AMERICAN SNIPER

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AMERICAN SNIPER
FEDERAZIONE ITALIANA DEI CINEFORUM
www.cineforumsanbonifacio.it
CINEFORUM DI
SAN BONIFACIO (VR)
AMERICAN SNIPER
Nick Dunne (Ben Affleck) decide di tornare nella sua città natale per aprire un bar. Poco dopo sua moglie scompare misteriosamente, nel giorno del quinto anniversario del loro matrimonio, e Nick diventa il sospettato principale della sua sparizione..
Chris Kyle, U.S. Navy SEAL, viene inviato in Iraq con una missione precisa: proteggere i suoi commilitoni. La sua massima precisione salva innumerevoli vite sul campo di battaglia e mentre si diffondono i racconti del suo grande coraggio, viene SCENEGGIATURA
soprannominato "Leggenda". Nel frattempo cresce la sua reputazione anche dietro Jason Hall
le file nemiche, e viene messa una taglia sulla sua testa rendendolo il primario bersaglio per gli insorti. Allo stesso tempo, combatte un'altra battaglia in casa FOTOGRAFIA
Tom Stern
propria nel tentativo di essere sia un buon marito e padre nonostante si trovi dall'altra parte del mondo. Nonostante il pericolo e l'altissimo prezzo che deve MONTAGGIO
pagare la sua famiglia, la rischiosa missione di Chris in Iraq dura quattro anni, Joel Cox,
incarnando il motto dei SEAL, "che nessun uomo venga lasciato indietro." Una volta Gary Roach
tornato a casa dalla moglie, Taya Renae Kyle (Sienna Miller), e dai figli, Chris scopre che è proprio la guerra che non riesce a lasciarsi indietro. INTERPRETI
Bradley Cooper,
Sienna Miller,
"Tanto per buttar lì due nomi, Billy Wilder aveva diretto il suo ultimo film a Cory Hardrict,
settantacinque anni e Chaplin a settantotto. Ma erano tutti e due ormai sfiatati, Jake McDorman,
infatti fecero un doppio flop. Clint Eastwood, che ne compirà ottantacinque in Navid Negahban,
maggio, ha invece un tale carica di energia, che, toccando per lui ferro, potrebbe Luke Grimes,
andare avanti all'infinito. Vedere per credere il suo ennesimo capolavoro. La critica Kyle Gallner,
snob ha già emesso la sentenza: 'American Sniper' è un (mezzo) bidone. Forse Owain Yeoman,
Brian Hallisay,
perché non concede un attimo di tregua e quindi, irrimediabile difetto, non lascia Sam Jaeger,
spazio agli sbadigli. Come garantiscono i veri film d'autore. (...) Grande Eastwood, Eric Close,
che tira dritto, infischiandosene dei parrucconi. Magari gli stessi che mezzo secolo fa Bill Miller,
giuravano che avesse due sole espressioni: con il sigaro e senza." Max Charles,
(Massimo Bertarelli ‐ Il Giornale) Tom Stern
PRODUZIONE
Si tratta sia di un film di guerra devastante che di un un film contro la guerra 22 & Indiana Pictures,
devastante; una celebrazione sommesso di abilità di un guerriero e un lamento Mad Chance
doloroso sulla sua alienazione e miseria. Productions, Malpaso
(David Denby – New Yorker) Productions
DISTRIBUZIONE
Warner Bros. Italia
Note: Candidati all’OSCAR 2015: Nomination Miglior film per Clint
Eastwood, Robert Lorenz, Andrew Lazar, Bradley Cooper e Peter Morgan
PAESE
Nomination Miglior attore protagonista per Bradley Cooper
USA 2015
Nomination Migliore sceneggiatura non originale per Jason Hall
Nomination Miglior montaggio per Joel Cox e Gary D. Roach
GENERE:
Nomination Miglior sonoro e Nomination Miglior montaggio sonoro
Azione, Biografico
“Piccola patria” di Alessandro Rossetto, film forte e necessariamente sgradevole, ambientato in un Triveneto di
- ALLA
REGIAterreni
ERANO
STATI alberghi
INIZIALMENTE
DAVID
O.
DURATA
fango
e fuliggine, capannoni
industriali,
agricoli,
sgraziati.ACCOSTATI
Qui si muove
un’umanità
meschina,
132’ansiosa di fuggire. “Schei”,
RUSSELL
E STEVEN
SPIELBERG
avida,
soldi,PRIMA
è la parola
d’ordine,
e al dialettoPOI.
