debiti
Lazzi criptici
Capitolo quattordicesimo — Lazzi di vendetta
Capitolo quindicesimo — Lazzi del ruffiano
Capitolo sedicesimo — Lazzi in sequenza e
lazzi ibridi
Sequenze acrobatici
- acrobatico + acrobatico
- acrobatico + muto
- acrobatico + verbale
- acrobatico + notte + acrobatico +
bastonatura
- acrobatico + notte + bastonatura + paura
Sequenze muti e mimici
- muti + muti
- muti + verbali
- muti + verbali + mimici
- muti +travestimento
- muti + bastonatura
- muti + bastonatura
- muti (mimetici) + paura
Sequenze verbali
- verbale + acrobatici
- verbale + mimici
- verbale + erotico
- verbale + erotico
- verbale + travestimento
- verbale + riconoscimento
- verbale + bastonatura
- verbali + paura
- verbali + pianto
Sequenze erotici
- erotico + verbale
- erotico + verbale
- erotico + erotico
-
erotico + burla
erotico + bastonatura + erotico +
bastonatura
- erotico + bastonatura
- erotico + pianto
Sequenze osceni
- osceno + bastonatura
- scatologico + rabbia
- scatologico + pianto (reiterato)
Sequenze notte
- notte + acrobatico
- notte + acrobatico
- notte + acrobatico + paura
- notte + acrobatico
- notte + mimici
- notte + travestimento
- notte + equivoco
- notte + equivoco + riconoscimento
- notte + burla
- notte + bastonatura
- notte + equivoco + bastonatura
- notte + paura
- notte + paura
Sequenze travestimento ed equivoco
- travestimento + acrobatico
- riconoscimento + verbale
- travestimento + verbale
- travestimento + osceno
- travestimento + burla
- travestimento (in sequenza)
- burla + paura + scatologico
- travestimento + bastonatura
- travestimento + bastonatura
- travestimento (in sequenza)
- bastonatura
- travestimento + bastonatura
- travestimento (in sequenza) + bastonatura
- travestimento + bastonatura
- travestimento + bastonatura
- travestimento + bastonatura + acrobatico
- travestimento + bastonatura
- travestimento + rabbia
- equivoco + erotico
- equivoco + rabbia
- equivoco + bastonatura
- travestimento + paura
- travestimento +fame
- travestimento + denaro
- travestimento + denaro + acrobatico
- travestimento + bastonatura
Sequenze furbizia e burla
- burla + acrobazia
- furbizia + acrobazia
- furbizia + bastonatura
- burla + bastonatura
- burla + bastonatura
- burla + paura
- furbizia + paura
- burla + pianto + travestimento
Sequenze bastonatura e rabbia
- bastonatura + verbale
- bastonatura + burla
- rabbia + osceni
- rabbia + paura
Sequenze paura
- paura + erotico
- paura + escatologico
- paura + riconoscimento
Sequenze pianto
- pianto + pianto
- pianto + verbale
Sequenze fame
- fame + acrobatico
- fame + acrobatico + paura
- fame + furbizia + pianto
- fame + bastonatura
Sequenze ruffiano
- di burla per denaro
- di denaro e furbizia
- verbali ed erotici
- erotici e di burla
- erotici e di vendetta
- di burla per fame
- di pianto per fame
- di fame a sfondo erotico
- di burla per fame
- mimici e di travestimento
- di burla e escatologici
- di pianto per paura
- di pianto e burla
- di pianto e furbizia
- verbali e di rabbia
- di denaro e verbali
- di travestimento e verbali
- di travestimento e burla
- di equivoco ed erotici
Sequenze denaro
- denaro + furbizia
- denaro + burla
- denaro + bastonatura
- denaro + paura
- denaro + fame
Bibliografia
Capitolo diciassettesimo – Lazzi di Adriani
Indice analitico
Presentazione
La drammaturgia del lazzi nella Commedia dell’Arte
Siamo nel 1583. La compagnia dei Comici Gelosi arriva a Milano per mettere in scena le sue
commedie. Il cardinale Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano. incarica Monsignor Audoeno di
fare da censore ed esaminare i testi da rappresentare. Ma gli attori lavorano senza testi, perché
conoscono a memoria le commedie e le compongono direttamente sul palco. Il testo, potrebbe
sostenere il censore, manca per un preciso disegno degli attori, che non avendo nulla di scritto da
far esaminare diventano incontrollabili; in questo modo si avrebbe ragione ad impedire le recite. Ma
Adriano Valerini, capo dei Gelosi, escogita uno stratagemma: prima che Audoeno muova le sue
obiezioni, sostiene che se i censori non sanno far altro che lavorare sul testo, questo è un loro limite
che di fatto impedisce agli attori di lavorare in tranquillità. E’ un problema dei censori dunque, non
dei Comici.
In questo episodio è descritta l’essenza della Commedia dell’Arte. Il passaggio dal testo scritto alla
rappresentazione annulla l’esistenza del testo stesso, la commedia esiste in quanto messa in scena.
Lo scenario non è un testo, ma un tessuto di azioni al quale l’attore dì corpo. Il fine ultimo della
Commedia è quello di essere rappresentata, messa in scena, agita. In quest’ottica, il lazzo costituisce
il nudeo fondamentale dell’azione comica, il centro dell’improvvisazione, il perno intorno cui ruota
la creatività dell’attore: la Commedia dell’Arte è degli attori.
Eppure, fin dai primissimi studi sulla Commedia dell’Arte chiunque si sia occupato di questo
particolarissimo fenomeno ne ha posto in evidenza alcuni tratti fondamentali, leggendola in
opposizione al testo scritto, come espressione di pura improvvisazione da parte dell’attore; oppure
mettendone in luce la parte che in essa rivestono le maschere, con la descrizione minuziosa di
alcuni tipi comici. Se infatti per l’improvvisazione e le maschere esiste una letteratura vastissima,
non altrettanto si può dire per quanto riguarda i lazzi, materia mutevole, cangiante, inafferrabile che
però costituisce il nudeo vitale della Commedia. Anche nei numerosissimi canovacci che i Comici
ci hanno lasciato, i lazzi sono spesso accennati, quasi fossero didascalie ad un testo che non c’è.
Ma è proprio da quest’assenza che scaturisce l’essenza stessa della Commedia dell’Arte, ciò che ne
costituisce la sua caratteristica essenziale ed ineliminabile. Il lazzo, parte di uno scheletro testuale
che è lo scenario, diventa emblema, ideogramma dell’azione a cui l’attore sta dando vita. Sono gli
stessi canovacci a suggerirci questa immagine, nella stringatezza delle indicazioni che ci offrono,
nella poca chiarezza che a volte rende davvero difficile comprendere effettivamente come si svolga
quell’azione comica che essi, sinteticamente, definiscono lazzo. Ma, di fatto, cos’è un lazzo, e cosa
vuol dire questo termine?
E’ curioso notare come, parallelamente alla mancanza di studi, vi sia stato negli anni un fiorire di
ricerche proprio da parte di chi la Commedia la faceva e tentava di comprenderla nei suoi tratti
fondamentali. Quasi tutti gli antichi trattati sull’Arte, e spesso sul teatro in genere, dedicano alcune
righe alla riflessione sulla funzione del lazzo e, anche senza approfondire l’argomento, forniscono
comunque degli spunti interessanti. Gi nel 1628 Pier Maria Cecchini, uomo di teatro e Comico fra i
più noti, fa notare che l’attore che vuole inserire una scena comica nella rappresentazione, deve
farlo nel pieno rispetto dei tempi scenici stabiliti dalle convenzioni aristoteliche, abbozzando così
una drammaturgia d’attore che negli scenari si può solo intuire; Andrea Perrucci, autore di uno dei
primi trattati sulla Commedia dell’Arte, equipara il lazzo a “scherzo” o “arguzia” e ne attribuisce la
riuscita al patrimonio che l’attore padroneggia indipendentemente dal testo da rappresentare. E’
Luigi Riccoboni, grande attore nella parte dell’innamorato, che nella sua storia del teatro italiano
descrive il “lazzo” come un “laccio”, azione secondaria che interrompe quella principale per poi,
letteralmente, riannodarla: il discorso sulla drammaturgia si lega a quello sul significato del termine.
L’idea di lazzo come contrappunto comico non viene messa in discussione finché Antonio Valeri,
occupandosi degli scenari di Basilio Lucatelli, non rispolvera la vecchia origine della parola:
“lazzo”, infatti, altro non è che la contrazione de “l’azione” la actio latina: e non a caso proprio
negli scenari locatelliani la pa rola ‘lazzo” non è mai presente ma si dice “fanno parole ed azzi”.
Lazzo, quindi. non come “laccio”, azione che tiene insieme e rivitalizza l’azione principale, ma
come azione a sé stante, azione pura, indifferentemente mimica o verbale, che trova la sua ragion
d’essere, come sostiene Mario Apollonio, proprio all’interno della rappresentazione. Lazzo, dunque,
come azione tout court, indipensabile al contesto drammaturgico del quale si serve per sviluppare la
propria forza comica. In questa chiave, diventa cellula di riferimento sia per l’attore, che mette alla
prova la propria abilità, sia per lo spettatore che vede realizzarsi il proprio orizzonte d’attesa in un
crescendo che sfocia inevitabilmente nella risata.
