Riforma della Costituzione italiana e partecipazione all`Unione

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Riforma della Costituzione italiana e partecipazione all`Unione
Riforma della Costituzione italiana e partecipazione all’Unione europea 1
Lucia Serena Rossi
Ordinario di Diritto UE Università di Bologna
1. La “valenza europea” della legge di riforma della Costituzione
Il profilo “europeo” della riforma costituzionale, su cui la presente analisi si concentra e si
limita, è un tema sin qui poco approfondito nell’ambito del più generale dibattito che anima -e
infuoca- il confronto politico relativo alla legge di revisione costituzionale2, che è stata approvata dalle
due Camere del Parlamento italiano3 ed attualmente in attesa di verifica referendaria4.
Il tema della partecipazione all’Unione europea è di grande importanza per il nostro Paese, sia
nella fase “ascendente”, di formazione delle norme europee, che in quella “discendente” del loro
recepimento in Italia. Sotto il primo profilo, l’Unione europea e le sue istituzioni “producono” una
grandissima quantità di norme destinate ad applicarsi direttamente all’interno del nostro ordinamento e con prevalenza sulle leggi nazionali - o a dettare direttive che il legislatore nazionale deve trasporre.
Ciò richiede vigilanza da parte delle nostre istituzioni nel processo di formazione di tali norme e
coordinamento dei rappresentanti italiani in seno alle istituzioni europee. Per quel che riguarda la fase
discendente, il nostro Paese, nonostante gli enormi progressi fatti rispetto al passato5, nel 2016 ha
ancora il triste primato con 89 procedure di infrazione aperte6 . Questo rende necessario, anche per
evitare pesantissime sanzioni pecuniarie, sveltire il recepimento delle norme europee e rendere più
chiaro ed efficiente il sistema di coordinamento fra Stato e Regioni.
La riforma presenta diversi aspetti di rilievo per quanto riguarda la partecipazione del nostro
Paese all’Unione europea, che sono regolati in particolare dagli articoli 55,70,80,117 e 120.
In queste pagine si cercherà di valutare se e in che modo la riforma della Costituzione, se
entrerà in vigore, possa meglio rispondere, rispetto alla situazione attuale, alle esigenze di cui sopra.
2. Il “raccordo” con l’UE: una funzione condivisa.
Com’è noto, la riforma costituzionale ruota attorno alla trasformazione del Senato, da camera
legislativa nell’ambito di un bicameralismo perfetto, ad una camera delle autonomie territoriali, che
conserva funzioni legislative solo in un numero limitato di ipotesi, considerate di particolare
importanza
Per quello che riguarda il raccordo con l’Unione europea, nel corso dibattito parlamentare che
ha portato alla riforma, si sono registrate diverse soluzioni relative all’affidamento al nuovo Senato di
competenze di raccordo nei confronti dell’Unione europea.
