La crisi del pallone di Edoardo Gallo

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La crisi del pallone di Edoardo Gallo
No. 83/2008
La crisi del pallone
di Edoardo Gallo
UNIVERSITY OF OXFORD - NUFFIELD COLLEGE
Gli azzurri campioni del mondo. Il Milan sul tetto d’Europa e in trionfo a Tokyo. All’apparenza
il calcio italiano sta vivendo un’età dell’oro, ma, come spesso accade, l’apparenza inganna...
Questo articolo analizza la “salute” del mondo del pallone e rivela un’amara realtà: il calcio
italiano é nel mezzo di una profonda crisi che porterà a una perdita di competitività
internazionale a meno che adeguati rimedi non vengano messi in atto. In particolare, questo
primo articolo sul tema propone un’analisi comparativa tra il calcio italiano e quello spagnolo e
inglese su aspetti cruciali come la situazione finanziaria, la presenza di capitali stranieri, il
capitale umano, la competitività internazionale e il peso politico.
Edoardo Gallo
Gli azzurri campioni del mondo. Il Milan sul tetto d’Europa e in trionfo a Tokyo.
All’apparenza il calcio italiano sta vivendo un’età dell’oro, ma, come spesso accade,
l’apparenza inganna. Un’analisi approfondita rivela che l’amara realtà é l’esatto
opposto: il calcio italiano é nel mezzo di una profonda crisi che porterà a una
perdita di competitività internazionale a meno che adeguati rimedi non vengano
messi in atto. Se si escludono alcune voci isolate, questa tesi é in disaccordo con
l’opinione dei media italiani, per due ragioni. Innanzitutto, una crisi puó essere
misurata solo su scale temporali d’alcuni anni ed é naturale perdersi nella
quotidianità ignorando questi fattori a lungo termine. In secondo luogo, la “lente”
adottata in questo articolo é atipica perché analizza il calcio italiano con la
prospettiva di un economista.
Le scienze economiche sono pertinenti al fenomeno del pallone per ovvie ragioni. Il
calcio é tra le principali industrie italiane e le società calcistiche sono vere e proprie
aziende con capitali che possono raggiungere le centinaia di milioni di euro. Inoltre,
il calcio odierno é un business di livello internazionale: i migliori clubs competono a
livello europeo e mondiale per aggiudicarsi i migliori talenti e la competizione più
prestigiosa, la Champions League, é un giro d’affari di centinaia di milioni di euro
con audiences enormi in ogni angolo del pianeta.
La prima puntata di questa serie di articoli presenta un check-up della “salute” del
calcio italiano con un’analisi comparativa rispetto al top della competizione europea
(Inghilterra e Spagna) su aspetti cruciali come la situazione finanziaria, la presenza
di capitali stranieri, il capitale umano, la competitività internazionale e il peso
politico. La seconda puntata illustrerà le cause della crisi e discuterà alcune possibili
soluzioni a breve e lungo termine.
1 - Gli indizi della crisi
Esaminando la storia delle competizioni europee é chiaro che tre paesi si sono
regolarmente alternati al top del calcio continentale a livello di club: Inghilterra,
Italia e Spagna, in stretto ordine alfabetico. Dall’ultima riforma della Champions
League questi sono gli unici paesi che hanno il diritto di schierare quattro squadre
nella massima competizione europea. E’ quindi naturale paragonare la “salute” del
calcio italiano con quella degli acerrimi rivali analizzando vari aspetti dell’industria
calcio.
1.1. Situazione finanziaria
Un’ovvia misura del successo di ogni azienda sono gli introiti annuali, l’istogramma
in figura 1a mostra la classifica dei 10 club europei con più introiti nella stagione
2005/06.
A prima vista, la situazione non sembra male per il calcio italiano: tre squadre nelle
prime dieci con la Juventus sul gradino basso del podio. L’Inghilterra ci supera per
volume (4 su 10), ma non piazza nessuna squadra tra le prime tre. La Spagna
comanda il gruppo con Barca e Real, ma dietro ai due colossi c’é il vuoto.
Purtroppo, le apparenze ingannano. I primi indizi arrivano dalla figura 1b che rivela
come la crescita negli introiti dalla stagione 2002/03 é in singola cifra per le tre
squadre italiane nella top ten, mentre il Real e il Barca possono vantare incrementi
del 15% e 28% rispettivamente.
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ticonzero No. 83/2008
FIG. 1A: Ranking introiti club europei – Stagione 2005/06
FIG. 1B: Crescita introiti club europei – Dalla stagione 2002/03 fino al 2005/06
FONTE: “Football Money League – The Reign in Spain.” Deloitte, February 2007.
