Book - borse di studio - presentazione - "Enrico Fermi"

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Book - borse di studio - presentazione - "Enrico Fermi"
CONCORSO DI IDEE PER LA RIQUALIFICAZIONE DI SITI DI INTERESSE STORICO
INSERITI NEL PARCO GEOMINERARIO DELLA SARDEGNA
Locandina Siti del Parco Geominerario
Indice
1) San Giorgio – Sedda de IsFossas - ( Iglesias )
2) Serbariu - ( Carbonia )
3) Su Suergiu - ( Villasalto )
4) Monte Narba – ( San Vito – Muravera )
5) Canale Serci – ( Villacidro )
6) San Leone – ( Assemini )
Miniera di San Giorgio- Iglesias
Miniera di San Giorgio: Sa Macchina Beccia La Miniera di San Giorgio risale al 1870 e affascina:
una interessante struttura architettonica ospita il pozzo Santa Barbara, ed è nota in Sardegna come
Sa Macchina Beccia, la macchina vecchia. Le merlature che adornano questo edificio ricordano un
castello medioevale.
Dalla ciminiera, simile a una torre, si levava il vapore prodotto dalle grandi motrici per il
sollevamento del minerale estratto nel sottosuolo. A realizzare questo edifico storico è stato
l’ingegnere Adolfo Pellegrini, fino al 1875 direttore generale delle miniere della Società di
Monteponi.
Nell’altopiano di San Giorgio sono presenti centinaia di pozzi scavati nel Medioevo dai Pisani e
quest’area, chiamata SeddasIsFossas, rivive nelle descrizioni del Breve di Villa di Chiesa, raccolta
di leggi medioevali del periodo pisano e aragonese.
Nel corso degli ultimi anni, la Società IGEA, ha provveduto a esplorare, rilevare e censire le fosse
più rappresentative mettendole in sicurezza.
Miniera di Serbariu
La miniera di Serbariu è una miniera di carbone non più in attività, situata presso la città di
Carbonia in Sardegna . Il sito minerario, attivo dal 1937 al 1964 , è stato recuperato e ristrutturato
e attualmente è sede del Museo del Carbone .
Questa miniera costituì, tra gli anni trenta e cinquanta del Novecento , una risorsa energetica per
l'Italia .
La storia
I due castelli degli ascensori della miniera, che conducevano rispettivamente nel pozzo 1 e 2
Nascita e sviluppo
Negli anni 1936 -1937 , la Società Mineraria Carbonifera Sarda operò nel bacino carbonifero del
Sulcis un’intensa campagna di sondaggi di ricerca mineraria scoprendo e delineando un esteso giacimento
di carbone a sud della miniera di Sirai (attiva dal 1918 ) e ad ovest della zona, ove venne costruita la città di
Carbonia. Città ideata e sviluppata dal fascismo in funzione della sua politica di economia autarchica
L’area venne richiesta in concessione con la denominazione di Serbariu nel 1937 , e ufficialmente ottenuta il
18 gennaio 1939 con Decreto del Ministro Segretario di Stato per le Corporazioni (Gazzetta Ufficiale n.45
del 23 febbraio 1939 ). Subito iniziarono i lavori di allestimento della miniera ed i primi pozzi vennero
scavati. Successivamente l’originaria estensione areale venne ampliata includendo le concessioni minerarie
limitrofe e raggiungendo, nello sfruttamento, la profondità di 179 metri dalla superficie topografica (103
metri al di sotto del livello del mare ).
Declino
Negli anni ’50, in seguito all’ingresso dell’Italia nella CECA , con il ridimensionamento dell’intero settore
minerario iniziò un periodo segnato da riassetti societari, chiusura di molti cantieri e dallo spostamento
dell'attività verso il centro del bacino. Con la costruzione della nuova miniera di Seruci , si assistette ad un
progressivo smantellamento del bacino carbonifero con una tendenza all’esodo.
Nel decennio 1947-57 il numero delle maestranze passò da 14.000 a 5.000 unità. È questo il periodo delle
lotte e degli scioperi per la conservazione del posto di lavoro. Nel 1948 ebbe luogo uno fra i più lunghi
scioperi della storia italiana: durò ben 72 giorni. La drastica riduzione dell’attività mineraria in una provincia
basata sulla monoeconomia carbonifera fu la causa di una vasta emigrazione dall' area. Nel 1965 i
restanti minatori furono assunti dall’Enel , la concessione mineraria venne rinunciata ed i beni
immobili passarono alla Regione Sarda , e poi da questa furono rivenduti alla MCS.
Miniera di Su Suergiu- Villasalto-Armungia-Ballao
La miniera di antimonio di Su Suergiu (il sughero, abbondante nel territorio) ha avuto unanotevole
influenza in tutta l'area dalla fine dell'800 per circa 80 anni. Essa è ubicata proprio al di sotto
dell'altipiano su cui è costruito il paese di Villasalto. Al sito minerario si accede attraverso una
strada camionabile che scende dal centro del paese per circa 1,5 km verso il fondo della valle di
RiuSessini. Il villaggio minerario è arroccato su un costone roccioso che domina il paesaggio; ad
esso si giunge dopo aver percorso un bel viale di Pini, oltre il quale emerge l'edificio ottocentesco
della Direzione oltre che i magazzini, la mensa, la sala riunioni e le abitazioni degli operai.
