leonardo Ferragamo

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leonardo Ferragamo
www.solovela.net
Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela
Intervista a
Leonardo Ferragamo
Sopra, un momento dell’intervista.
A destra, Leonardo Ferragamo da
ragazzo sul Flying Deutchman
Leonardo
Cuordileone
di Giuseppe Mancini
eonardo Ferragamo, cinquantenne imprenditore fiorentino, a capo di varie società del gruppo di Famiglia
e presidente del gruppo Nautor. Questo, in pochissime
parole, il quadro di un uomo, che alla sua professione ha
sempre affiancato, prima come passione poi come attività
imprenditoriale, il mondo della vela. Due strade parallele,
che hanno combaciato nel 1998, anno in cui ha acquisito la
maggioranza della Nautor.
Poi un giorno c’incontriamo a Portoferraio, parliamo un po’.
Quell’incontro mi lascia una certa curiosità e il desiderio di
L
36 Agosto 2004
conoscerlo meglio. Lo chiamo al telefono, fissiamo un
appuntamento per un’intervista in ufficio a Firenze.
Siamo nella sede della Salvatore Ferragamo SpA, in pieno
centro a pochi passi dalla Galleria degli Uffizi.
“Solleone”, “Cuordileone”: mi sono sempre chiesto
come mai lei ha dato alle sue barche nomi con il suffisso “leone”.
La prima volta, dovendo decidere un nome per lo Swan 51,
ho pensato a qualcosa che avesse assonanza con i nomi dei
miei figli e con il mio. Nel 88, anno in cui acquistai la
barca, erano già nati Mariasole ed Edoardo (oggi i figli di
Maria Beatrice e Leonardo Ferragamo, sono quattro, n.d.r.).
Poi io sono del segno zodiacale del leone...... e, tra l’altro
è uno splendido animale, per cui!
Quando nasce il suo amore per il mare.
Il mare ha sempre avuto per me una grande attrazione, fin
da quando imparavo a nuotare. Ricordo che mi fermavo a
guardarlo per ore; mi affascinava il fatto che fosse in continuo movimento e mai uguale a se stesso. Da allora, ho
maturato l’idea che, fondamentalmente, sono tre gli aspetti
che particolarmente mi affascinano: il senso del bello, il
senso di sfida e il senso di libertà.
Ma del suo primo mare, quello di bambino, che cosa
le è rimasto.
Il fatto di vivere a Firenze, rendeva le gite di famiglia al
mare un evento. L’andare al mare era un’occasione speciale
anche perché, come tutte le cose che non hai a portata di
mano, veniva desiderato maggiormente. Ricordo, non appena giunti a Forte dei Marmi, le corse per attraversare la
spiaggia verso la riva, e i lunghi bagni. Per me era come
una calamita e, non appena libero, assecondavo la sua
attrazione.
E, del mare, mi piacevano tutti i suoi risvolti: amavo andare sott’acqua con maschera e pinne, oppure trascorrere ore
sulla riva a pescare o, ancora, aiutare i pescatori a tirare le
reti dalla spiaggia, o stare a osservare le loro barche nei
porticcioli.
E poi, da ragazzo, ha scoperto la vela.
Si, e da quel momento tutte le sensazioni che mi dava il
mare si sono moltiplicate, hanno assunto più forza.
Le prime avventure in barca a vela le devo a mio fratello
Ferruccio. Lui aveva una deriva di cinque metri e mi portava con se. Questo mi ha dato la possibilità di rendermi
conto della bellezza di navigare spinti dal vento e che quello era il modo più bello per vivere il mare. Poi, a quindici
anni, come regalo per una promozione - sofferta, per la
verità, in quanto la scuola non andava d’accordo con me ricevetti un Flying Deutchman. Da quel momento capii cosa
vuol dire sentirsi responsabile della propria barca.
Dopo qualche anno, ha avuto inizio per me una forma di
fibrillazione tra la mia vita professionale e la passione per
la vela e, devo confessare, che è stata una fortuna vivere
e lavorare a Firenze: probabilmente se avessi vissuto in
una città di mare, la mia attività lavorativa ne avrebbe
sofferto.
Allora si può riassumere dicendo che la lontananza
dal mare sia stata di giovamento alla sua professione.
Si, è così.
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Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela
Foto S. Palfrader/SEA & SEE
Sopra, da sinistra Enrico Chieffi,
Olin Stephens, Beatrice
Ferragamo, Leonardo Ferragamo,
German Frers, Bouwe Bekking,
Paul Cayard e Grant Dalton a
Portofino.
A sinistra, alla premiazione
della Swan Cup del 2002
Sopra, con Paul Cayard, oggi
collaboratore della Nautor.
A destra, al timone di “Solleone”.
Sotto, lo Swan 45 “Cuordileone”
Ma, Leonardo Ferragamo come vive il mare: oltre ad
andare in barca, si ritaglia dei momenti extra vela?
Per esempio, ama stare in spiaggia?
Per niente! Stare in spiaggia per me è una punizione.
Appena ho dei momenti liberi, scappo in barca e via!
Come ha iniziato a fare regate.
Ho iniziato con mio fratello e ho proseguito con il mio FD.
Per permettermi le trasferte - in famiglia abbiamo ricevuto
un’educazione molto ferma, che voleva pochi sprechi e che
ci ha spinto a inventarci le soluzioni per sostenere le nostre
attività - diedi vita una piccola attività remunerativa.