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Edoardo Gallo
Ma il quadro peggiora ulteriormente se si analizzano le fonti di questi introiti. Gli
incassi dei club professionisti arrivano essenzialmente da tre fonti: vendita dei diritti
tv, incassi al botteghino e sponsorizzazioni. L’istogramma in figura 1a indica una
dipendenza dagli incassi per i diritti tv preoccupante: i club italiani sono gli unici
nella top ten che derivano più del 60% degli introiti da questa fonte. Un’occhiata
alla crescita degli introiti senza gli incassi dei diritti tv (figura 1b) toglie l’ultimo velo
sull’amara realtà: se Juve, Inter e Milan fossero dei paesi, sarebbero nel mezzo di
una recessione.
La situazione diventa drammatica alla luce delle decisioni prese dalla Lega Calcio
nelle ultime settimane riguardo alla vendita collettiva dei diritti tv a partire dalla
stagione 2009/10. La stima (troppo ottimistica?) di un introito totale per la vendita
collettiva di 900 milioni di euro vorrà dire una lieve diminuzione degli introiti dai
diritti televisivi per i top club a causa del nuovo sistema di ripartizione. Allo stesso
tempo, i top club spagnoli e inglesi vedranno gli introiti dai diritti tv crescere
notevolmente. Un calo degli incassi dai diritti tv sarebbe fatale per i club italiani
visto che come entrate dal botteghino e da sponsorizzazioni siamo dietro non solo
alla Spagna e all’Inghilterra, ma anche alla Germania, con la Francia che si sta
avvicinando pericolosamente.1
1.2. Capitale umano
Il calcio, come la maggior parte delle industrie, é diventato un mercato globale e
una conseguenza di questa globalizzazione é che i talenti si spostano nei paesi dove
la professione raggiunge i massimi livelli. Un’analisi scientifica del livello dei talenti
nel campionato italiano/inglese/spagnolo é difficile da effettuare, ma alcune
considerazioni ci aiuteranno a farci un’idea del trend nel calcio italiano.
Tra gli undici azzurri titolari alla mitica finale di Berlino, ben quattro (Cannavaro,
Zambrotta, Toni, Grosso) giocano all’estero in questa stagione. Al contrario, solo
uno spagnolo (Xabi Alonso) e un’inglese (Beckham) nell’undici tipo della Spagna e
dell’Inghilterra a Germania 2006 non giocano nella loro patria. La fuga di “piedi”
non interessa solo i veterani, ma anche giovani rampanti. Talenti come Giuseppe
Rossi (20 anni, 7 gol in 10 partite della Liga con il Villareal quest’anno) e Graziano
Pellé (22 anni, titolare nell’Under 21 2005-2007, adesso in Olanda) sono emigrati,
apparentemente senza molti rimpianti.
Come in ogni mercato le partenze potrebbero essere bilanciate dagli arrivi, ma
anche qui la situazione é abbastanza deprimente. Le “stelle” straniere approdate
nei tre club italiani al top d’incassi (Juve, Inter e Milan) nell’ultima stagione sono
Andrade, Grygera, Salihamidzic, Tiago, Pato ed Emerson2. A prescindere dal loro
rendimento attuale (solo due, Salihamidzic e Pato, sono potenzialmente dei titolari),
non proprio dei fenomeni. Alcuni lo erano in passato (Emerson), lo possono essere
in futuro (Pato) o hanno il potenziale per esserlo (Tiago), ma squadre che vogliono
competere al top in europa hanno bisogno di ben altro. Una lista incompleta dei
campioni che avrebbero potuto trasferirsi in Italia ma hanno optato diversamente é
purtroppo di ben altro calibro e include Shevchenko (Milan), Ronaldinho (Milan),
Lampard (Juve), Milito (Juve), etc. Ma con le “bufale” di calciomercato non si
construiscono grandi squadre…
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“Football Money League – The Reign in Spain.” Deloitte, February 2007.
L’Inter non ha comperato nessuno dall’estero nell’ultima campagna acquisti. Se si considera la Roma
nella lista di squadre al top in Italia, si possono aggiungere Giuly, Juan e Cicinho alla lista delle
importazioni. La sostanza del discorso non cambia di molto.
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ticonzero No. 83/2008
La situazione é ben diversa in Spagna ed Inghilterra. Una lista incompleta degli
acquisti delle grandi della Liga e della Premiership é di caratura nettamente
superiore. In Spagna sono arrivati dall’estero campioni affermati o giovani stelle
come Henry e Abidal (Barca), Pepe, Robben, Metzelder, Sneijder e Drenthe (Real) e
Aguero (Atletico Madrid). Nella Premiership gli arrivi prestigiosi includono Torres
(Liverpool), Alex e Malouda (Chelsea) e Nani (ManU). I dati sembrano indicare che,
per i talenti migliori del panorama calcistico, l’Italia non é (più) la destinazione
preferita.