All'interno della direzione è stato allestito un museo della miniera, mentre altri edifici all'interno del
villaggio minerario sono in attesa di essere riconvertiti in strutture ricettive. La stessa fonderia
attende di essere restaurata. Sono comunque presenti reperti di archeologia industriale ed in
particolare: un gruppo elettrogeno Caterpillar, un compressore Ingersoll e una vecchia caldaia
denominata Cornovaglia.
La Storia
L'andamento dei lavori nella miniera di Su Suergiu è sempre stato condizionato essenzialmente da
due fattori:il primo riguarda la fine dei conflitti bellici che ha provocato crisi produttive ed
occupazionali; il secondo riguarda il fatto che non siano stati mai scoperti giacimenti così ricchi da
consentire periodi di attività continuativa.
I giacimenti antimoniferi erano stati individuati già a metà del 1800, ma l'isolamento del sito aveva
ritardato la coltivazione del giacimento.
Nel 1854 l'imprenditore Francesco Ferro iniziò le ricerche minerarie.
Nel gennaio del 1880 furono i due soci, Carlo Rogier e Giuseppe Carcassi ad aprire la miniera. Due
anni dopo un terzo socio, il toscano Carlo Scaniglia edificò a fondo valle la prima fonderia di
antimonio dell'isola. Questa produceva 30 tonn. di antimonio fuso (solfuro) al mese, mentre
l'antimonio metallo veniva prodotto presso un'altra fonderia toscana a Siena. L'attività però non
decollava soprattutto a causa del continuo cambio di manodopera, visto che il duro lavoro in
fonderia mal si adattava agli ex pastori ed ex contadini prestati alla miniera.
Nel febbraio del 1889 la concessione fu venduta alla Società Anonima Miniere e Fonderie di
Antimonio di Genova, che controllava l'intero mercato italiano di questo metallo. Il potenziamento
degli impianti nel 1899 permise di aumentare la produzione di Ossido e di contrarre quella di
Solfuro liquato.
Questo metallo il cui simbolo è Sb, presenta un colore che varia dal bianco-stagno al grigio-acciaio;
è opaco, metallico ed altamente tossico. L'antimonio è uno dei metalli più antichi conosciuti, infatti,
vasi in antimonio puro risalgono a più di 600 anni fa; gli antichi Egizi utilizzavano l'antimonio per
Miniera di Monte Narba
Come raggiungere la miniera
Se arrivate a San Vito da Villaputzu, all'ingresso del paese troverete l'indicazione stradale verso
sinistra, subito dopo il ponte sul torrente Flumini Uri.
Se arrivate a San Vito da Ballao, attraversate completamente il paese e svoltate a destra quando
indicato, subito prima del ponte.
Il villaggio minerario di Monte Narba sta sparendo, a poco a poco, inghiottito dal materiale delle
discariche che la miniera stessa ha creato. Questa è la prima constatazione che afferra chi visita il
luogo per la prima volta. Dalle discariche dei cantieri di Giovanni Bonu e da quelli adiacenti la
laveria e il pozzo maestro, sembra essere calata una valanga di pietre fango e acqua che ha sfondato
pareti ed è penetrata negli edifici riempiendoli di detriti. Il fenomeno riguarda principalmente gli
edifici che stanno in basso, allo sbocco delle valli in cui si incanala l'acqua, mentre sono risparmiati
quelli posti più in alto.
Negli anni in cui la miniera è stata attiva, un sistema di piccole dighe e gallerie di scolo
irreggimentava l'acqua che scendeva dalle due valli che sboccavano nel villaggio. L'abbandono e
l'incuria hanno decretato la rovina di questo semplice ma efficace sistema. Le gallerie, infatti, sono
entrambe invase dai detriti, e l'acqua ha ripreso a scorrere in superficie.
Il vago sapore ottocentesco che si sente nel visitare i resti del villaggio minerario è ancora più
intenso nella Villa Madama, residenza del responsabile della miniera e consorte. La villa,
composta di tre piani, presenta una facciata percorsa da una balconata in ferro battuto un tempo
coperta,e racchiusa da due corpi avanzati ai lati. L'accesso alla villa era consentita da due bei
cancelli, uno dei quali con vialetto attraverso un bel giardino.
Miniera di Canale Serci (Gonnosfanadiga-Villacidro)
La Storia
Vecchia Miniera di piombo, zinco, argento e stagno ubicata non lontano dal lago artificiale di Monti
Mannu (19 milioni di metricubi).
Un permesso di ricerca per galena argentifera vigeva dal 1875, ma solo nel 1932 venne data la
concessione alla Società Anonima Monti Mannu ed estesa per minerali di stagno.