Per analizzare i lazzi dobbiamo allora cambiare il nostro modo di pensare la letteratura. o meglio
non dobbiamo pensare alla letteratura riferendoci ad un testo scritto, di per sé compiuto ed
autosufficiente. La nostra attenzione deve spostarsi sulla parola in azione, su un ibrido che si situa al
confine tra testo e gesto: testo, perché non si prescinde mai del tutto da qualcosa di scritto - come
accade nei lazzi verbali; gesto perché costituisce parte strutturante e caratterizzante del lazzo,
accompagnandosi alla parola o come pura espressione mimica, E’ possibile allora individuare,
all’interno dell’immenso numero di lazzi presenti negli scenari, un filo rosso che leghi insieme i
lazzi? Si può ipotizzare il ragguppamento dei lazzi in categorie ognuna con caratteristiche ben
precise? Il nostro lavoro sarà proprio quello di analizzare i lazzi a partire dal loro aspetto e dal senso
che essi assumono all’interno degli scenari, individuando le interazioni e gli elementi comuni a uno
stesso lazzo: queste indcazioni acquistano consistenza attraverso l’analisi delle fonti e degli studi
sulla Commedia dell’Arte. Ma a questo punto, emerge in negativo un aspetto aprticolare: l’assenza
pressoché totale di studi sistematici sull’argomento.
Quello che infatti colpisce nel panorama - di per sé molto vasto - delle riflessioni sulla Commedia
è proprio la mancanza di un lavoro esaustivo di compendio e catalogazione dei lazzi. Un momento
fertile per gli studi si ha sul finire degli anni Settanta. quando Ludovico Zorzi compie il primo vero
tentativo di mettere ordine nella materia, studiando le varie raccolte di scenari e individuando una
varietà considerevole di lazzi suddivisi per categorie tematiche. E? un lavoro estremamente
compleso. che non viene purtroppo portato a termine per la prematura scomparsa dello studioso; la
riflessione sui lazzi resta confinata ai margini del fecondo dibattito sulla Commedia. Ad oggi,
l’unico studio sistematico è quello dell’americano Mel Goedon, che all’interno delle maggiori
raccolte di scenari individua e distingue lazzi di diverso tipo, definendoli “comic routines” della
Commedia. Questo lavoro presenta però un limite: per eludere le difficoltà che la traduzione in
inglese inevitabilmente comporta, egli sceglie semplicemente dì non tradurre, senza peraltro
riportare mai il testo originale, e riassume i lazzi senza tentare di spiegarne lo svolgimento.
In un lazzo antichissimo, addirittura il primo in senso stretto a noi pervenuto, Zanni si imbatte in
Pantalone, che non vede da anni. Non riconoscendolo, camminando sovrappensiero, lo urta e
finiscono a litigare. Poi si riconoscono: per la felicità, l’uno fa girare in aria l’altro, finché entrambi
non cadono a terra: poi Znni chiede a Pantalone suo padrone come sta sua moglie; Pantalone gli
dice che è morta; i due cominciano a urlare e a piangere a dirotto, pensando ai maccheroni che lei
preparava. Leggendo questo lazzo individuiamo subito il “contrasto” tra due personaggi. Zanni e
Pantalone, che iniziano l’azione prendendosela l’uno con l’altro - cosa che induce a considerarlo
come un lazzo verbale: poi troviamo l’alternarsi di pianto ed acrobazia - dunque un lazzo “ibrido”;
infine riconosciamo l’elemento della fame atavica dello Zanni, con la conseguente assegnazione di
questa parte ai lazzi di fame.
La comprensione dei lazzi, dunque, è possibile solo attraverso le suggestioni che gli scenari ci
offrono e che ci consentono di mettere in luce i tratti distintivi delle diverse raccolte. E’ un percorso
circolare, che parte dai lazzi distesi riportati da Flaminio Scala, passa attraverso la sempre maggior
stringatezza delle raccolte successive, arriva ai rimandi extratestuali della raccolta di Adriani per
tornare alle descrizioni particolareggiate che ci fornisce Domenico Biancolelli. Ad un’analisi più
attenta, tuttavia, questa circolarità viene smentita. Nella Selva di Flaminio Scala, infatti, i canovacci
presentano lazzi molto lunghi e ben descritti tra cui spiccano quelli acrobatici, che riportano ad
un’espressività fatta di pura fisicità che tradizionalmente ha più presa su chi assiste alla
rappresentazione. Mancano invece quasi del tutto i lazzi verbali, molto più raffinati, che
compariranno nella raccolte più tarde. Il lazzo è tutto descritto, non potendo essere riassunto in una
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parola - la parola “lazzo”, appunto - che sia in grado di indicarlo. Questa parola è presente per la
prima volta nella raccolta di Basilio Locatelli, e in quella Corsiniana, che comprende scenari molto
simili. proprio ad indicare in sintesi l’azione comica. Riusciamo per la prima volta a comprendere
come l’attore, una volta organizzata la propria parte, elaborasse la sua azione a partire da
un’indicazione fornita dalla trama: tipica di queste raccolte è l’espressione “fare parole e azzi”, che
indica proprio come in quel preciso punto della commedia vi fosse un certo lazzo, una certa
sequenza comica. Ancora i lazzi non hanno un “nome”; lo acquisiranno a partire dalla raccolta
Monarca, che presenta un curioso mèlange di lazzi accennati e distesi, come per dare all’attore la
possibilità di attingere sia a materiali già noti sia a nuove fonti di creatività. Anche la raccolta
Correr e quella Magliabechiana presentano un notevole numero di lazzi, ma nella maggior parte dei
casi le indicazioni che ci vengono fornite per la loro comprensione sono davvero scarne: negli anni,
e nel consolidarsi della tradizione, i lazzi sono ormai entrati nel repertorio dell’attore, al quale è
sufficiente un semplice accenno all’azione comica da svolgersi. A volte, particolarmente nella
raccolta Correr, i lazzi sono sciolti in veri stralci di dialogo, come se vi fosse una tensione verso il
testo scritte che prelude alla fine della stagione doro della Commedia dell’Arte, Dei primi del
Settecento è la raccolta Sersale, vero spartiacque nella storia della Commedia poiché per la prima
volta viene conferito spessore drammaturgico a dei personaggi, Pulcinella e Coviello, emblemi della
“napoletanità”. I lazzi in essa presenti sono talmente lunghi ed elaborati da far supporre che siano
non più delle parentesi comiche all’interno della tessitura scenica, ma che di essa abbiano preso il
posto. Negli stessi anni Placido Adriani, religioso napoletano con passato di attore, raccoglie nel
suo Zibaldone una serie di materiali - scenari, intermezzi, lazzi - ad uso e consumo dell’attore.
Proprio i lazzi costituiscono una novità: essi infatti sono inseriti a parte, elencati per nome e
spiegati, e la loro presenza negli scenari è indicata da un rimando ai fogli dello Zibaldone nei quali
essi si trovano, limitando di molto la libertà dell’attore. Di fatto, ci si avvicina alla fìne dell’idea di
Commedia dell’Arte come possibilità dell’attore di rielaborare tramite la propria abilità un materiale
già dato. L’ultimo passo in questo senso si ha con la trascrizione ad opera di un notabile francese,
Thomas Simon Gueullette, degli scenari di Domenico Biancolelli, nei quali la descrizione
minuziosa dei lazzi - molti di essi verbali - la presenza costante del discorso diretto, ma soprattutto
la centralità assoluta di Biancolelli-Arlecchino rispetto) a qualsiasi altro personaggio sulla scena
portano alla completa metamorfosi: la coralità che caratterizza la Commedia non esiste più, e gli
stessi lazzi non sono che dei ‘pezzi di bravura’ riportati nel testo per dare un’idea delle capacità
funamboliche e recitative dell’attore. Con la registrazione in prima persona delle trovate comiche
degli attori, la Commedia dell’Arte propriamente intesa non esiste più, e con essa i lazzi che la
caratterizzavano.