1.3. Competitività internazionale
Uno dei vantaggi nell’analizzare la performance di una società sportiva rispetto ad
aziende in altri settori é la facilità nel valutarne la competitività: i risultati sportivi
sono alla luce del sole e non possono essere manipolati. Ogni anno l’UEFA pubblica
il ranking annuale e cumulativo dei paesi che partecipano alle coppe europee per
decidere quanti posti ogni paese ha diritto per l’edizione dell’anno successivo della
Champions League e della Coppa UEFA. Il ranking annuale tiene conto dei risultati
sportivi ottenuti da tutte le squadre di ogni paese nelle coppe europee in quella
stagione. Il ranking cumulativo generale per l’assegnazione dei posti viene poi
calcolato tenendo conto dei ranking annuali per le ultime cinque stagioni, dando più
importanza agli anni recenti.
La Fig. 2 mostra l’evoluzione del ranking UEFA annuale dal 1988 al 2007. Nel
ranking cumulativo del 2006/07 l’Italia é terza, staccata di diversi punti da Spagna
e Inghilterra. Questa posizione viene chiaramente confermata dai risultati
dell’ultima stagione 2006/07 dove l’Italia é staccata di diverse lunghezze dal duo
Inghilterra-Spagna. Il confronto con il passato é impietoso. L’Italia é stata al top del
ranking annuale per 7 stagioni su 8 dal 1988/89 al 1995/96. Nelle ultime 7 stagioni
siamo stati al top una sola volta (nel 2002/03, anno della finale di Champions tra
Juventus e Milan). Nel ranking cumulativo, siamo stati la prima potenza calcistica
europea ininterrottamente dal 1985 al 1999 (eccetto il 1989), siamo calati al
secondo posto dietro alla Spagna dal 2000 al 2003, per finire in terza posizione
dietro all’Inghilterra dal 2004 al 2007 (con l’eccezione del 2006, quando abbiamo
riconquistato il secondo posto per una stagione). Il verdetto é inappellabile: per
competitività, il calcio italiano, per anni il punto di riferimento del vecchio
continente, é al terzo posto in Europa, dietro a Spagna ed Inghilterra.
1.4. Investimenti di capitali stranieri
L’arrivo di capitali stranieri in un paese o in un’industria é un chiaro segnale di
benessere e di rosee prospettive future. Negli ultimi anni diverse squadre al top del
campionato inglese sono state acquistate da tycoon stranieri attratti dall’appeal a
livello mondiale della Premiership3. Per esempio, tre su quattro squadre inglesi
impegnate nella Champions League (Liverpool, Chelsea, Manchester United) sono
state rilevate da stranieri negli ultimi quattro anni. Queste acquisizioni hanno
facilitato un influsso di capitali che permette alle squadre della Premiership di offrire
cifre impensabili fino a poco tempo fa sul mercato internazionale attraendo i
migliori talenti a livello mondiale. Inoltre, tutte le squadre della Premiership
beneficiano da questo influsso di capitali dall’estero: l’aumento della competitività e
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“Spoils to the victors.” The Economist, 31 maggio 2007.
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Edoardo Gallo
dell’appeal della Premiership porta ad incrementi negli introiti dei diritti tv delle
sponsorizzazioni per tutti i clubs impegnati nel torneo.
FIGURA 2. Punti del ranking UEFA annuale dalla stagione 1988/89 al 2006/07 per le cinque nazioni
leader del calcio europeo: Italia, Francia, Germania, Spagna ed Inghilterra4.
FONTE: http://www.xs4all.nl/~kassiesa/bert/uefa/index.html
Il livello d’investimenti di capitali stranieri nel calcio italiano é facile da
calcolare: zero. Una ragione é semplicemente che la Serie A non ha lo stesso
appeal mondiale della Premiership (o della Liga). Nell’emergente mercato televisivo
asiatico, la Premiership é il campionato di gran lunga più seguito. Nell’America
Latina la Liga la fa da padrone. Alla Serie A, purtroppo, restano solo le briciole.
