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Sicurezza e Produttività nel Lavoro
Presidente Prof. Francesco Tomei
RISCHIO BIOLOGICO
AUTORI: R. GIUBILATI1, G. ANDREOZZI1
1
DIPARTIMENTO DI ANATOMIA, ISTOLOGIA, MEDICINA LEGALE E ORTOPEDIA, UNITÀ DI MEDICINA DEL LAVORO,
“SAPIENZA” UNIVERSITÀ DI ROMA
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INTRODUZIONE
Il Titolo X “Esposizione ad agenti biologici” del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81,
modificato ed integrato dal successivo D.Lgs. 3 agosto 2009 n. 106,
definisce
agente
biologico
“qualsiasi
microrganismo,
anche
se
geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che
potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni”.
Il campo di applicazione del titolo X comprende tutte le attività che
possono comportare rischio di esposizione ad agenti biologici, sia quelle
con uso deliberato di microrganismi che quelle con rischio potenziale di
esposizione. La differente tipologia di rischio espositivo condiziona gli
adempimenti, che il datore di lavoro deve adottare.
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RISCHI E PATOLOGIE
Attualmente si stima che circa 15 milioni (>25%) dei 57 milioni di decessi
per anno globali siano direttamente correlati con malattie infettive. Tale
statistica, tuttavia non include le conseguenze tardive della malattia
streptococcica o la cirrosi o l’epatocarcinoma correlate con l’infezione
cronica da virus HCV/HBV/HDV.
Si deve considerare che il 60% della biomassa del pianeta è costituita da
microrganismi,
e
che
solo
l’1%
circa
delle
specie
microbiche
presumibilmente esistenti è oggi conosciuto.
Alla diffusione degli agenti infettivi contribuisce un insieme di circostanze
quali: crescita della popolazione mondiale, maggior mobilità umana,
sviluppo di nuove tecnologie in campo bio-medico, elevata incidenza
d’immuno-depressione, cambiamento delle pratiche agro-alimentari e
zootecnica, sviluppo di nuove sorgenti energetiche (biomasse).
Nel D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. i diversi agenti biologici sono stati classificati in
base alla loro pericolosità nei confronti della salute dei lavoratori e della
popolazione in generale. La classificazione è basata sulle informazioni
disponibili circa le caratteristiche proprie degli agenti biologici, da cui
consegue il rischio di malattia.
Tra le caratteristiche di pericolosità vengono considerate:
a) infettività, intesa come capacità di un microrganismo di penetrare e
moltiplicarsi nell'ospite;
b) la patogenicità, riferibile alla capacità di produrre malattia a seguito di
infezione;
c) la trasmissibilità, intesa come la capacità di un microrganismo di
essere trasmesso da un soggetto infetto ad un soggetto suscettibile;
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d) la neutralizzabilità, intesa come la disponibilità di efficaci misure
profilattiche per prevenire la malattia o terapeutiche per la sua cura.
Sulla base delle suddette caratteristiche e, in alcuni casi, considerando
anche le proprietà allergeniche e tossinogeniche, gli agenti biologici sono
classificati in 4 classi di pericolosità, con valori crescenti da uno a quattro
(art. 268, D.Lgs. 81/2008 e ss.mm.ii.). La quarta classe, la più pericolosa, è
riferita ai microrganismi che assommano la presenza di tutte e quattro le
caratteristiche negative considerate.
AGENTI BIOLOGICI APPARTENENTI AL GRUPPO 1:
-
agenti con bassa probabilità di causare malattie nell’uomo.
AGENTI BIOLOGICI APPARTENENTI AL GRUPPO 2:
-
agenti che possono provocare malattie nell’uomo;
-
bassa probabilità di propagarsi alla comunità
-
costituiscono un rischio per i lavoratori
-
sono disponibili efficaci misure profilattiche e terapeutiche.
AGENTI BIOLOGICI APPARTENENTI AL GRUPPO 3:
-
agenti che possono causare malattie gravi in soggetti umani e
-
costituiscono un serio rischio per i lavoratori;
-
possono propagarsi nella comunità;
-
sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
AGENTI BIOLOGICI APPARTENENTI AL GRUPPO 4:
-
agenti che possono provocare malattie gravi in soggetti umani
-
costituiscono un serio rischio per i lavoratori e
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-
possono presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità;
-
non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o
terapeutiche.
Nel caso in cui l’agente biologico oggetto di classificazione non possa
essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i gruppi 3 o 4, esso va
classificato nel gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.
L’allegato XLVI del D.Lgs. 81/2008 elenca gli agenti biologici in ordine
alfabetico e suddividendoli in batteri, virus, parassiti e funghi, come
riportato nelle tabelle di seguito.
La classificazione è basata sulle informazioni disponibili circa le
caratteristiche proprie degli agenti biologici, da cui consegue il rischio di
malattia.
BATTERI e organismi simili
Per gli agenti che figurano nel presente elenco la menzione "spp" si
riferisce alle altre specie riconosciute patogene per l'uomo.
Agente biologico
Classificazione
Actinobacillus actinomycetemcomitans
2
Actinomadura madurae
2
Actinomadura pelletieri
2
Actinomyces gerencseriae
2
Actinomyces Israelii
2
Actinomyces pyogenes
2
Actinomyces spp
2
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Rilievi
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Arcanobacterium haemolyticum (Corynebacterium
haemolyticum)
2
Bacillus anthracis
3
Bacteroides fragilis
2
Bartonella bacilliformis
2
Bartonella (Rochalimea) spp
2
Bartonella quintana (Rochalimea quintana)
2
Bordetella bronchiseptica
2
Bordetella parapertussis
2
Bordetella pertussis
2
Borrelia burgdorferi
2
Borrelia duttonii
2
Borrelia recurrentis
2
Borrelia spp
2
Brucella abortus
3
Brucella canis
3
Brucella melitensis
3
Brucella suis
3
Burkholderia mallei (pseudomonas mallei)
3
Burkholderia pseudomallei (pseudomonas
pseudomallei)
3
Campylobacter fetus
2
Campylobacter jejuni
2
Campylobacter spp
2
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Cardiobacterium hominis
2
Chlamydia pneumoniae
2
Chlamydia trachomatis
2
Chlamydia psittaci (ceppi aviari)
3
Chlamydia psittaci (ceppi non aviari)
2
Clostridium botulinum
2
Clostridium perfringens
2
Clostridium tetani
2
Clostridium spp
2
Corynebacterium diphtheriae
2
Corynebacterium minutissimum
2
Corynebacterium pseudotuberculosis
2
Corynebacterium spp
2
Coxiella burnetii
3
Edwardsiella tarda
2
Ehrlichia sennetsu (Rickettsia sennetsu)
2
Ehrlichia spp
2
Eikenella corrodens
2
Enterobacter aerogenes/cloacae
2
Enterobacter spp
2
Enterococcus spp
2
Erysipelothrix rhusiopathiae
2
Escherichia coli (ad eccezione dei ceppi non patogeni)
2
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Escherichia coli, ceppi verocitotossigenici (es.