veneto e al linguaggio brutale Rossetto
REGIA
Clint Eastwood
- CONSULENTE TECNICO DELLA MARINA: KEVIN LACZ. "Otto anni fa Clint Eastwood girò due grandi film sulla stessa battaglia. 'Flags of our Fathers' e 'Letters from Iwo Jima'. Due film cioè due punti di vista, diversissimi e complementari. Il primo era raccontato con gli occhi degli americani, il secondo con quelli dei giapponesi. Ma se nel primo dominava la 'macchina' (la macchina infernale della guerra, la macchina della propaganda, i cannoni e i mezzi da sbarco delle scene di battaglia), nel secondo c'erano solo i soldati, cioè gli uomini. Con tutti i loro sentimenti e i doveri, i dubbi, i conflitti, ammirevolmente orchestrati in un racconto corale tanto asciutto quanto libero nella struttura. 'American Sniper' (...) è l'esatto opposto. Non due film, ma uno solo, dedicato a un uomo che diventa una perfetta macchina da guerra senza smettere di pensare, sentire, soffrire, da essere umano. Non un racconto libero e corale, ma un film ossessivamente orchestrato intorno a uno e un solo punto di vista, quello del leggendario cecchino Chris Kyle (un mastodontico Bradley Cooper). (...) Si capisce cosa deve aver attratto Eastwood in questa storia, tratta dalle memorie dell''American Sniper' (Mondadori). Chris Kyle è l'ambivalenza fatta persona. Nessuno spara meglio di lui. Nessuno dubita meno di lui, quando si tratta di difendere i suoi compagni o uccidere quei «selvaggi» (...). Tanto che il film, per aderire meglio al suo sguardo (alla sua visione del mondo), evita con cura ogni riferimento esterno all'orizzonte, angusto quanto inesplorato, dell'eroico Chris. Niente Abu Ghraib, dunque, né la minima allusione alla scena politica. 'American Sniper' parla di soldati, punto e basta. Anzi di quel soldato, della sua vita, della moglie che lo aspettava a casa, magari ascoltando battaglie terribili in diretta sul cellulare (Sienna Miller). Di come riuscì, in un modo o nell'altro, a essere ‐ anche ‐ un bravo padre e marito. E del prezzo pagato, perché non si esce interi dall'inferno. (...) Difficile però non fare paragoni con l'unico cine‐capolavoro prodotto finora dalla guerra in Iraq, 'The Hurt Locker' di Kathryn Bigelow (e volendo col successivo 'Zero Dark Thirty'). Per accorgersi che tutta l'empatia di Eastwood, la sua immensa bravura nelle scene di guerra, l'interpretazione monumentale di Bradley Cooper, non bastano a coprire i vuoti di una sceneggiatura troppo generica sul fronte intimo e coniugale per dare al personaggio la complessità e la statura necessarie. Non sempre le storie vere, con tutti i loro vincoli, convengono al cinema. Guardare il mondo attraverso un mirino può essere molto rivelatore. Ma alla lunga, anche se Kyle tiene aperti tutti e due gli occhi, non basta." (Fabio Ferzetti ‐ Il Messaggero) INTERVISTA AL CECCHINO “Il suo primo bersaglio è stata una donna dall’aria abbastanza giovane: “Con la sinistra teneva la mano di suo figlio, nella destra impugnava una granata. Si stava avvicinando a un gruppo dei nostri, ad alcuni soldati americani”. Dubbi prima di sparare? “No sir”, risponde. Chris Kyle parla con quei manierismi cortesi e un po’ all’antica che non si capisce se vengano dall’esercito o da quel Sud degli Stati Uniti di cui è originario e tremendamente orgoglioso. Ma il tono è fermo. Quando parla di quella donna irachena, la sua prima vittima, la voce al telefono arriva sicura, senza l’ombra di un’esitazione. “Sì, quella volta è stato più difficile premere il grilletto, sinceramente non tanto perché fosse una donna, quanto per il fatto che era la prima. Ma non ho avuto nessun dubbio: si trattava di noi o di loro”. Il cliché più antico a cui un soldato possa aggrapparsi per superare ogni ragionevole dubbio, insomma, funziona sempre: o noi, o loro. Lui dice di averlo sempre avuto chiaro in testa, se lo ripeteva come un mantra. Ma non per convincersi da sé, precisa: ci credeva fino in fondo. “Sono nato a Odessa, una piccola cittadina del Texas. Sono cresciuto seduto in sella a un cavallo badando al bestiame. Primo fucile a 8 anni, Springfield calibro .30. Il mio sogno da bambino era di fare il cowboy. L’altro mio sogno, naturalmente, era l’esercito”. Ha preso la seconda strada ed è arrivato a Bagdad nel 2003 con i Navy SEAL, il corpo più scelto che ci sia tra i Marines. Era una guerra chiamata Operazione Iraq Freedom e Chris, come molti altri soldati insieme a lui, credeva che Saddam Hussein fosse una specie di Dottor Male con le tasche piene di armi di distruzione di massa in grado di polverizzare il mondo. In quattro missioni in Iraq, fino al congedo definitivo nel 2009, Chris ha sparato a 160 persone, uccidendole tutte; un numero che fa di lui il cecchino più letale della storia militare americana. Oggi è tornato a vivere in Texas e su quei 160 colpi di fucile ha scritto la sua biografia, American Sniper (“cecchino americano”), bestseller negli Stati Uniti. Ha una moglie e due figli e ha solo 38 anni, il che rende Clint Eastwood troppo anziano per interpretarlo (…)“Lo so bene che le persone a cui ho sparato erano esseri umani, ma quando le inquadravo nel mirino non pensavo a loro in quel modo. Pensavo solo che se non avessi sparato io per primo, lo avrebbero fatto loro. Qualcuno sarebbe morto di sicuro: il mio compito era fare in modo che non toccasse a noi”. (…) Non si considera un assassino, dice, lui è uno che ha fermato gli assassini, quelli veri, prima che questi ammazzassero i suoi. “Ne ho persi anche io di amici in battaglia, è successo a tutti quelli che sono stati in prima linea. È una possibilità che hai sempre in testa, ma quando capita ti senti letteralmente lacerato, fatto a pezzi”. A lui hanno sparato due volte ed è rimasto coinvolto in sei attentati esplosivi. C’era una taglia da 80 mila dollari sulla sua testa. “Non mi sono mai visto come un omicida a sangue freddo. Se proprio devo dirla tutta, piuttosto mi sentivo un angelo custode. Stavo proteggendo i miei uomini”. (…) Questa intervista fu pubblicata sul Mucchio di Aprile 2012 , rilasciata qualche mese prima, l’anno dopo Kyle fu assassinato nel poligono di tiro dove si allenava. (da Intervista al cecchino, di Francesco Segoni)