Il testo dell’art.55 della Costituzione inizialmente presentato dal Governo7 prevedeva che il
Senato concorresse alla funzione legislativa, esercitasse la funzione di raccordo tra lo Stato e le
Regioni, le Città metropolitane e i Comuni e partecipasse alle decisioni dirette alla formazione e
1
Contributo destinato al volume “Dialoghi con Ugo Villani”, in corso di pubblicazione
Per una panoramica delle diverse posizioni v. il dossier di Astrid http://www.astrid-online.it/dossier/dossier--r/index.html
3
Dopo la prima lettura in Senato (conclusasi l'8 agosto 2014), la Camera dei deputati ha approvato in prima lettura (l'11
marzo 2015) il disegno di legge costituzionale (A.S. n. 1419-B). Per una ricostruzione dell’iter della riforma, oltre che per
un’ articolata analisi della stessa v. Fusaro, C. Le ragioni della riforma costituzionale. Una guida
http://www.carlofusaro.it/materiali/Guida%20ragionata%2015052016.pdf
4
Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei
costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione
Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.88 del 15 aprile 2016
5
V. la scheda Paese della Commissione UEMonitoraggio dell’applicazione del diritto dell’Unione europea Relazione
annuale 2015 http://ec.europa.eu/atwork/applying-eu-law/docs/annual_report_33/country_sheet_it_it.pdf
6
Si veda la Comunicazione della Commissione del 18 luglio 2016 Migliora l'applicazione del diritto UE da parte degli
Stati membri, ma occorre agire per liberare il pieno potenziale del mercato unico http://europa.eu/rapid/press-release_IP-162245_it.htm
7
A.S. n. 1429
2
all'attuazione degli atti normativi dell'Unione europea. Erano poi previste anche attività̀ di verifica
dell'attuazione delle leggi dello Stato e di valutazione dell'impatto delle politiche pubbliche sul
territorio, senza un riferimento specifico a quelle dell’UE. Nel testo della Commissione Parlamentare8
era stata introdotta una modifica rilevante, secondo la quale il Senato esercitava “la funzione di
raccordo tra l'Unione europea, lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica” e partecipava alle
decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi dell'Unione. Il Senato, in prima
lettura9 aveva licenziato un testo simile, aggiungendo una competenza a valutare l’impatto degli atti e
delle politiche dell’UE. In quel testo si stabiliva che il Senato “esercita funzioni di raccordo tra
l’Unione europea, lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Partecipa alle decisioni dirette
alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea e ne valuta
l’impatto.” Una tale formulazione attribuiva dunque al Senato un inedito ed amplissimo ruolo di
coordinamento con l’Unione europea, non solo degli enti territoriali, ma anche dello Stato, senza
nemmeno una limitazione alle materie di competenza di detti enti. Tale ruolo appariva del tutto
anomalo nel sistema dei rapporti fra l’ordinamento italiano e l’Unione europea. Peraltro riferendosi
indeterminatamente a “funzioni” e non più, come faceva il testo della Commissione, a “le funzioni”,
questa formula attribuiva carattere esclusivo a tale competenza10.
La Camera 11 ha infine corretto tale formulazione, cosicché il testo definitivo prevede ora che “Il
Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo fra lo
Stato e gli altri enti costitutivi. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le
modalità stabilite dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato e gli
altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla
formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea.” E’ questa la
formula oggi recepita nel nuovo art.55 Cost.
In tal modo si è eliminata la competenza generale del Senato ad esercitare il raccordo tra lo
Stato e l’ Unione europea, mantenendo a quest’ultimo il potere di concorrere (dunque non in via
esclusiva) al raccordo tra gli altri enti costitutivi della Repubblica e l'Unione europea, e tra lo Stato e
detti enti.
Tali modifiche sono condivisibili. Innanzitutto, l’idea che il Senato possa fungere da raccordo
fra lo Stato nella sua interezza, dunque compreso anche il Governo, era quantomeno bizzarra. Infatti
non si vede perché la Camera delle autonomie territoriali (o “degli enti costitutivi la Repubblica”)
dovesse raccordare con l’UE anche lo Stato, a meno che non ci si riferisse alle sole materie di
competenza regionale, il che peraltro non veniva specificato. Una simile competenza poi sembrava in
contraddizione con l'esclusività̀ in capo alla Camera dei deputati della relazione fiduciaria con il
Governo e della funzione di indirizzo politico.