O157:H7 oppure O103)
3(**)
Flavobacterium meningosepticum
2
Fluoribacter bozemanae (Legionella)
2
Francisella tularensis (Tipo A)
3
Francisella tularensis (Tipo B)
2
Fusobacterium necrophorum
2
Gardnerella vaginalis
2
Haemophilus ducreyi
2
Haemophilus influenzae
2
Haemophilus spp
2
Helicobacter pylori
2
Klebsiella oxytoca
2
Klebsiella pneumoniae
2
Klebsiella spp
2
Legionella pneumophila
2
Legionella spp
2
Leptospira interrogans (tutti i serotipi)
2
Listeria monocytogenes
2
Listeria ivanovii
2
Morganella morganii
2
Mycobacterium africanum
3
Mycobacterium avium/intracellulare
2
Mycobacterium bovis (ad eccezione del ceppo BCG)
3
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Mycobacterium chelonae
2
Mycobacterium fortuitum
2
Mycobacterium kansasii
2
Mycobacterium leprae
3
Mycobacterium malmoense
2
Mycobacterium marinum
2
Mycobacterium microti
3 (**)
Mycobacterium paratuberculosis
2
Mycobacterium scrofulaceum
2
Mycobacterium simiae
2
Mycobacterium szulgai
2
Mycobacterium tuberculosis
3
Mycobacterium ulcerans
3 (**)
Mycobacterium xenopi
2
Mycoplasma caviae
2
Mycoplasma hominis
2
Mycoplasma pneumoniae
2
Neisseria gonorrhoeae
2
Neisseria meningitidis
2
Nocardia asteroides
2
Nocardia brasiliensis
2
Nocardia farcinica
2
Nocardia nova
2
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Nocardia otitidiscaviarum
2
Pasteurella multocida
2
Pasteurella spp
2
Peptostreptococcus anaerobius
2
Plesiomonas shigelloides
2
Porphyromonas spp
2
Prevotella spp
2
Proteus mirabilis
2
Proteus penneri
2
Proteus vulgaris
2
Providencia alcalifaciens
2
Providencia rettgeri
2
Providencia spp
2
Pseudomonas aeruginosa
2
Rhodococcus equi
2
Rickettsia akari
3 (**)
Rickettsia canada
3 (**)
Rickettsia conorii
3
Rickettsia montana
3 (**)
Rickettsia typhi (Rickettsia mooseri)
3
Rickettsia prowazekii
3
Rickettsia rickettsii
3
Rickettsia tsutsugamushi
3
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Rickettsia spp
2
Salmonella arizonae
2
Salmonella enteritidis
2
Salmonella typhimurium
2
Salmonella paratyphi A, B, C
2
V
Salmonella typhi
3 (**)
V
Salmonella (altre varieta' serologiche)
2
Serpulina spp
2
Shigella boydii
2
Shigella dysenteriae (Tipo 1)
3 (**)
Shigella dysenteriae, diverso dal Tipo 1
2
Shigella flexneri
2
Shigella sonnei
2
Staphylococcus aureus
2
Streptobacillus moniliformis
2
Streptococcus pneumoniae
2
Streptococcus pyogenes
2
Streptococcus spp
2
Streptococcus suis
2
Treponema carateum
2
Treponema pallidum
2
Treponema pertenue
2
Treponema spp
2
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Vibrio cholerae (incluso El Tor)
2
Vibrio parahaemolyticus
2
Vibrio spp
2
Yersinia enterocolitica
2
Yersinia pestis
3
Yersinia pseudotuberculosis
2
Yersinia spp
2
V
VIRUS
Agente biologico
Classificazione
Adenoviridae
2
Rilievi
Arenaviridae:
LCM-Lassa Virus complex (Arenavirus del Vecchio
Mondo):
Virus Lassa
4
Virus della coriomeningite linfocitaria (ceppi neurotropi)
3
Virus della coriomeningite linfocitaria (altri ceppi)
2
Virus Mopeia
2
Altri LCM-Lassa Virus complex
2
Virus complex Tacaribe (Arenavirus del Nuovo Mondo):
Virus Guanarito
4
Virus Junin
4
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Virus Sabia
4
Virus Machupo
4
Virus Flexal
3
Altri Virus del Complesso Tacaribe
2
Astroviridae
2
Bunyaviridae:
Bhanja
2
Virus Bunyamwera
2
Germiston
2
Virus Oropouche
3
Virus dell'encefalite Californiana
2
Hantavirus:
Hantaan (febbre emorragica coreana)
3
Belgrado (noto anche come Dobrava)
3
Seoul-Virus
3
Sin Nombre (ex Muerto Canyon)
3
Puumala-Virus
2
Prospect Hill-Virus
2
Altri hantavirus
2
Nairovirus:
Virus della febbre emorragica di Crimea/Congo
4
Virus Hazara
2
Phlebovirus:
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Febbre della Valle del Rift
3
Febbre da flebotomi
2
Virus Toscana
2
Altri bunyavirus noti come patogeni
2
V
Caliciviridae:
Virus dell'epatite E
3 (**)
Norwalk-Virus
2
Altri Caliciviridae
2
Coronaviridae
2
Filoviridae:
Virus Ebola
4
Virus di Marburg
4
Flaviviridae:
Encefalite d'Australia (Encefalite della Valle Murray)
3
Virus dell'encefalite da zecca dell'Europa Centrale
3 (**)
Absettarov
3
Hanzalova
3
Hypr
3
Kumlinge
3
Virus della dengue tipi 1-4
3
Virus dell'epatite C
3 (**)
D
Virus dell’epatite G
3 (**)
D
Encefalite B giapponese
3
V
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Foresta di Kyasanur
3
Louping ill
3 (**)
Omsk (a)
3
Powassan
3
Rocio
3
Encefalite verno-estiva russa (a)
3
Encefalite di St. Louis
3
Virus Wesselsbron
3 (**)
Virus della Valle del Nilo
3
Febbre gialla
3
Altri flavivirus noti per essere patogeni
2
V
V
V
V
Hepadnaviridae:
Virus dell'epatite B
3
V, D
Virus dell'epatite D (Delta) (b)
3
V, D
Herpesviridae:
Cytomegalovirus
2
Virus d'Epstein-Barr
2
Herpesvirus simiae (B virus)
3
Herpes simplex virus tipi 1 e 2
2
Herpesvirus varicella-zoster
2
Virus Herpes dell’uomo tipo 7
2
Virus Herpes dell’uomo tipo 8
2
Virus linfotropo B dell'uomo (HBLV-HHV6)
2
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Orthomyxoviridae:
Virus influenzale tipi A, B e C
2
V (c)
Orthomyxoviridae trasmesse dalle zecche:
Virus Dhori e Thogoto
2
Papovaviridae:
Virus BK e JC
2
D (d)
Papillomavirus dell'uomo
2
D (d)
Virus del morbillo
2
V
Virus della parotite
2
V
Virus della malattia di Newcastle
2
Virus parainfluenzali tipi 1-4
2
Virus respiratorio sinciziale
2
Paramyxoviridae:
Parvoviridae:
Parvovirus dell'uomo (B 19)
2
Picornaviridae:
Virus della congiuntivite emorragica (AHC)
2
Virus Coxsackie
2
Virus Echo
2
Virus dell'epatite A (enterovirus dell'uomo tipo 72)
2
V
Virus della poliomielite
2
V
Rhinovirus
2
Poxviridae:
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Buffalopox virus (e)
2
Cowpox virus
2
Elephantopox virus (f)
2
Virus del nodulo dei mungitori
2
Molluscum contagiosum virus
2
Monkeypox virus
3
Orf virus
2
Rabbitpox virus (g)
2
Vaccinia virus
2
Variola (major & minor) virus
4
V
Whitepox virus ("variola virus")
4
V
Yatapox virus (Tana & Yaba)
2
V
Reoviridae:
Coltivirus
2
Rotavirus umano
2
Orbivirus
2
Reovirus
2
Retroviridae:
Virus della sindrome di immunodeficienza umana (AIDS)
3 (**)
D
Virus di leucemie umane e cellule T (HTLV) tipi 1 e 2
3(**)
D
SIV (h)
3(**)
V
3 (**)
V
Rhabdoviridae:
Virus della rabbia
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Virus della stomatite vescicolosa
2
Togaviridae:
Alfavirus:
Encefalomielite equina dell'America dell'est
3
V
Virus Bebaru
2
Virus Chikungunya
3 (**)
Virus Everglades
3 (**)
Virus Mayaro
3
Virus Mucambo
3 (**)
Virus Ndumu
3
Virus O'nyong-nyong
2
Virus del fiume Ross
2
Virus della foresta di Semliki
2
Virus Sindbis
2
Virus Tonate
3 (**)
Encefalomielite equina del Venezuela
3
V
Encefalomielite equina dell'America dell'ovest
3
V
Altri alfavirus noti
2
Rubivirus (rubella)
2
Toroviridae:
2
V
Virus non classificati:
Virus dell'epatite non ancora identificati
3 (**)
Morbillivirus equino
4
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Agenti non classici associati con le encefaliti spongiformi
trasmissibili (TSE) (i):
Morbo di Creutzfeldt-Jakob
3 (**)
D (d)
Variante del morbo di Creutzfeldt-Jacob
3 (**)
D (d)
Encefalite spongiforme bovina (BSE) ed altre TSE
degli animali a queste associato
3 (**)
D (d)
Sindrome di Gerstmann-Straussler-Scheinker
3 (**)
D (d)
Kuru
3
D (d)
a)
Tick-borne encefalitis. b) Il virus dell’epatite D esercita il suo potere patogeno nel lavoratore soltanto in caso di
infezione simultanea o secondaria rispetto a quella provocata dal virus dell’epatite B. La vaccinazione contro il
virus dell’epatite B protegge i lavoratori non affetti dal virus dell'epatite B contro il virus dell'epatite D (Delta) c)
Soltanto per i tipi A e B. d) Raccomandato per i lavori che comportano un contatto diretto con questi agenti. e)
Alla rubrica possono essere identificati due virus, un genere "buffalopox" e una variante dei virus "vaccinia". f)
Variante dei "Cowpox". g) Variante di "Vaccinia". h) Non esiste attualmente alcuna prova di infezione dell’uomo
provocata da altri retrovirus di origine scimmiesca. A titolo di precauzione si raccomanda un contenimento di
livello 3 per i lavori che comportano un’esposizione a tale retrovirus. i) Non esiste attualmente alcuna prova di
infezione dell’uomo provocata dagli agenti responsabili di altre TSE negli animali. Tuttavia a titolo
precauzionale, si consiglia di applicare nei laboratori il livello di contenimento 3(**) ad eccezione dei lavori
relativi ad un agente identificato di "scrapie" per cui un livello di contenimento 2 è sufficiente.
