Gioielliche luccicano di tradizione e si aprono al
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Gioielliche luccicano di tradizione e si aprono al
8 SABATO 2 GIUGNO 2012 N. 64 il CROTONESE I lettori possono segnalare la loro storia o un’altra storia che li ha indotti alla fiducia e all’ottimismo. Le migliori saranno affidate ai nostri giornalisti o ai nostri collaboratori e destinate alla pubblicazione. Attendiamo le vostre mail all’indirizzo dedicato pensiamopositivo @ilcrotonese.it. PENSIAMO POSITIVO P ossono tre semplici lettere, G.B.S., racchiudere un qualcosa di molto più grande di molto più esteso e profondo, tanto da suscitare curiosità e fascino a chi le sente o le vede per la prima volta? Possono tre lettere pronunciate e scritte in sequenza rappresentare l’inizio di una leggenda, di una storia da raccontare, quella di una tradizione riguardante un antico segreto che si tramanda, da oltre tre secoli, all’interno di una stessa famiglia; una tradizione che dalle fredde e impervie montagne della Sila mantiene alto il nome di San Giovanni in Fiore in giro per il mondo con capolavori tali da meravigliare e dilettare gli occhi di molte celebrità del calibro di: Sophia Loren, Roberto Benigni i reali del Belgio, papa Wojtyla, Giulio Andreotti, e perfino quelli dell’allora presidente degli USA Ronald Reagan? EBBENE lo sanno tutti che spesso, dietro ad un nome, o semplicemente alle sue iniziali si nasconde un messaggio simbolico, specie, poi, se il nome in questione è quello dell’orafo florense, GiovamBattista Spadafora. I suoi gioielli sono autentici capolavori, frutto di una talento ereditato dai suoi antenati, che già dal 1700, erano noti per la loro capacità di lavorare i metalli preziosi, elabo- rando creazioni inimitabili e di pregevole fattura. Un talento che GiovamBattista dagli anni Cinquanta in poi, ha saputo coltivare e perfezionare sempre di più, sino a raggiungere un livello che oggi , ha permesso al marchio G.B.S di entrare a far parte negli annali della storia dell’oreficeria italiana, rendendo il maestro, uno degli orafi calabresi, più ricercati e apprezzati non solo dallo star system mondiale, dai politici o da privati e facoltosi cittadini, ma soprattutto dalla Santa Romana Chiesa. E si, perché GiovamBattista Spadafora detiene un record particolare: la realizzazione di più di 150 corone d’oro tempestate di pietre preziose che adornano diverse statue della Vergine sparse qua e là. Un record che, nell’arco della sua carriera, gli è valso il titolo di “ orafo delle Madonne”. Spadafora ci accoglie nel suo laboratorio, la sua officina delle idee. La sua bottega è sita nella sua elegante e raffinata gioielleria della centralissima via Roma, un edificio che si distingue per l’inconfondibile colore: uno splendido rosso acceso - è il Gioielli che luccicano di tradizione e si aprono al nuovo mio colore preferito - dice il maestro - il colore anche della mia pietra preferita: il rubino, rappresenta la passione, quella di un cuore che batte e che è alla continua ricerca di stimoli, di sfide, di nuove opportunità da vivere, da cogliere e da assaporare. LO TROVIAMO lì, dietro la scrivania, mentre si accinge a disegnare e a lavorare: antiche e graziose rose di corallo, ereditate 45 anni fa da suo nonno, custodite da anni in una cassaforte nell’attesa di essere impiegate in qualche progetto importante. E, di fatti, l’intenzione del maestro sarebbe quella di utilizzarle esclusivamente per creare qualcosa, un’opera unica e particolare che rimanga esclusivamente alla sua famiglia. Un’opera che racchiuderà simbolicamente un messaggio da tramandare alle generazioni future. “Di solito non mi piace parlare di me - esordisce l’orafoma preferisco che siano le mie opere a parlare per me. E poi io, in tutta franchezza sono un tipo pratico, potrebbe sembrare strano, a volte l’apparenza inganna, ma alla fi- ne sono un tipo amichevole e semplice: mi piace scherzare, non amo molto le formalità, i convenevoli, le etichette e i protocolli , ci sono i miei figli per questo, ecco loro in questo sono più bravi di me. Ed è per questo che quando posso, preferisco semplicemente una sana chiacchierata tra amici. Amici che mi apprezzano per quello che sono”. Con la sua voce rassicurante e pacata, il maestro