Il coinvolgimento nelle materie europee di un Senato che rappresenta le Regioni e gli altri enti
territoriali (una sorta di “Camera delle Regioni”) è sicuramente opportuno, ma è condivisibile la
previsione non di una competenza esclusiva, ma di un concorso nella funzione di raccordo fra enti
territoriali e Unione europea. Tale funzione viene svolta dal Dipartimento delle Politiche europee e
dalla Rappresentanza Permanente dell’Italia a Bruxelles, strutture governative dotate delle
competenze, anche tecniche, necessarie a consentire la partecipazione dell’Italia all’Unione europea,
sia in fase ascendente che discendente. Tale partecipazione richiede una serie di azioni che spaziano
dai negoziati nelle istituzioni europee, alle difesa delle procedure di infrazione, dalla preparazione
delle leggi europee e di delegazione europea al monitoraggio della legislazione vigente alla luce delle
nuove norme europee. E’ evidente che il Senato, anche per quel che concerne le materie di
competenza regionale, non ha né la struttura né le capacità di svolgere tali compiti e avrà bisogno di
appoggiarsi al Governo. Né, ovviamente, sarebbe pensabile che dette strutture facessero capo al
Senato e non al Governo, sia perché vi sono comunque molte materie che il nuovo art.117 Cost)
affiderà alla competenza esclusiva dello Stato (fra l’altro in misura maggiore di quelle previste
attualmente), sia perché l’Unione europea considera responsabili i Governi - e non i Parlamenti
8
A.S. n. 1429-A
A.C. n. 2613
10
Per una critica a tale soluzione v. Rossi, LS, La “funzione di raccordo” con l’Unione europea nella riforma dell’art.55
Cost., Forum dei Quaderni costituzionali, 19 settembre 2015 http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/wpcontent/uploads/2015/08/rossi.pdf
11
A.S. n. 1429-B
9
nazionali- per il corretto recepimento delle norme europee. Per tale ragione i meccanismi di
“sostituzione facoltativa anticipata”, previsti dalla legge 234/2012 dovranno necessariamente essere
mantenuti.
Infine, opportunamente, il nuovo art.55 Cost conferisce al Senato il potere di verificare
“l’impatto delle politiche dell’Unione sui territori”, una funzione che, come si vedrà fra breve, è
strettamente complementare ai poteri che sono attribuiti al Senato tanto in fase ascendente, quanto in
fase discendente.
3. Il ruolo del Senato nella fase di formazione delle norme europee.
Come si è detto, secondo l’art. 55, il Senato partecipa alle decisioni dirette alla formazione degli
atti normativi e delle politiche dell’UE.
Per quel che riguarda l’adozione degli atti dell’UE, si tratta però, in via generale, e ciò vale sia per
la Camera che per il Senato, non tanto di una partecipazione diretta, in quanto gli atti dell’UE sono
adottati dalle istituzioni di quest’ultima (Parlamento europeo e Consiglio dei ministri), quanto
piuttosto del controllo preventivo sulla sussidiarietà e proporzionalità, che è stato introdotto dai
protocolli 1 e 2 del Trattato di Lisbona per aumentare la legittimità delle norme dell’Unione.
Tale funzione viene esercitata da Camera e Senato in maniera indipendente e ad esso concorrono
le Regioni e Province autonome nelle materie di loro competenza, per cui saranno i Consigli di queste
ultime ad effettuare tale controllo, che verrà poi trasmesso al Parlamento italiano, ora presumibilmente
al Senato.
Nelle materie che tocchino le competenze esclusive delle Regioni, anche se nel nuovo testo
costituzionale le funzione di indirizzo e di controllo politico del Governo sono riservate alla sola
Camera (art. 55, quarto comma, Cost.), sembrerebbe opportuno, introdurre, almeno in via di prassi,
una funzione di indirizzo del Senato per il negoziato del Governo. Il Senato dovrà comunque
coordinarsi con il CIAE (Comitato interministeriale per gli Affari europei) 12 , ma anche con le
competenti commissioni della Camera dei Deputati. Si potrebbe anche ipotizzare, in taluni casi di
competenza regionale, una partecipazione più diretta del Senato alla formazione delle norme europee.
Sul modello di quanto fa lo Stato tedesco, il Governo potrebbe delegare a rappresentanti del Senato la
partecipazione all’adozione degli atti dell’UE. Una cooperazione sarebbe in ogni caso necessaria, in
quanto le delegazioni nazionali al Consiglio dell’UE possono essere composte da un numero ristretto
di membri, e comunque uno solo di essi può parlare a nome dello Stato membro.