PARASSITI
Agente biologico
Classificazione
Acanthamoeba castellani
2
Ancylostoma duodenale
2
Angiostrongylus cantonensis
2
Angiostrongylus costaricensis
2
Ascaris lumbricoides
2
A
Ascaris suum
2
A
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Rilievi
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Babesia divergens
2
Babesia microti
2
Balantidium coli
2
Brugia malayi
2
Brugia pahangi
2
Capillaria philippinensis
2
Capillaria spp
2
Clonorchis sinensis
2
Clonorchis viverrini
2
Cryptosporidium parvum
2
Cryptosporidium spp
2
Cyclospora cayetanensis
2
Dipetalonema streptocerca
2
Diphyllobothrium latum
2
Dracunculus medinensis
2
Echinococcus granulosus
3 (**)
Echinococcus multilocularis
3 (**)
Echinococcus vogeli
3 (**)
Entamoeba histolytica
2
Fasciola gigantica
2
Fasciola hepatica
2
Fasciolopsis buski
2
Giardia lamblia (Giardia intestinalis)
2
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Hymenolepis diminuta
2
Hymenolepis nana
2
Leishmania brasiliensis
3 (**)
Leishmania donovani
3 (**)
Leishmania ethiopica
2
Leishmania mexicana
2
Leishmania peruviana
2
Leishmania tropica
2
Leishmania major
2
Leishmania spp
2
Loa loa
2
Mansonella ozzardi
2
Mansonella perstans
2
Naegleria fowleri
3
Necator americanus
2
Onchocerca volvulus
2
Opisthorchis felineus
2
Opisthorchis spp
2
Paragonimus westermani
2
Plasmodium falciparum
3 (**)
Plasmodium spp (uomo & scimmia)
2
Sarcocystis suihominis
2
Schistosoma haematobium
2
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Schistosoma intercalatum
2
Schistosoma japonicum
2
Schistosoma mansoni
2
Schistosoma mekongi
2
Strongyloides stercoralis
2
Strongyloides spp
2
Taenia saginata
2
Taenia solium
3 (**)
Toxocara canis
2
Toxoplasma gondii
2
Trichinella spiralis
2
Trichuris trichiura
2
Trypanosoma brucei brucei
2
Trypanosoma brucei gambiense
2
Trypanosoma brucei rhodesiense
3 (**)
Trypanosoma cruzi
3
Wuchereria bancrofti
2
FUNGHI
Agente biologico
Classificazione
Rilievi
Aspergillus fumigatus
2
A
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Blastomyces dermatitidis (Ajellomyces dermatitidis)
3
Candida albicans
2
Candida tropicalis
2
Cladophialophora bantiana (es. Xylohypha bantiana,
Cladosporium bantianum o trichoides)
3
Coccidioides immitis
3
A
Cryptococcus neoformans var. neoformans
(Filobasidiella neoformans var. neoformans)
2
A
Cryptococcus neoformans var. gattii (Filobasidiella
bacillispora)
2
A
Emmonsia parva var. parva
2
Emmonsia parva var. crescens
2
Epidermophyton floccosum
2
Fonsecaea compacta
2
Fonsecaea pedrosoi
2
Histoplasma capsulatum var. capsulatum(Ajellomyces
capsulatum)
3
Histoplasma capsulatum duboisii
3
Madurella grisea
2
Madurella mycetomatis
2
Microsporum spp
2
Neotestudina rosatii
2
Paracoccidioides brasiliensis
3
Penicillium marneffei
2
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A
A
A
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Sporothrix schenckii
2
Trichophyton rubrum
2
Trichophyton spp
2
A: possibili effetti allergici;
D: l’elenco dei lavoratori che hanno operato con detti agenti deve essere conservato per almeno dieci anni dalla
cessazione dell’ultima attività comportante rischio di esposizione;
T: produzione di tossine;
V: vaccino efficace disponibile.
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MODALITA’ DI TRASMISSIONE
Le modalità di trasmissione delle infezioni lavorative sono differenti nei
diversi comparti produttivi in cui viene svolta l’attività e dipendono da fattori
quali mansione, caratteristiche dell’ambiente di lavoro, microrganismi
coinvolti.
Le vie di esposizione ad agenti biologici in ambito professionale sono
rappresentate da:
-
via respiratoria: per inalazione di aerosol o polveri contaminati da
microrganismi; rappresenta il caso più frequente;
-
via orale: derivante dal trasporto di agenti patogeni attraverso il
meccanismo mano-bocca, prevalentemente legato a cattive abitudini
procedurali ed igieniche, (consumo di cibo sul luogo di lavoro, abitudine
al fumo);
-
via parenterale occulta: determinata dall’inoculo accidentale di
microrganismi, attraverso mucose o cute lesa (ferite presenti o
generate durante il lavoro).
IMPIEGO DI AGENTI BIOLOGICI IN ATTIVITA’ LAVORATIVE
Comunicazione ed autorizzazione
Ai sensi degli artt. 269 e 270 del D. Lgs. 81/2008 e ss.mm.ii., il datore di
lavoro che intende esercitare attività che comportano uso di agenti
biologici è tenuto a:
-
dare comunicazione preventiva di inizio di attività all’organo di vigilanza
territorialmente competente (almeno trenta giorni prima dell’inizio dei
lavori), per attività che comportano l’uso di agenti biologici dei gruppi 2
e 3.
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-
ottenere apposita autorizzazione del Ministero della Salute per l’utilizzo
di agenti biologici del gruppo 4.
Tali atti non appaiono, quindi, dovuti per tutte quelle attività che
comportano un rischio potenziale di esposizione.
Il datore di lavoro inoltre, secondo quanto previsto dall’art. 280 del D.Lgs.
81/2008 e s.m.i. deve istituire il
registro degli esposti e degli eventi
accidentali nei casi in cui “i lavoratori addetti ad attività comportanti uso di
agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati,
per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente utilizzato e gli eventuali casi di
esposizione individuale”.