Un lavoro di ricognizione dei lazzi nella Commedia dell’Arte va fatto necessariamente a partire dai
testi: dagli scenari. Non dobbiamo mai dimenticare che gli scenari, se da una parte costituiscono il
trampolino dal quale l’attore parte per costruire la propria abilità scenica, dall’altra sono anche
l’unica indicazione della quale egli può disporre prima che la sua arte venga posta in essere. I lazzi
presenti negli scenari vanno dunque analizzati nella loro integrità e insieme nella loro stringatezza,
senza tentare di darne una spiegazione che non possa essere confortata dai testi o che possa forzare
il senso che il lazzo ci offre immediatamente. Il carattere di non-testo degli scenari - e dunque
anche dei lazzi che in essi sono riportati - ci obbliga a rispettare ciò che da essi evinciamo, sia nel
caso in cui ci troviamo ad analizzare sequenze comiche compiute e complesse, sia nel caso in cui ci
vengono fornite delle indicazioni davvero poco chiare. Lo scenario diventa il nostro unico
fondamentale riferimento; solo così si mantiene la caratteristica primaria del lazzo di rivelarsi nella
sua compiutezza soltanto nel momento della rappresentazione. Per questo motivo, abbiamo scelto di
lasciarci guidare dagli scenari, ascoltando le suggestioni che da essi ci arrivano: abbiamo così
individuato alcune costanti che ci permettessero di analizzare i lazzi non già in base a ciò che li
distingue da altre componenti della Commedia, ma attraverso la ricognizione di alcuni tratti
ricorrenti che ci permettano di ricondurli a tipologie ben precise. Si è tratto cioè di leggere - anche
se, come abbiamo già detto, di lettura in senso stretto non si potrà mai parlare, dato il carattere
mutevole e sempre in movimento di questa materia - rilevando quegli elementi che, al di là delle
ovvie diflerenze che ogni singolo lazzo presenta rispetto agli altri, ritornano in maniera sistematica
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nell’analisi degli scenari e ci permettono di circoscrivere delle aree tematiche ben distinte entro le
quali collocarli. Nel distinguere le diverse categorie siamo partiti dal riconoscimento di una
particolare fisionomia del lazzo, quella cioè di scena-tipo, sintesi di un’azione solo accennata nel
testo; in base a questo abbiamo catalogato i lazzi a seconda delle caratteristiche che essi presentano
e delle indicazioni che gli scenari ci danno riguardo al loro scioglimento. L’idea è stata quella di
rispettare un criterio di analogia: in questo modo, lazzi apparentemente dissimili sono stati inseriti
in uno stesso contesto perché, pur costruendosi e sviluppandosi in modi diversi l’uno dall’altro,
condividono le medesime linee guida. Una volta riconosciutane la fisionomia, una ulteriore analisi
ci ha permesso di operare distinzioni che ne definissero la specificità: ad esempio, la categoria dei
lazzi di travestimento comprende quelli di nascondimento, o di riconoscimento, o di equivoco: e
anche i più particolari, quelli di Adriani, che pure sono stati mantenuti insieme per sottolineare la
loro peculiarità, sono comunque stati reinseriti dove possibile in un contesto più generale, proprio a
partire dall’individuazione di una loro fisionomia specifica utile a spiegare lazzi analoghi. E’ chiaro
che più ampia è la selezione di lazzi analizzati, più facile è individuare tutte le variazioni che un
singolo lazzo o un gruppo subiscono nella loro evoluzione o nelle continue rielaborazioni nelle
varie raccolte. E’ per questa ragione che abbiamo esaminato gli ottocento scenari delle raccolte più
importanti, sia manoscritte che a stampa, riportando i lazzi in rigoroso ordine cronologico.
Un’altra riflessione. Abbiamo accennato al fatto che l’attore della Commedia ha la possibilità di
partire dallo scenario per elaborare il lazzo, attraverso la propria abilità e la propria conoscenza del
personaggio. Il Comico dell’Arte attinge costantemente dal repertorio, da una tradizione
consolidata, e rinnova ogni volta la propria parte, aggiungendo elementi personali o minime
varianti, impedendone che si cristallizzi e divenga stereotipo. Emerge così un carattere
fondamentale del lazzo, ossia la sua attualità: il lazzo è importante perché entra nella tradizione
rinnovandola ogni volta. L’intervento dell’attore è sempre qualcosa di più e di altro rispetto allo
stesso lazzo precedentemente elaborato e le varianti di uno stesso lazzo presenti nelle diverse
raccolte sintetizzano molto probabilmente diverse interpretazioni. Se il patrimonio dell’attore è il
lazzo, lo scenario diventa un contenitore di informazioni che l’attore acquisisce, sfrutta, rielabora.
Perché le informazioni offerte dallo scenario diventino Arte è necessario il lazzo; senza di questo,
esse sono pure didascalie. E il lazzo è inscindibile dall’attore. Si attua dunque un processo
simbiotico nel quale lo scenario diviene necessario all’attore affìnché egli possa trovare degli argini
alla propria azione, e l’azione dell’attore diviene necessaria perché lo scenario, grazie allo
scioglimento del lazzo, acquisisca una sua ragion d’essere dal punto di vista drammaturgico. Per
comprendere meglio come funzioni il lazzo possiamo rifarci ad alcune osservazioni relative alle
tecniche della slapstick comedy, la cui fortuna era basata proprio sulla riuscita delle gag, inserite
nell’azione principale diventandone parte integrante. Lo abbiamo detto più volte: il lazzo, parentesi
comica apparentemente priva d’importanza nell’ossatura drammaturgica costituita dallo scenario,
nel suo sciogliersi come azione compiuta a quest’ossatura dà corpo. Inserito in un ambito nel quale
è a prima vista inessenziale o superfluo, ne viene a formare il fulcro, così che, come un film comico
ha bisogno delle gag per funzionare, diventa impensabile immaginare uno scenario in cui non
esistano lazzi. Emerge allora un nuovo elemento, del quale peraltro avevamo già intuito l’esistenza:
quello dell’efficacia del lazzo, come cellula di riferimento per l’elaborazione di un’azione che nega
o ribadisce comicamente l’azione principale. Il lazzo diviene una costante del comico, un
frammento che l’attore acquisisce, rielabora, ripete; e attraverso la ripetizione - altro ineliminabile
carattere del lazzo - si fissano alcune costanti che ritornano negli scenari dell’Arte e fin nel teatro
moderno, nel circo, nel cinema. Il riferimento obbligato è a chi della comicità ha fatto un’arte,
usando il lazzo senza farne un diché: penso a un attore-drammaturgo come Dario Fo, che ha scritto
le pagine più significative sulla Commedia dell’Arte e sui lazzi; o alla comicità stralunata di Buster
Keaton, che catalizzava l’attenzione del pubblico sul suo corpo attraverso la totale fissità del volto,
dando forma a lazzi acrobatici ‘rubati’ dalla tradizione dell’Arte; o a Charlie Chaplin, che ne La
febbre dell’oro mangia con avidità uno scarpone gustandolo pezzo per pezzo, rielaborando in tal
modo un antico lazzo di fame. Tutto questo non può che testimoniare quale considerazione i lazzi
abbiano per chi fa o ha fatto teatro o cinema.
Il lazzo, dunque, è sintesi dell’arte dell’attore e messa in opera delle sue capacità espressive.
L’abilità del Comico è tale da consentirgli di mettere in forma tutte le qualificazioni del tipo, senza
trascurare alcuna sfumatura. Ribadiamolo ancora: l’attore dell’Arte, nella sua elaborazione
drammaturgica, è in grado - sia per volontà di mostrare la propria abilità sia per rispondere
all’economia diella rappresentazione - di costruirne e incarnarne ogni sfaccettatura a seconda della
situazione che gli si presenta. Potremmo dire: il comico crea continuamente, non ha mai niente di
già totalmente dato, la sua ‘improvvisazione’, benché fondata sulla perfetta conoscenza del tipo, è
comunque messa in discussione ogni volta, perché ogni volta diverse sono le modalità entro le quali
egli si trova ad agire. In quest’ottica, il lazzo diviene elemento base usato dall’attore per costruire la
propria improvvisazione - per quanto paradossale appaia quest’affermazione: è solo a partire da
qualcosa di già dato che l’attore può creare. Il lazzo ci offre la possibilità di vedere in che modo
l’attore può darsi in scena, in che modo, dirigendo l’attenzione del pubblico su ciò che è
immediatamente riconoscibile e condivisibile, riesca a rendere universale la figura comica che
incarna. La forza dell’attore in Commedia è dunque nella capacità di disegnare una parte che è
personaggio di volta in volta uguale e diversa, attraverso la continua rielaborazione delle sue
costanti.
FONTI
Tra parentesi le edizioni a stampa
Raccolte di scenari
1611
FLAMINIO SCALA
1l teatro delle favole rappresentative, overo la ricreazione comica, boscareccia e tragica divisa in
cinquanta giornate, composta da Flaminio Scala detto Flavio comico del sereness .sig. duca di
Mantova. All’ill sig. conte Ferdinando Riario.
In Venetia. appresso Gio: Battista Pulciani, 1611
(FERRUCCIO MAROTTI, a cura di, Flaminio Scala. 1l teatro delle favole rappresentative.
Milano, Il Polifilo, 1976)
1617
BASILIO LOCATELLI
Della scena de soggetti comici di B.L.R. Parte Prima. In Roma. MDCXVII.
Roma, Biblioteca Casanatense, Ms. F IV, 12, Cod. 1211
1620
BASILIO LOCATELLI
Della scena de’ soggetti comici et tragici di B.L.R. Parte Seconda. In Roma. .M.D.C.XX.
Roma, Biblioteca Casanatense, Ms. F.IV.13, Cod. 1212
1622 ca.
Raccolta di SCENARI Più Scelti d’istrioni Divisi in Due Volumi.
Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, Racc. Corsiniana, Mss. 45.G.5 e 6
1650 ca.
CIRO MONARCA, Delle opere regie.
Roma, Biblioteca Casanatense, Ms. 4186 (c. 1650).
1650 ca.
Cinquantun scenari della commedia del’arte composti per il teatro San Cassiano
Venezia, Museo Civico, Raccolta Correr, codex l040 (CARMELO ALBERTI, Gli scenari Correr
La commedia dell’arte a Venezia. Roma, Bulzoni, 1996),
1650 ca.
Scenari.
Firenze, Biblioteca Nazionale, Magliabechiano II, i, 80
(ADOLFO BARTOLI, Scenari inediti della Commedia dell’Arte. Contributo alla storia del teatro,
1880. Rist. anastatica: Bologna, Forni, 1980)
1700
Gibaldone de’ soggetti da recitarsi all‘impronlto alcuni proprij e gl’altrti da diversi. Raccolti da D.
Annibale Sersale Conte di casamarciano.
Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XI.AA.41
(MASSIMO PEREZ, a cura di, Scenari Casamarciano. Roma, Edizione Teatro Laboratorio,
1987/88)
Gibaldone comico di varij suggetti di commedie ed opere bellissime copiate da me Antonio
Passanti detto Orazio il Calabrese per comando dell’Ecc.mo Sig. Conte di Casamarciano.
Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms, XI.AA.40
(AA.VV., a cura di, The Commedia delI Arte in Naples: A Bilingual Edition of the 176
Casamarciano Scenarios, Lanham, Maryland, and London, The Scarecrow Press, 2001)
1733
PLACIDO ADRIANI
Selva overo Zibaldone di concetti comici raccolti dal P.D. Placido Adriani di Lucca MDCCXXXIII.
Perugia, Biblioteca Augusta, A.20.
(SUZANNE THÉRAULT, La Commedia dell’Arte vue à travers le Zibaldone de Perouse. Paris,
Editions du centre national de la recerche scientifique. 1965)
1740 ca.
THOMAS-SIMON GUEULLETTE
Traduction du Scenario de Joseph Dominique Biancolelli, Dit Arlequin. Et l‘Histoire Du Theatre
Italien Depuis l’Année 1577 jusq’en 1750 Et Les Années Suivantes Par MR Gueullette.
Parigi, Bibliothéque de l’Opéra, Rés 625 (1-2)
(DELlA GAMBELLI, Arlecchino a Parigi. Lo Scenario di Domenico Biancolelli. Roma, Bulzoni,
1997)
1740 ca,
LUIGI RICCOBONI
[Il teatro italiano] Scenari.
Parigi, Biblioteca Nazionale, «Recueil factice», Rés.Th. 102 (8-14)
(IRENE MAMCZARZ, a cura di, Luigi Riccoboni. Discorso della commedia all’improvviso e
scenari inediti. Milano. Il Polifilo, 1973).
Scenari Isolati
1615 Ca.
[G.B. DELLA PORTA], La Trappoleria.
(ADOLFO BARTOLI, Scenari inediti della Commedia dell’Arte. Contributo alla storia del teatro,
1880. Rist. anastatica: Bologna, Forni, 1980. pp. XXX1-XXXV)
1620 ca.
Senza titolo.
Parma, Archivio di Stato.
(PIETRO TOLDO Uno scenario inedito della Commedia dell’Arte, in «Giornale storico della
letteratura italiana», vol. 46, 1905, pp.l28-I35)
1650 ca.
Senza titolo.
Venezia, Museo Correr, Cod. Miscell., 998-2546. carte 592-95 (Racc. Cicogna)
(LORENZO STOPPATO, La commedia popolare in Italia. Padova, Draghi. 1887. Ed. anastatica:
Bologna, Forni, 1980, pp. 221-234)
1651
Gli Sdegni amorosi.
Rouen, Biblioteca Municipale. Fonds Coquebert de Montbret.
(PIETRO TOLDO, Gli Sdegni amorosi di Frandaglia di Val di Sturla, da un ms. della Biblioteca di
Rouen, in «Giornale storico della letteratura italiana», 1914. vol. 64, pp. 372-385)
1692
Diarbech.
Roma, Biblioteca Casanatense, Miscellanea Fol.152 (2) e 172 (1)
I700 ca.
Flaminio disperato.
Roma, Biblioteca Nazionale, Fondo S. Andrea della Valle, ms. n, 1641,
(G. MARTUCCI, Uno scenario della Commedia dell’Arte, in “Nuova Antologia” ser. ii, v. 51,
1885, pp. 219-233)
1740 ca,
La Dame diabesse.
Parigi, Biblioteca Nazionale, Dépr. de la Musique. Rés. Th 102(2-14)
(MARCELLO SPAZIANI, Le Thtéâtre Italien de Ghepardi: otto commedie di Fautoville, Regnard
e Dufresny. Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1996, Appendice II, pp. 655-680).
Tra parentesi le edizioni a stampa.
Capitolo primo
LAZZI ACROBATICI
Sono i lazzi più antichi negli scenari della Commedia dell’Arte, se già li troviamo in un canovaccio
del 1528, quando la Commedia dell’Arte in senso stretto, intesa come associazione di professionisti,
non si era ancora costituita. La loro caratteristica principale è quella di sfruttare appieno le capacità
fisiche ed acrobatiche dell’attore, sulle quali già si basava la commedia più antica e che
presentavano l’enorme vantaggio. rispetto ad altre abilità, di avere un impatto immediato sul
pubblico. E’ per questo motivo che tali lazzi sono presenti in numero notevole già in Flaminio
Scala, in un momento cioè in cui la Commedia doveva ancora definire i propri tratti caratteristici. E’
proprio all’interno dei lazzi acrobatici che notiamo la presenza di elementi che ricorrono fino ai
canovacci tardosecenteschi di Domenico Biancolelli: il lazzo della scala, già presente, come
vedremo, nel Teatro delle favole rappresentative di Scala, ritorna negli scenari francesi più tardi.
Anche il lazzo del sacco ha la sua prima testimonianza nello scenario di Troiano, dove è descritto
nei particolari. ed è poi presente in numerose varianti, ancora una volta, fino a Biancolelli: ma, e lo
vedremo. viene sintetizzato nella raccolta di scenari napoletani di Domenico Sersale, segno che è
ormai entrato a far parte di una tradizione acquisita.
Per lo scioglimento dei lazzi del sacco e della scala è necessaria la presenza degli oggetti di scena,
dei quali gli attori si servono per potenziare le proprie abilità fisiche. Gli altri lazzi acrobatici non
prevedono l’uso di alcun oggetto, ma vengono posti in essere grazie alle sole capacità degli attori,
che spesso si muovono in sinergia gli uni con gli altri, come nel caso dei lazzi ‘del cavalcare’ o dei
lazzi ‘di cascate’. La categoria dei lazzi acrobatici presenta al suo interno numerose varianti, ognuna
delle quali ha caratteristiche proprie e molto peculiari; ciò che emerge in ogni caso come comune
denominatore è la qualità di tali lazzi, la loro capacità di concentrare l’attenzione del pubblico sul
corpo dell’attore, la loro immediatezza espressiva.
LAZZI DI CASCATE
Sono lazzi molto antichi e fra i più ricorrenti, proprio per la straordinaria presa che esercitavano
sul pubblico. Niente è più efficace, dovettero pensare i comici, della risata derivante da una caduta
in scena: che siano conseguenza dell’uso maldestro di un oggetto, o dell’avere la peggio durante
una lite, o dell’uso improprio del corpo, i capitomboli suscitano una risata immediata e istintiva,
liberatoria . Non a caso la fortuna di questi lazzi prosegue fino a Domenico Bianicolelli, grande
Arlecchino, che alle soglie del Settecento fa del lazzo di cascata una caratteristica del suo
personaggio.
1.
Zanni esce e si imbatte in Pantalone, che non vede da anni. Non riconoscendolo, camminando
sovrappensiero, lo urta e finiscono a litigare. Poi si riconoscono; per la felicità, Zanni prende sulle
spalle Pantalone e inizia a girare come una ruota cli mulino finché gli restano le forze; Pantalone fa
lo stesso. Alla fine cadono per terra tutti e due.
…Uscì il Zanne, che già molti anni erano che visto non avea ‘l suo Pantalone e, sconosciutolo,
spenzeratamente camminando, diede al Pantalone un grande urtone e contrastano l’uno con
l’altro. Alla fine si conoscono e lì per la allegrezza il Zanne pigliò in spalla il suo patrone e,
voltizzano a guisa di rota di molino, quanto più ebbe cielo di durare girò, e similemente il
Pantalone fece lo medesimo. Alla fine, tutti e due andarono per terra. […]
Dai Discorsi di Massimno Troiano (28)
2.
Filandro entra facendo il pazzo; Lidia chiede aiuto a Zanni e Graziano che intervengono. Cadono in
terra; Filandro prende per una gamba Zanni, il quale fa lo stesso con Graziano, e li trascina via.
Filandro dalla strada D, spogliato. facendo pazzie; fanno azzi assieme; Lid. dimanda aiuto, essi
fanno spropositi, alla fine, doppo molte pazzie, Zan. et Grat stando colghi in terra Fil. piglia Zan.
per una gamba et Zan. piglia Grat. per la gamba, et li strascina via.
LOCATELLI, La pazzia di Filandro.
Commedia pastorale, III f. 61v
3.
Dopo aver fatto a botte con Silvio, Coviello indolenzito fa lazzi di cascate ed entra in casa.
[Coviello] tutto doglioso facendo lazzi di cascate entra in casa.
CORSINIANA, Li dui Pantaloni, I f. 23v
4.
Zanni inveisce contro Graziano medico; fanno lazzi di cascate ed entrano in casa.
GRATIANO, ZANNI: Del medico che li compone l’acqua per guarirlo facendo cascate vanno in
casa.
CORSINIANA, Le Due schiave, III .f 100v
5.
E’ notte. Pantalone e Zanni, con una lanterna in mano, vanno a cercare Coviello per ucciderlo.
Pantalone si appoggia a Zanni, si accostano alla porta di Coviello ma cadono entrambi in una buca.
Arrivano il Capitano e Tartaglia che, impauriti, per essere sicuri che nessuno dei due abbandoni
l’altro, si legano insieme. Appena si accostano alla porta di Coviello cadono anch’essi nella buca.