Se quanto detto vale per la formazione della legislazione dell’UE, diverso è invece il caso della
ratifica dei “trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”: in questo caso l’art.80
prevede che la legge che autorizza il Presidente della Repubblica alla ratifica sia bicamerale, a
differenza che per tutti gli altri trattati internazionali, in cui è sufficiente l’autorizzazione della sola
Camera.
Viene così affermata in Costituzione la maggior rilevanza dei Trattati dell’Unione europea
rispetto agli altri trattati internazionali e la necessità di una maggiore legittimazione democratica per
adottare o modificar i primi, con il coinvolgimento di entrambe le Camere. Ciò appare del resto
coerente con quel valore “costituzionale” del diritto dell’Unione europea, che è stato affermato dalla
Corte costituzionale italiana13, in contrapposizione con il valore “sub-costituzionale” di tutti gli altri
trattati internazionali.
Non è chiaro però se la procedura bicamerale riguardi la ratifica di accordi che modifichino i
soli trattati istitutivi dell’UE (TUE e TFUE) o se si estenda anche ad altri accordi conclusi fra alcuni
Stati membri sul piano internazionale che, pur collocandosi formalmente fuori dal quadro giuridicoistituzionale dell’Unione europea, operano in stretta connessione con quest’ultimo (come furono gli
Accordi di Schengen e come sono oggi il Fiscal Compact ed il Meccanismo Europeo di Stabilità).
Poiché spesso l’unica ragione per ricorrere a questo tipo di accordi, anziché ad un’azione nel quadro
istituzionale dell’Unione, è l’impossibilità di raggiungere in seno alle istituzioni le maggioranze
12
Il funzionamento del CIAE è regolato dal Decreto del Presidente della Repubblica, 26 giugno 2015, n. 118,
http://www.politicheeuropee.it/normativa/19424/decreto-del-predente-della-repubblica-26-giugno-2015-n-118
13
Sentenze 348 e 349 del 2007 su cui v. per tutti Rossi LS Recent Pro-European Trends of the Italian Constitutional Court,
Common Market Law Review 2009 p. 319-331.
prescritte dal diritto UE a causa dell’opposizione uno o più Stati, sembra preferibile un’interpretazione
estensiva dell’art.80, che coinvolga il Senato anche nella ratifica di queste convenzioni.
4. L’attuazione delle norme europee: ripartizione di competenze fra Stato e Regioni e potere
sostitutivo.
Il nuovo art, 55 Cost. prevede la partecipazione del Senato anche “alle decisioni dirette
all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’UE”. Tuttavia l’art.70comma1, che indica le
leggi la cui approvazione è bicamerale, non menziona fra queste gli strumenti ordinari di adattamento
agli atti dell’Unione quali la legge europea, la legge di delegazione europea o leggi ad hoc che
recepiscano singole direttive. Esso infatti fa riferimento solo alle leggi generali che regolano
l’appartenenza all’UE o a quelle di cui all’art 117, quinto comma, che stabiliscono le norme di
procedura per le Regioni e le Province autonome, nelle materie di loro competenza, sulla
partecipazione alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi dell’UE, o al potere sostitutivo
dello Stato alle Regioni.
Qual’è dunque il ruolo del Senato in fase discendente? Nel disegno complessivo della riforma,
nelle materie di competenza statale il legislatore ordinario è, in via generale, la Camera dei Deputati.
Dunque le leggi di adattamento agli atti UE saranno adottate solo da quest’ultima. La “partecipazione”
del Senato, si potrà avere, al pari di ogni altra legge per cui non sia disposto altrimenti dalla
Costituzione, mediante un esame, che dovrà essere richiesto14 da un terzo dei suoi componenti entro
10 giorni dalla approvazione del disegno di legge da parte della Camera; il Senato avrà poi solo 30
giorni per proporre eventuali modifiche, sui cui spetterà poi alla Camera pronunciarsi
definitivamente15.