Settori lavorativi con potenziale presenza di agenti biologici
Il D. Lgs. 81/2008, all’allegato XLIV fornisce un elenco esemplificativo di
attività lavorative che possono comportare la presenza di agenti biologici:
1. Attività in industrie alimentari.
2. Attività nell'agricoltura.
3. Attività nelle quali vi è contatto con gli animali e/o con prodotti di origine
animale.
4. Attività nei servizi sanitari, comprese le unità di isolamento e post
mortem.
5. Attività nei laboratori clinici, veterinari e diagnostici, esclusi i laboratori di
diagnosi microbiologica.
6. Attività impianti di smaltimento rifiuti e di raccolta di rifiuti speciali
potenzialmente infetti.
7. Attività negli impianti per la depurazione delle acque di scarico.
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In particolare, a seconda dell’utilizzo degli agenti biologici nel processo
produttivo, è possibile distinguere:
a) Attività con potenziale esposizione ad agenti biologici
-
Industria alimentare
-
Agricoltura
-
Zootecnia
-
Macellazione e lavorazione delle carni
-
Piscicoltura
-
Servizi veterinari
-
Industria di trasformazione di derivati animali (cuoio, pelle, lana, etc.)
-
Servizi sanitari (ospedali, ambulatori, studi dentistici, servizi di
assistenza)
-
Laboratori diagnostici (esclusi quelli di microbiologia)
-
Servizi mortuari e cimiteriali
-
Servizi di raccolta, trattamento, smaltimento rifiuti
-
Servizi di disinfezione e disinfestazione
-
Impianti industriali di sterilizzazione, disinfezione e lavaggio di materiali
potenzialmente infetti
-
Impianti depurazione acque di scarico
-
Manutenzione impianti fognari
B) Settori lavorativi con uso deliberato di agenti biologici:
Università e Centri di ricerca
-
ricerca e sperimentazione nuovi materiali e processi utilizzanti agenti
biologici
-
laboratori di microbiologia (diagnostica e saggio)
Sanità, Zootecnia e Veterinaria
-
ricerca e sperimentazione nuovi metodi diagnostici
-
farmaci contenenti agenti biologici (uso e sperimentazione)
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-
laboratori di microbiologia
-
prove biologiche (su animali e su cellule)
Industria delle biotecnologie
-
produzione di microrganismi selezionati
Farmaceutica
-
ricerca e produzione vaccini
-
ricerca e produzione farmaci
-
processi di biotrasformazione
-
separazione, concentrazione, centrifugazione e produzione di sostanze
derivate
-
ricerca e produzione nuovi kits diagnostici
-
prove biologiche (su animali e su cellule)
Alimentare
-
produzione per biotrasformazione (vino, birra, formaggi, zuccheri,etc.)
-
produzione di microrganismi selezionati
-
laboratori di microbiologia per prove di saggio (ricerca patogeni)
Chimica
-
produzione per biotrasformazione di composti vari (es. detersivi,
prodotti per la concia del cuoio)
Energia
-
produzione per biotrasformazione di vettori energetici (etanolo,
metanolo, metano) usando residui agricoli e agroalimentari o altre
biomasse
Ambiente
-
trattamento rifiuti
-
uso di microrganismi (batteri) con funzione degradativa aerobica e
anaerobica
Miniere
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-
recupero metalli
-
uso di microrganismi per la concentrazione dei metalli da soluzioni
acquose
Agricoltura
-
fertilizzazione colture
-
uso di microrganismi azotofissatori
-
inoculazione micorrize
-
sviluppo nuove sementi
-
uso di antiparassitari microbici: batteri, funghi, virus
Industria bellica
-
produzione armi biologiche
Le diverse attività lavorative in cui è possibile la presenza di agenti
biologici, possono essere classificate anche in funzione delle modalità di
esposizione agli agenti biologici stessi.
In
relazione
al
tipo
di
veicolo
si
possono
riconoscere
cinque
macrocategorie
1) Contatto con agenti patogeni veicolati da esseri umani:
-
attività
sanitarie
(contatto
con
sangue
o
altri
liquidi
organici
potenzialmente infettivi come urina, bile, saliva, liquidi enterici; puntura
accidentale con ago infetto o per lesione da strumenti appuntiti o da
taglio; deposizione diretta dei liquidi sopraccitati nell'occhio, nelle
membrane mucose e sulla cute (purché ci sia una porta di ingresso per
es. una ferita)).
-
assistenza asili nido e scuole materne (contatto con bambini che
possono essere affetti, in fase pre-clinica ma contagiosa, da varie
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29
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malattie infettive trasmissibili, come ad esempio varicella, morbillo,
parotite, rosolia);
-
attività di cura estetica (contatto diretto con fonti di contaminazione,
quali cuoio capelluto in presenza di Tinea Capitis, pediculosi, o contatto
diretto col sangue che si può verificare soprattutto nelle operazioni di
manicure e pedicure);
-
attività con trasferimenti all’estero e attività itineranti in area di endemia
(viaggi in paesi in via di sviluppo dove sono presenti alcune malattie
infettive non diffuse nei paesi di provenienza, quali malaria, febbre
tifoide, febbre gialla, meningite meningococcica, rabbia, encefalite
giapponese);
-
attività lavorative aeroportuali e portuali (popolazioni in arrivo nelle quali
possono esservi anche soggetti affetti da patologie infettive in
incubazione, soggetti portatori sani o in alcuni casi soggetti
manifestamente malati, microrganismi veicolati attraverso merci o
bagagli trasportati);
-
assistenza ai bagnanti (contatto con patogeni acquatici, esposizione a
HBV, HCV, HIV, nelle operazioni di primo soccorso).
2) Veicoli organici:
-
rimozione/trattamento rifiuti (biorisanamento, agenti biologici presenti
nei rifiuti);
-
imprese di pulizia (contatto con materiali infetti di varia provenienza);
-
lavanderia (manipolazione di indumenti sporchi potenzialmente infetti di
varia provenienza ed uso);
-
addetti ai servizi mortuari e cimiteriali (contatto e manipolazione di
oggetti e superfici imbrattate con liquame biologico potenzialmente
infetto);
-
trattamento liquami (microrganismi presenti nei liquami trattati);
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-
pulizia deiezioni animali (agenti patogeni presenti nelle deiezioni e
presenza di insetti, possibili veicoli di microrganismi);
-
lavorazioni legno, cellulosa e carta (contatto con microrganismi nelle
polveri di legno, pasta di cellulosa etc.).
-
produzione di alimenti e mangimi (presenza di microrganismi e acari
nelle polveri organiche dei cereali, nel latte in polvere, nella farina, nelle
spezie).
3) Contatto con animali
-
L’esposizione a tale rischio è caratteristica di attività lavorative, quali:
-
allevamento (contatto con patogeni veicolati da animali, fluidi biologici,
insetti);
-
pesca e acquacoltura (contatto con patogeni acquatici);
-
macellazione, trattamento carni e lavorazioni alimentari di prodotti
animali (contatto con animali infettati da microrganismi trasmissibili
all’uomo e dalla manipolazione di prodotti di origine animale);
-
lavorazioni non alimentari (per contatto e manipolazione di materiali e
prodotti di origine animale come nella concia delle pelli, tosatura);
-
attività veterinarie (contatto con animali infetti);
4) Contatto con veicoli vegetali:
-
arboricoltura e lavori forestali (contatto con agenti biologici trasmissibili
dalla fauna selvatica);
-
floricoltura e vivaismo (contatto con microrganismi che vivono, si
moltiplicano e svolgono il loro ciclo vitale nel terreno, ad es. tetano);
-
coltivazione raccolta e commercializzazione piante eduli e tessili
(contatto con microrganismi che vivono, si moltiplicano e svolgono il
loro ciclo vitale nel terreno, ad es. tetano, manipolazione di alimenti
vegetali, potenzialmente contaminati);
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5) Veicoli non organici
-
industria edile e delle costruzioni, trattamento di materie naturali quali
argilla, paglia, canne (contatto con muffe e batteri derivanti dal
deterioramento dei materiali);
-
movimentazione/pulizia materiali imbrattati e/o infetti (agenti patogeni
presenti sui materiali);
-
pulizia
serbatoi e
condotte
idriche
(presenza
agenti
patogeni
contaminanti);
-
attività
indoor
e
attività
svolte
in
presenza
di
impianti
di
condizionamento dell’aria (inalazione di aerosol contaminati da agenti
presenti nell’aria indoor, muffe/lieviti, legionella, diffusi dagli impianti);
-
pulizia
impianti
condizionamento
(presenza
agenti
patogeni
contaminanti).