incomincia un po’ a raccontare di sé, quando non aveva niente, e quando, a dieci anni, aiutava in una piccolissima e rustica bottega, suo nonno Francesco nella riparazione di gioielli di signori benestanti dell’epoca. E il nonno, in più occasioni capì subito che il prescelto che avrebbe potuto coltivare la tradizione familiare fosse proprio il nipote GiovamBattista e non l’altro, Francesco. “A QUELL’EPOCA erano tempi difficili, - racconta non tutti avevano gioielli, però devo dire che le poche famiglie che ne possedevano qualcuno, tra cui anche famiglie modeste, facevano di tutto per custodire e preser- Creare un’opera per qualsiasi ricorrenza, un pezzo unico, esclusivo, irripetibile vare quel piccolo ma significativo gioiello ereditato da una nonna o da una zia. Una collana, un anello o una spilla erano preziose non tanto perché d’oro, ma perché potevano rappresentare il senso della famiglia, della tradizione. E quando si tramandavano ai figli e ai nipoti era come se si sfidasse la fugacità del tempo, lasciando qualche traccia di sé. Era un valore puramente affettivo. “Diciamo pure - spiega il maestro - che mentre prima c’era più attenzione alle tradizioni, oggi, almeno nella maggior parte delle famiglie si sta perdendo l’uso di farsi creare un gioiello per qualche ricorrenza, un’opera particolare, un pezzo unico, esclusivo, caratteristico, di proprietà di quella singola famiglia. Purtroppo la produzione industriale ha fatto Il maestro GiovamBattista Spadafora al lavoro nel suo laboratorio. A sinistra, alcune sue creazioni. Nelle altre foto, insieme con Roberto Benigni con Giancarlo Giannini, con la regina del Belgio Paola Ruffo di Calabria, con Giovanni Paolo II e con l’atuale pontefice Benedetto XVI. L’orafo di San Giovanni in Fiore è da tutti apprezzato per le sue opere 9 il CROTONESE SABATO 2 GIUGNO 2012 N. 64 tuna di avere ben sei incontri che ricordo con affetto”. Da allora il maestro Spadafora si addentrò sempre di più nel mondo del sacro fino ad arrivare alla creazione di più di 150 corone. Ancora oggi, in Vaticano, anche papa Benedetto XVI ha potuto apprezzare le sue doti. “HO INCONTRATO papa Benedetto già tre volte, ma mai, come nell’ultimo incontro, quello avvenuto a Lamezia Terme il 20 ottobre 2011, mi trasmise tanta emozione. In quell’occasione, infatti, La Loren, Carolina di Monaco, Paola del Belgio amano le sue creazioni perdere un po’ questi significati che prima prevalevano nelle occasioni importanti come un matrimonio”. L’orafo florense si abbandona ai ricordi, e, come in un film, fa “rivedere” alcune delle scene più significative della sua vita. La carriera di Giovambattista Spadafora ebbe iniziò tra gli anni Quaranta - Cinquanta del ’900 con una piccola bottega, prima nel centro storico florense con i pochi attrezzi lasciatigli in eredità dal nonno: un’antica trafila che oggi si trova nel museo demologico presso l’abbazia florense, un laminatoio e un mantice. Con questi pochi arnesi restaurava e rielaborava vecchi gioielli e ne creava di nuovi. Numerose erano le donne che all’età di diciotto anni, quando si fidanzavano, indossavano oltre al noto costume d’epoca, la pacchiana, anche i gioielli tipici della tradizione florense: jennacche, cunciartu (l’attuale saliscendi) e il motrò (un’antichissima spilla) tutti rigorosamente d’oro e fatti a mano. Ma la vera svolta l’orafo la ebbe intorno al 1960. Anni ruggenti quelli, perché il maestro decise di investire su quello che possedeva, aprendo un piccolo negozio a Lorica. Qui, il suo estro cominciò a farsi sempre più forte, desideroso di sperimentare nuovi sentieri che, grazie al contatto con un pubblico proveniente da diverse parti di Italia, gli permisero di raccogliere nuove e brillanti intuizioni, combinazioni, stili e tecniche che lo portarono a confrontarsi e a misurarsi anche con se stesso. “A quei tempi Lorica conobbe un grande sviluppo - prosegue Spadafora - era un viavai di turisti alla ricerca non solo del classico gioiello, ma anche di un qualcosa di più specifico che testimoniasse il luogo che avevano visitato. Fu così che iniziai a pensare di trasferire i simboli del Liber Figurarum di Gioacchino da Fiore nella gioielleria”. E così su spille, bracciali, calici, vassoi, coppe e quadri iniziarono ad apparire Il