PANTALONE, ZANNI: Armati con una lanterna tutti fuggono. Pantalone Zaino vanno per parlare
a Coviello. Pantalone si appoggia a Zanni si accostano alla porta et tutti dua cadono nel trabocco
et finisce l’atto secondo. CAPITANIO, TARTAGLIA: Con un tizzone per far lume Capitanio gli dà
animo et lo manda avanti. Tarlaglia ha paura et fanno spaventi al fine per essere securi che uno
non abbandoni l’altro si legano insieme, et si accostano alla porta et tutti dua cadono nel trabocco.
CORSINIANA, La Trappolaria, III f. 152 v
6.
Sardellino fa lazzi con Zanni che gli vuoi insegnare a fare l’indovino; arriva Pantalone al quale
Zanni vuoi fare la stessa cosa. Zanni fa cascare sia Sardellino che Zanni con il lazzo del candeliere
di fiandra.
SARDELLINQ: Fà lazzi con Zanni quale gli vol insegnare a indovinare in questo PANTALONE:
Zanni vol insegnare a indovinare ancora a Pantalone li fà cascare tutti dua con il lazzo del
candeliere di fiandra Zanni parte et con lazzi Pantalone et Sardellino entrando ciascuno in casa
sua Fanno finire l’atto primo.
CORSIANIANA, Il Falso indovino, I f. 50 bis r
7.
Il Capitano, ubriaco, urta Graziano e con lazzi si allontanano.
CAPITANIO. Imbriaco fuori urta Gratiano e partono con lazzi.
CORSINIANA, Il Tradito di cinque atti, IV f. l00 r
8.
Pantalone, Graziano, Trappolino e il facchino sono ai piedi di una montagna nella quaale è
custodito un tesoro. Iniziano a intonare alcune note; Zanni si vuole intromettere ed è cacciato via.
Gli altri iniziano a picconare la montagna dalla quale fuoriescono delle fiamme; si fa
improvvisamente notte, si apre una voragine dentro la quale cadono Pantalone e Trappolino. Esce
un folletto, che con lazzi trascina nella Voragine anche Trappolino, il quale si aggrappa a Zanni e
questi a tutti gli altri, che cadono dentro.
PANTALONE, GRATIANO, TRAPPOLINO, FACCHINO: Con ordigni magici et fermi a piedi del
monte mormorano alcune note in questo Zanni si vol intromettere Pantalone per incanto lo […] e
doppo alcuni suffumigi scarpellano la Montagna dalle […] escono. FIAMME: Scaturiscono dal
Monte. Doppo vengono tenebre, et si odono […] e segni diversi si apre la voragine loro si riparano
facendo tutti […] commessoli doppo Pantalone et Gratiano si buttano nella voragine li […] in
questo FOLLETTO. Fatti lazzi piglia Trappolino quale si attacca a Zanni e tutti cadono nella
voragine venendo una gran fiamma e finisce l’atto secondo.
CORSINIANA, La Magica di Pantalone, II f. 174 v
9.
Zanni dice che sta arrivando la Corte [ovvero i gendarmi]. Gli altri in scena hanno paura, fanno il
lazzo di nascondersi nei vari angoli della scena [i ‘cantoni’], poi cadono rumorosamente.
Zanni si volta e dice “la Corte la Corte”. Loro hanno paura, fanno il lazzo di nascondersi alle
cantonate, poi tutti via facendo cascate per paura della Corte e fanno finir l’atto.
CORRER, Ausa, II (130)
10.
E’ notte. Orazio e Gradellino, armati, vanno sotto la finestra di Isabella per farle una serenata.
Ottavio e Brighella li vedono e iniziano a colpirsi. Gradellino e Brighella scappano; Ottavio
colpisce Orazio che cade a terra. Brighella torna, inciampa in Orazio, lo crede morto e si spaventa.
Rientra Gradellino, inciampa in Orazio, lo crede morto e cade a terra; poi, rialzatosi, per accertarsi
che quello sia il suo padrone, va cercare un lume. Intanto Orazio, riavutosi, si alza in piedi e cerca
Gradellino. Questi ritorna, piange la morte del padrone; Orazio gli fa diverse burle dietro le quinte.
Gradellino dapprima non vedendolo fa lazzi di paura, poi lo vede, crede che sia il suo fantasma e
scappa terrorizzato.
Orazio e Gradellino vengonlo con chitarra armati sotto la finestra d’Isabella; dopo diversi discorsi
cominciano a sonare,, e in questo Ottavio, Brighella e sopra detti dicono: chi va là? Vengono
all’armi; servi fuggono; padroni si ritirano, dopo alquanti colpi, casca Orazio. Ottavio crede sia
morto, torna Brighella, inciampa nel morto, fanno scena.[…] Gradellino inciampa nel morto, cade,
si rizza, lo riconosce per il suo padrone; tuttavia per certificarsi meglio va per un lume, vede il
sangue, dubita della giustizia e parte.
Il morto si comincia a rizzare, chiamai Gradellino,non vede nessuno, appoggiandosi al muro
parte. […] Gradellino si lamenta della perdita del suo padrone, in questo viene Orazio, fa diverse
burle a Gradellino;Gradellino non vedendo nessuno fa lazzi di paura; lo vede, lo crede lo spirito
del padrone, fugge e finisce l’atto.
MAGLIAB., La vedova costante, I, xiv (6)
11.
Pulcinella, armato di spada, va da Coviello dicendo che lo vuole ammazzare per ordine del padrone;
Coviello fa il lazzo del mettere in guardia, fa cascare Pulcinella ed esce di scena.
Policinella e Covello Pol. con spade, che lo vuole ammazzare per ordine del padrone, Cov, fa il
lazzo dello mettere in guardia, fà cascare Pol. e via.
SERSALE, Invenzioni di Coviello, III, 4 (80)
12.
Pulcinella si reca dal notaio per far redigere un atto, ma il notaio dice di essere malato; Pulcinella si
arrabbia e va da un altro notaio. Arriva il primo notaio e litiga con l’altro per chi debba redigere
l’atto; pigliano Pulcinella tirandolo l’uno per un braccio, l’altro per l’altro e con questo lazzo
finiscono l’atto.
Scena 11 Policinella, e Basalisco Facendo il lazzo dei passeggiare, e doppo lazzi, Pol. lo manda in
casa, questo entra, Pol. per farli la notazione batte dal Notaro Scena 12 Policinella, e Notaro
malato Doppo lazzi, e solita scena, via il Not., Pol. infadato con quel Not., batte da un altro Not.
Scena 13 Policinella, e Notaro chiacchierone Doppo lazzi, e scena come và, in questo Scena 14
Notaro malato e detti Contrastano i Notari frà di loro per chi tocchi a far la scrittura, e pigliano un
braccio per uno di Pol., tirandolo ognuno a se, e con lazzi, e rumori finiscono l’atto secondo.
SERSALE, Il basalisco del Barganasso, 11, 11-14 (107)
13.
Pulcinella va a comprare un vaso da notte per il padrone. Coviello gli dice che mettendoselo in testa
potrà conoscere i fatti di chiunque. Pulcinella mette la testa dentro il vaso da notte, Coviello fa lazzi,
poi gli fa lo sgambetto e fugge. Pulcinella cade, fa lazzi ed esce di scena.
Poi. con un cantaro, che dice haver comprato, per il padrone, Cov. li dà ad intendere, che se si lo
pone in testa potrà sapere tutti i fatti d’altri. Pol. vi pone la testa dentro, Cov. fa suoi lazzi, poi li
pone un piede avanti, e fugge, Pol. casca; fa suoi lazzi, e via.
SERSALE, Chi la fa l’aspetti, I, 4,(121)
14.
Il Dottore fa carcerare Coviello perché gli ha venduto un gioiello falso. Coviello dice agli sbirri di
volersi allacciare una scarpa; si abbassa, con una mano afferra un piede di uno sbirro, e con l’altra
afferra il piede dell’altro e li fa cadere; poi li bastona e con questo lazzo finisce l’atto.
Dottore fa carcerare Cov. per la burla fattali, Cov. dice alli sbirri, volersi ligare la scarpa. e nel
calarsi con una mano afferra un piede d’un sbirro, e con l’altra mano il piede dell’altro sbirro, e li
fa cadere, poi li bastona, e fìnisce l’atto secondo.
SERSALE, Il Dottore burlato, 11, 6-8 (140)*
(* È un lazzo tipico del repertorio dell’Arte, tanto da essere presente nella raccolta Adriani come ‘lazzo della scarpa”:
Lazzo della scarpa. E quando vogliono portare carcerato Pulcinella; lui dice volersi legare una scarpa e, chinandosi,
prende li due sbirri per i piedi e li fa cadere, e lui via. )
15.
[Coviello convince Pulcinella a travestirsi da bravo per prendersi gioco di Tartaglia, geloso di sua
moglie] Cinzio fugge inseguito da Tartaglia, il quale dice al bravo di ammazzarlo. Pulcinella,
travestito da bravo, finge di colpire Cinzio, che cade a terra fingendosi morto; poi entra Coviello,
combatte con Pulcinella, finge di essere colpito e cade a terra fingendosi morto. Entra in scena
Angela, Pulcinella si vanta di ciò che ha fatto, Tartaglia lo elogia. Cinzio e Coviello si alzano, li
bastonano e finisce l’atto.