Il rischio biologico
Le linee guida della Società Italiana di Medicina del Lavoro ed Igiene
Industriale (SIMLII) definiscono per rischio biologico “quella condizione
nella quale, in un certo ambito di vita o di lavoro, la presenza di un
microrganismo pericoloso e la sussistenza di una esposizione ad esso,
possono comportare la insorgenza di un danno per la salute”.
Il rischio biologico può quindi essere espresso come probabilità di danno
derivante da esposizione ad un agente biologico che, venuto a contatto
con l’uomo, possa penetrare nel suo corpo, moltiplicarsi e provocare
malattia.
L’espressione matematica che sintetizza tale concetto è rappresentata da:
P = NV/R
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In cui :
N è la carica infettante (carica microbica che determina stati patologici),
V è la virulenza (capacità di un agente di replicarsi in un organismo)
R è la resistenza dell’ospite (immunità aspecifica e specifica).
Il rischio biologico, a seconda delle condizioni e delle cause della sua
insorgenza, viene distinto in:
a) rischio biologico generico: presente in tutti gli ambienti di lavoro e
conseguente alla presenza ubiquitaria dei microrganismi; in genere è di
entità modesta ed è conseguente all’esposizione a microrganismi
caratterizzati da una pericolosità nulla o molto modesta; risulta controllabile
con l'adozione delle comuni norme igieniche.
b) rischio biologico specifico: proprio della attività e della mansione
svolta; è determinato dalla presenza di specifici agenti biologici pericolosi
per la salute e di peculiari attività esponenti, presenti in determinati ambiti
lavorativi. A sua volta, il rischio biologico specifico viene distinto in:

potenziale: le attività lavorative svolte possono comportare l’eventuale
presenza di microrganismi pericolosi; la caratteristica di potenzialità
non è da ascrivere alla incerta insorgenza del danno, quanto alla
potenziale presenza della condizione di pericolo (Es. laboratori di
analisi chimico-cliniche).

deliberato: deriva dall'impiego di agenti biologici noti intenzionalmente
introdotti nel ciclo lavorativo per esservi trattati, manipolati, trasformati
o per sfruttarne le proprietà biologiche (industria delle biotecnologie
avanzate);

da antropozoonosi: rischio storico riemergente, correlato alla
diffusione in ambito lavorativo di malattie prima limitate a settori
particolari (leptospirosi, leishmaniosi) o allo sviluppo di nuove malattie
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infettive trasmesse dagli animali all’uomo attraverso agenti biologici di
natura diversa (ad es. influenza aviaria).
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VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio deve tener conto di tutte le
informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e
delle modalità lavorative, ed in particolare (art. 271 D.Lgs.81/208):
a) della classificazione degli agenti biologici;
b) dell’informazione sulle malattie che possono essere contratte;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale é affetto un lavoratore,
che é da porre in correlazione diretta all’attività lavorativa svolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità sanitaria
competente che possono influire sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
La valutazione dei rischi deve essere registrata su apposito documento,
redatto ai sensi dell’art. 17 del D. Lgs. 81/2008 e ss.mm.ii.
Tale documento deve inoltre comprendere, previa consultazione del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, i dati relativi a:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di
esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);
c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione
dai rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misure preventive
e protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi
di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel
caso di un difetto nel contenimento fisico.
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La valutazione deve essere riesaminata e ripetuta in occasione di
qualunque modifica dell'attività lavorativa significativa ai fini della sicurezza
e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima
valutazione effettuata.
Nelle attività, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare
con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei
lavoratori agli stessi, non è contemplato affatto un implicito esonero da una
puntuale ricognizione e valutazione dei possibili rischi e delle relative
localizzazioni e manifestazioni in seno al processo lavorativo. Anzi,
l’eventuale esonero dall'applicazione di alcune misure specifiche di
prevenzione, può derivare unicamente da una precisa valutazione dei
rischi, opportunamente registrata nel documento di cui all’art. 17 del D.
Lgs. 81/2008.
Anche nei casi di parziale esonero nell'applicazione del titolo X del D. Lgs.
81/2008 e ss.mm.i.. devono comunque essere rispettate le norme di
misure tecniche, organizzative, procedurali, misure specifiche per i servizi
di isolamento e per i reparti di malattie infettive, informazione e formazione.
Modello applicativo di valutazione del rischio
Una modellizzazione della valutazione del rischi biologico può essere
schematizzata in tre fasi: la prima per identificazione delle sorgenti di
rischio, definizione e caratterizzazione degli agenti biologici; la seconda
fase rivolta all’individuazione dei rischi di esposizione; infine la stima dei
rischi di esposizione o residui.
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Per prima cosa, quindi, è necessario identificare e caratterizzare le fonti di
rischio, attraverso la descrizione dell’attività lavorativa ed analisi delle
modalità lavorative, l’individuazione degli agenti biologici, connessi con
l’ambiente o con il posto di lavoro, che sono da considerarsi sorgenti di
rischio; l’individuazione delle modalità di trasmissione possibili agenti
eziologici di patologie; l’individuazione di eventuali fattori di sinergismo e/o
ulteriori effetti sulla salute umana; l’individuazione di rischi per la sicurezza
e la salute dovuti a fattori trasversali, come ad esempio l’organizzazione
del lavoro, i fattori psicologici-ergonomici, le condizioni di lavoro difficili.
Terminata la prima fase di raccolta informazioni, si passa alla fase di
individuazione dei rischi di esposizione, ed in particolare l’individuazione
delle procedure di lavoro a rischio di esposizione ad agenti biologici e
l’analisi delle misure di sicurezza effettivamente attuate (formazione ed
informazione, piani di lavoro, dispositivi individuali e collettivi di protezione,
sorveglianza sanitaria).
La fase finale della stima del rischio, consiste nell’individuazione del rischio
che residua una volta che il maggior numero possibile di misure di
prevenzione efficace nel contrastare i fattori di rischio è stato adottato.
Uno dei maggiori problemi nella valutazione dell'entità del rischio prima
dell’instaurarsi del danno, risiede nella difficoltà a quantificare in modo
esaustivo l'entità dell'esposizione. Per gli agenti biologici va infatti
sottolineata la mancanza di procedure di indagine standardizzate per il
monitoraggio
dell’esposizione
aerodispersa
presente
in
ambito
professionale; inoltre, se in campo tossicologico è generalmente possibile
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identificare la “dose-soglia” e le relazioni “dose-effetto” e “dose-risposta”
per le varie sostanze chimiche, più difficile risulta l’interpretazione delle
dosi in termini di frequenza attesa delle diverse manifestazioni patologiche
di natura sia infettiva che allergologica.
Altre difficoltà sono rappresentate dalla variabilità di grado di patogenicità
(virulenza), dalla suscettibilità dell’ospite, dallo stato di immunizzazione
della popolazione lavorativa esposta, dalle condizioni geografiche,
stagionali e ambientali (temperatura, umidità, presenza di principi nutritivi
favorenti).
In ogni caso, nella valutazione dell’impatto del rischio infettivo negli
ambienti di lavoro si devono essere considerati:
-
frequenza e incidenza,
-
grado di contagiosità dell’agente infettante, severità della malattia,
-
gravità delle complicanze e/o delle sequele, costo individuale e sociale
della malattia (es. il costo è alto se la patologia è molto frequente e se
la durata è lunga), rischio di malattia specifico per età e per sesso (es.