Dunque, con la nuova Costituzione, salvo appunto questo limitato potere del Senato di proporre
delle modifiche, il recepimento degli atti delle istituzioni europee diventa monocamerale: il ruolo del
Senato in fase discendente, nonostante l’enunciazione dell’art.55, non sembra perciò diverso da quello
che questa istituzione svolge con riferimento all’adozione delle altre leggi di competenza statale.
Grazie a questo che è stato definito “monocameralismo partecipato” 16 (che forse, data la
discrezionalità dell’intervento del Senato,
meglio si potrebbe definire “monocameralismo
partecipabile”), in cui l’intervento del Senato è eventuale e comunque sottoposto a precise scadenze,
sia che si tratti della legge europea, ci si può attendere una maggiore speditezza nell’adozione delle
norme statali di attuazione del diritto dell’UE. Tale maggiore speditezza sarà sicuramente utile per
prevenire o mettere fine ai giudizi di infrazione promossi contro il nostro Paese per l’inadempimento
delle norme europee.
Nelle materie di loro competenza, le Regioni e le Province autonome procedono al recepimento
degli atti dell’Unione, legiferando nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato,
attualmente la legge 234/2012. La potestà regolamentare segue e materie di competenza, ma il suo
esercizio può essere ulteriormente delegato, in specifiche materie, dallo Stato alle Regioni.
Va poi rilevato che con la riforma Costituzionale si ha un notevole chiarimento della
ripartizione fra Stato ed enti territoriali, con l’abolizione delle materie di competenza concorrente e il
ridimensionamento delle competenze regionali esclusive. Secondo il nuovo art.117 Cost., rimangono
14
Solo per le leggi di cui all’art.117 comma 4, nell’esercizio della clausola di supremazia (su cui v. il paragrafo seguente) e
per la legge di bilancio l’esame del Senato è automatico (art.70 commi 4 e 5)
15
V. Art.70 comma 3 Cost. Sul tema v. l’ampia analisi di Albanesi, E. Il nuovo Senato e i raccordi con l’Unione europea, in
P. Costanzo, A. Giovannelli, L. Trucco, Forum sul d.d.l.costituzionale "Renzi-Boschi". Dieci studiosi a confronto, Torino,
Giappichelli, 2015. p.73.ss.
16
Per questa espressione v Camera dei Deputati La riforma costituzionale, Scheda di lettura n.216/12
http://documenti.camera.it/leg17/dossier/pdf/ac0500p.pdf
di competenza esclusiva dello Stato tutte quelle che lo erano in precedenza17, ma se ne aggiungono di
nuove: i mercati assicurativi, il coordinamento della finanza pubblica, il procedimento amministrativo,
il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, disposizioni generali per la tutela della salute, politiche
sociali e sicurezza alimentare, tutela, sicurezza e politiche del lavoro, formazione professionale,
l’ordinamento scolastico e universitario, la programmazione strategica della ricerca scientifica e
tecnologica commercio estero, tutela e valorizzazione del paesaggio, ordinamento sportivo,
disposizioni generali sulle attività culturali e sul turismo, ordinamento delle professioni e della
comunicazione, infrastrutture strategiche, grandi reti, porti e aeroporti. Si noti che alcune di queste
materie sono strettamente connesse agli impegni che derivano al nostro Stato dall’appartenenza
europea, in particolare il Fiscal Compact e il Semestre europeo, ma anche a temi in cui -si pensi alle
concessioni sulle reti e trasposti, l’Italia rischia di essere condannata in infrazione anche a causa
dell’inadempimento da parte degli enti territoriali.
Nelle materie sopra elencate spetterà dunque allo Stato procedere all’attuazione delle norme
europee, o, ove indicato dall’art.117, a dettare le linee generali e comuni dell’attuazione, lasciando alle
Regioni o Province autonome le norme di dettaglio. Ogni materia non espressamente attribuita allo
Stato rimane di competenza delle Regioni, salva la possibilità, introdotta dal nuovo art.116 Cost., di
deleghe mirate in talune materie a Regioni “virtuose” sotto il profilo della spesa pubblica. Agli enti
territoriali è imposto comunque, ai sensi dell’art.119, il rispetto dei vincoli economici e finanziari
derivanti dall’ordinamento UE, in conformità alla “golden rule”, già introdotta nell’art. 81 Cost, in
osservanza del Fiscal Compact.