Cintio seguitato da Tart. fugge, e Tart. dice al bravo che l’ammazzi, Cintio, e Pol, fanno scena di
battersi e poi Cintio finge cascar in terra morto; in questo Scena 18 Covello e detto Cov., con
spada, finge battersi con Pol., e cascar morto, Ang. entra, Pol. mostra vanagloria di quel, che ha
fatto, Tart. l’accarezza; in questo quelli s’alzano, e li bastonano efiniscono l’atto primo.
SERSALE, Il finto bravo, 1, 17-18 (151)
16.
Pasquadozia vuole amoreggiare col Carceriere; questi rifiuta le profferte, la prende in giro, poi la fa
cadere ed esce di scena. Pasquadozia resta in scena lamentandosi.
[Pasquadotia, e Carceriero] Pasquad. vuole amoreggiare con quello, questi la burla, e fatta scena,
e lazzi, quello la fà cadere, e via, essa resta lamentandosi,
SERSALE, Il finto re, I, 2 (166)
17.
Pulcinella, travestito da Lelio nobile, fa lazzi; Coviello, travestito da Dottore, lo bastona. Pulcinella
vuole spogliarsi ma Coviello glielo impedisce e fanno il lazzo delle bastonate. Il vero Dottore si
affaccia, scambia Pulcinella per il promesso sposo di Isabella e lo abbraccia; arriva Isabella, vede
Coviello e lo scambia per il promesso sposo.
Pulcinella con lazzi prende Coviello in braccio e cade a terra.
Polla da Lelio alla nobile, dopo lazzi, Coviello dice volere andare in finestra, per osservare come si
parta, ed entra in casa, loro restano, in qto Coviello in finestra finge il dottore, Polla di fori fà lazzi
spropositi, Coviello viene fuori bastona Polla, quello vol spogliarsi, loro lo trattengono, fanno due,
ò trè volte il lazzo delle bastonate, infine Covlo batte Dottore in finestra, intende dello sposo, viene
fuori, abbraccia Polla, e con solecitezza chiama Isabella intende dello sposo, Coviello a parte
l’accenna, finge far complimenti, Polla con lazzi piglia lo sposo in braccio, si sbraca e finiscono
l’atto 2°.
SERSALE Pozzo incantato, 11(345)
18.
È notte. Pulcinella, an.sioso di incontrare Rosetta sua amata, prende una scala per entrare dalla
finestra della sua stanza. Nel mentre arrivano Tartaglia e Coviello che, vedendolo arrampicare e
scambiandolo per Orazio loro nemico, gli sparano con l’archibugio. Pulcinella cade dalla scala
dicendo “ahimè, sono morto”; Tartaglia e Coviello, convinti di averlo ucciso, cercano un modo per
nasconderlo: Tartaglia entra in casa per prendere una cassa e lascia Coviello a controllare che non
arrivi nessuno. Coviello tuttavia si allontana spaventato. Pulcinella, ancora impaurito e credendosi
egli stesso morto, cerca un posto dove seppellirsi, vede la cassa e vi si infila dentro, dà la buona
notte e chiude la cassa. Intanto Tartaglia e Coviello, non trovando più il cadavere, credono che il
presunto Orazio sia ancora vivo e cominciano a cercarlo; in quello Pulcinella, sentendo dei rumori,
apre la cassa e, tirando fuori la testa, dice: “Non disturbate i morti”. Tartaglia e Coviello fuggono
terrorizzati.
Pollicinella con scala, per godersi con Rosetta, doppo lazzi di notte, appoggia la scala alla
finestra,in qto Tartaglia, e Coviello sopra i rumori della notte con li nimici, vanno cautamente
avicinandosi sotto le finestre di Celia, vedono una scala con un huomo, che va salendo per quella,
giudicano Oratio loro nemico, Coviello con Tartaglia si ritirano indietro, tirano una arcabugiata,
Polla con lazzi: ahime son morto: cade sdrascinandosi dentro loro che anno ucciso il nemico,
contendonosi dove ascondere il morto, Tartaglia dice, in casa havere vacante una cassa grande,
volerlo mettere li dentro, e buttarlo in mare, entra per pigliarla, lasciando Coviello, che facci la
guardia non venghi la Corte, Coviello pavoroso si ritira per non essere osservato. […] Polla
pavoroso, che non sà dove ascondersi, essendo morto voler sotterrarsi, vede la cassa, dice: ecco il
mio tanto: apre e dando la bona notte a tutti gli amici, entra, e si chiude, in qto Tartaglia, e
Coviello pavorosi, che la loro suspettione l’hà fatto veder vivo Oratio, vanno cercando per le
cantonate, in qto Polla cava la testa di dentro la cassa, e dice non disturbate li morti, e si serra,
loro stupidi fanno lazzi di paura.
SERSALE Giardino metaforico, Il (356)
19.
Pulcinella, impaurito alla vista del Mago, fa per tre volte il lazzo di cadere.
Pul: in vedere il mago sue cadute, e cascate il Lazzo di cadere per 3. volte.
ADRIANI, Pulcinella finto prencipe, I, xv (176)
20.
Noi [Arlecchino e Trivellino] facciamo una scena notturna. Mi cade il cappello, faccio il lazzo di
cercarlo col mio bastone [batocio], passo tra le gambe di Trivellino; nel rialzarmi, lo faccio cadere,
e dopo diversi lazzi, esco di scena.
Nous fasons une scene de nuit; mon chapeau tombe, je fais des lazzis /pour le retrouver avec ma
batte, je passe entre le jambes de Trivelin; en me levant, je le fais tomber et apres plusieurs lazzis,
je me retire.
BIANCOLELLI, Le dopie gelosie, III(101)
21.
[Arlecchino deve consegnare una lettera del Capitano all’amata] Sulla porta di Eularia incontro il
signor Ottavio, gli dico che non volevo incontrarlo e che tornerò in un altro momento, perché
Eularia è anche l’amata del Capitano. Ottavio si nasconde dietro la quinta, io mi giro e gli dico
«Voilà, voilà » vado dall’altro lato, lui si avvicina, io mi allungo, passo da un lato del teatro, poi
dall’altro, tiriamo entrambi la testa fuori dalla quinta, io nel vederlo ripeto: «Voilà, voilà», e
ripetiamo il lazzo almeno due volte; alla fine egli lascia la scena.
J’apperçois sur la porte d’Eularia le seigneur Octave, je dis que je ne veux pas qu’il m ‘apperçoive
et que je reviendray dans un autre temps, parce qu’Eularia est aussy la maistresse de Capitan.
Octave se retire dans la coulisse, je me retourne et je dis :« Le voila, le voila !», je vais de l’autre
costé, ils s’approche, je m’esloigne, il passe d’un costé du theatre,je passe de l’autre, nous sortons
tous les deux la teste hors de la coulisse, je repette en le voyant: «Le voila, le voila», et nous
recommençons ce lazzv au moins deux /fois, enfine il quitte la scene.
BIANCOLELLI, I morti vivi, 1(108)
È presente quasi tutta la gamma dei lazzi acrobatici: dal morto, alla scala, alle cascate, al lazzo del
sacco nella sua variante del mettersi dentro una cassa.
Capitolo terzo
LAZZI VERBALI
Sostenere che i lazzi verbali sono l’opposto di quelli muti è di certo un’ovvietà. In realtà, c’è un
elemento che essi condividono, ed è l’iperbole: quanto i lazzi muti amplificano le azioni non
potendo affidarsi al linguaggio, tanto quelli verbali dicono fino al parossismo. Essi costituiscono
senza dubbio la categoria di lazzi più numerosa. Non antichissimi, tanto che nella raccolta di
Flaminio Scala ne sono presenti soltanto quattro, nel momento in cui compaiono negli scenari
predominano sugli altri per la possibilità che offrono di costruire rapporti dinamici tra i vari
personaggi e per le innumerevoli sfaccettature che riescono a presentare. Il vocabolario mimico e
gestuale di cui un attore dispone nell’elaborazione del lazzo è certo molto ricco, ma alcune
sfumature di significato potrebbero non essere colte da un pubblico che vuol fruire della commedia
nella maniera più immediata. A questa lacuna — se tale la si può definire — suppliscono i lazzi
verbali, che, come vedremo, sono suddivisi in base ad una notevole serie di varianti e variabili.
La funzione principale di questi lazzi è quella di mostrare il comportamento dei personaggi, nella
loro singolarità o attraverso i rapporti tra di loro. I lazzi verbali che hanno a che fare col
comportamento del singolo sono quelli in cui si attua una sorta di distorsione della logica e delle
consuetudini presenti nelle azioni quotidiane: il rapporto tra zanni e padrone si modifica a tal punto
che il primo diventa consigliere del secondo, oppure viene messa in evidenza la semplicità di alcuni
personaggi, o ancora, come vedremo, ci viene presentato un vero e proprio rovesciamento logico.
Altre serie di lazzi sono giocati sulla distorsione della lingua o del gergo: è il caso dei lazzi in cui
vengono presi in giro i tipi comici, e dei ‘lazzi in lingua’, basati sull’uso ridicolo da parte di altri
personaggi di lingue straniere che essi non conoscono affatto. Noteremo che alcune varianti di
questi giochi linguistici costituiscono alcuni dei motivi più fortunati della Commedia dell’Arte,
come nel caso del lazzo di “Hermano yo no te conosco”.