Allora, come adesso, costava fare regate e andando sui
campi di regata, al seguito di mio fratello, mi proponevo
come fotografo e vendevo le mie immagini ai proprietari
delle imbarcazioni. Quello che guadagnavo mi dava la possibilità di effettuare la trasferta successiva, e così via.
Successivamente, mi proposi come giornalista e collaborai
con varie testate di settore. Tutto ciò, oltre a darmi la possibilità di coltivare la mia passione per le regate e le barche, incise molto sulla mia formazione, perché dimostrai a
me stesso che quando una cosa la volevo fare, riuscivo a
trovare le soluzioni per farla.
Vuol dire che non esiste nulla d’impossibile: basta
determinare?
Certo, è senza dubbio così!
Poi, un giorno scoprì uno Swan.
Un giorno decisi di acquistare una barca tutta per me, intorno ai 50 piedi e, valutando tutte le opportunità, esclusi uno
Swan perché non me lo potevo permettere. Ma, una scheda
di uno Swan 51 con un evidente errore sul prezzo inviatami
da un broker, m’invogliò ad andare a vedere quella barca.
Capii subito di essere “approdato” su un oggetto di livello
superiore e me ne innamorai. Sul quel prezzo, feci una proposta al ribasso, ma essendo già errato in partenza, non ci
fu niente da fare. Da quel momento non riuscii più a levarmi dalla testa quel tipo di barca e, dopo una lunga ricerca
di Swan 51, trovai quello che poi divenne il mio.
Oltre ad aver scoperto uno Swan, scoprii anche il mondo
Swan, fatto di attenzioni verso l’armatore, cura dei particolari, serietà professionale e grande qualità.
Quando poi nel ‘92 andai al Cantiere, mi si aprì un mondo,
fatto di maestranze qualificate e serie, un insieme di artigiani altamente specializzati provenienti da una grande tradizione di costruttori di barche. Ma una azienda senza una
guida strategica, lasciata un po’ allo sbaraglio dal punto di
vista organizzativo, che si reggeva solo sulla serietà e sull’orgoglio di ogni singolo lavorante. Rimasi affascinato da
tutto ciò e, da subito, incominciai a pensare in quale modo
poter avere un coinvolgimento. Gli proposi una partecipa-
zione nel marketing e, più concretamente, gli sottoposi un
progetto di One Design - che avrei chiamato “Formula Swan”
- con le caratteristiche che oggi troviamo nello Swan ‘45. Mi
ringraziarono, ma non colsero la mia offerta.
E da quel momento iniziò seriamente a prendere in
considerazione l’opportunità di acquisire la Nautor.
Da quel momento ebbe inizio una lunga riflessione da
parte mia e, successivamente, trovato il canale giusto,
un’altrettanto lunga trattativa che, dal punto di vista professionale, ha portato a uno dei passi più importanti della
mia vita.
Quel passo, quanta soddisfazione le ha dato.
Moltissima! Anche se non nego di averlo vissuto con timore, non tanto per l’investimento o le problematiche di
gestione aziendale a distanza, quanto per le responsabilità
che mi assumevo verso un mito consolidato e per il rischio
di disfare un qualcosa che è nel cuore delle persone.
Cosa le ha dato il coraggio per effettuare quel passo.
Anche se i prodotti della Ferragamo e quelli della Nautor
sono sostanzialmente diversi, creando un parallelo tra le
due aziende si possono trovare molte affinità: si tratta di
aziende leader, internazionali, di gestione del marchio e di
qualità globale, di cura del post vendita e di customer satisfaction, di clientela d’elite. Tutte queste similitudini e l’esperienza di un settore avanzato, come quello della moda,
sono stati i motivi che mi hanno dato il coraggio definitivo
per fare il passo.
Quanto è stato importante l’inserimento di Enrico
Chieffi nel management della Nautor.
Molto importante. Enrico, con la sua competenza e
preparazione, mi è stato molto d’aiuto durante la
lunga riflessione di cui prima; ma anche i miei
fratelli e mio cognato Giuseppe Visconti
per il supporto straordinario iniziato
durante la trattativa e ancora oggi fondamentale, così come il mio caro amico Dotti
Bighi Ruspoli col quale ho condiviso fin dall’inizio il sogno e ho maturato i progetti, le
tante cose da fare.
Lei un giorno ha detto: “..nella moda, il cliente è il
re”. E gli armatori Swan?
Sono imperatori! E anche per questo, il nostro obiettivo
fondamentale è quello di far fare loro un buon investimento. Per ottenere ciò, i progetti che seguiamo si focalizzano
su un prodotto non estremo, di lunga durata e lenta obsolescenza, coerente con la filosofia e la precisa identità
Swan; la qualità e la durata di una barca prodotta da
Nautor, fanno il resto. Pensi, che nella vita del Cantiere,
sono stati prodotti 2.000 Swan: a oggi, salvo pochissime
Leonardo Ferragamo al timone
del suo Swan 45’ Cuordileone
eccezioni, sono tutti naviganti.
Tornando a pensare al mare, quanto è presente nella
sua giornata.
Troppo poco.
Ma ama più il mare estivo o quello invernale.
Probabilmente amo maggiormente il mare d’inverno, quello
agitato e non affollato.
Oggi, che cosa le racconta il mare.
Io oriento il mio sguardo subito verso l’orizzonte e aspetto.
Questa è un’altra caratteristica che amo del mare: l’orizzonte lontano e, quando in navigazione, il suo continuo allun
garsi mantenendo la distanza. Mi affascina.
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