6 giugno 2010

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6 giugno 2010
II domenica dopo Pentecoste (anno C)
Domenica 6 giugno 2010
Anche oggi, ci troviamo a celebrare il giorno del Signore (“la domenica”)
partecipando alla santa Messa!
Già il verbo adatto è partecipare, non “assistere alla Messa”… non
“prendere la Messa”.
Noi veniamo in Chiesa… perché invitati, meglio “convocati”!
Convocati da Gesù… per stare meglio:
- grazie alla sua Parola che è capace di dare speranza al nostro cuore e
incoraggiarci nel cammino della vita;
- grazie al Suo corpo e al Suo sangue che si fanno nostro alimento…
L’omelia dovrebbe sempre essere un approfondimento dei testi della Parola
che vengono proclamati… e oggi c’è l’imbarazzo della scelta!
La lettura, tratta dal libro “sapienziale” del Siracide, ci ha presentato un
brano con diverse domande esistenziali “aperte”…
Cos’è l’uomo? Qual è il suo bene e il suo male?
Domande impegnative alle quali nel corso dei secoli si sono cercate tante
risposte nella filosofia, nella poesia…
Madre Teresa con la sua disarmante semplicità e sapienza diceva: “"io non
sono che una piccola matita nelle mani di Dio".
Ma il testo del Siracide presenta anche una descrizione teologica, cioè come
agisce Dio, qual è il suo stile: “Il Signore vede e sa che la loro sorte è
penosa…”: Splendido! Dio vede e sa quanto è dura la vita… quanto è, a
volte, “una valle di lacrime”… quanto la prova fa parte di tante esistenze!
“E perciò abbonda nel perdono”: Fantastico! Dio sapendo bene, conoscendo
bene la nostra vita terrena… la nostra fragilità… fa il tifo per noi!
Abbonda nel perdono: potremmo dire… esagera nel perdono!
Esagerare è l’infinito del verbo amare…
Che grande che è un Dio così!!!
Poi c’è il salmo responsoriale (salmo 135): per 12 volte abbiamo ripetuto
che “il suo amore è per sempre”!
Non part-time, non con un contratto a tempo, non in base al nostro
rendimento… Dio si compromette, amandoci senza misura, “per sempre”!
Già un amore “divino” non da meritare, ma solo da accogliere…
La lettera di Paolo ai Romani ci invita ad andare oltre… Le sofferenze del
tempo presente (della vita terrena) non sono paragonabili a ciò che ci
aspetta… di bello (la vita eterna!).
L’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse, nel penultimo capitolo (22) ha una
frase meravigliosa:
“E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate». (Ap 21,4-5)
L’ultima parola… non sarà il pianto, ma la tenerezza di un Dio che ci
consolerà e ci darà una gioia finalmente piena!
E per ultimo, c’è il Vangelo di Matteo… anch’esso “antipanico”, molto
rassicurante! Gesù dice due volte: “Non preoccupatevi…”!
Nelle parole di Gesù ritorna più volte il verbo: “valere”.
E’ un verbo importante… decisivo per la vita.
E’ il verbo che ci aiuta a mettere ordine la nostra vita, a dare il giusto peso
alle cose/valori che riempiono la nostra esistenza…
Ma non tutto vale allo stesso modo… e alcune cose non valgono proprio
nulla!
Questa cernita, tipo “inventario” è l’operazione più saggia che dobbiamo
fare… per vivere meglio.
Il corpo, il vestito, il cibo… siamo sicuri che siano le cose più importanti
della nostra vita? Così indispensabili da sacrificare le cose più profonde…
Perché per il corpo siamo disposti a fare tanta fatica (si avvicina la prova
costume…), mentre non ci accorgiamo che mandiamo in putrefazione la
nostra anima?
Perché per il vestito spendiamo tanto… e non curiamo la nostra interiorità?
Ha ragione Gesù!
Ci stiamo smarrendo… rischiamo di perdere ciò che vale davvero!
Padre Turoldo ha scritto una poesia stupenda quando ricevette la notizia di
essere gravemente malato:
““Ieri all'ora nona mi dissero:
il Drago è certo, insediato nel centro
del ventre come un re sul suo trono.
E calmo risposi: bene! Mettiamoci
in orbita: prendiamo finalmente
la giusta misura davanti alle cose;
e con serenità facciamo l'elenco:
e l'elenco è veramente breve”.
E’ vero l’elenco è veramente breve…
Stiamo più attenti: ribelliamoci alla superficialità che ci fa star male dentro,
cerchiamo davvero la giusta misura davanti alle cose!
Termino con una storia:
L'aeroporto di una città dell 'Estremo Oriente venne investito da un furioso
temporale. I passeggeri attraversarono di corsa la pista per salire su un DC3
pronto al decollo per un volo interno.
Un missionario, bagnato fradicio, riuscì a trovare un posto comodo accanto
a un finestrino. Una graziosa hostess aiutava gli altri passeggeri a
sistemarsi.
Il decollo era prossimo e un uomo dell'equipaggio chiuse il pesante portello
dell'aereo.
Improvvisamente si vide un uomo che correva verso l'aereo, riparandosi
come poteva, con un impermeabile. Il ritardatario bussò energicamente alla
porta dell'aereo, chiedendo di entrare. L'hostess gli spiegò a segni che era
troppo tardi. L'uomo raddoppiò i colpi contro lo sportello dell'aereo.
L'hostess cercò di convincerlo a desistere. «Non si può... E' tardi...
Dobbiamo partire», cercava di farsi capire a segni dall'oblò.
Niente da fare: l'uomo insisteva e chiedeva di entrare.
Alla fine, l'hostess cedette e aprì lo sportello.
Tese la mano e aiutò il passeggero ritardatario a issarsi nell'interno.
E rimase a bocca aperta.
Quell'uomo era il pilota dell'aereo.
Attenzione! Non lasciamo a terra il pilota della nostra vita…