Molti altri lazzi, all’interno di questa tipologia, hanno acquisito una dignità tale da essere usati più
volte in moltissimi scenari. È il caso dei lazzi ‘della calda e della fredda’, di quelli ‘della lettera’,
‘della buona nuova e mala nuova’ e dei lazzi ‘macabri’ di esclusiva tradizione biancolelliana. C’è
però un gruppo di lazzi che, per la loro particolare natura, merita la nostra attenzione: sono quelle
occorrenze che, oltre ad indicare una data sequenza comica, rimandano a precise indicazioni
sceniche. Fra di essi sicuramente assumono un’importanza notevole i ‘lazzi in terzo’, che coniugano
in maniera perfetta ed essenziale momento comico e necessità drammaturgica; essi, come vedremo,
consentono all’attore di costruire la propria comicità all’interno di una sequenza già di per sé
comica alla quale partecipano altri attori. In tal modo la forza del ridicolo viene amplificata, poiché
il terzo interlocutore farà da tramite agli altri storpiando il senso di ciò che essi dicono o vogliono
intendere: in quest’ottica la modernità di tale lazzo è straordinaria, perché esso apre ad una visione
‘corale’ dello spettacolo comico e alla possibilità che l’azione venga interrotta tramite un momento
non parentetico, ma integrato perfettamente in essa. L’ intervento dell’attore, così formulato,
diventa una chiara indicazione scenica. Ci sono però altre occorrenze in cui tali indicazioni sono
assai criptiche, e in questi casi il canovaccio appare fornire una semplice indicazione scenica: sarà
l’attore, con la sua conoscenza pregressa del personaggio, a riempire uno spazio vuoto. In questa
stessa chiave vanno letti i lazzi ‘di chiusura’, escamotage comico attraverso il quale spesso termina
un atto o una commedia, che per la stringatezza delle indicazioni appare lasciato all’abilità
dell’attore.
Lazzi verbali di rovesciamento logico/illogicità
I molti lazzi presenti all’interno di questa tipologia hanno quasi sempre al loro centro, con
modalità differenti, la figura dello zanni e il suo modo particolare di rapportarsi alle cose e alle
persone che gli stanno intorno. In alcuni lazzi assistiamo all’incapacità del servo di relazionarsi
agli altri, sia attraverso suoi comportamenti inadeguati— gaffes, esagerazioni, atteggiamenti poco
educati — sia nelle sue evidenti difficoltà nel comprendere gli eventi, Accanto a questi, vi sono dei
veri e propri lazzi ‘di stupidità’, nei quali i limiti dello zanni sono evidentissimi: appare di
frequente, ad esempio, il lazzo in cui Pulcinella, messo alle strette da qualcuno, cerca di non
rivelare ciò che sa ma alla fine dice tutto; oppure quello in cui due servi, dicendo alternativamente
una parola per uno, spezzettano in più parti una notizia. Alcuni lazzi, inoltre, mostrano come
talvolta il rapporto padrone/servo sia sbilanciato a vantaggio di quest’ultimo, attraverso una presa
in giro del padrone con la conseguente rottura degli equilibri tradizionali. Un discorso a parte
meritano i lazzi in cui il servo riesce, con la sua dialettica, a ribaltare la normale logica delle cose:
emergono qui i lazzi del grande Arlecchino Domenico Biancolelli, il quale, rivolgendosi ad un
pubblico smaliziato ed avvezzo ai vecchi lazzi quale quello francese di fine Seicento, rinnova ed
amplia il repertorio dei lazzi verbali fornendo spunti importanti per le generazioni di attori
successive.
COMPORTAMENTO INAPPROPRIATO
228.
Cinzio, innamorato di Isabella, chiede aiuto a Pedrolino, che acconsente a patto di essere aiutato con
Franceschina; Cinzio, d’accordo, va da Franceschina e gli parla dell’amore di Pedrolino nei suoi
confronti; Pantalone e Burattino sentono la discussione. Alla fine Franceschina prende un soldo
dalla borsa e lo dà a Cinzio, dicendogli: «Mi rallegro che siate entrato alla scuola dei ruffiani.»
Cinzio vorrebbe risponderle ma tutti gli gridano «Ruffiano, ruffiano», così che lui se ne va
arrabbiato.
Cintio innamorato d’Isabella, si raccomanda a Pedrolino, il quale gli promette ogni aiuto, ma con
patto ch’egli l’aiuti nell’amor di Franceschina, essendone innamorato. Cintio promette; Pedrolino
batte. [..] Franceschina fuora. Cintio, con belle parole, li dice l’amor che li porta Pedrolino,
esortandola a contentarlo; in quello Pantalone da parte sta a sentire; in quello Burattino arriva, et
in disparte sta a udire, ma non ode che Cintio parli per Pedrolino. Franceschina, dopo l’aver
inteso il tutto, mette mano alla borsa, e da una moneta a Cintio, dicendo: «Mi rallegro che voi siate
entrato nella scola de’ ruffiani ». Cintio gli vuol rispondere, e qua tutti lo chiamano: «Ruffiano,
ruffiano, dalli al ruffiano»; ond’egli, arrabbiato, si parte, et ognuno torna in casa sua.
SCALA, Flavio finto negromante, I(285)
229.
Burattino combatte con Orazio e poi cade a terra, gridando «Son tutto merda!»; poi va via.
Burattino combatte con Horatio; Burattino cade in terra; gridando “Son tutto merda!», parte per
strada.
LOCATELLI, La Pazzia di Doralice, II f 62v
230.
Il Capitano, in groppa a un delfino,dice di andare all’Isola perduta per liberare la Regina; fa lazzi e
invoca Marte.
CAPITANIO, DELFINO: A cavallo al Delfino discorre di andare al Isola perduta per liberare la
Regina che sta in potere di Falsicon Mago fa molti lazzi invoca Marte.
CORSINIANA, La Nave. Pastorale, I f 173r
231.
Zanni e Graziano chiamano i commedianti per allestire la commedia. Pantalone dice a Graziano che
farà la parte dell’Innamorato e i due dopo aver fatto lazzi fanno il patto della Commedia.
ZANNI, GRATIANO: Haver invitati li Parenti et chiamato li Commedianti Pantalone parla con
Gratiano capo de Commedianti e dice che fà da innamorato fatti lazzi fanno il patto della
Commedia.
CORSINIANA, La Commedia in Commedia, I f. 179r
232.
[Per non farsi scoprire dal marito dell’amata, Pulcinella si traveste da bimbo in fasce] Pimpinella
mostra Pulcinella fasciato da bambino; Coviello fa lazzi perché lo vede troppo grande, e Pimpinella
spiega che Pandora madre di Pulcinella era rimasta incinta ma non si sapeva di chi, e i suoi due
innamorati, contendendosi il figlio, erano andati davanti al giudice; e che questi in attesa della
sentenza aveva posto sotto sequestro il ventre di Pandora, e che il sequestro era durato ventiquattro
anni, finché Pulcinella era finalmente uscito, già cresciuto. Coviello fa lazzi e alla fine li prende a
bastonate.
Pimp. caccia Pol. infasciato ad uso di creatura, Cov. fa suoi lazzi per vederlo cose grande, perché
la sua madre Pandora si teneva due innamorati ed uscì gravida, l’innamorati cominciarono a
litigare fra di loro di chi era il ventre, et a chi saria toccata la creatura, il giudice durante la lite
fece un seguestro a Pandora nel luogo da dove havea d’uscire la creatura, si che essendovi il
seguestro lui non poté uscire, terminata, che fu la lite, che durò 24 anni, il giudice levò il sequestro,
e lui n’è uscito così grosso come lo vedeva, Cov. fà suoi lazzi, e alla fine con bastonate finisce l’atto
primo.
SERSALE Il Dottore burlato, I, 18 (140)
233.
Pulcinella, travestito da Don Giovanni, si presenta a casa di Don Fernando per conoscere la sposa;
fa mille cerimonie, poi fa complimenti alla sposa; Don Fernando, dubitando che si tratti di Don
Giovanni, lo tempesta di domande, chiedendogli se ha fratelli, se sono vivi o morti, come si
chiamano, se sono morti di notte o di giorno, se stavano male o sono stati ammazzati e da chi.
Pulcinella fa lazzi dicendo se aveva altri fratelli, se sono vivi o morti, se avevano la febbre o sono
stati uccisi di notte,di giorno, in casa o fuori casa.
Pollicinella da D. Giò: D. Fernando sue accoglienze, Poll.a sue cerimonie sproposite, D. Fernando
fa venire D. Leonora si siedono, Poll.a lazzi spropositi di complimenti con la sposa, d. Lopez chiede
del nome dello sposo? Lui d. Gio: d ‘Alvarado, d. Lopez suoi sospetti, che non sia parente del suo
amico morto da lui ucciso in Cremona, li chiede se haveva altri fratelli? Se son vivi, o morti? Del
nome? e se son morti di notte,ò di giorno? In casa per infermità, ò per sinistro accidente, e se si sà
l’uccisore? Polla si conforta, fa lazzi, se lui haveva altri fratelli, se son morti, o vivi, di febbre, ò
uccisi, di notte, ò di giorno, in casa, ò fori di casa.
SERSALE, D. Gio dAlvarado, II(337)
234.
[Si sta mettendo in scena una commedia] Pulcinella, studiando il copione, fa lazzi e passate.
Polla con carta in mano, dice studiarsi la parte sua, fà lazzi, e passate.