Un’altra ragione é l’autarchica diffidenza italiana all’arrivo di stranieri. Quando un
paio di società calcistiche italiane sull’orlo del fallimento (Parma, Roma) avevano
suscitato l’interesse di compratori stranieri, la diffidenza popolare, l’ostilità dei
mass-media e vari altri ostacoli hanno ben presto scoraggiato i potenziali
compratori.5
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L’Inghilterra ha zero punti nel 1988/89 e 1989/90 in quanto i club inglesi furono esclusi dalle
competizioni europee in seguito alla tragedia dell’Heysel.
5 “Il Parma diventa spagnolo: lo ha comprato Lorenzo Sanz.” La Repubblica, 12 agosto 2005. “Contatti
Sensi-Arpe: si studia una soluzione italiana?” La Repubblica, 4 marzo 2004.
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ticonzero No. 83/2008
1.5. Peso politico
Il potere politico di un paese é una variabile difficile da misurare, ma é una
componente fondamentale per assicurare una competitività a livello internazionale.
Il mondo del calcio é un sistema politico a parte governato da istituzioni come la
FIFA e l’UEFA. Una dimostrazione inequivocabile della perdita di potere politico
internazionale dell’Italia é la mancata assegnazione degli Europei 2012. In
competizione non erano i soliti acerrimi rivali: Inghilterra, Spagna, Francia o
Germania, ma un’alleanza traballante tra Ucraina e Polonia, due paesi
economicamente più arretrati e con una storia calcistica prossima allo zero a livello
internazionale. La debolezza della candidatura polacco-ucraina é stata sottolineata
pochi mesi addietro dall’agenzia internazionale di rating ‘Fitch’ che ha sottolineato
come i progetti infrastrutturali per il 2012 in Polonia siano “molto complessi e lunghi
da realizzare” e “difficili da consegnare prima del 2012.”6 Il paragone con
l’assegnazione dei mondiali del 1990, agli albori del dominio internazionale del
calcio italiano (vedi fig. 2), non ha bisogno d’ulteriori commenti.
1.6. Capitale immobiliare
I beni immobiliari sono una componente essenziale del patrimonio finanziario di
un’azienda. Nel mondo del calcio anglosassone gli stadi, di proprietà delle società,
sono i cuori pulsanti e i simboli dell’attività dei clubs. Oltre ad essere la sede delle
gare interne della prima squadra, gli stadi sono aperti 7 giorni alla settimana ed
includono un alto numero di servizi come palestre, sale cinematografiche, musei,
aree per lo shopping, etc. Un esempio di questa filosofia é il nuovo Emirates
Stadium dell’Arsenal da 60,000 posti a sedere, inaugurato nel 2006. Lo stadio é
costato 575 milioni di euro, 130 milioni dei quali pagati dalla compagnia aerea
Emirates per dare il nome allo stadio. La cifra sembra insostenibile per una società
con un fatturato annuale di 192.4 milioni di euro, ma uno stadio del genere si
finanzia da solo: nel solo 2007 più di 100,000 turisti hanno pagato per visitare lo
stadio che é stato anche eletto “Business Venue of the Year” per la città di Londra.
In Italia lo stadio viene usato un paio d’ore alla settimana alla domenica e l’unica
tra le grandi non “in affitto” é la Juventus, che ha recentemente acquistato il Delle
Alpi dalla città di Torino. Il concetto di condividere uno stadio, come fanno grandi
squadre come Inter e Milan o Lazio e Roma, verrebbe considerato un’eresia in
Inghilterra o in Spagna dove lo stadio é parte integrante dell’identità di una società.
La prima parte di questo articolo pone sotto i riflettori una realtà impietosa: il calcio
italiano leader a livello internazionale negli anni novanta é nel mezzo di una crisi. La
Premiership inglese e la Liga hanno inevitabilmente superato la Serie A in termini di
successo finanziario, competitività internazionale e vari altri fattori fondamentali per
il successo a lungo termine. Nella prossima puntata tratteremo le cause di questa
crisi e proporremo alcuni possibili rimedi.
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“Euro 2012: Polonia in ritardo, rischia umiliazione nazionale.” La Repubblica, 12 novembre 2007.
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Edoardo Gallo
BIBLIOGRAFIA
ARNAUT, J. L. Independent European Sport Review. October 2006.
DELOITTE. Football Money League – The Reign in Spain. February 2007. URL:
http://www.deloitte.com.
LA REPUBBLICA. Il Parma diventa spagnolo: lo ha comprato Lorenzo Sanz. 12 agosto
2005.
LA REPUBBLICA. Contatti Sensi-Arpe: si studia una soluzione italiana? 4 marzo 2004.
LA REPUBBLICA. Euro 2012: Polonia in ritardo, rischia umiliazione nazionale. 12
novembre 2007.
THE ECONOMIST. Spoils to the victors. 31 maggio 2007.
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