Infezione da rosolia in età fertile).Il modello applicativo è risultante
dall’interazione di tre fattori: la gravità intrinseca potenziale dell’agente
biologico, la durata dell’effettiva esposizione all’agente biologico ed il livello
di esposizione ad esso. Sulla base di tali parametri, il rischio può risultare:
-
basso (non sono necessarie misure specifiche di prevenzione e
protezione);
-
medio (necessarie misure specifiche di prevenzione e protezione);alto
(le misure specifiche di prevenzione e protezione sono necessarie ed
urgenti).
Uno dei fattori che contribuisce maggiormente alla variabilità del rischio
infettivo e che rende complessa la valutazione del rischio biologico è il
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fattore legato alla suscettibilità individuale. Al fine di evidenziare eventuali
gruppi di soggetti ipersuscettibili è opportuno suggerire un accertamento
preventivo delle condizioni di salute dei lavoratori da sottoporre
eventualmente a controlli periodici anche in presenza di un rischio basso.
Tale auestionario predisposto dal Medico Competente, ove nominato, e
compilato dagli esposti ad agenti biologici, oppure un questionario ed
eventuali visite mediche preventive/periodiche, ai sensi dell’art. 15 comma
1 lettera l del D.Lgs. 81/2008 s.m.i. in caso di comparsa di eventi
sentinella, oppure qualsiasi altro riscontro o indagine che attesti uno stato
di ipersuscettibilità.
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MISURE SPECIFICHE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
Le norme universali di protezione e prevenzione del rischio biologico
devono essere applicate a priori di qualsiasi valutazione dei rischi, anche
solo in condizioni di potenziale o ipotetica esistenza del rischio.
Il datore di lavoro deve applicare i principi di buona prassi microbiologica,
ed adottare, in relazione ai rischi accertati, le misure di protezione e
prevenzione, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
In particolare, il D. Lgs. 81/2008 e ss.mm.ii. definisce le misure che il
datore di lavoro deve adottare, distinguendole in:
-
Misure tecniche, organizzative, procedurali (art. 272);
-
Misure igieniche (art. 273);
-
Eventuali misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie (art.
274);
-
Eventuali misure specifiche per i laboratori e gli stabulari (art. 275);
-
Eventuali misure specifiche per i processi industriali (art. 276);
-
Misure di emergenza (art. 277);
-
Informazioni e formazione (art. 278);
-
Sorveglianza sanitaria (artt. 279, 280, 281).
Misure tecniche, organizzative, procedurali
Il datore di lavoro, per evitare ogni esposizione dei lavoratori ad agenti
biologici, deve attuare le seguenti misure tecniche, organizzative e
procedurali:
a) evitare l’utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attività
lavorativa lo consente;
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b) limitare al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al
rischio di agenti biologici;
c) progettare adeguatamente i processi lavorativi, anche attraverso l’uso di
dispositivi di sicurezza atti a proteggere dall’esposizione accidentale ad
agenti biologici;
d) adottare misure collettive di protezione ovvero misure di protezione
individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l’esposizione;
e) adottare misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la
propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di lavoro;
f) usare il segnale di rischio biologico, rappresentato nell’allegato XLV del
D. Lgs. 81/2008 e ss.mm.ii., e altri segnali di avvertimento appropriati;
g) elaborare idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare
campioni di origine umana ed animale;
h) definire procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verificare la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del
contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente realizzabile;
l) predisporre i mezzi necessari per la raccolta, l’immagazzinamento e lo
smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l’impiego di
contenitori
adeguati
ed
identificabili
eventualmente
dopo
idoneo
trattamento dei rifiuti stessi;
m) concordare procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni
di sicurezza di agenti biologici all’interno e all’esterno del luogo di lavoro.
Misure igieniche
Il datore di lavoro deve assicurare che:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce
con acqua calda e fredda, nonché, se del caso, di lavaggi oculari e
antisettici per la pelle;
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b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altri indumenti
idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) i dispositivi di protezione individuale ove non siano monouso, siano
controllati, disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a
far riparare o sostituire quelli difettosi prima dell’utilizzazione successiva;
d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati da
agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di lavoro,
conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati, puliti e, se
necessario, distrutti.
Inoltre, nelle aree di lavoro in cui c’é rischio di esposizione è vietato
assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo
umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.
Eventuali misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie
Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di
valutazione dei rischi, deve prestare particolare attenzione alla possibile
presenza di agenti biologici nell’organismo dei pazienti o degli animali e nei
relativi campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta in
relazione al tipo di attività svolta.
In sede di valutazione dei rischi, si deve valutare la presenza dell’agente
biologico in pazienti, animali, relativi residui e campioni e devono essere
applicate
adeguate
procedure
di
eliminazione,
manipolazione
e
decontaminazione.
Nei servizi di isolamento in cui siano presenti, o potrebbero essere
presenti, pazienti o animali contaminati da agenti di gruppo 3 e 4 devono
essere adottate le misure di contenimento indicate nell’all. XLVII del D.
Lgs. 81/2008 e ss.mm.ii.
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Il personale addetto deve essere informato e formato sui rischi inerenti la
manipolazione degli agenti biologici pericolosi.
I rischi biologici più importanti per gli operatori sanitari sono quelli associati
con il virus dell'epatite B (HBV), dell'epatite C (HCV), e con quello
dell'imunodeficienza acquisita (HIV).
Eventuali misure specifiche per i laboratori e gli stabulari
Nei laboratori e stabulari devono essere adottate le misure di contenimento
di cui all'all. XLVII del D.Lgs 81/2008 e ss.mm.ii. e il datore di lavoro deve
seguire le procedure ivi indicate.
Eventuali misure specifiche per i processi industriali
Nei processi industriali in cui devono essere adottate le misure di
contenimento e il datore di lavoro deve seguire le procedure indicate dal
D.Lgs 81/2008 e ss.mm.ii.
Misure di emergenza
In caso di incidente coinvolgente agenti biologici di gruppo 2, 3 e 4:
-
devono essere seguite le misure di emergenza ed evacuazione
indicate dal D.Lgs 81/2008 e ss.mm.ii.
-
deve essere definito un protocollo per il primo soccorso dei
lavoratori contaminati.
Informazioni e formazione
Nell’ambito della valutazione e della gestione del rischio biologico, il datore
di lavoro deve fornire ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili,
informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
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a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;
b) le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di
protezione individuale ed il loro corretto impiego;
e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici del
gruppo 4;
f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare per
ridurne al minimo le conseguenze.
Per tutti i suddetti aspetti, il datore di lavoro deve assicurare ai lavoratori
una formazione adeguata.
L’informazione e la formazione devono essere fornite prima che i lavoratori
siano adibiti alle attività in questione, e ripetute, con frequenza almeno
quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni
cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
Inoltre, nel luogo di lavoro devono essere apposti in posizione ben visibile
cartelli su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio od
incidente.
Sorveglianza sanitaria e ruolo del medico competente
Qualora l’esito della valutazione del rischio ne rilevi la necessità i lavoratori
esposti ad agenti biologici sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria.
La programmazione della sorveglianza sanitaria viene determinata in base
alla tipologia di agenti biologici presenti nel ciclo lavorativo.
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In molti settori, ed in particolare per le attività lavorative non sanitarie, il
ruolo del medico competente appare fondamentale in virtù della sua
formazione professionale il medico competente è l’unica figura con
conoscenze specifiche relative agli agenti biologici, in particolare per
quanto riguarda possibilità e probabilità di effetti sulla salute dei lavoratori
Al di là della redazione dei protocolli per la sorveglianza sanitaria, della
valutazione dei dati sanitari personali dei lavoratori e della formulazione dei
giudizi individuali di idoneità alla mansione, il medico competente deve
essere coinvolto già dalla fase preliminare del processo di valutazione del
rischio biologico, quando vengono analizzate le lavorazioni. In tale fase il
medico competente sarà in grado di identificare ed ipotizzare la presenza
di agenti biologici anche se non deliberatamente impiegati nel ciclo
lavorativo.