SERSALE, Comedia in comedia, III (405)
MANCANZA DI COMPRENSIONE/DIFFICOLTÀ NEL COMPRENDERE
235.
Il Duca, Pantalone e Zanni consultano un oracolo il cui responso non è affatto chiaro, e fanno lazzi
nello spiegare cosa voglia dire.
[Davanti all’oracolo] Tutti confusi non sanno intendere né dichiarare fanno azzi nel esplicare.
LOCATELLI. La Innocentia rivenuta. Tragicommedia, II f 332
236.
Il dio Bacco appare dal tempio; i forestieri gli dicono di avere fame e di volere del cibo; lui dice che
devono fargli dei sacrifici cosicché lui possa aiutarli, poi scompare. I forestieri restano, senza sapere
cosa debbano fare, e fanno lazzi sull’interpretazione delle risposte date dal dio.
Baccho dal tempio apparisce con la sua Deità; li forestieri li dicono il loro bisogno, che si morono
di fame, che li dia da mangiare; Baccho li dice che li debbiano sacrificare, che lui sovenirà nel loro
bisogno. Baccho sparisce, forestieri restano, nè saper quello che si fare; fanno azzi intorno le
risposte dateli da Baccho non sapendole interpretare.
LOCATELLI, Il Gran Mago. Commedia pastorale, I f 182v
237.
Durante una discussione, Graziano e Pantalone chiedono al Capitano di dire chi dei due secondo lui
ha ragione. Il Capitano dà ragione a Graziano, padre della donna che lui ama. Pantalone si arrabbia
e Graziano lo prende in giro. Il Capitano se ne va e loro fanno il lazzo della questione secca.
GRATIANO [e Pantalone] doppo lazzi discorrono li loro amori non scoprendo nessuno di loro la
persona amata. [...] CAPITANIO: Fuori loro dopo haverlo salutato lo fanno giudice della loro
differenza. Capitanio accetta, et per esser Gratiano padre di Hortentia sua innamorata con molti
lazzi dà la sententia a suo favore. Pantalone in collera Gratiano lo burla, vengono a parole.
Capitanio con licentia spagnola parte loro facendo il lazzo della costione secca fanno finire l’atto
primo.
CORSINIANA, Gli Scambi, I ff 50r-50v
238.
Coviello chiede di Pantalone. Pantalone dice di essere proprio lui Pantalone; Coviello risponde che
non è vero. Zanni prende da parte Pantalone e gli dice che Coviello è pazzo; poi fanno lazzi e alla
fine cacciano via Coviello.
Coviello domanda di Pantalone. Pantalone dice egli esser Pantalone. Coviello dice non esser lui
altrimenti. Zanni tira Pantalone da parte et li dice Coviello esser pazzo fanno molti lazzi, alla fine
lo scacciano per pazzo e finisce l’atto secondo.
CORSINIANA, Gli Scambi, II f 52v
239.
Graziano chiede a Trappolino di farlo parlare con Isabella, e poi fa il lazzo di Pasquino.
GRATIANO:Prega Trappolino à farli parlare con Isabella si contenta facendo il lazzo di Pasquino.
CORSINIANA, Li Tre Turchi, I f 110r
240.
Cinzia dice a Flaminio suo amante di andare da lei di notte, come sempre, che lo avrebbe aspettato;
lui fa il lazzo di intendere signor fratello.
Cintia in vedere Flaminio corre ad abbracciarlo, e li dice, se li era a comodo, vada la notte
conforme il solito, che l’aspettava, lui il lazzo, d’intendere sigr fratello.
SERSALE, Fratelli avelenati, I(462)
241.
L’Infante parla a Federico mentre Coviello fa lazzi trattenendo Pulcinella, che non capisce cosa stia
succedendo.
Infante parla, Federico risponde, Coviello lazzi, trattenendo a Polla.
SERSALE, Guardia di sé stesso, III(491)
242.
Lattanzio dice al servo di precederlo con il lume in mano; lui non capisce cosa gli stia dicendo e fa
lazzi facendo il contrario di quanto gli viene detto.
[Lattanzio] dice à Giorg: [servo sciocco] che vadi avanti col Lume— lui non intende la lingua suoi
lazzi contrarii.
ADRIANI, Gli Imbrogli, I, i (200)
243.
Io mi metto in mezzo a loro; quando lei gli parla teneramente, io immagino che parli a me; rispondo
scioccamente e con spropositi; alla fine lei esce e io e il mio padrone restiamo sulla scena.
Je me mets entre eux; quand elle luy parle tendrement, je m’immagine que cela s’adresse à moy ;je
responds des folies et des choses hors de propos; enfin elle sort et nou restons, mon maistre et moy,
sur la scene.
BIANCOLELLI, Le dopie gelosie, I(98)
STUPIDITÀ
244.
Zanni, contento del comportamento e della fedeltà di Burattino suo servo, dice di volergli dare per
moglie sua figlia Flaminia; Burattino dice di non sapere cosa sia una moglie né a cosa serva.
Zanni di villa si loda de’ buoni portamenti di Burat. del lungo tenpo che lo tiene seco, et della sua
fedeltà et volergli dar per moglie Flaminia sua fìglia; Burattino fa azzi col non sapere che cosa sia
moglie, né a che servi.
LOCATELLI, Le Grandezze di Zanni, I f 70r
245.
Il Mago ordina a Zanni di non andare via e di non muoversi, perché gli capiterebbe qualcosa di
brutto. Zanni fa lazzi dicendo di aver mosso la testa. Il Mago gli dice nuovamente di non andare via.
Mago di strada: ordina Zanni che non si parta nè si muova per qualsivoglia cosa, perché altrimenti
li verrà male. Zanni fa azzi che li è mosso il capo, Mago che non si parta.
LOCATELLI, La Pazzia di Doralice, III f 65v
246.
Giangurgolo, con una grossa chiave, si atteggia a nobile; Buffetto gli chiede cosa sia quella chiave e
lui risponde di essere il servo del Cavaliere della chiave dorata; poi fanno lazzi di nobiltà.
Giangurgolo con una chiave grossa inargentata, ben vestito fà il grave, in qu.to Buffetto li
domanda di quella chiave, lui per esser conosciuto per servitore del Cavaliere de la chiave dorata,
fanno lazi di nobiltà.
MONARCA, Don Bernardo di Cabrera, I f 186r
247.
Dopo aver fatto lazzi, Scapino racconta del tradimento.
Scapino doppo lazzi narra il tradimento.
CORRER, Isole, III (49)
248.
Fabio, vestito da Zanni, racconta di come si sia innamorato di Eolaria figlia del Magnifico e di
essersi vestito da Zanni per fingersi suo servo e poter stare con lei, con la complicità di Argentina
amata dallo stesso Zanni. Zanni da dentro sente questo discorso, si ingelosisce e dice di non voler
più tenere quel travestimento; Fabio lo fa calmare e gli dice di volergliela dare moglie. Zanni
dapprima rifiuta, poi Fabio gli parla all’orecchio e lui acconsente.
FABIO di casa del Magnfìco, con abbito da Zanni sotto nome di Zanni narra come, esendo stato
mandato da Casandro suo padre con Zanni suo sevo allo studio, si è inamorato di Eolaria, figlia
del Magnifìco ed essersi posto a servire sotto quel abbitto, godendosi con lei e delli loro amori, e
consapevole Argentina e che Zanni se ne sta con li suoi abbiti sotto suo nome in una casa apartato.
[.,.] ZANNI di dentro fa sui lazzi, poi fora e se lamenta non voler star più in quel abito, lui lo placa,
poi con lazzi dice che gli vol dar moglie. Per suo conto Zanni ricusa, poi con il lazzo di parlargli
alla orechia si contenta.
CORRER, Suppositi dell’Ariosto, I(183)
249.
Pulcinella, facendo il lazzo di non voler dire niente, racconta a Coviello tutto quel che è successo.
Policinella, e Covello fanno scena con Cov., e con il lazzo di non volerli dir niente Pol. li narra
appuntino tutto l’appuntato.
SERSALE, Chi la fa l’aspetti, III, 4 (123)
250.
Pulcinella e Coviello vendono al Dottore un gioiello falso; questi lo regala ad Isabella che,
accorgendosi del falso, gli dà una bastonata. Il Dottore incontra Pulcinella che prima ride, poi, non
volendo dire niente, racconta tuttavia ogni particolare della burla giocatagli. Il Dottore si infuria e
va in cerca dei gendarmi.
[Isabella] li fa una bastonata, perché la gioia è falsa. [..]Pol. vedendo il Dott. si pone a ridere, per
la burla fattali della gioia, Dott. vedendo quello ridere, non sa che sia, alla fine Pol., con lazzi, e
bestialmente, mostrando non voler dir niente, li dice tutto della sua invenzione di mercante con la
persuasione di Cov., Dott. havendo scoperto questo, si sdegna, e parte per andare alla giustitia e
poi Pol., via. [...]
SERSALE, Il Dottore burlato, II, 6(140)
251.
Prudenza, figlia del Dottore, sviene; Coviello e Policinella pensano che sia morta e, non sapendo
come dare la notizia al Dottore, fanno il lazzo di dire una parola per uno.
Covello e Policinella da casa, dove hanno lasciata Prud. morta sul letto, e si concertano il lazzo di
una parola per uno per darne la nova al Dottore.
SERSALE, L’amante ingrato, I, 4 (154)