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Commentary,24luglio2013
SERVIRANNO A QUALCOSA LE ELEZIONI IN MALI?
LIA QUARTAPELLE
e elezioni presidenziali del Mali sono grandemente attese. Forse, più dalla cosiddetta comunità internazionale, che soprattutto per iniziativa
francese si è vista coinvolta direttamente in questo paese
saheliano, piuttosto che dai cittadini maliani, impegnati
nel Ramadan e probabilmente disincantati sulla possibilità che effettivamente le elezioni determinino un
cambio di passo in una situazione nazionale comunque
molto instabile.
L
©ISPI2013 In realtà, il Mali, fino all'intervento dell’esercito, era un
paese ritenuto dai donatori e dalle istituzioni internazionali un caso di successo: fin dal 2000, secondo il ranking
Polity IV, risultava una democrazia. Era anche uno dei
primi paesi in cui gli Stati Uniti hanno iniziato a utilizzare
un metodo innovativo come il Millennium Challenge
Account, un sistema di erogazione di aiuti legato alla
performance del paese sia in ambito di riforme economiche che di governance in senso democratico, oltre a
essere uno dei paesi della critica fascia saheliana in cui gli
Stati Uniti hanno più investito in termini di assistenza
all’anti-terrorismo e agli apparati di sicurezza.
L’instabilità libica ha portato invece a un quasi immediato e assolutamente subitaneo collasso dell’apparato
di governo, incapace di riportare il controllo nelle zone
del nord del paese, sia attraverso le istituzioni democratiche sia dopo il colpo di stato militare.
Per tutti gli osservatori internazionali, persino per gli
americani e i francesi, coinvolti anche da molto vicino
nella cooperazione militare proprio con l’esercito,
l’incapacità delle forze armate maliane è stata una brutta
sorpresa. Così come scoprire che il sistema democratico
in realtà copriva una larga fascia d’insoddisfazione non
canalizzata in nessuna altra forza politica di opposizione
o in nessuna forma di partecipazione politica e poi infatti sfociata in tumulti anche nella capitale prima del
colpo di stato.
Per questo le elezioni presidenziali del 28 luglio sono
estremamente attese, ma rischiano di essere uno specchio per le allodole. Formalmente, infatti, il fatto che
esse si svolgano dimostra che il paese sta riprendendo il
cammino interrotto il 22 marzo 2012 quando, a poche
settimane dalle elezioni presidenziali, le rivolte tuareg e
islamiste a nord favorirono le condizioni affinché ci
fosse un colpo di stato. Dal punto di vista sostanziale,
però, in Mali si è già avuta la riprova che elezioni democratiche e un governo formalmente in carica non
implicano necessariamente un reale controllo del territorio (così vasto, con confini porosi e con una confor-
Lia Quartapelle, Ispi Associate Research Fellow.
Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI. Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. 1 commentary
mazione desertica che lo rende un elemento di grande
complessità), un consenso tra la popolazione e soprattutto la capacità di governare quello che è a tutti gli effetti uno dei paesi più poveri (nel 2010 il 43,6% della
popolazione viveva con meno di un dollaro al giorno,
mentre il reddito medio nel 2012 era di 660 dollari
all'anno) e più arretrati (il Mali ha il più alto tasso di
fertilità di tutta l'Africa sub-sahariana) al mondo.
©ISPI2013 Il risultato delle elezioni sarà misurato solo dopo anni,
se e quando i cittadini maliani, del Nord e del Sud del
paese, indipendentemente dalla provenienza etnica,
riusciranno a stabilire un rapporto con istituzioni statali
solide, di garanzia per tutti e rispondenti ai loro bisogni.
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