Wojtyla mi disse: è una cosa fatta con il cuore, vedrai che la Madonna capirà Draco Magnus ed Rufus, le Ruote, i tre cerchi, tutte iconografie dell’espressione gioachimita. Opere che iniziarono ad essere esposte in mostre, fiere ed esposizioni, come la famosa mostra dell’artigianato alla Fortezza Da Basso a Firenze, quando ricevette per la prima volta la medaglia d’oro per la sua arte e quando regalò all’allora ministro Giulio Andreotti una spilla con il drago delle sette teste. DA QUEGLI ANNI, il versatile ed eclettico artigiano cominciò ad appassionarsi anche all’arte sacra: corone, rosari, raggiere ed aureole cominciarono ad entrare nelle chiese della diocesi cosentina e di tutta la regione, fino ad arrivare ad una data storica. Il 6 ottobre del 1984 a Cosenza, infatti, papa Giovanni Paolo II benedisse ed incoronò la statua della madonna della Catena, proprio con una corona d’oro creata dal maestro sangiovannese. “UN INCONTRO davvero emozionante - racconta con gli occhi lucidi Spadafora Papa Wojtyla aveva capito quanto io fossi emozionato, ma mi tranquillizzò subito dicendomi di non preoccuparmi e che era più emozionato lui di me. Mi disse: ‘caro fratello GiovamBattista, hai fatto una cosa splendida, tu hai lavorato con la fede. Non è da tutti costruire pezzo per pezzo ed in maniera minuziosa un’opera del genere’. Ricordo che fu entusiasta di vedere il mio metodo brevettato per fissare la corona senza invadere troppo la statua. Mi disse: ‘questa è una cosa fatta con il cuore, vedrai che la Madonna capirà e comunque ci rivedremo’. Ed effettivamente con lui ebbi la for- regalai al Pontefice una croce rappresentante il nuovo ordine monastico fondato da Gioacchino da Fiore. Benedetto si commosse perché aveva capito che provenivo dalla terra dell’abate, una figura alla quale il pontefice era molto legato, visto che da giovane ha avuto modo di studiarlo per inserirlo nella sua tesi di laurea E lì, devo dire che ho potuto notare un certo luccichio negli occhi. Mah, chissà che un giorno non decida di farci visita nella nostra cittadina” sospira Spadafora. Ma il profondo attaccamento ai temi religiosi non ha impedito al maestro di confrontarsi anche con le nuove tendenze che lo hanno avvicinato a celebri personalità del cinema, della moda, della politica, della televisione e delle corti reali. Infatti, il 2002 quando ad Altomonte, Spadafora consegnò alla regina del Belgio, Paola Ruffo di Calabria, una collana di Jennacca in occasione della sua visita nella terra degli avi. Dagli anni 2000 il marchio G.B.S. è andato in scena alle famose aste annuali Niaf di Washington e, nel 2006, a Los Angeles quando ebbe la fortuna di conoscere il premio oscar per la fotografia del film Avatar, Mario Fiore e di premiarlo qualche mese più tardi con una sua creazione. Tante le dive che si sono appassionate ai suoi gioielli: Sophia Loren, la principessa Carolina di Monaco sono solo alcune delle innumerevoli personalità di spicco che hanno indossato almeno una volta nella vita un gioiello G.B.S. Le richieste dei suoi monili cominciarono ad aumentare da parte di esclusivisti internazionali che nelle loro lussuose vetrine hanno puntato i riflettori su capolavori resi ancora più originali dalla “magia” del suo ingegno. Con piccoli tocchi, infatti, molti dei suoi gioielli si possono trasformare in tanti altri modi diversi: Abracadabra (anello che diventa bracciale) e Apriti sesamo (medaglione che si scompone diventando un bellissimo collier in 5 forme differenti). Piccole magie apprezzate in più occasioni da star come Roberto Benigni, Giancarlo Giannini, il regista Pupi Avati e stilisti come Renato Balestra o Alberta Ferretti e che testimoniano il coraggio e la grinta di osare, sperimentando e creando modelli che ben si accordano con i cambiamenti dei gusti. INSOMMA, un patrimonio inestimabile di tradizione orafa e di innovazione che Giovambattista condivide con i suoi tesori più preziosi, i suoi quattro figli: Giuseppe, Giancarlo, Carolina e Monica. Sono queste le quattro perle che negli anni hanno impreziosito la sua vita e che affiancano il padre nel diffondere quel nome, quella firma e quella garanzia che rappresentano un valore da custodire: la sangiovannesità nel mondo. MARIA TERESA CORTESE © RIPRODUZIONE RISERVATA