Il medico competente, attraverso un’attenta analisi dei dati sanitari dei
lavoratori,
un’adeguata
identifica
situazioni
modulazione
degli
di
particolare
interventi
rischio
preventivi.
consentendo
In
seguito
all’identificazione degli agenti, dovranno essere individuate e valutate le
modalità di propagazione e di esposizione-contatto, punti nodali per la
definizione dell’esposizione in termini quantitativi.
Il medico competente fornisce un contributo essenziale nella definizione
delle norme igieniche che dovranno essere applicate dai lavoratori.
Compito specifico del medico è, inoltre, la definizione delle strategie
vaccinali.
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Anche nell’adozione delle misure di protezione collettiva e individuali così
come nella informazione e formazione sul corretto uso dei DPI, il ruolo del
medico competente risulta imprescindibile.
Il medico competente deve infine occuparsi di specifici protocolli tecnici e
sanitari di comportamento in caso di eventi accidentali.
Strategia preventiva vaccinale
Una strategia di prevenzione per i lavoratori è rappresentata dalle
vaccinazioni. Infatti, programmi vaccinali ben impostati possono ridurre in
modo sostanziale il numero dei lavoratori suscettibili ed i conseguenti rischi
di trasmissione di patogeni prevenibili con la vaccinazione ad altri
lavoratori.
La base normativa delle vaccinazioni in ambito lavorativo è sempre il
D.Lgs. 81/2008, che all’articolo 279 comma 2 specifica: “Il datore di lavoro,
su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive
particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari
individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali: a) la
messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono
già
immuni
all'agente
biologico
presente
nella
lavorazione,
da
somministrare a cura del medico competente”.
Una corretta strategia vaccinale si basa sulla valutazione del rischio
infettivo e conoscenza dei soggetti esposti, l’informazione dei lavoratori, il
controllo delle procedure di sicurezza, la raccolta dei dati e tenuta di un
registro vaccinale.
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La strategia preventiva vaccinale, definita in base alla valutazione del
rischio
infettivo,
come
strumento
di
prevenzione
efficace
e/o
indispensabile, deve tener conto:
-
della obbligatorietà o meno del vaccino proposto;
-
del rischio reale di contrarre la patologia senza il vaccino;
-
della entità o gravità delle manifestazioni patologiche legate
all’agente patogeno nei confronti del quale si propone il vaccino;
della frequenza dei contatti potenziali;
-
della efficacia della vaccinazione proposta; della esistenza di misure
efficaci alternative al vaccino e delle caratteristiche immunologiche
e dello stato di salute del soggetto da vaccinare.
Una corretta strategia vaccinale non può prescindere dalla valutazione del
rischio infettivo e dalla individuazione dei soggetti esposti e non
immunizzati .
La vaccinazione, sia essa obbligatoria per legge o sia prescritta nel
documento di valutazione dei rischi, presuppone in ogni caso il consenso
informato
del
lavoratore
attraverso
una
comunicazione
chiara
dell’informazione, con evidenza del corretto rapporto rischio-benefici del
trattamento vaccinale. Pertanto devono essere illustrati al lavoratore gli
eventuali effetti avversi. In particolare, nella fase di informazione dei
lavoratori, deve essere messo in evidenza il rapporto rischio-beneficio
dell’atto vaccinale, devono essere illustrati gli effetti avversi e le differenze
tra le vaccinazioni previste per legge e quelle necessarie in relazione allo
specifico rischio lavorativo.
Il lavoratore, opportunamente informato, prima di sottoporsi ad un atto
vaccinale, deve fornire un consenso informato che deve essere: esplicito,
personale, specifico, consapevole, libero.
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Il medico competente, deve procedere alla raccolta del consenso informato
da parte del lavoratore, ovvero del rifiuto alla vaccinazione.
La vaccinazione in ambiente di lavoro presuppone la preventiva
valutazione dello stato di immunizzazione dei lavoratori (dati anamnestici,
test sierologici e certificazioni vaccinali), il controllo dei certificati di
vaccinazioni e dei richiami, la verifica dell’eventuale del mantenimento
dell’immunità e la raccolta dei dati.
La strategia vaccinale deve essere proposta dal medico competente e
discussa nella riunione periodica annuale e, una volta condivisa, la
decisione va integrata nel documento di valutazione dei rischi nel quale va
riportata anche ogni valutazione e decisione in merito alle procedure da
adottare per i lavoratori non sottoposti a sorveglianza sanitaria.
Nella pratica possono presentarsi le seguenti situazioni:
a) il lavoratore presenta il consenso informato, si sottopone a vaccinazione
e risulta immunizzato (il controllo dell’avvenuta immunizzazione spetta al
medico competente);
b) il lavoratore rifiuta il consenso all’atto vaccinale;
c)
il
lavoratore
documentando
non
si
sottopone
controindicazioni
a
vaccinazione
(disordini
motivando
e
immunitari,
immunosoppressione, allergia accertata a componenti del vaccino,
pregresse reazioni gravi, gravidanza, malattie acute febbrili);
d) il lavoratore presenta il consenso informato, si sottopone a
vaccinazione, ma in seguito ai controlli sull’avvenuta immunizzazione
risulta essere non-responder.
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Nel caso a), il medico competente dovrà esprimere un giudizio di idoneità,
idoneità con limitazione o non idoneità alla mansione specifica, in relazione
alle risultanze della visita medica effettuata.
Nei casi b), c), d), in primo luogo il medico competente dovrà valutare se il
rischio infettivo possa essere ridotto in maniera efficace con misure di
prevenzione e protezione eventualmente non ancora attuate. Il medico
competente deve procedere preventivamente all’accertamento di eventuali
controindicazioni vere, temporanee o permanenti (circolare n. 9 del
23/03/1991 del Ministero della Sanità).
Nel caso in cui siano tecnicamente realizzabili le misure di prevenzione e
protezione non ancora attuate e in attesa del completamento delle stesse,
il medico competente dovrà formulare un giudizio di idoneità alla mansione
specifica con limitazione (qualora possibile), escludendo le operazioni che
comportano l’esposizione all’agente infettante verso cui il lavoratore non è
immune.
Nel caso in cui siano già state attuate tutte le misure di prevenzione e
protezione
tecnicamente
realizzabili,
il
medico
competente
dovrà
esprimere un giudizio di idoneità, idoneità con limitazione o inidoneità alla
mansione specifica, in relazione all’utilità e necessità della vaccinazione
non eseguita/non efficace. Qualora la vaccinazione costituisca, per la
mansione specifica, la necessaria strategia preventiva realizzabile nei
confronti del rischio infettivo valutato, e non sia possibile esprimere un
giudizio di idoneità con limitazioni, potrebbe configurarsi una possibile non
idoneità alla mansione specifica.
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E’ possibile che il medico competente, dopo una attenta valutazione della
situazione del singolo dipendente, in considerazione dei rischi-benefici
dell’atto vaccinale, nei casi di esposizioni giudicate irrilevanti ad esempio in
termini temporali, possa considerare non necessaria la vaccinazione del
singolo lavoratore, benché indicata per la mansione specifica. La
valutazione e la relativa decisione dovranno essere descritte nella cartella
sanitaria e di rischio.
Nel caso in cui la vaccinazione disposta dal medico competente non venga
effettuata a causa di controindicazioni o per qualsiasi altro motivo e nel
caso di lavoratori che, eseguita la vaccinazione, risultino non responders:
a) il lavoratore può continuare comunque a svolgere le medesime
mansioni, nel caso in cui il rischio di contagio con l’agente biologico
nei cui confronti è suscettibile sia considerato nell’attuale inserimento
lavorativo concretamente trascurabile; tale valutazione deve risultare
chiaramente ed esplicitamente nella cartella sanitaria e di rischio e il
medico competente se ne assume come di norma la piena
responsabilità;
b) il lavoratore non è idoneo alla mansione specifica (quando il rischio è
medio o alto).
Nel caso di lavoratori non responders si può pertanto configurare un
giudizio di inidoneità alla mansione specifica.