Infine, la riforma costituzionale rafforza notevolmente il potere sostituivo dello Stato nelle
materie di competenza regionale (art.120).
Il nuovo art.120 Cost, con riferimento al potere sostitutivo del Governo alle Regioni, Province
autonome nel caso di mancato rispetto di norme dell’UE18 o di trattati internazionali, già previsto in
termini generali dal previgente art.120 e poi attuato con la legge 234/2012, introduce un importante
ruolo per il Senato. Infatti prima di esercitare tale potere, salvo in casi di motivata urgenza, il Governo
dovrà acquisire il parere del Senato, il quale avrà quindici giorni di tempo per esprimerlo. Questo
opportuno coinvolgimento del Senato si ricollega alle funzioni, previste dall’art.55, di rappresentare
gli enti territoriali e di verificare l’impatto delle norme europee sui territori. Si tratta di un compito
legato sia al ruolo che il Senato conserva in fase ascendente tramite il controllo di sussidiarietà e
proporzionalità di cui si è detto sopra, sia anche alla fase discendente. Infatti il nuovo Senato potrà
svolgere, sicuramente in maniera più efficace, i compiti di coordinamento che, secondo la Legge 24
dicembre 2012 n. 234 del 2012 (in particolare artt.22-26) 19, spettano oggi alla Conferenza StatoRegioni.
Quella di sostituirsi, in tutto o in parte alla Conferenza è probabilmente una delle funzioni più
17
La lista delle competenze statali nel precedente testo dell’art.117 comprendeva: la politica estera, i rapporti dello Stato con
l’Unione europea, il diritto d’asilo e la condizione giuridica degli extracomunitari, l’immigrazione, i rapporti con le
confessioni religiose, moneta unica, tutela del risparmio e dei mercati finanziari, tutela concorrenza, sistema valutario,
sistema tributario e contabile, armonizzazione dei bilanci pubblici, perequazione delle risorse finanziarie, difesa, la sicurezza,
le armi, la tutela del risparmio, le norme elettorali, l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza, la cittadinanza, il processo, le
norme generali sui livelli di prestazioni sociali e sull’istruzione, la previdenza sociale, dogane, statistiche, protezione opere
ingegno, ambiente, beni culturali.
18
Rimane, nell’art. 120 il temine “comunitaria”, che la riforma ha invece sostituito opportunamente in tutte le altre norme
con il riferimento all’Unione europea. Tale aggiornamento stilistico è sicuramente opportuno, in quanto rispecchia il
linguaggio del Trattato di Lisbona che ha abolito la Comunità europea, ma la svista in oggetto non ha alcuna conseguenza
pratica in quanto lo stesso Trattato ha altresì abolito la differenza fra pilastro comunitario e pilastri dell’Unione.
19
In particolare questa legge prevede che il Governo informi Conferenza delle Regioni e province autonome e Conferenza
dei presidenti delle assemblee legislative dei progetti di atti legislativi dell’Unione che incidono sulle materie di competenza
regionale. Gli enti territoriali possono chiedere al governo una riserva di esame nonché esercitare i controlli di sussidiarietà e
proporzionalità introdotti dal Trattato di Lisbona, facendo pervenire le loro osservazioni alle Camere, le quali possono a loro
volta consultare i consigli regionali. Su tale legge v. Costato-Rossi-Borghi, Commentario alla Legge 24.12.2012 n.24,
Editoriale scientifica, 2015.
interessanti del nuovo Senato. Quest’ultimo può infatti svolgere, molto più efficientemente delle
Conferenze, la funzione di raccordo fra le diverse autonomie territoriali e fra queste ultime e lo Stato,
proprio perché in esso siede un’estesa rappresentanza di persone quotidianamente impegnate nel
governo del territorio.