Nel 1938 la miniera venne acquisita dalla Società Valerio di Roma del Gruppo AMMI e grazie a
questa società l'attività estrattiva ebbe un notevole impulso; infatti in tale periodo vennero costruiti,
la laveria ed alcuni edifici per gli operai. I lavori di coltivazione interessarono le gallerie San
Giuseppe (490 m.slm), San Sisinnio (445 m.slm), Madama (400 m.slm) e Santa Barbara (335
m.slm).
Di contro nacquero anche i primi problemi con i contadini che utilizzavano le acque del rio Leni per
irrigare i campi; difatti le acque di rifiuto della laveria venivano scaricate direttamente sul fiume e i
contadini chiesero l'intervento del capo del governo, Mussolini.
Nel 1945 la miniera era ancora in attività e dava lavoro a 151 operai di Villacidro. Durante il
periodo bellico l'attività mineraria fu interrotta e riprese nel 1946 limitandosi solo all'esplorazione
dei filoni quarzosi. Si ricercarono soprattutto solfuri misti su 2 filoni quarzosi lunghi circa 2 km al
contatto tra il granito e gli scisti.
La miniera di Canale Serci venne chiusa nel 1947 perché il suo sfruttamento era oramai diventato
antieconomico.
Della miniera di Canale Serci rimangono ancora numerose testimonianze di edifici e strutture: la
grande laveria, alcune strutture un tempo usate come alloggi per i minatori, l'edificio della
direzione, attualmente ristrutturato ed adibito ad uffici dell'Ente Foreste della Sardegna e
numerose gallerie e discariche.
Genesi del giacimento
Il giacimento di Canale Serci è legato alla presenza di un filone idrotermale in cui la cassiterite è
associata a calcopirite, blenda e galena.
Miniera di San Leone - Assemini
Il giacimento ferrifero di San Leone è situato nel Sulcis settentrionale, più precisamente nel
territorio di Assemini. Dista 18 km da Cagliari e lo si può raggiungere da Capoterra seguendo
quello che era il vecchio percorso della ferrovia a scartamento ridotto (verso nord-ovest), per poi
ripiegare bruscamente verso la valle di GutturuMannu fino alla stazione di San Leone. In realtà la
miniera è più facilmente raggiungibile dall'area industriale di Cagliari, seguendo le indicazioni per
l'oasi del WWF di Monte Arcosu, giunti presso l'incrocio per Santadi si prosegue dritti e si arriva al
sito minerario.
La miniera di San Leone comprende tre vecchie concessioni: San Leone (nome datogli dal suo
scopritore Ing. Leone Gouin), Su Meriagu e Sant'Antonio (nota anche come Miniera dei Genovesi).
Storia
Nel 1861 la SocietèAnonymedesAutsFourneaux, Forge set Accieries, Petit Gaudet et C. di Rive de
Gier (Loire-Francia) acquistò 360 ettari d terreno includenti le masse ferrifere, da alcuni
permissionari per lire 1400.
Nel 1863 accordata la concessione, sotto la direzione del Ing. L. Gouin iniziò la coltivazione del
giacimento minerario. Venne inoltre costruita una strada ferrata lunga 15,4 km per il trasporto del
materiale su locomotiva a vapore, che collegava la miniera con la spiaggia della Maddalena (presso
Capoterra); la domenica del 2 aprile del 1865 dalla stazione della miniera di San Leone partì
per il suo viaggio inaugurale il primo convoglio ferroviario della Sardegna.
Nella spiaggia della Maddalena fu realizzato un ponte d'imbarco lungo 200 metri, per mezzo del
quale piccole barche trasportavano il minerale sui grandi bastimenti ancorati a largo.Il minerale
estratto dalla miniera di San Leone veniva trasportato ai forni fusori della Società concessionaria in
Francia. Per il trasporto del minerale all'interno dei cantieri minerari venne costruita una piccola
ferrovia di servizio, mentre per quelli più lontani una funivia.
I lavori di coltivazione continuarono a cielo aperto fino a che il diminuire degli affioramenti, ed il
calo del prezzo del ferro costrinsero la società a sospendere l'estrazione del minerale.Tutto questo è
evidenziato nella relazione sulle Condizioni dell'Industria mineraria sarda nel 1871 redatta dal
deputato Quintino Sella; infatti se nel 1868 il costo totale per tonnellata (estrazione-trasportoimbarco) ammontava a 16,36 lire a tonnellata, mentre il valore dichiarato dai produttori per il
materiale di prima qualità era di 11 lire a tonnellata è evidente quanto la Società mineraria fosse in
perdita.
Dopo un lungo periodo di inattività i lavori ripresero nel 1877 fino al 1884 con una produzione di
circa 13.000 tonnellate annue. Fu la piaga della malaria a costringere ad una nuova inattività la
miniera.
Dal 1886 fino al 1922 vi furono altri piccoli tentativi di risveglio della coltivazione, ma con scarsi
risultati a causa anche dell'alto costo del minerale di San Leone.
Nel 1922 fu revocata la concessione e la miniera passò al demanio