In realtà, se l’obiettivo da perseguire è la tutela della salute del lavoratore,
è necessario che per le patologie dove esistono dei vaccini ci sia una
risposta anticorpale documentata; al posto di un lavoratore non responder
può essere impiegato un lavoratore responder. Caso diverso invece è
quello in cui il lavoratore può essere potenzialmente esposto ad agenti
biologici per i quali non sono disponibili vaccini (ad es. HCV).
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In
ogni
caso,
le
certificazioni
che
evidenziano
la
presenza
di
controindicazioni alla vaccinazione possono essere ritenute valide ai fini
dell’esonero dalle vaccinazioni previste dal protocollo di sorveglianza
sanitaria. Le controindicazioni devono comunque essere reali (es. disordini
immunitari, malattie acute febbrili, pregresse reazioni allergiche al
medesimo vaccino o a vaccini contenenti gli stessi componenti, ecc.)
ovvero legate ad accertate condizioni cliniche.
Le vaccinazioni influenzali possono rappresentare un caso particolare di
strategia preventiva in ambito lavorativo.
Il Ministero della Salute divulga annualmente circolari, documenti specifici
relativi alla prevenzione e controllo dell’influenza, che costituisce un
importante problema di sanità pubblica a causa del numero di casi che si
verificano in ogni stagione e che può essere più o meno elevato a seconda
della trasmissibilità del virus influenzale circolante.
Le raccomandazioni del Ministero hanno l’obiettivo di ridurre al minimo il
numero di casi attraverso:
a) le norme di prevenzione primaria: lavaggio delle mani, in assenza di
acqua, uso di gel alcolici; buona igiene respiratoria - coprire bocca e naso
quando si starnutisce o tossisce, trattare i fazzoletti e lavarsi le mani;
isolamento volontario a casa delle persone con malattie respiratorie febbrili
specie in fase iniziale; uso di mascherine da parte delle persone con
sintomatologia influenzale quando si trovano in ambienti sanitari
(ospedali); b) attraverso una campagna vaccinale stagionale. Nell’elenco
del Ministero vengono segnalate alcune categorie lavorative per le quali la
vaccinazione stagionale è raccomandata, come: donne che all’inizio della
stagione epidemica si trovino nel secondo e terzo trimestre di gravidanza;
medici e personale sanitario di assistenza; soggetti addetti a servizi
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pubblici di primario interesse collettivo e categorie di lavoratori (ad
esempio Forze di Polizia e Vigili del Fuoco); personale che, per motivi di
lavoro, è a contatto con animali che potrebbero costituire fonte di infezione
da virus influenzali non umani (allevatori, addetti all’attività di allevamento,
addetti al trasporto di animali vivi, macellatori e vaccinatori, veterinari.
Dispositivi di protezione individuale
I dispositivi di protezione individuale (DPI) rientrano tra le misure adottate
allo scopo di proteggere direttamente il lavoratore contro specifici rischi di
infortunio/malattia, e rappresentano l’ultima barriera tra agente biologico e
uomo.
Il D.Lgs. 81/2008, all’art. 74. definisce come DPI individuale “qualsiasi
attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo
scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la
sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o
accessorio destinato a tale scopo”.
In base ai requisiti definiti dall’art. 76 i DPI devono:
-
essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un
rischio maggiore;
-
essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
-
tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
-
poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità;
-
in caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI,
questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche
nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei
rischi corrispondenti;
-
essere conformi alle norme di cui al D. Lgs. 475/92 s.m.i;
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Il D.Lgs. 81/2008 obbliga all’uso dei DPI “quando i rischi non possono
essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione,
da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di
riorganizzazione del lavoro”.
In generale, i DPI vengono utilizzati: nella routine lavorativa, nei casi
previsti dalla normativa; in specifiche fasi di lavoro (manutenzione/pulizia
ad esempio di cappe biologiche); nelle situazioni di emergenza
(contaminazioni ambientali).
Il medico competente in base alla valutazione del rischio e tenendo conto
delle lavorazioni effettuate, delle condizioni di lavoro e delle specifiche
caratteristiche degli agenti biologici coinvolti dovrà valutare l’opportunità
delle misure di protezione individuale e indicare i più idonei DPI quali
maschere, facciali filtranti, visiere, guanti monouso, camici monouso.
L’uso dei DPI deve essere previsto gerarchicamente come l’ultima risorsa
a disposizione dei lavoratori, qualora non sia possibile eliminare il rischio o,
riportarlo ad un livello accettabile.
Il medico competente deve inoltre informare i lavoratori sul significato dei
DPI e formarli al loro corretto uso. Dovrà essere specificato come
indossare correttamente i singoli DPI specificando in dettaglio la sequenza
corretta delle operazioni da effettuare e inoltre quando e dove smaltire il
materiale utilizzato specie se infetto.
Va ricordato che in base al D.Lgs. 81/2008, gli indumenti di lavoro ordinari
e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la
salute del lavoratore non costituiscono DPI, è tuttavia importante che gli
indumenti da lavoro garantiscano comodità, facilità di movimento,
adeguatezza dei tessuti, capacità protettiva
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REGISTRI
Registri degli esposti e degli eventi accidentali (Art. 280 D. Lgs.
81/2008)
I lavoratori che manipolano agenti di classe 3 e 4, devono essere iscritti nei
registri degli esposti, tenuto dal datore di lavoro, in cui sono riportati, per
ciascuno di essi, l’attività svolta, l’agente utilizzato e gli eventuali casi di
esposizione individuale e il datore di lavoro deve seguire le procedure
indicate dal D. Lgs. 81/2008 e ss.mm.ii.
Registro dei casi di malattia e di decesso (Art. 281 D. Lgs. 81/2008)
Presso l’INAIL (ex ISPESL) é tenuto un registro dei casi di malattia ovvero
di decesso dovuti all’esposizione ad agenti biologici.
I medici competenti, le strutture sanitarie, pubbliche o private, che
refertano i casi di malattia, ovvero di decesso, trasmettono all’INAIL (ex
ISPESL) copia della relativa documentazione clinica.
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SINTESI
Settori lavorativi ed incombenze per l'applicazione del Titolo X del
D.Lgs 81/08 (Protezione da agenti biologici)
Incombenza
Valutazione del rischio
Comunicazione all'Asl
Uso deliberato
sempre
2, 3
2, 3 (a)
4 (b)
4 (c)
4
al 4 (e)
Autorizzazione ministeriale
Comunicazioni
variazioni
Ministero
Misure tecniche, organizzative e
procedurali
Misure igieniche
Misure specifiche per strutture
sanitarie e veterinarie*
Misure specifiche per laboratori e
stabulari*
Misure specifiche per processi
industriali
Misure di emergenza
Informazione e formazione
Sorveglianza degli esposti
Registro esposti
Registro eventi accidentali
Esposizione
potenziale
sempre
se rischio
se rischio
2, 3, 4
2, 3, 4
se rischio
se rischio
2, 3, 4
se rischio (f)
2, 3, 4
se rischio (g)
2, 3, 4
sempre
se rischio
3, 4
consigliato
2, 3, 4
sempre
se rischio
consigliato
LEGENDA:
I numeri nella seconda colonna della tabella, quando presenti, si
riferiscono alle classi di pericolosità attribuite ai microrganismi secondo il
D.Lgs 81/08, mentre le lettera hanno i seguenti significati:
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(a) In caso di variazioni.
(b) Solo i laboratori diagnostici nei confronti di affezioni da agenti di gruppo
4.
(c) Previo ottenimento dell'autorizzazione del Ministero della Sanità, che
provvede direttamente ad avvisare la ASL, quale organo di vigilanza.
(d) Se microrganismi geneticamente modificati di gruppo 2, sostituire il
documento di valutazione del rischio con la documentazione prevista dal
D.Lgs 3-3-93 n. 91.
(e) Esclusi i laboratori diagnostici nei confronti di affezioni da agenti di
gruppo 4.
(f) In caso contrario, si applica solo il comma 3.
(g) In caso contrario, si applicano solo i commi 1 e 2.
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