Questo sarà particolarmente utile proprio per quel che riguarda tanto il controllo di sussidiarietà
quanto l’attuazione delle norme dell’Unione, perché la continua produzione di queste ultime rende
difficile tenere il passo alle Conferenze, che si riuniscono troppo sporadicamente nella c.d. “sessione
comunitaria” e che comunque possono esercitare solo un’influenza limitata sugli enti territoriali e sulla
loro legislazione. Anche la prassi dei “tavoli tecnici” per l’attuazione di specifiche norme europee20
non sembra oggi in grado di garantire un vero coordinamento fra Stato e Regioni o Province
autonome e nemmeno fra queste ultime.
Al potere sostitutivo specifico di cui all’art. 120, il nuovo art.117 affianca poi anche una nuova
generale “clausola di supremazia”, secondo cui, su richiesta del Governo, la legge dello Stato può
sostituirsi alle Regioni anche nelle materie di loro competenza, quando lo richieda la tutela dell’unità
giuridica od economica della Repubblica ovvero la tutela dell’interesse nazionale. Tale clausola può
portare all’esercizio di un potere sostitutivo ulteriore, che, a differenze del potere specifico di cui
sopra, può essere esercitato senza il parere del Senato21 e anche senza una legge che ne disciplini le
modalità procedurali. Nonostante il potere di cui all’art.120 si ponga come speciale rispetto a questo,
sembra potersi escludere che la tutela dell’interesse generale e dell’uniforme applicazione del diritto
europeo possano in certi casi giustificare l’applicazione della clausola di supremazia anche per il
raccordo con l’ordinamento giuridico dell’UE.
5. L’impatto della riforma costituzionale sull’impianto della legge 234
La riforma costituzionale introduce una rilevante modifica per quanto riguarda gli strumenti
che regolano in via generale l’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
Come si è visto, la regola generale è che la funzione legislativa spetta alla sola Camera dei
Deputati. Tuttavia, l’art.70 prevede eccezioni per leggi su temi di importanza rilevante, o per talune
leggi che si potrebbe definire “di sistema”, la cui adozione e modifica può essere fatta solo con legge
bicamerale. Inoltre per questo tipo di leggi viene escluso quello che nell’ordinamento inglese viene
definito implied repeal22: vale a dire che esse possono essere modificate o abrogate solo in forma
espressa e non, tacitamente, mediante l’adozione di norme successive.
Viene creata così una categoria di leggi rafforzate, che non solo richiedono una maggiore
legittimazione democratica tramite approvazione bicamerale, ma risultano anche innalzate ad un
rango “semicostituzionale”, per l’impossibilità, che leggi successive, anche bicamerali, possano
abrogarle tacitamente. Fra queste leggi il nuovo art. 70 include anche la “legge che stabilisce le norme
generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della
normativa e delle politiche dell’Unione europea”.
E’ questo un notevole passo avanti nel raccordo del nostro ordinamento con quello
dell’Unione europea. Infatti tutte le leggi che hanno cercato di stabilire procedure, regole e
meccanismi per la partecipazione italiana all’UE -dalla “legge La Pergola”23 a quella “Buttiglione”24
sino alla vigente legge 234/2012 avevano lo status di legge ordinaria e quindi erano modificabili,
anche implicitamente, da qualunque legge posteriore, incluse le leggi “comunitarie” annuali o le leggi
settoriali, con il risultato di stravolgere il sistema previsto dalla legge di inquadramento. Il nuovo art.
70 conferirà maggiore stabilità e solidità, e auspicabilmente anche regolarità, al processo di
recepimento delle norme europee nel nostro Paese.
20
In materia europea può ad esempio citarsi il ad esempio il tavolo tecnico per la definizione di una proposta di legge quadro
in materia di affidamento e utilizzazione delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative.
21
Ciò anche se la procedura è quella di cui all’art. 70, quarto comma, secondo cui il Senato esamina obbligatoriamente il
disegno di legge e la Camera ha la possibilità di non conformarsi alle indicazioni del Senato a maggioranza assoluta dei suoi
componenti
22
V. la sentenza Thoburn http://www.bailii.org/ew/cases/EWHC/Admin/2002/195.html
23
Legge n. 86/1989 del 9 marzo, 1989
24
Legge n. 11/2005 del 4 Febbraio 2005
Si evidenzia poi anche un ulteriore segnale del rilievo costituzionale delle norme europee,
anche in confronto a quelle internazionali, che non sono menzionate fra quelle dell’art. 70 Cost.
Una volta che la riforma costituzionale entri in vigore, si porrà il problema se la legge 234/2012
necessiti di modifiche, le quali, nel caso dovrebbero effettuarsi con la procedura ora descritta. Se da un
lato è certo che per dare attuazione alle nuove norme costituzionali si dovranno modificare i
regolamenti del Senato25, dall’altro anche una riforma della legge 234 potrebbe diventare opportuna
qualora ad esempio si decidesse, alla luce delle nuove funzioni del Senato, di ripensare al ruolo della
Conferenza Stato Regioni e di quella delle autonomie territoriali.
6. Conclusioni: un miglioramento della partecipazione italiana all’UE
Dall’analisi sin qui svolta emerge che la riforma costituzionale può sotto vari aspetti
migliorare la partecipazione del nostro Paese all’Unione europea, rendendola più efficace e
tempestiva. Il recepimento delle norme europee sarà più rapido, in quanto di competenza
“monocamerale partecipata” (o quanto meno “partecipabile”). Il nuovo Senato, sollevato da tale
attività, potrà concentrarsi sul controllo di sussidiarietà e proporzionalità delle norme UE in fase
ascendente e potrà garantire, in fase discendente, un coordinamento, assai più continuo ed efficace di
quello attualmente svolto dalla Conferenza Stato Regioni, delle attività delle Regioni e Province
autonome, anche nel raccordo con lo Stato. Viene poi chiarito il riparto di competenze fra Stato e
Regioni ed il potere sostitutivo dello Stato viene rinforzato.
La nuova Costituzione recepisce poi l’orientamento, a suo tempo espresso dalla Corte
costituzionale, di considerare le norme europee dotate di un rango superiore a quelle del diritto
internazionale, rinforzando sia la legittimità democratica del processo di ratifica dei Trattati europei,
sia il sistema delle regole sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea, oggi espresse dalla legge
234/2012.
E’ questo un passo importante, che dovrebbe spingere anche ad un rafforzamento delle
strutture governative fondamentali per la partecipazione, ed in particolare del Dipartimento delle
Politiche europee, sotto il cui coordinamento dovrebbero confluire alcune risorse oggi ancora facenti
capo al Ministero degli Esteri. Infatti dopo sessant’anni di integrazione il sistema dell’Unione europea
ha acquisito una complessità ed un’autonomia tali che il diritto e le politiche dell’Unione europea
obbediscono ad un sistema di regole proprie, diverse tanto da quelle dell’amministrazione nazionale
quanto da quelle della diplomazia internazionale. In quest’ottica occorrerebbe forse riflettere anche
sull’opportunità di avere nuovamente un Ministro per le politiche europee anziché un Sottosegretario.
Infatti, se da un lato è opportuno, anche per l’accresciuta importanza che il Trattato di Lisbona ha
conferito al Consiglio europeo, che il Capo del Governo eserciti un ruolo attivo e primario nella
formazione delle politiche europee, dall’altro, nella fase di recepimento delle norme dell’Unione, la
mancanza di un Ministro ad hoc indebolisce la capacità di imporre agli altri Ministri del Governo il
rispetto delle stesse.
La capacità di un Paese di interagire efficacemente e proficuamente con l’Unione europea
richiede un coordinamento specifico, capace di orchestrare tutte le forze disponibili e le esperienze
acquisite in maniera sinergica.
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Per un’analisi dettagliata v. Fusaro, cit.